N. 314 SENTENZA 30 novembre - 4 dicembre 2009

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Ambiente - Gestione dei rifiuti -  Norme  della  Regione  Campania  -
  Sostituzione dell'art. 8 della legge regionale 28 marzo 2007, n.  4
  -  Localizzazione  degli  impianti  di  recupero  dei   rifiuti   -
  Competenza della Provincia nell'individuazione delle zone idonee  -
  Ricorso del Governo -  Asserito  contrasto  con  la  legge  statale
  (codice  dell'ambiente),  che  consente  alle  Province   la   sola
  individuazione delle zone non idonee, in violazione della  potesta'
  legislativa  esclusiva   dello   Stato   in   materia   di   tutela
  dell'ambiente  -  Eccezione  di  inammissibilita'  della   censura,
  dovendosi ritenere la  norma  impugnata  riproduttiva  della  norma
  sostituita - Reiezione. 
- Legge della Regione Campania 14 aprile 2008, n. 4, art. 1, comma 1,
  lettera c). 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lettera s); d.lgs. 3  aprile
  2006, n. 152, art. 197, comma 1. 
Ambiente - Gestione dei rifiuti -  Norme  della  Regione  Campania  -
  Sostituzione dell'art. 8 della legge regionale 28 marzo 2007, n.  4
  -  Localizzazione  degli  impianti  di  recupero  dei   rifiuti   -
  Competenza della Provincia nell'individuazione delle zone idonee  -
  Ricorso del Governo -  Asserito  contrasto  con  la  legge  statale
  (codice  dell'ambiente),  che  consente  alle  Province   la   sola
  individuazione delle zone non idonee, in violazione della  potesta'
  legislativa  esclusiva   dello   Stato   in   materia   di   tutela
  dell'ambiente - Esclusione - Esercizio,  da  parte  della  Regione,
  della  propria  competenza  legislativa  in  materia  attinente  al
  governo del territorio - Non fondatezza della questione. 
- Legge della Regione Campania 14 aprile 2008, n. 4, art. 1, comma 1,
  lettera c). 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lettera s); d.lgs. 3  aprile
  2006, n. 152, art. 197, comma 1. 
Ambiente - Gestione dei rifiuti -  Norme  della  Regione  Campania  -
  Abrogazione della lettera p) dell'art. 10,  comma  2,  della  legge
  regionale 28 marzo 2007, n. 4 - Piano  regionale  di  gestione  dei
  rifiuti - Prevista soppressione delle misure atte a  promuovere  la
  regionalizzazione della raccolta, della cernita e dello smaltimento
  dei rifiuti urbani  -  Violazione  di  norma  statale  inderogabile
  (codice dell'ambiente), secondo cui i  singoli  piani  di  gestione
  debbono contenere misure atte a promuovere la  regionalizzazione  -
  Illegittimita' costituzionale  in  parte  qua  -  Ripristino  della
  abrogata  lettera   p)   per   effetto   della   dichiarazione   di
  incostituzionalita'. 
- Legge della Regione Campania 14 aprile 2008, n. 4, art. 1, comma 1,
  lettera e). 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lettera s); d.lgs. 3  aprile
  2006, n. 152, art. 199, lettera m). 
Ambiente - Gestione dei rifiuti -  Norme  della  Regione  Campania  -
  Modificazione dell'art. 20 della legge regionale 28 marzo 2007,  n.
  4 - Modalita' di affidamento del servizio di gestione integrata dei
  rifiuti da parte della Provincia -  Partecipazione  alle  gare  per
  l'affidamento riservata  ad  un  soggetto  a  totale  o  prevalente
  capitale pubblico - Indebita compromissione alla piena esplicazione
  del mercato nei confronti di  tutti  gli  operatori  economici  nel
  settore degli appalti pubblici  -  Disciplina  difforme  da  quella
  nazionale in materia di tutela della  concorrenza,  riservata  alla
  competenza esclusiva dello Stato -  Illegittimita'  costituzionale,
  nei sensi di cui in motivazione -  Ripristino,  per  effetto  della
  dichiarazione di incostituzionalita', del precedente  testo,  ferma
  restando  la  competenza  della  Provincia   nell'affidamento   del
  servizio. 
- Legge della Regione Campania 14 aprile 2008, n. 4, art. 1, comma 1,
  lettera m). 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lettera e). 
(GU n.49 del 9-12-2009 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Francesco AMIRANTE; 
Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
  QUARANTA, Luigi MAZZELLA ,  Gaetano  SILVESTRI  ,  Sabino  CASSESE,
  Maria  Rita  SAULLE,  Giuseppe  TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,
  Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO; 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  1,  comma  1,
lettere c), e) e m), della legge della  Regione  Campania  14  aprile
2008, n. 4 (Modifiche alla legge  regionale  28  marzo  2007,  n.  4,
«Norme in materia di gestione, trasformazione, riutilizzo dei rifiuti
e  bonifica  dei  siti  inquinati»),  promosso  dal  Presidente   del
Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 26-30  giugno  2008,
depositato in cancelleria il 1° luglio 2008 ed iscritto al n. 32  del
registro ricorsi 2008. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Campania; 
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  6  ottobre  2009  il  giudice
relatore Alfio Finocchiaro; 
    Uditi l'avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente
del Consiglio dei ministri  e  l'avvocato  Vincenzo  Cocozza  per  la
Regione Campania. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ricorso notificato alla Regione Campania  il  26  giugno
2008, e depositato presso la Cancelleria della  Corte  costituzionale
il 1° luglio 2008 (reg. ric. n.  32  del  2008),  il  Presidente  del
Consiglio dei  ministri,  su  conforme  delibera  del  Consiglio  dei
ministri,  ha   chiesto   alla   Corte   costituzionale   dichiararsi
l'illegittimita' dell'art. 1, comma 1, lettere c),  e)  e  m),  della
legge della Regione Campania 14 aprile 2008,  n.  4  (Modifiche  alla
legge regionale 28 marzo 2007, n. 4, «Norme in materia  di  gestione,
trasformazione,  riutilizzo  dei  rifiuti   e   bonifica   dei   siti
inquinati»). 
    In tema di rifiuti, argomenta il ricorrente, anche se le  Regioni
vantano una competenza legislativa concorrente in materia di «governo
del territorio», si configura la competenza esclusiva statale  per  i
profili attinenti alla tutela dell'ambiente, ai sensi dell'art.  117,
secondo comma, lettera s), della Costituzione, dal che il vincolo per
il  legislatore  regionale  delle  disposizioni  di  cui  al  decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale),  che
costituiscono standard minimi ed  uniformi  di  tutela  dell'ambiente
validi sull'intero territorio nazionale. 
    In  materia  di  rifiuti  sussiste  il   vincolo   del   rispetto
comunitario, derivante dall'art. 117,  primo  comma,  Cost.,  essendo
intervenute le direttive 75/442/CEE e 2006/12/CE, ed avendo la  Corte
di giustizia europea delineato i principi  generali,  particolarmente
in ordine alla definizione di «rifiuto». 
    In  materia  il  legislatore  statale  e'  intervenuto  con   due
decreti-legge per far fronte all'emergenza rifiuti in Campania  (d.l.
23  maggio  2008,  n.  90,  Misure  straordinarie  per   fronteggiare
l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti  nella  Regione
Campania e ulteriori disposizioni di protezione  civile,  e  d.l.  17
giugno 2008, n. 107, Ulteriori norme per  assicurare  lo  smaltimento
dei rifiuti in Campania). 
    La Regione Campania, con la legge regionale impugnata, ha dettato
una disciplina a regime in  materia  di  gestione  dei  rifiuti,  che
esorbiterebbe dalla propria competenza in violazione della  normativa
costituzionale, sotto tre profili. 
    L'art. 1, comma 1, lettera c), della legge della Regione Campania
n. 4 del 2008, che sostituisce l'art.  8  della  legge  della  stessa
Regione  28  marzo  2007,  n.  4  (Norme  in  materia  di   gestione,
trasformazione,  riutilizzo  dei  rifiuti   e   bonifica   dei   siti
inquinati), prevede la competenza della Provincia nell'individuazione
delle zone idonee e non idonee alla localizzazione degli impianti  di
smaltimento e recupero dei rifiuti, sulla base delle  previsioni  del
piano territoriale di coordinamento provinciale - PTCP, di  cui  alla
legge regionale 22 dicembre  2004,  n.  16  (Norme  sul  governo  del
territorio), ove adottato. 
    Tale disposizione - rileva il ricorrente - contrasta  apertamente
con quanto disposto dall'art. 197, comma 1, del  d.lgs.  n.  152  del
2006, che, alla lettera d), con riferimento alla localizzazione degli
impianti di recupero dei  rifiuti,  prevede  che  le  Province  siano
tenute ad individuare esclusivamente le zone non idonee ad ospitarli,
ma non anche le zone idonee, il che  e'  possibile  soltanto  per  la
localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti. 
    La  norma  dunque,  dettando  disposizioni  confliggenti  con  la
normativa  nazionale  vigente,  viola,  secondo  il  ricorrente,   il
disposto dell'art. 117, secondo comma, lettera s),  Cost.,  ai  sensi
del quale lo Stato ha competenza legislativa esclusiva in materia  di
tutela dell'ambiente. 
    La lettera e) dello stesso art. 1, comma 1, della legge regionale
n. 4 del 2008, recherebbe  parimenti  vulnus  all'art.  117,  secondo
comma, lettera s), Cost., nella parte in cui  abroga  la  lettera  p)
dell'art. 10, comma 2, della legge regionale n. 4  del  2007  citata,
che disponeva che il piano regionale di gestione dei rifiuti  dovesse
prevedere anche le misure  atte  a  promuovere  la  regionalizzazione
della raccolta, della cernita e dello smaltimento dei rifiuti urbani,
operando cosi'  in  contrasto  con  quanto  disposto  dall'art.  199,
lettera m), del citato d.lgs. n. 152 del 2006. 
    La norma statale, che stabilisce il contenuto  minimo  necessario
del piano regionale di gestione dei rifiuti, dispone che  esso  debba
prevedere, tra  l'altro,  anche  «le  misure  atte  a  promuovere  la
regionalizzazione della raccolta, della cernita e  dello  smaltimento
dei rifiuti urbani». 
    Con l'abrogazione della disposizione conforme alla norma statale,
viene adottata una disciplina  che,  ad  avviso  del  ricorrente,  e'
contrastante con quella nazionale di riferimento,  eccedendosi  dalla
competenza regionale. 
    Il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  sottolinea  inoltre
l'irragionevolezza  della  disposizione  in  oggetto,  in  quanto  la
mancata  previsione  di  idonee  misure   atte   a   realizzare   «la
regionalizzazione della raccolta, della cernita e  dello  smaltimento
dei rifiuti urbani» pone in serio pericolo la concreta  realizzazione
del principio di autosufficienza, nella gestione dei  rifiuti  urbani
non pericolosi, a livello di ambiti territoriali locali. 
    La lettera m) dello stesso art. 1, comma 1, della legge regionale
n. 4 del 2008, infine, si porrebbe in contrasto  con  l'art.  81  del
Trattato che istituisce la Comunita' europea e con l'art. 117,  primo
e secondo comma, lettere e) e s), della Costituzione. 
    La norma citata, modificando l'articolo 20 della legge  regionale
n. 4 del 2007, in materia di affidamento  del  servizio  di  gestione
integrata dei rifiuti, prevede che «la Provincia affida  il  servizio
di gestione  integrata  dei  rifiuti  nel  rispetto  della  normativa
comunitaria, nazionale e regionale sull'evidenza pubblica mediante la
costituzione di soggetti a totale o prevalente capitale pubblico». 
    Individuando a priori, come unica modalita' di affidamento per il
servizio di gestione  integrata  da  parte  della  Provincia,  quella
dell'affidamento ad  un  soggetto  a  totale  o  prevalente  capitale
pubblico,  la  norma  violerebbe  i  principi   e   le   disposizioni
comunitarie e  nazionali,  in  materia  di  affidamento  dei  servizi
pubblici locali, nonche' le regole che disciplinano la gara  pubblica
- quali quelle della par condicio, della trasparenza e  dell'evidenza
pubblica - che garantiscono  che  il  servizio  pubblico  locale  sia
affidato  ad  un  soggetto  che  possegga  le  necessarie  competenze
tecniche richieste dalla specificita' della materia e che risulti  il
piu' idoneo fra quelli esistenti. 
    Sarebbe,  pertanto,  ravvisabile   eccedenza   dalla   competenza
regionale e violazione del principio di tutela della  concorrenza  di
cui all'art. 81 del Trattato CE e, quindi, del rispetto  del  vincolo
comunitario di cui all'art. 117, primo comma,  Cost.,  nonche'  della
competenza esclusiva statale in materia di concorrenza, ex art.  117,
secondo comma, lettera e), Cost.: risulterebbero violati  sia  l'art.
202 del d.lgs. n. 152  del  2006,  che  impone  l'aggiudicazione  del
servizio di gestione integrata dei rifiuti  mediante  gara  pubblica,
nel rispetto della disciplina comunitaria, sia l'art. 113 del  d.lgs.
18 agosto 2000, n. 267  (Testo  unico  delle  leggi  sull'ordinamento
degli  enti  locali),  che  disciplina  la  gestione  delle  reti   e
l'erogazione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. 
    2. - Si e' costituita in giudizio la Regione Campania,  chiedendo
dichiararsi improcedibile,  inammissibile  e  comunque  infondato  il
ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri. 
    Con riguardo  all'art.  1,  comma  1,  lettera  c),  della  legge
regionale n. 4 del 2008, che attribuisce alla Provincia la competenza
nell'individuazione   delle   zone   idonee   e   non   idonee   alla
localizzazione degli impianti di smaltimento e recupero  dei  rifiuti
sulla base delle previsioni del piano territoriale  di  coordinamento
provinciale, la censura sarebbe inammissibile,  posto  che  l'art.  8
della legge regionale n. 4 del 2007, che la norma  va  a  sostituire,
prevedeva gia' la competenza  provinciale  nell'individuazione  delle
zone idonee  alla  localizzazione  degli  impianti  di  recupero  dei
rifiuti. 
    La doglianza sarebbe comunque infondata, in  quanto  l'intervento
non concernerebbe la  materia  ambientale.  L'ambito  dell'art.  117,
secondo comma, lettera s), Cost., non costituisce - si rileva  -  una
vera e propria  materia,  bensi'  un  «valore»  che  non  esclude  la
titolarita' in capo alle Regioni di competenze legislative su materie
come il governo del territorio e la  tutela  della  salute,  rispetto
alle quali lo Stato detta standard  di  tutela  uniformi  sull'intero
territorio nazionale. 
    Nel caso di specie la legge statale - si osserva ancora - non  ha
individuato  limiti  inderogabili  che  la  Regione  Campania   abbia
violato. L'art. 197 del d.lgs.  n.  152  del  2006  riconosce  alcune
competenze alla Provincia, ma da questo  non  potrebbe  inferirsi  il
limite per un'ulteriore disciplina organizzativa, su cui  la  Regione
possa intervenire: cio' sarebbe coerente con l'art. 19 del d.lgs.  n.
267 del 2000, richiamato dallo stesso art. 197 del d.lgs. n. 152  del
2006, che riconosce alla Provincia le funzioni in tema di «difesa del
suolo, tutela e  valorizzazione  dell'ambiente  e  prevenzione  delle
calamita'» (lettera a), e di «organizzazione  dello  smaltimento  dei
rifiuti a livello provinciale, rilevamento,  disciplina  e  controllo
degli scarichi delle acque e delle emissioni atmosferiche  e  sonore»
(lettera g). 
    Anche con riguardo all'art. 1, comma 1, lettera e),  della  legge
regionale n. 4 del 2008, la norma, abrogando la lettera p)  dell'art.
10, comma 2, della legge regionale n. 4 del 2007, si  porrebbe  fuori
dalla disciplina in materia ambientale. Il legislatore regionale - si
sottolinea  -  manifesta  la  sua  discrezionalita'  individuando  un
diverso piano (provinciale)  di  organizzazione  dell'attivita':  una
volta garantita la gestione e l'autosufficienza a livello locale,  la
scelta dell'ambito piu'  idoneo  d'intervento  spetta  alla  Regione,
competente in materia di governo del territorio e nell'individuazione
di competenze ulteriori degli enti locali. 
    Con la lettera m) dello stesso art. 1, comma  1,  il  legislatore
campano avrebbe scelto la «forma»  della  gestione,  ma  non  avrebbe
individuato  una  modalita'  di   affidamento   diversa   da   quelle
consentite. 
    L'obbligo dei soggetti pubblici di  affidare  qualsiasi  servizio
attraverso una selezione in conformita' alla normativa, comunitaria e
nazionale, sugli appalti, non escluderebbe la possibilita', per  tali
soggetti, di decidere  quale  forma  soggettiva  dovra'  assumere  il
gestore del servizio.  La  Regione  Campania  avrebbe  confermato  il
principio dell'evidenza pubblica  e  della  gara,  nella  scelta  del
contraente,  limitandosi  a  individuare  la  forma  gestionale  piu'
idonea. 
    Lo stesso art. 113 del d.lgs. n. 267 del  2000  prevede,  tra  le
ipotesi di gestione del servizio, la societa' partecipata, cioe'  una
forma  ritenuta  legittima  dalla   Corte   di   giustizia   europea.
Lasciandosi la scelta alla singola amministrazione, a maggior ragione
potrebbe in essa intervenire il legislatore regionale, senza in alcun
modo infrangere i parametri invocati. 
    Il ricorso sarebbe infine assolutamente generico  nei  motivi  in
cui si riferisce alle direttive 74/442/CEE e 2006/12/CE,  nonche'  ai
decreti-legge n. 90 e n. 107 del 2008, non essendo chiaro il vizio  e
neppure la disposizione oggetto della specifica violazione. 
    3. - Nell'imminenza dell'udienza pubblica, l'Avvocatura  generale
dello Stato e la  difesa  della  Regione  Campania  hanno  depositato
memorie, ribadendo e ulteriormente illustrando quanto gia' sostenuto,
rispettivamente, nel ricorso e nella memoria di costituzione. 
    3.1. - La difesa erariale assume il  carattere  vincolante  delle
norme in materia ambientale contenute nel d.lgs. n. 152 del 2006, non
derogabili dalle Regioni,  in  quanto  standard  uniformi  di  tutela
ambientale validi sull'intero territorio nazionale. 
    Riguardo alla prima censura, relativa alla lettera c) del comma 1
dell'art. 1 della legge regionale  n.  4  del  2008,  l'eccezione  di
inammissibilita' avanzata dalla Regione - secondo cui la disposizione
impugnata riproduce la formula normativa, gia' in vigore, dell'art. 8
della legge regionale n. 4 del 2007 - andrebbe disattesa giacche'  la
nuova norma e' integrata da previsioni ulteriori e si inserisce in un
mutato contesto. 
    Con riferimento alla seconda censura, relativa  alla  lettera  e)
del comma 1 dello stesso art. 1,  la  disposizione  sulla  necessaria
previsione, nel piano regionale, delle misure atte  a  promuovere  la
regionalizzazione  della  gestione  dei  rifiuti,  che   integra   il
contenuto  minimo  del  piano,  non  potrebbe  essere  disattesa  dal
legislatore regionale.  La  previsione  pone  in  serio  pericolo  la
realizzazione del principio di  autosufficienza  nella  gestione  dei
rifiuti urbani non pericolosi. L'art. 199,  lettera  m),  del  Codice
dell'ambiente,  disposizione  programmatica,   che   tale   contenuto
prescrive al piano regionale di gestione dei rifiuti, costituisce  la
garanzia della gestione e dell'autosufficienza a livello locale. 
    Riguardo alla terza censura, relativa alla lettera m) del comma 1
dello stesso art. 1, la previsione della costituzione di  soggetti  a
partecipazione pubblica, come  unica  modalita'  di  affidamento  del
servizio di gestione integrata dei rifiuti, si porrebbe in  contrasto
con principi e disposizioni comunitarie e  nazionali  in  materia  di
servizi pubblici locali. Ne  risulterebbero  violate  le  regole  che
disciplinano la gara pubblica, eliminando la garanzia che il servizio
sia affidato a  soggetto  in  possesso  delle  necessarie  competenze
tecniche. Sarebbe evidente il vulnus all'art. 81 del Trattato  CE,  e
quindi all'art. 117, primo comma, Cost., ed all'art. 202  del  Codice
dell'ambiente, di cui al d.lgs. n. 152 del 2006, che richiama  l'art.
113 del d.lgs. n. 267 del 2000. 
    3.2.  -  Secondo  la  difesa  regionale,  la  censura  in  ordine
all'individuazione  delle  zone  idonee  alla  localizzazione   degli
impianti di recupero, che sarebbe preclusa alle province, dimostra il
suo  limite  nella  misura  in  cui  non  e'  dato  rinvenire,  nella
legislazione statale, altro soggetto istituzionale competente in tale
individuazione: lo Stato e'  competente  riguardo  agli  impianti  di
recupero   e   smaltimento   di   preminente   interesse   nazionale,
conseguendone che, per gli altri impianti, la localizzazione non puo'
che appartenere all'ente territoriale.  Del  resto,  l'art.  196  del
Codice  dell'ambiente  prevede  che  le   regioni   privilegiano   la
realizzazione degli  impianti  di  smaltimento  e  recupero  in  aree
industriali, compatibilmente con le caratteristiche  delle  aree:  ma
questa - si osserva nella memoria - non e' norma di  attribuzione  di
competenza, bensi' criterio  di  disciplina,  nell'esercizio  di  una
scelta, quella di individuazione delle aree, che la regione puo'  ben
delegare alla provincia. Quest'ultima, del resto, espleta le funzioni
amministrative concernenti la programmazione  ed  organizzazione  del
recupero e dello smaltimento a livello  provinciale  (art.  197),  in
piena coerenza con  l'art.  19  del  d.lgs.  n.  267  del  2000,  che
attribuisce alla Provincia le funzioni in tema di difesa del suolo  e
organizzazione dello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale, e
con l'art. 2, commi 32 e seguenti, della legge 24 dicembre  2007,  n.
244  (Disposizioni  per  la  formazione  del   bilancio   annuale   e
pluriennale delle Stato - legge finanziaria 2008), che  valorizza  il
ruolo delle province nella gestione dei rifiuti, individuando in esse
l'ambito territoriale ottimale in tema di gestione dei rifiuti. 
    Riguardo  al  contenuto  del  piano  regionale  di  gestione  dei
rifiuti, la legge regionale non avrebbe fatto altro  che  attuare  la
normativa statale riconoscendo un  piu'  accentuato  localismo  nella
gestione  dei  rifiuti.  La  tesi  della  difesa  regionale   sarebbe
avvalorata dalla stessa legislazione statale, che, all'art. 2,  comma
38, della legge n. 244 del 2007, contiene una valutazione prioritaria
dei territori provinciali quali ambiti territoriali ottimali ai  fini
dell'attribuzione  della  competenza  in  materia  di  rifiuti   alle
province. Tale sarebbe stato l'intento della normativa della  Regione
Campania nel disporre che il piano regionale di gestione dei  rifiuti
(art. 10, comma 2, lettera b) stabilisce «la tipologia e il complesso
degli impianti di smaltimento e di recupero  dei  rifiuti  urbani  da
realizzare nella Regione, tenendo conto dell'obiettivo di  assicurare
la gestione dei  rifiuti  urbani  non  pericolosi  all'interno  degli
ambiti territoriali ottimali», in quanto «la gestione  integrata  dei
rifiuti avviene in ambiti territoriali ottimali-ATO nel rispetto  del
principio  dell'autosufficienza  di   ogni   ATO   e   della   minore
movimentazione possibile dei rifiuti»  (art.  15).  Sarebbe,  dunque,
legittimo superare la «regionalizzazione»  del  sistema  rifiuti,  in
favore della «provincializzazione», in coerenza  con  i  principi  di
maggior vicinanza al territorio interessato, e di  abrogazione  della
disposizione previgente, espressione  di  centralismo  regionale,  in
vista di un  rafforzamento  del  principio  di  autosufficienza,  ora
localizzato sugli  ambiti  territoriali  ottimali,  costituiti  dalle
province. 
    Con riferimento, poi, alla  norma  in  tema  di  affidamento  del
servizio di gestione dei rifiuti, la costituzione di  un  soggetto  a
partecipazione pubblica - rileva la difesa della Regione - non e' una
modalita' di  affidamento  della  gestione,  ma  forma  di  gestione,
consentita dalla Normativa europea e statale. Il principio della gara
e' fatto salvo dalla  disposizione  impugnata,  e  si  applica  anche
nell'individuazione dell'eventuale socio privato. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Con il ricorso  indicato  in  epigrafe,  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri ha impugnato l'art. 1, comma 1, lettere c), e)
e m), della legge  della  Regione  Campania  14  aprile  2008,  n.  4
(Modifiche alla legge regionale  28  marzo  2007,  n.  4,  «Norme  in
materia  di  gestione,  trasformazione,  riutilizzo  dei  rifiuti   e
bonifica dei siti inquinati»), in riferimento all'art. 117,  primo  e
secondo comma,  lettere  e)  e  s),  della  Costituzione,  oltre  che
all'art. 81 del Trattato che  istituisce  la  Comunita'  europea.  La
censura si articola in tre profili,  rispettivamente  attinenti  alle
tre lettere citate del comma 1 dell'art. 1 della legge  regionale:  i
primi due con stretta attinenza  alla  tutela  ambientale,  il  terzo
anche con riguardo ai principi europei della concorrenza. 
    2. - Sotto un primo profilo, e' censurata la lettera c) del comma
1 dell'art. 1 della legge regionale n. 4 del  2008,  nella  parte  in
cui, sostituendo l'art. 8 della legge regionale 28 marzo 2007,  n.  4
(Norme in materia di gestione, trasformazione, riutilizzo dei rifiuti
e bonifica dei siti inquinati), ha comportato ora che la  lettera  f)
del comma 1 di quest'ultimo preveda  la  competenza  della  provincia
nell'individuazione  delle  zone  idonee  alla  localizzazione  degli
impianti di recupero (oltre  che  di  smaltimento)  dei  rifiuti,  in
contrasto con l'art. 197, comma 1, del d.lgs. 3 aprile 2006,  n.  152
(Norme in materia ambientale), che, alla  lettera  d),  con  riguardo
alla localizzazione degli impianti di recupero dei rifiuti,  consente
alle province  la  sola  individuazione  delle  zone  non  idonee  ad
ospitarli, ma non anche delle  zone  idonee.  Per  la  localizzazione
degli impianti di smaltimento, invece, e' possibile  l'individuazione
sia delle zone idonee che non idonee. Il contrasto con la  disciplina
statale  comporta  lo  sconfinamento  della  Regione  nella  potesta'
esclusiva statale  in  materia  di  tutela  dell'ambiente,  ai  sensi
dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. 
    2.1. - In ordine alla riferita censura, va  disattesa,  in  primo
luogo,  l'eccezione  di  inammissibilita'  proposta   dalla   Regione
resistente, secondo cui la nuova norma costituirebbe la  riproduzione
di  quanto  gia'  disposto  dalla  norma  sostituita.   In   realta',
l'individuazione  delle  zone  idonee   alla   localizzazione   degli
impianti, pur prevista dalla lettera d) dell'art. 8 della  precedente
legge  n.  4  del  2007,  era  soggetta  al  termine  di  giorni   90
dall'entrata in vigore della legge stessa, mentre la nuova lettera f)
fa decorrere il termine  dall'approvazione  del  piano  regionale  di
gestione del ciclo integrato dei rifiuti. 
    E' da ritenere che la sostanziale riapertura del  termine  ed  il
suo aggancio ad una decorrenza mobile, facciano rinascere l'interesse
dello Stato a scongiurare l'individuazione di ulteriori  zone  idonee
al trattamento dei rifiuti da  parte  delle  Province  della  Regione
Campania, rispetto al quadro complessivo delle  localizzazioni  degli
impianti, determinatosi alla scadenza del termine originario. 
    2.2. - Nel merito, la questione non e' fondata. 
    La disciplina statale dei rifiuti, collocandosi nell'ambito della
«tutela dell'ambiente e dell'ecosistema» -  di  competenza  esclusiva
statale ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera  s),  Cost.  -
costituisce,  anche  in  attuazione  degli  obblighi  comunitari,  un
livello  di  tutela  uniforme  e  si  impone  sull'intero  territorio
nazionale, come un  limite  alla  disciplina  che  le  Regioni  e  le
Province autonome dettano in altre materie di  loro  competenza,  per
evitare che esse deroghino al livello di tutela ambientale  stabilito
dallo Stato, ovvero lo peggiorino (sentenze n. 62 del 2008 e  n.  378
del 2007). 
    Resta, peraltro, ferma la competenza delle regioni per la cura di
interessi   funzionalmente   collegati   con   quelli    propriamente
ambientali: infatti,  anche  nel  settore  dei  rifiuti,  accanto  ad
interessi inerenti in via primaria alla tutela dell'ambiente, vengono
in rilievo altre materie, per cui la competenza statale  non  esclude
la  concomitante  possibilita'  per  le   regioni   di   intervenire,
ovviamente nel rispetto dei livelli  uniformi  di  tutela  apprestati
dallo Stato (da ultimo, sentenza n. 249 del 2009). 
    La localizzazione degli impianti di trattamento dei  rifiuti  sul
territorio, nel rispetto dei criteri tecnici  fondamentali  stabiliti
dagli organi statali (fissati in attuazione dell'art. 195 del  d.lgs.
n. 152 del 2006), che rappresentano soglie inderogabili di protezione
ambientale, attiene al «governo del territorio». 
    La  disposizione  impugnata  si  propone   di   disciplinare   la
localizzazione degli impianti di recupero dei  rifiuti:  nel  dettare
tale  norma,  la  Regione  ha  esercitato   la   propria   competenza
legislativa,   che   afferisce   all'uso   del   proprio   territorio
(analogamente,  vedi  sentenza  n.  103  del  2006),  abilitando   la
Provincia, in quanto ente  deputato  dalla  legislazione  statale  ad
esercitare le funzioni in tema di «difesa del suolo»  (art.  197  del
d.lgs. n. 152 del 2006), ad individuare le aree per la localizzazione
degli impianti, secondo una valutazione urbanistica  complessiva  del
territorio  provinciale,  che  muove  dalle  previsioni   del   piano
territoriale di coordinamento,  anche  perche'  la  stessa  normativa
statale riconosce che «il piano regionale di gestione dei rifiuti  e'
coordinato con gli altri strumenti di  pianificazione  di  competenza
regionale previsti dalla normativa vigente, ove adottati» (art.  199,
comma 4, del d.lgs. n. 152 del 2006). 
    Ne' vale obiettare che la norma impugnata non si e'  limitata  ad
abilitare la Provincia all'individuazione delle  zone  «non  idonee»,
come previsto dall'art. 197, comma 1, lettera d), del d.lgs.  n.  152
del  2006,  estendendone  il  potere  alla  ricognizione  delle  zone
«idonee»: il che sarebbe possibile riguardo alla localizzazione degli
impianti di smaltimento, e non anche di quelli di recupero. 
    Appare chiaro  che  la  disciplina  statale,  proprio  in  quanto
concepita in vista della fissazione di prescrizioni minime di  tutela
ambientale (come l'art.  3-quinquies  del  d.lgs.  n.  152  del  2006
ribadisce), differenzia l'attivita' di smaltimento dei  rifiuti,  per
la quale ritiene necessario individuare  anche  le  zone  idonee,  da
quella di recupero, per la quale la provincia opera  la  ricognizione
almeno delle zone non idonee. Cio' non toglie  che,  anche  in  vista
della localizzazione degli impianti di recupero, nell'ambito  di  una
piu'   compiuta   integrazione   dei   valori   ambientali   con   le
caratteristiche  del  territorio,  la  provincia  possa  individuare,
nell'ambito del piano regionale, anche le  zone  idonee  ad  ospitare
tale specifica attivita' di trattamento dei rifiuti. 
    In  conclusione,  la  disciplina   dettata   dalla   disposizione
regionale risponde ad esigenze di coordinamento  territoriale  e  non
appronta una disciplina dei rifiuti di minor rigore rispetto a quella
statale. 
    3.  -   Sotto   un   secondo   profilo   il   ricorrente   assume
l'illegittimita' della lettera e) dello stesso art. 1, comma 1, della
legge regionale n.  4  del  2008,  che  ha  abrogato  la  lettera  p)
dell'art. 10, comma 2, della precedente legge  n.  4  del  2007,  nel
senso che il piano regionale di gestione dei rifiuti non  debba  piu'
contenere «le misure atte a  promuovere  la  regionalizzazione  della
raccolta, della cernita e dello smaltimento dei rifiuti  urbani»,  in
contrasto con quanto disposto dall'art. 199, lettera m),  del  d.lgs.
n. 152 del 2006. 
    La questione e' fondata. 
    Si  puo'  ritenere  che  solo  in  relazione  alla   complessita'
programmatica del piano di gestione del ciclo integrato  dei  rifiuti
di competenza regionale (si vedano, in correlazione, le previsioni in
ordine  alla  limitazione  nella  produzione  dei  rifiuti,  al  loro
riutilizzo, la distinzione tra le tipologie di rifiuti da smaltire  e
recuperare, le tecniche di gestione,  ecc.),  il  primario  obiettivo
dell'autosufficienza  nella  gestione   dei   rifiuti   puo'   essere
perseguito. 
    Se e' vero che la gestione  dei  rifiuti  urbani  e'  organizzata
sulla base di «ambiti territoriali ottimali» (art. 200 del d.lgs.  n.
152 del 2006), pure al fine di perseguire l'obiettivo di raggiungere,
nell'arco di cinque anni dalla sua costituzione, l'autosufficienza di
smaltimento all'interno di ogni ambito (art. 201, comma 5), tuttavia,
imprescindibilmente,   cio'   e'   possibile   attraverso    l'unita'
d'indirizzo che  solo  la  regionalizzazione  della  raccolta,  della
cernita e dello smaltimento  puo'  assicurare  (art.  199,  comma  3,
lettera m). Il  livello  di  amministrazione  inferiore,  del  resto,
costituito dai Comuni e, quanto ai rifiuti  urbani,  dalle  Autorita'
d'ambito (art. 201 del d.lgs. n. 152 del 2006), interviene in sede di
consultazione da parte della Regione (art. 199, comma 1), che  redige
il piano con intento di unita' programmatica. 
    Alla   dimensione   organizzativa,   articolata   sugli   «ambiti
territoriali ottimali» (ATO), il Codice dell'ambiente aggiunge, quale
sintesi programmatica, che il servizio e' comunque regionale  (e  non
extraregionale),  e  pretende  che  i  singoli  piani   di   gestione
contengano misure atte a promuovere la regionalizzazione.  Si  tratta
quindi di un quid pluris che,  con  l'abrogazione  della  lettera  p)
dell'art. 10, comma 2, della legge regionale n. 4 del 2007, e' venuto
a  mancare  nella   legislazione   regionale   campana,   pur   nella
legittimita' dell'articolazione del servizio su ambiti  territoriali.
Tale  impostazione   unitaria   della   pianificazione   al   livello
individuato   dal   legislatore    statale,    assunta    a    valore
imprescindibile,  non  e'  derogabile  dal   legislatore   regionale,
conseguendone l'illegittimita' costituzionale della norma nella parte
in cui non prevede che il piano regionale  di  gestione  rifiuti  non
contenga anche le misure atte a promuovere la regionalizzazione nella
raccolta, cernita, smaltimento dei rifiuti. 
    La dichiarazione di illegittimita' della norma  ha  l'effetto  di
ripristinare la lettera p) abrogata. 
    4. - L'ultima censura sollevata dal Presidente del Consiglio  dei
ministri  attiene  alla  violazione  dei  principi  comunitari  sulla
concorrenza, oltre che allo sconfinamento nella competenza  esclusiva
statale in materia di ambiente e di  tutela  della  concorrenza,  che
sarebbe insita nella lettera m) dello stesso art. 1, comma  1,  della
legge della Regione Campania n. 4 del 2008. 
    La norma, modificando l'articolo 20 della legge  regionale  n.  4
del 2007, prevede come unica modalita' di affidamento del servizio di
gestione  integrata  dei  rifiuti,  da  parte  della  Provincia  «nel
rispetto della normativa comunitaria, nazionale e regionale»,  quella
dell'affidamento ad  un  soggetto  a  totale  o  prevalente  capitale
pubblico. 
    L'affidamento dei servizi ad enti partecipati e' materia su  cui,
frequentemente, si e' pronunciata  la  Corte  di  giustizia  europea.
Orbene  e'  necessario  riferirsi  ai  principi   di   tutela   della
concorrenza, elaborati da quella  giurisprudenza  in  attuazione  del
Trattato CE,  atteso  che  le  norme  comunitarie  fungono  da  norme
interposte atte ad integrare  il  parametro  per  la  valutazione  di
conformita' della normativa  regionale  all'art.  117,  primo  comma,
Cost. (sentenze n. 62 e n. 102 del 2008).  In  piu',  la  nozione  di
«concorrenza» di cui all'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. -
alla quale e' riconducibile, come si dira' oltre, la disciplina degli
appalti pubblici e  della  scelta  del  contraente  -  non  puo'  non
riflettere quella operante in ambito comunitario, con la  conseguenza
che la normativa interna si uniforma  a  quella  comunitaria  di  cui
costituisce attuazione (sentenza n. 401 del 2007). 
    L'attivita'   contrattuale   della   pubblica    amministrazione,
attraverso la quale assicurare l'opera  necessaria  alla  prestazione
dei servizi, non s'identifica in una materia a  se',  ma  rappresenta
attivita' che inerisce alle  singole  materie  sulle  quali  essa  si
esplica. 
    Riguardo alla fase procedimentale che precede la stipulazione del
contratto di appalto, il  titolo  di  legittimazione  prevalente  che
viene in rilievo e' costituito dalla  tutela  della  concorrenza,  di
competenza legislativa esclusiva statale ex art. 117, secondo  comma,
lettera e), Cost. (sentenze n. 401 del 2007 e 160 del 2009). 
    Il dibattito che ha interessato, anche di recente, questa  Corte,
si e' sviluppato intorno ai presupposti  in  ordine  ai  quali  fosse
possibile   ritenere   l'amministrazione   appaltante   non    tenuta
all'esperimento delle procedure di evidenza pubblica, sia  attraverso
articolazioni dell'amministrazione stessa, sia attraverso enti dotati
di  propria  soggettivita',  ma  in  qualche  modo  assoggettati   al
controllo dell'ente pubblico, trattandosi, in sostanza, di  stabilire
se il soggetto in house possa considerarsi «attivo»  sul  mercato  in
ragione della rilevanza esterna dell'attivita' di impresa svolta  (da
ultimo, sentenze n. 326 e n. 439 del 2008). 
    La problematica cui si e' dianzi accennato appare  estranea  alla
questione sollevata dal ricorso in epigrafe, dato che la disposizione
impugnata, anche per effetto dell'interpretazione cui  la  resistente
Regione Campania dichiara di attenersi, non pone  in  discussione  la
necessita' della gara, ma pare limitarne la  partecipazione  solo  «a
soggetti a totale o prevalente capitale pubblico». 
    5. - La questione e' fondata. 
    La circostanza che la Provincia affidi il  servizio  di  gestione
integrata dei rifiuti  «nel  rispetto  della  normativa  comunitaria,
nazionale e regionale sull'evidenza pubblica»,  secondo  il  disposto
dell'art. 20 della legge della Regione Campania n. 4 del  2007  (come
modificato dall'art. 1, comma 1, lettera m, della successiva legge n.
4 del 2008), non toglie che le regole comunitarie  della  concorrenza
debbano essere effettivamente rispettate e che la  restrizione  della
partecipazione ad una gara ai soli soggetti a partecipazione pubblica
(non rileva se totale o prevalente), sia lesiva  dei  principi  della
concorrenza. 
    Ne' rileva  che  la  violazione  del  Trattato  CE  debba  essere
inquadrata nell'ambito specifico dei principi di non  discriminazione
-   comunque   riconducibili   all'essenza   stessa    del    mercato
concorrenziale  -  come  piu'  volte  la  Corte   di   giustizia   ha
riconosciuto (vedi, di recente, sentenze 18 dicembre 2007,  in  causa
C-357/2006, e 16 dicembre 2008, in causa C-213/2007). Il fatto e' che
emerge palese la violazione della normativa  statale  di  recepimento
delle direttive comunitarie, che fanno della  competizione  libera  e
trasparente l'elemento imprescindibile della disciplina degli appalti
pubblici. Si legge  al  punto  4  del  considerando  della  direttiva
2004/18/CE che «gli Stati membri dovrebbero provvedere  affinche'  la
partecipazione di  un  offerente  che  e'  un  organismo  di  diritto
pubblico a una procedura di aggiudicazione di  appalto  pubblico  non
causi  distorsioni  della  concorrenza  nei  confronti  di  offerenti
privati». 
    L'art. 202 del d.lgs. n. 152 del  2006  dispone  che  l'Autorita'
d'ambito aggiudica il servizio  di  gestione  integrata  dei  rifiuti
urbani mediante gara disciplinata dai principi e  dalle  disposizioni
comunitarie, secondo la normativa vigente in tema di affidamento  dei
servizi  pubblici  locali,  in  conformita'   ai   criteri   di   cui
all'articolo 113, comma 7, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n.
267 (Testo unico delle leggi  sull'ordinamento  degli  enti  locali):
quest'ultima  norma,  che  pure  consente  la  gestione  dei  servizi
pubblici locali  mediante  il  ricorso  a  societa'  partecipate,  si
propone esplicitamente di disciplinare le modalita'  di  gestione  ed
affidamento dei servizi pubblici locali a tutela  della  concorrenza,
ed e' inderogabile. 
    La competenza statale in  materia  di  tutela  della  concorrenza
ricomprende  anche  la  disciplina  delle  procedure  negoziate.   La
indicazione dei rigorosi presupposti che  autorizzano  il  ricorso  a
tali procedure si inserisce  in  un  ambito  di  disciplina  unitario
finalizzato ad assicurare un sistema di tutela  uniforme  sull'intero
territorio nazionale, che consente la deroga  ai  normali  metodi  di
gara soltanto in presenza delle condizioni  puntualmente  individuate
dal legislatore statale (da ultimo, sentenza n. 160 del 2009). 
    La stessa qualificazione degli esecutori  di  lavori  pubblici  e
l'individuazione dei criteri di ammissione alla  gara  non  puo'  non
modellarsi sulle corrispondenti  norme  del  decreto  legislativo  12
aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori,
servizi e  forniture  in  attuazione  delle  direttive  2004/17/CE  e
2004/18/CE) (sentenza n. 411 del 2008). 
    Questa Corte  ha  costantemente  affermato  che  le  Regioni  non
possono prevedere una disciplina diversa da  quella  del  Codice  dei
contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture di  cui  al
d.lgs. n. 163 del 2006, in relazione agli ambiti di legislazione  sui
contratti   della   pubblica   amministrazione   riconducibili   alla
competenza esclusiva dello Stato in base all'art. 117, secondo comma,
lettera e), Cost. (tra le altre, sentenza n. 322 del 2008  e  n.  431
del 2007, quest'ultima relativa alle  norme  sugli  appalti  pubblici
nella   legislazione   regionale   della   Campania).   Ne   consegue
l'illegittimita' costituzionale della normativa regionale  impugnata,
che, nella parte in  cui  riserva  solo  a  determinati  soggetti  la
partecipazione alle gare per l'affidamento del servizio  di  gestione
integrata dei  rifiuti,  detta  una  disciplina  difforme  da  quella
nazionale in materie riservate alla competenza legislativa  esclusiva
dello Stato in base all'art. 117, secondo comma, lettera  e),  Cost.,
riducendo l'area alla quale si  applicano  le  regole  concorrenziali
dirette a consentire la piena esplicazione del  mercato  nel  settore
degli appalti pubblici a tutti gli operatori economici. 
    La dichiarazione di illegittimita'  costituzionale  dell'art.  1,
comma 1, lettera  m),  della  legge  regionale  n.  4  del  2008,  ha
l'effetto di ripristinare il precedente testo dell'art. 20, comma  1,
della legge regionale n.  4  del  2007,  ferma  restando,  pero',  la
competenza della Provincia nell'affidamento del servizio, individuata
quale «autorita' d'ambito». 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art.  1,  comma  1,
lettera e), della legge della Regione Campania 14 aprile 2008,  n.  4
(Modifiche alla legge regionale 28 marzo 2007, n. 4 «Norme in materia
di gestione, trasformazione, riutilizzo dei rifiuti  e  bonifica  dei
siti inquinati»), nella parte in cui abroga la lettera  p)  dell'art.
10, comma 2, della legge della Regione Campania 28 marzo 2007,  n.  4
(Norme in materia di gestione, trasformazione, riutilizzo dei rifiuti
e bonifica dei siti inquinati); 
    Dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art.  1,  comma  1,
lettera m), della medesima legge della  Regione  Campania  n.  4  del
2008, nei sensi di cui in motivazione; 
    Dichiara non fondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 1, comma 1, lettera c), della stessa  legge  della  Regione
Campania n. 4 del  2008,  sollevata,  in  riferimento  all'art.  117,
secondo comma, lettera s), della  Costituzione,  dal  Presidente  del
Consiglio dei ministri, con il ricorso in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 30 novembre 2009. 
 
                       Il Presidente: Amirante 
 
 
                      Il redattore: Finocchiaro 
 
 
                      Il cancelliere: Di Paola 
 
    Depositata in cancelleria il 4 dicembre 2009. 
 
              Il direttore della cancelleria: Di Paola