N. 412 ORDINANZA 25 - 29 ottobre 1999

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo penale - Procedimento per la convalida dell'arresto davanti
 al  tribunale  -  Presenza  all'udienza  di  un  rappresentante della
 polizia giudiziaria che abbia partecipato alle operazioni di  arresto
 - Mancata previsione - Incidenza sul convincimento del giudice, posta
 la  preclusione  di poter chiedere agli organi di polizia giudiziaria
 chiarimenti sui fatti - Denunciata irragionevolezza per disparita' di
 trattamento rispetto a quanto previsto nel procedimento per convalida
 dell'arresto e giudizio direttissimo davanti al  pretore  (art.  566,
 comma  3, del codice di procedura penale) nonche' lesione del diritto
 di difesa e del principio di buon andamento degli uffici giudiziari -
 Manifesta infondatezza della questione.
 
 (Cod. proc. pen., art. 391)
 
 (Cost., artt. 3, 24 e 97)
 
 Pubblici uffici - Principio del buon andamento - Ambito applicativo -
 Riferibilita' all'attivita' giurisdizionale - Esclusione.
 
 (Cost., art. 97)
 
(GU n.44 del 3-11-1999 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici: prof. Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.
 Cesare  MIRABELLI,  prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv. Massimo VARI,
 dott.  Cesare  RUPERTO,  dott.  Riccardo   CHIEPPA,   prof.   Gustavo
 ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, prof. Guido
 NEPPI MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 391 del codice
 di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 7  luglio  1998
 dal  giudice  per le indagini preliminari c/o il Tribunale di Perugia
 nel procedimento penale a carico di M. C., iscritta  al  n.  867  del
 registro  ordinanze  1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 49, prima serie speciale, dell'anno 1998.
   Udito nella camera di consiglio del 29 settembre  1999  il  giudice
 relatore Guido Neppi Modona.
   Ritenuto  che  il giudice per le indagini preliminari del Tribunale
 di Perugia ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e  97  della
 Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art.  391
 del  codice  di  procedura  penale nella parte in cui non prevede "la
 necessaria presenza di un rappresentante  della  Polizia  giudiziaria
 che   ha  partecipato  alle  operazioni  di  arresto  e  con  diretta
 cognizione dei fatti o, comunque, non  consente  al  giudice  per  le
 indagini   preliminari   procedente   di  chiedere  l'intervento  del
 predetto, anche a chiarimento dei fatti";
     che  il  rimettente,  investito  della  richiesta  del   pubblico
 ministero  di convalida dell'arresto e di applicazione della custodia
 cautelare  in  carcere,  espone,  in  fatto,  che   nell'udienza   di
 convalida,  relativa  a  due  soggetti arrestati in flagranza, uno di
 essi aveva negato, in contrasto con quanto risultava nel  verbale  di
 arresto,  di  avere  detenuto  un  quantitativo  di stupefacente e di
 essersene disfatto nel momento in  cui  era  intervenuta  la  polizia
 giudiziaria,  sostenendo  che  la  sostanza stupefacente era detenuta
 dall'altro arrestato;
     che  quest'ultimo,  a  sua  volta  interrogato  nell'udienza   di
 convalida,  aveva  confermato  tale versione, assumendosi l'esclusiva
 responsabilita' del fatto;
     che, a parere del rimettente, in tale situazione il giudice della
 convalida si  vedrebbe  costretto  a  decidere  sulle  richieste  del
 pubblico  ministero  senza  avere  la possibilita' di compiere alcuna
 indagine  volta  a  verificare  quale  delle  contrastanti   versioni
 emergenti  dal  verbale  di  arresto  e  dalle  dichiarazioni dei due
 arrestati corrisponda alla realta' dei fatti;
     che,   al   riguardo,   il  rimettente  rileva  che  nell'analoga
 situazione della convalida dell'arresto nel  procedimento  avanti  al
 pretore,  l'art.  566  cod. proc. pen. ha opportunamente previsto che
 l'ufficiale o agente di polizia giudiziaria che ha eseguito l'arresto
 venga autorizzato a rendere una relazione orale, cosi' consentendo al
 pretore di chiedere chiarimenti sui fatti e di "poter  instaurare  un
 minimo di contraddittorio su circostanze dubbie o incerte";
     che  la  norma censurata contrasterebbe quindi con l'art. 3 della
 Costituzione per violazione del principio di uguaglianza,  in  quanto
 opera  una  irragionevole discriminazione tra arrestati a seconda che
 si tratti di reati di competenza del tribunale  o  del  pretore;  con
 l'art. 24 Cost., perche' l'arrestato "si troverebbe nella sostanziale
 impossibilita'  di  controbattere  a  quanto  risulta  in  atti in un
 momento determinante per la propria liberta' personale";  con  l'art.
 97 Cost., sotto il profilo del buon andamento degli uffici, in quanto
 si preclude al giudice di "compiere quanto necessario per raggiungere
 un  serio  e  maturato  convincimento"  e alla polizia giudiziaria di
 fornire chiarimenti a fronte di contestazioni della difesa.
   Considerato  che  nel  sistema  del  codice  di  procedura   penale
 l'udienza  di convalida dell'arresto, disciplinata dall'art. 391 cod.
 proc.   pen., e' costruita come un  momento  di  necessaria  garanzia
 sullo status libertatis volto esclusivamente a verificare, allo stato
 degli  atti e nei tempi brevissimi imposti dall'art. 13, terzo comma,
 Cost., le condizioni di  legittimita'  dell'arresto  sulla  base  del
 relativo  verbale, trasmesso dal pubblico ministero a norma dell'art.
 122 disp.    att.  cod.  proc.  pen.  unitamente  alla  richiesta  di
 convalida;
     che  a  tale  funzione e' congeniale la struttura dell'udienza di
 convalida, ove l'unica presenza necessaria e' quella del difensore, a
 garanzia del diritto di difesa dell'arrestato, di cui viene  disposto
 l'interrogatorio,  salvo  che  non abbia potuto o si sia rifiutato di
 comparire (art. 391, commi  1  e  3,  cod.  proc.  pen.),  mentre  il
 pubblico ministero, se ritiene di non comparire, trasmette al giudice
 le  richieste  in  ordine alla liberta' personale con gli elementi su
 cui le stesse si fondano (art. 390, comma  3-bis  cod.  proc.  pen.),
 ovvero, se comparso, si limita ad indicare i motivi dell'arresto e ad
 illustrare  le  eventuali richieste in ordine alla liberta' personale
 (art. 391, comma 3, cod.  proc. pen.);
     che, a fronte di tale disciplina, il rimettente vorrebbe  che  al
 giudice  dell'udienza  di convalida venisse riconosciuto il potere di
 sentire l'agente o l'ufficiale di polizia giudiziaria che ha eseguito
 l'arresto  e  redatto   il   relativo   verbale,   eventualmente   in
 contraddittorio  con la persona arrestata, al fine di procedere ad un
 piu' preciso accertamento dei fatti  in  caso  di  contrasti  tra  il
 verbale di arresto e le dichiarazioni rese dagli arrestati in sede di
 interrogatorio;
     che   ad   avviso  del  rimettente  l'impossibilita'  di  sentire
 l'ufficiale o agente di polizia giudiziaria si porrebbe in  contrasto
 con  l'art.   3 Cost., sia perche' precluderebbe irragionevolmente al
 giudice di compiere gli accertamenti necessari  alla  sua  decisione,
 sia perche' - confrontata con la disciplina dell'udienza di convalida
 dell'arresto e del contestuale giudizio direttissimo nel procedimento
 davanti  al  pretore,  prevista  dall'art.  566  cod.  proc.  pen.  -
 determinerebbe una ingiustificata disparita' di trattamento  tra  gli
 arrestati per reati di competenza del tribunale e quelli per reati di
 competenza  del  pretore,  in quanto solo nel procedimento davanti al
 pretore la legge  prevede  che  l'ufficiale  o  l'agente  di  polizia
 giudiziaria  che  presenta  l'arrestato  al pretore sia autorizzato a
 rendere una relazione orale (art. 566, comma 3, cod. proc. pen.);
     che, da  un  punto  di  vista  generale,  non  contrasta  con  il
 principio  di  ragionevolezza,  stante  la  funzione  e  la struttura
 dell'udienza di convalida, che l'art. 391 cod. proc. pen. non preveda
 che il giudice possa acquisire nuovi elementi di  valutazione  e,  in
 particolare,  sentire  come  testimoni gli agenti o gli ufficiali che
 hanno eseguito l'arresto, in quanto tali incombenti si porrebbero  in
 radicale  contrasto con i tempi brevissimi entro cui deve svolgersi e
 concludersi l'udienza di convalida e con  le  finalita'  dell'udienza
 stessa;
     che,  in  particolare, non e' conferente il tertium comparationis
 addotto dal rimettente a sostegno della supposta violazione dell'art.
 3 Cost.: l'art. 566 cod.  proc.  pen.  si  riferisce,  infatti,  alla
 diversa   situazione  della  convalida  e  del  contestuale  giudizio
 direttissimo nel procedimento  davanti  al  pretore,  e  pertanto  il
 confronto  potrebbe  in ipotesi porsi tra gli omologhi istituti della
 convalida e del  contestuale  giudizio  direttissimo  rispettivamente
 previsti  per il procedimento davanti al pretore (art. 566 cod. proc.
 pen.) e per i reati di competenza del tribunale (art. 449 cod.  proc.
 pen.);
     che,  peraltro,  la relazione orale di cui all'art. 566, comma 3,
 cod. proc. pen. e' priva  di  quelle  connotazioni  testimoniali  che
 vorrebbe  attribuirle  il rimettente, ma risponde piuttosto, stante i
 tempi brevissimi per la presentazione dell'arrestato direttamente  in
 udienza   ai  fini  della  celebrazione  del  giudizio  direttissimo,
 all'esigenza  di  consentire  agli  ufficiali  o  agenti  di  polizia
 giudiziaria  che hanno eseguito l'arresto di surrogare o integrare la
 comunicazione scritta della notizia di reato prevista dall'art.  347,
 comma 1, cod.  proc. pen;
     che,  quindi,  la  relazione  orale,  che  il rimettente vorrebbe
 introdurre all'interno dell'udienza di  convalida,  non  assolverebbe
 comunque  alla  funzione  di  consentire  al  giudice  di  sentire  a
 chiarimento  gli  agenti  verbalizzanti   onde   dirimere   eventuali
 contrasti   tra   il   verbale   di  arresto  e  il  contenuto  delle
 dichiarazioni rese dagli arrestati;
     che infine, ove si attribuisse al  giudice,  al  di  fuori  della
 specifica  e diversa ipotesi della relazione orale avanti al pretore,
 la facolta' di citare d'ufficio e di esaminare gli ufficiali o agenti
 di polizia giudiziaria che hanno eseguito l'arresto,  tale  attivita'
 si  qualificherebbe  come una acquisizione di carattere testimoniale,
 dalla quale  deriverebbe,  a  titolo  di  necessaria  attuazione  del
 principio  del diritto alla prova, la conseguente ammissione di altri
 testimoni eventualmente  indicati  dal  pubblico  ministero  e  dalla
 difesa,  snaturando  cosi' la struttura e la funzione dell'udienza di
 convalida, sino all'impossibilita' di concluderla  nel  rispetto  dei
 termini   imposti   dalla   stessa   Costituzione   a   tutela  della
 inviolabilita' della liberta' personale;
     che  prive  di  fondamento  sono  anche  le  censure  mosse   con
 riferimento agli artt. 24 e 97 Cost;
     che,  ai  fini  della  contestazione  nel  corso  dell'udienza di
 convalida delle risultanze  emergenti  dal  verbale  di  arresto,  il
 diritto  di  difesa risulta sufficientemente garantito dalla presenza
 necessaria del difensore e dall'interrogatorio dell'arrestato;
     che   comunque,   in   caso   di    effettiva    lacunosita'    o
 contraddittorieta' degli elementi sottoposti alla sua valutazione, il
 giudice,   in  omaggio  al  principio  del  favor  libertatis  dovra'
 disattendere la richiesta del pubblico  ministero,  non  convalidando
 l'arresto;
     che, in ordine all'art. 97 Cost., il principio del buon andamento
 dei pubblici uffici non si riferisce all'attivita' giurisdizionale in
 senso   stretto,   bensi'   all'organizzazione   e  al  funzionamento
 dell'amministrazione della giustizia (v. da ultimo  sentenze  n.  381
 del 1999 e n. 53 del 1998);
     che  pertanto  la questione deve essere dichiarata manifestamente
 infondata sotto tutti i profili  prospettati.
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  la manifesta infondatezza della questione di legittimita'
 costituzionale  dell'art.  391  del  codice  di   procedura   penale,
 sollevata,  in  riferimento agli artt. 3, 24 e 97 della Costituzione,
 dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Perugia, con
 l'ordinanza in epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 25 ottobre 1999.
                        Il Presidente: Granata
                      Il redattore: Neppi Modona
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 29 ottobre 1999.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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