N. 237 ORDINANZA 7 - 11 giugno 1999

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Reati  in  genere  -  Delitto punito con l'ergastolo in concorso con
 piu' delitti puniti con  pene  detentive  temporanee  -  Applicazione
 della  pena  dell'ergastolo  ope legis anche al condannato ammesso al
 regime di semiliberta' - Difetto di motivazione -  Sottoposizione  di
 una    questione    in    via   meramente   ipotetica   -   Manifesta
 inammissibilita'.
 
 (C.P., art. 72, secondo comma).
 
 (Cost., art. 27, terzo comma).
 
(GU n.24 del 16-6-1999 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici:  prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco GUIZZI, prof.
 Cesare MIRABELLI, avv. Massimo  VARI,  dott.  Cesare  RUPERTO,  dott.
 Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo  ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA,
 prof. Carlo MEZZANOTTE,  avv.  Fernanda  CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI
 MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 72, secondo
 comma, del codice penale, promosso con ordinanza emessa il 19 ottobre
 1998 dalla Corte di assise di Roma, nel procedimento penale a  carico
 di A. R., iscritta al n. 883 del registro ordinanze 1998 e pubblicata
 nella   Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  51,  prima  serie
 speciale, dell'anno 1998.
   Udito nella camera di consiglio  del  12  maggio  1999  il  giudice
 relatore Guido Neppi Modona.
   Ritenuto  che  con ordinanza del 19 ottobre 1998 la Corte di assise
 di Roma, investita  in  qualita'  di  giudice  dell'esecuzione  della
 richiesta  del  pubblico  ministero  di determinazione della pena nei
 confronti di un soggetto condannato con diverse sentenze a piu'  pene
 detentive,  ha  sollevato,  in  riferimento all'art. 27, terzo comma,
 della  Costituzione,   questione   di   legittimita'   costituzionale
 dell'art.  72,  secondo  comma, del codice penale, nella parte in cui
 prevede che, in caso di concorso di un delitto che  importa  la  pena
 dell'ergastolo  con  uno  o  piu'  delitti  puniti con pene detentive
 temporanee, la pena dell'ergastolo con isolamento  diurno  da  due  a
 diciotto  mesi  si  applica  ope legis anche al condannato ammesso al
 regime di semiliberta';
      che il rimettente espone in fatto: che il  prevenuto  era  stato
 condannato  nel  1985  dalla Corte di assise di Roma con una medesima
 sentenza  a  piu'  ergastoli,  unificati  dallo  stesso  giudice   di
 cognizione  nella  pena  dell'ergastolo  con isolamento diurno per il
 periodo di un anno, e che successivamente, con diverse sentenze e  in
 diversi  contesti,  aveva  subito ulteriori condanne a pene detentive
 temporanee per un tempo complessivo superiore a cinque anni;
     che a seguito di queste ulteriori condanne il pubblico  ministero
 aveva  inizialmente chiesto di determinare la sanzione da irrogare in
 sede di cumulo nell'ergastolo con isolamento diurno per  un  anno,  e
 successivamente, modificando la richiesta originaria, aveva precisato
 che la sanzione dell'isolamento diurno doveva ritenersi gia' eseguita
 durante  il regime di massima sicurezza, al quale il condannato, gia'
 aderente alle Brigate Rosse, "dovrebbe essere stato  assoggettato  in
 epoca precedente";
     che,  ad  avviso  del  giudice a quo, nei confronti del prevenuto
 dovrebbe  essere  applicata  in  sede  di  cumulo   la   pena   unica
 dell'ergastolo,  con  isolamento  diurno  per  un  periodo  da  due a
 diciotto  mesi,  in  accoglimento  della  originaria  richiesta   del
 pubblico ministero;
     che   peraltro   il   condannato  era  stato  ammesso  al  lavoro
 all'esterno dal 1995 e dal 1997 si trovava in regime di semiliberta';
     che ad avviso del rimettente il regime di  semiliberta',  sia  in
 considerazione dei requisiti soggettivi richiesti per l'ammissione al
 beneficio,  sia  per  le modalita' concrete di esecuzione della pena,
 non appare compatibile con l'applicazione dell'isolamento diurno;
     che tale situazione si  porrebbe  in  contrasto  con  i  principi
 enunciati  dall'art. 27, terzo comma, Cost., sotto il duplice profilo
 che le pene non possono consistere in trattamenti contrari  al  senso
 di umanita' e debbono tendere alla rieducazione del condannato;
     che, in particolare, le modalita' di applicazione dell'isolamento
 diurno,  determinando  necessariamente  la revoca del beneficio della
 semiliberta', verrebbero da un lato a  confliggere  con  un  processo
 individuale  di  reinserimento sociale gia' avviato, in contrasto con
 il principio dell'emenda, dall'altro, traducendosi in un  aumento  di
 afflittivita'  della pena, la renderebbero, in concreto, contraria al
 senso di umanita'.
   Considerato che dal  tenore  dell'ordinanza  di  rimessione  sembra
 ricavarsi che il giudice a quo ritiene applicabile al caso sottoposto
 al  suo  esame  l'art.  72,  secondo  comma, cod. pen., che regola il
 concorso tra un delitto che importa la  pena  dell'ergastolo  e  piu'
 delitti  che  comportano  pene  detentive  temporanee  per  un  tempo
 complessivo superiore a cinque anni, ma che d'altro canto  lo  stesso
 rimettente  mostra  di tenere conto anche del precedente cumulo, gia'
 disposto in sede di cognizione ex art. 72, primo  comma,  cod.  pen.,
 relativo  alla  precedente condanna a piu' ergastoli, unificati nella
 pena dell'ergastolo con isolamento diurno per un anno e,  quindi,  di
 voler procedere all'unificazione di tutte le pene concorrenti;
     che manca pertanto qualsiasi motivazione circa le ragioni per cui
 il   rimettente   ha   sollevato   la   questione   di   legittimita'
 costituzionale nei confronti del  secondo  comma  dell'art.  72  cod.
 pen.,  quando la previsione della meno grave sanzione dell'isolamento
 diurno ivi prevista avrebbe dovuto ritenersi assorbita nella  ipotesi
 piu' grave contemplata nel primo comma;
     che  inoltre  il  giudice  rimettente  da'  per  scontato  che il
 condannato debba ancora essere sottoposto ad un periodo di isolamento
 diurno, senza peraltro chiarire se tale  conclusione  sia  suffragata
 dal  dato  di fatto che il prevenuto non ha ancora espiato il periodo
 di isolamento  determinato  in  sede  di  cognizione,  ovvero  derivi
 dall'esigenza  di  rideterminare  il  periodo di isolamento diurno in
 misura superiore a quello gia' disposto con la  precedente  sentenza,
 cosi'  trascurando di motivare su un aspetto essenziale ai fini della
 rilevanza della dedotta questione di legittimita' costituzionale;
     che, in ogni caso, il giudice a quo ha omesso  di  verificare  se
 nel  caso  di specie potesse trovare applicazione, come espressamente
 richiesto dal pubblico ministero, il principio di fungibilita' tra il
 periodo in cui il prevenuto era stato sottoposto al regime di massima
 sicurezza o di sorveglianza particolare (rispettivamente ex artt.  90
 e  14-ter  dell'ordinamento  penitenziario)  e  l'isolamento  diurno,
 limitandosi  a  rilevare  che  "difetta, nel caso in esame, la prova"
 dell'assoggettamento a tale regime; prova che il  rimettente  avrebbe
 dovuto acquisire ex art. 666, comma 5, cod. proc. pen., eventualmente
 mediante   richiesta  di  esibizione  della  cartella  personale  del
 condannato presso le competenti autorita' penitenziarie;
     che inoltre dall'ordinanza di rimessione -  ove  l'art.  72  cod.
 pen.  e'  sottoposto  a  scrutinio di costituzionalita' in quanto "le
 modalita' attuali di applicazione dell'isolamento  diurno  vengono  a
 confliggere  con  un  avviato  processo  individuale di reinserimento
 sociale, attuato attraverso le misure alternative alla detenzione..."
 - emerge che la questione di  legittimita'  costituzionale,  volta  a
 prevenire   la   asserita  perdita  automatica  del  beneficio  della
 semiliberta', e' prematura  ed  ipotetica,  dovendo  comunque  essere
 delibata  dal  magistrato  e dal tribunale di sorveglianza competenti
 per l'eventuale sospensione o cessazione della semiliberta'  a  norma
 dell'art. 51-bis dell'ordinamento penitenziario;
     che  per  le  concorrenti  ragioni  sopra esposte la questione va
 pertanto dichiarata manifestamente inammissibile.
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara   la   manifesta   inammissibilita'   della  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 72, secondo comma,  del  codice
 penale,  sollevata,  in  riferimento  all'art. 27, terzo comma, della
 Costituzione, dalla Corte di  assise  di  Roma,  con  l'ordinanza  in
 epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 7 giugno 1999.
                        Il Presidente: Granata
                      Il redattore: Neppi Modona
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria l'11 giugno 1999.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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