N. 340 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 giugno 1998
N. 340 Ordinanza emessa il 4 giugno 1998 dal tribunale amministrativo regionale del Lazio sul ricorso proposto da Cassani Angelo contro la prefettura di Roma Circolazione stradale - Soggetto sottoposto a misura di sicurezza personale - Revoca della patente di guida - Mancata previsione di un esame circa la possibile agevolazione nella commissione di reati a causa del possesso della patente - Violazione del principio di eguaglianza - Incidenza sul principio di tutela del lavoro. (C.d.S., artt. 120, comma 1, comb. disp. e 130, comma 1). (Cost., artt. 3 e 35).(GU n.24 del 16-6-1999 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 3376/1995, proposto da Cassani Angelo, rappresentato e difeso dall'avv.to Rocco B. Condoleo ed elettivamente domiciliato presso lo stesso, in Roma, via Arezzo, 49; Contro la prefettura di Roma, costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, e domiciliata ex lege presso la medesima, in Roma, via dei Portoghesi, 12, per l'annullamento del provvedimento del prefetto della provincia di Roma in data 24 gennaio 1995, di revoca della patente di guida del ricorrente e degli atti connessi. Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Amministrazione intimata; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Udito, alla pubblica udienza del 4 giugno 1998, il cons. Eugenio Mele; Nessuno e' presente per le parti in causa; Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue: F a t t o Il ricorrente impugna il provvedimento indicato in epigrafe, con il quale il prefetto della provincia di Roma ha disposto la revoca della sua patente di guida, in quanto lo stesso era stato sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per anni tre. Questi i motivi del ricorso: 1) violazione degli artt. 2, 3 e 35 della Costituzione; in quanto il provvedimento impugnato, impedendo al ricorrente di svolgere la sua attivita' commerciale, gli elimina ogni fonte di reddito; 2) violazione del combinato disposto degli artt. 219, comma 2, secondo periodo, e 130, comma 1, lett. b) del d.lgs. 30 aprile 1982, n. 285, in quanto lo stesso tribunale penale aveva riconosciuto al ricorrente la liberta' di locomozione, in ragione della specifica attivita' lavorativa esercitata. L'Amministrazione intimata si costituisce in giudizio e resiste al ricorso, chiedendone la reiezione e rilevando come, in presenza del combinato disposto di cui agli artt. 120 e 130 del codice della strada all'Amministrazione non residuava alcuno spazio discrezionale, dovendo procedere alla revoca della patente di guida. La causa passa in decisione alla pubblica udienza del 4 giugno 1998. D i r i t t o Il Collegio ritiene di sollevare d'ufficio questione di legittimita' costituzionale degli artt. 120 e 130 (in combinato disposto fra loro) del codice della strada, approvato con d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, relativamente al comma 1 dello stesso art. 120, nella parte in cui non prevede una valutazione relazionale tra la misura di sicurezza o di prevenzione applicata e l'uso anomalo della patente di guida, per contrasto con gli artt. 3 e 35 della Costituzione. La rilevanza della questione di costituzionalita' relativamente alla fattispecie giurisdizionale portata alla cognizione di questo giudice e' evidente: in mancanza di una pronuncia della Corte costituzionale in ordine alla illegittimita' costituzionale della norma in questa sede censurata, il provvedimento di revoca della patente di guida nei confronti del ricorrente emanato dal prefetto della provincia di Roma deve ritenersi atto dovuto, per effetto delle disposizioni legislative vigenti e, conseguentemente, il ricorso non potra' che essere rigettato. Relativamente alla non manifesta infondatezza della sollevata questione di legittimita' costituzionale, il Collegio rileva quanto segue. L'art. 120 del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, con il quale e' stato approvato il nuovo codice della strada, prevede, al primo comma, due distinti tipi di elementi ostativi al possesso dei requisiti morali (da intendersi come moralita' pubblica e, percio', come fatto di apprezzamento sociale) per il rilascio del documento abilitativo alla guida di autoveicoli a motore: il primo riguarda l'essere stati dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza, ovvero essere stati sottoposti a misure di sicurezza personali o alle misure di prevenzione di cui alla legge 27 dicembre 1956, n. 1423 e successive modificazioni, salvo che non intervenga un provvedimento di riabilitazione; il secondo concerne l'intervenuta condanna a pena detentiva non inferiore a tre anni, quando si ritenga (e si dimostri) che il possesso della patente di guida possa agevolare il soggetto nel compimento di reati della stessa natura. Il successivo art. 130 dello stesso codice della strada prevede, poi, al comma 1, punto b), la revoca della patente di guida quando il soggetto non sia piu' in possesso dei requisiti morali di cui al precedente art. 120. Dal combinato disposto delle due norme, si ricava la potesta' prefettizia di procedere alla revoca della patente in tutti i casi in cui si verifichi l'esistenza di una delle due fattispecie prima indicate. Ora, ritiene il Collegio che, mentre la seconda fattispecie di cui al primo comma dell'art. 120 del codice della strada sia conforme al principio di ragionevolezza, in quanto e' fuori discussione che nella comparazione degli interessi pubblici sia prevalente quello relativo alla tutela dell'allarme sociale, quando risulti evidente o comunque abbastanza probabile che un soggetto possa piu' facilmente compiere reati della stessa natura di quello per il quale e' stato gia' condannato, cio' non sia relativamente alla prima fattispecie del comma uno dello stesso art. 120, o, quanto meno, cio' non sia relativamente ad una parte di essa. La norma in parola, infatti, dispone la mancanza dei requisiti morali in capo al soggetto interessato automaticamente, per effetto dell'intervento dei provvedimenti di natura cautelare ivi indicati, senza prevedere, come fa invece nella seconda fattispecie, un esame relazionale fra la misura irrogata e la possibilita' che il possesso del documento di abilitazione alla guida possa agevolare il compimento di ulteriori reati della stessa (o di altra, piu' grave) natura. Se, peraltro, appare ragionevole ipotizzare che i soggetti dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza possano presumibilmente avvalersi della patente di guida per ulteriormente delinquere, a cagione dell'ormai acclarata e irreversibile pericolosita' sociale agli stessi attribuita, piu' difficile cio' si rileva nei confronti dei soggetti irrogatari di misure di sicurezza personali o di misure di prevenzione. Questi non sono, come e' noto, provvedimenti di tipo punitivo, ma rientrano nell'attivita' lato sensu preventiva, e, come tali, non possono dar luogo ad effetti diversi da quelli propri, salvo che non si dimostri che esiste la possibilita' di ulteriori facilitazioni delinquenziali a cagione del possesso di particolari abilitazioni (come la patente di guida). Ora, pero', mentre tale nesso di relazionalita' esiste per chi e' stato condannato ad almeno tre anni di pena detentiva (e quindi per chi ha gia' commesso un reato), lo stesso non sussiste per chi si trova in una fase anteriore alla commissione di alcun reato. Il che impinge clamorosamente sia con l'art. 3 della Costituzione per disparita' di trattamento tra soggetti condannati (trattati meglio) e soggetti non ancora condannati (trattati peggio) e con l'art. 35 della stessa carta costituzionale, nella parte in cui, senza obiettive ragioni derivanti da una seria istruttoria, si rende difficoltoso lo svolgimento dell'attivita' lavorativa. Il Collegio ritiene, pertanto, opportuno sospendere il giudizio in corso e trasmettere gli atti alla Corte costituzionale perche' si pronunci sulla legittimita' costituzionale dell'art. 120, comma 1, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, nella parte di esso in cui non prevede, per i soggetti irrogatari di misure di sicurezza e di misure di prevenzione, un esame circa la possibilita' che il possesso della patente di guida possa agevolarli nella commissione di reati.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 Cost., 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 23 e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Ritenuta la questione rilevante ai fini della decisione della controversia e non manifestamente infondata; Sospende il giudizio in corso; Ordina alla segreteria della sezione l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la soluzione della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 120, primo comma, del d.lgs. 30 aprile 1982, n. 285, per contrasto con gli artt. 3 e 35 della Costituzione; Ordina alla segreteria della sezione che la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e comunicata al Presidente del Consiglio dei Ministri, nonche' notificata al Presidente del Senato della Repubblica e al Presidente della Camera dei deputati. Cosi' deciso in Roma, il 4 giugno 1998, nella Camera di consiglio. Il presidente: Mastrocola Il consigliere est.: Mele 99C0584