N. 222 ORDINANZA 26 maggio - 3 giugno 1999
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Processo penale - Dichiarazione di nullita' della sentenza di primo grado per incompletezza del dispositivo - Potere del giudice di appello di disporre la trasmissione degli atti al giudice di primo grado - Omessa previsione - Difetto di motivazione sulla rilevanza - Manifesta inammissibilita'. (C.P.P., art. 604). (Cost., art. 3).(GU n.23 del 9-6-1999 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Renato GRANATA; Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, avv. Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 604 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 2 giugno 1998 dalla Corte di appello di Venezia nel procedimento penale a carico di V. G., iscritta al n. 566 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36, prima serie speciale, dell'anno 1998. Udito nella camera di consiglio del 12 maggio 1999 il giudice relatore Guido Neppi Modona. Ritenuto che con ordinanza del 2 giugno 1998 la Corte di appello di Venezia ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 604 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede il potere del giudice di appello di disporre la trasmissione degli atti al giudice di primo grado per effetto della dichiarazione di nullita' della sentenza di primo grado per incompletezza del dispositivo ex art. 546, comma 3, cod. proc. pen.; che il giudice rimettente premette di essere stato investito dell'appello del pubblico ministero, che con il primo motivo di impugnazione aveva eccepito la nullita' della sentenza con la quale il Tribunale di Venezia aveva dichiarato non doversi procedere in ordine al reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, per l'omessa indicazione nel dispositivo della causa della improcedibilita'; che il giudice a quo rileva che, ove venga accertata la nullita' della sentenza per carenza di motivazione, per costante interpretazione giurisprudenziale della Corte di cassazione il giudice di appello deve decidere nel merito, sostituendo la propria pronuncia a quella del giudice di primo grado, in quanto le nullita' della sentenza previste dall'art. 546, comma 3, cod. proc. pen. non sono menzionate dall'art. 604 cod. proc. pen. tra le ipotesi di nullita' per le quali deve essere disposta la trasmissione degli atti al giudice di primo grado; che ad avviso del rimettente tale disciplina deve essere applicata, per identita' di ratio, all'ipotesi di incompletezza del dispositivo, anch'essa presa in considerazione dall'art. 546, comma 3, cod. proc. pen.; che peraltro, cosi' operando, il giudice di appello dovrebbe in sostanza procedere ad una correzione del dispositivo, in contrasto con quanto previsto dall'art. 547 cod. proc. pen., che vieta il ricorso alla procedura della correzione degli errori materiali (art. 130 cod. proc. pen.) nel caso in cui ricorrano le ipotesi di nullita' della sentenza contemplate dall'art. 546, comma 3, cod. proc. pen.; che ad avviso del rimettente tale disciplina sarebbe in contrasto con il principio di ragionevolezza, in quanto imporrebbe al giudice di appello di decidere nel merito, in luogo di disporre la trasmissione degli atti al giudice di primo grado. Considerato che a definire il quadro normativo su cui si innesta la questione di legittimita' costituzionale oggetto del presente giudizio concorrono gli artt. 529 cod. proc. pen. (secondo cui, se manca una condizione di procedibilita', il giudice pronuncia sentenza di non doversi procedere enunciandone la causa nel dispositivo), 546, comma 3, cod. proc. pen. (che tra le cause di nullita' della sentenza contempla le ipotesi in cui manca o e' incompleto "nei suoi elementi essenziali" il dispositivo), 604 e 605 cod. proc. pen. (dai quali si desume che, fuori dei casi tassativamente previsti di nullita' della sentenza di primo grado che importano l'obbligo di disporre la trasmissione degli atti al giudice di primo grado, il giudice di appello pronuncia sentenza con la quale conferma o riforma la sentenza di primo grado), nonche' l'art. 547 cod. proc. pen. (che vieta il ricorso alla procedura della correzione degli errori materiali nelle ipotesi di nullita' della sentenza di cui all'art. 546, comma 3, cod. proc. pen.); che nel caso di specie si verserebbe appunto, ad avviso del giudice a quo, in un'ipotesi di nullita' della sentenza per mancanza di un elemento essenziale del dispositivo, per la quale e' fatto divieto al giudice di appello (come a qualsiasi altro giudice) di ricorrere alla procedura di cui all'art. 130 cod. proc. pen.; che, secondo il giudice rimettente, il sistema normativo e' connotato da una lacuna che gli precluderebbe di adottare qualsiasi provvedimento, risultando da un lato impossibile disporre la trasmissione degli atti al giudice di primo grado a norma dell'art. 604 cod. proc. pen., in quanto la nullita' riscontrata non rientra tra quelle prese in considerazione dalla predetta norma; dall'altro essendogli impedito di adottare una pronuncia nel merito, in quanto cio' equivarrebbe, in sostanza, alla correzione di un errore materiale, non ammessa dall'art. 547 cod. proc. pen.; che il giudice a quo non esplicita pero' le ragioni per le quali la mancata indicazione della causa di improcedibilita' sia configurabile come difetto di un "elemento essenziale" del dispositivo, cosi' da rientrare tra le ipotesi di nullita' della sentenza menzionate dall'art. 546, comma 3, cod. proc. pen.; che, in ogni caso, non risulta nemmeno chiarito per quale motivo l'esercizio del potere-dovere da parte del giudice di appello di riformare la sentenza impugnata ove ravvisi errori o lacune della stessa, sanando in tal modo eventuali nullita' che la vizino, equivalga a una correzione di errore materiale, posto che, cio' facendo, il giudice applicherebbe l'art. 605, comma 1, cod. proc. pen. e non l'art. 130 dello stesso codice: norma, quest'ultima, che all'evidenza opera su un terreno diverso rispetto alla prima; che pertanto la questione va dichiarata manifestamente inammissibile per difetto di motivazione sulla sua rilevanza. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 604 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dalla Corte di appello di Venezia, con l'ordinanza in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 maggio 1999. Il Presidente: Granata Il redattore: Neppi Modona Il cancelliere: Di Paola Depositata in cancelleria il 3 giugno 1999. Il direttore della cancelleria: Di Paola 99C0618