N. 362 ORDINANZA 14 - 22 luglio 1999

 
 
 Giudizio sull'ammissibilita' di conflitto di attribuzione tra
 poteri dello Stato.
 
 Parlamento  -  Opinioni espresse dai suoi componenti - Opinioni di un
 deputato espresse nel corso di un programma televisivo - Procedimento
 penale avviato nei  suoi  confronti  per  diffamazione  -  Successiva
 deliberazione  di  insindacabilita'  della  Camera  di appartenenza -
 Ricorso per conflitto tra poteri del tribunale di Como, nei confronti
 della  Camera  dei  deputati  -  Delibazione  di   ammissibilita'   -
 Sussistenza   della  legittimazione  delle  parti  a  ricorrere  e  a
 resistere nonche' dell'oggetto del  conflitto  -  Ammissibilita'  del
 ricorso  -  Conseguente  comunicazione  al  ricorrente,  a cura della
 cancelleria, dell'ordinanza  nonche'  onere  di  notificazione  e  di
 deposito del ricorso, a cura del ricorrente, entro i termini fissati.
 
 (Deliberazione della Camera dei deputati 16 dicembre 1998).
 
 (Cost., art. 68, primo comma; legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 37).
 
(GU n.30 del 28-7-1999 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof.  Francesco  GUIZZI,    prof.
 Cesare  MIRABELLI,   avv. Massimo VARI,  dott. Cesare RUPERTO,  dott.
 Riccardo CHIEPPA,  prof. Gustavo ZAGREBELSKY,   prof. Valerio  ONIDA,
 prof.  Carlo  MEZZANOTTE,   avv. Fernanda CONTRI,   prof. Guido NEPPI
 MODONA,  prof. Piero Alberto CAPOTOSTI,  prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di ammissibilita' del conflitto tra poteri  dello  Stato
 sorto  a seguito della delibera del 16 dicembre 1998 della Camera dei
 deputati relativa alla insindacabilita' delle opinioni  espresse  dal
 deputato  Vittorio Sgarbi nei confronti di Stefania Ariosto, promosso
 dal Tribunale di Como con ricorso depositato il 25  gennaio  1999  ed
 iscritto al n. 109 del registro ammissibilita' conflitti.
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  9  giugno 1999 il giudice
 relatore Riccardo Chieppa;
   Ritenuto che, nel corso di un  procedimento  penale  a  carico  del
 deputato  Vittorio  Sgarbi per il reato di diffamazione, il Tribunale
 di Como ha sollevato,  con  ordinanza  emessa  il  20  gennaio  1999,
 conflitto  di attribuzione nei confronti della Camera dei deputati in
 relazione alla delibera del 16 dicembre 1998, con la quale  e'  stato
 dichiarato  che  i  fatti  per i quali e' in corso detto procedimento
 riguardano   opinioni   espresse   nell'esercizio   delle    funzioni
 parlamentari,  e,  come  tali,  insindacabili,  a norma dell'art. 68,
 primo comma, della Costituzione;
     che il Collegio ricorrente ha premesso che il deputato Sgarbi era
 stato tratto  a  giudizio  con  decreto  del  giudice  per  l'udienza
 preliminare  29  gennaio  1997,  per rispondere del reato di cui agli
 artt. 595 cod.pen., 30, commi 4 e 5, della legge 6  agosto  1990,  n.
 223,  a  seguito di talune dichiarazioni rese nel corso del programma
 televisivo Sgarbi Quotidiani trasmesso sulla rete televisiva Canale 5
 nei giorni 28 maggio, 10 e 11 giugno 1996, con le quali  si  riteneva
 che  avesse  offeso la reputazione di Stefania Ariosto, attribuendole
 una serie di fatti determinati, in particolare accusandola "di  avere
 vissuto  in  maniera  parassitaria,  per  molti  anni  alla  corte di
 uominiricchi e potenti e di aver tratto  in  tal  modo  i  mezzi  per
 vivere  senza  lavorare;  di aver svolto la professione di antiquario
 con scarse competenze,  scorrettamente  ed  affermando  il  falso  in
 relazione  al valore di due inginocchiatoi, di una statua romana e di
 un  libro  d'ore;  di  essere piena di debiti e di giocare in tutti i
 casino' del mondo avendo rapporti con gli usurai; di  avere  rapporti
 sconvenienti  con la televisione avendo beneficiato di una intervista
 definita marchetta del TG1; definendola inoltre con disprezzo con  il
 termine  "pentita" in relazione alla qualita' di testimone assunta in
 un procedimento penale ed  accusandola  di  avere,  in  quella  sede,
 dichiarato  il  falso";  apostrofandola,  inoltre,  con tono ritenuto
 arrogante e violento accompagnato ripetutamente da frasi volgari;
     che, nel corso del dibattimento, il deputato  Sgarbi,  dopo  aver
 reso   spontanee   dichiarazioni   contestando  nel  merito  l'accusa
 formulata nei suoi confronti, aveva sostenuto che le opinioni da  lui
 espresse  nel  corso delle trasmissioni televisive di cui si trattava
 dovevano  considerarsi  manifestazione   della   sua   attivita'   di
 parlamentare   lato   sensu   considerata,  con  la  conseguenza  che
 l'autorita'  giudiziaria  non  avrebbe  potuto  procedere  nei   suoi
 confronti  in  relazione ad esse, ai sensi dell'art. 68, primo comma,
 della Costituzione;
     che, con ordinanza del 21  novembre  1997,  lo  stesso  Tribunale
 ricorrente,  che  non condivideva l'assunto difensivo, aveva disposto
 la trasmissione  degli  atti  alla  Camera  dei  deputati,  affinche'
 valutasse la sussistenza della insindacabilita' delle espressioni per
 le  quali si procedeva, sulla base della procedura prevista dall'art.
 2, comma 11, del d.-l. 10 maggio 1996, n. 253,  in  vigore  all'epoca
 dei fatti, e da ritenersi applicabile malgrado la mancata conversione
 in  legge,  attenendo  la valutazione sulla esistenza di una causa di
 non punibilita' al diritto sostanziale.  Contestualmente,  lo  stesso
 Tribunale  aveva  disposto la sospensione del dibattimento, in attesa
 della decisione della Camera, che  avrebbe  dovuto  deliberare  entro
 novanta  giorni:    peraltro,  non  essendo  intervenuta  entro detto
 termine la deliberazione, il  procedimento  era  stato  ripreso  alle
 udienze  del  20  ottobre  1998 e del 17 dicembre 1998. All'inizio di
 quest'ultima udienza, era pervenuta la comunicazione  della  delibera
 parlamentare  del  16  dicembre  1998,  che, respingendo la motivata,
 contraria proposta della Giunta per le  autorizzazioni  a  procedere,
 aveva  dichiarato  la  insindacabilita'  delle  opinioni espresse dal
 deputato Sgarbi;
     che, ad avviso  del  Tribunale  di  Como,  la  propria  sfera  di
 attribuzioni,    costituzionalmente    garantita,    sarebbe    stata
 illegittimamente menomata dalla predetta decisione della  Camera  dei
 deputati.  Al  riguardo,  il  Collegio  ribadisce che le affermazioni
 contestate al deputato Sgarbi sembrano non avere contenuto  politico,
 ma piuttosto trascendere su di un piano di mero dileggio e di insulto
 personale nei confronti della Ariosto, ed essere del tutto svincolate
 sia  da  considerazioni di carattere politico, sia da connessioni con
 il dibattito parlamentare,  anche  ove  si  voglia  ritenere  che  le
 vicende  in  cui  e' stata coinvolta la signora Ariosto abbiano avuto
 una notevole rilevanza pubblica;
     che,  infine,  il  Collegio   ritiene   che   le   modalita'   di
 estrinsecazione  delle  opinioni  del deputato Sgarbi ed i termini da
 lui  adoperati  sono  assolutamente  estranei   all'esercizio   delle
 funzioni parlamentari, sia pure latamente intese.
   Considerato   che,  nella  presente  fase  del  giudizio,  a  norma
 dell'art.  37, terzo e quarto comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87,  la  Corte e' chiamata a deliberare, senza contraddittorio, se il
 ricorso sia ammissibile, esistendo i presupposti di un  conflitto  la
 cui  risoluzione  spetti alla sua competenza, restando impregiudicata
 ogni ulteriore decisione, anche in punto di ammissibilita';
     che il Tribunale di Como e' legittimato a sollevare il conflitto,
 in quanto organo competente a dichiarare definitivamente la  volonta'
 del  potere cui appartiene nell'ambito delle funzioni giurisdizionali
 da  esso  esercitate,  in  conformita'  al  principio,  ripetutamente
 affermato   dalla   Corte,   secondo   il   quale  i  singoli  organi
 giurisdizionali, svolgendo le loro funzioni  in  posizione  di  piena
 indipendenza,   costituzionalmente  garantita,  sono  legittimati  ad
 essere parti nei conflitti costituzionali di attribuzione;
     che, del pari, secondo la costante giurisprudenza della Corte, la
 Camera dei deputati, in relazione  alla  definizione  dell'ambito  di
 applicabilita' dell'art. 68, primo comma, della Costituzione rispetto
 ad  un  proprio  componente,  e'  legittimata  ad  essere parte in un
 conflitto, in quanto organo cui spetta dichiarare definitivamente  la
 volonta' del potere che rappresenta;
     che,  quanto  all'oggetto  del  conflitto,  il  Tribunale di Como
 lamenta, conformemente a quanto richiesto dall'art. 37, primo  comma,
 della  legge  n.  87  del  1953,  la  lesione  della propria sfera di
 attribuzioni    costituzionalmente    garantita,    in    conseguenza
 dell'esercizio,  ritenuto  illegittimo,  da  parte  della  Camera dei
 deputati, del potere di dichiarare l'insindacabilita' delle  opinioni
 espresse  da  un  proprio  membro  a norma dell'art. 68, primo comma,
 della Costituzione.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara ammissibile, ai sensi dell'art. 37 della  legge  11  marzo
 1953,  n.  87, il conflitto di attribuzione proposto dal Tribunale di
 Como nei confronti della Camera dei deputati con il ricorso  indicato
 in epigrafe;
   Dispone:
     a)  che  la  cancelleria  della  Corte  dia  comunicazione  della
 presente ordinanza al Tribunale di Como,  ricorrente;
     b) che, a cura del ricorrente, il ricorso e la presente ordinanza
 siano notificati  alla  Camera  dei  deputati,  in  persona  del  suo
 Presidente,  entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione,
 per essere depositati nella cancelleria della Corte entro il  termine
 di  venti giorni dalla notificazione, secondo l'art. 26, terzo comma,
 delle  norme  integrative  per   i   giudizi   davanti   alla   Corte
 costituzionale.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 14 luglio 1999.
                        Il Presidente: Granata
                         Il redattore: Chieppa
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 22 luglio 1999.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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