N. 549 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 marzo 1999

                                N. 549
  Ordinanza  emessa  il  15  marzo  1999 dal tribunale, sezione per il
 riesame di Napoli sull'appello proposto da Pezzella Nicola
 Processo penale - Misure cautelari personali - Custodia cautelare  in
    carcere  -  Durata massima - Limite complessivo e limite di fase -
    Ipotesi di decorrenza ex novo dei termini in seguito a regressione
    del procedimento o rinvio ad altro giudice - Perdita di  efficacia
    della  misura  solo  nel caso di superamento del termine di durata
    complessivo e non anche nel caso di  superamento  del  doppio  del
    termine   di  fase  -  Disparita'  di  trattamento  rispetto  alla
    disciplina dei casi di sospensione dei termini di custodia di  cui
    all'art. 304, comma 6, cod. proc. pen.
 (C.P.P. 1988, art. 303, comma 4).
 (Cost., art. 3).
(GU n.41 del 13-10-1999 )
                             IL TRIBUNALE
   Ha    emesso    la   seguente   ordinanza   sull'appello   proposto
 nell'interesse di Pezzella Nicola avverso l'ordinanza emessa in  data
 14  agosto  1998  dalla  Corte  di  assise  di S. Maria Capua Vetere,
 sezione  feriale,  con  la  quale   veniva   rigettata   istanza   di
 scarcerazione  per  scadenza,  nella fase delle indagini preliminari,
 del termine massimo della custodia cautelare;
                             O s s e r v a
   1. - Come risulta dagli atti tramessi dall'a.g. procedente e  dalla
 "posizione  giuridica"  successivamente acquisita, Pezzella Nicola e'
 sottoposto a custodia cautelare in carcere, tra l'altro, per il reato
 di associazione mafiosa in forza di ordinanza coercitiva  emessa  dal
 g.i.p.  del  tribunale  di  Napoli  nell'ambito del procedimento c.d.
 Spartacus,  notificata  all'indagato  in  data   5   dicembre   1995.
 L'appellante  venne  rinviato  a  giudizio  con decreto del g.i.p. di
 Napoli dell'8 novembre 1996 avanti alla Corte di assise di Napoli, la
 quale, pero', con sentenza 22  ottobre  1997,  dichiaro'  la  propria
 incompetenza per territorio e rimise gli atti al p.m. della D.D.A. di
 Napoli    perche'  promuovesse  l'azione  penale avanti alla Corte di
 assise di S. Maria Capua Vetere. A tanto il p.m. ha poi provveduto  e
 in  data 4 aprile 1998 e' stato emesso g.i.p. nuovo decreto di rinvio
 a giudizio.
   La  difesa  ha  formulato  istanza   di   scarcerazione   invocando
 l'applicazione del principio affermato dalla Corte costituzionale con
 sentenza  n.    292/1998 e, con l'appello proposto al sensi dell'art.
 310 c.p.p.  avverso il provvedimento di rigetto della Corte di assise
 di S. Maria Capua Vetere, deduce: "Preliminare  alla  valutazione  di
 merito  e'  la  dovuta  considerazione  della  valenza delle sentenze
 interpretative di rigetto.
   La Corte di assise  di  S.  Maria  Capua  Vetere  correttamente  ha
 sottolineato  la  limitata  efficacia  delle  stesse  nell'ambito del
 procedimento nel corso del quale e' stata sollevata la  questione  di
 legittimita' costituzionale (pag. 2 ordinanza impugnata).
   Tuttavia  e' opportuno notare la peculiarita' della pronuncia della
 Corte costituzionale che nel caso in esame si limita al  richiamo  ad
 una corretta interpretazione letterale dell'art. 304, comma 6, c.p.p.
 In  tale ottica risulta  evidente che le argomentazioni dedotte dalla
 Corte a sostegno di  quanto  sopra  valgono  a  rafforzare  e  non  a
 chiarire  il  senso  di  una  norma che esplicitamente, attraverso il
 richiamo al comma 2 dell'art. 303, c.p.p., va applicata nel  caso  in
 esame.
   E'  necessario,  dunque, considerare che la sentenza invocata nella
 misura in cui richiama una norma di segno  univoco  non  puo'  essere
 disattesa  attraverso motivazioni di ordine generale. Se e' vero come
 e' vero che la norma di cui all'art. 304, c.p.p. fa riferimento anche
 alle ipotesi di regressione del processo e' altrettanto vero  che  il
 giudice  chiamato  alla  pronuncia non puo' disconoscerne la portata,
 poiche' in questa ipotesi non solo viene disattesa la pronuncia della
 Corte costituzionale ma anche violata una norma giuridica cogente".
   Deduce ancora la difesa dell'appellante che "... la Corte di assise
 dopo aver preso le distanze da quella che viene definita una sentenza
 interpretativa   di   rigetto,   ...   incorre   in   una    evidente
 contraddizione.    Infatti,  da  un  lato,  la  Corte ritiene che "le
 statuaizioni di cui all'art. 304, c.p.p. (Sospensione dei termini  di
 durata  massima  della  custodia  cautelare) ... vanno considerate di
 carattere  eccezionale  ed  in  quanto  tali  sono  insuscettibili di
 interpretazione analogica", dall'altro che "la citata normativa abbia
 valenza generale costituendo una regola di chiusura applicabile anche
 in ipotesi diverse dalla sospensione" (pag. 4 ordinanza di rigetto).
   Se puo' condividersi la natura eccezionale dei primi quattro  commi
 dell'art.  304  c.p.p.  non puo' dirsi altrettanto dei commi quinto e
 sesto. Questi ultimi recuperano la funzione di tutela della  liberta'
 personale  ...  tanto da porre degli sbarramenti alle eccezioni poste
 con l'istituto della sospensione.
   Sicche'  il  riferimento  alla  impossibilita'  di  estendere   per
 applicazione  analogica la regola del comma 6 dell'art. 304 c.p.p. e'
 infondato.
   Inoltre vorra' il tribunale considerare che  il  giudice  adito  ha
 tratto  dalla  rubrica  della  norma  di  cui  sopra "Sospensione dei
 termini
  ...", l'esclusivo elemento interpretativo della stessa e,  pertanto,
 ha  ritenuto nella   premessa che poi ha contraddetto, applicabile la
 disciplina di cui  al  comma  6  unicamente  a  statuizioni  relative
 all'istituto  della  sospensione  ...  in  evidente  contrasto con il
 tenore letterale della norma.
   Infine non e' condivisibile l'ordinanza  nella  parte  in  cui  ...
 rigetta  l'istanza  difensiva  ...  perche'  il  periodo  di custodia
 cautelare sofferto andrebbe computato, ai fini del  calcolo  relativo
 alla  decorrenza  dei  termini, sottraendo lo spazio temporale che va
 dall'8 novembre 1996 al 22 ottobre 1997 e cioe' dal decreto di rinvio
 a giudizio
  ... alla sentenza di incompetenza territoriale resa dalla V  sezione
 della Corte di assise di Napoli, rappresentando  quest'ultima fase un
 periodo   disomogeneo   visto   l'incardinamento  dibattimentale  del
 processo ... Qualora dovesse  aderirsi  all'assunto  della  Corte  di
 assise   la  norma  in  esame  non  avrebbe  piu'  alcun  significato
 maturandosi, salvo in  ipotesi  di  diverse  regressioni,  sempre  il
 termine di fase prima di quello di fase raddoppiato".
   Il  seguito  del  testo  dell'ordinanza  e'  perfettamente uguale a
 quello  dell'ordinanza  pubblicata  in  precedenza  (Reg.   ord.   n.
 547/1999).
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