N. 83 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 7 ottobre 2009

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 7 ottobre 2009 (della Regione Emilia-Romagna). 
 
Energia - Delega al Governo in materia nucleare - Principi e  criteri
  direttivi per l'esercizio della  delega  da  parte  del  Governo  -
  Obbligo  di  determinare  le  modalita'  di  esercizio  del  potere
  sostitutivo del Governo in caso  di  mancato  raggiungimento  delle
  necessarie intese con i diversi enti locali coinvolti  -  Lamentata
  previsione  di  potere  sostitutivo  statale  al   di   fuori   dei
  presupposti costituzionali,  mancanza  di  coinvolgimento  adeguato
  delle Regioni  sia  nelle  intese  sia  nell'esercizio  del  potere
  sostitutivo - Ricorso della  Regione  Emilia-Romagna  -  Denunciata
  violazione delle attribuzioni regionali nelle materie di competenza
  concorrente della produzione, trasporto e  distribuzione  nazionale
  dell'energia,  del  governo  del  territorio,  della  tutela  della
  salute, lesione del principio di leale collaborazione. 
- Legge 23 luglio 2009, n. 99, art. 25, comma 2, lett. f). 
- Costituzione, artt. 117, comma terzo, 118 e 120, comma secondo. 
Energia - Delega al Governo in materia nucleare - Principi e  criteri
  direttivi per l'esercizio della  delega  da  parte  del  Governo  -
  Previsione che la costruzione e  l'esercizio  di  impianti  per  la
  produzione di energia elettrica nucleare e di impianti per la messa
  in sicurezza dei rifiuti radioattivi o  per  lo  smantellamento  di
  impianti nucleari a fine vita  e  tutte  le  opere  connesse  siano
  soggetti ad autorizzazione  unica  rilasciata  dal  Ministro  dello
  sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e con
  il Ministro delle  infrastrutture  e  trasporti,  d'intesa  con  la
  Conferenza  unificata  -  Mancata  previsione  dell'intesa  con  la
  Regione  direttamente  interessata,  in  relazione  ai  profili  di
  localizzazione territoriale ed alle caratteristiche della  centrale
  - Ricorso della  Regione  Emilia-Romagna  -  Denunciata  violazione
  delle  attribuzioni   regionali   nelle   materie   di   competenza
  concorrente della produzione, trasporto e  distribuzione  nazionale
  dell'energia,  del  governo  del  territorio,  della  tutela  della
  salute, nonche' nelle materie di competenza residuale, lesione  del
  principio di leale collaborazione. 
- Legge 23 luglio 2009, n. 99, art. 25, comma 2, lett. g). 
- Costituzione, artt. 117, commi terzo e quarto, e 118. 
Energia - Delega al Governo in materia nucleare - Principi e  criteri
  direttivi per l'esercizio della  delega  da  parte  del  Governo  -
  Previsione che l'autorizzazione unica e' rilasciata a seguito di un
  procedimento  unico  al  quale   partecipano   le   Amministrazioni
  interessate  e  che  tale  provvedimento  sostituisce   ogni   atto
  necessario per la realizzazione delle opere, ad eccezione della VIA
  e della  VAS  -  Mancata  previsione  dell'intesa  con  la  Regione
  direttamente interessata - Ricorso della Regione  Emilia-Romagna  -
  Denunciata violazione delle attribuzioni regionali nelle materie di
  competenza concorrente della produzione, trasporto e  distribuzione
  nazionale dell'energia, del governo del  territorio,  della  tutela
  della salute, del turismo e della valorizzazione dei beni culturali
  ed ambientali, lesione del principio di leale collaborazione. 
- Legge 23 luglio 2009, n. 99, art. 25, comma 2, lett. h). 
- Costituzione, artt. 117, commi terzo e quarto, e 118. 
Energia - Delega al Governo in materia nucleare - Principi e  criteri
  direttivi per l'esercizio della  delega  da  parte  del  Governo  -
  Possibilita' di dichiarare i  siti  aree  di  interesse  strategico
  nazionale, soggette a speciali forme di vigilanza e di protezione -
  Lamentata  carenza  di  intesa  con  le  Regioni   territorialmente
  interessate,  nonostante  l'incidenza  su  materie  di   competenza
  regionale -  Ricorso  della  Regione  Emilia-Romagna  -  Denunciata
  violazione delle attribuzioni regionali nelle materie di competenza
  concorrente della produzione, trasporto e  distribuzione  nazionale
  dell'energia,  del  governo  del  territorio,  della  tutela  della
  salute, nonche' nelle materie di competenza residuale, lesione  del
  principio di leale collaborazione. 
- Legge 23 luglio 2009, n. 99, art. 25, comma 2, lett. a). 
- Costituzione, artt. 117, commi terzo e quarto, e 118. 
Energia - Delega al Governo in materia nucleare - Principi e  criteri
  direttivi per l'esercizio della  delega  da  parte  del  Governo  -
  Definizione delle tipologie degli impianti  per  la  produzione  di
  energia  elettrica  nucleare  che  possono  essere  realizzati  nel
  territorio nazionale, da adottarsi con  delibera  del  CIPE  previo
  parere della Conferenza unificata - Obbligo di esprimere il  parere
  entro sessanta giorni, trascorsi  i  quali  il  parere  si  intende
  acquisito  -  Lamentato  esercizio  della  potesta'   regolamentare
  statale in materie di competenza concorrente, in subordine,  omessa
  previsione  dell'intesa  Stato-Regioni  -  Ricorso  della   Regione
  Emilia-Romagna  -  Denunciata  violazione  dei  limiti  posti  alla
  potesta' regolamentare dello Stato, lesione del principio di  leale
  collaborazione. 
- Legge 23 luglio 2009, n. 99, art. 26, comma 1. 
- Costituzione, artt. 117, comma sesto, e 118. 
(GU n.46 del 18-11-2009 )
     Ricorso della Regione Emilia-Romagna, in persona del  Presidente
della Giunta regionale  pro-tempore,  autorizzato  con  deliberazione
della  Giunta  regionale  21  settembre  2009,  n.  1407  (doc.   1),
rappresentata e difesa, come da procura a margine del presente  atto,
dall'avv. prof. Giandomenico Falcon di  Padova  e  dall'avv.  Rosaria
Russo Valentini, con domicilio eletto presso lo studio della  seconda
in Roma, corso Vittorio Emanuele II n. 284, contro il Presidente  del
Consiglio  dei  ministri  per  la  dichiarazione  di   illegittimita'
costituzionale: 
        1)  dell'art.  25  della  legge  23  luglio  2009,   n.   99,
«Disposizioni  per  lo  sviluppo  e  l'internazionalizzazione   delle
imprese, nonche' in materia di energia»,  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale 31 luglio 2009, n. 176, supplemento ordinario, in relazione
al comma 2, lettere a), f), g) ed h), per i profili e motivi indicati
nella parte in diritto; 
        2) dell'art. 26, comma 1, della legge 23 luglio 2009, n.  99,
«Disposizioni  per  lo  sviluppo  e  l'internazionalizzazione   delle
imprese, nonche' in materia di energia»,  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale 31 luglio 2009, n. 176, supplemento ordinario, nella  parte
in cui affida al CIPE il compito di definire, mediante  delibera,  le
«tipologie degli impianti per  la  produzione  di  energia  elettrica
nucleare che possono essere realizzati nel territorio nazionale»,  ed
in subordine  nella  parte  in  cui  richiede  per  l'adozione  della
delibera del CIPE il previo parere della Conferenza unificata «che si
esprime entro sessanta giorni dalla richiesta, trascorsi i  quali  il
parere si intende acquisito», senza prevedere l'intesa con le singole
regioni interessate e con la Conferenza unificata, per violazione: 
          dell'art. 117, secondo comma , Cost.; 
          dell'art. 117, terzo comma, Cost; 
          dell'art. 117, comma sesto, Cost.; 
          dell'art. 118 Cost.; 
          dell'art. 120 Cost.; 
          del principio di leale collaborazione, 
 
                              F a t t o 
 
    La riforma del Titolo V della  Costituzione,  attuata  con  legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, ha individuato quali materie di
legislazione concorrente, fra le altre, la «produzione,  trasporto  e
distribuzione nazionale dell'energia», il  «governo  del  territorio»
(art. 117, comma terzo, Cost.) e la «tutela della salute». 
    Di tali materie la regione e' titolare costituzionale, salvo  che
per la  determinazione  dei  principi  fondamentali,  che  spetta  al
legislatore statale, e per  il  ruolo  che  comunque  lo  Stato  puo'
assumere in forza dell'art. 118, primo comma,  come  interpretato  da
codesta ccc.ma Corte costituzionale sin dalla  sentenza  n.  303  del
2003, con il corollario del coinvolgimento delle regioni nella  forma
dell'intesa ove possibile  nella  stessa  scelta  della  chiamata  in
sussidiarieta', comunque nella fase amministrativa  ed  esecutiva  di
tale scelta. 
    Per  quanto  concerne  il  settore   dell'energia,   la   Regione
Emilia-Romagna si e' recentemente dotata di una ampia legge  organica
recante «Disciplina della programmazione energetica  territoriale  ed
altre disposizioni in materia di energia». 
    Si tratta della legge regionale 23  dicembre  2004,  n.  26,  che
inquadra gli interventi di competenza  della  regione  e  degli  enti
locali all'interno di  una  programmazione  energetica  territoriale,
articolata nei livelli regionale, provinciale, comunale (art. 6). 
    Il primo Piano Energetico Regionale (PER) e' stato approvato  dal
Consiglio regionale in data 14 novembre 2007, e prevede  stanziamenti
regionali pari a circa  90  milioni  di  euro  in  tre  anni  per  la
realizzazione di interventi che riguardano il risparmio energetico  e
la  valorizzazione  delle  fonti  rinnovabili  negli  edifici,  negli
insediamenti produttivi e nei trasporti. 
    Il Piano energetico traccia lo  scenario  evolutivo  del  sistema
energetico  regionale  e  definisce   gli   obiettivi   di   sviluppo
sostenibile a partire dalle azioni che la regione ha sviluppato negli
ultimi  anni,  soprattutto  sul  fronte  della  riqualificazione  del
sistema elettrico. E' da ricordare, infatti,  che  si  e'  realizzata
gia' dal 2000 la completa  trasformazione  del  parco  termoelettrico
regionale con l'adozione delle nuove tecnologie  di  alimentazione  a
metano che hanno sostituito tutte le vecchie centrali  alimentate  ad
olio combustibile. In questo modo, grazie alla maggiore efficienza  e
al minore impatto,  si  ha  a  disposizione  piu'  energia  e  si  e'
assicurata  una  condizione  di  equilibrio  del  bilancio  elettrico
regionale tra  richiesta  e  produzione  e,  contemporaneamente,  una
riduzione  significativa  di  emissioni  inquinanti  per  kilowattore
prodotto (oltre 500 mila tonnellate). 
    Contemporaneamente il Piano indica  gli  obiettivi  di  risparmio
energetico: per quasi un terzo  dovranno  venire  dal  risparmio  nel
settore residenziale e civile, per il 40 % dal settore dei trasporti,
mentre  nell'industria,  che  ha  gia'  visto  avviati  processi   di
innovazione energetica, il risparmio da realizzare e' del  25  %.  Il
Piano  traccia  quindi  le  linee  di  intervento,   promuovendo   la
valorizzazione  delle  fonti   rinnovabili   (fotovoltaico,   eolico,
idroelettrico,  geotermia,  biomasse),  per  ottenere   una   potenza
aggiuntiva pari a circa 400 MW, la diffusione di piccoli impianti  di
produzione di energia legati alle  esigenze  dell'utenza  finale  (la
cosiddetta «generazione distribuita» ad alta  efficienza,  attraverso
la   diffusione   della   tecnologia    della    cogenerazione    del
teleriscaldamento) per ottenere 600 MW di potenza  aggiuntiva  e  per
mettere il sistema in sicurezza anti black out. 
    Gli strumenti previsti comprendono innanzitutto  l'emanazione  di
nuove   norme   sul   rendimento   energetico   degli   edifici    in
Emilia-Romagna, con standard piu' stringenti rispetto al passato. 
    E' prevista, inoltre, la realizzazione di un sistema regionale di
certificazione  energetica  degli  edifici  (simile  a  quanto   gia'
realizzato per gli elettrodomestici), che riguardera' i nuovi edifici
e le grandi ristrutturazioni  degli  edifici  esistenti,  nonche'  la
promozione del progetto «calore pulito» per  la  utilizzazione  delle
caldaie  a  tecnologie  piu'  avanzate  negli   usi   domestici.   In
particolare, per quanto riguarda gli edifici pubblici (dai  municipi,
alle  scuole,  agli  ospedali),  il   PER   prevede   l'avvio   della
riqualificazione energetica. Criteri di risparmio energetico dovranno
inoltre essere previsti in ogni  procedura  di  aggiudicazione  degli
appalti pubblici, cosi' come nella acquisizione di beni e servizi per
la pubblica amministrazione aventi incidenza sui consumi di energia. 
    Il Piano energetico regionale stabilisce, poi, di promuovere veri
e propri «piani-programma» delle province e dei comuni, una sorta  di
piani  regolatori  energetici  per  il  risparmio,  l'uso   razionale
dell'energia e lo sviluppo  delle  fonti  rinnovabili,  a  cominciare
dagli interventi in tutti gli edifici pubblici. 
    Il   Piano   punta,    poi,    anche    sulla    riqualificazione
energetico-ambientale degli insediamenti produttivi, con lo  sviluppo
di aree definite «ecologicamente attrezzate», promuovendo impianti  e
servizi energetici comuni, e anche  qui  con  cogenerazione  e  fonti
rinnovabili. 
    Il  Piano  sostiene,  infine,  un  nuovo  programma  per  l'«agro
energia», per l'adozione dei piccoli impianti biogas o biomassa nelle
imprese  agricole  e  per  la   realizzazione   della   riconversione
necessaria  della  produzione  bieticolo-saccarifera  in   produzione
agroenergetica. 
    Per quanto riguarda la materia del «governo del  territorio»,  la
Regione Emilia-Romagna, con legge 24 marzo 2000, n. 20, si e'  dotata
di una «Disciplina generale sulla tutela e l'uso del territorio»,  al
fine  di  realizzare   un   efficace   ed   efficiente   sistema   di
programmazione  e  pianificazione  territoriale  che  operi  per   il
risparmio delle risorse territoriali, ambientali ed energetiche,  per
il benessere economico, sociale e civile della popolazione regionale,
senza  pregiudizio  per  la  qualita'   della   vita   delle   future
generazioni. Tra gli obiettivi della pianificazione  territoriale  vi
e'  anche   quello   di   «promuovere   l'efficienza   energetica   e
l'utilizzazione di  fonti  energetiche  rinnovabili,  allo  scopo  di
contribuire   alla   protezione   dell'ambiente   e   allo   sviluppo
sostenibile» (art. 2, comma 2, lettera f-bis) introdotta dalla  legge
regionale 9 luglio 2009, n. 6). 
    Gli strumenti pianificatori regionali (artt. 24  e  25)  sono  il
Piano Territoriale Regionale (PTR) e il Piano Territoriale Paesistico
Regionale  (PTPR).  Ciascuna  provincia  approva  il  proprio   Piano
Territoriale di  Coordinamento  Provinciale  (PTCP),  che  «definisce
l'assetto del territorio limitatamente agli interessi  sovracomunali,
che attengono ... ... d)  ai  poli  funzionali  e  agli  insediamenti
commerciali e  produttivi  di  rilievo  sovra  comunale»  (art.  26).
Infine, i comuni si dotano  del  Piano  Strutturale  Comunale  (PSC),
corredato del Regolamento Urbanistico Edilizio (RUE)  e  dei  singoli
Piani Operativi Comunali di dettaglio (POC). 
    Questa fitta trama di  provvedimenti  pianificatori  consente  di
ottenere una fotografia molto precisa del territorio regionale  e  di
sviluppare gli insediamenti abitativi e produttivi nell'ottica  della
tutela dell'ambiente e dello sviluppo sostenibile. 
    Nella materia  della  produzione  dell'energia,  e  con  evidente
fortissima incidenza sul governo del territorio ed evidenti  riflessi
sulla tutela della salute ed altre materie di  competenza  regionale,
ed in un ambito, almeno  in  parte,  corrispondente  a  quello  della
disciplina  regionale  ora  illustrata,  interviene  ora   la   legge
nazionale 23  luglio  2009,  n.  99,  recante  «Disposizioni  per  lo
sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonche' in materia
di energia». 
    In particolare, l'art.  25  della  legge  in  esame  contiene  la
cosiddetta delega al Governo in materia di energia nucleare. 
    A distanza di 22 anni dal referendum abrogativo  della  legge  n.
8/1983, lo Stato reintroduce l'energia nucleare. 
    La Regione Emilia-Romagna  prende  atto  di  questa  scelta,  che
compete agli organi rappresentativi della  comunita'  nazionale,  pur
con il rammarico che la mancata riforma delle strutture  parlamentari
e prima ancora l'omessa attivazione  della  partecipazione  regionale
alla Commissione parlamentare per le questioni regionali non  abbiano
consentito alle regioni di  prendere  parte  a  questa  scelta  nelle
corrette sedi legislative. 
    Fuori discussione dunque in questa sede la scelta di base, rimane
tuttavia la necessita' di  salvaguardare  lo  specifico  ruolo  delle
regioni, in quanto titolari costituzionali della potesta' legislativa
nelle materie di cui  all'art.  117,  terzo  e  quarto  comma,  della
Costituzione, ed in particolare in quelle sopra indicate. 
    Viene particolarmente in considerazione l'art. 25 della legge  in
questione, che contiene la Delega al  Governo  in  materia  nucleare.
Esso prevede un ruolo della Conferenza  unificata  unificata  di  cui
all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.  281  in  primo
luogo (comma 1) nella procedura di emanazione dei decreti legislativi
delegati: tale Conferenza, infatti, deve essere «sentita». 
    L'art. 25 stabilisce, infatti, che  entro  sei  mesi  il  Governo
dovra' adottare appositi decreti legislativi di  riassetto  normativo
recanti «la disciplina della localizzazione nel territorio  nazionale
di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di  impianti
di fabbricazione del combustibile nucleare, dei sistemi di stoccaggio
del combustibile irraggiato e dei rifiuti  radioattivi,  nonche'  dei
sistemi  per  il  deposito  definitivo  dei   materiali   e   rifiuti
radioattivi  e  per  la  definizione  delle  misure  compensative  da
corrispondere  e  da   realizzare   in   favore   delle   popolazioni
interessate». 
    Tale  modalita'  -  limitata  ad  un  parere  -  non  rappresenta
adeguatamente le istanze di partecipazione delle regioni alle  scelte
generali, e tuttavia, nel  vigente  assetto  dei  poteri  legislativi
nazionali, la ricorrente Regione non censura tale disposizione. 
    Lo specifico ruolo regionale dovra' dunque necessariamente essere
salvaguardato nella  fase  successiva  della  gestione  attuativa  ed
esecutiva.  Tale  specifico  ruolo  deve  essere  salvaguardato   con
riferimento sia alle regioni nel loro insieme, sia alle  regioni  che
siano poi direttamente interessate dagli insediamenti delle centrali. 
    Nell'intento   di   salvaguardare   tale   ruolo,   la    Regione
Emilia-Romagna impugna l'art. 25 con riferimento alle lettere a), f),
g) ed h). 
    A termini  della  lettera  a)  il  Governo  dovra'  prevedere  la
«possibilita' di dichiarare  i  siti  aree  di  interesse  strategico
nazionale, soggette a speciali forme di vigilanza e  di  protezione»,
senza prevedere alcuna partecipazione della Regione  interessata  ne'
della Conferenza unificata. 
    A termini della lettera f), in sede di esercizio della delega, il
Governo dovra' determinare altresi' le modalita' di esercizio del suo
potere sostitutivo in caso di mancato raggiungimento delle necessarie
intese con i diversi enti locali coinvolti, secondo  quanto  previsto
dall'articolo  120  della  Costituzione.  Ad  avviso  della   Regione
Emilia-Romagna  la  previsione  di   tale   potere   sostitutivo   e'
illegittima sotto diversi profili. 
    A termini della lettera g), poi, la costruzione e l'esercizio  di
impianti per  la  produzione  di  energia  elettrica  nucleare  e  di
impianti per la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi e  per  lo
smantellamento di impianti nucleari a fine vita  vengono  considerati
attivita' «di preminente interesse statale» e, come tali, soggetti ad
autorizzazione  unica  rilasciata  con  decreto  del  Ministro  dello
sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'Ambmiente e  con
il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previa  intesa  con
la Conferenza unificata, (art. 25, comma 2, lettera g). 
    La detta autorizzazione unica, che  consegue  a  un  procedimento
unico cui partecipano le amministrazioni  interessate,  comprende  la
dichiarazione di pubblica utilita', indifferibilita' e urgenza  delle
opere, l'eventuale dichiarazione di  inamovibilita'  e  l'apposizione
del vincolo preordinato all'esproprio  dei  beni  in  essa  compresi,
sostituendo  ogni   provvedimento   amministrativo,   autorizzazione,
concessione,   licenza,   nullaosta,   atto   di   assenso   e   atto
amministrativo comunque denominati, fatta eccezione  delle  procedure
di  valutazione  di  impatto  ambientale  (VIA)  e   di   valutazione
ambientale  strategica   (VAS),   cui   si   deve   obbligatoriamente
ottemperare (art. 25, comma 2, lettera h). 
    Ne' la lettera g) ne' la lettera h) tuttavia prevedono che  sulla
autorizzazione, per i profili attinenti alla  localizzazione  e  alle
caratteristiche dell'impianto, sia richiesta l'intesa  della  Regione
interessata,   come   (ad   avviso    della    ricorrente    Regione)
costituzionalmente necessario. 
    Il successivo art. 26 della legge n. 99/2009  assegna  nuovamente
al Governo, e segnatamente  al  CIPE,  il  compito  di  definire  con
apposita delibera, sempre nel termine  di  sei  mesi  dalla  data  di
entrata in vigore della legge delega e previo parere della Conferenza
unificata, le tipologie degli impianti per la produzione  di  energia
elettrica nucleare  che  possono  essere  realizzati  nel  territorio
nazionale. 
    Come emerge chiaramente dalle disposizioni sopra citate, il ruolo
assegnato alle regioni e' insufficientemente tutelato sia per  quanto
riguarda il loro insieme, sia - ed ancor piu' - per  quanto  riguarda
le Regioni direttamente interessate. 
    Mai  viene  richiesto   il   consenso   delle   singole   regioni
interessate. Inoltre la  Conferenza  unificata  puo'  esprimere  solo
pareri non vincolanti relativamente alle scelte strategiche e di alta
amministrazione,  mentre  l'intesa  e'  prevista  solo  in  sede   di
procedimento di autorizzazione unica, quando ormai la  localizzazione
dell'impianto e' gia' stata decisa. 
    Una  disciplina  di  tale  natura  interviene  in   una   materia
caratterizzata  da  legislazione  concorrente   e   in   un   settore
delicatissimo come quello dell'energia atomica. 
    E', infatti, oggettivamente molto difficile individuare in Italia
siti adatti alla costruzione di una centrale nucleare  e  ancor  piu'
allo stoccaggio e smaltimento dei rifiuti radioattivi. 
    La maggior parte del territorio italiano e'  soggetto  a  rischio
sismico e quindi non  idoneo  a  ricevere  impianti  nucleari  ne'  a
smaltire le scorie. 
    Ne' sono numerose le aree che dispongono  dell'ingente  quantita'
d'acqua occorrente al funzionamento di una centrale nucleare, perche'
la portata dei fiumi italiani e' generalmente insufficiente e perche'
le zone costiere, dove puo' essere utilizzata l'acqua del mare,  sono
spesso congestionate da insediamenti urbani e turistici,  scarsamente
compatibili con impianti nucleari. 
    Le impugnate norme della legge n.  99/2009  risultano  ad  avviso
della Regione Emilia-Romagna  costituzionalmente  illegittime  per  i
seguenti motivi di 
 
                            D i r i t t o 
 
1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 25, comma 2, lettera f). 
    L'art. 25, comma 2, lettera f), prescrive come criterio direttivo
della   delega   che   il   legislatore   delegato   provveda    alla
«determinazione delle modalita' di esercizio del  potere  sostitutivo
del Governo in caso di mancato raggiungimento delle necessarie intese
con  i  diversi  enti  locali  coinvolti,  secondo  quanto   previsto
dall'art. 120 della Costituzione». 
    Va  rimarcato  in  primo  luogo  il   carattere   ambiguo   della
disposizione, non essendo dato di comprendere se nell'espressione  «i
diversi enti locali» il legislatore  delegante  intendesse  includere
anche le regioni, o soltanto le province ed i comuni. 
    Ove si intendesse che le regioni rientrino tra gli «enti  locali»
in relazione ai quali debbono essere previsti poteri sostitutivi  per
l'ipotesi  della  mancata   intesa,   la   disposizione   apparirebbe
incostituzionale per violazione  degli  articoli  118  e  120  Cost.,
nonche' del principio di leale collaborazione. 
    Infatti,   secondo   la   nota   giurisprudenza    costituzionale
sviluppatasi a partire dalla  sentenza  n.  303  del  2003,  l'intesa
«forte» con la regione costituisce un elemento essenziale nel caso di
«chiamata in sussidiarieta'», cioe' nel caso in cui lo Stato attragga
a se' e regoli  -  per  ragioni  di  esercizio  unitario  -  funzioni
amministrative attinenti  a  materie  regionali  (come  nel  caso  di
specie) e incidenti su uno specifico territorio regionale.  Prevedere
l'intesa e poi prevedere l'esercizio del potere  sostitutivo  statale
per  il  caso  di  mancato  raggiungimento  dell'intesa  equivale   a
«degradare» sin dall'inizio il carattere  «forte»  dell'intesa  e  ad
attribuire  una  posizione   di   debolezza   all'ente   territoriale
nell'adozione della decisione «attratta» in sussidiarieta': di qui la
violazione dell'autonomia amministrativa della Regione nelle  materie
della «produzione, trasporto e distribuzione nazionale  dell'energia»
e del «governo del territorio» (art. 118 Cost., in relazione all'art.
117, terzo comma, Cost.) e del principio di leale collaborazione. 
    Si noti anche che la norma impugnata  non  condiziona  il  potere
sostitutivo ad una inerzia della Regione ma ad ogni caso di dissenso,
anche pienamente motivato, con conseguente declassamento - appunto  -
dei rapporti fra regioni e Stato dal livello delle  intese  in  senso
forte a quello delle intese  in  senso  debole  e  diminuzione  della
motivazione statale a ricercare effettivamente l'intesa. 
    Una   conferma   dell'inaccettabilita'   dell'uso   del    potere
sostitutivo per sopperire al dissenso con gli enti territoriali viene
dall'art. 8, legge n. 131/2003 («Nei casi e per le finalita' previsti
dall'art. 120, secondo comma, della Costituzione, il  Presidente  del
Consiglio dei ministri,  su  proposta  del  Ministro  competente  per
materia, anche su iniziativa  delle  regioni  o  degli  enti  locali,
assegna all'ente  interessato  un  congruo  termine  per  adottare  i
provvedimenti  dovuti  o  necessari»):  il  potere   sostitutivo   e'
esercitabile  se  la  Regione  non  adotta  «provvedimenti  dovuti  o
necessari» e questo non e' certo il  caso  dell'intesa,  che  e'  per
definizione un atto che puo' essere dato  o  meno,  a  seconda  delle
valutazioni discrezionali dell'ente coinvolto. 
    Codesta Corte ha  gia'  avuto  occasione  di  pronunciarsi  sulla
questione nella sent. n. 383/2005, che ha dichiarato illegittima  una
norma statale analoga a quella qui censurata. Si  trattava  dell'art.
1, comma 26, della  legge  n.  239  del  2004,  nella  parte  in  cui
introduceva il comma 4-bis dell'art. 1-sexies  del  decreto-legge  n.
239 del 2003, disponendo che  -  in  caso  di  mancato  conseguimento
dell'intesa con la regione  o  le  regioni  interessate  nel  termine
prescritto per il rilascio dell'autorizzazione  alla  costruzione  ed
esercizio  degli  elettrodotti  -  «lo  Stato  esercita   il   potere
sostitutivo ai sensi dell'art. 120 della Costituzione,  nel  rispetto
dei principi di sussidiarieta' e leale collaborazione». 
    Di fronte a tale disposizione codesta Corte ha confermato che «il
secondo comma dell'art.  120  Cost.  non  puo'  essere  applicato  ad
ipotesi, come quella prevista dalla disciplina impugnata, nelle quali
l'ordinamento  costituzionale  impone   il   conseguimento   di   una
necessaria  intesa  fra  organi  statali  e  organi   regionali   per
l'esercizio concreto  di  una  funzione  amministrativa  attratta  in
sussidiarieta'  al  livello  statale   in   materie   di   competenza
legislativa  regionale  e  nella  perdurante  assenza   di   adeguati
strumenti   di   coinvolgimento   delle   regioni   nell'ambito   dei
procedimenti legislativi dello Stato». Nella sentenza n. 383 del 2005
la Corte ricorda di  avere  «piu'  volte  ribadito  a  partire  dalla
sentenza n. 303 del 2003 (cfr., da ultimo, le sentenze n.  242  e  n.
285 del 2005), [che] tali intese costituiscono  condizione  minima  e
imprescindibile per la legittimita' costituzionale  della  disciplina
legislativa statale che effettui la "chiamata in  sussidiarieta'"  di
una funzione amministrativa in  materie  affidate  alla  legislazione
regionale, con la conseguenza che deve trattarsi di  vere  e  proprie
intese "in senso forte", ossia di atti  a  struttura  necessariamente
bilaterale, come tali non superabili con decisione unilaterale di una
delle parti». 
    Essa ha dunque ribadito  che  in  questi  casi,  pertanto,  «deve
escludersi che, ai fini del perfezionamento dell'intesa, la  volonta'
della  regione   interessata   possa   essere   sostituita   da   una
determinazione dello Stato, il quale diverrebbe in tal  modo  l'unico
attore di una fattispecie che, viceversa,  non  puo'  strutturalmente
ridursi all'esercizio di un potere unilaterale».  Secondo  la  Corte,
«l'esigenza che il  conseguimento  di  queste  intese  sia  non  solo
ricercato in termini effettivamente  ispirati  alla  reciproca  leale
collaborazione, ma anche agevolato per evitare situazioni di  stallo,
potra' certamente  ispirare  l'opportuna  individuazione,  sul  piano
legislativo, di procedure parzialmente innovative  volte  a  favorire
l'adozione dell'atto finale nei casi in cui siano insorte difficolta'
a conseguire l'intesa, ma tali procedure non potranno  in  ogni  caso
prescindere dalla permanente garanzia della posizione paritaria delle
parti coinvolte». E,  «nei  casi  limite  di  mancato  raggiungimento
dell'intesa, potrebbe essere utilizzato, in ipotesi, lo strumento del
ricorso a questa Corte in sede di conflitto di attribuzione fra Stato
e regioni». 
    Il carattere  «forte»  dell'intesa  in  materia  di  impianti  di
produzione di energia risulta anche dalla sent.  n.  6/2004,  per  la
quale l'intesa prevista dal  d.l.  n.  7/2002  «va  considerata  come
un'intesa "forte",  nel  senso  che  il  suo  mancato  raggiungimento
costituisce ostacolo insuperabile alla conclusione del procedimento -
come, del resto, ha riconosciuto anche l'Avvocatura dello Stato  -  a
causa del particolarissimo impatto che una  struttura  produttiva  di
questo tipo ha su tutta una serie di funzioni regionali  relative  al
governo del territorio, alla tutela della salute, alla valorizzazione
dei beni culturali ed ambientali, al turismo, etc.». 
    Ne risulta confermata l'illegittimita' della norma impugnata,  in
quanto prevede un potere sostitutivo della mancata intesa,  nel  caso
in cui fra gli «enti locali» in essa menzionati rientrino le regioni. 
    Sempre nell'ipotesi che  intenda  riferirsi  anche  alle  regioni
l'art.  25,  comma  2,  lettera  f)  risulta  illegittimo  anche  per
violazione dell'art. 120, secondo comma 2, Cost.  in  quanto  prevede
una ipotesi di potere sostitutivo statale al di fuori dei presupposti
costituzionali. Infatti, il mancato raggiungimento dell'intesa  nella
materia oggetto  dell'art.  25  non  concreta  una  delle  situazioni
indicate tassativamente dall'art.  120,  secondo  comma,  Cost.  come
presupposto  di  esercizio  del  potere   sostitutivo:   la   mancata
realizzazione di una centrale nucleare non implica una violazione  di
norme  internazionali  o  comunitarie  ne'  un  pericolo  grave   per
l'incolumita' pubblica ne' pregiudica l'unita' giuridica o  economica
o i livelli essenziali delle prestazioni. 
    Ugualmente incostituzionale, tuttavia, sarebbe la disposizione di
cui alla lettera f) anche nell'ipotesi  in  cui  in  essa  non  siano
incluse le regioni. In primo luogo, infatti, risulta illegittimo  che
la norma impugnata contempli intese  con  gli  enti  locali  che  non
coinvolgano anche le regioni,  cioe'  con  gli  enti  titolari  della
competenza  legislativa  e  del  potere  di  allocare   le   funzioni
amministrative  nelle  materie  dell'energia  e   del   governo   del
territorio: di qui la violazione degli artt. 117 e 118  Cost.  e  del
principio di leale collaborazione, come risulta anche dalle  sentenze
sopra citate (n. 383/2005 e n. 6/2004). 
    Inoltre,  l'art.  25,  comma  2,  lettera  f)  non   prevede   un
coinvolgimento della  singola  regione  interessata  nella  procedura
sostitutiva dell'ente locale:  coinvolgimento  necessario  in  virtu'
delle competenze regionali appena indicate e del principio  di  leale
collaborazione. 
    Per entrambe le questioni,  infatti,  e'  impossibile  immaginare
nella materia delle centrali nucleari una «necessaria intesa» con  un
ente locale, il cui mancato raggiungimento richieda addirittura l'uso
di un  potere  sostitutivo,  nella  quale  non  siano  coinvolti  gli
interessi della comunita' regionale, al di la'  di  quelli  meramente
locali. 
    Di qui l'illegittimita' costituzionale della disposizione. 
2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 25, comma 2, lettera g)  e
lettera h). 
    Ancora, l'art. 25, comma secondo, lettera g), pone come  criterio
direttivo della delega che il legislatore delegato  preveda  «che  la
costruzione e l'esercizio di impianti per la  produzione  di  energia
elettrica nucleare e di  impianti  per  la  messa  in  sicurezza  dei
rifiuti radioattivi o per lo smantellamento di  impianti  nucleari  a
fine vita e tutte le opere connesse siano  considerati  attivita'  di
preminente interesse statale e, come tali, soggette ad autorizzazione
unica rilasciata, su istanza del soggetto richiedente e previa intesa
con la Conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo
28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, con  decreto  del
Ministro dello  sviluppo  economico,  di  concerto  con  il  Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio  e  del  mare  e  con  il
Ministro delle infrastrutture e dei trasporti». 
    Come risulta dal testo, e' previsto  che  l'autorizzazione  unica
(che a termini del principio stabilito con la successiva lettera  h),
«sostituisce  ogni  provvedimento   amministrativo,   autorizzazione,
concessione,  licenza,  nulla  osta,   atto   di   assenso   e   atto
amministrativo, comunque denominati», ad eccezione delle procedure di
valutazione  di  impatto  ambientale  e  di  valutazione   ambientale
strategica), sia assunta con l'intesa della Conferenza unificata. 
    Tuttavia, tale previsione si rivela ugualmente illegittima  nella
parte in cui essa non pone il principio - ad avviso della  ricorrente
Regione   costituzionalmente   dovuto   -   secondo   il   quale   la
localizzazione dell'impianto richiede altresi' l'intesa della regione
nel cui ambito esso deve essere realizzato. 
    Premesso che e' pacifico che il coinvolgimento  della  Conferenza
non puo' essere ritenuto equivalente o sostitutivo  di  quello  della
regione interessata (evidentemente diverso, infatti,  e'  il  tipo  e
l'ambito degli interessi che  nelle  due  sedi  sono  esaminati),  la
necessita' del consenso di questa in relazione alla localizzazione di
grandi  opere,  la  cui  realizzazione  imprima  al  territorio   una
caratterizzazione tanto  forte  da  incidere  sulla  sua  complessiva
destinazione e su tutti gli  interessi  che  in  esso  insistono,  e'
implicita nel sistema di applicazione del principio di sussidiarieta'
sin  dalla  sentenza  fondante  n.  303   del   2003,   nella   quale
espressamente si afferma che «per giudicare se una legge statale  che
occupi questo spazio sia invasiva delle attribuzioni regionali o  non
costituisca invece applicazione  dei  principi  di  sussidiarieta'  e
adeguatezza diviene elemento valutativo essenziale la  previsione  di
un'intesa fra lo Stato e  le  regioni  interessate,  alla  quale  sia
subordinata l'operativita' della disciplina» (punto 4.1 in  diritto):
ed e' esattamente questo  valore  che  nella  stessa  sentenza  viene
attribuito all'intesa regionale rispetto  al  Programma  delle  opere
strategiche approvato dal CIPE in base alla legge n. 443 del 2001. 
    Questo principio e' stato  ribadito  proprio  in  relazione  alla
materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia
elettrica» dalla gia' ricordata sentenza n. 6 del 2004,  nella  quale
la legittimita' costituzionale della normativa statale  impugnata  e'
stata  affermata   proprio   in   ragione   della   circostanza   che
«l'autorizzazione ministeriale per il singolo impianto "e' rilasciata
a  seguito  di  un  procedimento  unico,  al  quale  partecipano   le
Amministrazioni statali e locali interessate, svolto nel rispetto dei
principi di semplificazione e con le modalita' di cui  alla  legge  7
agosto 1990, n. 241, e  successive  modificazioni,  d'intesa  con  la
regione interessata"» (punto 7 in diritto). Ed in questa occasione la
Corte ha sottolineato che si deve trattare di «un'intesa "forte", nel
senso  che  il  suo  mancato  raggiungimento   costituisce   ostacolo
insuperabile alla conclusione del procedimento - come, del resto,  ha
riconosciuto  anche  l'Avvocatura  dello  Stato   -   a   causa   del
particolarissimo impatto che una struttura produttiva di questo  tipo
ha su tutta una serie di funzioni regionali relative al  governo  del
territorio, alla tutela della salute, alla  valorizzazione  dei  beni
culturali ed ambientali, al turismo, etc.». 
    Particolare importanza riveste poi la sentenza  n.  62/2005,  che
riguarda la questione dello stoccaggio dei rifiuti nucleari (e dunque
un oggetto vicino a quello della presente controversia). 
    Tale sentenza in primo luogo ribadisce che, quando gli interventi
necessari realizzati dallo Stato in vista  di  interessi  unitari  di
tutela ambientale «concernono l'uso del territorio, e in  particolare
la realizzazione di opere e di insediamenti atti  a  condizionare  in
modo rilevante lo stato e lo sviluppo di singole  aree,  l'intreccio,
da un lato, con la competenza regionale  concorrente  in  materia  di
governo del territorio, oltre che  con  altre  competenze  regionali,
dall'altro lato con gli interessi  delle  popolazioni  insediate  nei
rispettivi  territori,  impone  che  siano  adottate   modalita'   di
attuazione degli  interventi  medesimi  che  coinvolgano,  attraverso
opportune forme di collaborazione, le regioni sul cui territorio  gli
interventi sono destinati a realizzarsi (cfr.  sentenza  n.  303  del
2003)» (punto 16 diritto). 
    Di seguito la sentenza rileva che nel  caso  era  stato  prevista
sulla individuazione del sito l'intesa con la Conferenza unificata, e
valuta  come  corretta  questa  previsione.  Essa  tuttavia  prosegue
osservando che «quando pero', una volta individuato il sito, si debba
provvedere alla sua "validazione", alla  specifica  localizzazione  e
alla  realizzazione  dell'impianto,   l'interesse   territoriale   da
prendere in considerazione e a cui deve  essere  offerta,  sul  piano
costituzionale, adeguata tutela, e'  quello  della  regione  nel  cui
territorio l'opera e'  destinata  ad  essere  ubicata»,  e  che  «non
basterebbe piu', a questo livello, il semplice  coinvolgimento  della
Conferenza unificata, il cui intervento non puo'  sostituire  quello,
costituzionalmente necessario,  della  singola  Regione  interessata»
(punto 17 in diritto). 
    Il principio della necessaria intesa con la  regione  interessata
viene ulteriormente ribadito con la sentenza  n.  383  del  2005,  in
relazione  alla   individuazione   delle   infrastrutture   e   degli
insediamenti strategici, ove pure si afferma la necessita' «che anche
tale individuazione sia effettuata  d'intesa  con  le  regioni  e  le
province autonome interessate» (punto 25 in diritto). 
    Di qui l'illegittimita' della disposizione, in quanto non  indica
quale principio e criterio direttivo la necessita' dell'intesa con la
regione  interessata  in  relazione  alla  localizzazione   ed   alle
caratteristiche della centrale . 
    Ad avviso della ricorrente Regione la  denunciata  illegittimita'
non viene meno per il fatto che la successiva lettera h) prevede  che
«l'autorizzazione unica sia rilasciata a seguito di  un  procedimento
unico al quale partecipano le amministrazioni interessate, svolto nel
rispetto dei principi di semplificazione e con le  modalita'  di  cui
alla legge 7 agosto 1990, n. 241». 
    A  parte   la   genericita'   dell'espressione   «amministrazioni
interessate», e pur dando per scontato che tra esse vadano incluse le
regioni,  l'istituto  dell'intesa  implica  uno  specifico   rapporto
bilaterale tra lo Stato e la regione interessata, costituito  da  una
altrettanto specifica trattativa tra due parti, ed  assistito  da  un
dovere particolare di attenzione e di reciproca collaborazione.  Tale
rapporto speciale non puo' essere diluito e confuso in  una  generica
partecipazione al procedimento quale  «amministrazione  interessata»,
ed e' dunque del tutto insufficiente il principio  espresso  da  tale
lettera h). Cio' anche se - a termini della legge n. 241 del  1990  -
il dissenso espresso dalla regione conduca (come  previsto  dall'art.
14-quater,  comma  3-bis  di  tale  legge)  ad   una   determinazione
sostitutiva rimessa alla Conferenza Stato-regioni -  se  il  dissenso
verte  tra  un'amministrazione  statale  e  una   regionale   o   tra
amministrazioni regionali - o alla Conferenza unificata, in  caso  di
dissenso tra una regione o provincia autonoma e un ente  locale,  per
terminare nella competenza ultima del Consiglio dei ministri  ove  il
dissenso non risulti con tali mezzi superato. 
    La necessita'  del  rapporto  specifico  di  intesa  quanto  alla
localizzazione  delle  centrali  non  rimane   dunque   adeguatamente
sostituito dalla sia pur qualificata partecipazione al procedimento. 
    Del resto, tale specificita' - ed insieme una  possibile  diversa
soluzione - e' bene dimostrata, all'interno della  stessa  legge  qui
impugnata, dal nuovo testo dell'art. 1-sexies,  comma  4-bis,  del  1
decreto-legge 29 agosto 2003, n. 239 (convertito, con  modificazioni,
dalla legge 27 ottobre 2003, n. 290), introdotto  ora  dall'art.  27,
comma 24 della legge n. 99 del 2009. 
    Tale comma 4-bis, nel suo testo  originario,  era  stato  appunto
dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla sentenza  di  codesta
Corte costituzionale n.  383  del  2005,  sopra  citata  (come  sopra
ricordato, esso prevedeva un «potere sostitutivo» statale in caso  di
mancata intesa con  la  regione  interessata).  Ora,  in  sostanziale
esecuzione della sentenza n. 383, il nuovo comma  4-bis  del  decreto
dispone (per quanto qui interessa) come segue: 
        «In caso di mancata definizione dell'intesa con la regione  o
le regioni interessate per il rilascio dell'autorizzazione,  entro  i
novanta giorni successivi al termine di cui al comma 3,  si  provvede
al rilascio della stessa previa intesa da concludere in  un  apposito
comitato interistituzionale, i cui componenti sono designati, in modo
da  assicurare  una  composizione  paritaria,   rispettivamente   dai
Ministeri dello sviluppo economico, dell'ambiente e della tutela  del
territorio e del mare e delle infrastrutture e dei trasporti e  dalla
regione o dalle regioni interessate. Ove non si pervenga ancora  alla
definizione  dell'intesa,  entro  i  sessanta  giorni  successivi  al
termine di cui al primo periodo, si provvede  all'autorizzazione  con
decreto del Presidente della  Repubblica,  previa  deliberazione  del
Consiglio  dei  ministri,  integrato  con   la   partecipazione   del
presidente della regione o delle regioni interessate, su proposta del
Ministro dello  sviluppo  economico,  di  concerto  con  il  Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio  e  del  mare  e  con  il
Ministro delle infrastrutture e dei trasporti». 
    Dunque, e' la stessa legge statale, guidata in questo caso  dalla
giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte costituzionale, ad indicare la
via idonea a preservare i caratteri specifici dell'intesa  e  la  sua
peculiare rilevanza  anche  la'  dove  -  per  le  esigenze  unitarie
codificate nel principio di sussidiarieta' - alla Regione interessata
non possa spettare la parola definitivamente  finale.  Di  qui,  come
detto, l'illegittimita' costituzionale della impugnata  disposizione,
nella parte in cui  non  prevede  che  l'autorizzazione  unica  debba
essere rilasciata previa intesa con la Regione interessata. 
3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 25, comma 2, lettera a). 
    L'art. 25, comma 2, lettera  a),  pone  come  criterio  direttivo
della delega la «previsione della possibilita' di dichiarare  i  siti
aree di interesse strategico nazionale, soggette a speciali forme  di
vigilanza e di protezione». 
    La Regione non contesta, ovviamente, la  necessita'  che  i  siti
delle centrali nucleari siano soggetti a speciali forme di  vigilanza
e protezione. Ritiene invece di dovere  essere  coinvolta  sia  nella
esatta individuazione dell'area da  qualificare  come  «di  interesse
strategico nazionale», sia nella stessa individuazione delle forme di
vigilanza e protezione. 
    Cio' nell'ipotesi che non  si  tratti  qui  semplicemente  di  un
problema di  ordine  pubblico,  ma  che  la  qualifica  in  questione
conferisca ad aree non necessariamente coincidenti con  quella  della
centrale  nucleare  strettamente  intesa  uno   status   territoriale
speciale, comportante uno specifico regime dell'attivita' urbanistica
ed edilizia, intrecciandosi cosi' con  la  materia  del  governo  del
territorio e con tutti  gli  interessi  inerenti  a  tale  vastissima
materia. 
    Per quanto  qui  risulta,  la  qualificazione  di  aree  come  di
interesse strategico nazionale ha nella  legislazione  un  precedente
specifico nell'art. 2, comma 4 del decreto-legge 23 maggio  2008,  n.
90 (convertito in legge n. 123 del 2008 e modificato dall'art.  2-bis
della legge n. 210 del 2008), secondo il quale «i siti, le  aree,  le
sedi degli uffici e gli impianti comunque connessi  all'attivita'  di
gestione dei  rifiuti  costituiscono  aree  di  interesse  strategico
nazionale, per le quali  il  Sottosegretario  di  Stato  provvede  ad
individuare le occorrenti misure, anche di  carattere  straordinario,
di salvaguardia e di tutela per assicurare  l'assoluta  protezione  e
l'efficace gestione». 
    La ricorrente Regione ritiene che - nel quadro sopra delineato  -
debba essere stabilito come vincolo costituzionale nella stessa legge
di delega che all'individuazione dell'area e delle relative misure di
protezione debba procedersi d'intesa con  la  regione  o  le  regioni
direttamente interessate, per le stesse ragioni per le quali l'intesa
risulta necessaria - come sopra esposto - in  relazione  alla  stessa
localizzazione della centrale. 
    Ne risulta dunque - nella indicata prospettiva - l'illegittimita'
costituzionale dell'impugnata disposizione, in quanto non prevede  il
necessario coinvolgimento delle regioni interessate. 
5) Illegittimita' costituzionale dell'art. 26, comma 1. 
    Il comma 1 dell'art. 26  attribuisce  al  CIPE  la  competenza  a
deliberare «le  tipologie  degli  impianti  di  produzione  elettrica
nucleare che possono essere realizzati nel territorio nazionale». 
    E'  evidente,  ad  avviso,  della  ricorrente  Regione,  la   non
conformita' di quanto cosi' disposto con  l'art.  117,  sesto  comma,
Cost., ai sensi del quale: «la  potesta'  regolamentare  spetta  allo
Stato nelle materie di  legislazione  esclusiva,  salva  delega  alle
regioni. La potesta' regolamentare spetta alle regioni in ogni  altra
materia». 
    Siccome la materia della «produzione, trasporto  e  distribuzione
nazionale dell'energia» prevede la legislazione concorrente di  Stato
e regione, e' illegittimo far intervenire  una  normativa  secondaria
statale che, ai sensi dell'art. 117,  sesto  comma,  potrebbe  essere
utilizzata solo nelle materie di potesta' legislativa esclusiva. 
    «In  un  riparto  cosi'  rigidamente  strutturato,   alla   fonte
secondaria statale e' inibita in radice la possibilita' di  vincolare
l'esercizio della potesta' legislativa regionale  o  di  incidere  su
disposizioni regionali preesistenti (sentenza  n.  22  del  2003);  e
neppure i principi di sussidiarieta' e adeguatezza possono  conferire
ai regolamenti statali una capacita' che e' estranea al loro  valore,
quella cioe'  di  modificare  gli  ordinamenti  regionali  a  livello
primario» (sentenza cost. n. 303/2003). 
    Anche qualora, in subordine, si ritenesse che l'esercizio di tale
competenza da parte del CIPE corrisponda alle esigenze del  principio
di sussidiarieta', l'art. 26, comma 1, della legge n. 99/2009,  nella
sua  presente  formulazione,  rimarrebbe  comunque  illegittimo   per
violazione del principio di leale  collaborazione  e  del  dovere  di
prevedere forme di coordinamento tra Stato e regioni. 
    Qualora  si  ritenesse   che   le   due   sfere   di   competenza
amministrativa possano esercitarsi specificamente, l'una  per  quanto
riguarda le esigenze di unitarieta' e l'altra per quanto riguarda  le
esigenze  e  le  competenze  regionali,  e',   infatti,   ragionevole
prevedere  che  lo  Stato  -  tuttavia  d'intesa  con  la  Conferenza
unificata - individui le caratteristiche obbligatorie ed i  requisiti
minimi che gli  impianti  nucleari  e  di  stoccaggio  e  smaltimento
debbano  avere  ovunque  essi  siano   localizzati   nel   territorio
nazionale. Ma, una volta individuate tali caratteristiche,  non  puo'
spettare che alle regioni un ruolo determinante nell'esercizio  della
competenza amministrativa a  scegliere  tra  le  varie  tipologie  di
impianti a norma, e  rientranti  nelle  caratteristiche  obbligatorie
ammesse dallo Stato  per  tutto  il  territorio  nazionale,  che  «il
mercato» propone, quali appaiano le piu' idonee e confacenti, in base
alla caratteristiche specifiche di conformazione,  di  utilizzazione,
di ambientamento, di vigilanza, di professionalita' richieste per  la
gestione di costi sia di acquisto che di manutenzione ecc....ai  fini
della specifica localizzazione regionale nella  quale  tali  impianti
debbono inserirsi. 
    Questo pare il ragionevole punto di mediazione tra una competenza
amministrativa statale  e  una  competenza  amministrativa  regionale
debitamente contenute nei limiti costituzionali e ragionevolmente  ed
adeguatamente coordinate. 
    La legge impugnata ha demandato ogni competenza di  scelta  degli
impianti ad un organo amministrativo dello Stato. 
    Ne risulta il Affetto dei meccanismi di coordinamento e di  leale
collaborazione. 
    Infatti, e' pacifico che sia la «produzione di energia», sia  «il
governo del territorio» sono materie di legislazione  concorrente  ai
sensi dell'art. 117, terzo comma Cost. 
    E' altrettanto pacifico che,  quando  l'attivita'  amministrativa
impatti  nel  cuore  di  materie  di   competenza   concorrente   che
strettamente  ed  inscindibilmente  si  intrecciano,  una  concezione
«dinamica» della sussidiarieta' richiede un procedimento e  strumenti
idonei a garantire la leale collaborazione tra  Stato  e  regioni.  E
piu' i poteri sono intrecciati, piu' devono essere adottate procedure
idonee a garantire la leale collaborazione. 
    Strettamente intrecciate tra Stato e Regioni sono  le  competenze
in materia di energia e di governo del territorio, non solo a livello
teorico e di principio, ma anche all'atto organizzativo e pratico. 
    Ne consegue l'illegittimita' costituzionale  di  una  norma  che,
come fa l'art. 26, comma 1,  legge  n.  99/2009,  attribuisce  ad  un
organo  amministrativo  dello  Stato  quale  e'  il  CIPE  il  potere
unilaterale  di  definire,  tra  le  molte  alternative  tecnologiche
presenti sul mercato, «le tipologie degli impianti per la  produzione
di energia elettrica  nucleare  che  possono  essere  realizzati  nel
territorio nazionale», senza richiedere  l'intesa  anziche'  il  solo
«previo parere della Conferenza  unificata  di  cui  all'art.  8  del
decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281». 
    Quando poi si tratti della determinazione della  tipologia  dello
specifico impianto  in  uno  specifico  luogo,  l'esigenza  di  leale
collaborazione  e  dei  relativi  meccanismi  istituzionali  -   gia'
evidente a fronte della  compressione  che  altrimenti  subirebbe  la
competenza  regionale  in  forza  delle   esigenze   di   unitarieta'
dell'intervento (una situazione diversa ma analoga a quella  rilevata
da codesta Corte costituzionale con la ben nota sentenza n.  303  del
2003) - corrisponde nello specifico caso, come sopra  illustrato,  al
dovere di istituire un meccanismo di codecisione al  quale  partecipi
la regione direttamente mediante lo strumento  dell'intesa,  peraltro
di tipo «forte», come affermato dalla  giurisprudenza  costituzionale
richiamata (sent. Cost. n. 383/05). 
    E', allora, del tutto evidente che la  norma  impugnata  viola  i
moduli di leale collaborazione  indicati  come  indispensabili  dalla
Corte costituzionale, in particolare nelle materie  di  intreccio  di
poteri, e doveri, tra Stato e regioni,  posto  che  «la  legislazione
statale che preveda  e  disciplini  il  conferimento  delle  funzioni
amministrative  a  livello  centrale  nelle  materie  affidate   alla
potesta' legislativa regionale puo' aspirare a superare il vaglio  di
legittimita' costituzionale solo in presenza di  una  disciplina  che
prefiguri un iter in cui assumano  il  dovuto  risalto  le  attivita'
concertative e di coordinamento orizzontale, ovverosia le intese, che
devono essere condotte in base al  principio  di  lealta'»  (sentenze
cost. n. 383/2005 e n. 303/2003). 
 
                              P. Q. M. 
 
    Voglia  codesta  ecc.rna  Corte  costituzionale   accogliere   il
ricorso, dichiarando l'illegittimita' costituzionale degli artt.  25,
commi 1 e 2, lettere a), f), g), h), e 26 della legge 23 luglio 2009,
n. 99, «Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle
imprese, nonche' in materia  di  energia»,  nei  termini  e  sotto  i
profili esposti nel presente ricorso. 
        Padova-Roma, addi' 29 settembre 2009 
 
    Prof. avv. Giandomenico Falcon - Avv. Rosaria Russo Valentini