N. 536 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 giugno 1999

                                N. 536
  Ordinanza  emessa il 29 giugno 1999 dalla Corte di appello di Trento
 nel procedimento civile vertente  tra  Fambri  Camillo  S.p.a.  e  il
 comune di Pergine Valsugana
 Espropriazione   per  pubblica  utilita'  -  Provincia  di  Trento  -
    Indennita'  di  espropriazione  -  Criteri  di  determinazione   -
    Riferimento  a  parametri tabellari, senza collegamento a elementi
    di valore reale - Deteriore trattamento rispetto a quanto previsto
    dall'art.  5-bis,  legge  8  agosto  1992,  n. 359 - Disparita' di
    trattamento  tra  espropriati  -  Lesione  del  diritto   all'equo
    indennizzo  -  Incidenza  sul diritto di azione - Riferimento alle
    sentenze della Corte  costituzionale  nn.  80/1996  e  283/1993  -
    Riproposizione  di questione gia' oggetto di ordinanza della Corte
    n. 402/1998 di restituzione atti per ius superveniens.
 (Legge provinciale Trento 19 febbraio 1993, n. 6, artt. 11,  12,  13,
    14, 15, 16, 17, 18, 19 e 20).
 (Cost., art. 3, 24, primo comma e 42, terzo comma).
(GU n.41 del 13-10-1999 )
                          LA CORTE DI APPELLO
   Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza nella causa civile in primo
 grado iscritta a ruolo in data 22 aprile 1994 al  n.  156/1994  r.g.,
 promossa  con  atto di citazione in opposizione notificato in data 19
 aprile 1994 da Fambri Camillo S.p.a., corrente in Trento, per persona
 del  legale  rappresentante  pro-tempore,  rappresentata   e   difesa
 dall'avvocato  Roberta de Petris di Trento, domiciliataria per delega
 a margine dell'atto di citazione in opposizione, attrice;
   Contro il comune di Pergine Valsugana, convenuto-contumace;
   Oggetto: opposizione ad indennita' espropriativa.
   Causa ritenuta in decisione all'udienza collegiale  del  22  giugno
 1999.
                               F a t t o
   La  Fambri  Camilli  S.p.a.  in  persona del legale rappresentante,
 premettendo:
     di essere proprietaria delle pp.ff. 454 e 455  in  C.C.  Madrano,
 sottoposte a procedura d'esproprio su richiesta del comune di Pergine
 Valsugana,  per  la  realizzazione della zona produttiva in localita'
 Cire';
     che con D.P.G.P.A. di Trento del 24 febbraio  1994,  l'indennita'
 dovuta  era  stata  determinata in L. 36.138.670 oltre a L. 1.715.000
 per indennizzi relativi alla pavimentazione in asfalto e  al  legname
 della zona coltivato a bosco;
     tutto  cio'  premesso,  proponeva  opposizione avverso il decreto
 determinativo dell'indennita', assumendone l'incongruita',  chiedendo
 la rideterminazione della stessa e sollevando, in via subordinata, la
 questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 17 della legge
 provinciale di Trento 19 febbraio 1993, n. 6 per  la  parte  in  cui,
 secondo l'opponente "opera un'iniqua ed irragionevole classificazione
 dei  terreni,  che,  prescindendo dall'effettivo valore degli stessi,
 crea inammissibili disparita'  di  trattamento  nella  determinazione
 delle  indennita'  dovute  ai  vari soggetti espropriati e si pone in
 palese conflitto con  il  concetto  di  equo  indennizzo  cosi'  come
 individuato in numerose sentenze del giudice costituzionale".
   Il comune di Pergine Valsugana, benche' regolarmente citato, non si
 costituiva  e  veniva dichiarato contumace, quindi ammessa c.t.u., in
 esito  al  deposito  dell'elaborato  tecnico,  veniva   disposto   un
 successivo  supplemento.  La  causa,  riservata  a  sentenza,  veniva
 rimessa di fronte al  CI  con  ordinanza  del  22  gennaio  1999  per
 assumere   informazioni   sull'eventuale  esercizio  del  diritto  di
 rideterminazione dell'indennita' ai sensi  dell'art.  41,  comma  16,
 legge   provinciale   11   settembre  1998,  n.  10  e  assunte  tali
 informazioni, nel corso  dell'udienza  del  22  gennaio  1999,  sulle
 condizioni  dell'opponente  trascritte in epigrafe la causa ritornava
 in decisione all'udienza del 22 giugno 1999.
                              Motivazione
   A seguito dell'entrata in vigore dell'art. 41, comma 16 della legge
 provinciale  n.  10/1998 la parte opponente avrebbe potuto esercitare
 l'opzione   per   la   rideterminazione   in   sede    amministrativa
 dell'indennita'    espropriativa    secondo   la   nuova   disciplina
 sopravvenuta nelle more del presente giudizio.
   Ma all'udienza del 22 gennaio 1999 il difensore  dell'opponente  ha
 dichiarato  a  verbale che la parte espropriata non si e' avvalsa del
 diritto di cui all'art. 41, comma 16, legge provinciale n. 10/1998  e
 siccome tale mancato esercizio rende l'opzione all'applicazione delle
 nuove  norme  non  piu'  esercitabile  per  decorso  del  termine  di
 prescrizione fissato dal legislatore provinciale sempre nel comma  16
 dell'art.  41,  legge  provinciale  n.  10/1998,  la  fattispecie  e'
 regolata dalla precedente legge provinciale n. 6/1993 che  e'  quella
 in  base  alla quale e' stata disposta l'espropriazione, iniziata con
 il decreto del Presidente della G.P.A. 24 febbraio 1994 (vedi in  tal
 senso Cass. n. 6098/1981, n. 900/1979).
   Difatti   la   nuova   legge   n.   10/1998   pur   consentendo  la
 rideterminazione  dell'indennita'  nei  limiti  sopra  indicati,  non
 contiene  una  disposizione  transitoria  che  estenda l'applicazione
 delle nuove norme anche ai giudizi in corso non ancora  definiti  con
 sentenza passata in giudicato.
   Cio'   premesso,   la   Corte   giudicante   condivide   l'opinione
 dell'espropriata   in   merito   alla   questione   di   legittimita'
 costituzionale  di  detta  legge  provinciale,  che  ritiene di dover
 sollevare d'ufficio, non  solo  nei  confronti  dell'art.  17,  legge
 provinciale  n.  6/1993  come prospettato dall'opponente, ma di tutti
 gli articoli che vanno dall'11 al 20 e  cioe'  dell'intera  normativa
 raffigurante il sistema di calcolo imposto dalla legge stessa.
   Si tratta di un sistema fondato su di un meccanismo tutto tabellare
 (o  categoriale  che  dir si voglia). Esso   vincola il giudice ad un
 predeterminato iter di ragionamenti e  restringe  la  sua  cognizione
 meritoria  al  solo  interno  di predeterminate classi legali. E cio'
 anche in quei casi (quale il presente) in cui ne derivino conclusioni
  palesemente  avulse  dalla  realta'  oggettiva.  Le  classificazioni
 legali portano sempre e necessariamente a giudizi di uguaglianza pure
 nelle  disuguaglianze  (disuguaglianze impossibili da precatalogare);
 cosa questa  inammissibile  (art.  3  Cost.)  in  una  materia  tanto
 incisiva  sui  diritti  del  cittadino  quale  quella  afferente alle
 espropriazioni (art. 42 Cost.).
   In particolare, la legge provinciale de qua  viene  ad  accreditare
 con  l'effetto  di  drastiche  diversificazioni  indennitarie, alcune
 "perimetrazioni" cartografiche che, economicamente, sul  terreno  non
 esistono  o  meglio,  che  esistono in ben altre e meno rigide e piu'
 variegate forme (ad esempio libere da  automatismi  che  premiano  la
 mera  "storicita'"  alla quale si riferisce l'art. 17, comma 1, lett.
 a) ed in altre sfumature (ad esempio piu' che le "adiacenze"  di  cui
 all'art. 17, comma 1, lett. b), c), d), saranno le logiche direttrici
 di  espansione  ancorche'  su terreno non adiacente, a rilevare nelle
 valutazioni libere).
   Del  resto  e'  la  stessa   legge   provinciale   in   esame   che
 esplicitamente   ammette  la  convenzionalita'  dei  valori  da  essa
 rappresentati (rif.  art. 14, lett. a), b), art. 17,  comma  2,  art.
 18, comma 2, art. 19, comma 1).
   E'  chiaro  che  la  convenzionalita'  e',  nella  logica, l'esatto
 contrario della liberta'. Difatti,  un  conto  e'  mediare  le  stime
 libere  attraverso semisomme dei valori liberi con quelli catastali o
 tabellari, salvaguardando in tal modo la proporzionalita' tra caso  e
 caso  ed  un  conto  e',  invece,  convenzionare  le  stime, mediante
 astrazioni legali.
   ll Collegio giudicante ritiene di dover ribadire,  dunque,  che  la
 realta'   delle  stime  immobiliari  non  puo'  essere  racchiusa  in
 categorie legali, quali quelle dell'art. 17,  comma  1  od  in  medie
 legali  quali  quelle  dell'art.  18, comma 1, od in incidenze legali
 quali quelle di cui all'art. 19, comma 1, ma deve  rimanere,  secondo
 la  sua  propria  natura, il   risultato di una improgrammabile e ben
 piu'  vasta  e  composita  varieta'  di   fattori,   a   loro   volta
 interdipendenti fra loro caso per caso.
   Tutto quello che fin qui e' stato esposto dimostra la non manifesta
 infondatezza della sollevata questione di incostituzionalita' che, in
 relazione  alla  particolare  fattispecie, presenta pure il requisito
 della rilevanza.
   Dalla c.t.u. emerge che la procedura  espropriativa  ha  avuto  per
 oggetto  terreni  non agricoli perche' inseriti dal piano urbanistico
 comunale in zona destinata ad insediamenti produttivi.
   Orbene, esclusa da codesta Corte costituzionale  con  la  sent.  n.
 261  del  23  luglio  1997  l'ipotizzabilita'  di un tertium genus la
 natura edificatoria delle aree espropriate, sia  pure  limitata  alla
 particolare tipologia della zona, appare fuori discussione.
   Trattandosi,  allora,  di area edificabile, nel caso particolare la
 legge provinciale non  puo',  nemmeno,  sottrarsi  al  confronto  con
 l'art.  5-bis,  d.-l.  11  luglio  1992 come modificato dalla legge 8
 agosto 1992, n.  359,  norma  che  rientra  nel  novero  delle  leggi
 fondamentali  di  riforma economico sociale come affermato da codesta
 Corte costituzionale nella sentenza n. 147 del 26 aprile 1999.
   Tenuto conto della particolare natura della citata  norma  statale,
 la   stessa  ha  costituito  un  limite  per  lo  stesso  legislatore
 provinciale  anche  se  in  materia  riservata  alla  sua  competenza
 legislativa primaria.
   Conseguentemente il legislatore provinciale avrebbe dovuto adeguare
 la  legge  provinciale  in materia alla legislazione statale entro il
 termine di sei mesi di cui all'art. 2, d.  lgs.  16  marzo  1992,  n.
 266; senonche', quantomeno per quel che riguarda la legge provinciale
 applicabile  alla  fattispecie,  detto  adeguamento non si e' avuto e
 sulla base della consulenza tecnica  d'ufficio  puo'  affermarsi  che
 l'indennita'  attribuita  all'opponente  e' addirittura piu' bassa di
 quella che si sarebbe ottenuta applicando l'art.  5-bis  della  legge
 statale, che proprio per la sua particolare natura e' gia' di per se'
 ispirata  a  criteri restrittivi. Al riguardo e' il caso di ricordare
 che il c.t.u. ha  accertato  in  L.  24.064.000  l'indennita'  dovuta
 applicando i criteri tabellari della legge provinciale n. 6/1993.
   Ed  a  proposito dell'indennita' calcolata secondo l'art. 5-bis, e'
 anche il caso di evidenziare che  il  c.t.u.  e'  caduto  in  errore,
 avendo  interpretato alla lettera l'art. 5-bis senza cogliere il vero
 senso della norma.  Difatti, nel punto 3 della norma  il  legislatore
 statale  ha  inteso  consacrare  legislativamente  un principio ormai
 invalso in giurisprudenza, secondo cui, nella  stima  dell'indennita'
 dell'area   espropriata,   non   deve   tenersi   conto  del  vincolo
 espropriativo e cioe', deve prescindersi da  esso,  valutando  l'area
 medesima  per  le  sue concrete potenzialita' edificatorie sia legali
 che  di  fatto  esistenti  nel  momento  dell'avvio   della   vicenda
 ablatoria.
   Se il c.t.u. avesse seguito questi criteri che sono stati tracciati
 nella  sentenza  della  Corte  costituzionale  n. 442 del 16 dicembre
 1993, sarebbe stata determinata un'indennita' pari alla meta'  di  L.
 112.800.000,  corrispondente  al valore venale dei beni accertato dal
 c.t.u. (attesa la notoria irrilevanza economica,  nel  calcolo  della
 semisomma,  del  reddito  dominicale  e l'impossibilita' di procedere
 all'abbattimento del 40%, dato che l'espropriato, a  suo  tempo,  non
 ricevette una previa offerta della semisomma e quindi non fu messo in
 condizione  di  accettarla o meno vedi Corte costituzionale 16 giugno
 1993, n. 283).
                               P. Q. M.
   Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, con  riferimento
 agli  artt. 3, 24, comma 1, 42, comma 3 della Costituzione e art.  8,
 comma 1 dello statuto regione Trentino-Alto  Adige  la  questione  di
 legittimita'  costituzionale  degli  artt.  da  11  a  20 della legge
 provinciale di Trento 19 febbraio 1993, n. 6;
   Sospende il presente giudizio ed ordina la trasmissione degli  atti
 alla Corte costituzionale;
   Dispone  che  a  cura  della cancelleria, la presente ordinanza sia
 notificata alle parti, nonche' al Presidente della Giunta provinciale
 amministrativa di Trento e  che  sia  comunicata  al  Presidente  del
 consiglio provinciale di Trento.
     Trento, addi' 29 giugno 1999.
                        Il presidente: Ciciretti
                                      Il consigliere relatore: Luchini
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