N. 283 ORDINANZA (Atto di promovimento) 25 maggio 2009
Ordinanza del 28 maggio 2009 emessa dalla Corte d'appello di Venezia nel procedimento civile promosso da B.M. contro Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense. Lavoro (tutela del) - Liberi professionisti - Indennita' di maternita' per i due mesi antecedenti la data del parto ed i tre mesi successivi - Limitazione alla madre libera professionista, con esclusione del padre libero professionista - Ingiustificata disparita' di trattamento tra figure genitoriali e tra lavoratori autonomi e lavoratori dipendenti - Violazione del principio di uguaglianza dei coniugi in relazione ai compiti di mantenimento, educazione ed istruzione dei figli - Violazione dei principi di tutela della famiglia e della maternita' ed infanzia. - Decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, art. 70. - Costituzione, artt. 3, 29, comma secondo, 30, primo comma, e 31.(GU n.47 del 25-11-2009 )
LA CORTE D'APPELLO Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa promossa da B.M., appellante, Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense, appellato. Appello avverso la sentenza Tribunale di Rovigo n. 29/2008. La Corte, sciogliendo la riserva espressa all'udienza del 12 maggio 2009, osserva quanto segue. L'appellante ha chiesto che venga accertato il proprio diritto di beneficiare della indennita' di maternita', prevista per le libere professioniste dall'art. 70, d.lgs. n. 151/2001, in alternativa alla madre, quale padre di M.B., nato il... La domanda viene anzitutto fondata sulla sentenza n. 385/2005 della Corte costituzionale, che ha «dichiarato l'illegittimita' costituzionale degli art. 70 e 72, d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151... nella parte in cui non prevedono il principio che al padre spetti di percepire in alternativa alla madre l'indennita' di maternita' attribuita solo a quest'ultima». La sentenza della Corte costituzionale e' stata emessa all'esito di una questione di costituzionalita' delle norme richiamate sollevata dal Tribunale di Sondrio, relativamente al diritto del padre, libero professionista, di beneficiare, in alternativa alla madre, della indennita' di maternita' per i tre mesi successivi all'ingresso del bambino in famiglia, nella fase di affidamento preadottivo. Questa Corte condivide la tesi della Cassa appellata circa la natura di sentenza additiva di principio della pronuncia della Corte costituzionale, priva di effetto diretto al di fuori della fattispecie dell'affidamento preadottivo. In questa direzione conduce l'esame della parte motiva della sentenza, in cui si fa espresso riferimento alla disciplina dell'art. 72, d.lgs. n. 151/2001 e al raffronto tra la situazione dei genitori adottivi o affidatari e dei genitori biologici. Tuttavia, la sentenza della Corte costituzionale enuncia dei principi in materia di tutela dell'interesse del figlio e di equiparazione delle situazioni dei genitori, che portano questa Corte a dubitare della costituzionalita' dell'art. 70, d.lgs. n. 151/2001, nella parte in cui attribuisce alla sola madre, quanto meno con riferimento ai tre mesi successivi al parto, il diritto di beneficiare della indennita' di maternita'. In questo senso si ritiene opportuno richiamare i passaggi della sentenza n. 385/2005, che sottolineano il percorso legislativo compiuto fino al d.lgs. n. 151/2001, nel segno della estensione al padre lavoratore «dei diritti in precedenza spettanti solo alla madre, a protezione del preminente interesse della prole». In questa prospettiva, la sentenza in esame richiama le precedenti pronunce della stessa Corte n. 1/1987, che ha sancito il diritto del lavoratore padre all'astensione dal lavoro e al godimento dei riposi giornalieri in caso di decesso o di altra grave infermita' della madre, n. 341/1991, in tema di diritto all'astensione dal lavoro del lavoratore affidatario di minore durante i primi tre mesi dal suo ingresso in famiglia, in alternativa alla moglie lavoratrice, e n. 179/1993, in tema di spettanza al lavoratore padre del diritto ai riposi giornalieri, in alternativa alla madre lavoratrice consenziente. In tutti questi casi la Corte costituzionale ha motivato l'estensione dei diritti del padre lavoratore sulla base del riconoscimento in capo al bambino della titolarita' di un interesse specifico e autonomo rispetto a quello dei genitori, da tutelare nell'ambito della legislazione protettiva. Nella vicenda in esame vanno richiamate anche altre sentenza della Corte costituzionale, che hanno messo in evidenza la specificita' della condizione della lavoratrice autonoma, e della libera professionista madre, sottolineando la differente disciplina normativa in tema di tutela della maternita' rispetto alla lavoratrice subordinata. In questo senso, gia' con la sentenza n. 181/1993, la Corte costituzionale ha sottolineato la differente situazione della lavoratrice madre subordinata, per cui vige il divieto di prestazione dell'attivita' lavorativa nel periodo compreso trai due mesi antecedenti e i tre successivi al parto, e della lavoratrice autonoma, per cui non e' prevista una interdizione analoga e la tutela dei valori riconosciuti dalla legge e' perseguita attraverso l'erogazione economica della indennita' di maternita'. La sentenza n. 3/1998 ribadisce le peculiarita' delle due forme di prestazione lavorativa, autonoma e subordinata, e l'impossibilita' di una trasposizione delle tutele dall'uno all'altro tipo contrattuale. La sentenza sottolinea poi «il sistema di autogestione dell'attivita' proprio delle lavoratrici autonome, che consente loro di scegliere liberamente le modalita' di lavoro tali da conciliare le esigenze professionali con il prevalente interesse del figlio». La sentenza, infine, individua il duplice obiettivo che il sostegno economico fornito alle lavoratrici madre autonome persegue: da un lato la tutela della salute della donna e del nascituro e dall'altro il sostegno al reddito, per evitare che alla maternita' si colleghino stati di bisogno. La duplice finalita' della indennita' e' ribadita anche dalla giurisprudenza della Corte di cassazione, che sottolinea il sistema di autogestione dell'attivita' lavorativa, che caratterizza le lavoratrici madri autonome (cfr. Cass. 7447/1999), evidenziando poi come la finalita' dell'istituto in esame non sia collegabile all'evento fisico del parto, quanto alla maternita', intesa come funzione che la madre esercita nei confronti del bambino (cfr. Cass. 14814/2001, con esplicito richiamo, sul punto, a Corte costituzionale n. 1/1987). In questa prospettiva, la Corte costituzionale, nelle sentenze appena richiamate, ha evidenziato la funzione delle norme in esame anche nella prospettiva del figlio, valorizzando la tutela delle esigenze di sviluppo dei rapporti relazionali ed affettivi con entrambi i genitori. Proprio le specificita' della condizione della lavoratrice madre autonoma che sono state prima evidenziate, portano quindi a ritenere che i principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 385/2005 possano riferirsi anche alla fattispecie in esame. Infatti, se per la lavoratrice autonoma non vige il divieto di prestazione dell'attivita' lavorativa, essendo privilegiata l'autogestione della attivita' lavorativa, e se la funzione della indennita' della maternita' e' anche quella di consentire alla madre di svolgere quella funzione di cura del bambino, sottolineata tanto dalla Corte costituzionale che dalla Corte di cassazione, e' allora evidente che vanno tutelate anche nella fattispecie in esame quelle esigenze di organizzazione della vita familiare e lavorativa meglio rispondenti alle esigenze della prole, che possono essere affrontate e risolte in base alla decisione dei genitori di stabilire chi assentandosi dal lavoro, debba svolgere il ruolo di assistenza e cura del bambino, che la sentenza n. 385/2005 valorizza, fino a utilizzarle per fondare la propria decisione di incostituzionalita' degli art. 70 e 72, d.lgs. n. 151/2001. Infatti, e' proprio nella sentenza richiamata che la Corte costituzionale afferma il principio che rimette in via esclusiva ai genitori il potere di scegliere quale dei due debba assentarsi dal lavoro per svolgere i compiti di assistenza e di cura dei figli. La disciplina vigente, che attribuisce alla sola madre il diritto di percepire l'indennita' di maternita', contrasta quindi con questa ricostruzione delle facolta' e dei poteri dei genitori in materia di tutela della prole che invece la Corte costituzionale ha affermato, impedendo in concreto l'esercizio del potere di scelta di quale tra i genitori debba assistere il figlio, rinunciando allo svolgimento dell'attivita' lavorativa. Cio' appare in modo evidente proprio nell'ambito di una disciplina caratterizzata dalla facolta', concessa alla lavoratrice madre, di determinarsi autonomamente per l'esercizio della attivita' lavorative, sganciando l'erogazione della indennita' dalla astensione dal lavoro. Ritiene infine questa Corte che la specifica situazione del padre libero professionista non possa essere raffrontata, sul punto, con quella del padre lavoratore subordinato, al quale l'indennita' di maternita' spetta, nello stesso periodo protetto, alle condizioni previste dall'art. 28, d.lgs. n. 151/2001. In particolare, cio' che differenzia le due situazioni considerate sta proprio nell'assenza, per la lavoratrice madre autonoma, di un divieto di prestazione dell'attivita' lavorativa nel periodo protetto, e invece il riconoscimento di una autogestione della attivita' lavorativa, che incide indubbiamente anche sul regime di estensione dei diritti al lavoratore autonomo padre. Questa Corte ritiene quindi che la questione di costituzionalita' dell'art. 70, d.lgs. n. 151/2001, nella parte in cui non riconosce al padre lavoratore autonomo, in alternativa alla madre lavoratrice autonoma, di beneficiare della indennita' di maternita' nei due mesi antecedenti e nei tre mesi successivi al parto, non sia manifestamente infondata, con riferimento agli art. 29, comma 2, che afferma il principio di uguaglianza tra i coniugi anche in relazione ai compiti di cui all'art. 30, comma 1, 31, che pone la tutela della famiglia e del minore come compito fondamentale dell'ordinamento, e 3 della Costituzione, che afferma il principio di parita' di trattamento, nella parte in cui viene affermata l'ingiustificata disparita' di trattamento tra madre e padre liberi professionisti. La questione di costituzionalita' risulta pure rilevante, con riferimento alle conclusioni svolte in via principale dal ricorrente appellante. A questo proposito va considerato che la stessa Corte costituzionale, nella sentenza n. 385/2005, ha evidenziato come la lettera dell'art. 70, d.lgs. n. 151/2001 sia «di chiara interpretazione e, nel fare esclusivo riferimento alle libere professioniste, esclude in linea di principio i padri liberi professionisti dal godimento di detto beneficio». Proprio i limiti derivanti dalla formulazione letterale della norma escludono la possibilita' di una interpretazione costituzionalmente adeguatrice, come prospettato dalla giurisprudenza di merito richiamata dall'appellante, e impongono una pronuncia della Corte costituzionale per la valutazione della costituzionalita' della legge.
P. Q. M. Visto l'art. 23, legge costituzionale n. 87/1953; Dichiara la non manifesta infondatezza e la rilevanza della questione di costituzionalita' dell'art. 70 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, nella parte in cui non prevede che il diritto alla indennita' di maternita' spetti al padre in alternativa alla madre, per contrasto con gli art. 3, 29 secondo comma, 30, primo comma e 31 della Costituzione. Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Sospende il processo. Manda alla cancelleria per la notifica del presente provvedimento al Presidente del Consiglio dei ministri e per la comunicazione ai Presidenti dei due rami del Parlamento. Si comunichi alle parti. Venezia, addi' 25 maggio 2009 Il Presidente: Santoro