N. 4 SENTENZA 15 dicembre 2009- 14 gennaio 2010

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Elezioni - Norme della Regione Campania - Previsto  collegamento  dei
  candidati alla Presidenza  della  Giunta  regionale  a  liste  o  a
  coalizioni di liste provinciali - Ricorso del  Governo  -  Ritenuta
  violazione  della  normativa  costituzionale  che  individua,  fino
  all'entrata in vigore del nuovo statuto regionale, i candidati alla
  Presidenza  della  Giunta  regionale  nei  capilista  delle   liste
  regionali - Perfezionamento delle procedure di  approvazione  dello
  statuto in parallelo a quelle della  legge  regionale  impugnata  -
  Conseguente  sussistenza  della  scansione   temporale   idonea   a
  garantire complementarieta' e  integrazione  tra  statuto  e  legge
  regionale  richiesti  dal  parametro  evocato  -  Cessazione  della
  materia del contendere. 
- Legge della Regione Campania 27 marzo 2009, n. 4, artt. 2, comma 2,
  e 3, commi 1, 3 e 4. 
- Legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1, art. 5. 
Elezioni - Norme della Regione Campania -  Premio  di  maggioranza  -
  Ricorso  del  Governo  -  Ritenuta   violazione   della   normativa
  costituzionale che individua, fino all'entrata in vigore del  nuovo
  statuto  regionale,  i  candidati  alla  Presidenza  della   Giunta
  regionale nei capilista delle  liste  regionali  -  Perfezionamento
  delle procedure di approvazione dello statuto in parallelo a quelle
  della legge regionale impugnata  -  Conseguente  sussistenza  della
  scansione  temporale  idonea  a   garantire   complementarieta'   e
  integrazione tra statuto e legge regionale richiesti dal  parametro
  evocato - Cessazione della materia del contendere. 
- Legge della Regione Campania 27 marzo 2009, n. 4, artt. 6, comma 1,
  e 3, comma 4. 
- Legge costituzionale 22  novembre  1999,  n.1,  art.  5;  legge  21
  dicembre 2005, n. 270. 
Elezioni - Norme della  Regione  Campania  -  Voto  di  preferenza  -
  Facolta' per l'elettore di esprimere due  preferenze,  con  riserva
  della seconda a soggetti appartenenti al genere femminile - Ricorso
  del Governo - Ritenuta violazione del principio di uguaglianza,  di
  liberta' di voto e asserita introduzione di un'impropria ragione di
  ineleggibilita' - Misura promozionale  e  non  coattiva  rivolta  a
  realizzare  il  riequilibrio  tra  i  sessi  nella   rappresentanza
  politica - Non fondatezza della questione. 
- Legge della Regione Campania 27 marzo 2009, n. 4, art. 4, comma 3. 
- Costituzione, artt. 3, 48 e 51; legge  costituzionale  22  novembre
  1999, n. 1, art. 5. 
(GU n.3 del 20-1-2010 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Francesco AMIRANTE; 
Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
  QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano  SILVESTRI,  Sabino
  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,  Giuseppe   TESAURO,   Paolo   Maria
  NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI; 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Sentenza 
 
nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 2, comma 2, 3,
commi 1, 3 e 4, 4, comma 3, e 6, comma 1, della legge  della  Regione
Campania 27  marzo  2009,  n.  4  (Legge  elettorale),  promosso  dal
Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 12-16
giugno 2009, depositato in cancelleria il 18 giugno 2009 ed  iscritto
al n. 39 del registro ricorsi 2009. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Campania; 
    Udito nell'udienza pubblica  del  15  dicembre  2009  il  Giudice
relatore Gaetano Silvestri; 
    Uditi  l'avvocato  dello  Stato  Massimo  Salvatorelli   per   il
Presidente del Consiglio dei ministri e l'avvocato  Vincenzo  Cocozza
per la Regione Campania. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, con ricorso
notificato il 12 giugno 2009 e depositato il  successivo  18  giugno,
questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 2, comma  2,  3,
commi 1, 3 e 4, 4, comma 3, e 6, comma 1, della legge  della  Regione
Campania 27 marzo 2009, n. 4 (Legge elettorale), per violazione degli
artt. 3, 48 e  51  della  Costituzione  e  dell'art.  5  della  legge
costituzionale 22  novembre  1999,  n.  1  (Disposizioni  concernenti
l'elezione  diretta  del  Presidente   della   Giunta   regionale   e
l'autonomia statutaria delle Regioni). 
    1.1. - Il ricorrente, dopo aver  illustrato  il  contenuto  delle
disposizioni  impugnate,  si  sofferma  sulle  ragioni   di   censura
dell'art. 2, comma 2, e dell'art. 3, commi 1, 3 e 4, della legge reg.
Campania  n.  4  del  2009.  In  particolare,   le   norme   indicate
violerebbero l'art. 5 della legge cost. n.  1  del  1999,  in  quanto
prevedono che i candidati  alla  Presidenza  della  Giunta  regionale
siano collegati a liste o a coalizioni di liste  provinciali,  mentre
l'art. 5 della legge cost. n. 1 del 1999 stabilisce che,  «fino  alla
data di entrata in vigore dei nuovi statuti regionali e  delle  nuove
leggi elettorali ai sensi del primo  comma  dell'articolo  122  della
Costituzione», sono candidati alla Presidenza della Giunta  regionale
i capilista delle liste regionali. 
    Al riguardo, la difesa erariale  evidenzia  come,  alla  data  di
entrata in vigore della  legge  impugnata,  il  nuovo  statuto  della
Regione Campania non fosse stato ancora promulgato e quindi non fosse
entrato in vigore. Di conseguenza,  la  Regione  non  avrebbe  potuto
emanare norme elettorali confliggenti con l'art. 5 della legge  cost.
n. 1 del 1999 (e' richiamata, in proposito, la sentenza  della  Corte
costituzionale n. 196 del 2003). 
    1.2. - Sono impugnati anche gli artt. 6, comma 1, e 3,  comma  4,
della legge reg. Campania n. 4 del 2009, nella parte in cui prevedono
un  premio  di  maggioranza  per  le  liste  collegate  al  candidato
proclamato eletto alla carica di Presidente della  Giunta  regionale.
Il suddetto premio di maggioranza e'  individuato  nella  misura  del
sessanta per cento dei seggi del Consiglio  attribuiti  alle  singole
liste. 
    A tal proposito, il ricorrente svolge argomentazioni  analoghe  a
quelle formulate con riferimento alla precedente questione, rilevando
che il premio di maggioranza stabilito dalle norme censurate  non  e'
previsto dall'art. 5 della legge cost. n. 1 del 1999, il quale,  come
gia' detto, si applica fino all'entrata in vigore dei nuovi statuti e
delle nuove leggi elettorali regionali. 
    La difesa erariale aggiunge che le norme impugnate non riguardano
aspetti di  dettaglio  ma  profili  relativi  alla  composizione  del
Consiglio regionale, con  conseguente  incidenza  sui  meccanismi  di
formazione delle maggioranze. Il  ricorrente,  inoltre,  richiama  la
legge 21 dicembre 2005, n. 270 (Modifiche alle norme  per  l'elezione
della  Camera  dei  deputati  e   del   Senato   della   Repubblica),
evidenziando come essa preveda un premio di maggioranza nella  misura
di  trecentoquaranta  seggi  alla   Camera   dei   deputati   e   del
cinquantacinque per cento dei seggi assegnati a ciascuna  Regione  al
Senato. 
    1.3. - Infine, il Presidente del Consiglio dei  ministri  impugna
l'art. 4, comma 3, della legge regionale in esame, il quale  dispone:
«L'elettore puo' esprimere, nelle apposite righe della scheda, uno  o
due voti di preferenza, scrivendo il cognome ovvero  il  nome  ed  il
cognome dei due candidati compresi nella lista stessa.  Nel  caso  di
espressione di due preferenze, una deve riguardare  un  candidato  di
genere maschile e l'altra un  candidato  di  genere  femminile  della
stessa lista, pena l'annullamento della seconda preferenza». 
    La  difesa  erariale  ritiene  che   la   norma   in   questione,
«presumibilmente ispirata alla idea politica delle "quote rosa"»,  si
risolva «in una evidente menomazione  dell'elettorato  passivo  e  di
quello attivo». 
    In particolare, sotto il primo profilo, sarebbe violato l'art.  3
Cost.,  in   quanto   la   norma   introdurrebbe   «una   limitazione
disuguagliante» nell'espressione del voto per la seconda  preferenza.
In altre parole, i candidati appartenenti al medesimo genere o  sesso
sarebbero  «discriminati  e  resi  disuguali»  nel  momento  in   cui
l'elettore esprime  la  seconda  preferenza.  Sarebbe  violato  anche
l'art.  51,  primo  comma,  Cost.,  in  quanto  la  norma   impugnata
prevedrebbe un limite di accesso, legato al  sesso,  per  la  seconda
preferenza e quindi «un'impropria ragione di ineleggibilita'». 
    Sotto il profilo dell'elettorato attivo, l'art. 4, comma 3, della
legge reg. Campania n. 4 del 2009 si porrebbe in contrasto con l'art.
48  Cost.,  in  quanto  la  limitazione  di  genere  per  la  seconda
preferenza renderebbe il voto non libero. 
    2. - Nel giudizio si e' costituita la Regione Campania  eccependo
l'inammissibilita', l'improcedibilita' e l'infondatezza del ricorso. 
    2.1. - Quanto ai primi  due  motivi  di  ricorso,  la  resistente
osserva come essi si fondino su presupposti  ricostruttivi  analoghi,
posto che la Regione, secondo la difesa erariale, non avrebbe  potuto
approvare norme elettorali in contrasto con le  disposizioni  statali
vigenti, fino all'entrata in vigore del nuovo statuto. Solo per  tale
ragione, la legge reg. n. 4 del 2009, nella parte in cui presenta  un
contenuto confliggente con quanto stabilito dall'art. 5  della  legge
cost. n. 1 del 1999, sarebbe illegittima. 
    2.1.1. - La difesa  regionale  ricostruisce  il  procedimento  di
approvazione della legge elettorale (legge reg.  n.  4  del  2009)  e
dello statuto (legge reg. 28 maggio 2009, n. 6), precisando che il 20
febbraio 2009 lo statuto della Regione Campania e' stato approvato in
seconda deliberazione, il successivo 26  febbraio  si  e'  provveduto
alla  relativa  pubblicazione  notiziale,  ai  fini  di  un'eventuale
richiesta di referendum (che non vi e' stata), il 28 maggio  2009  lo
statuto medesimo e' stato promulgato,  il  3  giugno  2009  e'  stato
pubblicato nel Bollettino ufficiale della Regione ed il 18 giugno  e'
entrato in vigore. 
    Nel frattempo, la legge elettorale e' stata pubblicata in data 14
aprile 2009 ed e' entrata in vigore il giorno successivo; dunque,  il
relativo iter  di  formazione  si  e'  concluso  dopo  che  il  testo
statutario era stato approvato dal  Consiglio  regionale  in  seconda
deliberazione, ma prima che esso  fosse  promulgato  ed  entrasse  in
vigore. 
    Al riguardo, la resistente evidenzia come  l'Avvocatura  generale
dello Stato contesti soltanto una «illegittimita' formale, per  cosi'
dire  temporale»,  nell'adozione  di  una  disciplina,   «in   quanto
indirettamente condizionata dalla scelta  di  sistema  affidata  allo
statuto che (allora) non risultava ancora entrato in vigore». 
    La difesa regionale si sofferma, quindi, sulla ratio dell'art.  5
della legge cost. n. 1 del 1999, il quale sarebbe  volto  ad  evitare
che, in assenza dello  statuto  e  della  conseguente  individuazione
della  forma  di  governo  regionale,  gli  elettori  possano  essere
chiamati a rinnovare il Consiglio con una disciplina  elettorale  non
del tutto coerente con il sistema ancora in vigore. 
    L'ipotesi anzidetta sarebbe pero' ormai irrealizzabile  nel  caso
di specie, in quanto il nuovo statuto, successivamente alla  delibera
del Consiglio dei ministri di impugnazione della legge reg. n. 4  del
2009 (datata 21 maggio  2009),  e'  stato  promulgato  e  pubblicato,
entrando in vigore lo stesso giorno (18 giugno 2009) in cui e'  stato
depositato presso la Corte costituzionale il presente ricorso. 
    La Regione Campania aggiunge che, pertanto, l'applicazione  della
legge elettorale impugnata avverra' nella vigenza del nuovo statuto e
nel rispetto delle finalita' che  il  legislatore  costituzionale  ha
inteso fissare. 
    Per le ragioni anzidette, la resistente ritiene  che  il  ricorso
sia, per questa parte, improcedibile «per  cessazione  della  materia
del contendere e/o per sopravvenuta carenza di interesse,  in  quanto
la situazione, nell'attualita', impedisce il verificarsi dell'"evento
temuto"». 
    2.1.2. - Ancora con riguardo  alle  censure  mosse  in  relazione
all'art. 5 della legge cost. n.  1  del  1999,  la  difesa  regionale
evidenzia come sarebbe stato  irragionevole  attendere  l'entrata  in
vigore dello statuto prima di  affrontare  l'iter  costitutivo  della
nuova legge elettorale, potendosi prospettare  l'eventualita'  di  un
rinnovo del Consiglio regionale e dell'elezione del Presidente  della
Giunta con il precedente sistema elettorale ma nella vigenza  di  una
nuova (ed eventualmente diversa da quella attuale) forma di governo. 
    Al riguardo, la Regione  Campania  ritiene  di  aver  seguito  il
percorso corretto, delineato dalla norma costituzionale  transitoria.
In particolare, osserva la difesa regionale,  l'art.  5  della  legge
cost. n. 1  del  1999  non  vieta,  in  assenza  del  nuovo  statuto,
l'approvazione di una nuova legge elettorale, ma  prevede  che  «fino
alla data di entrata in vigore dei nuovi statuti  regionali  e  delle
nuove leggi elettorali» l'elezione del  Presidente  e  del  Consiglio
avvenga secondo le modalita' previste dalla normativa statale vigente
e dalla disciplina transitoria prevista dal citato art. 5. 
    In definitiva, secondo la resistente,  «la  mancata  approvazione
dello statuto unitamente alle leggi elettorali costituisce condizione
per l'applicazione della norma transitoria in un  determinato  ambito
territoriale». Di conseguenza, il rapporto fra le  due  fonti  (legge
elettorale  regionale  e  disposizione   transitoria)   non   sarebbe
configurabile  in   termini   di   «validita'/invalidita'»,   ma   di
«applicazione/disapplicazione», potendo  la  nuova  legge  elettorale
regionale trovare applicazione solo dopo l'entrata  in  vigore  dello
statuto. 
    Sulla base delle anzidette considerazioni,  la  difesa  regionale
conclude per l'inammissibilita' del ricorso. 
    2.1.3. - Nel merito, la resistente  deduce  l'infondatezza  delle
questioni concernenti la previsione di un collegamento del  candidato
Presidente della Giunta regionale a liste o  a  coalizioni  di  liste
provinciali, e di un premio di maggioranza pari al sessanta per cento
dei  seggi.  Con  riferimento  a  quest'ultimo  profilo,  la  Regione
Campania rileva come l'Avvocatura generale  faccia  «inspiegabilmente
riferimento» alla  legge  n.  270  del  2005,  concernente  le  norme
elettorali della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. 
    Sulla questione degli spazi consentiti al legislatore  regionale,
nell'ipotesi in cui non  siano  ancora  entrati  in  vigore  i  nuovi
statuti, la difesa della Regione richiama  la  sentenza  n.  196  del
2003, con la quale la Corte costituzionale  ha  ritenuto  ammissibili
gli  interventi  regionali  riguardanti  «aspetti   procedurali   non
incidenti sui  principi  fondamentali  ricavabili  in  materia  dalla
legislazione statale, ne' sui vincoli  che  discendono  dal  rispetto
della normativa transitoria dettata,  in  pendenza  dell'approvazione
dello statuto, dall'art. 5 della legge costituzionale n. 1 del 1999».
Secondo la resistente, la  previsione  contenuta  nell'art.  5  della
legge  cost.  n.  1  del  1999,  secondo  cui  «sono  candidati  alla
Presidenza della Giunta regionale i capilista delle liste regionali»,
riguarderebbe un «profilo procedurale» e sarebbe conseguenza  di  una
«modalita' organizzativa del corpo  elettorale  e  dei  seggi  scelta
dalla  legislazione  statale,  ma  che  non   attiene   ai   principi
fondamentali e non modifica il sistema». 
    A conclusioni analoghe la Regione Campania giunge con riferimento
alle norme che prevedono un premio di maggioranza. Dopo aver ribadito
l'inconferenza del richiamo alla legge n. 270 del 2005, la resistente
sottolinea come la legge 2  luglio  2004,  n.  165  (Disposizioni  di
attuazione dell'articolo 122, primo  comma,  della  Costituzione)  si
limiti ad enunciare, tra i principi fondamentali in  materia,  quello
della  «individuazione  di  un  sistema  elettorale  che  agevoli  la
formazione di stabili maggioranze nel Consiglio regionale e  assicuri
la rappresentanza delle minoranze» (art. 4, comma 1, lettera a). 
    2.2.  -   Infine,   quanto   alla   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 4, comma 3, la resistente evidenzia come  la
norma impugnata riguardi esclusivamente l'esercizio della facolta' di
espressione della seconda preferenza e sia finalizzata a  «garantire,
anche di fatto, oltre che astrattamente, il  paritario  accesso  alle
cariche elettive, attraverso provvedimenti  positivi».  Al  riguardo,
sono richiamati la sentenza della Corte costituzionale n. 49 del 2003
ed alcuni interventi di innovazione del quadro  normativo:  la  legge
costituzionale  31  gennaio  2001,  n.  2  (Disposizioni  concernenti
l'elezione diretta dei presidenti delle regioni a statuto speciale  e
delle province autonome di Trento e di Bolzano),  che  ha  modificato
gli statuti speciali attribuendo alle leggi elettorali delle  Regioni
ad autonomia differenziata il compito  di  promuovere  condizioni  di
parita' per  l'accesso  alle  consultazioni  elettorali  al  fine  di
conseguire l'equilibrio della rappresentanza dei sessi;  l'art.  117,
settimo  comma,  Cost.,  introdotto  dalla  legge  costituzionale  18
ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte  seconda  della
Costituzione), che  reca  un'analoga  previsione;  infine,  la  legge
costituzionale 30 maggio 2003, n. 1 (Modifica dell'articolo 51  della
Costituzione). 
    In definitiva, secondo la  resistente,  la  disciplina  regionale
impugnata si  inserirebbe  con  coerenza  in  un  contesto  normativo
complessivamente volto a promuovere la effettiva parita' tra donne  e
uomini nell'accesso alle cariche elettive. 
    3. - In prossimita' dell'udienza pubblica, la Regione Campania ha
depositato una memoria con la quale insiste  nelle  conclusioni  gia'
rassegnate nell'atto di costituzione. 
    3.1.  -  In  particolare,  con  riferimento  alle  questioni   di
legittimita' costituzionale degli artt. 2, comma 2, 3, commi 1,  3  e
4, e 6, comma 1, della legge  reg.  n.  4  del  2009,  la  resistente
ribadisce l'inammissibilita' delle questioni prospettate e sottolinea
come,  nelle  more  del  presente  giudizio,  la  legge   elettorale,
pubblicata   dopo   l'approvazione   dello   statuto    in    seconda
deliberazione,  non  abbia  trovato  applicazione.   Paradossalmente,
invece, l'eventuale accoglimento del presente ricorso obbligherebbe a
far svolgere le elezioni regionali, ormai  prossime,  sulla  base  di
regole (quelle statali) non coerenti con il mutato quadro statutario. 
    La difesa regionale aggiunge  che  l'eventuale  dichiarazione  di
illegittimita' costituzionale vanificherebbe  in  modo  irragionevole
l'attivita' legislativa posta in  essere  dalla  Regione  in  materia
elettorale, proprio allo scopo di dare attuazione al  nuovo  statuto.
Si evidenzia, inoltre, come la ratio  della  previsione  dell'art.  5
della legge cost. n. 1 del 1999 sia quella di  realizzare  una  piena
integrazione fra la  normativa  elettorale  e  la  forma  di  governo
delineata dal nuovo statuto; obiettivo, che, con il presente ricorso,
rischia di «essere posto in discussione, ma, per cosi' dire, a  parti
invertite (applicazione della  normativa  elettorale  originaria,  in
vigenza del nuovo statuto)». 
    Secondo la Regione Campania, l'unico interesse del Governo, nella
circostanza in esame, poteva essere quello di  ottenere  la  garanzia
circa la non applicazione della nuova legge elettorale in assenza del
nuovo statuto.  Pertanto,  a  tutto  concedere,  la  difesa  erariale
avrebbe dovuto impugnare l'art. 12 della legge reg.  n.  4  del  2009
nella parte in cui non rinvia  gli  effetti  della  legge  in  parola
all'entrata in vigore del nuovo statuto. Al contrario, il citato art.
12 non e' stato censurato; peraltro, siffatta evenienza e' ormai  del
tutto superata, stante l'entrata in vigore dello statuto regionale. 
    Nel merito, la Regione Campania insiste  per  l'infondatezza  del
ricorso,  riprendendo  le  medesime  argomentazioni  gia'  sviluppate
nell'atto di costituzione. 
    3.2.  -   In   riferimento   alla   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 4, comma 3, della legge impugnata, la difesa
regionale ritiene che la  valutazione  compiuta  dal  ricorrente  non
colga il proprium della normativa  in  esame,  la  quale  non  limita
affatto la libera  determinazione  e  non  impone  scelte  ma  «offre
possibilita'  ulteriori   all'elettorato»   (attraverso   l'eventuale
seconda preferenza) ed in questa eventualita' persegue  un  obiettivo
del tutto coerente con il  quadro  costituzionale  (artt.  51  e  117
Cost.), comunitario  ed  internazionale  in  materia  di  parita'  di
accesso delle donne e degli uomini alle cariche elettive. 
    3.2.1. - La resistente sottolinea inoltre il  carattere  «neutro»
del sistema  di  preferenza  previsto,  che  e'  finalizzato  a  dare
attuazione ai nuovi disposti costituzionali, «svolgendo una  funzione
chiaramente antidiscriminatoria». Al riguardo,  la  difesa  regionale
assume che: 
        a) il legislatore campano avrebbe potuto  prevedere  soltanto
una preferenza, senza che cio' potesse qualificarsi  come  limite  al
diritto  di  voto;  pertanto,  la  norma  in  esame   ha   consentito
un'opportunita' in piu', assicurando la piena liberta' per l'elettore
di avvalersi o meno di tale possibilita'; 
        b)  la  condizione  apposta   all'esercizio   della   seconda
preferenza non si traduce nella previsione di un requisito  ulteriore
di eleggibilita' o di candidabilita' dei singoli cittadini;  infatti,
il divieto di una doppia preferenza  omogenea  opera  indistintamente
sia nell'ipotesi di due preferenze di genere  maschile,  sia  di  due
preferenze di genere femminile; 
        c) la sanzione dell'annullamento riguarda  esclusivamente  la
seconda preferenza e non l'espressione del voto tout court. 
    3.2.2. - La  Regione  Campania  passa,  quindi,  all'esame  delle
sentenze n. 422 del 1995 e n. 49 del 2003 della Corte costituzionale,
evidenziando come nella seconda pronunzia siano state valorizzate  le
«novita' di sistema» introdotte nel lasso di tempo intercorso fra  le
due decisioni.  In  particolare,  la  resistente  osserva  che  nella
sentenza n. 422 del 1995 la Corte, pronunciandosi negativamente sulle
c.d. quote rosa, ha posto  l'accento  sul  principio  di  eguaglianza
formale,   sull'illegittimita'   dell'individuazione   di   ulteriori
requisiti di eleggibilita'  o  candidabilita'  dei  cittadini  e  sul
limite delle misure legislative «diseguali», che non possono incidere
sui  contenuti  stessi  dei  diritti  fondamentali  riconosciuti   in
Costituzione. 
    Quanto alla sentenza n. 49 del 2003, la difesa regionale  ritiene
che il percorso argomentativo seguito dalla Corte si  sia  arricchito
di ulteriori, significativi contenuti per effetto dei  mutamenti  del
quadro costituzionale introdotti dalle leggi cost. n. 2 e  n.  3  del
2001. La Regione Campania  evidenzia  come  la  Corte  costituzionale
abbia utilizzato i seguenti argomenti nel pervenire ad una  pronunzia
di non fondatezza: 
        a) le norme impugnate non pongono  l'appartenenza  all'uno  o
all'altro sesso  come  requisito  ulteriore  di  eleggibilita'  o  di
candidabilita' dei singoli cittadini; 
        b) non e' prevista alcuna  misura  di  «disuguaglianza»  allo
scopo di favorire individui appartenenti a gruppi svantaggiati  o  di
compensare tali svantaggi attraverso vantaggi attribuiti con legge; 
        c) non si introducono differenziazioni in relazione al  sesso
dei candidati o degli aspiranti alla candidatura; 
        d)   non   e'   intaccato   il   carattere   unitario   della
rappresentanza elettiva; 
        e) non e' garantito un determinato risultato elettorale. 
    Con particolare riguardo agli argomenti di cui ai punti b) e  c),
la resistente riprende  la  distinzione,  operata  in  dottrina,  tra
«azioni positive» e «norme antidiscriminatorie»,  rilevando  come  le
norme  impugnate  siano  riconducibili  a   quest'ultima   categoria,
trattandosi di «azioni  positive  atipiche»,  caratterizzate  da  una
formulazione neutra, senza cioe' l'individuazione dei soggetti al cui
vantaggio sono finalizzate. 
    Sempre in relazione alla sentenza n.  49  del  2003,  la  Regione
Campania sottolinea come la Corte abbia affermato che la finalita' di
conseguire  una  «parita'  effettiva»  fra  uomini  e   donne   anche
nell'accesso   alla   rappresentanza   elettiva   e'   «positivamente
apprezzabile dal punto di vista costituzionale» e che  tale  esigenza
e'   espressamente   riconosciuta   pure   nel   contesto   normativo
internazionale e  comunitario.  Infine,  la  resistente  riprende  le
conclusioni cui e' giunta la Corte costituzionale nella pronunzia  in
esame, la' dove ha definito le norme oggetto di  quel  giudizio  come
«misura minima di una non discriminazione, ai fini della candidatura,
a sfavore dei cittadini di uno dei due sessi». La  qualificazione  di
«misura minima» lascerebbe presumere, secondo  la  difesa  regionale,
«una  maggiore  apertura  anche  rispetto  a  meccanismi   elettorali
differenti»,  ritenuti  legittimi   non   solo   per   le   modifiche
costituzionali, ma per un  contesto  di  sensibilita'  costituzionale
diverso. 
    La resistente ricorda altresi' che, dopo la sentenza  n.  49  del
2003, il legislatore  costituzionale  e'  nuovamente  intervenuto  in
materia con la legge cost. n. 1  del  2003,  la  quale  ha  integrato
l'art.   51   Cost.,   prevedendo   la   promozione   «con   appositi
provvedimenti» delle pari opportunita' tra donne e uomini. La  difesa
regionale,  richiamando  il  dibattito   parlamentare   svoltosi   in
occasione dell'approvazione della citata legge  costituzionale  e  le
opinioni espresse dalla maggior parte della dottrina, sottolinea come
la finalita' di siffatta  modifica  sia  quella  di  «dare  copertura
costituzionale  proprio  agli  ulteriori  interventi  (anche   azioni
positive) di riequilibrio delle presenze  dei  due  sessi  in  ambito
politico». 
    In proposito, e' citata l'ordinanza n. 39  del  2005,  la  quale,
secondo la difesa regionale, confermerebbe che la modifica  dell'art.
51 Cost. non costituisce una mera specificazione dell'art.  3,  primo
comma, Cost. ma legittima l'adozione di azioni positive. 
    3.2.3. - Da quanto appena detto - e  dall'esame  della  normativa
elettorale sia della Camera dei deputati e del Senato, sia  di  altre
Regioni - la resistente deduce la coerenza della normativa  impugnata
rispetto al contesto normativo vigente; in  particolare,  la  Regione
Campania sottolinea la possibilita' per l'elettore di  esercitare  la
propria preferenza in maniera incondizionata, con la conseguenza  che
il sistema elettorale di preferenza censurato non incide sui  diritti
fondamentali dell'elettore medesimo. 
    In  definitiva,  la  difesa  regionale  ritiene  che   la   legge
impugnata: 
        a) si ponga  come  norma  «antidiscriminatoria»  e  non  come
«azione positiva» (sebbene il  mutamento  del  quadro  costituzionale
renda  legittima  anche  quest'ultima),  in  quanto  fa   riferimento
indifferentemente ad entrambi i generi e quindi da essa non  discende
alcun trattamento diverso di un candidato rispetto ad un altro; 
        b) non introduca alcun ulteriore requisito di eleggibilita' o
di candidabilita',  in  quanto  entrambi  i  generi  sono  egualmente
eleggibili sulla base dei requisiti prescritti; 
        c) non incida sul  carattere  unitario  della  rappresentanza
elettiva,  non  essendovi  alcun  collegamento  con  le   «categorie»
rappresentate; 
        d) escluda qualsiasi garanzia di risultato. 
    3.2.4. - Infine, la Regione Campania  rileva  come  la  normativa
impugnata  si  inserisca  in  un  piu'   ampio   contesto   normativo
(comunitario  ed  internazionale),  segnato   dalla   previsione   di
strumenti sempre piu' incisivi (fino a  giungere  a  vere  e  proprie
azioni positive) per assicurare  un'effettiva  parita'  fra  donne  e
uomini. 
    Sono richiamati, in proposito: 
        a) l'art. 3 della Convenzione sull'eliminazione di ogni forma
di discriminazione nei confronti della donna, adottata a New York  il
18 dicembre 1979, cui e' stata data esecuzione con la legge 14  marzo
1985, n. 132; 
        b) l'art. 23 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione
europea (c.d. Carta di Nizza), secondo cui il principio della parita'
tra donne e uomini non osta al mantenimento o all'adozione di  misure
che   prevedano   vantaggi   specifici    a    favore    del    sesso
sottorappresentato; 
        c)  l'art.  2  del  Trattato  7   febbraio   1992   (Trattato
sull'Unione europea); 
        d) la decisione 19 giugno  2000,  n.  2000/407/CE  (Decisione
della Commissione riguardante l'equilibrio tra i sessi nei comitati e
nei gruppi di esperti da essa istituiti), in cui si afferma  che  «La
parita' tra uomini e donne e' essenziale per la dignita' umana e  per
la democrazia e costituisce un  principio  fondamentale  della  legge
comunitaria, delle costituzioni e delle leggi degli  Stati  membri  e
delle convenzioni internazionali ed europee»; 
        e)  la  raccomandazione  2  dicembre   1996,   n.   96/694/CE
(Raccomandazione del Consiglio riguardante  la  partecipazione  delle
donne e degli uomini al processo decisionale), che invita  gli  Stati
membri a «sviluppare o istituire misure adeguate, quali eventualmente
misure  legislative  e/o  regolamentari  e/o  di   promozione»,   per
realizzare l'obiettivo della «partecipazione equilibrata delle  donne
e degli uomini al processo decisionale»; 
        f) la raccomandazione Rec(2003)3 del  Comitato  dei  Ministri
agli Stati membri sulla  partecipazione  equilibrata  delle  donne  e
degli uomini ai processi decisionali politici e pubblici, adottata il
12 marzo 2003, la quale, fra l'altro,  invita  gli  Stati  membri  ad
adottare «riforme legislative intese a stabilire  soglie  di  parita'
per le candidature  alle  elezioni  locali,  regionali,  nazionali  e
sopranazionali», e precisa, al  paragrafo  3,  che  «l'obiettivo  non
dovrebbe essere solamente che almeno il 40% dei seggi siano riservati
a ciascuno dei rappresentanti dei due sessi, ma piuttosto che  almeno
il 40% delle donne ed il 40% degli uomini vengano eletti». 
    3.2.5. - Per le ragioni suesposte la Regione Campania ritiene che
la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 3, sia
infondata rispetto a tutti i parametri invocati. In primo  luogo,  la
norma impugnata non si pone in  contrasto  con  l'art.  3  Cost.,  in
quanto la sua formulazione «neutra» risulta coerente con il principio
di eguaglianza formale. 
    Non  sarebbe  violato  l'art.  48  Cost.,  in  quanto   il   voto
dell'elettore e' del tutto libero,  anzi  questi  puo'  scegliere  se
esprimere una sola preferenza o aggiungerne una seconda, che si  pone
come misura antidiscriminatoria e quindi non idonea  a  garantire  un
determinato risultato elettorale, ma funzionale al riequilibrio tra i
generi. 
    Infine, non sarebbe rinvenibile alcuna  violazione  dell'art.  51
Cost., specie nell'attuale formulazione risultante  dall'integrazione
operata dalla legge cost. n. 1 del 2003, in quanto la norma censurata
contribuisce, in  maniera  equilibrata,  ad  attuare  l'obiettivo  di
democrazia paritaria, previsto nello stesso art. 51. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, con ricorso
notificato il 12 giugno 2009 e depositato il  successivo  18  giugno,
questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 2, comma  2,  3,
commi 1, 3 e 4, 4, comma 3, e 6, comma 1, della legge  della  Regione
Campania 27 marzo 2009, n. 4 (Legge elettorale), per violazione degli
artt. 3, 48 e  51  della  Costituzione  e  dell'art.  5  della  legge
costituzionale 22  novembre  1999,  n.  1  (Disposizioni  concernenti
l'elezione  diretta  del  Presidente   della   Giunta   regionale   e
l'autonomia statutaria delle Regioni). 
    2. - Con riferimento alle questioni aventi ad oggetto  gli  artt.
2, comma 2, e 3, commi 1, 3 e 4, e gli artt. 6, comma 1, e  3,  comma
4, della legge reg. Campania n. 4 del 2009, deve essere dichiarata la
cessazione della materia del contendere. 
    2.1. - Le censure mosse dal ricorrente  alle  suddette  norme  si
basano essenzialmente sulla asserita  violazione  dell'art.  5  della
legge cost. n. 1 del 1999, la' dove stabilisce che  fino  all'entrata
in vigore dei nuovi statuti regionali e delle nuove leggi elettorali,
ai sensi del primo comma dell'art. 122 Cost.,  nel  testo  modificato
dalla medesima legge cost. n. 1 del 1999, l'elezione  del  Presidente
della Giunta regionale  e'  contestuale  al  rinnovo  dei  rispettivi
Consigli regionali e si effettua  con  le  modalita'  previste  dalle
disposizioni di legge ordinaria vigenti in materia  di  elezione  dei
Consigli regionali. 
    La  ratio  della  citata  norma  costituzionale  transitoria   e'
evidente: il legislatore costituzionale  ha  voluto  evitare  che  il
rapporto tra  forma  di  governo  regionale  -  la  quale,  ai  sensi
dell'art. 123, primo comma,  Cost.,  deve  essere  determinata  dagli
statuti delle singole Regioni - e legge  elettorale  regionale  possa
presentare aspetti di incoerenza dovuti all'inversione,  temporale  e
logica, tra la prima e la seconda.  E'  noto  infatti  che  la  legge
elettorale deve armonizzarsi con la forma di governo, allo  scopo  di
fornire   a   quest'ultima   strumenti   adeguati   di    equilibrato
funzionamento sin dal momento della costituzione degli  organi  della
Regione, mediante la preposizione dei titolari alle singole  cariche.
L'entrata in vigore e l'applicazione  della  legge  elettorale  prima
dello   statuto   potrebbero   introdurre   elementi   originari   di
disfunzionalita', sino all'estremo  limite  del  condizionamento  del
secondo da parte della prima, in violazione o elusione del  carattere
fondamentale della  fonte  statutaria,  comprovato  dal  procedimento
aggravato previsto  dall'art.  123,  secondo  e  terzo  comma,  della
Costituzione. 
    2.2. -  Nel  caso  di  specie,  tale  rischio  di  incoerenza  e'
scongiurato sia per motivi attinenti  alla  scansione  temporale  dei
rispettivi  iter  procedimentali  del  nuovo  statuto  della  Regione
Campania (legge reg. 28 maggio 2009, n. 6) e della legge  elettorale,
sia per motivi sostanziali attinenti al collegamento tra gli stessi. 
    Lo statuto e' stato approvato,  in  prima  deliberazione,  il  12
giugno 2008 ed in seconda deliberazione il 20 febbraio  2009.  Il  26
febbraio 2009 e' stata effettuata la  pubblicazione  notiziale  dello
stesso, ai fini di un'eventuale richiesta referendaria. Lo statuto e'
stato  promulgato  il  28  maggio  2009,  pubblicato  nel  Bollettino
ufficiale della Regione del 3 giugno 2009, ed e' entrato in vigore il
successivo 18 giugno. 
    La legge elettorale campana e' stata approvata dalla  Commissione
speciale statuto il 3 febbraio 2009, dal Consiglio  regionale  il  12
marzo 2009 ed e' stata promulgata il successivo 27 marzo.  La  stessa
e' stata pubblicata nel Bollettino ufficiale della  Regione  Campania
del 14 aprile 2009 ed e' entrata in vigore il giorno successivo. 
    Come si vede, l'iter dei due atti normativi e' stato parallelo  e
la conclusione di quello relativo  alla  legge  elettorale  e'  stata
anteriore a quella riguardante lo statuto solo a causa  della  doppia
approvazione di quest'ultimo, ad intervallo non minore di  due  mesi,
prescritta dall'art. 123, secondo  comma,  Cost.  L'integrazione  tra
forma di governo e legge elettorale, voluta dall'art. 5  della  legge
cost. n. 1 del 1999, e' stata  quindi  assicurata  dalla  trattazione
contemporanea dei due disegni di  legge  e  non  e'  inficiata  dalla
conclusione del procedimento relativo alla legge elettorale con breve
anticipo rispetto a quello concernente lo statuto,  dovuta  a  motivi
esclusivamente procedurali. 
    Occorre inoltre notare che, al momento della delibera governativa
di impugnazione della legge elettorale regionale (21 maggio 2009), lo
statuto non era stato ancora promulgato, con la conseguenza  che,  in
quella data non v'era certezza sulla sua effettiva entrata in vigore,
non essendo ancora trascorso il termine di tre mesi per una eventuale
richiesta  referendaria,  che  in  concreto  poi  non  vi  e'  stata.
Esistevano quindi le condizioni che  giustificavano  il  ricorso  del
Presidente del Consiglio dei ministri, giacche' ben  poteva  accadere
che  lo  statuto  venisse  respinto  dal  corpo  elettorale,  con  la
conseguenza che la legge elettorale sarebbe  rimasta  in  vigore,  ma
scoordinata rispetto allo stesso statuto.  Per  quest'ultimo  sarebbe
stato necessario un nuovo procedimento di approvazione, con possibili
varianti rispetto alle scelte precedenti in tema di forma di governo,
che avrebbero potuto presentare aspetti contraddittori o comunque  di
difficile integrazione e complementarita' con  le  regole  elettorali
predisposte in funzione dello statuto ormai perento. Il Governo aveva
pertanto fondate ragioni per promuovere la questione di  legittimita'
costituzionale   su   un   atto    normativo    che,    al    momento
dell'impugnazione, avrebbe potuto rimanere isolato, non integrato con
lo statuto e quindi in contrasto con l'art. 5 della legge cost. n.  1
del 1999. 
    Gli eventi successivi - e  segnatamente  la  promulgazione  e  la
pubblicazione dello statuto prima che il ricorso del Governo  venisse
notificato - hanno fugato  la  preoccupazione  che  statuto  e  legge
elettorale  non  presentassero  i  caratteri  di  complementarita'  e
integrazione voluti dalla norma costituzionale.  E'  venuta  cosi'  a
mancare la condizione prevista dall'art. 5 della legge cost. n. 1 del
1999  per  l'applicazione  della  disciplina  transitoria,  anche  in
considerazione  del  fatto  che,  medio  tempore,  la   nuova   legge
elettorale non ha avuto applicazione, non essendosi  svolte  elezioni
regionali in Campania. 
    Il coordinamento e l'integrazione dello  statuto  e  della  legge
elettorale trovano una conferma sostanziale negli artt. 5, comma 2, e
6, comma 3, della stessa legge elettorale, ove e'  citato  l'art.  27
del nuovo statuto, in  base  al  quale  il  Presidente  della  Giunta
regionale e' membro del Consiglio regionale. 
    Per le  considerazioni  sopra  esposte,  si  deve  dichiarare  la
cessazione  della  materia  del  contendere  con   riferimento   alle
questioni di legittimita' costituzionale aventi ad oggetto gli  artt.
2, comma 2, 3, commi 1, 3 e  4,  e  6,  comma  1,  della  legge  reg.
Campania n. 4 del 2009. 
    3. - La questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  4,
comma 3, della legge reg. Campania n. 4 del 2009 non e' fondata. 
    3.1. - La questione riguarda una norma che, per  la  prima  volta
nell'ordinamento  italiano,  prevede  la  cosiddetta  «preferenza  di
genere».  In  particolare,  la  disposizione  censurata  dispone  che
l'elettore puo' esprimere uno o due voti di  preferenza  e  che,  nel
caso di  espressione  di  due  preferenze,  una  deve  riguardare  un
candidato di genere maschile ed una un candidato di genere  femminile
della stessa lista, pena l'annullamento della seconda preferenza. 
    La norma prima citata trova  fondamento  nell'art.  5  del  nuovo
statuto della Regione Campania, non impugnato dal Governo,  che,  nel
comma 3, ultimo inciso, cosi'  recita:  «Al  fine  di  conseguire  il
riequilibrio della rappresentanza  dei  sessi,  la  legge  elettorale
regionale promuove condizioni di parita' per l'accesso  di  uomini  e
donne alla carica di consigliere regionale mediante azioni positive». 
    La finalita'  della  nuova  regola  elettorale  e'  dichiaramente
quella di ottenere un riequilibrio della rappresentanza politica  dei
due sessi all'interno del Consiglio regionale, in  linea  con  l'art.
51,  primo  comma,  Cost.,   nel   testo   modificato   dalla   legge
costituzionale 30 maggio 2003, n. 1 (Modifica dell'articolo 51  della
Costituzione), e con l'art. 117,  settimo  comma,  Cost.,  nel  testo
modificato  dalla  legge  costituzionale  18  ottobre  2001,   n.   3
(Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione). 
    La  prima  norma  costituzionale  citata  dispone  che  «Tutti  i
cittadini dell'uno e dell'altro sesso possono  accedere  agli  uffici
pubblici e  alle  cariche  elettive  in  condizioni  di  eguaglianza,
secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tal fine  la  Repubblica
promuove con appositi provvedimenti le pari opportunita' tra donne  e
uomini». 
    La  seconda  norma  costituzionale  stabilisce  che   «Le   leggi
regionali rimuovono ogni ostacolo  che  impedisce  la  piena  parita'
degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica
e promuovono la parita' di accesso tra donne e  uomini  alle  cariche
elettive». 
    Il   quadro   normativo,   costituzionale   e   statutario,    e'
complessivamente ispirato al  principio  fondamentale  dell'effettiva
parita' tra i due sessi nella rappresentanza  politica,  nazionale  e
regionale, nello spirito  dell'art.  3,  secondo  comma,  Cost.,  che
impone alla Repubblica la rimozione di  tutti  gli  ostacoli  che  di
fatto impediscono una  piena  partecipazione  di  tutti  i  cittadini
all'organizzazione politica  del  Paese.  Preso  atto  della  storica
sotto-rappresentanza delle donne nelle assemblee elettive, non dovuta
a preclusioni formali incidenti sui requisiti di eleggibilita', ma  a
fattori culturali, economici e sociali, i legislatori  costituzionale
e statutario indicano la via delle misure  specifiche  volte  a  dare
effettivita' ad un principio di eguaglianza astrattamente sancito, ma
non compiutamente realizzato nella prassi politica ed elettorale. 
    3.2. - I mezzi per attuare questo disegno di realizzazione  della
parita' effettiva  tra  donne  e  uomini  nell'accesso  alle  cariche
elettive possono essere di diverso tipo. La tecnica  prescelta  dalla
norma censurata  nel  presente  giudizio  e'  quella  di  predisporre
condizioni generali volte a favorire il riequilibrio di genere  nella
rappresentanza politica,  senza  introdurre  strumenti  che  possano,
direttamente  o  indirettamente,  incidere  sull'esito  delle  scelte
elettorali dei cittadini. Questa Corte ha escluso che possano  essere
legittimamente  introdotte  nell'ordinamento  misure  che   «non   si
propongono di "rimuovere" gli ostacoli che impediscono alle donne  di
raggiungere  determinati  risultati,  bensi'   di   attribuire   loro
direttamente quei risultati medesimi» (sentenza n. 422 del 1995). 
    Tenendo  ferma  questa   fondamentale   statuizione,   la   Corte
costituzionale, dopo l'introduzione del  nuovo  testo  dell'art.  117
Cost., ma in data anteriore alla  modifica  dell'art.  51  Cost.,  ha
precisato  che  i  vincoli  imposti  dalla   legge   per   conseguire
l'equilibrio dei generi  nella  rappresentanza  politica  non  devono
incidere sulla «parita' di chances delle  liste  e  dei  candidati  e
delle candidate nella competizione elettorale» (sentenza  n.  49  del
2003). 
    3.3. -  Occorre  quindi  chiedersi  se  la  norma  censurata  nel
presente giudizio in qualche modo prefiguri il risultato  elettorale,
alterando  forzosamente  la  composizione   dell'assemblea   elettiva
rispetto a quello che sarebbe il risultato  di  una  scelta  compiuta
dagli  elettori  in  assenza  della  regola  contenuta  nella   norma
medesima, oppure attribuisca ai candidati dell'uno o dell'altro sesso
maggiori opportunita' di successo elettorale rispetto agli altri. 
    Si  deve  innanzitutto  notare  che  l'espressione  della  doppia
preferenza e' meramente facoltativa per l'elettore, il quale ben puo'
esprimerne una sola, indirizzando la sua scelta  verso  un  candidato
dell'uno o dell'altro  sesso.  Solo  se  decide  di  avvalersi  della
possibilita' di esprimere una seconda preferenza,  la  scelta  dovra'
cadere su un candidato della stessa lista, ma  di  sesso  diverso  da
quello del candidato oggetto della  prima  preferenza.  Nel  caso  di
espressione di due  preferenze  per  candidati  dello  stesso  sesso,
l'invalidita' colpisce soltanto la seconda preferenza, ferma restando
pertanto la prima scelta dell'elettore. 
    Da quanto esposto si  traggono  due  conseguenze,  in  ordine  ai
limiti posti dalla giurisprudenza di questa Corte all'introduzione di
strumenti normativi specifici per realizzare il  riequilibrio  tra  i
sessi nella rappresentanza politica. 
    La prima e' che la regola censurata non e' in alcun modo idonea a
prefigurare un risultato elettorale o ad alterare artificiosamente la
composizione della  rappresentanza  consiliare.  E'  agevole  difatti
osservare  che,  in  applicazione  della  norma  censurata,   sarebbe
astrattamente possibile, in seguito alle scelte degli  elettori,  una
composizione  del  Consiglio   regionale   maggiormente   equilibrata
rispetto al passato, sotto il  profilo  della  presenza  di  donne  e
uomini al suo interno, ma anche il permanere del vecchio  squilibrio,
ove gli elettori si limitassero  ad  esprimere  una  sola  preferenza
prevalentemente in favore  di  candidati  di  sesso  maschile  o,  al
contrario, l'insorgere di un nuovo squilibrio, qualora  gli  elettori
esprimessero in maggioranza una sola preferenza, riservando  la  loro
scelta a candidati di sesso femminile. La  prospettazione  di  queste
eventualita' - tutte consentite in astratto dalla normativa censurata
- dimostra che  la  nuova  regola  rende  maggiormente  possibile  il
riequilibrio, ma non lo  impone.  Si  tratta  quindi  di  una  misura
promozionale, ma non coattiva. 
    Sotto il profilo della liberta' di voto,  tutelata  dall'art.  48
Cost., si deve osservare che l'elettore, quanto all'espressione delle
preferenze e, piu' in generale, alle modalita' di votazione, incontra
i  limiti  stabiliti  dalle  leggi  vigenti,  che  non  possono   mai
comprimere o condizionare  nel  merito  le  sue  scelte,  ma  possono
fissare criteri con i quali queste devono essere effettuate.  Non  e'
certamente lesivo della liberta' degli  elettori  che  le  leggi,  di
volta in volta, stabiliscano il numero delle preferenze  esprimibili,
in coerenza con  indirizzi  di  politica  istituzionale  che  possono
variare  nello  spazio  e  nel  tempo.  Parimenti  non  puo'   essere
considerata lesiva della stessa liberta' la condizione di genere  cui
l'elettore campano viene assoggettato,  nell'ipotesi  che  decida  di
avvalersi della facolta' di  esprimere  una  seconda  preferenza.  Si
tratta di una facolta'  aggiuntiva,  che  allarga  lo  spettro  delle
possibili scelte elettorali - limitato ad  una  preferenza  in  quasi
tutte le leggi elettorali regionali - introducendo,  solo  in  questo
ristretto ambito,  una  norma  riequilibratrice  volta  ad  ottenere,
indirettamente ed eventualmente, il risultato di un'azione  positiva.
Tale risultato non sarebbe, in ogni caso,  effetto  della  legge,  ma
delle libere scelte degli elettori, cui si attribuisce uno  specifico
strumento utilizzabile a loro discrezione. 
    I diritti fondamentali di elettorato attivo e  passivo  rimangono
inalterati.  Il  primo  perche'  l'elettore  puo'  decidere  di   non
avvalersi di questa ulteriore possibilita', che  gli  viene  data  in
aggiunta al regime ormai  generalizzato  della  preferenza  unica,  e
scegliere  indifferentemente  un  candidato  di  genere  maschile   o
femminile. Il secondo perche' la regola della  differenza  di  genere
per  la  seconda  preferenza  non  offre  possibilita'  maggiori   ai
candidati dell'uno o dell'altro sesso  di  essere  eletti,  posto  il
reciproco e paritario condizionamento tra i due  generi  nell'ipotesi
di espressione di preferenza duplice. Non vi sono, in base alla norma
censurata, candidati piu' favoriti o piu'  svantaggiati  rispetto  ad
altri,  ma  solo  una  eguaglianza  di  opportunita'  particolarmente
rafforzata da una norma che promuove il riequilibrio di genere  nella
rappresentanza consiliare. 
    4. - La sentenza n. 422 del 1995 di questa Corte sottolineava che
al riequilibrio tra i sessi nella rappresentanza  politica  «si  puo'
[...] pervenire con un'intensa azione di crescita culturale che porti
partiti   e   forze   politiche   a   riconoscere    la    necessita'
improcrastinabile di perseguire l'effettiva presenza paritaria  delle
donne  nella  vita  pubblica,  e  nelle  cariche  rappresentative  in
particolare». Norme come quella oggetto del presente giudizio possono
solo offrire possibilita' di scelta aggiuntive agli elettori, ma  non
garantiscono - ne' potrebbero farlo - che l'obiettivo sia  raggiunto,
giacche' resistenze culturali e sociali, ancora  largamente  diffuse,
potrebbero frustrare l'intento del legislatore regionale, perpetuando
la situazione esistente, che presenta un vistoso squilibrio di genere
nella  rappresentanza  sia  nella  Regione  Campania  sia,  piu'   in
generale,  nelle  assemblee  elettive  della   Repubblica   italiana.
L'aleatorieta' del risultato dimostra che quello previsto dalla norma
censurata non e' un meccanismo  costrittivo,  ma  solo  promozionale,
nello spirito delle disposizioni costituzionali  e  statutarie  prima
citate. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Dichiara non fondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 4, comma 3, della legge della  Regione  Campania  27  marzo
2009, n. 4 (Legge elettorale), promossa, in riferimento agli artt. 3,
48 e 51 della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri
con il ricorso indicato in epigrafe; 
    Dichiara  cessata  la  materia  del  contendere  in  ordine  alla
questione di legittimita' costituzionale degli artt. 2, comma 2, e 3,
commi 1, 3 e 4, della legge reg. Campania n. 4 del 2009, promossa, in
riferimento all'art. 5 della legge costituzionale 22  novembre  1999,
n. 1 (Disposizioni  concernenti  l'elezione  diretta  del  Presidente
della Giunta regionale e l'autonomia statutaria delle  Regioni),  dal
Presidente del Consiglio dei ministri  con  il  ricorso  indicato  in
epigrafe; 
    Dichiara  cessata  la  materia  del  contendere  in  ordine  alla
questione di legittimita' costituzionale degli artt. 6, comma 1, e 3,
comma 4, della legge reg.  Campania  n.  4  del  2009,  promossa,  in
riferimento  all'art.  5  della  legge  cost.  n.  1  del  1999,  dal
Presidente del Consiglio dei ministri  con  il  ricorso  indicato  in
epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 15 dicembre 2009. 
 
                       Il Presidente: Amirante 
 
 
                       Il redattore: Silvestri 
 
 
                      Il cancelliere: Di Paola 
 
    Depositata in cancelleria il 14 gennaio 2010. 
 
              Il direttore della cancelleria: Di Paola