N. 327 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 gennaio 1999

                                N. 327
  Ordinanza emessa il 20 gennaio 1999 dalla Corte dei  conti,  sezione
 giuridica  per la regione Emilia-Romagna sui ricorsi riuniti proposti
 da Scapinelli Maria Luisa contro il Ministero della difesa
 Pensioni  -  Somme  liquidate  sui   trattamenti   pensionistici   in
    conseguenza  della sentenza della Corte costituzionale n. 1/1991 -
    Esclusione degli  interessi  e  della  rivalutazione  monetaria  -
    Ingiustificata  deroga al principio della rivalutazione automatica
    dei crediti di pensione affermato  dalla  giurisprudenza  in  base
    all'art. 429 c.p.p.  - Disparita' di trattamento dei pensionati in
    dipendenza    della    celerita'   delle   amministrazioni   nella
    corresponsione delle somme in questione - Incidenza sul diritto di
    azione.
 (Legge 23 dicembre 1998, n. 448, art. 26, comma 4).
 (Cost., artt. 3 e 24).
(GU n.23 del 9-6-1999 )
                          LA CORTE DEI CONTI
   Ha  emesso  la  seguente sentenza parziale ed ordinanza sui ricorsi
 iscritti ai numeri 853  e  1222/pensioni  militari  del  registro  di
 segreteria,  quest'ultimo  proveniente  dalla  sede  centrale  ed ivi
 iscritto al n.  132.850 proposti da Scapinelli Maria Luisa vedova del
 col. Gozzi Guido rappresentata e difesa,  rispettivamente,  dall'avv.
 Tommaso Palermo e dall'avv. Massimo Mereu, avverso il Ministero della
 difesa;
   Uditi nella pubblica udienza del 20 gennaio 1999 e con l'assistenza
 del seagretario sig.ra Laura Cannas, il relatore consigliere Luigi Di
 Murro e l'avv. Alfredo Cantelli, delegato dall'avv. Massimo Mereu per
 la ricorrente;
   Non rappresentata l'Amministrazione resistente;
   Visto  il  decreto-legge  15  novembre 1993, n. 453 convertito, con
 modificazioni, nella legge 14 gennaio 1994, n. 19;
   Visti gli atti introduttivi del presente giudizio nonche' l'istanza
 di prosecuzione degli stessi avanti a questa sezione  giurisdizionale
 regionale;
   Visti gli altri atti e i documenti della causa;
                               F a t t o
   Con  ricorso  presentato  in  data  23  aprile  1989 presso la sede
 centrale ed ivi iscritto al n. 132.850, la sig.ra  Scarpinelli  Maria
 Luisa  vedova  del col. Gozzi Guido, rappresentata e difesa dall'avv.
 Tommaso Palermo, ha  lamentato  l'omessa  applicazione,  nei  di  lei
 confronti,  della  legge  14  novembre  1987,  n. 468, i cui benefici
 concernevano  unicamente  i  soggetti  collocati  a  riposo  in  data
 posteriore  al  2  gennaio  1979,  con  esclusione  quindi  di quelli
 collocati in quiescenza antecedentemente a detta data.
   Con altro ricorso presentato  in  data  19  maggio  1994  parimenti
 presso  la  sede  centrale  ed  ivi  non  rubricato  e  trasmesso per
 competenza territoriale a questa sezione  giurisdizionale  regionale,
 la  sig.ra  Scarpinelli,  rappresentata  e  difesa  dall'avv. Massimo
 Mereu, dopo aver precisato di aver  ottenuta  la  riliquidazione  del
 trattamento pensionistico ex art. 3 della legge n. 468/1987 a seguito
 della sentenza della Corte costituzionale n. 1/1991, lamenta l'omessa
 applicazione delle sovravvenute leggi n. 37 del 1990 e n. 21 del 1991
 essendo stato affermato il principio di un adeguamento permanente tra
 il trattamento dei dirigenti civili e militari in quiescenza e quello
 dei  pari  grado  in  servizio,  sulla  base del rispetto delle norme
 costituzionali  di  cui  agli  artt.  3,  36   e   38   della   Carta
 costituzionale.
   La  ricorrente  chiede, conclusivamente, l'accoglimento del ricorso
 con declaratoria del diritto della  stessa  alla  riliquidazione  del
 trattamento  pensionistico  di  reversibilita'  anche  sulla base dei
 migliori stipendi virtuali conseguenti all'applicazione  delle  leggi
 numeri  37/1990 e 21/1991 e successive, con interessi e rivalutazione
 monetaria; in via subordinata che venga ritenuta  non  manifestamente
 infondata   e   rilevante  ai  fini  del  decidere  la  questione  di
 legittimita' costituzionale degli artt. 1,  legge  n.  37/1990  e  4,
 legge  n.  21/1991  per  contrasto  con  gli  artt.  3, 36 e 38 della
 Costituzione.
   Con  memoria  presentata  per  l'odierna udienza il Ministero della
 difesa ha precisato di aver dato  applicazione  alla  sentenza  della
 Corte   costituzionale   n.   1/1991   riliquidando  la  pensione  di
 reversibilita' alla vedova ricorrente, con decorrenza 1  marzo  1990,
 con  decreto  n.  100  del 12 giugno 1995. Quanto al secondo ricorso,
 l'Amministrazione contesta l'esistenza, nel nostro ordinamento, di un
 principio  generale  di  adeguamento  automatico  delle  pensioni  in
 relazione  alla  rivalutazione  delle retribuzioni o delle indennita'
 concesse al personale in servizio, come gia' riconosciuto da numerose
 pronuncie giurisdizionali.
   Alla pubblica udienza  l'avv.  Alfredo  Cantelli  si  riporta  alle
 difese scritte.
                             D i r i t t o
   Premesso  che  i  due  ricorsi  indicati  in epigrafe, per evidenti
 motivi di connessione soggettiva ed oggettiva, debbono essere riuniti
 in rito ai sensi dell'art. 274 del codice di procedura civile, rileva
 il Collegio che, quanto al ricorso iscritto al n. 1222/132.850,  deve
 dichiararsi  la  cessazione  della  materia  del contendere, sia pure
 limitatamente  alla  sorte  capitale,  atteso  che  l'Amministrazione
 resistente,  come  precisato  nella  memoria depositata per l'odierna
 udienza ed affermato  dalla  ricorrente  con  il  successivo  ricorso
 iscritto  al  n.  853,  ha  adottato  un  provvedimento completamente
 satisfattivo delle richieste formulate dalla parte privata.
   Per cio' che attiene agli  accessori  del  credito  principale,  da
 ritenere   compresi   nella   formula   stereotipa  utilizzata  dalla
 ricorrente:   "salvezza illimitata", la  loro  cognizione  appartiene
 alla  giurisdizione  di  questa  Corte dei conti ex artt. 13, r.d. 12
 luglio 1934, n. 1214 e 60 r.d-l. 3 marzo 1938, n. 680,  ancorche'  la
 domanda  medesima sia stata proposta autonomamente, ovvero in assenza
 di  ogni  contestazione  sul  trattamento  definitivo   di   pensione
 liquidato all'interessato (cfr., sezione III pensioni civili n. 61541
 del 4 marzo 1988; Cass., ss.uu., 1 febbriao 1990, n. 646).
   Cio'  premesso,  antecedentemente all'entrata in vigore della legge
 23 dicembre 1998, n. 448, contenente "Misure di finanza pubblica  per
 la  stabilizzazione e lo sviluppo", questa sezione non avrebbe potuto
 che richiamare l'indirizzo seguito  dalla  giurisprudenza  di  questa
 Corte  in  materia di rivalutazione monetaria e interessi sui crediti
 pensionistici (cfr. ss. rr. 27 gennaio 1987, n.  525/A;  Sezione  III
 centrale pensioni civili n. 61541 citata, 6 dicembre 1988, n.  62532,
 2  maggio 1990, n. 63736, nonche' Sezione II giurisdizionale centrale
 n. 4/1996/A del 12 marzo 1996), indirizzo al quale questa sezione  si
 e' conformata in precedenti sentenze (cfr., tra le altre n. 412 del 9
 luglio  1996)  e  che  puo'  sintetizzarsi nei seguenti principi:   i
 crediti  di  pensione  dei  pubblici  dipendenti  sono  soggetti   al
 principio  della rivalutazione automatica di cui all'art. 429 c.p.c.,
 e l'Amministrazione erogatrice del trattamento di quiescenza deve  in
 caso di ritardato pagamento, corrispondere d'ufficio rivalutazione ed
 interessi,  trattandosi non gia' di meri accessori del diritto, ma di
 elementi che realizzano, in unione  con  il  credito  originario,  il
 tantundem  della prestazione pensionistica, il cui valore deve essere
 identico   a   quello   originario,   quali   che   siano   i   tempi
 dell'adempimento;  gli  oneri  anzidetti  vanno  comunque calcolati a
 prescindere  dalla  ragione  del   ritardo,   essendo   completamente
 svincolati   da   ogni   presupposto  di  colpa  dell'Amministrazione
 liquidatrice  e  concernendo  il  mancato  pagamento,  alle   singole
 scadenze,  delle  somme  effettivamente  dovute  al  pensionato; essi
 pertanto  spettano  a  decorrere  da  ciascuna  scadenza   debitoria,
 effettuandosi il calcolo degli interessi sulle somme rivalutate.
   Peraltro, prima dell'odierna camera di consiglio, il legislatore e'
 intevenuto  in materia di accessori del credito pensionistico con una
 disposizione di carattere eccezionale la quale, di per se',  conferma
 l'esistenza nel nostro ordinamento, del generale diritto ad interessi
 e  rivalutazione  monetaria  per  tutti  i  crediti diversi da quelli
 specificamente contemplati dal legislatore.
   Dispone infatti il comma 4  dell'art.  26  della  citata  legge  n.
 448/1998  che:  "Le  somme  corrisposte  al  personale  del  comparto
 ministeri per effetto dell'inquadramento definitivo nelle  qualifiche
 funzionali  ai  sensi dell'art. 4 ottavo comma, della legge 11 luglio
 1980, n.  312, e le somme liquidate sui trattamenti pensionistici  in
 conseguenza    dell'applicazione    della    sentenza   della   Corte
 costituzionale n. 1 del 1991 non  danno  luogo  ad  interessi  ne'  a
 rivalutazione monetaria".
   Questa   Sezione  non  puo'  non  applicare  siffatta  disposizione
 legislativa, intervenuta prima dell'odierna decisione, ma e'  indotta
 a  meditare sulla compatibilita' di siffatta disposizione derogatoria
 del piu' generale principio sopra indicato con l'ordinamento generale
 e, soprattutto, con i principi affermati negli artt.  3  e  24  della
 Costituzione.
   Invero  appaiono  del tutto incomprensibili i motivi per i quali il
 legislatore sia addivenuto  al  convincimento  di  dover  operare  la
 suddetta  deroga proprio nei confronti di un ristrettissimo numero di
 appartenenti  ad  una  categoria,  quale  quella  dei   titolari   di
 trattamento  pensionistico  ordinario  rideterminato  a  seguito  del
 ritardo,   in   alcuni   casi   ultradecennale,    con    il    quale
 l'Amministrazione    ha    provveduto   alla   riliquidazione   della
 retribuzione spettante in attivita' di servizio  (art.  4,  comma  4,
 legge  n.  312/1980)  ovvero  quella,  come  nella  fattispecie,  dei
 dirigenti, o loro  aventi  causa,  ai  quali  e'  stata  tardivamente
 applicata la sentenza n. 1 del 1991 della Corte costituzionale.
   Peraltro   la   deroga   investe   anche  coloro,  quali  l'odierna
 ricorrente,   che   avevano   tempestivamente   lamentato    l'omessa
 applicazione  nei  loro  confronti  dei benefici di cui alla legge n.
 468/1987 proponendo apposito ricorso in sede giurisdizionale. Solo le
 more  del  giudizio  pensionistico  hanno  comportato  che  sia   nel
 frattempo  intevenuta la predetta sentenza n. 1 del 1991 cui ha fatto
 seguito,  a  distanza  di  anni,  il   provvedimento   amministrativo
 satisfattivo della pretesa del richiedente solo per cio' che concerne
 la  sorte capitale del credito vantato dal ricorrente medesimo, nulla
 disponendo in merito agli accessori di detto credito.
   Nell'ulteriore   mora   processuale   interviene    la    riportata
 disposizione  che  penalizza  allo stesso modo sia quanti siano stati
 fino ad ora inerti di fronte alle omissioni  dell'Amministrazione  ed
 ai  ritardi della giustizia pensionistica, sia quanti si siano invece
 tempestivamente attivati per conseguire quanto  agli  stessi  dovuto,
 con  conseguente  violazione  anche  dell'art.  24 della Costituzione
 venendosi cosi' a privare i ricorrenti della tutela loro  offerta  da
 questa  norma dopo che il giudizio e' stato regolarmente introdotto e
 senza che possano essere accampati interessi o bisogni collettivi  il
 cui   soddisfacimento   giustifichi   la   compressione   di  diritti
 costituzionalmente garantiti ai singoli.
   La  norma  derogatrice appare quindi palesemente irrazionale, anche
 nella considerazione che la ormai limitatissima entita' numerica  dei
 soggetti  cui  la  stessa  si riferisce impedisce che i risultati che
 conseguirebbero  dalla  sua  applicazione  possano  in   alcun   modo
 contribuire alla stabilizzazione ed allo sviluppo del Paese.
   La  disposizione appare poi violare macroscopicamente i principi di
 cui   all'art.   3   della   Costituzione   in   quanto   differenzia
 immotivatamente  soggetti  che si trovano nelle medesime situazioni e
 condizioni, andando ad incidere,  per  di  piu',  solo  sugli  ultimi
 ancora  soggetti  all'inerzia dell'Amministrazione o dell'ordinamento
 giurisdizionale pensionistico con salvezza di quanti, per furbizia  o
 fatalita',  hanno  ottenuto  tempestivamente  sia il provvedimento di
 riconoscimento del diritto alla sorte capitale, sia la  decisione  in
 via giurisdizionale della spettanza, insieme alla stessa, anche degli
 accessori del credito vantato.
   Per   quanto   sopra   esposto,  quindi,  le  modifiche  introdotte
 nell'ordinamento della disposizione richiamata  appaiono  rendere  il
 sistema incompatibile con l'ordinamento generale, con il principio di
 uguaglianza  sancito  dall'art.  3 della Costituzione e con la tutela
 giurisdizionale garantita dall'art. 24 della Costituzione.
   La questione di costituzionalita' del comma 4  dell'art.  26  della
 legge  n. 448 del 23 dicembre 1998 appare a questo Collegio rilevante
 ai fini del decidere, atteso che la conferma della legittimita' dello
 stesso conduce necessariamente al rigetto, in parte qua, del  ricorso
 proposto   dalla  Scarpinelli,  mentre  l'eventuale  declaratoria  di
 illegittimita'  costituzionale   consentirebbe   l'accoglimento   del
 gravame.
   Questa  sezione  ritiene  quindi  di  dover  sollevare d'ufficio la
 questione, ritenendola non manifestamente infondata.
   Quanto, viceversa, al ricorso iscritto al n. 853/pensioni  militari
 del  registro  di  segreteria,  affermante  l'esistenza,  nel  nostro
 ordinamento, di un principio di adeguamento automatico delle pensioni
 ai trattamenti di  servizio  dei  pari  qualifica  ed  anzianita'  in
 attivita',  rileva  il Collegio che la ricorrente, con la subordinata
 richiesta di rimessione degli atti alla Corte costituzionale, non  ha
 affatto  illustrato  i  profili  di  incostituzionalita'  delle norme
 citate nell'atto introduttivo di questo giudizio, nella parte in  cui
 non  prevedono  l'aggancio  della pensione alla retribuzione dei pari
 qualifica in attivita' di servizio.
   Giova peraltro precisare che la questione  e'  stata  ripetutamente
 ritenuta  manifestamente  infondata  dalla Corte dei conti, sia nella
 considerazione che le condizioni del dipendente in servizio attivo  e
 del  dipendente  in  pensione  si  concretano  in situazioni tra loro
 diverse, a cui  corrisponde  una  diversa  disciplina  giuridica  del
 rispettivo  trattamento economico, sia sotto il profilo della mancata
 proporzione, con la qualita' e quantita'  del  lavoro  prestato,  del
 trattamento  pensionistico e della mancata assicurazione della tutela
 delle esigenze di vita dei pensionati,  in  quanto  per  l'attuazione
 degli  anzidetti  principi  sussiste  una  sfera  di discrezionalita'
 riservata al legislatore che non comporta l'integrale coincidenza tra
 pensione e trattamento economico del pari grado in servizio.
   Pertanto  la  Corte  costituzionale  non potrebbe, con una sentenza
 evidentemente  manipolativa   del   tessuto   normativo   vigente   e
 specificamente  additiva, introdurre nella legislazione pensionistica
 un meccanismo di  adeguamento  automatico  invadendo  quindi  materia
 riservata al legislatore.
   Quanto  alla  domanda  principale, la costante giurisprudenza della
 Corte dei conti (cfr., tra le ultime, sezione III pensioni civili  n.
 70677  del  1  febbraio  1994, nonche' sezione giurisdizionale per la
 regione Marche n. 417 del 22 novembre 1995 e n. 433 del  19  dicembre
 1995  e  sezione  giurisdizionale  per  la  regione Emilia-Romagna n.
 307/97/C del 22 maggio 1997), dalla  quale  questo  Collegio  non  ha
 motivo  di  discostarsi,  ha ritenuto non operante alcun principio di
 perequazione automatica delle pensioni al  trattamento  di  attivita'
 dei pari qualifica.
   Deve  essere  pertanto  respinta  la  pretesa volta a conseguire il
 riconoscimento del diritto al permanente adeguamento  delle  pensioni
 alla  retribuzione  dei  pari qualifica ed anzianita' in attivita' di
 servizio, sulla base dell'invocato principio dell'aggancio automatico
 delle pensioni alla dinamica delle retribuzioni,  non  esistendo  nel
 nostro  ordinamento  un  principio  di carattere generale che imponga
 l'automatica   estensione   al   trattamento   di   quiescenza    dei
 miglioramenti economici conferiti al personale in servizio.
   E' inammissibile, quindi, in difetto di espressa norma di legge che
 preveda  permanentemente  o  di  volta in volta la riliquidazione dei
 trattamenti di quiescenza,  il  ricalcolo  delle  pensioni  liquidate
 anteriormente  all'entrata  in vigore delle norme che prevedano nuovi
 trattamenti retributivi per il personale in attivita'.
   Ne consegue  che  la  pretesa  pensionistica  della  Scapinelli  e'
 giuridicamente   infondata   ed  il  ricorso,  pertanto,  non  merita
 accoglimento.
                               P. Q. M.
   La sezione giurisdizionale della Corte dei  conti  per  la  regione
 Emilia-Romagna;
   Riuniti  in  rito  i  giudizi  indicati in epigrafe, per il ricorso
 iscritto al n. 1222/132.850/pensioni  militari  dichiara  cessata  la
 materia  del  contendere  per quanto concerne la riliquidazione della
 pensione e respinge il ricorso iscritto al n.  853/pensioni  militari
 del  registro  di segreteria, dichiarando manifestamente infondata la
 questione di illegittimita' costituzionale sollevata dalla ricorrente
 con detto ricorso;
   Inoltre visti gli artt. 134 della Costituzione, 1,  della  legge  9
 febbraio 1948, n. 1, e 23 della legge 11 febbraio 1953, n. 87;
   Dichiara  non  manifestamente  infondata  e  rilevante  ai fini del
 decidere la presente  controversia  la  questione  di  illegittimita'
 costituzionale - per violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione
 -  del  comma  4  dell'art.  26 della legge 23 dicembre 1998, n. 448,
 nella parte in cui prevede che le somme corrisposte al personale  del
 comparto  ministeri  per  effetto dell'inquadramento definitivo nelle
 qualifiche funzionali ai sensi dell'art. 4, ottavo comma, della legge
 11 luglio  1980,  n.  312,  e  le  somme  liquidate  sui  trattamenti
 pensionistici  in  conseguenza dell'applicazione della sentenza della
 Corte costituzionale n. 1 del 1991 non danno luogo ad interessi ne' a
 rivalutazione monetaria;
   Dispone  che,  sospeso  in parte qua il giudizio in corso, gli atti
 siano trasmessi alla Corte costituzionale per  la  risoluzione  della
 predetta questione;
   Ordina  che,  a  cura  della  segreteria della sezione, la presente
 sentenza parziale ed ordinanza sia notificata alle parti in causa  ed
 al  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,  nonche' comunicata ai
 Presidenti della Camera e del Senato della Repubblica.
     Cosi' deciso in Bologna, nella Camera di consiglio del 20 gennaio
 1999.
                 Il presidente f.f. estensore: Di Murro
 99C0560