N. 140 ORDINANZA (Atto di promovimento) 19 ottobre 2009

Ordinanza del 4 novembre 2009 emessa  dal  Tribunale  di  Modena  nel
procedimento penale a carico di Zaidi Bouraoui. 
 
Straniero - Reato di ingresso e  soggiorno  illegale  nel  territorio
  dello Stato - Previsione come reato del fatto dello  straniero  che
  si  trattiene  nel  territorio  dello  Stato  in  violazione  delle
  disposizioni del testo unico  dell'immigrazione  -  Violazione  dei
  principi  di  inesigibilita'  della  condotta,  di  tassativita'  e
  determinatezza della fattispecie penale - Irragionevole  disparita'
  di trattamento rispetto all'analogo reato di cui all'art. 14, comma
  5-ter, del d.lgs. n. 286 del 1998. 
- Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, art.  10-bis,  aggiunto
  dall'art. 1, comma 16, lett. a), della legge 15 luglio 2009, n. 94. 
- Costituzione, artt. 3, 25, comma secondo, e 27, primo comma. 
Straniero - Reato di ingresso e  soggiorno  illegale  nel  territorio
  dello Stato -  Sanzione  della  pena  pecuniaria  - Competenza  del
  giudice di pace - Inapplicabilita' dell'oblazione e  del  beneficio
  della  sospensione   condizionale   della   pena   -   Applicazione
  dell'espulsione a titolo di sanzione sostitutiva -  Violazione  dei
  principi  di  uguaglianza,  di  ragionevolezza  e  della  finalita'
  rieducativa della  pena  -  Contrasto  con  il  principio  di  buon
  andamento della pubblica amministrazione. 
- Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, artt. 10-bis  [aggiunto
  dall'art. 1, comma 16, lett. a), della legge 15 luglio 2009, n. 94]
  e 16, comma 1; decreto legislativo 28 agosto  2000,  n.  274,  art.
  62-bis. 
- Costituzione, artt. 3, 27, comma terzo, e 97. 
Straniero - Reato di ingresso e  soggiorno  illegale  nel  territorio
  dello Stato - Sospensione del procedimento penale nel caso  in  cui
  l'imputato abbia presentato domanda di protezione internazionale  -
  Mancata previsione della sospensione  del  procedimento  penale  in
  riferimento alle richieste  di  ingresso  o  permanenza  presentate
  dallo straniero al Tribunale per  i  minorenni  «per  gravi  motivi
  connessi con lo sviluppo psicofisico di un minore»  -  Lesione  dei
  diritti fondamentali  -  Incidenza  sul  diritto  alla  salute  del
  minore, sulla tutela della vita privata e familiare del genitore  e
  del fanciullo - Contrasto  con  le  convenzioni  internazionali  in
  materia. 
- Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, art.  10-bis,  comma  6
  (articolo aggiunto dall'art. 1, comma 16, lett. a), della legge  15
  luglio 2009, n. 94). 
- Costituzione, artt. 2, 3 e  117,  in  relazione  all'art.  8  della
  Convenzione per la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  e  delle
  liberta' fondamentali e all'art. 3 della Convenzione  di  New  York
  sui diritti del fanciullo. 
(GU n.21 del 26-5-2010 )
 
                            IL TRIBUNALE 
 
    Zaidi Bouraoui nato in Tunisia il 13 marzo 1983 (CUI 0311M6E)  e'
stato arrestato dai pubblici ufficiali della Questura di Modena il 16
settembre 2009 per essere stato colto nella flagranza  del  reato  di
cui all'art. 73 d.P.R. n. 309/1990, aggravato  dalla  circostanza  di
cui all'art. 62 n. 11-bis codice penale: l'uomo, privo di permesso di
soggiorno e di altro  titolo  equipollente  che  gli  consentisse  di
soggiornare legalmente sul territorio dello Stato, e'  stato  trovato
in possesso di gr. 5,2 di sostanza stupefacente tipo eroina. 
    Il p.m. ha proceduto nei  confronti  dell'imputato  anche  per  i
reati di cui agli art. 10-bis e 6, comma 3  d.lgs.  n.  286/1998  per
essersi introdotto e trattenuto clandestinamente sul territorio dello
Stato e non aver ottemperato all'obbligo di esibizione dei  documenti
d'identificazione e del permesso di soggiorno. 
    All'esito dell'udienza del 17 settembre 2009 il GIP del Tribunale
di Modena ha convalidato l'arresto,  ha  applicato  la  misura  della
custodia cautelare in carcere per il reato di cui all'art. 73  d.P.R.
n. 309/1990. Il pubblico ministero, ritenuta  la  connessione  tra  i
reati contestati ex art. 12 lett. b) codice di procedura  penale,  ha
proceduto a giudizio direttissimo, ai  sensi  dell'art.  449,  quarto
comma codice procedura penale, anche per i reati di  cui  agli  artt.
10-bis e 6 comma 3 d.lgs. n. 286/1998. 
    All'udienza del 9 ottobre 2009 e' stato concesso  un  termine  su
richiesta della difesa. Il 19 ottobre  2009,  decidendo  sull'istanza
difensiva, si e' ritenuta non manifestamente infondata  la  questione
di legittimita' costituzionale dell'art. 10-bis  d.lgs.  n.  286/1998
(introdotto dalla legge n. 94 del 15 luglio 2009) per  contrasto  con
gli artt. 2, 3, 25, 27, 97 e 117 Cost.; si e' di conseguenza disposta
la trasmissione degli atti alla Corte  costituzionale,  riservata  la
motivazione con separata ordinanza, e si e' sospeso il giudizio (art.
23, legge 11 marzo 1953, n. 87). 
    A seguito della sospensione si e' proceduto alla separazione  dei
processi relativamente alle ulteriori imputazioni  ascritte  a  Zaidi
Bouraoui (art. 73, d.P.R. n. 309/1990 e art. 6, d.lgs.  n.  286/1998)
ai sensi dell'art. 18, lett. b, codice procedura penale. 
    . 
    E' peraltro certo il collegamento logico - giuridico tra la norma
della cui costituzionalita' si  dubita  e  la  reigiudicanda  rimasta
all'esame del Tribunale di Modena. 
    La incidenza «attuale» della questione  nel  giudizio  a  quo  e'
facilmente  apprezzabile,  non  potendosi  prescindere  dalla   norma
oggetto del dubbio di legittimita' costituzionale per la  definizione
«nel merito» del presente giudizio. 
    La norma incriminatrice introdotta dalla legge 15 luglio 2009, n.
94 ha  natura  contravvenzionale  e  prevede  due  tipi  di  condotta
illecita: l'ingresso sul territorio dello Stato in  violazione  delle
norme del «testo unico delle disposizioni concernenti  la  disciplina
dell'immigrazione e norme sulla  condizione  dello  straniero»  e  il
soggiorno sul territorio italiano in violazione delle medesime  norme
e dell'art. 1 legge n. 68/2007. 
    Il soggetto attivo del reato (cittadino di Stati non appartenenti
all'Unione europea e l'apolide - art. 1, comma 1, T.U. cit.) non puo'
essere punito congiuntamente per entrambe le condotte previste  dalla
norma: in presenza di un ingresso illegale la  successiva  permanenza
contra ius non puo' essere punita  come  reato  autonomo,  mentre  il
reato  di  soggiorno  illegale  presuppone  un  ingresso  privo   del
carattere della illiceita' penalmente rilevante. 
    Zaidi Bouraoui e' arrivato in Italia prima dell'entrata in vigore
della legge n. 94/2009: e' stato oggetto di controlli da parte  delle
forze dell'ordine il 24 febbraio 2006, 22 ottobre 2006,  19  novembre
2007, 11 gennaio 2008, 25 febbraio 2009, 14 aprile 2009 (cfr.  elenco
precedenti dattiloscopici in atti) e non risulta essersi  allontanato
dall'Italia dopo l'ultimo controllo. 
    . L'imputato non risulta nemmeno  destinatario  di  provvedimenti
amministrativi che costituiscono il presupposto per le incriminazione
previste dagli artt. 13 e 14, d.lgs. n.  286/1998,  in  relazione  ai
quali  l'operativita'  della  clausola  di  sussidiarieta'   prevista
dall'art. 10-bis (salvo che il fatto costituisca  piu'  grave  reato)
precluderebbe la configurabilita' della contravvenzione. 
    Le disposizioni di legge che si pongono  al  vaglio  della  Corte
costituzionale sono pertanto quella di cui all'art. 10-bis, d.lgs. n.
286/1998, limitatamente  alla  condotta  di  soggiorno  illegale  nel
territorio dello Stato («lo straniero che si trattiene nel territorio
dello Stato in violazione delle disposizioni del presente testo unico
nonche' dell'art. 1 legge  28  maggio  2007,  n.  68  e'  punito  con
l'ammenda da 5000 a 10.000 euro. Al reato di cui  al  presente  comma
non si applica l'art. 162  del  codice  penale.»)  e  quella  di  cui
all'art. 16 del medesimo testo unico nella  parte,  modificata  dalla
novella, che prevede che «il  giudice  nel  pronunciare  sentenza  di
condanna per il reato di cui all'art. 10-bis», qualora non  ricorrano
le cause ostative indicate dall'art. 14, comma l del  presente  testo
unico «che impediscono  l'esecuzione  immediata  dell'espulsione  con
accompagnamento alla frontiera a mezzo  della  forza  pubblica»  puo'
sostituire la medesima pena con la misura  della  espulsione  per  un
periodo non inferiore a cinque anni. 
    Le citate disposizioni di legge sembrano porsi in  contrasto  con
gli artt. 2, 3 primo comma, 25 secondo  comma,  27  terzo  comma,  97
primo comma, 117 e con gli artt. 24 secondo  comma,  27  primo  comma
della Costituzione. 
    I dubbi di legittimita' costituzionalita'  devono  ritenersi  non
manifestamente infondati per le ragioni che seguono. 
Art. 10-bis, d.lgs.  n.  286/1998,  limitatamente  alla  condotta  di
soggiorno illegale nel territorio dello Stato. 
    Violazione degli artt. 25, secondo comma e 27 primo  comma  della
Costituzione  in  relazione  ai  principi  di  inesigibilita'   della
condotta, di tassativita' e determinatezza della fattispecie penale e
violazione dell'art. 3 della  Costituzione  sotto  il  profilo  della
irragionevole  disparita'  di  trattamento   rispetto   al   disposto
dell'art. 14, comma 5-ter d.lgs. n. 286/1998. 
    La contravvenzione prevista dall'art. 10-bis, d.lgs. n.  286/1998
introdotta dalla legge n. 94/2009 ha natura di reato omissivo proprio
e si perfeziona con il «permanere»  dello  straniero  sul  territorio
dello Stata in violazione  delle  norme  indicate  nella  fattispecie
incriminatrice. 
    I «presupposti» (ossia la situazione  tipica  da  cui  scaturisce
l'obbligo di agire) che rendono attuale l'obbligo dello straniero  di
allontanarsi dal territorio dello Stato sono costituiti dall'elemento
normativo  della  «violazione  delle  disposizioni  di  cui  al  T.U.
(legge 15 luglio 2009, n. 94) nonche' di quelle  di  cui  all'art.  1
della legge 28 maggio 2007, n. 68». 
    Le norme chiamate a definire la  condizione  di  illegalita'  del
soggiorno dello straniero sono molteplici e hanno  natura  complessa:
in ogni modo esse non stabiliscono alcun termine per l'allontanamento
spontaneo da parte  dello  straniero  «irregolare»  (tranne  che  per
l'ipotesi di omessa richiesta di rinnovo del  permesso  di  soggiorno
scaduto da piu' di sessanta giorni: art. 13, comma 5 TU). 
    La disciplina richiamata delinea, invece, chiaramente la condotta
omissiva prevista dall'art. l0-bis, d.lgs. n.  286/1998:  il  mancato
allontanamento dal territorio dello Stato da parte  dello  straniero.
E' pero' altrettanto  evidente  che  la  disposizione  in  esame  non
prevede alcun termine per l'adempimento. 
    Peraltro, l'esistenza di un termine non puo'  essere  desunta  in
via interpretativa ne'  dal  disposto  dell'art.  13,  quinto  comma,
d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 e succ. modif., ne' dal testo dell'art.
14, comma 5-bis, stessa legge. Si tratta di previsioni differenti  ed
eterogenee: tali ultime norme, infatti, presuppongono l'esistenza  di
un provvedimento amministrativo  che  intima  l'allontanamento  entro
termini prestabiliti, mentre la contravvenzione  in  esame  prescinde
del tutto da provvedimenti ordinatori. 
    Nemmeno e'  pensabile  che  la  individuazione  del  termine  per
l'adempimento della condotta omissiva  debba  avvenire  di  volta  in
volta e sia affidata al giudice del caso concreto. 
    Il  dettato  dell'art.  10-bis  T.U.   sull'immigrazione   e   la
disciplina  complessiva  della  materia  non  offrono  dunque  alcuna
indicazione che consenta di individuare un termine alla cui  scadenza
il «trattenersi» in condizione di irregolarita' (amministrativa)  nel
territorio dello Stato da  parte  dello  straniero  acquisti  (anche)
rilevanza penale: il reato si perfeziona nel momento stesso in cui il
soggiorno dello straniero si pone in contrasto  con  le  disposizioni
del T.U. sull'immigrazione e di quelle previste dall'art. 1, legge n.
68/2007. 
    In sostanza la mancanza  di  un  termine  impedisce  al  soggetto
attivo di adempiere al precetto normativo: nel momento stesso in  cui
la legge e' entrata in vigore, il reato si e' perfezionato per  tutti
cittadini extra-comunitari «irregolari», indipendentemente  dal  loro
eventuale allontanamento dal territorio dello Stato. 
    L'assenza del termine evidenzia  l'illegittimita'  costituzionale
della   norma   per   violazione   del   principio    di    legalita'
(tassativita-determinatezza    della    fattispecie     penale)     e
inesigibilita' della condotta. 
    . 
    . 
    . 
    La mancata previsione  di  un  termine  nel  reato  di  soggiorno
illegale impedisce al soggetto attivo del reato di essere sovrano  di
tale controllabilita'  e  all'interprete  valutare  il  comportamento
omissivo sulla base di parametri controllabili. 
    -  unitamente  alla  complessita'  della  normativa  chiamata   a
definire la condizione di permanenza  illegale  dello  straniero  sul
territorio dello  Stato  -  precludono  la  riconoscibilita'  di  una
omissione idonea a integrare un fatto materiale con rilevanza  penale
e fanno ritenere l'art. 10-bis. d.lgs. n. 286/1998 in  contrasto  con
gli artt. 25 secondo comma, 27 primo comma e 24 secondo  comma  della
Costituzione. 
    Sotto il profilo della irragionevole disparita' di trattamento, i
dubbi di legittimita' costituzionale emergono proprio  dal  confronto
tra la  contravvenzione  disciplinata  dall'art.  10-bis,  d.lgs.  n.
286/1998, che non  prevede  alcun  termine  (esplicito  o  implicito,
ricavabile  dal  sistema  normativo  in  materia)  per   l'osservanza
dell'azione prescritta, e i reati descritti dall'art. 14, comma 5-ter
d.lgs. n. 286/1998, che, invece, puniscono  lo  straniero  che  senza
giustificato «permane illegalmente» nel territorio dello Stato  oltre
il  quinto  giorno  successivo  alla  comunicazione  dell'ordine   di
allontanamento. In un caso il  «soggiorno  illegale»  sul  territorio
italiano assurge a violazione penalmente rilevante solo a seguito del
mancato rispetto del termine previsto per ottemperare all'ordine  del
Questore,   impartito   all'esito   di   una   complessa    procedura
amministrativa assistita da garanzie;  nell'altro  caso,  invece,  la
medesima condizione di «soggiorno illegale» e' di per se'  penalmente
rilevante senza che siano  dettate  modalita'  operative  o  concessi
termini per l'adempimento dell'obbligo di allontanamento. 
    Ulteriore ragione che  induce  a  dubitare  della  illegittimita'
costituzionale per  evidente  irragionevolezza  della  disparita'  di
trattamento rispetto alle previsioni dell'art. 14, comma 5-ter d.lgs.
n. 286/1998, e' costituito dalla assenza nella norma in  esame  della
esimente del «giustificato motivo»: clausola contemplata invece dalla
norma oggetto di confronto. 
    . 
    La  differenza  tra  le  condotte   incriminatrici   oggetto   di
comparazione (l'una diversamente dall'altra  concentra  il  disvalore
del   fatto   criminale   sulla   inosservanza    di    provvedimenti
amministrativi) e la chiarezza del dato testuale,  che  manifesta  la
consapevole e volontaria esclusione della esimente, non consentono di
accedere ad una  interpretazione  estensiva  o  analogica  che  renda
applicabile  al  reato  di  soggiorno  illegale  l'esimente  prevista
dall'art.  14,  comma  5-ter  T.U.  sull'immigrazione   (analogamente
l'esimente prevista dall'art. 384 codice penale puo' applicarsi  solo
alle fattispecie penali contemplate dalla norma ed  in  presenza  dei
presupposti fissati dalla legge). 
    . 
    La portata e gli effetti della esimente non contemplata dall'art.
10-bis T.U.  sull'immigrazione  non  possono  pertanto  essere  fatti
discendere,  in   via   di   interpretazione,   da   norme   generali
dell'ordinamento  ne'  dal  complesso  normativo  in  cui  la   nuova
fattispecie   penale   si   inserisce:   e'   dunque   impedita   una
interpretazione costituzionalmente orientata dalla norma. 
    Occorre aggiungere che la mancata previsione della formula «senza
giustificato  motivo»  e  la  impossibilita'  di  accedere   ad   una
interpretazione che consenta l'applicabilita' della esimente al reato
in esame, fa ulteriormente dubitare  della  conformita'  della  norma
all'art. 27, primo comma, Cost. 
    . Tale lacuna legislativa importa la violazione del principio  di
personalita' della responsabilita' penale. 
Artt. 10-bis, 16 comma 1, d.lgs.  n.  286/1998  e  62-bis,  legge  n.
274/2000. 
    Violazione degli artt. 3, 27 terzo  comma della  Costituzione  in
relazione ai principi  di  eguaglianza,  ragionevolezza  e  finalita'
rieducativa della pena; violazione dell'art.  97  della  Costituzione
per  contrasto  al  principio  di  buon  andamento   della   Pubblica
amministrazione. 
    Il reato di soggiorno illegale introdotto dalla legge n.  94/2009
prevede quale sanzione applicabile al soggetto attivo  del  reato  la
pena  pecuniaria  (ammenda  da  cinquemila  a  diecimila  euro)   con
esclusione della applicabilita' della  oblazione  (ultima  parte  del
comma 1 dell'art. 10-bis T.U. sull'immigrazione) e della possibilita'
di applicazione del beneficio della  sospensione  condizionale  della
pena in ragione della competenza a decidere affidata  al  Giudice  di
pace (art.  10-bis, secondo  comma  e  60,  legge  n.  274/2000);  le
modifiche apportate dalla novella all'art. 16 T.U.  e  l'introduzione
dell'art. 62-bis legge n. 274/2000 prevedono, inoltre, l'applicazione
della  espulsione  a  titolo  di  sanzione  sostitutiva  in  caso  di
pronuncia di sentenza di condanna. 
    Tali aspetti della disciplina normativa  evidenziano  in  maniera
chiara lo  scopo  delle  disposizioni  di  legge  oggetto  di  esame:
l'esecuzione tout court dell'allontanamento dello straniero  che  «si
trattiene illegalmente» sul territorio dello Stato (nei casi  in  cui
e' gia' prevista 1'espulsione o respingimento differito). 
    La   previsione   della   pena    pecuniaria    a    salvaguardia
dell'ottemperanza  del  precetto  non  pare  essere  finalizzata   ad
adempiere ad alcuna delle funzioni (social-preventiva, retributiva  e
rieducativa) proprie  della  sanzione  penale.  Avuto  riguardo  alle
condizioni  soggettive  dei  destinatari  del   precetto   (cittadini
extracomunitari «irregolari»), nella quasi totalita' dei  casi  privi
di mezzi di sussistenza e di documenti  di  riconoscimento  (migranti
che si sono allontanati dai paesi di provenienza perche'  oggetto  di
persecuzione  o   per   mancato   di   riconoscimento   dei   diritti
fondamentali, migranti che necessitano della protezione di  rifugiati
o si trovano nelle condizioni per la richiesta di asilo;  o  migranti
economici)  e'  facile  prevedere  che  difficilmente,  in  caso   di
condanna, saranno in grado di adempiere al pagamento  della  sanzione
pecuniaria scelta dal legislatore. La pena prevista dalla fattispecie
incriminatrice si rivela  dunque  priva  di  efficacia  deterrente  e
inidonea ad assumere alcuna funzione rieducativa. 
    Tali considerazioni unitamente alla introduzione della espulsione
a  titolo  di  sanzione  sostitutiva,   rafforzata   dalla   radicale
esclusione della applicabilita'  del  regime  del  nulla  osta  (art.
10-bis, quarto comma), valgono a far ritenere che  l'unico  obiettivo
perseguito dal legislatore nella costruzione del reato  di  soggiorno
illegale sia l'allontanamento dello straniero, mediante applicazione,
in sede penale, della sanzione sostitutiva dalla espulsione (in  caso
di condanna). 
    A  conferma  di  tale  finalita'  sta  l'ulteriore   prescrizione
normativa,   prevista   dall'art.   10-bis,   quinto   comma,    T.U.
sull'immigrazione,   secondo   cui   l'effettiva   esecuzione   della
espulsione  (o  respingimento  ex  art.  10,  secondo  comma)   dello
straniero costituisce una causa  di  non  procedibilita'  dell'azione
penale. 
    L'utilizzo dell'uso della sanzione penale  per  fini  diversi  da
quelli indicati dall'art. 27, terzo comma Cost.,  fa  dubitare  della
legittimita' costituzionale delle norme sopra indicate. 
    . 
    Tali dubbi valgono a maggior ragione  per  il  reato  oggetto  di
esame (e  per  quello  di  ingresso  illegale)  che  prescinde  anche
dall'accertamento della violazione di provvedimenti amministrativi  e
concentra il disvalore  del  fatto  su  una  condotta  la  cui  sfera
applicativa si sovrappone integralmente con l'area  dei  casi  per  i
quali  e'   gia'   prevista   l'espulsione   amministrativa   (o   il
respingimento differito). 
    Infatti: il legislatore, nell'introdurre il nuovo reato,  non  ha
apportato alcuna modifica al sistema di controllo e  repressione  del
fenomeno di soggiorno illegale, gia' presidiato dalla tutela  in  via
amministrativa secondo le disposizioni degli artt. 13 e ss d.lgs.  n.
286/1998. 
    uno amministrativo (artt. 13 e 14 d.lgs. n. 286/1998) destinato a
terminare nel provvedimento di espulsione  e  conseguente  ordine  di
allontanamento (totalmente autonomo rispetto al procedimento  penale,
come si e' detto non e' necessario  il  nulla  osta  della  autorita'
giudiziaria) e uno giudiziario avanti al Giudice di pace nelle  forme
degli artt. 20-bis e ss d.lgs. n. 274/2000 che si vuole  finalizzato,
in caso di condanna, alla  applicazione  della  sanzione  sostitutiva
della espulsione. 
    Il complesso e dispendioso  sistema  non  offre  peraltro  alcuna
garanzia  in  ordine  al  raggiungimento  del  fine   strumentalmente
perseguito dalla norma: l'allontanamento dello straniero «irregolare»
sul territorio dello Stato mediante la  generalizzata  applicabilita'
di misure coercitive. Infatti,  l'espulsione  a  titolo  di  sanzione
sostitutiva e' destinata a  non  essere  disposta  nei  casi  in  cui
ricorrono «le cause ostative indicate dall'art. 14, primo comma  T.U.
che   impediscono   l'esecuzione   immediata   dell'espulsione    con
accompagnamento alla frontiera a mezzo della  forza  pubblica»  (art.
10-bis comma...). Dunque  il  Gudice  di  pace  applica  la  sanzione
sostitutiva della espulsione solo quando  l'accompagnamento  coattivo
alla frontiera sia in concreto possibile, mentre nei casi in  cui  e'
precluso l'accompagnamento forzoso  (art.  14,  primo  comma  TU)  la
sanzione sostitutiva non puo' essere disposta (art. 16, primo  comma)
e si procedera',  nella  sussistenza  dei  presupposti  di  legge,  a
trattenimento amministrativo e  atti  conseguenti  (art.  14  T.U.  -
ordine di  allontanamento).  E'  peraltro  evidente  che  qualora  lo
straniero  sia  passibile  di  accompagnamento  forzoso   l'autorita'
amministrativa provvede al suo accompagnamento alla frontiera secondo
le modalita' proprie del procedimento amministrativo (artt. 13  e  14
TU)  e,  se  e'  stata  data  esecuzione  alla  espulsione   in   via
amministrativa, l'azione penale instaurata avanti al Giudice di  pace
non puo' essere proseguita. 
    La integrale sovrapposizione della fattispecie penale alle misure
amministrative comporta ed evidenzia  la  assenza  di  un  fondamento
giustificativo della norma anche rispetto agli interessi  e  beni  di
cui si vuole la tutela  (il  controllo  dei  flussi  migratori  e  la
disciplina dell'ingresso  e  della  permanenza  degli  stranieri  nel
territorio  nazionale)  e  si  traduce  in  dubbi   di   legittimita'
costituzionale relativamente alla ragionevolezza della norma. 
    La  «duplicazione»  dei  procedimenti,  funzionali  al   medesimo
obiettivo (l'espulsione dello straniero  irregolare),  la  previsione
secondo cui la declaratoria di non  luogo  a  procedere  puo'  essere
pronunciata dal Giudice di  pace  fino  all'esito  del  dibattimento,
l'elevato numero di procedimenti che  appare  ragionevole  attendersi
fanno dubitare della conformita' della norma  al  principio  di  buon
andamento della pubblica amministrazione. 
    Ulteriori dubbi di legittimita' costituzionale degli art.  10-bis
e 16 T.U.  sull'immigrazione,  per  contrasto  con  l'art.  3  Cost.,
sorgono  in  ragione   della   gia'   menzionata   esclusione   della
applicabilita' dell'oblazione al  reato  di  soggiorno  (e  ingresso)
illegale dello straniero nel territorio dello Stato: e' noto  infatti
che  l'orientamento  della  giurisprudenza   e'   nel   senso   della
ammissibilita' della oblazione,  sia  facoltativa  che  obbligatoria,
anche con riferimento ai reati di competenza del Giudice di pace. Non
e'  dato  cogliere  il  fondamento   giustificativo   della   opzione
legislativa, se non attribuendo alla  stessa  il  gia'  citato  scopo
strumentale di favorire, ad ogni costo, l'applicazione della sanzione
sostitutiva che l'istituto dell'oblazione vedrebbe ridimensionato. 
    Ugualmente si puo' dubitare della conformita' delle norme  citate
al principio di eguaglianza, sotto  il  profilo  della  irragionevole
disparita' di trattamento tra soggetti  destinatari  della  «sanzione
sostitutiva della espulsione per un periodo non  inferiore  a  cinque
anni». 
    Detta sanzione e' infatti applicabile (ai sensi dell'art. 16 T.U.
come modificato dalla novella) sia a stranieri «irregolari», ai quali
il giudice infligga una pena (anche ai  sensi  dell'art.  444  c.p.p)
detentiva entro il limite di due anni - sempre che non  ricorrano  le
condizioni per ordinare la sospensione condizionale della pena -  sia
ai responsabili del reato di cui all'art. 10-bis TU, per i  quali  e'
preclusa la possibilita' di concessione del beneficio. La  previsione
di una  disciplina  analoga  (connotata  addirittura  da  aspetti  di
sfavore  in  ragione  della   impossibilita'   di   usufruire   della
sospensione condizionale della pena per i soggetti  responsabili  del
reato di cui all'art. 10-bis TU), in punto  di  applicabilita'  della
sanzione sostitutiva, a  situazioni  disomogenee  e  certamente  meno
gravi (ingresso e soggiorno illegale)  rispetto  a  quelle  che  gia'
giustificavano  l'adozione  della  espulsione  in  epoca  antecedente
all'entrata in vigore della novella, si risolve in una violazione del
principio  di  uguaglianza  sotto  il  profilo  della   irragionevole
disparita' di trattamento. 
Violazione degli artt. 2, 3,  117  della  Costituzione  in  relazione
all'art.  8  della  Convenzione  per  la  salvaguardia  dei   diritti
dell'Uomo e all'art. 3 della Convenzione di New York sui diritti  del
fanciullo. 
    Il sesto comma dell'art. 10-bis T.U. sull'immigrazione prevede la
sospensione del procedimento penale nel caso in cui l'imputato  abbia
presentato domanda di protezione internazionale ai sensi della  legge
19 novembre  2007,  n.  251  e,  qualora  la  stessa  venga  accolta,
l'obbligo di pronunciare sentenza di non luogo a procedere. 
    Per le richieste di ingresso o permanenza nel territorio italiano
in deroga alle disposizioni vigenti che possono essere presentate  ai
sensi dell'art.  31  III  d.lgs.  n.  286/1998  al  Tribunale  per  i
minorenni dallo straniero «per gravi motivi connessi con lo  sviluppo
psicofisico di un  minore»  non  e'  invece  previsto  alcun  analogo
meccanismo di sospensione del procedimento penale. 
    Lo  straniero  presente  in  condizione  di   irregolarita'   sul
territorio italiano che  volesse  avanzare  detta  domanda  finirebbe
pertanto per «autodenunciare» la propria condizione  di  responsabile
del reato di cui all'art. 10-bis T.U., con conseguente esposizione al
processo e prevedibile condanna,  posto  che  la  norma  non  prevede
nemmeno il proscioglimento dell'imputato  nel  caso  di  accoglimento
dell'istanza. 
    Le conseguenze derivanti dalla nuova incriminazione indurranno lo
straniero  che  «permane  illegalmente  sul  territorio  italiano»  a
rinunciare alla presentazione delle domande ex art. 31 III  TU.  Tale
scelta «obbligata» incide sulla tutela di diritti fondamentali di cui
agli artt. 2 e 3 della Costituzione,  sul  diritto  alla  salute  del
minore, sulla tutela della vita privata e familiare (art. 30 Cost.  e
8 Cedu del genitore e del fanciullo ed e' in contrasto con  l'art.  3
della Convenzione di New York del 1989 (intervenuta  il  20  novembre
1989 e divenuta esecutiva in Italia con legge n. 176  del  17  maggio
1991 entrata in vigore il 12 giugno 1991) che stabilisce che: «... in
tutte le decisioni relative ai  fanciulli  di  competenza  sia  delle
istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali,
delle autorita' amministrative o degli organi legislativi l'interesse
superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente»  e
all'art. 10 che precisa che «in conformita' con l'obbligo che incombe
agli stati parti ... ogni domanda presentata da un  fanciullo  o  dai
suoi genitori in vista di entrare in uno stato parte o  di  lasciarlo
ai fini di un ricongiungimento familiare sara'  considerata  con  uno
spirito  positivo,  con  umanita'  e  diligenza...  Il   diritto   di
abbandonare  ogni  paese  puo'  essere   regolamentato   solo   dalle
limitazioni stabilite dalla legislazione, necessarie  ai  fini  della
protezione e della  sicurezza  interna,  dell'ordine  pubblico  della
salute della  moralita'  pubbliche,  o  dei  diritti  delle  liberta'
altrui, compatibili con gli altri diritti riconosciuti dalla presente
convenzione,  nonche'  dall'art.   24   della   Carta   dei   diritti
fondamentali dell'Unione europea». 
    : nel caso in cui il  genitore  straniero  fosse  indotto  a  non
presentare l'istanza, per il timore di rispondere del reato in esame,
nonostante la sussistenza dei presupposti per il suo accoglimento, il
minore subirebbe senza dubbio un grave pregiudizio. 

(1) Cfr. Cass. Pen sez. VI n. 1318 del 13 febbraio 1997. 

(2) Cfr. relazione Ufficio del Massimario della Corte  di  cassazione
    n. III/09/09 di Luca Pistorelli e Antonio Balsamo del  27  luglio
    2009. 

(3) Cosi' anche lettera del Presidente della Repubblica del 15.7.2009
    ove si afferma che il reato di immigrazione clandestina  «punisce
    non solo l'ingresso ma  anche  il  trattenimento  nel  territorio
    dello Stato al momento dell'entrata in  vigore  della  legge.  Il
    dato normativo non consente interpretazioni diverse  allo  stato,
    esso apre la strada a effetti difficilmente prevedibili». 

(4) Cfr. sentenza  della  Corte  costituzionale  n.  34/1995  che  ha
    dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 7-bis, comma
    1, del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416 (Norme  urgenti  in
    materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno  di  cittadini
    extracomunitari   e    di    regolarizzazione    dei    cittadini
    extracomunitari ed apolidi gia'  presenti  nel  territorio  dello
    Stato) convertito, con modificazioni,  dalla  legge  28  febbraio
    1990, n. 39, nella parte in cui punisce con la reclusione da  sei
    mesi a tre anni lo straniero destinatario di un provvedimento  di
    espulsione «che non si  adopera  per  ottenere  dalla  competente
    autorita' diplomatica o consolare il rilascio  del  documento  di
    viaggio occorrente». 

(5) Cfr. relazione Grosso per la riforma del codice  penale  capitolo
    IV. 

(6) Cfr. Corte cost. sentenza n. 364/1998. 

(7) Cfr. istanza per eccezione di illegittimita'  costituzionale  del
    16 settembre 2009 presentata  dal  Procuratore  della  Repubblica
    presso il Tribunale di Bologna al giudice di pace di Bologna  ove
    si osserva che «lo straniero che si trovava  in  Italia  in  modo
    irregolare alle ore 00,00 del giorno 8 ottobre 2009 ha  ricevuto,
    direttamente dalla legge, un ordine di allontanamento ma senza la
    predisposizione  di  alcuna  procedura   per   poterlo   eseguire
    legalmente.  Per  attuare  quanto  disposto  dal  legislatore  lo
    straniero irregolare dovrebbe o avrebbe dovuto uscire dall'Italia
    clandestinamente...» «... sul punto si puo' ricordare che  quando
    il legislatore ebbe a innovare la normativa in tema di detenzione
    \porto di armi con la legge n. 895/1997, stabili' all'art.  8  la
    non punibilita' per coloro che entro 30  giorni  dall'entrata  in
    vigore della legge (e comunque prima  di  eventuale  accertamento
    del reato)  consegnavano  spontaneamente  le  armi  (analogamente
    sempre in tema di armi: art. 36 legge n. 110/1975 e art. 10 legge
    n. 36/1990» 

(8) Cfr. messaggio  del  Presidente  della  Repubblica  cit.  che  ha
    accompagnato la promulgazione della legge ove si  legge  «.  ..In
    particolare suscita in me forte perplessita' la  circostanza  che
    la nuova ipotesi di trattenimento indebito non preveda l'esimente
    della determinata da giustificato motivo». 

(9) Cfr.  sentenza  della  Corte  costituzionale  n.  22/2007:  «Tale
    formula...copre tutte le ipotesi di  impossibilita'  o  di  grave
    difficolta'   (mancato   rilascio   di   documenti    da    parte
    dell'autorita'   competente,   assoluta   indigenza   che   rende
    impossibile l'acquisto di biglietti di  viaggio  e  altre  simili
    situazioni), che, pur non integrando cause di giustificazione  in
    senso tecnico, impediscono allo straniero di prestare  osservanza
    all'ordine di allontanamento nei  termini  prescritti»;  e  anche
    sentenza della Corte costituzionale n. 5/2004: «...  la  clausola
    in questione, se pure non puo' essere  ritenuta  evocativa  delle
    sole cause di giustificazione in senso tecnico - lettura  che  la
    renderebbe pleonastica, posto  che  le  scriminanti  opererebbero
    comunque, in quanto istituti di ordine  generale  -  ha  tuttavia
    riguardo a situazioni  ostative  di  particolare  pregnanza,  che
    incidano sulla stessa possibilita', soggettiva od  oggettiva,  di
    adempiere   all'intimazione,   escludendola   ovvero   rendendola
    difficoltosa o pericolosa...». 

(10) Cfr. Sentenza n. 5/2004 Corte cost. cit. 

(11) Cfr. sentenza n. 5/2004 Corte cost. cit. 

(12) Cfr. sentenza  n.  5/2004  che  ha  dichiarato  non  fondate  le
     questioni di legittimita'  costituzionale  dell'art.  14,  comma
     5-ter, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n.  286  aggiunto
     dall'art. 13, comma 1,  della  legge  30  luglio  2002,  n.  189
     sollevate, in riferimento agli artt. 2, 3, 24, 25, 27 e 97 della
     Costituzione, dal Tribunale di Ferrara e dal Tribunale di Torino
     affermando tra l'altro che «.... la  norma  incriminatrice  ....
     persegue l'obiettivo di rimuovere situazioni di illiceita' o  di
     pericolo correlate alla presenza dello straniero nel  territorio
     dello Stato, nella cornice del piu' generale  potere  -  che  al
     legislatore indubbiamente  compete  -  di  regolare  la  materia
     dell'immigrazione,  in  correlazione  ai  molteplici   interessi
     pubblici da essa coinvolti  ed  ai  gravi  problemi  connessi  a
     flussi migratori incontrollati...». 

(13) Cfr. Massimo Donini, Il cittadino  extracomunitario  da  oggetto
     materiale    a    tipo    d'autore    nel    controllo    penale
     dell'immigrazione, in Questione Giustizia 1, 2009. 

(14) Cfr. relazione cit. n. III/09/09 di Luca  Pistorelli  e  Antonio
     Balsamo del 27 luglio 2009: «la legge finisce per istituire  una
     sorta  di  competizione  tra  la  procedura  giudiziaria  e   la
     procedura amministrativa che risulta francamente incomprensibile
     se non nell'ottica di ottenere nel piu' breve tempo possibile, e
     ad ogni costo, il risultato a cui l'intervento legislativo  mira
     cioe' l'espulsione del clandestino» 

(15) Cfr. ordinanza cassazione I sezione civile 29 giugno 2009 ove si
     legge: «Nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea
     (Nizza, 7  dicembre  2000),  oggi  confermata  dal  Trattato  di
     Lisbona,  si  tratta  di  valori  ''fondamentali"della  dignita'
     umana, liberta', uguaglianza e solidarieta', e  si  precisa  che
     l'Unione pone la persona al centro della sua  azione.  Segue  un
     catalogo di diritti, assai ampio e specificatamente determinato:
     tra quelli che coinvolgono direttamente o indirettamente la vita
     familiare (e in  particolare  il  rapporto  genitori-figli),  la
     protezione e il rispetto  della  dignita'  umana  (art.  6),  il
     diritto al rispetto della propria vita privata e familiare (art.
     7); i diritti dei minori alla protezione e alle cure  necessarie
     per  il  loro  benessere;  i  loro   diritti   ad   intrattenere
     regolarmente relazioni e contatti diretti con i genitori,  salvo
     che cio' appaia contrario  al  loro  interesse  (art.  24).  Nel
     nostro diritto interno vanno ancora segnalati l'art. 11. n.  184
     del 1983, che enuncia il diritto del minore a crescere ed essere
     educati  nella  propria  famiglia,  nonche'  l'art.  155  codice
     civile, per cui il minore ha diritto di  mantenere  un  rapporto
     equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, nonche' di
     ricevere cura, educazione ed istruzione  da  entrambi.  Principi
     inseriti, rispettivamente, nella disciplina dell'adozione  e  in
     quella  della  separazione  personale  dei   coniugi,   ma   che
     acquistano una rilevanza ben piu' generale». 
 
                               P. Q. M. 
 
    Visto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87; 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale relativa agli artt. 10-bis e 16, comma 1,
d.lgs. n. 286/1998 come modificato dalla legge 15 luglio 2009, n. 94,
in riferimento agli artt. 2, 3 comma 1, 25 comma 2, 27  comma  3,  97
comma 1, 117, 24, comma 2, 27 comma 1 della Costituzione, nei termini
e per le ragioni sopra indicate; 
    Sospende il giudizio in corso e  dispone  la  trasmissione  degli
atti alla Corte costituzionale; 
    Dispone che la presente ordinanza sia notificata all'imputato, al
difensore, al p.m. nonche' al Presidente del Consiglio dei Ministri e
sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
    Manda alla cancelleria per gli adempimenti di competenza. 
      Modena, addi' 19 ottobre 2009 
 
                         Il giudice: Donati