N. 180 SENTENZA 12 - 20 maggio 2010

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Demanio e patrimonio dello  Stato  e  delle  Regioni  -  Norme  della
  Regione Emilia-Romagna - Inserimento dell'art.  8-bis  nella  legge
  regionale n. 9 del 2002 - Proroga,  a  domanda,  delle  concessioni
  demaniali marittime fino ad un massimo di 20 anni a  partire  dalla
  data di rilascio - Indebita introduzione di un  rinnovo  automatico
  per i possessori  della  concessione  -  Contrasto  con  i  vincoli
  derivanti  dall'ordinamento  comunitario  in  tema  di  diritto  di
  stabilimento  e  di  tutela  della  concorrenza  -   Illegittimita'
  costituzionale, in parte qua. 
- Legge della Regione Emilia-Romagna 23 luglio 2009, n.  8,  art.  1,
  nella parte in cui ha inserito  nella  legge  regionale  31  maggio
  2002, n. 9, l'art. 8-bis, comma 2. 
- Costituzione, art. 117, primo comma, in  relazione  agli  artt.  43
  (ora 49) e 81 (ora 101) del Trattato sul funzionamento  dell'Unione
  europea. 
(GU n.21 del 26-5-2010 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Francesco AMIRANTE; 
Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
  QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano  SILVESTRI,  Sabino
  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,  Giuseppe   TESAURO,   Paolo   Maria
  NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI; 
ha pronunciato la seguente 
 
                               Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1  della  legge
della Regione Emilia-Romagna 23 luglio 2009,  n.  8  (Modifica  della
legge regionale 31 maggio 2002,  n.  9  -  Disciplina  dell'esercizio
delle funzioni amministrative in materia di demanio  marittimo  e  di
zone di mare territoriali - in attuazione  della  legge  27  dicembre
2006, n. 296), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con
ricorso notificato il 21-24 settembre 2009, depositato in cancelleria
il 24 settembre 2009 ed iscritto al n. 63 del registro ricorsi 2009. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Emilia-Romagna; 
    Udito nell'udienza pubblica del 9 marzo 2010 il Giudice  relatore
Alfio Finocchiaro; 
    Uditi l'avvocato dello Stato Anna Lidia Caputi Iambrenghi per  il
Presidente del Consiglio dei ministri e  gli  avvocati  Maria  Chiara
Lista e Luigi Manzi per la Regione Emilia-Romagna. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. -  Con  ricorso  del  24  settembre  2009  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale dello Stato, ha impugnato l'art. 1 della legge della Regione
Emilia-Romagna 23 luglio 2009, n. 8, (Modifica della legge  regionale
31 maggio 2002, n.  9  -  Disciplina  dell'esercizio  delle  funzioni
amministrative in materia di demanio marittimo  e  di  zone  di  mare
territoriali in attuazione della legge 27 dicembre 2006, n. 296), per
violazione dell'art. 117, primo comma, della Costituzione,  anche  in
relazione agli articoli 43 e 81  del  Trattato  dell'Unione  europea,
nella parte in cui ha inserito, nella legge regionale n. 9 del  2002,
l'art. 8-bis, comma 2, il  quale  cosi'  dispone:  «  i  titolari  di
concessioni demaniali marittime di cui  al  decreto-legge  5  ottobre
1993, n. 400 (Disposizioni per la determinazioni dei canoni  relativi
a concessioni demaniali marittime),  convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, potranno chiedere, entro  il  31
dicembre 2009, la proroga della durata della concessione fino  ad  un
massimo di 20 anni a partire dalla data di rilascio,  secondo  quanto
previsto dall'art. 1, comma 253, della legge n. 296 del  2006  ed  in
conformita' a quanto disposto dal presente articolo». 
    Riferisce  il  ricorrente  che  l'intervento  legislativo   della
Regione  Emilia-Romagna  si  colloca  nel  solco  di  una   normativa
preesistente  che  attiene  alla  disciplina   dell'esercizio   delle
funzioni amministrative in materia di demanio marittimo e di zone  di
mare territoriale. Tuttavia, disponendo nei termini sopra  riportati,
la norma regionale impugnata  violerebbe  l'art.  117,  primo  comma,
della  Costituzione,  per  la  incoerenza  con  i  vincoli  derivanti
dall'ordinamento comunitario in tema di liberta'  di  stabilimento  e
tutela della concorrenza (rispettivamente gli articoli 43  e  81  del
Trattato CE) cui detto parametro offre copertura. Ed infatti la norma
regionale prevede ed introduce un diritto di proroga  in  favore  del
soggetto gia' possessore della concessione,  consentendo  il  rinnovo
automatico  della  medesima.  Detto  automatismo  determinerebbe  una
disparita' di trattamento tra gli operatori economici  in  violazione
dei principi di concorrenza e di liberta' di stabilimento. 
    Non sono infatti previste ne' procedure di gara ne' forme  idonee
di pubblicita' afferenti la procedura relativa al rinnovo, al fine di
tutelare le esigenze concorrenziali di  altre  imprese  presenti  sul
mercato, in contrapposizione al titolare della concessione scaduta  o
in scadenza. 
    Del resto - prosegue il ricorrente - la  procedura  selettiva  e'
del tutto auspicabile in funzione della piu'  proficua  utilizzazione
della  concessione  demaniale  e  del  miglior   uso   della   stessa
nell'interesse pubblico. 
    A conforto della tesi sostenuta, il ricorrente fa presente che e'
gia' in corso, in danno dell'Italia, la procedura  di  infrazione  n.
2008/4908.  La  Commissione,  infatti,  ha  sollevato  questioni   di
compatibilita' con il diritto comunitario della normativa italiana in
materia  di  concessioni  del  demanio   marittimo,   nonche'   delle
conseguenti iniziative legislative regionali. 
    2. - Con memoria del 18  settembre  2009,  si  e'  costituita  la
Regione Emilia-Romagna, chiedendo che la questione  venga  dichiarata
inammissibile o infondata. 
    Secondo la Regione resistente, la norma impugnata e' dettata  dal
fine di dare attuazione all'art. 1, commi 251 e 253, della  legge  n.
296  del  2006,  e  dalla  volonta'  di  collegare  la  durata  delle
concessioni agli investimenti effettuati dal  concessionario  per  la
valorizzazione del bene e  delle  relative  infrastrutture,  anziche'
mantenere il criterio vigente  nella  legislazione  statale,  che  si
basa, invece, sul principio del rinnovo automatico per un periodo  di
sei anni, come previsto dall'art. 1 del d.l. n.  400  del  1993,  del
tutto  svincolato  da  qualsivoglia  adempimento,   suscettibile   di
migliorare, ottimizzandola, la  qualita'  dei  servizi  offerti  alla
collettivita'. 
    La norma regionale  impugnata  prevede  la  possibilita'  di  una
proroga della durata della concessione a seguito della  presentazione
di un programma di investimenti per la valorizzazione del  bene  dato
in  concessione,   che,   se   apprezzato   dall'amministrazione   di
riferimento,  determinera'   una   maggiore   durata   del   rapporto
concessorio, proporzionale alla tipologia di  investimento  proposto,
al fine di consentire l'ammortamento dei costi e l'equa remunerazione
dei capitali investiti. La ratio della norma - rileva la Regione - e'
dunque la stessa della direttiva 2006/123 CE del 12 dicembre 2006 sui
servizi del mercato interno, al 62° «considerando»,  secondo  cui  la
durata delle concessioni deve essere tale da garantire l'ammortamento
degli investimenti e l'equa remunerazione dei capitali investiti. 
    Non e'  in  particolare  previsto  un  rinnovo  automatico  della
concessione,  come  lamentato   dallo   Stato,   ma   unicamente   la
possibilita',  subordinata  alla  presentazione  di   un   piano   di
investimenti  e  all'assunzione  del  relativo  piano  economico,  da
esercitarsi, fra l'altro, entro un arco temporale circoscritto (entro
il 31 dicembre 2009),  di  agganciare  la  durata  della  concessione
all'investimento  assunto  e  validato  dalla  competente   autorita'
comunale, per un  termine,  non  concesso  in  maniera  automatica  e
proporzionale alla tipologia dell'investimento. 
    Non vi sarebbe, dunque, violazione del principio di  concorrenza,
in quanto la norma impugnata e' preordinata a tutelare  il  principio
dell'affidamento e le  legittime  aspettative  dei  concessionari  in
ragione dei loro  obiettivi  di  miglioramento  delle  infrastrutture
serventi il bene demaniale in concessione. 
    3. - Con memoria del  16  febbraio  2010,  l'Avvocatura  generale
dello Stato ha rilevato che l'impugnativa attiene  al  solo  comma  2
dell'art. 8-bis della legge regionale n. 9 del 2002, come  del  resto
e' reso palese dallo sviluppo argomentativo del ricorso. 
    In subordine, si rileva come la Regione Emilia-Romagna ometta  di
considerare  che  l'oggetto  del   giudizio   e'   costituito   dalla
legittimita'   costituzionale   di   una    norma    regionale    per
incompatibilita' con i parametri comunitari - artt. 43 (ora 49) e  81
(ora 101) del Trattato 7 febbraio 1992 sull'Unione europea - invocati
quali  elementi  integrativi  del  parametro  costituzionale  di  cui
all'art. 117, primo comma, Cost., e pertanto risulta inconferente  il
richiamo al quadro normativo nazionale, cui  e'  ancorata  la  difesa
regionale. 
    3.1. -  Con  memoria   del   16   febbraio   2010,   la   Regione
Emilia-Romagna ribadisce che la norma impugnata non lede  i  principi
costituzionali a tutela della concorrenza, perche' aggancia la durata
dei termini della concessione alla consistenza e portata dei piani di
investimento e di valorizzazione del bene dato in concessione. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  dubita  della
legittimita' costituzionale dell'art. 1  della  legge  della  Regione
Emilia-Romagna 23 luglio 2009, n. 8 (Modifica della  legge  regionale
31 maggio 2002, n.  9  -  Disciplina  dell'esercizio  delle  funzioni
amministrative in materia di Demanio marittimo  e  di  zone  di  mare
territoriali in attuazione della legge 27  dicembre  2006,  n.  296),
nella parte in cui ha inserito, nella legge regionale n. 9 del  2002,
l'art. 8-bis,  comma  2  -  il  quale  dispone  che  «I  titolari  di
concessioni demaniali marittime di cui al d.l. 5 ottobre 1993, n. 400
(Disposizioni per la determinazione dei canoni relativi a concessioni
demaniali marittime), convertito, con modificazioni,  dalla  legge  4
dicembre 1993, n. 494, potranno chiedere, entro il 31 dicembre  2009,
la proroga della durata della concessione fino ad un massimo di venti
anni a partire dalla data di rilascio»  -  per  violazione  dell'art.
117, primo comma, della Costituzione, in relazione agli  articoli  43
(ora 49) e 81 (ora 101) del Trattato  sul  funzionamento  dell'Unione
europea, in quanto determinerebbe una disparita' di  trattamento  tra
gli operatori economici in violazione dei principi di  concorrenza  e
di liberta' di  stabilimento,  dal  momento  che  non  sono  previste
procedure di gara al fine  di  tutelare  le  esigenze  concorrenziali
delle imprese non titolari di una concessione scaduta o in scadenza. 
    Il ricorrente ritiene che la  norma  limiti  illegittimamente  la
concorrenza, mentre la Regione si difende affermando che  la  proroga
e'  necessaria  per  garantire  l'ammortamento   degli   investimenti
effettuati dai gestori degli stabilimenti balneari e che  la  domanda
di proroga non sara' accettata in ogni caso, ma solo se corredata  di
un adeguato piano di investimenti. 
    2. - La questione e' fondata. 
    2.1. - La norma  regionale  impugnata  viola  l'art.  117,  primo
comma, Cost., per contrasto con i vincoli derivanti  dall'ordinamento
comunitario in tema di diritto di  stabilimento  e  di  tutela  della
concorrenza. Infatti la norma regionale prevede un diritto di proroga
in favore del soggetto gia' possessore della concessione, consentendo
il rinnovo automatico della medesima. Detto automatismo determina una
disparita' di trattamento tra gli operatori economici  in  violazione
dei principi di concorrenza, dal momento che coloro che in precedenza
non gestivano il demanio marittimo non hanno  la  possibilita',  alla
scadenza della concessione, di prendere il posto del vecchio  gestore
se non nel caso in cui questi non chieda la proroga o la chieda senza
un valido programma di investimenti. 
    Secondo la Regione Emilia-Romagna, invece, la norma impugnata  si
giustifica  perche'  collega  la  durata   delle   concessioni   agli
investimenti effettuati dal concessionario per la valorizzazione  del
bene e delle relative infrastrutture. La  norma  regionale  impugnata
prevederebbe, infatti, la possibilita' di una  proroga  della  durata
della concessione solo a seguito della presentazione di un  programma
di investimenti per la valorizzazione del bene dato  in  concessione,
che,  solo  se  apprezzato   dall'amministrazione   di   riferimento,
determinera'  una   maggiore   durata   del   rapporto   concessorio,
proporzionale alla tipologia di investimento  proposto,  al  fine  di
consentire  l'ammortamento  dei  costi  e  l'equa  remunerazione  dei
capitali investiti. Non vi sarebbe, dunque, violazione del  principio
di liberta' di concorrenza, in  quanto  la  norma  impugnata  sarebbe
preordinata a tutelare il principio dell'affidamento e  le  legittime
aspettative dei concessionari,  in  ragione  dei  loro  obiettivi  di
miglioramento delle infrastrutture  serventi  il  bene  demaniale  in
concessione. 
    Questo argomento, pero', avrebbe un senso solo se - per ipotesi -
la  norma  impugnata  avesse  lo  scopo  di  ripristinare  la  durata
originaria della  concessione,  neutralizzando  gli  effetti  di  una
precedente norma che,  sempre  per  ipotesi,  avesse  arbitrariamente
ridotto la durata della stessa. Nel caso all'odierno  esame,  invece,
si tratta della proroga di una concessione gia' scaduta,  e  pertanto
non vi e' alcun affidamento da tutelare con riguardo alla esigenza di
disporre del tempo necessario all'ammortamento delle spese  sostenute
per ottenere la concessione, perche' al momento  del  rilascio  della
medesima il concessionario gia' conosceva l'arco temporale sul  quale
poteva contare per ammortizzare gli investimenti, e  su  di  esso  ha
potuto fare affidamento. 
    Al contempo, la disciplina regionale impedisce l'accesso di altri
potenziali  operatori  economici   al   mercato,   ponendo   barriere
all'ingresso tali da alterare la concorrenza tra imprenditori. 
    La   norma   impugnata   determina,   dunque,   un'ingiustificata
compressione dell'assetto concorrenziale del mercato  della  gestione
del demanio marittimo, invadendo una competenza spettante allo Stato,
violando il principio di parita' di trattamento (detto anche «di  non
discriminazione»), che si ricava dagli artt. 49 e  ss.  del  Trattato
sul  funzionamento  dell'Unione  europea,  in  tema  di  liberta'  di
stabilimento,  favorendo  i  vecchi  concessionari  a  scapito  degli
aspiranti nuovi. 
    La previsione di una proroga dei rapporti concessori in corso, in
luogo di una procedura di rinnovo che «apra» il mercato, e' del tutto
contraddittoria rispetto al fine di tutela  della  concorrenza  e  di
adeguamento ai principi comunitari (sentenza n. 1 del 2008). 
    Queste  conclusioni  sono  del  resto  avvalorate   dai   rilievi
formulati dalla  Commissione  europea  nella  suddetta  procedura  di
infrazione, secondo cui la Repubblica italiana e' venuta  meno  «agli
obblighi che le incombono ai sensi dell'articolo 43 del Trattato CE»,
prevedendo un diritto  di  preferenza  a  favore  del  concessionario
uscente nell'ambito della procedura di attribuzione delle concessioni
del demanio pubblico marittimo. 
    Pertanto, deve essere dichiarata l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 1 della legge della Regione Emilia-Romagna n. 8 del 2009. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1 della  legge
della Regione Emilia-Romagna 23 luglio 2009,  n.  8  (Modifica  della
legge regionale 31 maggio 2002 n. 9 - Disciplina dell'esercizio delle
funzioni amministrative in materia di Demanio marittimo e di zone  di
mare territoriali - in attuazione della legge 27  dicembre  2006,  n.
296), nella parte in cui ha inserito nella legge regionale n.  9  del
2002 l'art. 8-bis, comma 2. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 maggio 2010. 
 
                       Il Presidente: Amirante 
 
 
                      Il redattore: Finocchiaro 
 
 
                      Il cancelliere: Di Paola 
 
    Depositata in cancelleria il 20 maggio 2010. 
 
              Il direttore della cancelleria: Di Paola