N. 83 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 7 ottobre 2009
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 7 ottobre 2009 (della Regione Emilia-Romagna). Energia - Delega al Governo in materia nucleare - Principi e criteri direttivi per l'esercizio della delega da parte del Governo - Obbligo di determinare le modalita' di esercizio del potere sostitutivo del Governo in caso di mancato raggiungimento delle necessarie intese con i diversi enti locali coinvolti - Lamentata previsione di potere sostitutivo statale al di fuori dei presupposti costituzionali, mancanza di coinvolgimento adeguato delle Regioni sia nelle intese sia nell'esercizio del potere sostitutivo - Ricorso della Regione Emilia-Romagna - Denunciata violazione delle attribuzioni regionali nelle materie di competenza concorrente della produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia, del governo del territorio, della tutela della salute, lesione del principio di leale collaborazione. - Legge 23 luglio 2009, n. 99, art. 25, comma 2, lett. f). - Costituzione, artt. 117, comma terzo, 118 e 120, comma secondo. Energia - Delega al Governo in materia nucleare - Principi e criteri direttivi per l'esercizio della delega da parte del Governo - Previsione che la costruzione e l'esercizio di impianti per la produzione di energia elettrica nucleare e di impianti per la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi o per lo smantellamento di impianti nucleari a fine vita e tutte le opere connesse siano soggetti ad autorizzazione unica rilasciata dal Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e con il Ministro delle infrastrutture e trasporti, d'intesa con la Conferenza unificata - Mancata previsione dell'intesa con la Regione direttamente interessata, in relazione ai profili di localizzazione territoriale ed alle caratteristiche della centrale - Ricorso della Regione Emilia-Romagna - Denunciata violazione delle attribuzioni regionali nelle materie di competenza concorrente della produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia, del governo del territorio, della tutela della salute, nonche' nelle materie di competenza residuale, lesione del principio di leale collaborazione. - Legge 23 luglio 2009, n. 99, art. 25, comma 2, lett. g). - Costituzione, artt. 117, commi terzo e quarto, e 118. Energia - Delega al Governo in materia nucleare - Principi e criteri direttivi per l'esercizio della delega da parte del Governo - Previsione che l'autorizzazione unica e' rilasciata a seguito di un procedimento unico al quale partecipano le Amministrazioni interessate e che tale provvedimento sostituisce ogni atto necessario per la realizzazione delle opere, ad eccezione della VIA e della VAS - Mancata previsione dell'intesa con la Regione direttamente interessata - Ricorso della Regione Emilia-Romagna - Denunciata violazione delle attribuzioni regionali nelle materie di competenza concorrente della produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia, del governo del territorio, della tutela della salute, del turismo e della valorizzazione dei beni culturali ed ambientali, lesione del principio di leale collaborazione. - Legge 23 luglio 2009, n. 99, art. 25, comma 2, lett. h). - Costituzione, artt. 117, commi terzo e quarto, e 118. Energia - Delega al Governo in materia nucleare - Principi e criteri direttivi per l'esercizio della delega da parte del Governo - Possibilita' di dichiarare i siti aree di interesse strategico nazionale, soggette a speciali forme di vigilanza e di protezione - Lamentata carenza di intesa con le Regioni territorialmente interessate, nonostante l'incidenza su materie di competenza regionale - Ricorso della Regione Emilia-Romagna - Denunciata violazione delle attribuzioni regionali nelle materie di competenza concorrente della produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia, del governo del territorio, della tutela della salute, nonche' nelle materie di competenza residuale, lesione del principio di leale collaborazione. - Legge 23 luglio 2009, n. 99, art. 25, comma 2, lett. a). - Costituzione, artt. 117, commi terzo e quarto, e 118. Energia - Delega al Governo in materia nucleare - Principi e criteri direttivi per l'esercizio della delega da parte del Governo - Definizione delle tipologie degli impianti per la produzione di energia elettrica nucleare che possono essere realizzati nel territorio nazionale, da adottarsi con delibera del CIPE previo parere della Conferenza unificata - Obbligo di esprimere il parere entro sessanta giorni, trascorsi i quali il parere si intende acquisito - Lamentato esercizio della potesta' regolamentare statale in materie di competenza concorrente, in subordine, omessa previsione dell'intesa Stato-Regioni - Ricorso della Regione Emilia-Romagna - Denunciata violazione dei limiti posti alla potesta' regolamentare dello Stato, lesione del principio di leale collaborazione. - Legge 23 luglio 2009, n. 99, art. 26, comma 1. - Costituzione, artt. 117, comma sesto, e 118.(GU n.46 del 18-11-2009 )
Ricorso della Regione Emilia-Romagna, in persona del Presidente della Giunta regionale pro-tempore, autorizzato con deliberazione della Giunta regionale 21 settembre 2009, n. 1407 (doc. 1), rappresentata e difesa, come da procura a margine del presente atto, dall'avv. prof. Giandomenico Falcon di Padova e dall'avv. Rosaria Russo Valentini, con domicilio eletto presso lo studio della seconda in Roma, corso Vittorio Emanuele II n. 284, contro il Presidente del Consiglio dei ministri per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale: 1) dell'art. 25 della legge 23 luglio 2009, n. 99, «Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonche' in materia di energia», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 31 luglio 2009, n. 176, supplemento ordinario, in relazione al comma 2, lettere a), f), g) ed h), per i profili e motivi indicati nella parte in diritto; 2) dell'art. 26, comma 1, della legge 23 luglio 2009, n. 99, «Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonche' in materia di energia», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 31 luglio 2009, n. 176, supplemento ordinario, nella parte in cui affida al CIPE il compito di definire, mediante delibera, le «tipologie degli impianti per la produzione di energia elettrica nucleare che possono essere realizzati nel territorio nazionale», ed in subordine nella parte in cui richiede per l'adozione della delibera del CIPE il previo parere della Conferenza unificata «che si esprime entro sessanta giorni dalla richiesta, trascorsi i quali il parere si intende acquisito», senza prevedere l'intesa con le singole regioni interessate e con la Conferenza unificata, per violazione: dell'art. 117, secondo comma , Cost.; dell'art. 117, terzo comma, Cost; dell'art. 117, comma sesto, Cost.; dell'art. 118 Cost.; dell'art. 120 Cost.; del principio di leale collaborazione, F a t t o La riforma del Titolo V della Costituzione, attuata con legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, ha individuato quali materie di legislazione concorrente, fra le altre, la «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia», il «governo del territorio» (art. 117, comma terzo, Cost.) e la «tutela della salute». Di tali materie la regione e' titolare costituzionale, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, che spetta al legislatore statale, e per il ruolo che comunque lo Stato puo' assumere in forza dell'art. 118, primo comma, come interpretato da codesta ccc.ma Corte costituzionale sin dalla sentenza n. 303 del 2003, con il corollario del coinvolgimento delle regioni nella forma dell'intesa ove possibile nella stessa scelta della chiamata in sussidiarieta', comunque nella fase amministrativa ed esecutiva di tale scelta. Per quanto concerne il settore dell'energia, la Regione Emilia-Romagna si e' recentemente dotata di una ampia legge organica recante «Disciplina della programmazione energetica territoriale ed altre disposizioni in materia di energia». Si tratta della legge regionale 23 dicembre 2004, n. 26, che inquadra gli interventi di competenza della regione e degli enti locali all'interno di una programmazione energetica territoriale, articolata nei livelli regionale, provinciale, comunale (art. 6). Il primo Piano Energetico Regionale (PER) e' stato approvato dal Consiglio regionale in data 14 novembre 2007, e prevede stanziamenti regionali pari a circa 90 milioni di euro in tre anni per la realizzazione di interventi che riguardano il risparmio energetico e la valorizzazione delle fonti rinnovabili negli edifici, negli insediamenti produttivi e nei trasporti. Il Piano energetico traccia lo scenario evolutivo del sistema energetico regionale e definisce gli obiettivi di sviluppo sostenibile a partire dalle azioni che la regione ha sviluppato negli ultimi anni, soprattutto sul fronte della riqualificazione del sistema elettrico. E' da ricordare, infatti, che si e' realizzata gia' dal 2000 la completa trasformazione del parco termoelettrico regionale con l'adozione delle nuove tecnologie di alimentazione a metano che hanno sostituito tutte le vecchie centrali alimentate ad olio combustibile. In questo modo, grazie alla maggiore efficienza e al minore impatto, si ha a disposizione piu' energia e si e' assicurata una condizione di equilibrio del bilancio elettrico regionale tra richiesta e produzione e, contemporaneamente, una riduzione significativa di emissioni inquinanti per kilowattore prodotto (oltre 500 mila tonnellate). Contemporaneamente il Piano indica gli obiettivi di risparmio energetico: per quasi un terzo dovranno venire dal risparmio nel settore residenziale e civile, per il 40 % dal settore dei trasporti, mentre nell'industria, che ha gia' visto avviati processi di innovazione energetica, il risparmio da realizzare e' del 25 %. Il Piano traccia quindi le linee di intervento, promuovendo la valorizzazione delle fonti rinnovabili (fotovoltaico, eolico, idroelettrico, geotermia, biomasse), per ottenere una potenza aggiuntiva pari a circa 400 MW, la diffusione di piccoli impianti di produzione di energia legati alle esigenze dell'utenza finale (la cosiddetta «generazione distribuita» ad alta efficienza, attraverso la diffusione della tecnologia della cogenerazione del teleriscaldamento) per ottenere 600 MW di potenza aggiuntiva e per mettere il sistema in sicurezza anti black out. Gli strumenti previsti comprendono innanzitutto l'emanazione di nuove norme sul rendimento energetico degli edifici in Emilia-Romagna, con standard piu' stringenti rispetto al passato. E' prevista, inoltre, la realizzazione di un sistema regionale di certificazione energetica degli edifici (simile a quanto gia' realizzato per gli elettrodomestici), che riguardera' i nuovi edifici e le grandi ristrutturazioni degli edifici esistenti, nonche' la promozione del progetto «calore pulito» per la utilizzazione delle caldaie a tecnologie piu' avanzate negli usi domestici. In particolare, per quanto riguarda gli edifici pubblici (dai municipi, alle scuole, agli ospedali), il PER prevede l'avvio della riqualificazione energetica. Criteri di risparmio energetico dovranno inoltre essere previsti in ogni procedura di aggiudicazione degli appalti pubblici, cosi' come nella acquisizione di beni e servizi per la pubblica amministrazione aventi incidenza sui consumi di energia. Il Piano energetico regionale stabilisce, poi, di promuovere veri e propri «piani-programma» delle province e dei comuni, una sorta di piani regolatori energetici per il risparmio, l'uso razionale dell'energia e lo sviluppo delle fonti rinnovabili, a cominciare dagli interventi in tutti gli edifici pubblici. Il Piano punta, poi, anche sulla riqualificazione energetico-ambientale degli insediamenti produttivi, con lo sviluppo di aree definite «ecologicamente attrezzate», promuovendo impianti e servizi energetici comuni, e anche qui con cogenerazione e fonti rinnovabili. Il Piano sostiene, infine, un nuovo programma per l'«agro energia», per l'adozione dei piccoli impianti biogas o biomassa nelle imprese agricole e per la realizzazione della riconversione necessaria della produzione bieticolo-saccarifera in produzione agroenergetica. Per quanto riguarda la materia del «governo del territorio», la Regione Emilia-Romagna, con legge 24 marzo 2000, n. 20, si e' dotata di una «Disciplina generale sulla tutela e l'uso del territorio», al fine di realizzare un efficace ed efficiente sistema di programmazione e pianificazione territoriale che operi per il risparmio delle risorse territoriali, ambientali ed energetiche, per il benessere economico, sociale e civile della popolazione regionale, senza pregiudizio per la qualita' della vita delle future generazioni. Tra gli obiettivi della pianificazione territoriale vi e' anche quello di «promuovere l'efficienza energetica e l'utilizzazione di fonti energetiche rinnovabili, allo scopo di contribuire alla protezione dell'ambiente e allo sviluppo sostenibile» (art. 2, comma 2, lettera f-bis) introdotta dalla legge regionale 9 luglio 2009, n. 6). Gli strumenti pianificatori regionali (artt. 24 e 25) sono il Piano Territoriale Regionale (PTR) e il Piano Territoriale Paesistico Regionale (PTPR). Ciascuna provincia approva il proprio Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP), che «definisce l'assetto del territorio limitatamente agli interessi sovracomunali, che attengono ... ... d) ai poli funzionali e agli insediamenti commerciali e produttivi di rilievo sovra comunale» (art. 26). Infine, i comuni si dotano del Piano Strutturale Comunale (PSC), corredato del Regolamento Urbanistico Edilizio (RUE) e dei singoli Piani Operativi Comunali di dettaglio (POC). Questa fitta trama di provvedimenti pianificatori consente di ottenere una fotografia molto precisa del territorio regionale e di sviluppare gli insediamenti abitativi e produttivi nell'ottica della tutela dell'ambiente e dello sviluppo sostenibile. Nella materia della produzione dell'energia, e con evidente fortissima incidenza sul governo del territorio ed evidenti riflessi sulla tutela della salute ed altre materie di competenza regionale, ed in un ambito, almeno in parte, corrispondente a quello della disciplina regionale ora illustrata, interviene ora la legge nazionale 23 luglio 2009, n. 99, recante «Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonche' in materia di energia». In particolare, l'art. 25 della legge in esame contiene la cosiddetta delega al Governo in materia di energia nucleare. A distanza di 22 anni dal referendum abrogativo della legge n. 8/1983, lo Stato reintroduce l'energia nucleare. La Regione Emilia-Romagna prende atto di questa scelta, che compete agli organi rappresentativi della comunita' nazionale, pur con il rammarico che la mancata riforma delle strutture parlamentari e prima ancora l'omessa attivazione della partecipazione regionale alla Commissione parlamentare per le questioni regionali non abbiano consentito alle regioni di prendere parte a questa scelta nelle corrette sedi legislative. Fuori discussione dunque in questa sede la scelta di base, rimane tuttavia la necessita' di salvaguardare lo specifico ruolo delle regioni, in quanto titolari costituzionali della potesta' legislativa nelle materie di cui all'art. 117, terzo e quarto comma, della Costituzione, ed in particolare in quelle sopra indicate. Viene particolarmente in considerazione l'art. 25 della legge in questione, che contiene la Delega al Governo in materia nucleare. Esso prevede un ruolo della Conferenza unificata unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 in primo luogo (comma 1) nella procedura di emanazione dei decreti legislativi delegati: tale Conferenza, infatti, deve essere «sentita». L'art. 25 stabilisce, infatti, che entro sei mesi il Governo dovra' adottare appositi decreti legislativi di riassetto normativo recanti «la disciplina della localizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di impianti di fabbricazione del combustibile nucleare, dei sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi, nonche' dei sistemi per il deposito definitivo dei materiali e rifiuti radioattivi e per la definizione delle misure compensative da corrispondere e da realizzare in favore delle popolazioni interessate». Tale modalita' - limitata ad un parere - non rappresenta adeguatamente le istanze di partecipazione delle regioni alle scelte generali, e tuttavia, nel vigente assetto dei poteri legislativi nazionali, la ricorrente Regione non censura tale disposizione. Lo specifico ruolo regionale dovra' dunque necessariamente essere salvaguardato nella fase successiva della gestione attuativa ed esecutiva. Tale specifico ruolo deve essere salvaguardato con riferimento sia alle regioni nel loro insieme, sia alle regioni che siano poi direttamente interessate dagli insediamenti delle centrali. Nell'intento di salvaguardare tale ruolo, la Regione Emilia-Romagna impugna l'art. 25 con riferimento alle lettere a), f), g) ed h). A termini della lettera a) il Governo dovra' prevedere la «possibilita' di dichiarare i siti aree di interesse strategico nazionale, soggette a speciali forme di vigilanza e di protezione», senza prevedere alcuna partecipazione della Regione interessata ne' della Conferenza unificata. A termini della lettera f), in sede di esercizio della delega, il Governo dovra' determinare altresi' le modalita' di esercizio del suo potere sostitutivo in caso di mancato raggiungimento delle necessarie intese con i diversi enti locali coinvolti, secondo quanto previsto dall'articolo 120 della Costituzione. Ad avviso della Regione Emilia-Romagna la previsione di tale potere sostitutivo e' illegittima sotto diversi profili. A termini della lettera g), poi, la costruzione e l'esercizio di impianti per la produzione di energia elettrica nucleare e di impianti per la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi e per lo smantellamento di impianti nucleari a fine vita vengono considerati attivita' «di preminente interesse statale» e, come tali, soggetti ad autorizzazione unica rilasciata con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'Ambmiente e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previa intesa con la Conferenza unificata, (art. 25, comma 2, lettera g). La detta autorizzazione unica, che consegue a un procedimento unico cui partecipano le amministrazioni interessate, comprende la dichiarazione di pubblica utilita', indifferibilita' e urgenza delle opere, l'eventuale dichiarazione di inamovibilita' e l'apposizione del vincolo preordinato all'esproprio dei beni in essa compresi, sostituendo ogni provvedimento amministrativo, autorizzazione, concessione, licenza, nullaosta, atto di assenso e atto amministrativo comunque denominati, fatta eccezione delle procedure di valutazione di impatto ambientale (VIA) e di valutazione ambientale strategica (VAS), cui si deve obbligatoriamente ottemperare (art. 25, comma 2, lettera h). Ne' la lettera g) ne' la lettera h) tuttavia prevedono che sulla autorizzazione, per i profili attinenti alla localizzazione e alle caratteristiche dell'impianto, sia richiesta l'intesa della Regione interessata, come (ad avviso della ricorrente Regione) costituzionalmente necessario. Il successivo art. 26 della legge n. 99/2009 assegna nuovamente al Governo, e segnatamente al CIPE, il compito di definire con apposita delibera, sempre nel termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge delega e previo parere della Conferenza unificata, le tipologie degli impianti per la produzione di energia elettrica nucleare che possono essere realizzati nel territorio nazionale. Come emerge chiaramente dalle disposizioni sopra citate, il ruolo assegnato alle regioni e' insufficientemente tutelato sia per quanto riguarda il loro insieme, sia - ed ancor piu' - per quanto riguarda le Regioni direttamente interessate. Mai viene richiesto il consenso delle singole regioni interessate. Inoltre la Conferenza unificata puo' esprimere solo pareri non vincolanti relativamente alle scelte strategiche e di alta amministrazione, mentre l'intesa e' prevista solo in sede di procedimento di autorizzazione unica, quando ormai la localizzazione dell'impianto e' gia' stata decisa. Una disciplina di tale natura interviene in una materia caratterizzata da legislazione concorrente e in un settore delicatissimo come quello dell'energia atomica. E', infatti, oggettivamente molto difficile individuare in Italia siti adatti alla costruzione di una centrale nucleare e ancor piu' allo stoccaggio e smaltimento dei rifiuti radioattivi. La maggior parte del territorio italiano e' soggetto a rischio sismico e quindi non idoneo a ricevere impianti nucleari ne' a smaltire le scorie. Ne' sono numerose le aree che dispongono dell'ingente quantita' d'acqua occorrente al funzionamento di una centrale nucleare, perche' la portata dei fiumi italiani e' generalmente insufficiente e perche' le zone costiere, dove puo' essere utilizzata l'acqua del mare, sono spesso congestionate da insediamenti urbani e turistici, scarsamente compatibili con impianti nucleari. Le impugnate norme della legge n. 99/2009 risultano ad avviso della Regione Emilia-Romagna costituzionalmente illegittime per i seguenti motivi di D i r i t t o 1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 25, comma 2, lettera f). L'art. 25, comma 2, lettera f), prescrive come criterio direttivo della delega che il legislatore delegato provveda alla «determinazione delle modalita' di esercizio del potere sostitutivo del Governo in caso di mancato raggiungimento delle necessarie intese con i diversi enti locali coinvolti, secondo quanto previsto dall'art. 120 della Costituzione». Va rimarcato in primo luogo il carattere ambiguo della disposizione, non essendo dato di comprendere se nell'espressione «i diversi enti locali» il legislatore delegante intendesse includere anche le regioni, o soltanto le province ed i comuni. Ove si intendesse che le regioni rientrino tra gli «enti locali» in relazione ai quali debbono essere previsti poteri sostitutivi per l'ipotesi della mancata intesa, la disposizione apparirebbe incostituzionale per violazione degli articoli 118 e 120 Cost., nonche' del principio di leale collaborazione. Infatti, secondo la nota giurisprudenza costituzionale sviluppatasi a partire dalla sentenza n. 303 del 2003, l'intesa «forte» con la regione costituisce un elemento essenziale nel caso di «chiamata in sussidiarieta'», cioe' nel caso in cui lo Stato attragga a se' e regoli - per ragioni di esercizio unitario - funzioni amministrative attinenti a materie regionali (come nel caso di specie) e incidenti su uno specifico territorio regionale. Prevedere l'intesa e poi prevedere l'esercizio del potere sostitutivo statale per il caso di mancato raggiungimento dell'intesa equivale a «degradare» sin dall'inizio il carattere «forte» dell'intesa e ad attribuire una posizione di debolezza all'ente territoriale nell'adozione della decisione «attratta» in sussidiarieta': di qui la violazione dell'autonomia amministrativa della Regione nelle materie della «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia» e del «governo del territorio» (art. 118 Cost., in relazione all'art. 117, terzo comma, Cost.) e del principio di leale collaborazione. Si noti anche che la norma impugnata non condiziona il potere sostitutivo ad una inerzia della Regione ma ad ogni caso di dissenso, anche pienamente motivato, con conseguente declassamento - appunto - dei rapporti fra regioni e Stato dal livello delle intese in senso forte a quello delle intese in senso debole e diminuzione della motivazione statale a ricercare effettivamente l'intesa. Una conferma dell'inaccettabilita' dell'uso del potere sostitutivo per sopperire al dissenso con gli enti territoriali viene dall'art. 8, legge n. 131/2003 («Nei casi e per le finalita' previsti dall'art. 120, secondo comma, della Costituzione, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente per materia, anche su iniziativa delle regioni o degli enti locali, assegna all'ente interessato un congruo termine per adottare i provvedimenti dovuti o necessari»): il potere sostitutivo e' esercitabile se la Regione non adotta «provvedimenti dovuti o necessari» e questo non e' certo il caso dell'intesa, che e' per definizione un atto che puo' essere dato o meno, a seconda delle valutazioni discrezionali dell'ente coinvolto. Codesta Corte ha gia' avuto occasione di pronunciarsi sulla questione nella sent. n. 383/2005, che ha dichiarato illegittima una norma statale analoga a quella qui censurata. Si trattava dell'art. 1, comma 26, della legge n. 239 del 2004, nella parte in cui introduceva il comma 4-bis dell'art. 1-sexies del decreto-legge n. 239 del 2003, disponendo che - in caso di mancato conseguimento dell'intesa con la regione o le regioni interessate nel termine prescritto per il rilascio dell'autorizzazione alla costruzione ed esercizio degli elettrodotti - «lo Stato esercita il potere sostitutivo ai sensi dell'art. 120 della Costituzione, nel rispetto dei principi di sussidiarieta' e leale collaborazione». Di fronte a tale disposizione codesta Corte ha confermato che «il secondo comma dell'art. 120 Cost. non puo' essere applicato ad ipotesi, come quella prevista dalla disciplina impugnata, nelle quali l'ordinamento costituzionale impone il conseguimento di una necessaria intesa fra organi statali e organi regionali per l'esercizio concreto di una funzione amministrativa attratta in sussidiarieta' al livello statale in materie di competenza legislativa regionale e nella perdurante assenza di adeguati strumenti di coinvolgimento delle regioni nell'ambito dei procedimenti legislativi dello Stato». Nella sentenza n. 383 del 2005 la Corte ricorda di avere «piu' volte ribadito a partire dalla sentenza n. 303 del 2003 (cfr., da ultimo, le sentenze n. 242 e n. 285 del 2005), [che] tali intese costituiscono condizione minima e imprescindibile per la legittimita' costituzionale della disciplina legislativa statale che effettui la "chiamata in sussidiarieta'" di una funzione amministrativa in materie affidate alla legislazione regionale, con la conseguenza che deve trattarsi di vere e proprie intese "in senso forte", ossia di atti a struttura necessariamente bilaterale, come tali non superabili con decisione unilaterale di una delle parti». Essa ha dunque ribadito che in questi casi, pertanto, «deve escludersi che, ai fini del perfezionamento dell'intesa, la volonta' della regione interessata possa essere sostituita da una determinazione dello Stato, il quale diverrebbe in tal modo l'unico attore di una fattispecie che, viceversa, non puo' strutturalmente ridursi all'esercizio di un potere unilaterale». Secondo la Corte, «l'esigenza che il conseguimento di queste intese sia non solo ricercato in termini effettivamente ispirati alla reciproca leale collaborazione, ma anche agevolato per evitare situazioni di stallo, potra' certamente ispirare l'opportuna individuazione, sul piano legislativo, di procedure parzialmente innovative volte a favorire l'adozione dell'atto finale nei casi in cui siano insorte difficolta' a conseguire l'intesa, ma tali procedure non potranno in ogni caso prescindere dalla permanente garanzia della posizione paritaria delle parti coinvolte». E, «nei casi limite di mancato raggiungimento dell'intesa, potrebbe essere utilizzato, in ipotesi, lo strumento del ricorso a questa Corte in sede di conflitto di attribuzione fra Stato e regioni». Il carattere «forte» dell'intesa in materia di impianti di produzione di energia risulta anche dalla sent. n. 6/2004, per la quale l'intesa prevista dal d.l. n. 7/2002 «va considerata come un'intesa "forte", nel senso che il suo mancato raggiungimento costituisce ostacolo insuperabile alla conclusione del procedimento - come, del resto, ha riconosciuto anche l'Avvocatura dello Stato - a causa del particolarissimo impatto che una struttura produttiva di questo tipo ha su tutta una serie di funzioni regionali relative al governo del territorio, alla tutela della salute, alla valorizzazione dei beni culturali ed ambientali, al turismo, etc.». Ne risulta confermata l'illegittimita' della norma impugnata, in quanto prevede un potere sostitutivo della mancata intesa, nel caso in cui fra gli «enti locali» in essa menzionati rientrino le regioni. Sempre nell'ipotesi che intenda riferirsi anche alle regioni l'art. 25, comma 2, lettera f) risulta illegittimo anche per violazione dell'art. 120, secondo comma 2, Cost. in quanto prevede una ipotesi di potere sostitutivo statale al di fuori dei presupposti costituzionali. Infatti, il mancato raggiungimento dell'intesa nella materia oggetto dell'art. 25 non concreta una delle situazioni indicate tassativamente dall'art. 120, secondo comma, Cost. come presupposto di esercizio del potere sostitutivo: la mancata realizzazione di una centrale nucleare non implica una violazione di norme internazionali o comunitarie ne' un pericolo grave per l'incolumita' pubblica ne' pregiudica l'unita' giuridica o economica o i livelli essenziali delle prestazioni. Ugualmente incostituzionale, tuttavia, sarebbe la disposizione di cui alla lettera f) anche nell'ipotesi in cui in essa non siano incluse le regioni. In primo luogo, infatti, risulta illegittimo che la norma impugnata contempli intese con gli enti locali che non coinvolgano anche le regioni, cioe' con gli enti titolari della competenza legislativa e del potere di allocare le funzioni amministrative nelle materie dell'energia e del governo del territorio: di qui la violazione degli artt. 117 e 118 Cost. e del principio di leale collaborazione, come risulta anche dalle sentenze sopra citate (n. 383/2005 e n. 6/2004). Inoltre, l'art. 25, comma 2, lettera f) non prevede un coinvolgimento della singola regione interessata nella procedura sostitutiva dell'ente locale: coinvolgimento necessario in virtu' delle competenze regionali appena indicate e del principio di leale collaborazione. Per entrambe le questioni, infatti, e' impossibile immaginare nella materia delle centrali nucleari una «necessaria intesa» con un ente locale, il cui mancato raggiungimento richieda addirittura l'uso di un potere sostitutivo, nella quale non siano coinvolti gli interessi della comunita' regionale, al di la' di quelli meramente locali. Di qui l'illegittimita' costituzionale della disposizione. 2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 25, comma 2, lettera g) e lettera h). Ancora, l'art. 25, comma secondo, lettera g), pone come criterio direttivo della delega che il legislatore delegato preveda «che la costruzione e l'esercizio di impianti per la produzione di energia elettrica nucleare e di impianti per la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi o per lo smantellamento di impianti nucleari a fine vita e tutte le opere connesse siano considerati attivita' di preminente interesse statale e, come tali, soggette ad autorizzazione unica rilasciata, su istanza del soggetto richiedente e previa intesa con la Conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti». Come risulta dal testo, e' previsto che l'autorizzazione unica (che a termini del principio stabilito con la successiva lettera h), «sostituisce ogni provvedimento amministrativo, autorizzazione, concessione, licenza, nulla osta, atto di assenso e atto amministrativo, comunque denominati», ad eccezione delle procedure di valutazione di impatto ambientale e di valutazione ambientale strategica), sia assunta con l'intesa della Conferenza unificata. Tuttavia, tale previsione si rivela ugualmente illegittima nella parte in cui essa non pone il principio - ad avviso della ricorrente Regione costituzionalmente dovuto - secondo il quale la localizzazione dell'impianto richiede altresi' l'intesa della regione nel cui ambito esso deve essere realizzato. Premesso che e' pacifico che il coinvolgimento della Conferenza non puo' essere ritenuto equivalente o sostitutivo di quello della regione interessata (evidentemente diverso, infatti, e' il tipo e l'ambito degli interessi che nelle due sedi sono esaminati), la necessita' del consenso di questa in relazione alla localizzazione di grandi opere, la cui realizzazione imprima al territorio una caratterizzazione tanto forte da incidere sulla sua complessiva destinazione e su tutti gli interessi che in esso insistono, e' implicita nel sistema di applicazione del principio di sussidiarieta' sin dalla sentenza fondante n. 303 del 2003, nella quale espressamente si afferma che «per giudicare se una legge statale che occupi questo spazio sia invasiva delle attribuzioni regionali o non costituisca invece applicazione dei principi di sussidiarieta' e adeguatezza diviene elemento valutativo essenziale la previsione di un'intesa fra lo Stato e le regioni interessate, alla quale sia subordinata l'operativita' della disciplina» (punto 4.1 in diritto): ed e' esattamente questo valore che nella stessa sentenza viene attribuito all'intesa regionale rispetto al Programma delle opere strategiche approvato dal CIPE in base alla legge n. 443 del 2001. Questo principio e' stato ribadito proprio in relazione alla materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia elettrica» dalla gia' ricordata sentenza n. 6 del 2004, nella quale la legittimita' costituzionale della normativa statale impugnata e' stata affermata proprio in ragione della circostanza che «l'autorizzazione ministeriale per il singolo impianto "e' rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano le Amministrazioni statali e locali interessate, svolto nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalita' di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, d'intesa con la regione interessata"» (punto 7 in diritto). Ed in questa occasione la Corte ha sottolineato che si deve trattare di «un'intesa "forte", nel senso che il suo mancato raggiungimento costituisce ostacolo insuperabile alla conclusione del procedimento - come, del resto, ha riconosciuto anche l'Avvocatura dello Stato - a causa del particolarissimo impatto che una struttura produttiva di questo tipo ha su tutta una serie di funzioni regionali relative al governo del territorio, alla tutela della salute, alla valorizzazione dei beni culturali ed ambientali, al turismo, etc.». Particolare importanza riveste poi la sentenza n. 62/2005, che riguarda la questione dello stoccaggio dei rifiuti nucleari (e dunque un oggetto vicino a quello della presente controversia). Tale sentenza in primo luogo ribadisce che, quando gli interventi necessari realizzati dallo Stato in vista di interessi unitari di tutela ambientale «concernono l'uso del territorio, e in particolare la realizzazione di opere e di insediamenti atti a condizionare in modo rilevante lo stato e lo sviluppo di singole aree, l'intreccio, da un lato, con la competenza regionale concorrente in materia di governo del territorio, oltre che con altre competenze regionali, dall'altro lato con gli interessi delle popolazioni insediate nei rispettivi territori, impone che siano adottate modalita' di attuazione degli interventi medesimi che coinvolgano, attraverso opportune forme di collaborazione, le regioni sul cui territorio gli interventi sono destinati a realizzarsi (cfr. sentenza n. 303 del 2003)» (punto 16 diritto). Di seguito la sentenza rileva che nel caso era stato prevista sulla individuazione del sito l'intesa con la Conferenza unificata, e valuta come corretta questa previsione. Essa tuttavia prosegue osservando che «quando pero', una volta individuato il sito, si debba provvedere alla sua "validazione", alla specifica localizzazione e alla realizzazione dell'impianto, l'interesse territoriale da prendere in considerazione e a cui deve essere offerta, sul piano costituzionale, adeguata tutela, e' quello della regione nel cui territorio l'opera e' destinata ad essere ubicata», e che «non basterebbe piu', a questo livello, il semplice coinvolgimento della Conferenza unificata, il cui intervento non puo' sostituire quello, costituzionalmente necessario, della singola Regione interessata» (punto 17 in diritto). Il principio della necessaria intesa con la regione interessata viene ulteriormente ribadito con la sentenza n. 383 del 2005, in relazione alla individuazione delle infrastrutture e degli insediamenti strategici, ove pure si afferma la necessita' «che anche tale individuazione sia effettuata d'intesa con le regioni e le province autonome interessate» (punto 25 in diritto). Di qui l'illegittimita' della disposizione, in quanto non indica quale principio e criterio direttivo la necessita' dell'intesa con la regione interessata in relazione alla localizzazione ed alle caratteristiche della centrale . Ad avviso della ricorrente Regione la denunciata illegittimita' non viene meno per il fatto che la successiva lettera h) prevede che «l'autorizzazione unica sia rilasciata a seguito di un procedimento unico al quale partecipano le amministrazioni interessate, svolto nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalita' di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241». A parte la genericita' dell'espressione «amministrazioni interessate», e pur dando per scontato che tra esse vadano incluse le regioni, l'istituto dell'intesa implica uno specifico rapporto bilaterale tra lo Stato e la regione interessata, costituito da una altrettanto specifica trattativa tra due parti, ed assistito da un dovere particolare di attenzione e di reciproca collaborazione. Tale rapporto speciale non puo' essere diluito e confuso in una generica partecipazione al procedimento quale «amministrazione interessata», ed e' dunque del tutto insufficiente il principio espresso da tale lettera h). Cio' anche se - a termini della legge n. 241 del 1990 - il dissenso espresso dalla regione conduca (come previsto dall'art. 14-quater, comma 3-bis di tale legge) ad una determinazione sostitutiva rimessa alla Conferenza Stato-regioni - se il dissenso verte tra un'amministrazione statale e una regionale o tra amministrazioni regionali - o alla Conferenza unificata, in caso di dissenso tra una regione o provincia autonoma e un ente locale, per terminare nella competenza ultima del Consiglio dei ministri ove il dissenso non risulti con tali mezzi superato. La necessita' del rapporto specifico di intesa quanto alla localizzazione delle centrali non rimane dunque adeguatamente sostituito dalla sia pur qualificata partecipazione al procedimento. Del resto, tale specificita' - ed insieme una possibile diversa soluzione - e' bene dimostrata, all'interno della stessa legge qui impugnata, dal nuovo testo dell'art. 1-sexies, comma 4-bis, del 1 decreto-legge 29 agosto 2003, n. 239 (convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 2003, n. 290), introdotto ora dall'art. 27, comma 24 della legge n. 99 del 2009. Tale comma 4-bis, nel suo testo originario, era stato appunto dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla sentenza di codesta Corte costituzionale n. 383 del 2005, sopra citata (come sopra ricordato, esso prevedeva un «potere sostitutivo» statale in caso di mancata intesa con la regione interessata). Ora, in sostanziale esecuzione della sentenza n. 383, il nuovo comma 4-bis del decreto dispone (per quanto qui interessa) come segue: «In caso di mancata definizione dell'intesa con la regione o le regioni interessate per il rilascio dell'autorizzazione, entro i novanta giorni successivi al termine di cui al comma 3, si provvede al rilascio della stessa previa intesa da concludere in un apposito comitato interistituzionale, i cui componenti sono designati, in modo da assicurare una composizione paritaria, rispettivamente dai Ministeri dello sviluppo economico, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle infrastrutture e dei trasporti e dalla regione o dalle regioni interessate. Ove non si pervenga ancora alla definizione dell'intesa, entro i sessanta giorni successivi al termine di cui al primo periodo, si provvede all'autorizzazione con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, integrato con la partecipazione del presidente della regione o delle regioni interessate, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti». Dunque, e' la stessa legge statale, guidata in questo caso dalla giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte costituzionale, ad indicare la via idonea a preservare i caratteri specifici dell'intesa e la sua peculiare rilevanza anche la' dove - per le esigenze unitarie codificate nel principio di sussidiarieta' - alla Regione interessata non possa spettare la parola definitivamente finale. Di qui, come detto, l'illegittimita' costituzionale della impugnata disposizione, nella parte in cui non prevede che l'autorizzazione unica debba essere rilasciata previa intesa con la Regione interessata. 3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 25, comma 2, lettera a). L'art. 25, comma 2, lettera a), pone come criterio direttivo della delega la «previsione della possibilita' di dichiarare i siti aree di interesse strategico nazionale, soggette a speciali forme di vigilanza e di protezione». La Regione non contesta, ovviamente, la necessita' che i siti delle centrali nucleari siano soggetti a speciali forme di vigilanza e protezione. Ritiene invece di dovere essere coinvolta sia nella esatta individuazione dell'area da qualificare come «di interesse strategico nazionale», sia nella stessa individuazione delle forme di vigilanza e protezione. Cio' nell'ipotesi che non si tratti qui semplicemente di un problema di ordine pubblico, ma che la qualifica in questione conferisca ad aree non necessariamente coincidenti con quella della centrale nucleare strettamente intesa uno status territoriale speciale, comportante uno specifico regime dell'attivita' urbanistica ed edilizia, intrecciandosi cosi' con la materia del governo del territorio e con tutti gli interessi inerenti a tale vastissima materia. Per quanto qui risulta, la qualificazione di aree come di interesse strategico nazionale ha nella legislazione un precedente specifico nell'art. 2, comma 4 del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90 (convertito in legge n. 123 del 2008 e modificato dall'art. 2-bis della legge n. 210 del 2008), secondo il quale «i siti, le aree, le sedi degli uffici e gli impianti comunque connessi all'attivita' di gestione dei rifiuti costituiscono aree di interesse strategico nazionale, per le quali il Sottosegretario di Stato provvede ad individuare le occorrenti misure, anche di carattere straordinario, di salvaguardia e di tutela per assicurare l'assoluta protezione e l'efficace gestione». La ricorrente Regione ritiene che - nel quadro sopra delineato - debba essere stabilito come vincolo costituzionale nella stessa legge di delega che all'individuazione dell'area e delle relative misure di protezione debba procedersi d'intesa con la regione o le regioni direttamente interessate, per le stesse ragioni per le quali l'intesa risulta necessaria - come sopra esposto - in relazione alla stessa localizzazione della centrale. Ne risulta dunque - nella indicata prospettiva - l'illegittimita' costituzionale dell'impugnata disposizione, in quanto non prevede il necessario coinvolgimento delle regioni interessate. 5) Illegittimita' costituzionale dell'art. 26, comma 1. Il comma 1 dell'art. 26 attribuisce al CIPE la competenza a deliberare «le tipologie degli impianti di produzione elettrica nucleare che possono essere realizzati nel territorio nazionale». E' evidente, ad avviso, della ricorrente Regione, la non conformita' di quanto cosi' disposto con l'art. 117, sesto comma, Cost., ai sensi del quale: «la potesta' regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle regioni. La potesta' regolamentare spetta alle regioni in ogni altra materia». Siccome la materia della «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia» prevede la legislazione concorrente di Stato e regione, e' illegittimo far intervenire una normativa secondaria statale che, ai sensi dell'art. 117, sesto comma, potrebbe essere utilizzata solo nelle materie di potesta' legislativa esclusiva. «In un riparto cosi' rigidamente strutturato, alla fonte secondaria statale e' inibita in radice la possibilita' di vincolare l'esercizio della potesta' legislativa regionale o di incidere su disposizioni regionali preesistenti (sentenza n. 22 del 2003); e neppure i principi di sussidiarieta' e adeguatezza possono conferire ai regolamenti statali una capacita' che e' estranea al loro valore, quella cioe' di modificare gli ordinamenti regionali a livello primario» (sentenza cost. n. 303/2003). Anche qualora, in subordine, si ritenesse che l'esercizio di tale competenza da parte del CIPE corrisponda alle esigenze del principio di sussidiarieta', l'art. 26, comma 1, della legge n. 99/2009, nella sua presente formulazione, rimarrebbe comunque illegittimo per violazione del principio di leale collaborazione e del dovere di prevedere forme di coordinamento tra Stato e regioni. Qualora si ritenesse che le due sfere di competenza amministrativa possano esercitarsi specificamente, l'una per quanto riguarda le esigenze di unitarieta' e l'altra per quanto riguarda le esigenze e le competenze regionali, e', infatti, ragionevole prevedere che lo Stato - tuttavia d'intesa con la Conferenza unificata - individui le caratteristiche obbligatorie ed i requisiti minimi che gli impianti nucleari e di stoccaggio e smaltimento debbano avere ovunque essi siano localizzati nel territorio nazionale. Ma, una volta individuate tali caratteristiche, non puo' spettare che alle regioni un ruolo determinante nell'esercizio della competenza amministrativa a scegliere tra le varie tipologie di impianti a norma, e rientranti nelle caratteristiche obbligatorie ammesse dallo Stato per tutto il territorio nazionale, che «il mercato» propone, quali appaiano le piu' idonee e confacenti, in base alla caratteristiche specifiche di conformazione, di utilizzazione, di ambientamento, di vigilanza, di professionalita' richieste per la gestione di costi sia di acquisto che di manutenzione ecc....ai fini della specifica localizzazione regionale nella quale tali impianti debbono inserirsi. Questo pare il ragionevole punto di mediazione tra una competenza amministrativa statale e una competenza amministrativa regionale debitamente contenute nei limiti costituzionali e ragionevolmente ed adeguatamente coordinate. La legge impugnata ha demandato ogni competenza di scelta degli impianti ad un organo amministrativo dello Stato. Ne risulta il Affetto dei meccanismi di coordinamento e di leale collaborazione. Infatti, e' pacifico che sia la «produzione di energia», sia «il governo del territorio» sono materie di legislazione concorrente ai sensi dell'art. 117, terzo comma Cost. E' altrettanto pacifico che, quando l'attivita' amministrativa impatti nel cuore di materie di competenza concorrente che strettamente ed inscindibilmente si intrecciano, una concezione «dinamica» della sussidiarieta' richiede un procedimento e strumenti idonei a garantire la leale collaborazione tra Stato e regioni. E piu' i poteri sono intrecciati, piu' devono essere adottate procedure idonee a garantire la leale collaborazione. Strettamente intrecciate tra Stato e Regioni sono le competenze in materia di energia e di governo del territorio, non solo a livello teorico e di principio, ma anche all'atto organizzativo e pratico. Ne consegue l'illegittimita' costituzionale di una norma che, come fa l'art. 26, comma 1, legge n. 99/2009, attribuisce ad un organo amministrativo dello Stato quale e' il CIPE il potere unilaterale di definire, tra le molte alternative tecnologiche presenti sul mercato, «le tipologie degli impianti per la produzione di energia elettrica nucleare che possono essere realizzati nel territorio nazionale», senza richiedere l'intesa anziche' il solo «previo parere della Conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281». Quando poi si tratti della determinazione della tipologia dello specifico impianto in uno specifico luogo, l'esigenza di leale collaborazione e dei relativi meccanismi istituzionali - gia' evidente a fronte della compressione che altrimenti subirebbe la competenza regionale in forza delle esigenze di unitarieta' dell'intervento (una situazione diversa ma analoga a quella rilevata da codesta Corte costituzionale con la ben nota sentenza n. 303 del 2003) - corrisponde nello specifico caso, come sopra illustrato, al dovere di istituire un meccanismo di codecisione al quale partecipi la regione direttamente mediante lo strumento dell'intesa, peraltro di tipo «forte», come affermato dalla giurisprudenza costituzionale richiamata (sent. Cost. n. 383/05). E', allora, del tutto evidente che la norma impugnata viola i moduli di leale collaborazione indicati come indispensabili dalla Corte costituzionale, in particolare nelle materie di intreccio di poteri, e doveri, tra Stato e regioni, posto che «la legislazione statale che preveda e disciplini il conferimento delle funzioni amministrative a livello centrale nelle materie affidate alla potesta' legislativa regionale puo' aspirare a superare il vaglio di legittimita' costituzionale solo in presenza di una disciplina che prefiguri un iter in cui assumano il dovuto risalto le attivita' concertative e di coordinamento orizzontale, ovverosia le intese, che devono essere condotte in base al principio di lealta'» (sentenze cost. n. 383/2005 e n. 303/2003).
P. Q. M. Voglia codesta ecc.rna Corte costituzionale accogliere il ricorso, dichiarando l'illegittimita' costituzionale degli artt. 25, commi 1 e 2, lettere a), f), g), h), e 26 della legge 23 luglio 2009, n. 99, «Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonche' in materia di energia», nei termini e sotto i profili esposti nel presente ricorso. Padova-Roma, addi' 29 settembre 2009 Prof. avv. Giandomenico Falcon - Avv. Rosaria Russo Valentini