N. 32 SENTENZA 26 gennaio - 6 febbraio 2009

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Comuni e Province - Istituzione  del  Comune  Cavallino-Treporti  per
  scorporo di parte del Comune di Venezia - Mancata  fissazione,  con
  legge regionale, di direttive di massima  per  la  definizione  dei
  rapporti  finanziari  e  patrimoniali  conseguenti  alla  revisione
  circoscrizionale - Determinazione degli stessi con  delibera  della
  Giunta provinciale -  Eccezione  di  inammissibilita'  per  dedotta
  acquiescenza all'atto impugnato nel processo a quo - Reiezione. 
- Legge della Regione Veneto 29 marzo 1999, n. 11, art. 3. 
- Costituzione, artt. 3, 97 e 117. 
Comuni e Province - Istituzione  del  Comune  Cavallino-Treporti  per
  scorporo di parte del Comune di Venezia - Mancata  fissazione,  con
  legge regionale, di direttive di massima  per  la  definizione  dei
  rapporti  finanziari  e  patrimoniali  conseguenti  alla  revisione
  circoscrizionale - Determinazione degli stessi con  delibera  della
  Giunta provinciale - Eccezione di inammissibilita' per  difetto  di
  motivazione sulla rilevanza - Reiezione. 
- Legge della Regione Veneto 29 marzo 1999, n. 11, art. 3. 
- Costituzione, artt. 3, 97 e 117. 
Comuni e Province - Istituzione  del  Comune  Cavallino-Treporti  per
  scorporo di parte del Comune di Venezia - Mancata  fissazione,  con
  legge regionale, di direttive di massima  per  la  definizione  dei
  rapporti  finanziari  e  patrimoniali  conseguenti  alla  revisione
  circoscrizionale - Determinazione degli stessi con  delibera  della
  Giunta provinciale -  Eccezione  di  inammissibilita'  per  erronea
  individuazione della disposizione impugnata - Reiezione. 
- Legge della Regione Veneto 29 marzo 1999, n. 11, art. 3. 
- Costituzione, artt. 3, 97 e 117. 
Comuni e Province - Istituzione  del  Comune  Cavallino-Treporti  per
  scorporo di parte del Comune di Venezia - Mancata  fissazione,  con
  legge regionale, di direttive di massima  per  la  definizione  dei
  rapporti  finanziari  e  patrimoniali  conseguenti  alla  revisione
  circoscrizionale - Determinazione degli stessi con  delibera  della
  Giunta provinciale -  Eccezione  di  inammissibilita'  per  erronea
  formulazione del petitum - Reiezione. 
- Legge della Regione Veneto 29 marzo 1999, n. 11, art. 3. 
- Costituzione, artt. 3, 97 e 117. 
Comuni e Province - Istituzione  del  Comune  Cavallino-Treporti  per
  scorporo di parte del Comune di Venezia - Mancata  fissazione,  con
  legge regionale, di direttive di massima  per  la  definizione  dei
  rapporti  finanziari  e  patrimoniali  conseguenti  alla  revisione
  circoscrizionale - Determinazione degli stessi con  delibera  della
  Giunta  provinciale  -  Denunciata  violazione   delle   competenze
  legislative  regionali  -  Omessa  motivazione  della   censura   -
  Inammissibilita' della questione. 
- Legge della Regione Veneto 29 marzo 1999, n. 11, art. 3. 
- Costituzione, art. 117. 
Comuni e Province - Istituzione  del  Comune  Cavallino-Treporti  per
  scorporo di parte del Comune di Venezia - Mancata  fissazione,  con
  legge regionale, di direttive di massima  per  la  definizione  dei
  rapporti  finanziari  e  patrimoniali  conseguenti  alla  revisione
  circoscrizionale - Determinazione degli stessi con  delibera  della
  Giunta  provinciale  -  Denunciata  violazione  dei   principi   di
  ragionevolezza e di legalita' - Esclusione - Non  fondatezza  della
  questione. 
- Legge della Regione Veneto 29 marzo 1999, n. 11, art. 3. 
- Costituzione artt. 3 e 97. 
(GU n.6 del 11-2-2009 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
composta dai signori: 
Presidente: Giovanni Maria FLICK; 
Giudici:  Francesco  AMIRANTE,  Ugo  DE  SIERVO,  Alfio  FINOCCHIARO,
  Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano  SILVESTRI,
  Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe  TESAURO,  Paolo  Maria
  NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO; 
ha pronunciato la seguente 
                              Sentenza 
nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'articolo  3  della
legge della Regione Veneto 29 marzo  1999,  n.  11  (Istituzione  del
Comune di Cavallino-Treporti), promosso con ordinanza del  16  aprile
2008 dal Tribunale amministrativo regionale del  Veneto  sul  ricorso
proposto dal Comune di Venezia contro  la  Provincia  di  Venezia  ed
altro iscritta al n. 221 del registro  ordinanze  2008  e  pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 30, 1ª  serie  speciale,
dell'anno 2008. 
    Visti gli atti di costituzione del Comune di Venezia e del Comune
di Cavallino-Treporti nonche'  l'atto  di  intervento  della  Regione
Veneto; 
    Udito nell'udienza  pubblica  del  13  gennaio  2009  il  giudice
relatore Ugo De Siervo; 
    Uditi gli avvocati Federico Sorrentino per il Comune di  Venezia,
Mario  Bertolissi,  Paolo  Piva  e  Luigi  Manzi  per  il  Comune  di
Cavallino-Treporti, Luigi Manzi per la Regione Veneto. 
                          Ritenuto in fatto 
    1.  -  Con  ordinanza  del   16   aprile   2008,   il   Tribunale
amministrativo  regionale  del  Veneto  ha  sollevato  questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 3  della  legge  della  Regione
Veneto  29  marzo  1999,   n.   11   (Istituzione   del   Comune   di
Cavallino-Treporti), in riferimento agli artt.  3,  97  e  117  della
Costituzione. 
    Il dubbio di costituzionalita' e' prospettato  nel  corso  di  un
giudizio, promosso dal Comune  di  Venezia  contro  la  Provincia  di
Venezia e il Comune di Cavallino-Treporti, per  l'annullamento  della
delibera della Giunta provinciale 13 marzo 2001, prot. n.  15799  con
la quale sono stati approvati «i criteri generali per la  definizione
dei   rapporti   conseguenti   all'istituzione    del    Comune    di
Cavallino-Treporti, per scorporo di parte del Comune di  Venezia»  ad
opera della legge regionale n. 11 del 1999,  e  di  ogni  altro  atto
presupposto e conseguente. 
    La  suddetta  legge   regionale   e'   intervenuta   secondo   il
procedimento delineato dall'art. 6 della legge regionale 24  dicembre
1992, n. 25 (Norme in materia di variazioni provinciali e  comunali),
e la Provincia e' stata delegata ad  adottare  la  suddetta  delibera
dall'art. 17 della medesima legge e dall'art. 3 della legge n. 11 del
1999. 
    Il Comune di Venezia, impugnando tale delibera, tra  l'altro,  ha
dedotto   l'illegittimita'   «derivata   per    l'incostituzionalita'
dell'art. 3 della legge regionale  n.  11/1999».  Infatti,  la  legge
istitutiva del nuovo Comune avrebbe omesso  di  fissare  direttive  e
criteri per la definizione dei rapporti patrimoniali tra i due  enti,
limitandosi a prevedere il generico subentro del nuovo  Comune  nella
titolarita' di tutte le situazioni giuridiche del Comune di  origine.
In tale vuoto normativo si sarebbe inserita la  delibera  provinciale
impugnata la quale, rilevata la carenza di direttive e criteri guida,
avrebbe discrezionalmente provveduto essa stessa ad individuarli. 
    Il  Comune  ricorrente,  inoltre,  ha  censurato  la   richiamata
delibera    per    illegittimita'     derivata     dalla     asserita
incostituzionalita', per violazione dell'art. 133 Cost., della  legge
in base alla quale e' stato istituito il nuovo Comune. 
    Il rimettente, rigettate le  eccezioni  di  inammissibilita'  del
ricorso, e rilevato che la questione di  legittimita'  costituzionale
della legge istitutiva del Comune di Cavallino-Treporti e' gia' stata
sottoposta all'esame della Corte che l'ha  dichiarata  manifestamente
inammissibile (con ordinanza n. 21 del 2002), ritiene rilevante e non
manifestamente infondato il dubbio di costituzionalita'  dell'art.  3
della legge regionale n. 11 del 1999. 
    Infatti, nonostante l'art. 8 della legge n. 25 del  1992  rimandi
espressamente alla legge regionale istitutiva  del  nuovo  Comune  la
fissazione delle direttive di massima per la soluzione degli  aspetti
finanziari e patrimoniali conseguenti, la disposizione censurata  non
avrebbe dettato tali direttive. Essa, infatti, si sarebbe limitata  a
disporre che i rapporti finanziari e patrimoniali fra  i  due  comuni
devono essere  definiti  «sulla  base  in  particolare  del  criterio
secondo cui il comune di nuova istituzione subentra nella titolarita'
di tutti  i  beni  mobili  ed  immobili  e  di  tutte  le  situazioni
giuridiche attive e passive del comune  di  origine  ivi  compresi  i
rapporti concernenti il personale dipendente». 
    Si tratterebbe di un criterio assolutamente generico, inidoneo ad
individuare  con  certezza  quali  societa'  e  aziende  preposte  al
soddisfacimento  di  esigenze  collettive,  avrebbero  dovuto  essere
incluse pro quota nel patrimonio del neo istituito  Comune  e  quelle
che invece sarebbero dovute restare nella titolarita'  esclusiva  del
Comune di Venezia. Cio', in particolare, sarebbe stato necessario con
riguardo  a  quelle  strutture   preposte   a   soddisfare   esigenze
localizzate in aree del tutto estranee  alla  realta'  urbanistica  e
abitativa del Comune di Cavallino-Treporti,  ovvero  con  riguardo  a
quelle strutture che «si connotano come simboli storici della  citta'
stessa, come, ad esempio, il Casino' di Venezia». 
    In definitiva, la  disposizione  censurata  non  avrebbe  fissato
criteri idonei a ripartire in modo razionale il patrimonio del Comune
di Venezia,  rimettendo  tale  compito  alla  Provincia  e  affidando
l'esercizio  del  potere   discrezionale -   spettante   al   livello
legislativo - ad un provvedimento amministrativo. 
    Conseguentemente, l'art. 3 della legge regionale n. 11  del  1999
si  porrebbe  in  contrasto  «con  il  principio  di   ragionevolezza
enucleabile dall'art. 3, con il principio  di  legalita'  enucleabile
dall'art. 97 e infine con l'art. 117 della Costituzione, che fissa le
competenze legislative regionali». 
    Nessun dubbio vi sarebbe, per il TAR, in  ordine  alla  rilevanza
della    questione,    poiche'    l'eventuale    dichiarazione     di
incostituzionalita'  della  disposizione   censurata   determinerebbe
l'invalidita'  derivata  della  delibera  provinciale  impugnata  nel
giudizio a quo. 
    2. - E' intervenuto in giudizio il Comune di Venezia il quale  ha
chiesto alla  Corte  di  dichiarare  l'illegittimita'  costituzionale
della disposizione censurata. 
    Secondo il Comune, la  mancata  specificazione  dei  criteri  per
individuare i beni e i rapporti nella cui titolarita' sarebbe  dovuto
subentrare il Comune di Cavallino-Treporti (secondo  quanto  previsto
dalla legge regionale n. 25 del 1992)  determinerebbe  la  violazione
del principio di legalita' sostanziale, in  base  al  quale  l'azione
della pubblica amministrazione deve trovare nella legge non  solo  il
proprio fondamento, ma anche i limiti sostanziali volti  a  garantire
il soddisfacimento, da  parte  della  pubblica  amministrazione,  del
pubblico interesse secondo i canoni  dell'imparzialita'  e  del  buon
andamento. Tale principio, desumibile  dall'art.  97  Cost.,  nonche'
dagli artt. 101, 113 e 23 Cost., costituirebbe  garanzia  ineludibile
in uno Stato di diritto, dovendo essere inteso  non  solo  nella  sua
accezione formale, ma anche in quella sostanziale, in base alla quale
la  legge  deve  determinare  forma  e  contenuto  dell'azione  della
pubblica amministrazione. In tal senso si  sarebbe  pronunciata  piu'
volte anche la Corte costituzionale. 
    Nella fattispecie in questione, sostiene il Comune di Venezia, la
violazione di  detto  principio  sarebbe  particolarmente  grave,  in
quanto esso sarebbe rafforzato dalla riserva relativa di legge  posta
dall'art. 42 Cost. in relazione ai modi di acquisto della proprieta'.
Pertanto, il legislatore non potrebbe attribuire  all'amministrazione
il potere di adottare un provvedimento che costituisca titolo per  il
trasferimento della  proprieta'  di  alcuni  beni  senza  previamente
fissare i  criteri  generali  in  base  ai  quali  esso  deve  essere
esercitato. 
    Inoltre, la predeterminazione legislativa  di  criteri  volti  ad
orientare la discrezionalita' amministrativa sarebbe stata ancor piu'
necessaria in relazione alla complessita' della realta' veneziana. Il
patrimonio di tale Comune, infatti, sarebbe costituito, non  solo  da
proprieta' immobiliari, ma anche  da  consistenti  partecipazioni  in
societa' e imprese che  svolgono  servizi  pubblici  locali  e  altre
attivita' di primaria importanza, quali le  societa'  che  gestiscono
gli aeroporti, quelle che gestiscono le alcune autostrade, una s.p.a.
che si occupa della promozione delle attivita' industriali di Venezia
e di Marghera, nonche' quella che  gestisce  il  Casino'.  Ad  avviso
della  difesa  comunale,  sarebbe  irragionevole  che  il  Comune  di
Cavallino-Treporti, che ha «mera vocazione turistico-baneare»,  debba
partecipare a societa' che gestiscono servizi della citta' di Venezia
o che realizzano opere di  manutenzione  di  monumenti  presenti  sul
territorio veneziano, o che debba acquistare pro quota la  proprieta'
del patrimonio azionario del Comune di Venezia «alla costituzione del
quale  non  ha  peraltro  in  alcun  modo  concorso,  attesa  la  sua
modestissima capacita' contributiva». 
    3. -  E'   intervenuto   in   giudizio   anche   il   Comune   di
Cavallino-Treporti, il quale sostiene che difetterebbe  la  rilevanza
della questione nel giudizio a quo. Il Comune  di  Venezia,  infatti,
avrebbe ottemperato a quanto previsto dalla legge regionale  e  dalla
delibera delle Giunta provinciale con atti di riparto  dei  beni.  Da
cio'  la  conseguente  inammissibilita'  anche  della  questione   di
legittimita' costituzionale. 
    La questione prospettata  sarebbe  inammissibile  anche  perche',
contrariamente a quanto sostiene il rimettente,  la  legge  censurata
avrebbe fissato criteri di ripartizione dei rapporti patrimoniali tra
i due enti locali. 
    Infatti, in attuazione di quanto previsto dall'art. 8 della legge
n. 25 del 1992, il censurato art. 3 della legge n. 11  del  1999,  ha
stabilito che la  successione  avviene  in  tutti  i  beni  mobili  e
immobili ed in tutte le situazioni attive e passive, ivi  compresi  i
rapporti concernenti il personale dipendente. 
    Il TAR,  in  realta',  chiederebbe  alla  Corte  di  operare  una
sostituzione dei criteri  indicati  dal  legislatore  regionale,  con
altri criteri da esso rimettente suggeriti, cosi' predeterminando  il
contenuto della  legge.  Il  rimettente,  inoltre,  trascurerebbe  la
circostanza che se davvero i criteri posti dal legislatore  regionale
fossero stati generici, il riparto del patrimonio non  sarebbe  stato
possibile, mentre tale ripartizione  e'  stata  in  concreto  operata
dalla Giunta provinciale. Pertanto, il giudice  a  quo  contesterebbe
non  gia'  un  vuoto  normativo,  bensi'  un  determinato   contenuto
normativo che egli vorrebbe diverso. 
    Nel merito, la questione sarebbe  pertanto  infondata.  Da  parte
sua, la Provincia, previa  apposita  istruttoria,  avrebbe  integrato
tale dettato normativo individuando un criterio di riparto  calcolato
in relazione alla popolazione e al territorio dei Comuni. 
    4. - Anche la Regione Veneto e' intervenuta nel  giudizio  avanti
alla Corte chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile  o
infondata. 
    La questione sarebbe irrilevante  anzitutto  perche'  il  giudice
avrebbe censurato una disposizione diversa da  quella  che  fonda  il
potere esercitato dalla  Provincia  nella  delibera  impugnata.  Tale
disposizione dovrebbe individuarsi nell'art. 17 della legge n. 25 del
1992 il quale stabilisce che «i rapporti conseguenti alla istituzione
di nuovi comuni e ai mutamenti  delle  circoscrizioni  comunali  sono
definiti dalla provincia competente per territorio, per delega  della
Regione, tenuto conto dei principi riguardanti la  successione  delle
persone giuridiche e  in  armonia  con  la  legge  regionale  di  cui
all'art. 8». 
    Inoltre,  la  questione  sarebbe  inammissibile  per  difetto  di
adeguata motivazione sulla rilevanza della medesima. 
    Nel merito la questione sarebbe infondata. 
    L'asserita violazione del principio di legalita' di cui  all'art.
97 Cost. discenderebbe da un vuoto normativo inesistente, dal momento
che il legislatore regionale, proprio con la disposizione  censurata,
avrebbe determinato quelle «direttive di massima» richieste dall'art.
17 della legge n. 25 del 1992. Contrariamente a quanto  ritenuto  dal
rimettente, infatti,  nessuna  disposizione  regionale  richiederebbe
l'individuazione  di  puntuali  ed  inequivoci  criteri.   Anzi,   al
contrario, l'adozione di  questi  avrebbe  comportato  un'illegittima
sostituzione  della  Regione  alla  Provincia  nell'esercizio   della
competenza amministrativa delegata. 
    Infondata sarebbe, inoltre, la censura di  irragionevolezza,  dal
momento che il criterio indicato dall'art. 3 della legge  n.  11  del
1999 sarebbe rispettoso dei  principi  che  regolano  la  successione
delle persone giuridiche. 
    Inconferente sarebbe il richiamo operato  dal  TAR  all'art.  117
Cost., in quanto la disposizione censurata  si  fonderebbe  sull'art.
133 Cost. che, appunto, riconosce alla Regione il potere di istituire
con legge nuovi Comuni. 
    Infine, la difesa regionale sostiene che  il  rimettente  avrebbe
omesso  di  operare  il  doveroso  tentativo   di   interpretare   la
disposizione censurata in modo conforme a Costituzione. 
    5. - Nell'imminenza dell'udienza pubblica tutte  le  parti  hanno
depositato memorie. 
    5.1. -  Il  Comune  di   Cavallino-Treporti   insiste   per   una
declaratoria  di   inammissibilita'   della   questione   ovvero   di
infondatezza. 
    Sul piano  della  inammissibilita',  vi  sarebbe  anzitutto  «una
carenza di interesse  alla  censura»  dedotta  nel  giudizio  a  quo,
poiche' in tale sede l'assetto dei rapporti patrimoniali e finanziari
determinato dalla Provincia tra i  Comuni  interessati  non  potrebbe
essere nuovamente posto in discussione:  il  Comune  di  Venezia  non
avrebbe infatti tempestivamente impugnato,  e  persino  avrebbe  dato
esecuzione, alla delibera provinciale n. 797 del  1997,  con  cui  e'
stato disposto  il  «subentro»  del  nuovo  ente  comunale  nei  beni
immobili di Venezia indicati nell'elenco allegato.  Inoltre,  con  la
delibera del Consiglio n. 79 del 2000 il Comune  di  Venezia  avrebbe
recepito l'assetto successorio definito dalla legge impugnata e dalla
conseguente delibera della Provincia. 
    Nel merito, si osserva che la norma censurata  ha  reso  evidente
che si e' verificata una vicenda successoria «a  titolo  universale»,
assolvendo in tal modo alla funzione di determinare i  tratti  propri
dello «scorporo» tra enti: per tale via sarebbe stato  rispettato  il
principio di legalita'. 
    Inoltre,   la   questione   proposta   pretenderebbe   in    modo
inammissibile di riferirsi «a pretese diversita' di censo», in quanto
vorrebbe sostenere l' irragionevolezza della norma censurata, a causa
della  «modestissima  capacita'  contributiva»   dei   residenti   di
Cavallino-Treporti. 
    5.2. - Il Comune di Venezia ha, a propria volta, insistito  sulle
conclusioni gia' formulate. 
    In primo luogo, si osserva  che  l'esigenza  di  completezza  dei
criteri che devono essere indicati dalla legge istitutiva  del  nuovo
Comune corrisponde alla  responsabilita'  legislativa  propria  della
Regione. In quest'ambito, l'art. 17  della  legge  n.  25  del  1992,
stabilendo che la «successione» tra i Comuni avvenga sulla base delle
«direttive»   impartite   dalla    successiva    legge    istitutiva,
evidenzierebbe che quest'ultima non  puo'  limitarsi  a  ribadire  il
principio successorio gia' affermato. 
    Quanto alle eccezioni preliminari sollevate dalle altre parti del
giudizio, il Comune le ritiene  infondate:  la  pretesa  acquiescenza
all'atto impugnato nel processo a quo sarebbe gia' stata esclusa  dal
rimettente, cui solo compete tale apprezzamento; ne' il  TAR  avrebbe
dovuto impugnare l'art. 17 della n. 25 del 1992, dal momento  che  la
lesione del principio di legalita' sarebbe imputabile alla sola legge
provvedimentale successiva, per la parte in cui essa  ha  mancato  di
specificare le direttive richieste dal predetto art. 17. Infine,  non
si potrebbe rimproverare al giudice a quo di non  avere  sperimentato
la via di un'interpretazione adeguatrice della norma, atteso  che  la
violazione del  principio  di  legalita'  si  sostanzierebbe  in  una
censura rivolta al legislatore, che per definizione  il  giudice  non
sarebbe legittimato a superare in via esegetica. 
    Il Comune di Venezia ribadisce, pertanto, che la norma  impugnata
avrebbe  «ampliato  a  dismisura  la  discrezionalita'  della  Giunta
provinciale», non essendo sufficiente il riferimento alla successione
in tutti i beni ed i rapporti, troppo generico  per  «riferirsi  alla
molteplicita' delle situazioni e degli  interessi»  concretamente  in
gioco. 
    5.3. - Anche la Regione Veneto ha depositato  una  memoria  nella
quale  deduce,   innanzitutto,   l'inammissibilita'   della   censura
prospettata in relazione all'art. 117 Cost.  per  l'inconferenza  del
parametro  evocato.  La  disciplina  delle  circoscrizioni   comunali
rientrerebbe, infatti, nella competenza legislativa  esclusiva  delle
Regioni sia in forza del nuovo art. 117 Cost., sia in forza  dell'art
133 Cost., il quale pone, appunto, una riserva di legge regionale. 
    Osserva ancora la  Regione  come  la  disposizione  censurata,  a
differenza di quanto sostenuto dal rimettente, avrebbe determinato le
modalita' di successione del nuovo Comune, sposando il criterio della
successione  universale  senza   introdurre   «eccezioni   o   regimi
patrimoniali a contenuto derogatorio o  singolare».  La  censura  del
rimettente,  pertanto,  si   risolverebbe   nella   richiesta   della
introduzione  di  un  disposto  normativo   diverso,   di   contenuto
derogatorio, volto a determinare criteri diversi e  pertanto  sarebbe
inammissibile. 
    Analoga conclusione varrebbe anche con riguardo alla  prospettata
incostituzionalita'   della   disposizione   censurata   in   ragione
dell'asserito  «carattere  peculiare  della  realta'  veneziana»  che
avrebbe dovuto indurre il legislatore a dettare criteri diversi. 
    La questione prospettata dal TAR sarebbe inammissibile anche  con
riguardo alla denunciata violazione dell'asserito obbligo di  fissare
un  criterio  discretivo  dettagliato.  In  realta',  il  legislatore
regionale, con la legge n.  25  del  1992,  ha  rinviato  alla  legge
provvedimento solo  la  fissazione  degli  «indirizzi  generali»,  di
«direttive di  massima»  per  regolamentazione  dei  rapporti  tra  i
comuni, al fine di garantire  l'esercizio  discrezionale  del  potere
provinciale, in relazione alla varieta' delle situazioni concrete.  E
l'art. 3 della legge n. 11 del 1999 conterrebbe appunto una direttiva
generale per la soluzione dei rapporti patrimoniali e finanziari  tra
il Comune di Venezia e quello di Cavallino-Treporti. 
    D'altra  parte,   lo   svolgimento   in   concreto   del   potere
amministrativo da parte della Provincia, il quale e' stato  in  larga
parte accettato dal Comune di Venezia, dimostrerebbe l'inesistenza di
un qualsiasi vuoto normativo. 
    Quanto alla violazione degli artt.  3  e  97  Cost.,  la  Regione
sostiene  che  sia  l'attivita'  legislativa  regionale,  sia  quella
amministrativa  della   Provincia   sarebbero   state   correttamente
esercitate  «in  conformita'  ad  una  riserva  di   legge   soltanto
relativa». 
    Con riguardo, infine, alla censurata  lesione  del  principio  di
legalita' sostanziale, la difesa regionale osserva come  la  verifica
del  rispetto  di  tale  principio  richiede  la  valutazione   della
conformita'  delle  disposizioni   legislative   (nel   giudizio   di
costituzionalita')  o  di   quelle   amministrative   (nel   processo
ordinario) ai contenuti delle norme sopraordinate. A tal fine, tra  i
criteri ermeneutici che il giudice  dovrebbe  utilizzare  vi  sarebbe
anche quello dell'interpretazione costituzionalmente orientata. 
    Utilizzando tale canone, il rimettente avrebbe dovuto  verificare
che non e' posto alcun obbligo al legislatore regionale  di  regolare
con criteri di dettaglio  l'azione  amministrativa  della  Provincia.
Anzi,  la  previsione  di  semplici  direttive  di  massima  al   suo
svolgimento sarebbe coerente con l'art. 117, sesto comma,  Cost.  che
riconosce  alla  Provincia  poteri  regolamentari  e  di   normazione
secondaria, pure nei limiti della disciplina dello svolgimento  delle
proprie funzioni. 
    Pur se formalmente la legge  regionale  non  ha  attribuito  alla
Provincia alcun compito di regolamentazione della  materia,  tuttavia
tale attivita' sarebbe legittima e altresi' conforme al principio  di
sussidiarieta'. 
                       Considerato in diritto 
    1. - Il Tribunale  amministrativo  regionale  del  Veneto  dubita
della legittimita'  costituzionale  dell'art.  3  della  legge  della
Regione Veneto 29 marzo  1999,  n.  11  (Istituzione  del  Comune  di
Cavallino-Treporti), in riferimento agli artt.  3,  97  e  117  della
Costituzione. 
    Il dubbio di costituzionalita' e' stato prospettato nel corso  di
un giudizio relativo ad una deliberazione della Provincia di  Venezia
che ha  determinato  «i  criteri  generali  per  la  definizione  dei
rapporti    conseguenti     all'istituzione     del     Comune     di
Cavallino-Treporti, per scorporo di parte  del  Comune  di  Venezia»,
nell'esercizio del potere demandato alla Provincia  stessa  dall'art.
17 della legge della Regione Veneto 24 dicembre 1992, n. 25 (Norme in
materia di variazioni provinciali e comunali), e,  in  conformita'  a
quest'ultima, dall'art. 3 della legge reg. Veneto n. 11 del 1999. 
    Nella Regione Veneto,  infatti,  l'istituzione  di  nuovi  Comuni
nell'ambito del procedimento delineato dall'art. 133, secondo  comma,
della Costituzione  e'  disciplinata  in  via  generale  dalla  legge
regionale n. 25 del 1992, il cui art. 8 esige poi  l'adozione,  volta
per volta, di una ulteriore legge regionale,  recante,  tra  l'altro,
«le direttive di massima per la soluzione degli aspetti finanziari  e
patrimoniali connessi con la revisione circoscrizionale»;  l'art.  17
della stessa legge, inoltre, prevede che la Provincia competente  per
territorio  provveda  a  definire   i   rapporti   conseguenti   alla
istituzione di nuovi Comuni tenendo conto «dei  principi  riguardanti
la successione delle persone giuridiche ed in armonia  con  la  legge
regionale» indicata dal summenzionato art. 8. 
    In questo contesto normativo, l'art. 3  della  legge  n.  11  del
1999,   che   ha   provveduto   all'istituzione   del    Comune    di
Cavallino-Treporti per scorporo dal Comune di  Venezia,  non  avrebbe
fissato effettivamente criteri idonei a ripartire in  modo  razionale
il patrimonio del Comune di Venezia, rimettendo quindi  tale  compito
all'esclusivo esercizio del potere discrezionale della Provincia. 
    Conseguentemente, secondo il rimettente, «l'art. 3  della  citata
legge n. 11 del 1999 per il suo  carattere  estremamente  generico  e
comunque per  essere  privo  delle  necessarie  direttive  volute  ed
imposte dalla legge regionale n. 25 del 1992, si  pone  in  contrasto
con il principio di ragionevolezza  enucleabile  dall'art.  3  (della
Costituzione), con il principio di legalita' enucleabile dall'art. 97
(della Costituzione) e infine con l'art. 117 della Costituzione,  che
fissa le competenze legislative regionali». 
    2. - Sono intervenuti nel giudizio  innanzi  a  questa  Corte  la
Regione Veneto e i Comuni di  Venezia  e  Cavallino-Treporti,  questi
ultimi gia' parti del processo principale. 
    La  Regione  Veneto  e  il  Comune  di  Cavallino-Treporti  hanno
eccepito  l'inammissibilita'  della  questione  e  ne  hanno  chiesto
comunque il rigetto. 
    Le eccezioni preliminari non sono fondate. 
    Quanto alla pretesa  acquiescenza  del  Comune  di  Venezia  alla
deliberazione provinciale impugnata nel giudizio a quo,  dedotta  dal
Comune di  Cavallino-Treporti  per  arguirne  l'inammissibilita'  del
ricorso proposto avanti al TAR rimettente, va osservato che si tratta
di profilo demandato all'apprezzamento non implausibile del giudice a
quo, che lo ha gia' ritenuto, con idonea motivazione, privo di pregio
(da ultimo, sentenze n. 241 e n. 219 del 2008). 
    Ne' sussiste difetto di motivazione sulla rilevanza, come preteso
dalla Regione Veneto,  dal  momento  che  il  giudice  remittente  ha
provveduto  a  porre  in  luce  che  l'eventuale   dichiarazione   di
incostituzionalita'  della  disposizione   censurata   determinerebbe
l'invalidita' della delibera provinciale impugnata nel giudizio a quo
(da ultimo, sentenze n. 306 e n. 233 del 2008). 
    Quanto poi  all'eccezione  di  inammissibilita'  formulata  dalla
Regione, per la quale il  giudice  a  quo  avrebbe  dovuto  censurare
l'art. 17 della legge regionale n. 25 del 1992, che  conferisce  alla
Provincia la potesta' esercitata con la delibera oggetto di  ricorso,
e' agevole replicare che il remittente non aveva motivo per impugnare
la norma che determina i soli criteri generali per la successione fra
Comuni, dal momento che la censura di incostituzionalita' si accentra
proprio sull'insufficiente integrazione di quei criteri  generali  ad
opera della legge istitutiva del Comune di Cavallino-Treporti,  cosi'
come prescritto dall'art. 8, comma 3, della legge n. 25 del 1992. 
    Infine l'eccezione, sollevata dal Comune  di  Cavallino-Treporti,
secondo cui il rimettente avrebbe formulato un petitum "legislativo",
mirando a sovrapporre alla  volonta'  legislativa  della  Regione  un
nuovo criterio successorio tra enti non  costituzionalmente  imposto,
trascura di considerare che a questa Corte viene invece domandata una
pronuncia meramente ablatoria della norma oggetto,  a  seguito  della
quale toccherebbe al  legislatore  indicare  in  forma  analitica  le
modalita' di successione patrimoniale tra i due Comuni coinvolti. 
    3. - E' invece inammissibile  la  censura  basata  sull'art.  117
della Costituzione, in quanto del  tutto  priva  di  motivazione  (da
ultimo, ordinanze n. 4 del 2009 e n. 448 del 2008). 
    4. - Nel merito la questione non e' fondata. 
    In via preliminare e' necessario mettere in evidenza il  contesto
normativo entro il quale si colloca la vicenda  che  e'  oggetto  del
presente giudizio. 
    La disciplina legislativa delle  conseguenze  patrimoniali  della
divisione in piu' enti di un preesistente ente territoriale e' sempre
stata sommaria, malgrado i diversi evidenti interessi in gioco  e  la
stessa incidenza di procedure del genere sul regime  proprietario  di
diverse  categorie  di  beni  mobili  ed  immobili:  se  nella   fase
precedente alla adozione della Costituzione  l'art.  36  del  R.d.  3
marzo 1934, n. 383 (Approvazione del testo unico della legge comunale
e provinciale), affidava genericamente ad un decreto  prefettizio  la
«separazione  patrimoniale»  ed  il  «riparto   delle   attivita'   e
passivita»  nell'ipotesi  di  «variazioni  alle  circoscrizioni   dei
Comuni» dopo l'entrata in vigore dell'art. 133 della Costituzione  la
legislazione ordinaria non e' mutata se non con l'art. 1, lettera a),
del d.P.R. 14 gennaio  1972,  n.  1  (Trasferimento  alle  Regioni  a
statuto ordinario delle funzioni amministrative statali in materia di
circoscrizioni comunali e di polizia locale urbana  e  rurale  e  del
relativo personale), che si  li  e'  limitato  al  trasferimento  del
surrichiamato potere amministrativo alle Regioni. 
    Solo con gli artt. 11 e 16 della legge  8  giugno  1990,  n.  142
(Ordinamento delle autonomie locali), si e' data attuazione  all'art.
133 Cost. in relazione alla istituzione di nuovi Comuni  e  Province:
in questa legislazione, peraltro, si persegue in via  prioritaria  la
disincentivazione  della   suddivisione   degli   enti   territoriali
esistenti e la disciplina delle procedure di partecipazione a  questi
procedimenti da parte degli enti  e  delle  popolazioni  interessate,
secondo quanto previsto nel primo e nel secondo comma  dell'art.  133
della Costituzione. Rispetto, invece, alla disciplina  degli  effetti
patrimoniali della successione dei nuovi enti, l'art.  20,  comma  4,
della legge n. 142 del 1990, con riguardo ai nuovi Comuni nelle  aree
metropolitane, e la lettera g) del secondo comma dell'art.  16  della
medesima legge, con riguardo alle  nuove  Province,  si  limitano  ad
affermare che occorre  garantire  a  tali  enti,  in  proporzione  al
territorio ed alla popolazione, persone, beni, strumenti operativi  e
risorse finanziarie adeguate, con cio',  quindi,  recependosi  alcuni
dei   principali   criteri   utilizzati   nella   precedente   prassi
amministrativa. 
    Successivamente, il decreto legislativo 18 agosto  2000,  n.  267
(Testo unico delle leggi  sull'ordinamento  degli  enti  locali),  ha
riprodotto in termini analoghi  tale  disciplina  con  riguardo  alle
Province, mentre l'art. 15, relativo ai  Comuni,  si  e'  limitato  a
riferirsi genericamente all'art. 133 Cost. 
    A sua volta, la legislazione regionale in tema di  circoscrizioni
comunali e di riordino  dei  territori  comunali  appare  scarsamente
analitica   nella   determinazione   dei   criteri   di   successione
patrimoniale tra Comuni,  recando  talvolta  un  rinvio  ai  principi
utilizzati per la successione fra le persone giuridiche,  e  solo  in
alcuni casi l'ulteriore indicazione di parametri  piu'  specifici  in
base ai quali procedere al conferimento del patrimonio al nuovo ente,
quali il territorio e la popolazione coinvolti nel procedimento. 
    Ne' mancano leggi regionali che rinviano  alle  specifiche  leggi
istitutive dei nuovi Comuni, ovvero alle  sole  determinazioni  della
Provincia delegata  a  definire  i  rapporti  conseguenti  alla  loro
istituzione. 
    Solo alcune delle leggi regionali, fra  quelle  che  delegano  la
Provincia competente per territorio (e fra esse la legge  n.  25  del
1992 della Regione  Veneto),  contengono,  oltre  al  riferimento  al
rispetto dei  «principi  riguardanti  la  successione  delle  persone
giuridiche», un rinvio alla legge istitutiva del nuovo Comune per  la
determinazione di ulteriori criteri in materia. 
    Appare percio' evidente sia il  legislatore  statale  che  quello
regionale  hanno  considerato  relativamente   agevole   il   riparto
patrimoniale  fra  i  diversi  Comuni  interessati  derivanti  da  un
processo di scorporo, assumendo  come  naturale  principio,  talvolta
implicito, il riparto dei beni mobili ed immobili in proporzione alla
consistenza demografica e territoriale degli enti coinvolti,  nonche'
in base alla collocazione  fisica  dei  beni  immobili,  e  lasciando
all'Amministrazione incaricata o delegata al  riparto,  definire  gli
aspetti piu' dettagliati della vicenda o comunque i profili peculiari
che ciascun caso potesse presentare rispetto alla  generalita'  degli
altri (seppure sotto il controllo giurisdizionale). 
    E' in questa sede applicativa che pertanto  emergono  criteri  di
riparto relativamente piu' elaborati, in riferimento alle  diverse  e
piu' complesse caratteristiche di alcuni enti territoriali (si  pensi
come lo stesso criterio di considerare le popolazioni ed i  territori
interessati al fine di individuare una percentuale di  riparto  possa
essere diversamente modulato, a seconda del maggiore o minore rilievo
che si dia all'uno o all'altro fattore). 
    5. -  Sulla  base  di  queste  premesse  puo'  essere  decisa  la
questione posta dal rimettente al vaglio della Corte: il  TAR  rileva
che la norma impugnata, omettendo l'indicazione di stringenti criteri
in base ai quali determinare la quota di  patrimonio  del  Comune  di
Venezia  da  devolvere  al  Comune  di  Cavallino-Treporti,   avrebbe
integralmente affidato alla Provincia il compito di  disciplinare  la
fattispecie in questione, in violazione del  principio  di  legalita'
sostanziale  (che   il   rimettente   desume   dall'art.   97   della
Costituzione),  cui   deve   invece   conformarsi   il   conferimento
legislativo dei poteri esercitati dalla pubblica amministrazione. 
    Questa Corte ha riconosciuto che la  «assoluta  indeterminatezza»
del  potere  demandato  ad  una   pubblica   amministrazione   «senza
l'indicazione di alcun  criterio  da  parte  della  legge»  viola  il
principio di legalita' sostanziale (sentenza  n.  307  del  2003;  in
precedenza, si veda in particolare la  sentenza  n.  150  del  1982):
tuttavia, con riguardo al caso di specie, non e' dato  ravvisare  una
carenza di simile gravita' nella disposizione  censurata,  specie  se
letta  alla  luce  dei  principi  appena  esposti,  desumibili  dalla
disciplina della materia in oggetto. 
    L'articolo  3  della  legge  n.   11   del   1999,   per   quanto
sinteticamente, infatti, enuncia espressamente il  «criterio  secondo
cui il Comune di nuova  istituzione  subentra  nella  titolarita'  di
tutti i beni mobili ed immobili e di tutte le  situazioni  giuridiche
attive e passive» del Comune di Venezia, chiarendo in tal modo che la
successione abbraccia ogni componente del suo  patrimonio;  per  tale
via, le previsioni generali tracciate dalla legge regionale n. 25 del
1992 si sono senz'altro arricchite, giacche' l'art. 17 di tale  legge
si limita a vincolare  la  Provincia  delegata  a  tener  «conto  dei
principi riguardanti la successione delle persone giuridiche» e cioe'
di  principi  difficilmente  enucleabili  in  termini  univoci  dalla
variegata legislazione che li contiene  e  comunque  di  non  agevole
adattamento agli enti pubblici territoriali. La  norma  impugnata  ha
espresso, invece, la scelta,  in  precedenza  non  scontata,  di  non
escludere a priori alcuna tipologia di beni del Comune di Venezia dal
procedimento di riparto. 
    Tale criterio si cumula, quanto alla determinazione  delle  quote
di spettanza del nuovo ente, con l'adozione dei parametri  costituiti
dalla popolazione e dal territorio interessati  al  procedimento,  di
cui la legislazione vigente reca, larga traccia. 
    Spetta pertanto alla Provincia delegata,  sulla  base  di  questi
criteri legislativi, procedere alla definizione  in  dettaglio  delle
modalita' con  cui  essi  vanno  applicati  ed  infine  concretamente
attribuire al nuovo Comune il patrimonio che gli spetta, sempre sotto
il possibile controllo dei  competenti  organi  giurisdizionali:  per
tali ragioni, la censura relativa alla violazione  del  principio  di
legalita' sostanziale va rigettata. 
    6. - Del pari non e' fondato il  dubbio  del  rimettente  che  la
disciplina impugnata sia irragionevole, e percio' lesiva dell'art.  3
della Costituzione, in quanto profondamente inadeguata rispetto  alla
funzione di ripartire  «in  modo  logico  e  razionale  il  variegato
patrimonio mobiliare ed immobiliare del Comune di Venezia». 
    Infatti,  una  volta  appurato  che  la   legislazione   contiene
sufficienti criteri per orientare e vincolare l'azione della pubblica
amministrazione in sede di riparto delle  poste  patrimoniali  tra  i
Comuni, non vi e' alcuna necessita' costituzionale che  imponga  alla
legge di farsi direttamente carico  della  regolamentazione  di  ogni
peculiare profilo che ciascuna vicenda successoria  possa  implicare,
ne' tale omissione si puo' considerare  irragionevole:  anzi,  questa
Corte ha gia' negato che «una legge  che  disegni  un  nuovo  assetto
organizzativo   debba   necessariamente   contenere,   a   pena    di
incostituzionalita', anche ogni disposizione di dettaglio operativo o
attuativo» (sentenza n. 286 del 1997). 
    D'altra parte, non  appare  in  generale  discutibile,  sotto  il
profilo della manifesta irragionevolezza, la pretesa dei nuovi Comuni
di succedere in una percentuale della complessiva sfera  patrimoniale
del preesistente Comune di cui erano in precedenza una frazione  alla
pari  di  tutte  le  altre,  salve  le   sole   tipicita'   derivanti
dall'insediamento territoriale dei beni immobili e dalla opportunita'
di non arrecare irrazionali o inutili disfunzionalita' nel precedente
assetto organizzativo e patrimoniale. 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
    Dichiara   inammissibile    la    questione    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 3 della legge della Regione Veneto 29  marzo
1999, n. 11 (Istituzione del Comune di Cavallino-Treporti), sollevata
dal Tribunale amministrativo regionale per  il  Veneto  in  relazione
all'art.  117  della  Costituzione,  con  l'ordinanza   indicata   in
epigrafe; 
    Dichiara non fondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 3 della medesima legge regionale n. 11 del 1999,  sollevata
dal Tribunale amministrativo regionale per  il  Veneto  in  relazione
agli artt. 3 e 97 della Costituzione  e  al  principio  di  legalita'
sostanziale, con l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 26 gennaio 2009. 
                        Il Presidente: Flick 
                       Il redattore: De Siervo 
                      Il cancelliere: Di Paola 
    Depositata in cancelleria il 6 febbraio 2009. 
              Il direttore della cancelleria: Di Paola