N. 329 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 settembre 2009
Ordinanza del 23 settembre 2009 emessa dal Tribunale di Catania nel procedimento civile promosso da Stracuzzi Santi ed altre contro Palma Italo ed altre. Responsabilita' civile - Risarcimento del danno derivante da sinistro stradale - Pluralita' di persone danneggiate nello stesso sinistro - Sussistenza di litisconsorzio necessario nei giudizi pendenti tra la compagnia di assicurazione e le persone danneggiate - Prevista applicabilita' dell'art. 102 cod. proc. civ. - Eccesso di delega - Irragionevolezza - Incidenza sul diritto di difesa dei danneggiati - Asserita lesione del principio di ragionevole durata del processo. - Decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, art. 140, comma 4, primo periodo. - Costituzione, artt. 3, 24, 76 [in relazione all'art. 4 della legge delega 29 luglio 2003, n. 229] e 111, comma secondo.(GU n.4 del 27-1-2010 )
IL TRIBUNALE Sciogliendo la riserva assunta alla udienza in data 24 giugno 2009; Esaminati gli atti e documenti di causa (proc. n. 9758/2008 RG); Ritenuto che, nel presente giudizio viene istato ex art. 144 d.lgs. n. 209 del 2005 il risarcimento del danno da sinistro stradale in esito ad «incidente» automobilistico verificatosi in data 31 luglio 2006 nel quale, alla stregua delle allegazioni rese dalle parti, risultano essere stati coinvolti ben quattro (4) autoveicoli con relativi «equipaggi» e conseguente - «bilancio» - oltre ai danni ai veicoli - di un morto ed almeno cinque (5) feriti e la configurazione di un novero molteplice di («effettivi», «probabili» od anche solo «possibili») «danneggiati» a vario titolo (enti previdenziali, datori di lavoro, parenti, «fidanzati», conviventi, etc.), in parte individuati ma non in causa per varie ragioni - ed in parte evidentemente non individuabili con certezza, allo stato, per la molteplicita' delle potenziali situazioni facenti capo ai soggetti coinvolti, con «supero» (ovviamente in via di prospettazione delle parti e di petitum nummario dalle stesse proposto) del modesto massimale di euro 774.686,00 gia' in relazione alle pretese sin qui spiegate nel presente giudizio in misura di gran lunga superiore allo stesso (euro 1.800.000,00 oltre interessi e rivalutazione monetaria ed oltre euro 200.00,00 di cd. «danno punitivo» richieste nel presente giudizio dai soli Stracuzzi Santi e Longo Silvana ed euro 260.000,00 piu' interessi e rivalutazione monetaria richieste in altro giudizio da Stracuzzi Carmelina); Ritenuto che la questione della disintegrita' del contraddittorio ex artt. 140 terzo comma d.lgs. n. 209 del 2005 e 102 c.p.c. e' stata espressamente rilevata dalla resistente Societa'. Duomo UniOne Assicurazioni S.p.a., con conseguente immediata ricaduta sull'esercizio dei diritti di credito risarcitorio vantati ed, allo stato irritualmente, azionati in giudizio e sul soddisfacimento degli stessi (ove effettivamente sussistenti), tantoppiu' in relazione alla istanza di «provvisionale» «ai sensi dell'art. 5 legge n. 102/2006» altresi' ingiudizio proposta ob torto collo subordinata essa stessa dalla difesa degli istanti all'esito della avvenuta «integrazione del contraddittorio»; integrazione del contraddittorio della quale, peraltro, la medesima difesa chiede «gravare la Duomo UniOne»; Ritenuto invero che, a tenore del disposto di cui all'art. 140 terzo comma prima parte del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209 «Nei giudizi promossi fra l'impresa di assicurazione e le persone danneggiate sussiste litisconsorzio necessario, applicandosi l'art. 102 del codice di procedura civile» ed, a tenore del disposto di cui all'art. 102 c.p.c. «Se la decisione non puo' pronunziarsi che in confronto di piu' parti, queste debbono agire o essere convenute nello stesso processo. Se questo e' promosso da alcune o contro alcune soltanto di esse, il giudice ordina l'integrazione del contraddittorio in un termine perentorio da lui stabilito»; Orbene, come e' stato detto, «la applicazione della norma richiamata imporrebbe a questo Giudice di ordinare ex art. 102 c.p.c. l'integrazione del contraddittorio rispetto a tutti» i danneggiati non chiamati in causa gia' ancora da individuare ed identificare «ricorrendo una evidente ipotesi di illecito da circolazione stradale ad offensivita' multipla e non potendo, per l'effetto, il giudizio proseguire solo tra i soli soggetti inizialmente in lite. Ricorre, allora, il sicuro collegamento logico-giuridico richiesto dall'art. 23 legge n. 83/1957 tra l'art. 140 ult. comma cit., della cui costituzionalita' si dubita nei termini di cui appresso, e la res iudicanda addotta. In altri termini, la causa appare insuscettibile di essere correttamente istruita e decisa a prescindere dalla verifica se sia costituzionalmente legittima la nuova ipotesi di litisconsorzio necessario introdotta dalla disposizione in esame (cfr. ex multis Corte costituzionale, 24 giugno 2004, n. 191).» (in questi termini, Tribunale Nola, Sez. 15 novembre 2008, in Redazione Giuffre' 2009); Palese, dunque, la specifica «rilevanza» della questione nella fattispecie sub iudice - del presente giudizio sono, invero, parti esclusivamente: l. i genitori del deceduto Stracuzzi Antonio; 2. la fidanzata delle stesso, successivamente intervenuta; 3. i proprietari di due dei quattro veicoli coinvolti nel sinistro; 4. l'assicuratore di uno dei quattro veicoli; in ordine ai requisito della «non manifesta infondatezza» osserva il Giudice Istruttore anzitutto, come appaiano condivisibili le considerazioni di cui in Tribunale Nola, Sez. 15 novembre 2008 cit., quivi di seguito testualmente trascritte: «L'art. 140 cit., introducendo una nuova fattispecie chi litisconsorzio necessario tra tutti i danneggiati, si pone con evidenza l'obiettivo di assicurare il principio della par condicio degli stessi nel soddisfacimento delle loro ragioni su di un massimale eventualmente incapiente. Infatti esso, recependo l'analoga regola gia' dettata in precedenza dall'art. 27 legge n. 990/1969, prevede al primo comma che «qualora vi siano piu' persone danneggiate nello stesso sinistro e il risarcimento dovuto dal responsabile superi le somme assicurate, i diritti delle persone danneggiate nei confronti dell'impresa di assicurazione sono proporzionalmente ridotti fino alla concorrenza delle somme assicurate». Onde in tali casi il massimale andrebbe ripartito contestualmente tra tutti gli aventi diritto, in proporzione dei relativi crediti. Sennonche', lo strumento processuale volto a garantire tale corretta distribuzione viene per la prima volta individuato dal legislatore, all'ultimo comma della disposizione cit., nel litisconsorzio necessario imposto agli stessi danneggiati ex art. 102 c.p.c. in un unico giudizio risarcitorio. Ma da tale opzione normativa deriva da subito un rilevante corollario Avendo il legislatore valorizzato in modo pregnante la sua finalita' di assicurare in un'unica sede giudiziale la corretta distribuzione del massimale tra i vari danneggiati, mediante il nuovo litisconsorzio ex art. 102 c.p.c. si e' finito sostanzialmente per imporre a ciascun danneggiato di far valere le rispettive poste di danno necessariamente nell'unico processo - appunto a litisconsorzio necessario - previamente promosso dal piu' solerte di essi. Infatti, secondo l'art. 102 c.p.c. «se la decisione non puo' pronunciarsi che in confronto di piu' parti, queste devono agire o essere convenute nello stesso processo». Sicche', si e' obbligato ciascun danneggiato ad «agire» contestualmente in un'unica causa. Peraltro, il predetto vincolo di «azione contemporanea» si raccorda perfettamente con lo scopo della norma. Se infatti - come detto - quest'ultimo consiste nella giusta ripartizione del massimale, esso non poteva che postulare in termini logicamente necessari che fossero conoscibili da parte del Giudice tutti gli importi (risarcitori) in ragione dei quali operare la predetta ripartizione , dovendosi avere ben presente sulla base di quali valori procedere alla «proporzionale riduzione fino a concorrenza delle somme assicurate» dei singoli crediti. Laddove, solo delibando in ordine all'entita' di tutti i risarcimenti, il Giudice e' messo nelle condizioni di poter distribuire correttamente il massimale tra i creditori. Peraltro, ad opinare diversamente, cioe' a ritenere che il singolo danneggiato evocato in giudizio dall'attore, ab origine o previo ordine ex art. 102 c.p.c., non debba avanzare anch'egli la sua pretesa risarcitoria in quella stessa sede, non solo si arriverebbe a contraddire la disciplina letterale (...devono agire...) e la struttura tipica del litisconsorzio necessario (il quale regredirebbe ad una sorta di anomala litisdenuntiatio), ma si frustrerebbe frontalmente la stessa ratio della chiamata del terzo creditore, impedendosi al Giudice di conoscere le pretese di tutti ed operare la distribuzione del massimale che ne consegue»; «Violazione dell'art. 76 Cost. per mancata copertura della legge delega il Codice delle Assicurazioni private e', come noto, normativa di rango primario delegata, essendo stata emessa nelle forme di un d.lgs. adottato sulla base dell'art. 4 legge n. 229/2003. Con quest'ultima legge, infatti, il Governo era stato delegato ad adottare uno o piu' decreti legislativi per «il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di assicurazioni» e cio' «nel rispetto di determinati principi e criteri direttivi». Si dubita, allora, che la nuova ipotesi litisconsorzio introdotta dall'art.140 cod. ass. trovi un effettivo aggancio in qualcuno dei principi e/o criteri direttivi dettati dal legislatore delegante. La norma in esame integra una disposizione squisitamente processuale, introdotta dal legislatore per mere ragioni di opportunita' (salvo quanto si osservera' in seguito). Infatti, il litisconsorzio ex art. 102 c.p.c. e' stato imposto con riguardo ad azioni risarcitorie che sarebbero state tranquillamente suscettibili di essere decise separatamente, siccome distinte per petitum (varie poste di danno), causae petendi (diversi diritti violati) e soggetti (diversi danneggiati). Dunque, non vi era alcuna ragione di natura sostanziale che prescrivesse una necessaria trattazione congiunta delle liti in questione nemmeno sotto il profilo della mera partecipazione contestuale di tutti i danneggiati nel medesimo giudizio. Ed allora, e' proprio tale innovativa opzione legislativa che sembra non attenere ne' apparire congruente ad alcuna delle finalita' di cui all'art. 4 legge n. 229/2003. Tali finalita' consistevano: «a) nell'adeguamento della normativa alle disposizioni comunitarie e agli accordi internazionali»: tuttavia, tali normative sovranazionali non riguardavano la regolamentazione specifica dell'esercizio dell'azione; «b) nella tutela dei consumatori e, in generale, dei contraenti piu' deboli, sotto il profilo della trasparenza delle condizioni contrattuali, nonche' dell'informativa preliminare, contestuale e successiva alla conclusione del contratto, avendo riguardo anche alla correttezza dei messaggi pubblicitari e del processo di liquidazione dei sinistri, compresi gli aspetti strutturali di' tale servizio»: sennonche', tale criterio direttivo si rivolgeva chiaramente solo alla piu' attenta salvaguardia di ciascun cittadino/consumatore nel momento in cui esso era coinvolto nelle relazioni negoziali con le grandi compagnie assicurative; sicche', il principio dettato nulla aveva a che vedere con le questioni processuali incise dall'art. 140 alt. comma cit.; «c) nella salvaguardia dell'effettiva concorrenza tra le imprese autorizzate all'esercizio dell'attivita' assicurativa in Italia o operanti in regime di liberta' di prestazioni di servizi»: ma e' evidente che tra la concorrenza ed il litisconsorzio nel processo non vi era alcun profilo di interferenza; «d) nella previsione di specifici requisiti di accesso e di esercizio per le societa' di mutua assicurazione esonerate dal pieno rispetto delle norme comunitarie, nonche' per le imprese di riassicurazione»: ma e' evidente la non attinenza del criterio con la norma esaminata; «e) nella garanzia di una corretta gestione patrimoniale e finanziaria delle imprese autorizzate all'esercizio dell'attivita' assicurativa, anche nell'ipotesi di una loro appartenenza ad un gruppo assicurativo, nonche' con riferimento alle partecipazioni di imprese assicurative in soggetti esercenti attivita' connesse a quella assicurativa e di partecipazione di questi ultimi in imprese assicurative;»: valga quanto osservato sub c); «f) nell'armonizzazione della disciplina delle diverse figure di intermediari nell'attivita' di distribuzione dei servizi assicurativi, compresi i soggetti che, per conto di intermediari, svolgono questa attivita' nei confronti del pubblico»: valga quanto osservato sub c); «g) nell'armonizzazione della disciplina sull'esercizio e sulla vigilanza delle imprese di assicurazione e degli intermediari assicurativi alla normativa comunitaria»: valga quanto osservato sub c); «h) nella riformulazione dell'apparato sanzionatorio alla luce dei principi generali in materia»: valga quanto osservato sub c). Non si rinviene, in sostanza, alcun chiaro principio dettato dal legislatore delegante che abbia potuto giustificare la norma in esame, fondandola validamente ex art. 76 Cost. Non sfugge, poi, al Giudice remittente che la modifica di norme in vigore mediante normativa delegata, in assenza di criteri direttivi analitici, poteva comune essere considerata ammissibile, ed in tal modo compatibile con l'art. 76 Cost., ove utile per l'armonico coordinamento del sistema normativo innovato, allo scopo di garantire la coerenza giuridica, logica e sistematica della normativa (art. 20 legge n. 59/1997) ovvero quando fossero stati osservati i principi guida della legislazione anteriore e «l'obiettivo fosse di ricondurre a sistema una disciplina stratificata negli anni», sicche', in tal caso, «non sarebbe stato necessario che fosse espressamente enunciato nella legge delega il principio gia' presente nell'ordinamento, essendo sufficiente il criterio del riordino di una materia delimitata» (Corte Cost. n. 52 del 28 gennaio 2005; Cost. cost. n. 174 del 4 maggio 2005). Tuttavia, pur a valorizzare tali criteri interpretativi, i dubbi di costituzionalita' della disposizione, lungi dall'essere dissipati, addirittura aumentano. Infatti, il nuovo istituto processuale introdotto non sembra garantire alcuna logica interna ai sistema risarcitorio delle assicurazioni per r.c.a., ne' appare completare, sul versante processuale, una regolamentazione sostanziale avente una ratio corrispondente. Tale litisconsorzio appare invece una opzione normativa inaspettata ed assolutamente slegata dal sistema. Esso era assolutamente sconosciuto nella legislazione anteriore (legge n. 990/1969) nonche' negli orientamenti giurisprudenziali formatisi sul tema nei casi di pluralita' di danneggiati. E qui puo' essere utile ricordare come, nei casi di pericolo di esubero dal massimale, la soluzione che si era affermata prima della soluzione in commento presso la giurisprudenza di merito consisteva nella affermata possibilita', da parte del G.I., di ordinare il coinvolgimento degli altri danneggiati nell'unico sinistro, quando, solo previa valutazione discrezionale del caso singolo, emergesse effettivamente la possibilita' che il massimale poteva essere incapiente: dal che, si faceva applicazione solo dell'istituto dell'art. 107 c.p.c., con chiamata in causa dei terzi danneggiati iussu iudicis. Giammai, percio', era stato previsto, ne' tanto piu' invocato da alcuno, un contraddittorio necessario ex art. 102 c.p.c. tra tutti i danneggiati, il quale, peraltro, per il suo carattere radicale, avrebbe posto gravi ripercussioni anche sulla validita' delle sentenze emesse, ove si fosse verificata una accidentale mancanza in causa di taluno dei danneggiati. Non solo. Il nuovo litisconsorzio, lungi dal garantire o contribuire ad un armonico coordinamento del tessuto normativo nel quale e' inserito, si atteggia quale vero e proprio elemento dirompente del medesimo, essendo non solo sganciato ed in alcun modo raccordato con tutte le altre novita' pure recentemente introdotte dal Cod. Ass. Priv., ma apparendo addirittura foriero di gravi profili di disarmonia ed antinomia legislativa nel settore della responsabilita' civile da sinistri stradali che avrebbe dovuto «ricomporre a sistema». Sotto tale profilo, non puo' farsi a meno di rilevare da subito che per la prima volta nel nostro sistema processuale e' stato imposto in capo a dei semplici creditori un tale vincolo processuale. Il litisconsorzio in esame, cioe', non e' stato prescritto, come secondo la configurazione naturale dell'istituto, con riferimento a posizioni giuridiche insuscettibili per loro intrinseca natura o struttura di definizione separata, ma e' stato disposto - va ribadito - con riguardo ad azioni che, per la palese diversita' di petitum (risarcimenti distinti) , causae petendi (diverse lesioni) e soggetti (pluralita' di danneggiati), ben potevano essere decise separatamente, non emergendo alcuna situazione sostanziale plurisoggettiva che imponesse una delibazione delle diverse questioni in termini necessariamente unitari. Il che gia' denota una obiettiva singolarita' della norma, ben difficilmente agganciabile ad una qualche disciplina processuale pregressa. Cio' posto, la scelta legislativa in esame - per quanto gia' di' per se' adespota - produce addirittura maggiori e piu' gravi incongruenze sistematiche non appena viene calata in una sua concreta applicazione pratica. Appare allora inspiegabile prevedere una tale azione congiunta tra danneggiati anche nei casi in cui alcuni di questi (ipotesi peraltro all'esame del Giudice remittente, supra sub. I) siano stati gia' risarciti al di fuori e prima della lite. In tal caso, infatti, si finisce per imporre una domanda contestuale (art. 102 c.p.c.) anche a soggetti gia' soddisfatti delle loro ragioni, quindi non piu' titolari del diritto da far valere. Si appalesano, poi, fortemente dubbi gli effetti di una eventuale mancata costituzione di taluno dei danneggiati chiamati in giudizio ex art. 102 c.p.c.. Difatti, mentre in tutti i casi di litisconsorzio necessario dal lato attivo la sostanziale unitarieta' della posizione azionata non interferisce con il potere del Giudice di delibera tranquillamente sulla res controversa, anche nei casi in cui uno dei titolari dell'azione non partecipi al giudizio (vedendosi quest'ultimo solo estendere evidentemente il giudicato, una volta debitamente notificato della domanda), nel caso in esame la diversita' dei singoli crediti risarcitori, da trattare congiuntamente, impedisce al Giudice di conoscere adeguatamente la lite nell'ipotesi in cui uno dei creditori non si costituisca ed avanzi la sua singola e distinta pretesa. Nonostante, poi, che dall'art. 102 c.p.c. derivi, di contro, un preciso dovere di ogni attore litisconsorte necessario ad «agire» nello stesso processo. Sicche', essendosi improvvidamente applicato un istituto processuale con caratteri peculiari - a fattispecie, tuttavia, non aventi affatto i connotati tipici della «necessarieta'» del liticonsorzio, dinanzi ad una mancata costituzione di uno dei creditori sorgerebbero delle incertezze applicative prima sconosciute agli operatori del nostro processo civile: si pensi, a titolo meramente esemplificativo, al problema dell'efficacia o meno della sentenza nei confronti del danneggiato «litisconsorte» contumace, alla questione della possibilita' o meno per questi di agire successivamente con nuovo giudizio, all'obbligo o meno del Giudice di dichiarare la non spettanza del diritto al risarcimento in capo al creditore inerte. Cio' posto, e' evidente come tutte tali incertezze, pur essendo sempre teoricamente superabili mediante un'attenta elaborazione giurisprudenziale, provano e confermano in modo significativo come la trovata normativa in commento, oltre a non trovare riscontro in alcun criterio direttivo, costituisca un unicum assolutamente slegato da ogni contesto legislativo pregresso, integrando una innovazione certamente idonea a confondere e complicare, come mai aveva fatto nessuna ipotesi di litisconsorzio ex art. 102 c.p.c. , il nostro sistema processuale. Pertanto, l'art. 140 ult. comma cit., essendo ben lontano dall'«armonizzare» il tessuto normativo che avrebbe dovuto meglio coordinare, appare a fortiori privo di adeguata copertura in sede di legge delega. E sebbene «tra i principi applicabili in sede di scrutinio di legittimita' costituzionale di norme di decreti legislativi sotto il profilo della loro conformita' alla legge di delegazione, vi e' anche quello del cosiddetto potere di riempimento del legislatore delegato», sembrerebbe davvero da ribadire, nella specie, che quest'ultimo «per quanto ampio possa essere, non puo' mai assurgere a principio o a criterio direttivo, in quanto agli antipodi di una legislazione vincolata, quale e', per definizione, la legislazione su delega» (Corte costituzionale, 12 ottobre 2007, n. 340). III 2) Violazione dell'art. 76 Cost. per incidenza sui riti. L'art. 140 ult. comma cit. potrebbe presentare un ulteriore profilo di eccesso di delega con riferimento alla sua incidenza sul rito applicabile nei giudizi con pluralita' di danneggiati. Va ricordato come l'art. 2 legge n. 102/2006 abbia previsto che «alle cause relative al risarcimento dei danni per morte o lesioni, conseguenti ad incidenti stradali, si applicano le norme processuali di cui al libro II, titolo IV, capo I del codice di procedura civile». Onde se i giudizi risarcitori per danni a persona vanno trattati secondo le forme del rito lavoro, solo quelli per danni a cosa sono stati lasciati al rito ordinario. Tuttavia, si e' voluto imporre un litisconsorzio necessario con riferimento a domande risarcitorie potenzialmente suscettibili di essere trattate con riti diversi: cio', come e' evidente, nei casi in cui tra i danneggiati litisconsorti vi sia chi ha subito un danno alla persona e chi, di contro, lamenti un danno a cosa. Ora, a parte il rilievo che il legislatore delegato ha omesso completamente di disciplinare quale debba essere il rito che prevale in questo peculiare caso di domande soggette a rito diverso (lavoro ed ordinario) e confluenti in un singolo processo a litisconsorzio necessario, non si puo' davvero dubitare che la trattazione unitaria del giudizio ex art. 102 c.p.c. imponga in ogni caso l'applicazione di un rito unico. Ne discende, allora, che, per il tramite dell'istituto introdotto, si finisce per incidere anche sulla disciplina dei riti applicabili con riferimento ai singoli giudizi risarcitori da trattare congiuntamente. Infatti, sia qualora si dovesse ritenere prevalente il rito ordinario (arg. ex artg. 40 c. 3 c.p.c.) sia qualora si prediligesse l'applicabilita' esclusiva del rito lavoro (per non conferenza dell'art. 40 cit. all'ipotesi in esame, non essendovi la «connessione forte» la' regolata), in entrambi casi si andrebbe ad immutare la disciplina processuale dell'azione (di uno dei danneggiati attratta al rito diverso. Potrebbe cioe' verificarsi che una domanda risarcitoria per danno a cosa (rito ordinario) sia trattata nelle forme del rito lavoro per il solo fatto che in quel sinistro vi sia stato altro danneggiato alla persona che abbia azionato ex art. 140 cit. la sua pretesa; cosi' come potrebbe accadere l'inverso ove volesse riconoscersi prevalente il rito ordinario. Ma tali ricadute dell'art. 140 ult. comma cit. sui riti appaiono completamente al di fuori della delega. Peraltro, proprio di recente la Corte adita dichiarava l'illegittimita' costituzione, in parte qua, dell'art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 5 del 2003, perche' la norma «nel definire le controversie cui si applica il decreto, vi include quelle connesse a norma degli articoli 31, 32, 33, 34, 35 e 36 del codice di procedura civile... dettava una disciplina degli effetti della connessione, riguardo al rito da seguire, derogatoria rispetto a quella generale contenuta nel codice. La deroga riguarda(va) la prevalenza, rispetto a tutti gli altri, del rito societario e la inclusione tra le ipotesi di connessione di quella di cui all'art. 33 del codice di procedura civile, che il successivo art. 40 non contempla». Sanciva la Corte, percio', che «siffatta disposizione esorbita(va) dalla delega nel cui dettato, per quanto rilevato, non trova(va) fondamento». (Corte Costituzionale, sent. n. 0071 del 2008, G.U. 015 del 2 aprile 2008). Ebbene, e' possibile che anche l'art. 140 cit., nella misura in cui impone un unico rito mediante un litisconsorzio necessario tra domande distinte e destinate ad essere trattate con rito diverso, prescriva la prevalenza di un rito (ordinario o lavoro) che le norme codicistiche non contemplerebbero affatto. In tal modo, percio', anche esso eccederebbe la delega. III 3) Violazione dell'art. 76 Cost. per incidenza sui criteri di competenza. Il tale meccanismo in esame, ancora, si presta ad eludere criteri di competenza per valore previsti dalla legge processuale ordinaria. Infatti, ciascun danneggiato per importi rientranti nei limiti della competenza del G.d.P. si vedrebbe nella possibilita' di avanzare davanti al Tribunale la sua pretesa - nonostante l'art. 7 comma 2 c.p.c. - per il solo fatto che ivi sia stato chiamato in causa da parte di altro danneggiato, il quale, dal canto suo, ha correttamente adito l'Ufficio Giudiziario di competenza superiore per il suo piu' considerevole danno. Sicche', in tal modo si sottrarrebbero alla cognizione del G.d.P. tutte le domande risarcitorie, rientranti nell' ambito di competenza del Giudice onorario, occasionate da sinistri con pluralita' di danneggiati, domande che - si ribadisce - diventerebbero suscettibili di essere proposte dinanzi al Tribunale quando almeno uno dei creditori abbia gia' rimesso alla cognizione di quest'ultimo Ufficio il suo diritto risarcitorio. Si dubita, allora, che una tale disciplina, nella misura in cui consente di eludere al rispetto delle norme processuali sulla competenza, goda di idonea copertura da parte della legge delega, la quale, a quanto sembra, non dovrebbe avere in alcun modo inciso sui criteri di distribuzione degli affari tra i diversi Uffici Giudiziari. III 4) Violazione art. 3 - Principio ragionevolezza. E' giurisprudenza costante della Corte quella di operare un controllo di ragionevolezza sulle leggi anche attraverso l'applicazione del principio di uguaglianza ex art. 3 Cost.. Superata un'interpretazione stretta di questa norma, tale principio di uguaglianza risulta violato anche quando la legge, senza ragionevole motivo, faccia un trattamento diverso a cittadini che si trovano in condizione analoga ovvero preveda una pari regolamentazione rispetto ad ipotesi assolutamente diverse, divenendo cosi' sindacabili opzioni legislative suscettibili di porre discriminazioni arbitrarie ed immotivate tra persone, categorie o ipotesi. Ed allora la scelta di imporre sempre e comunque un litisconsorzio necessario in tutti i «giudizi promossi fra l'impresa di assicurazione e le persone danneggiate» potrebbe apparire intrinsecamente irragionevole anche sotto il profilo dell'art. 3 Cost.. Qui giova rilevare preliminarmente come il legislatore non abbia previsto alcuna deroga alla generalita' dell'imposizione. In pratica, in tutti i casi di sinistri stradali in cui vi siano pluralita' di danneggiati opera l'obbligo del litisconsorzio. Sennonche' , e' proprio tale profilo che lascia ulteriormente perplessi. Infatti, si e' gia' detto come lo strumento della partecipazione congiunta al giudizio da parte di tutti i titolari di azione diretta sia stato raccordato alla preminente finalita' di consentire la corretta distribuzione del massimale quando «il risarcimento dovuto superi le somme assicurate». Onde sfuggono le ragioni per le quali il legislatore abbia posto una regola cosi' radicale - come quella del litisconsorzio necessario - anche nei casi in cui il pericolo del superamento del massimale non emerga in radice (somme controverse contenute) e/o la compagnia assicurativa non sollevi in alcun modo la questione. La norma, percio', potrebbe porsi in rapporto di tensione con l'art. 3 Cost. nella misura in cui grava di identici oneri processuali (litisconsorzio) la parte attrice o ricorrente, sia nei casi in cui davvero si' profili un pericolo di superamento del massimale, sia nei casi in cui tale pericolo non sussista ab origine ne' sia stato in qualche modo allegato o eccepito da una parte in causa. Non solo. Come gia' spiegato in precedenza, l'art.140 cit., per il suo tenore letterale generale, finisce per imporre l'estensione del contraddittorio anche nei confronti di danneggiati che siano stati eventualmente gia' ristorati prima del giudizio dalla compagnia assicurativa convenuta. Sfugge nuovamente, allora, la ratio per cui viene regolata nei termini di un identico litisconsorzio necessario: l'ipotesi in cui i terzi danneggiati non siano stati ancora risarciti, vantando essi un obiettivo interesse a partecipare al giudizio, al fine di verificare la corretta distribuzione del massimale; e l'ipotesi in cui, di contro, tali terzi non abbiano alcun interesse alla detta partecipazione, essendo stati gia' soddisfatti delle loro, ragioni. Insomma, cio' che non appare ragionevole consiste nell' imporre alla parte attrice o ricorrente oneri di evocazione in giudizio e/o di integrazione del contraddittorio anche quando le finalita' per le quali il litisconsorzio e' posto non sussistano in radice. III 5) Violazione art. 111- Ragionevole durata del processo. Lo strumento del litisconsozio necessario, infine, sembra contrastare con le ragioni di una rapida e sollecita definizione del giudizio risarcitorio, venendo ad essere intaccato il valore dell'art. 111 Cost. Invero, stante di disposto della norma, ciascun cittadino, una volta subito un danno da sinistro stradale, dovrebbe quanto meno ricercare eventuali altri danneggiati, al fine di evocarli nel giudizio che egli intenderebbe proporre, al fine di rispettare il disposto dell'art. 140 cit.. Ma una volta che non si rinvengano altri danneggiati e si sia agito senza estendere la domanda a tali terzi, nulla impedisce che questi vengano alla luce solo dopo la sentenza di primo grado o di appello della causa proposta, ben potendo emergere solo tardivamente che vi erano ulteriori soggetti lesi nel medesimo incidente. Per cui, quand'anche questi terzi fossero stati in buona fede pretermessi, la causa, magari gia' decisa in piu' gradi di giudizio, dovrebbe essere rimessa in prime cure, ex art. 354 comma 1 c.p.c., per vizio del contraddittorio pur tardivamente scoperto. Laddove e' noto che allorquando si verifichi una violazione delle norme sul litisconsorzio necessario, non rilevata ne' dal giudice di primo grado, ne' da quello di appello, resta viziato l'intero procedimento e si impone, anche in sede di giudizio per cassazione, l'annullamento di ufficio, delle pronunce emesse e il rinvio della causa al giudice di prime cure a norma dell'art. 383, ultimo comma, cod. proc. civ. (ex multis, Cass. Civ. Sez. 3, Sentenza n. 10034 del 25 maggio 2004). Orbene, e' evidente che tali evenienze, tutt'altro che remote, frustrerebbero in modo inaccettabile le esigenze di' ragionevole durata del processo, esponendo costantemente quest'ultimo a rischi di regressione continui. Mentre il valore della «ragionevole durata» del giudizio dovrebbe essere «assicurato» dalla legge (art. 111 Cost.), non messo a repentaglio dalla stessa attraverso l'introduzione di un meccanismo processuale potenzialmente perverso e non foriero di alcuna sicura utilita'. Peraltro, va ricordato come spesso non sia agevole procedere alla identificazione immediata di tutti i soggetti potenzialmente coinvolti nel sinistro, soprattutto quando i danni di cui si discute possano avere connotazione esclusivamente immateriale (si pensi ai danni non patrimoniali cd. riflessi da parte di congiunti della vittima dell'incidente). Lo stesso legislatore sembra riconoscere tale difficolta'. Ma esso, sorprendentemente, lo fa solo a determinati fini. Infatti, proprio l'art. 140 cod. ass., al secondo comma, prevede come «l'impresa di assicurazione che, decorsi trenta giorni dall'incidente e ignorando l'esistenza di altre persone danneggiate, pur avendone ricercata l'identificazione con la normale diligenza, ha pagato ad alcuna di esse una somma superiore alla quota spettante, risponde verso le altre persone danneggiate nei limiti dell'eccedenza della somma assicurata rispetto alla somma versata». In pratica, e' statuito che: la compagnia, nella fase stragiudiziale, cerca i danneggiati secondo canoni di' ordinaria diligenza; paga, eventualmente, coloro che individua, secondo quanto di ragione; nel caso in cui, successivamente, vengano fuori nuovi danneggiati, essa potra' rispondere nei loro confronti solo nei limiti del massimale residuato, salvo poi il diritto di tali terzi a recuperare, ex art. 140 comma 2 cit. le quote di propria spettanza da chi, precedentemente, si era incassato piu' di quanto gli competesse. In tal modo, allora, il legislatore, si rende ben conto della complessita' della ricerca di tutti i danneggiati di ogni sinistro. Tanto che ha voluto mettere al riparo ciascuna impresa assicurativa proprio dal pericolo di emersione ex post di ulteriori soggetti lesi non rintracciabili al momento della liquidazioni, attraverso, come detto, una opponibilita' ai «ritardatari» di quanto gia' pagato ai creditori piu' solerti, sempre che la compagnia sia stata diligente nella ricerca dei creditori. Questa stessa sensibilita', pero', non e' stata dimostrata anche sul versante processuale. Infatti, l'art. 140 e' stato formulato senza alcuna tutela dell'affidamento della parte che agisce in giudizio. Quest'ultima, nonostante sia stata massimamente diligente nella individuazione degli altri titolati al risarcimento, ben potrebbe vedersi invalidare un intero giudizio ex art. 354 c.p.c. per il fatto di non aver evocato in giudizio uno solo dei danneggiati dall'incidente: e cio', quand'anche fosse stata impiegata la massima diligenza e fisse stato impossibile individuare il pretermesso al momento dell'azione. Il che, se si considera la diversa disciplina riservata alle compagnie ex comma 2, fa aumentare i dubbi di tenuta della norma. Ancora. Non appare rispettoso del canone della ragionevole durata pure il fatto di costringere in un unico giudizio, mediante litisconsorzio necessario, domande risarcitorie da proporsi a legittimati passivi diversi. Ed invero legislatore ha probabilmente omesso di valutare il fatto che sia per i casi di indennizzo diretto (art. 149 e 150 Cod. cit. ) che di azione diretta da parte del terzo trasportato (art. 141 Cod. cit.) la domanda va rivolta a compagnie assicurative diverse da quella del responsabile civile: in particolare, nel primo caso legittimata passiva e' la compagnia di assicurazione dello stesso danneggiato, nel secondo destinataria dell'azione diretta e' solo la compagnia del vettore (in entrambi le ipotesi secondo un meccanismo di mandato ex lege su cui appare inopportuno soffermarsi oltre). Tuttavia, nel momento in cui ex art. 140 cit. i pregiudizi di ciascun danneggiato devono essere acclarati nel contraddittorio necessario con tutti gli altri creditori, nel relativo giudizio non potranno non partecipare anche tutte le compagnie di assicurazione obbligate, pur a diverso titolo, al pagamento dei relativi indennizzi. E questo non puo' che complicare enormemente la definizione del rapporto processuale. Il tutto, poi, per assicurare una corretta distribuzione di un massimale che magari mai sarebbe stato superato e di cui nessuna compagnia temeva l'esubero. Questo Tribunale, in definitiva, dubita che un tale litisconsorzio, per tutti gli effetti che produce nel contesto normativo in cui e' stato calato, possa apparire compatibile con l'art. 111 Cost., essendo esso fisiologicamente capace di appesantire e prolungare senza significative utilita' la trattazione di quasi tutti i giudizi da celebrarsi in tema di infortunistica con piu' danneggiati.»; Vulnerato, e gravemente, appare altresi' il principio espresso dall'art. 24 della Carta Costituzionale; ed invero, come pure e' stato detto, «Atteso che, in caso di pluralita' di danneggiati, si ha ora un'ipotesi di litisconsorzio necessario ex art. 102 c.p.c. tra i danneggiati, l'assicuratore e il responsabile, la prima conseguenza e' che l'attore dovrebbe chiamare in causa tutti i danneggiati per effettuare il riparto del massimale nel rispetto della par conditio. Infatti e' l'attore l'unico vero interessato a rintracciare e citare tutti i danneggiati. Se non lo fa il giudice, anche d'ufficio, puo' e deve ordinargli di integrare il contraddittorio nei confronti dei litisconsorti pretermessi in un termine perentorio a pena di estinzione (art. 102 e 307, terzo comma, c.p.c.). E' vero che l'ordine di iute razione non e' dato all'attore ma a tutte le parti, e cioe' quindi anche al responsabile del danno e all'assicuratore ma, dal momento che il responsabile e l'impresa assicuratrice convenuta non hanno alcun interesse ad attivarsi e' ovvio che l'ordine finisca col gravare solo sull'attore. Il quale, quindi, si ritrova a doversi attivare non solo per citare altri danneggiati.»; si consideri, invero, che «se per caso nessuno sa o si avvede dell'esistenza di altri danneggiati, la sentenza resa a contraddittorio non integro sarebbe nulla, con la conseguenza che la presenza di altri danneggiati e la violazione dell'art. 102 c.p.c. ben potrebbe essere dedotta per la prima volta in appello. E se, in ipotesi, i litisconsorti necessari pretermessi si dovessero far vivi solo in grado di appello, intervenendo nel relativo giudizio (art. 344 c.p.c.), in questi casi il giudice d'appello non potrebbe limitarsi a integrare il contraddittorio, ma dovrebbe rimettere la causa al primo giudice (art. 354 c.p.c.), perche' si ritiene che i litisconsorti necessari pretermessi abbiano diritto alla garanzia del doppio grado di giurisdizione. La violazione dell'art. 102 c.p.c. potrebbe essere rilevata anche in Cassazione, e la sentenza di appello dovrebbe essere cassata e la causa rimessa al primo giudice (art. 383 c.p.c.). Infine, ove mai una causa, ad onta del contraddittorio non integro, sfociasse nel giudicato formale (art. 324 c.p.c.), il litisconsorte necessario pretemesso potrebbe pur sempre proporre opposizione di terzo contro il giudicato (art. 404 c.p.c.) per far valere i suoi diritti e ottenere una nuova ripartizione della somma pagata dall'assicuratore. E' dunque evidente che, la previsione del litisconsorzio necessario tra tutti i danneggiati dal medesimo sinistro stradale finisce col complicare ingiustificatamente le cose, aggravando oltre ogni ragionevole misura la posizione dei danneggiati diligenti. In questa situazione, si comprende che i primi commentatori dell'art. 140 si sono trovati d'accordo nel denunciare la gravita' e la pericolosita' del comma 4, che e' manifestamente suscettibile di ostacolare oltre misura e del tutto irragionevolmente la strada del danneggiato diligente, in violazione del principio dell'art. 24, primo comma, della Costituzione...» «La norma crea poi inestricabili e prevedibili stasi processuali. A tale riguardo, come osservato in dottrina, si pensi all'ipotesi in cui piu' danneggiati nel medesimo sinistro, all'insaputa l'uno dell'altro, introducano altrettanti giudizi di risarcimento», come pur accaduto in relazione al sinistro stradale de quo, per il quale il presente giudizio e' stato incoato da Stracuzzi Santi e Longo Silvana quali genitori di Stracuzzi Antonio, deceduto nel sinistro, mentre altro giudizio recante il n. 9759/2008 RG altresi' pendente dinnanzi alla medesima Sezione, e' stato incoato da Stracuzzi Carmelina, sorella del deceduto Stracuzzi Antonio, procedimento assegnato ad altro Giudice della sezione ed indi chiamato dinnanzi al Giudice, odierno estensore, ai fini dell'eventuale riunione, «Mentre prima operavano gli strumenti della connessione o della riunione ex art. 274 c.p.c., per effetto della riforma, invece, si perviene all'assurdo che ciascuno dei giudici aditi dovrebbe dapprima ordinare l'integrazione del contraddittorio - senza la quale qualsiasi sentenza sarebbe inutiliter data - e quindi provvedere sulla eventuale connessione o riunione»; si consideri, invero che, una cosa e' la riunione dei procedimenti per ragioni di connessione ex art. 274 cpc ed altra cosa l'integrazione del contraddittorio in ciascuno di essi in relazione ai rispettivi litisconsorti necessari; e' invero principio pacifico nella giurisprudenza di legittimita' che la riunione dei procedimenti connessi ex art. 274 c.p.c. per l'oggetto o per il titolo lascia sostanzialmente inalterata l'autonomia dei singoli giudizi con la conseguenza che gli atti e le statuizioni riferiti ad un processo non si ripercuotono sull'altro processo sol perche' questo e' stato riunito al primo: restano quindi autonome ancorche' contestuali le relative decisioni per cui la sentenza che decide simultaneamente le cause riunite pur essendo formalmente unica si risolve in altrettante pronunce quante sono le cause decise e ciascuna pronuncia e' impugnabile con il mezzo che le e' priorio (nei sensi suddetti, tra le tante, sentenze 4 agosto 2006, n. 17674; 1° ottobre 2004, n. 19652; 9 aprile 2003, n. 5595; 23 maggio 2000, n. 6733; 1711/1999; n. 12742; 12 gennaio 1999 n. 249; 21 febbraio 1996 n. 1331); «per non dire di quello che puo' accadere se una delle vittime si sia costituita parte civile, perche' ha subito danni alla persona, mentre gli altri danneggiati hanno subito solo danni a cose, e promosso il relativo giudizio dinanzi al giudice civile. In tal caso la norma sul litisconsorzio spoglia la vittima delle lesioni personali della facolta' di scegliere di formulare la propria domanda dinanzi al giudice penale, al fine di sfruttare l'efficacia vincolante dell'accertamento contenuto nella sentenza penale.» (cosi', Tribunale di Avezzano, 14 ottobre 2008 - Reg. ord. 107 del 2009 in Gazzetta Ufficiale n. 16 del 22 aprile 2009 il quale aggiunge e ribadisce che «Alla luce delle suddette considerazioni, si coglie la contrarieta' della norma dell'art. 140, comma 4, d.lgs. n. 209/2005 anzitutto agli artt. 3 e 24 della costituzione, in quanto essa aggrava del tutto ingiustificatamente la posizione dei danneggiati in caso di sinistro stradale, a tutto vantaggio dell'impresa assicuratrice, che dalla necessita' del litisconsorzio ha tutto da guadagnare e nulla da perdere; inoltre appare leso il principio della ragionevole durata del processo (art. 111 Cost), per l'ovvia necessita' di assicurare i termini a comparire ad ogni litisconsorte pretermesso e per il rischio che una complessa e defatigante attivita' istruttoria venga infine vanificata, senza alcuna colpa del danneggiato e dell'amministrazione giudiziaria, laddove sia successivamente conosciuta l'esistenza di litisconsorti pretermessi. La questione e' indubbiamente rilevante ai fini della decisione del presente giudizio, in quanto occorre valutare le domande formulate dalle parti circa l'estensione del contraddittorio ad altri soggetti estranei al giudizio e, comunque, occorre accertare ex officio se sia stato correttamente instaurato il contraddittorio tra tutti i soggetti che hanno diritto a parteciparvi, prima di decidere sulla istanza di provvisionale formulata dall'attore ed inoltrarsi nella complessa attivita' istruttoria.».
P. Q. M. Visti gli artt. 134 della Costituzione della Repubblica italiana e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87 dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale del quarto comma, primo periodo, dell'art. 140 del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209, in quanto istituisce «litisconsorzio necessario, applicandosi l'art. 102 del codice di procedura civile» «nei giudizi promossi fra l'impresa di assicurazione e le persone danneggiate», per violazione degli artt. 3, 24, 76 e 11A, secondo comma, della Costituzione della Repubblica italiana, giusta quanto in parte motiva; Sospende il presente procedimento in attesa della decisione della Corte Costituzionale; Ordina che a cura della cancelleria siano trasmessi gli atti alla Corte Costituzionale, il presente provvedimento sia notificato alle parti ed al Presidente del Consiglio dei Ministri, e sia comunicato ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica. Catania, addi' 20 settembre 2009 Il giudice: Baratta