N. 127 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 settembre 2009
Ordinanza del 28 settembre 2009 emessa dalla Commissione tributaria regionale per la Toscana sul ricorso proposto da Podere La Cantina s.r.l. contro Agenzia delle entrate - Ufficio di Empoli. Imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) - Redditi tassabili - Proventi da fonte illecita - Tassabilita' come «redditi diversi» se non classificabili in una delle categorie di redditi previste dall'articolo 6, comma 1, d.P.R. n. 917 del 1986 - Previsione con norma indebitamente autoqualificantesi come interpretativa e quindi retroattiva - Contrasto con i principi costituzionali nonche' con altri fondamentali valori di civilta' giuridica (ragionevolezza, divieto di introdurre ingiustificate disparita' di trattamento, irretroattivita' di norme tributarie non interpretative, tutela dell'affidamento, coerenza e certezza dell'ordinamento giuridico, rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario). - Decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, art. 36, comma 34-bis, aggiunto dalla legge di conversione 4 agosto 2006, n. 248. - Costituzione, artt. 3, 23, 24, 97, 101, 104 e 136.(GU n.18 del 5-5-2010 )
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE Ha emesso la seguente ordinanza sull'appello n. 1875/08 depositato il 16 luglio 2008, avverso la sentenza n. 83/11/2007 emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Firenze contro: Agenzia Entrate, Ufficio Empoli, preposto dal ricorrente: Podere La Cantina s.r.l. - Leg. rappr. Bertelli Marco, via della Pea, 41, 56029 Santa Croce sull'Arno (Pisa), difeso da Miccinesi prof. Marco, rag. Fiaschi Francesco Pistolesi avv. Francesco, via Pier Capponi, 24, c/o Miccinesi 50132 Firenze. Atti impugnati: avviso di accertamento n. R5F03MG00856/05 IVA+IRPEG+IRAP 2001; avviso di accertamento n. R5F03MG00861/2005 IVA+IRPEG+IRAP 2002; Premesso che: con ricorso innanzi la Commissione tributaria di primo grado la s.r.l. Podere La Cantina impugnava gli avvisi di accertamento dell'Agenzia delle entrate di Empoli, con i quali erano stati sottoposti a tassazione, per gli anni 2001 e 2002, dei proventi distratti illecitamente dal sig. Bertelli Marco dai conti correnti bancari della s.r.l. Idea Verde (di cui aveva poteri di rappresentanza e delega) e trasferiti ingiustificatamente a favore della societa' ricorrente (di cui il Bertelli era legale rappresentante). Tale accertamento derivava dal presupposto che detti proventi illeciti fossero tassabili a norma dell'art. 14, comma 4, legge n. 537/1993, secondo cui «nelle categorie di reddito di cui all'art. 6, comma 1, D.P.R. n. 917/1986 devono intendersi ricompresi, se in esse classificabili, i proventi derivanti da fatti, atti o attivita' qualificabili come illecito civile, penale o amministrativo se non gia' sottoposti a sequestro o confisca penale». La societa' contribuente rilevava, per contro, che i proventi ritenuti illeciti dall'Ufficio e derivanti a suo parere dal reato di appropriazione indebita, non erano assimilabili ad alcuna delle categorie previste dall'art.6 D.P.R. n. 917/1986, e quindi non erano tassabili. La societa', inoltre, contestava la tassabilita' di detti redditi ai fini IVA, in quanto non trattavasi di redditi derivanti da operazioni soggette per legge a tale imposta; nonche' l'applicazione delle sanzioni, non potendo incolpare la societa' di mancata auto-denuncia di eventuale reato. La Commissione di primo grado respingeva il ricorso della societa' contribuente, condannando alle spese di giudizio. Avverso tale decisione propone appello la s.r.l. Podere La Cantina e controdeduce l'Agenzia delle entrate di Empoli, insistendo sostanzialmente nei motivi gia' dedotti in primo grado. L'Ufficio, inoltre, in questa sede, rileva che gli eventuali dubbi sulla tassabilita' dei proventi in questione devono ritenersi fugati dalla recente norma, interpretativa, di cui all'art. 36, comma 34-bis, legge n. 223/2006, secondo cui tutti i proventi illeciti, anche quelli non classificabili nelle categorie di reddito di cui all'art. 6, sono da considerare redditi diversi, e quindi tassabili. La societa' controdeduce, sostenendo che tale norma non e' applicabile alla fattispecie in esame, in quanto essa, apparentemente interpretativa, ha di fatto portata innovativa (in quanto modifica norme preesistenti), e quindi non puo' avere efficacia retroattiva. La Commissione osserva: con gli accertamenti impugnati l'Agenzia delle entrate di Empoli ha recuperato a tassazione i proventi illeciti acquisiti dalla s.r.l. Podere La Cantina negli anni 2001-2002. La tesi dell'Ufficio esplicitata nei predetti accertamenti - confermata dalla Commissione di primo grado - era che tali redditi fossero tassabili a norma dell'art. 14, comma 4, della legge n. 537/1993 in quanto da considerare redditi diversi, e quindi rientranti fra le categorie reddituali di cui all'art. 6 D.P.R. n. 917/1986. Cio' non e' vero. La norma dell'art. 14 prevede che i proventi derivanti da attivita' illecite sono tassabili solo se ricompresi e classificabili in una delle categorie di cui all'art. 6, comma 1, D.P.R. n. 917/1986. Le categorie reddituali dell'art.6 sono: redditi fondiari-redditi di capitale-redditi di lavoro dipendente-redditi di lavoro autonomo-redditi d'impresa-redditi diversi. I «redditi diversi» di cui all'art. 6 sono poi quelli specificatamente indicati nell'art. 67 del D.P.R. n. 917/1986; in tale categoria, prima della norma dell'art. 36, non erano compresi i proventi illeciti in questione (appropriazione indebita); ne' erano compresi nelle altre categorie di reddito dell'art. 6 (cosi' come i proventi derivanti da furti, scippi, ecc..., e come invece lo erano ad esempio gli interessi usurari, gli introiti percepiti per esercizio abusivo di professioni, ecc...). E' errato, quindi, ritenere che i proventi in questione siano tassabili a termini dell'art. 14, legge n. 537/1993 (nella originaria formulazione) in quanto rientranti fra i redditi diversi. Ne deriva che gli accertamenti impugnati, nonche' la decisione di primo grado, ove si fondano unicamente sulla norma di cui all'art. 14, legge n. 537/1993, devono ritenersi illegittimi. In questa sede di appello, l'Agenzia delle entrate sostiene peraltro che l'imponibilita' dei proventi illeciti in questione e' stata comunque definita a seguito della norma di cui al precitato art. 36, comma 34-bis, d.l. 4 luglio 2006, n. 223, norma che espressamente si qualifica come «interpretativa». Tale norma prevede invero esplicitamente che «In deroga all'art. 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, la disposizione di cui al comma 4 dell'art. 14 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, si interpreta nel senso che i proventi illeciti ivi indicati, qualora non siano classificabili nelle categorie di reddito di cui all'art. 6, comma 1, del testo unico 22 dicembre 1986, n. 917, sono comunque considerati redditi diversi». Orbene, a parere di questa Commissione, tale norma in realta', per il suo contenuto, non e' interpretativa, ma norma ordinaria innovativa; e in quanto tale, come norma tributaria, non dovrebbe avere efficacia retroattiva ed essere applicabile al caso in esame. Infatti: la norma di cui all'art. 36 non chiarisce ne' afferma che i proventi illeciti devono intendersi ricompresi nelle categorie di reddito di cui all'art. 6, e in particolare fra quelli di cui all'art. 67; dice, invece, che i proventi illeciti che non rientrano nelle categorie di reddito di cui all'art. 6, devono considerarsi «redditi diversi». In pratica, l'art. 36, dopo aver detto che tali proventi non rientrano fra quelli dell'art. 6, li inserisce, ritenendoli redditi diversi; e quindi modifica l'art. 67, e conseguentemente l'art. 6. Pertanto, tale inserimento non rappresenta una interpretazione dell'art. 14 (ne' dell'art.6, ne' dell'art.67); bensi' una vera e propria aggiunta, e cioe' una modifica alla norma dell'art. 67 D.P.R. n. 917/1986 (mediante l'aggiunta, fra i redditi diversi, di taluni proventi illeciti, come quelli derivanti da appropriazione indebita, furti, scippi, ecc...), e quindi una modifica implicita dell'art. 6 (mediante l'ampliamento della categoria dei «redditi diversi»). Pertanto, l'art. 14 della legge n. 537/1993 resta immutato nella sua previsione normativa e nella sua originaria interpretazione letterale, rimanendo tassabili i «proventi illeciti compresi nelle categorie di cui all'art. 6»; cosi' come resta immutato l'art. 6, rimanendo le stesse categorie di reddito; cio' che e' cambiato in sostanza e' l'art. 67 (e cioe' una delle categorie dell'art. 6, quella dei «redditi diversi»), in cui ora sono compresi taluni proventi illeciti prima non previsti. Ne e' derivato che tali proventi, non tassabili a norma dell'art. 14 in quanto non compresi allora fra le categorie di cui all'art. 6 (neppure nella categoria dei redditi diversi), con la nuova norma dell'art. 36 e con la modifica dell'art. 67, sono rientrati anch'essi in una delle categorie dell'art. 6, e quindi sono divenuti anch'essi tassabili. E' evidente, quindi, che non puo' parlarsi nel caso in esame di norma interpretativa (Cass. 6 giugno 2007, n. 13213 difforme sul punto non appare convincente ne' sufficientemente motivata), tenuto anche conto che e' principio generale che la norma interpretativa ha lo scopo essenziale di «chiarire» il senso e la portata di una norma preesistente, e di dare un significato normativo chiaro e definitivo. Nel caso di specie, invece, come detto, l'art. 36 non chiarisce ne' interpreta alcunche', ma introduce una nuova statuizione, prevedendo fattispecie non contemplate e modificando addirittura una norma diversa da quella presuntivamente interpretata (c cioe' l'art. 67). Appare cosi' evidente, si ripete, che detta norma, seppure formalmente di natura interpretativa, e' sostanzialmente di portata innovativa, e quindi, come tutte le norme tributarie, non dovrebbe avere efficacia retroattiva. Questo Collegio, peraltro, a fronte dell'espressa previsione del legislatore, che, come ripetutamente detto, qualifica la norma in esame come «interpretativa», non potendo procedere ad una semplice disapplicazione, sarebbe comunque tenuto all'osservanza di detta norma anche nel caso concreto, cosi' capovolgendosi la soluzione della controversia (come prospettata in base all'originario testo) per quanto insorta anteriormente all'entrata in vigore della norma medesima. Stante pero' la rilevata la natura pseudo-interpretativa dell'art. 36, comma 34-bis, d.l. n. 223/2006, questa Commissione, prima di farne eventuale applicazione, e' legittimata a sollevare questione di legittimita' costituzionale, atteso che tale questione, alla luce delle considerazioni gia' svolte, appare non manifestamente infondata e, all'evidenza, rilevante. Infatti, il precitato art. 36, comma 34-bis, nella parte in cui prevede che «In deroga all'art.3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, la disposizione di cui al comma 4 dell'art. 14 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, si interpreta nel senso che i proventi illeciti ivi indicati, qualora non siano classificabili nelle categorie di reddito di cui all'art. 6, comma 1, del testo unico 22 dicembre 1986, n. 917, sono comunque considerati redditi diversi», appare confliggere con i principi costituzionali, nonche' con altri fondamentali valori di civilta' giuridica (quali il rispetto del principio generale di ragionevolezza con divieto di introdurre ingiustificate disparita' di trattamento, la irretroattivita' di norme tributarie non interpretative, la tutela dell'affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo Stato di diritto, la coerenza e la certezza dell'ordinamento giuridico, e il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario).
P. Q. M. Ritenuta la rilevanza e la non manifesta infondatezza, solleva - in riferimento agli articoli 3, 23, 24,97,101,104 e 136 della Costituzione, e comunque ai principi di ragionevolezza, razionalita' e non contraddizione - questione di legittimita' costituzionale dell'art. 36, comma 34-bis, d.l. 4 luglio 2006, n. 223 (convertito in legge 4 agosto 2006, n. 248), nella parte in cui tale norma si qualifica indebitamente interpretativa, e quindi con efficacia retroattiva; dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il giudizio in corso; Dispone che la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei ministri, e che venga comunicata ai Presidenti delle due Camere. Firenze, addi' 28 settembre 2009 Il Presidente: Vallini Il relatore: Nicoli