N. 176 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 ottobre 2010
Ordinanza del 7 dicembre 2009 emessa dalla Corte dei conti - sez. giurisdizionale per la Regione Lazio - nel giudizio di responsabilita' promosso dal Procuratore Regionale presso la Sez. Giurisdizionale della Regione Lazio contro Biggeri Luigi ed altri. Responsabilita' amministrativa e contabile (fattispecie: azione di responsabilita' per danno erariale nei confronti del Presidente e di dirigenti dell'ISTAT per mancata applicazione di sanzioni per l'inosservanza dell'obbligo di fornire dati per le rilevazioni statistiche) - Previsione con norma interpretativa, adottata con decreto-legge, che e' considerata violazione dell'obbligo di risposta esclusivamente il formale rifiuto di fornire i dati richiesti anche con riguardo alle rilevazioni svolte anteriormente alla data di entrata in vigore della normativa censurata - Violazione del principio di uguaglianza - Assenza dei requisiti di straordinaria necessita' ed urgenza per la decretazione d'urgenza - Violazione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione - Interferenza con la funzione giurisdizionale della Corte dei conti. - Decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito nella legge 28 febbraio 2008, n. 31, art. 44. - Costituzione, artt. 3, 77, 97, 101, comma secondo, 103 e 108.(GU n.24 del 16-6-2010 )
LA CORTE DEI CONTI Ha pronunciato la seguente ordinanza nel giudizio di responsabilita' n. 68690 promosso ad istanza della Procura per la Sezione Giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Lazio, in persona del p.m. Salvatore Sfrecola, contro Luigi Biggeri, rappresentato e difeso dagli avv.ti Francesca e Federico Sorrentino e presso di loro domiciliato in Roma al Lungotevere delle Navi 30, Giuseppe Perrone ed Olimpio Cianfarani, rappresentati e difesi dagli avv.ti Diego Vaiano e Raffaele Izzo, e presso di loro domiciliati in Roma al Lungotevere Marzio 3, Vittoria Buratta, Viviana Egidi e Francesco Zanella, rappresentati e difesi dall'avv. Fabio Lorenzoni e presso di lui domiciliati in Roma alla Via del Viminale 43, Giuseppe A. Certoma', Andrea Mancini, Roberto Monducci, Gian Paolo Oneto e Valerio Terra Abrami, rappresentati e difesi dagli avv.ti Luisa Torchia, Tommaso Di Nitto e Claudio Cataldi e presso di loro domiciliati in Roma alla Via Sannio 65, Linda Laura Sabbadini, rappresentata e difesa dagli avv.ti Aristide Police e Filippo Degni e presso di loro domiciliata in Roma alla P.zza Adriana 6, e Aldo Orasi, nato il 6 febbraio 1954, n. c. con intervento volontario dell'Adusbef e del Sindacato USI/RdB/-Ricerca; Visti gli atti ed i documenti di causa; Vista la sentenza parziale pronunziata alla pubblica udienza del 12 ottobre 2009; Uditi alla pubblica udienza del 12 ottobre 2009, con l'assistenza del segretario sig.ra Ernestina Barbone, il p.m. in persona del V.P.G. Salvatore Sfrecola e gli avv.ti Enrica Isidori per l'Ausbef, l'avv. Torchia per i convenuti Certoma', Mancini, Monducci, Oneto e Terra Abrami, l'avv Vaiano per Perrone e Cianfarani, l'avv.Sorrentino per Biggeri, l'avv. Police per Sabbadini e l'avv. Lorenzoni per Buratta, Egidi e Zannella; Ritenuto e considerato in F a t t o Con atto di citazione depositato il 5 agosto 2008 previo invito a dedurre notificato il 19 novembre 2007, la procura di questa Corte, a seguito di notizia di danno pervenuta per esposto del 7 maggio 2007 dell'USI/RdB-Ricerca Sindacato nazionale lavoratori della ricerca dell'Unione sindacale italiana, ha convenuto in giudizio alcuni amministratori e dirigenti dell'Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) per il danno da loro causato per la mancata applicazione delle sanzioni, di cui all'art. 11 del d.lgs. 6 settembre 1989, n. 322, previste per la violazione dell'obbligo di fornire le informazioni richieste dall'istituto in sede di raccolta dei dati necessari all'elaborazione di indagini statistiche, obbligo dettato dall'art. 7, comma 1 del medesimo decreto legislativo e richiamato dal successivo comma 3 del medesimo articolo nel testo previgente alle modifiche introdotte dall'art. 3, comma 74 della legge n. 244/2007 - per tutte le amministrazioni, enti ed organismi pubblici e per i privati per le rilevazioni rientranti nel programma statistico nazionale. Nella citazione - dopo ampia ricostruzione del sistema statistico nazionale e del meccanismo di applicazione delle sanzioni, imperniato sulla competenza dell'Ufficio di statistica all'accertamento della violazione e alla redazione del verbale previa contestazione degli addebiti nei modi e nei termini di cui all'art. 13 e ss. della legge 24 novembre 1981, n. 689, con comunicazione all'ISTAT dell'apertura del procedimento, e su quella del Prefetto (al quale il motivato rapporto in ordine alla violazione deve essere trasmesso) per l'applicazione della sanzione ai sensi dell'art. 18 della medesima legge - e' rilevato che l'ISTAT non ha mai proceduto all'accertamento di alcuna sanzione sin dalla entrata in vigore del d.lgs. n. 322/1989, che ha attuato una ampia riforma del sistema sanzionatorio per la violazione del'obbligo di fornire dati statistici trasferendo il potere di accertamento all'ISTAT o al competente ufficio di statistica e depenalizzando la sanzione pecuniaria, prevedendo la sanzione pecuniaria amministrativa di cui al citato art. 11 del medesimo decreto. E' stata quindi contestata per il periodo 2002-2006 (non coperto da prescrizione e per il quale la Procura disponeva di dati definitivi non ritenendo tali quelli relativi all'anno 2007) la mancata applicazione di sanzioni pecuniarie connesse alle indagini statistiche di titolarita' ISTAT che comportavano obbligo di risposta, analizzando l'anno di effettuazione dell'indagine, il campione totale di rilevazione (unita' di rilevazione), il totale dei rispondenti, i rifiuti di risposta, il numero dei non rispondenti per cause che vanno dal mancato contatto ai casi di soggetti non in grado di rispondere, il totale delle unita' rilevate fuori campo di osservazione per errori nelle liste e le unita' non risolte (le mancate risposte non diversamente classificabili perche' non e' pervenuto un rifiuto espresso e non rientrano nelle altre categorie). Il danno che complessivamente e' stato addebitato ai convenuti e' quantificato, come dalle tabelle di sintesi riportate nell'atto di citazione, in diretta proporzione con tutti i casi di mancata risposta, non calcolando le cd. unita' non risolte, nel complessivo importo di euro 191.425.235,00, ripartito pro quota tra tutti i convenuti in ragione della diversa partecipazione casuale alla produzione del danno, calcolata in funzione del diverso ruolo da essi rivestito all'interno dell'ISTAT, e precisamente per il 50% dell'importo totale al Presidente, per il 20% ai Direttori generali, per il 20% ai capi di dipartimento e per il 10% ai direttori centrali, per i quali tutti la Procura ha chiesto la condanna oltre interessi, rivalutazione e spese di giudizio. La Procura ha rilevato l'elemento dell'illiceita' del danno nella consapevole violazione, da parte dei convenuti, dell'art. 11 del citato d.lgs. n. 322/1989, disposizione che, comminando una sanzione tipica, seppure graduabile discrezionalmente, a fronte di una fattispecie tipica e tassativamente descritta, costituita dalla mancata risposta alla richiesta di dati statistici, e' inderogabilmente applicabile alla fattispecie normativamente descritta e non presenta alcun profilo di discrezionalita' se non nella determinazione della misura del quantum dovuto. Per tale motivo la Procura ha contestato al Presidente dell'Istituto la responsabilita' erariale per colpa grave per non essersi mai dato carico di affrontare il problema dell'applicazione delle sanzioni ne' di sollecitare alcuna modifica della normativa che semplificasse il procedimento ne' quale vertice dell'Istituto ne' quale Presidente del consiglio di amministrazione, e cio' sino all'esposto presentato nell'aprile 2006 alla Corte dei conti, in violazione dei doveri d'ufficio ai quali egli e' tenuto in base alle sue competenze e funzioni istituzionali per il disposto dell'art. 16 comma 1 del d.lgs. n. 322/1989, ai sensi del quale il presidente «provvede all'amministrazione dell'Istituto assicurandone il funzionamento», e per le sue stesse competenze quale preposto ratione offici al Consiglio e al COMSTAST - organo che ha il compito, tra gli altri, di delimitare l'ambito dell'obbligo di risposta ed in sostanza di delimitare l'area della sanzionabilita' dello stesso obbligo, e che dunque svolge un ruolo primario nel procedimento di irrogazione delle sanzioni. Agli altri convenuti la Procura ha contestato la responsabilita' per colpa grave per omissioni nell'espletamento delle proprie funzioni inerenti il procedimento sanzionatorio: ai direttori generali dell'Istituto per aver essi omesso di fornire direttive, di controllare l'attivita' degli uffici, di avviare le attivita' sanzionatorie, compiti che rientrerebbero nei compiti di coordinamento ad essi spettanti in base alle disposizioni del d.lgs. n. 165/2001; ai direttori del dipartimento e direttori centrali, in quanto ad essi competono funzioni di indirizzo e coordinamento degli uffici dipendenti, tra i quali quelli di dare attuazione ai procedimenti di irrogazione delle sanzioni nei termini di cui all'art.11 del d.lgs. n. 322/1989. Tutti i convenuti si sono costituiti contestando nel merito la pretesa risarcitoria sotto diversi profili, alcuni (Buratta, Egidi' e Zannella) eccependo l'improcedibilita' dell'azione della Procura per non aver tenuto conto della entrata in vigore dell'art. 44 del d.l. n. 248/2007, convertito in legge n. 31 del 28 febbraio 2008, disposizione che testualmente recita «Fino al 31 dicembre 2008 ai fini della applicazione delle sanzioni amministrative previste dall'art. 11 del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322 e con riguardo alle rilevazioni statistiche svolte anche anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto, e' considerato violazione dell'obbligo di risposta di cui all'art. 7, comma 1 del medesimo decreto legislativo n. 322/1989 esclusivamente il rifiuto formale di fornire i dati richiesti» e che dunque, escludendo la perseguibilita' di fattispecie diverse dal formale rifiuto di rispondere occorse sino al 31 dicembre 2008, determina il venir meno dell'elemento della illiceita' del comportamenti contestati dalla Procura contabile agli odierni convenuti nel presente giudizio. Con sentenza parziale pronunziata all'udienza del 12 ottobre 2009 questo Collegio ha ritenuto di dover superare tale censura di improcedibilita' in quanto la Procura gia' nell'atto di citazione ha affrontato la questione degli effetti della sopravvenuta normativa sul giudizio intentato, rilevando che, «ancorche' la norma non utilizzi la formula consueta delle disposizioni interpretative ... essa manifesta l'intenzione del legislatore di considerare anche per il passato "violazione dell'obbligo di risposta" quella che abbia dato luogo ad un formale rifiuto», e «limita con effetto retroattivo l'applicazione delle sanzioni ai casi in cui il soggetto, pubblico o privato, destinatario della richiesta di dati o notizie, abbia opposto un formale rifiuto» determinando nella sostanza «l'eliminazione della obbligatorieta' della risposta», e ha contestualmente sollevato questione di legittimita' costituzionale della citata norma concludendo nel merito per una ipotesi di responsabilita' astrattamente prospettabile in raffronto alla normativa vigente anteriormente alla sua entrata in vigore. Piu' precisamente la Procura ha sollevato la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 44 del d.l. n. 248/2007, convertito in legge n. 31 del 28 febbraio 2008, sotto i sotto elencati profili di incostituzionalita': per contrasto con I'art. 77 della Costituzione, per aver il legislatore abusato dello strumento della decretazione d'urgenza in una ipotesi in cui non sussiste l'urgenza di provvedere, e degli artt. 101, secondo comma e 103, secondo comma nonche' dell'art. 108, secondo comma della Costituzione, in quanto la reale motivazione della decretazione sarebbe da rinvenirsi nell'intento di esercitare una preordinata interferenza sulle funzioni della magistratura contabile, sottraendole una fattispecie di responsabilita' amministrativa gia' azionata, atteso che al momento della entrata in vigore della norma l'istruttoria contabile era in corso in quanto l'invito a dedurre e' stato emesso nell'aprile 2007; per contrasto con l'art. 81, quarto comma della Costituzione, per mancata indicazione dei mezzi di copertura delle minori entrate derivanti dalla inesigibilita' delle relative sanzioni; per violazione dell'art. 97 e dell'art. 3 della Costituzione in quanto pone a presupposto della punibilita' il formale «rifiuto di rispondere» e quindi una sostanziale autodenuncia, in tal modo determinando un meccanismo di funzionamento che non solo e' irrazionale perche' collegato ad un presupposto inesigibile, ma e' anche inefficace, tenuto conto della sanzione comminata dall'art. 11 del decreto legislativo n. 322/1989 per la violazione dell'obbligo di risposta di cui all'art. 7, comma 1 del medesimo decreto, in quanto destinato a non trovare applicazione ed a determinare una ingiustificata disparita' di trattamento nell'ambito dei soggetti che non forniscono riscontro ai dati richiesti, discriminando chi si limita ad omettere la risposta, non punibile, da chi si premura di comunicare il suo rifiuto. Le argomentazioni della Procura relativamente alla questione di legittimita' costituzionale dell'art. 44 del citato d.l. sono state ampiamente contestate dalla difesa dei convenuti Cianfarani e Perrone tramite gli avv.ti Diego Vaiano e Raffaele lzzo, che hanno chiesto la reiezione della questione per manifesta infondatezza rilevando che il contenuto della norma di per se' dimostra la tesi difensiva che essi sostengono ai fini della assoluzione nel merito - secondo la quale la disposizione sanzionatoria dell'art. 7 del citato decreto era di ardua se non impossibile attuazione cosi' come formulata, per non consentire essa alcun discrimine tra le diverse situazioni riscontrabili nei casi di mancata risposta, sia per cio' che concerne la graduabilita' della colpa del soggetto tenuto alla risposta sia per quanto riguarda la maggiore o minore importanza dell'omissione ai fini della buona resa della indagine statistica, tanto che l'art. 44 del d.l. n. 248/2007 convertito in legge n. 31 del 28 febbraio 2008, dettando disposizioni transitorie per il passaggio graduale al regime successivo, esprimerebbe proprio la presa di coscienza del legislatore di tale situazione - ed hanno concluso per l'improcedibilita' ed inammissibilita' dell'azione e per la reiezione della questione di illegittimita' costituzionale per manifesta infondatezza. La convenuta Sabbadini tramite l'avv. Aristide Police e Filippo Degni ha ampiamente contestato gli addebiti sotto tutti i profili del merito, e cioe' sia sotto il profilo dei fatti contestati in ragione delle competenze della convenuta, sia sotto il profilo della colpa grave ad essa attribuita, sia sotto il profilo del danno, confutando anche gli argomenti della Procura a sostegno della questione di legittimita' costituzionale. All'udienza del 12 ottobre 2009 tutti i convenuti, confermando nel merito le proprie conclusioni, si sono associati alle richieste ed argomentazioni proposte dagli altri in ordine alla questione incidentale di legittimita' costituzionale; in particolare l'avv. Sorrentino per Biggeri ha rilevato che l'art. 44 del decreto-legge n. 248 del 2007 si inserisce funzionalmente nell'ottica valutativa del nuovo art. 7 del d.lgs. n. 322/1989, nel testo riformato e vigente, e determina l'impunibilita' delle condotte diverse da quelle tipicamente ivi descritte. Con sentenza parziale sono state decise tutte le questioni preliminari di rito e di merito e precisamente: 1) e' stata respinta l'eccezione di nullita' degli atti istruttori per violazione dell'art. 17, comma 30-ter del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, conv. in legge 3 agosto 2009, n. 102, nel testo corretto dal decreto-legge 3 agosto 2009, n. 103; 2) e' stata disposta l'estromissione dal giudizio del convenuto Aldo Orasi in quanto erroneamente inserito tra i soggetti destinatari dell'atto di citazione; 3) e' stata respinta l'eccezione d'inammissibilita' degli interventi adesivi dell'Adusbef e del Sindacato USI/RdB/-Ricerca; 4) e' stata respinta la censura di improcedibilita' della azione della Procura per non aver tenuto conto della entrata in vigore dell'art. 44 del d.l. n. 248/2007, sollevata dai convenuti Buratta, Egidi e Zannella; 5) e' stata respinta l'eccezione di nullita' dell'atto di citazione per incertezza dell'oggetto, presentata dai convenuti Certoma', Mancini, Monducci, Oneto e Terra Abrami; 6) e' stata respinta l'eccezione di inammissibilita' della citazione per violazione del principio di corrispondenza con l'invito a dedurre, presentata dai convenuti Cianfarani e Perrone; 7) e' stata accolta l'eccezione di parziale prescrizione della azione risarcitoria, per essere stata la citazione emessa il 5 agosto 2008, previo invito a dedurre notificato il 19 novembre 2007, e conseguentemente, per il disposto dell'art. 1, comma 2 legge n. 20/1994 per il quale «il diritto a risarcimento del danno si prescrive in cinque anni decorrenti dalla data in cui si e' verificato il fatto dannoso», e' stato accertato che l'azione e' stata tempestivamente esercitata per le azioni ed omissioni imputabili ai convenuti successivamente alla data del 19 novembre 2002 sino a tutto il 2006, accertando la compiuta prescrizione della azione per il risarcimento del danno erariale relativamente al periodo precedente (1° gennaio 2002 - 19 novembre 2002). Ed e' stata disposta la pronunzia con separata ordinanza per l'esame della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 44 del d.l. n. 248 del 2007, convertito con legge n. 31 del 28 febbraio 2008, sollevata dalla Procura nel giudizio di responsabilita'. D i r i t t o 1. - La censura di costituzionalita' e' stata sollevata dalla Procura di questa Corte nei confronti dell'art. 44 del d.l. n. 248 del 2007, intestato «Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria», e convertito con legge n. 31 del 28 febbraio 2008, entrato in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale in base all'art. 52 del medesimo decreto, e dunque il 31 dicembre 2007 (Gazzetta Ufficiale n. 302 del 31 dicembre 2007). Nell'ambito dei presupposti che questo giudice deve accertare ai fini della promovibilita' della questione avanti alla Corte costituzionale, ed in particolare del presupposto della rilevanza della questione di legittimita' costituzionale nel giudizio a quo, preliminare e' l'indagine sull'applicabilita' della disposizione nel presente giudizio di responsabilita' erariale. La norma censurata testualmente ha disposto che «Fino al 31 dicembre 2008 ai fini dell'applicazione delle sanzioni amministrative previste dall'art. 11 del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322 e con riguardo alle rilevazioni statistiche svolte anche anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto, e' considerato violazione dell'obbligo di risposta di cui all'art. 7, comma 1 del medesimo decreto legislativo n. 322/1989 esclusivamente il rifiuto formale di fornire i dati richiesti». Essa incide sulle disposizioni poste dalla Procura a base dell'azione di responsabilita' erariale, in quanto modifica l'ambito temporale di applicabilita' dell'art. 7, comma 1 del d.lgs. n. 322/1989, disposizione sulla cui violazione si fonda l'azione della Procura e che - per effetto dell'art. 3 comma 164 della legge n. 244/2007 - era in vigore all'epoca dei fatti contestati ed era destinata a rimanerne la disposizione regolatrice anche successivamente e sino al 31 dicembre 2007, in quanto le nuove previsioni dell'art. 7, comma 1, come sostituito dall'art. 3, comma 64 della medesima legge n. 244/2007, avrebbero trovato applicazione solo a decorrere dal 1° gennaio 2008 e per i fatti commessi successivamente a tale data. Per effetto della disposizione censurata il vecchio testo dell'art. 7, comma 1 del d.lgs. n. 322/1989 non trova piu' applicazione neanche per i fatti occorsi antecedentemente al 31 dicembre 2007, a fronte della letterale previsione ivi contenuta che estende l'ambito temporale di applicabilita' della norma censurata «fino al 31 dicembre 2008... e con riguardo alle rilevazioni statistiche svolte anche anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto». L'art. 44 del d.l. n. 248/2007 dunque e' applicabile nel giudizio di responsabilita' in quanto sostituisce, con effetto esteso ai fatti contestati ai convenuti, alla previgente fattispecie sanzionabile di cui all'art. 7, comma 1 del citato decreto legislativo una nuova fattispecie costituita esclusivamente dal «rifiuto formale di fornire i dati richiesti». 2. - La evidente pregiudizialita' della proposta questione di legittimita' costituzionale rispetto alla definizione del giudizio di responsabilita' amministrativa, come dalle considerazioni che seguono, determina la rilevanza della stessa nel presente giudizio. 2.1. - La responsabilita' dei funzionari dell'ISTAT e' astrattamente prospettabile, secondo la tesi della Procura, in base alle disposizioni previgenti all'emanazione dell'art. 44 del d.l. n. 248/2007, in quanto: nel sistema sanzionatorio delineato dagli art. 7, commi 1 e 3, e dall'art.11 del d.lgs. n. 322/1989 - vigenti per i fatti commessi sino al 31 dicembre 2007 per effetto delle disposizioni dell'art. 3 comma 164 della legge n. 244/2007, che ha fissato al 1° gennaio 2008 la data di entrata in vigore della nuova configurazione di illecito amministrativo di cui al nuovo testo dell'art. 7 del d.lgs. n. 322/1989 come sostituito dall'art. 3, comma 74 della medesima legge n. 244/2007 - la sanzione pecuniaria di cui all'art. 11 del medesimo decreto era applicabile, ai sensi dell'art. 7 comma 3 del decreto stesso, a «coloro che, richiesti di dati e notizie ai sensi del comma 1, non li forniscano, ovvero li forniscono scientemente errati o incompleti...» e pertanto a tutte le ipotesi di mancata risposta, senza alcuna distinzione ne' per tipologia dei dati ne' tra casi di formale diniego di risposta e casi di comportamento meramente omissivo. Solo per i fatti commessi a decorrere dal 1° gennaio 2008 l'ambito oggettivo e soggettivo dell'obbligo di rispondere alle richieste di dati statistici e le conseguenze della mancata risposta sono state diversamente disciplinate, avendo l'art. 3, comma 74 della medesima legge n. 244/2007 sostituito il comma 1 dell'art. 7 citato, disponendo che «E' fatto obbligo a tutte le amministrazioni, enti e organismi pubblici di fornire tutti i dati che vengano loro richiesti per le rilevazioni previste dal programma statistico nazionale. Sono sottoposti al medesimo obbligo i soggetti privati per le rilevazioni, rientranti nel programma stesso, espressamente indicate con delibera del Consiglio dei ministri. Su proposta del Presidente dell'ISTAT, sentito il comitato di cui all'art. 17, con delibera del Consiglio dei ministri e' annualmente definita, in relazione all'oggetto, ampiezza, finalita', destinatari e tecnica di indagine utilizzata per ciascuna rilevazione statistica, la tipologia di dati la cui mancata fornitura, per rilevanza, dimensione o significativita' ai fini della rilevazione statistica, configura violazione dell'obbligo di cui al presente comma. I proventi delle sanzioni amministrative irrogate ai sensi dell'art. 11 confluiscono in apposito capitolo del bilancio dell'ISTAT e sono destinati alla copertura degli oneri per le rilevazioni previste dal programma statistico nazionale». Si e' dunque previsto che l'ambito dei dati la cui mancata fornitura all'ISTAT configura violazione dell'obbligo di risposta - nonche', per effetto dell'invariato comma 3 del medesimo art. 7, presupposto per l'applicazione della sanzione di cui all'art. 1 del medesimo decreto legislativo - sia definito con riferimento a parametri individuati in funzione della tipologia di indagine nei modi descritti dalla norma. In tale situazione normativa, per i fatti contestati dalla Procura appare non infondata la tesi della applicabilita' della norma sanzionatoria di riferimento, nel senso di ritenere che l'art. 7, comma 3 del d.lgs. n. 322/1989 vecchio testo comportasse per i soggetti competenti l'obbligo di procedere all'accertamento della violazione ed alla successiva conduzione del procedimento per l'applicazione delle sanzioni a fronte di ogni caso di mancata risposta senza ulteriori distinzioni e che dunque la assoluta omissione di alcuna procedura sanzionatoria sin dalla entrata in vigore del d.lgs. n. 322/1989 e sino all'anno 2007 costituisca in astratto una ipotesi tipica di colpa grave collegata ad una grave ed inescusabile violazione di norma imperativa. 2.2. - Nel concreto, i fatti contestati ai convenuti sono costituiti da omissioni relative all'applicazione delle sanzioni, occorse durante il periodo 2002-2006. Pur dovendosi circoscrivere l'accertamento ai fatti omissivi verificatisi durante il periodo non coperto da prescrizione e dunque, come accertato nella sentenza parziale emessa all'udienza del 12 ottobre 2009, successivamente alla data del 19 novembre 2002 sino a tutto il 2006, va osservato che per detto periodo - nella situazione antecedente alla emanazione della norma censurata - ai fatti contestati rimaneva applicabile il disposto dell'art. 7, comma 1 del citato decreto legislativo n. 322/1989 nella sua formulazione originaria. 2.3. - Indipendentemente dalla formula usata dal legislatore, che non fa alcun accenno ne' alla natura interpretativa ne' ad un effetto retroattivo della disposizione, il tenore letterale dell'art. 44 del d.l. n. 248/2007 esclude la perseguibilita' di fattispecie diverse dal formale rifiuto di rispondere occorse sino al 31 dicembre 2008, senza alcuna possibilita' di altra interpretazione atteso che la stessa dispone «fino al 31 dicembre 2008» «con riguardo alle rilevazioni statistiche svolte anche anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto», e dunque anche per il periodo dal 2002 al 2006 al quale si riferiscono i fatti contestati nel presente giudizio. Pertanto, detta disposizione determina il venir meno dell'elemento dell'antigiuridicita' dei comportamenti contestati dalla Procura contabile, dal momento che l'illiceita' e' stata rilevata per tutti i casi di mancata fornitura di dati, conformemente al sistema sanzionatorio vigente al momento dei fatti (come delineato dall'art. 7, comma 1 del d.lgs. n. 322/1989 e dallo stesso art. 3 della legge n. 244/2007 che, al comma 74, ha sostituito il testo del comma 1 dell'art. 7 ed al comma 164 ne ha fissato l'entrata in vigore al 1° gennaio 2008) senza differenziare le fattispecie sulla base del presupposto del «rifiuto formale» di fornire i dati, introdotto solo dalla norma censurata e non presente nella norma innovativa di cui al citato art. 3, commi 74 e 164, legge n. 244/2007. L'azione della Procura, in altri termini, non potrebbe essere accolta per non aver essa posto ad oggetto della pretesa un comportamento censurabile alla luce delle disposizioni di legge sopravvenute al momento della sua proposizione ed incidenti anche sulle rilevazioni statistiche effettuate nel periodo 2002-2006, dal momento che nella citazione il danno e' stato complessivamente calcolato su tutti i comportamenti omissivi della applicazione delle sanzioni a fronte di tutti i casi di mancata risposta ai dati richiesti dall'ISTAT, senza evidenziare nel loro ambito i rifiuti espressi formalmente e senza che la domanda della Procura sia stata in tal senso modificata o ridotta. Pertanto la norma impugnata incide sulla definizione del giudizio a quo in quanto la pronunzia di incostituzionalita' della censurata disposizione determinerebbe la perseguibilita' dei comportamenti dei convenuti conformemente al sistema sanzionatorio determinato dall'art. 7 del d.lgs. n. 322/1989, vecchio e nuovo testo, in relazione al quale sia l'accusa della Procura che le difese dei presunti responsabili troverebbero vaglio in sede di merito. 3. - Nel merito della questione di legittimita' costituzionale ne va vagliata la non manifesta infondatezza con riferimento ai diversi parametri costituzionali richiamati, e precisamente: 3.1. - per contrasto con l'art. 77 della Costituzione, per aver il legislatore abusato dello strumento della decretazione d'urgenza in una ipotesi in cui non sussiste l'urgenza di provvedere, e dell'art. 101, secondo comma, art. 103, secondo comma e art. 108, secondo comma della Costituzione, in quanto la reale motivazione dell'utilizzo della decretazione d'urgenza sarebbe da rinvenirsi nell'intento di esercitare una preordinata interferenza sulle funzioni della magistratura contabile, sottraendo ad essa una fattispecie di responsabilita' amministrativa gia' azionata, come si evincerebbe dalla circostanza che al momento della entrata in vigore della norma l'istruttoria contabile era in corso atteso che l'invito a dedurre e' stato emesso nel novembre 2007. La Procura cita a sostegno della incostituzionalita' della lesione da parte della legge delle prerogative della Magistratura, le sentenze costituzionali n. 6 del 1994, n. 480 del 1992, n. 91 del 1988, n. 123 del 1987, n. 118 del 1957, n. 397 del 1994, dalle quali si ricaverebbero i principi secondo i quali «il legislatore vulnera le funzioni giurisdizionali quando la legge sia intenzionalmente diretta ad incidere su concrete fattispecie sub judice», la sentenza costituzionale n. 155 del 1990 nella quale e' precisato che tale intenzione deve assumere i tratti di una «preordinata interferenza» nella controversia in corso ad opera della legge, la sentenza n. 6 del 194 nella quale si precisa che tale «eccesso di potere legislativo» non e' di per se' dimostrato dal «fatto che la norma impugnata si sia venuta, nella sostanza, a configurare come norma innovativa dotata di forza retroattiva anziche' come vera e propria norma interpretativa», la sentenza n. 171/2007 nella quale si e' dichiarata l'incostituzionalita' di una singola disposizione inserita in un decreto legge per mancanza dei presupposti della necessita' ed urgenza di cui al'art. 77 della Cost. Cio' premesso, la Procura ha ritenuto che costituiscano, nella fattispecie di cui all'art. 44 del d.l. n. 248/2007 qui censurato, sintomi di tale preordinata interferenza una serie di circostanze e precisamente a) il fatto che ictu oculi non sussistano i requisiti della necessita' e dell'urgenza di provvedere su una normativa risalente nel tempo e sempre applicata antecedentemente alla riforma di cui al d.lgs. n. 322/1989 quando la sanzione era di carattere contravvenzionale, b) il fatto che essa sia stata inserita nel decreto legge intestato «Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria», mentre non dispone alcuna proroga di termini in scadenza, c) il fatto che la norma sia intervenuta in un momento in cui era stato gia' emesso l'invito a dedurre e dunque iniziata l'istruttoria del giudizio di responsabilita', con la notifica dell'invito a dedurre nel novembre 2007, d) l'irragionevolezza dell'intervento normativo che circoscrive solo fino al 31 dicembre 2008 l'area delle condotte sanzionabili a quelle costituite dal formale rifiuto di rispondere», e) l'irrazionalita' della disposizione rispetto al suo dichiarato scopo, atteso che essa e' formalmente volta a determinare l'area delle condotte punibili ma in realta' svuota di significato il principio della obbligatorieta' della fornitura dei dati; 3.2. - per contrasto con l'art. 81, quarto comma della Costituzione, per mancata indicazione dei mezzi di copertura delle minori entrate derivanti dalla inesigibilita' dell'importo delle sanzioni desumibili dalle mancate risposte da contabilizzare nel bilancio dello Stato, non potendosi ritenere ostativa la circostanza, che era venuta in rilievo gia' nel dibattito parlamentare in sede di conversione del decreto-legge, che nell'esercizio finanziario in corso non era previsto uno specifico capitolo di bilancio al quale fare affluire le entrate; 3.3. - per violazione dell'art. 97 e dell'art. 3 della Costituzione, in quanto la norma censurata «azzera totalmente» il meccanismo delle sanzioni in quanto pone a presupposto della punibilita' un onere, il formale rifiuto di rispondere, a carico del medesimo soggetto a danno del quale la sanzione dovrebbe essere applicata, ed in quanto, attraverso questo stesso meccanismo, «attua una ingiustificata disparita' di trattamento tra coloro che non rispondono ai quesiti prevedendo una condizione deteriore per coloro che formalmente si rifiutano di rispondere rispetto agli altri che si rifiutano senza dire nulla». 4. - Si osserva preliminarmente che la disposizione censurata e' stata convertita senza modificazioni nella legge 28 febbraio 2008, n. 31, che ha aggiunto all'art. 44 il comma 1-bis il cui contenuto e' il seguente: «Al fine di consentire la stima dell'impatto sull'indebitamento netto e sul debito pubblico delle operazioni di partenariato pubblico-privato avviate da pubbliche amministrazioni e ricadenti nelle tipologie indicate dalla decisione Eurostat dell'11 febbraio 2004, le stazioni appaltanti sono tenute a comunicare all'Unita' tecnica finanza di progetto della Presidenza del Consiglio dei ministri le informazioni relative a tali operazioni, secondo modalita' e termini indicati in un'apposita circolare da emanarsi d'intesa con l'Istituto nazionale di statistica. Dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, recante previsioni che non incidono sull'ambito e la portata della censurata disposizione.» e che pertanto non sposta i termini della impugnativa di legittimita' costituzionale. 5. - Questo giudice ritiene manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale sollevata con riferimento all'art. 81 Costituzione, e cio' a causa della peculiarita' del meccanismo sanzionatorio delineato in materia dall'art. 3, comma 74 della legge n. 244/2007, che sostituendo il testo dell'art. 7, comma 1 del d.lgs. n. 322/1989 ha confermato il principio di destinazione delle entrate derivanti da sanzioni gia' vigente, disponendo che «I proventi delle sanzioni amministrative irrogate ai sensi dell'art. 11 confluiscono in apposito capitolo del bilancio dell'ISTAT e sono destinati alla copertura degli oneri per le rilevazioni previste dal programma statistico nazionale» e mutando solo il bilancio di destinazione, che oggi e' quello dello stesso istituto che accerta la sanzione e sul quale concretamente gravano le spese correlate alle procedure sanzionatorie. Atteso che dunque nell'ambito delle spese di cui si tratta, essenzialmente riconducibili ai costi per l'accertamento delle sanzioni, la copertura e' tendenzialmente assicurata attraverso il vincolo di destinazione delle entrate, costituite dall'importo delle relative sanzioni, l'art. 44 qui censurato riduce l'ambito delle fattispecie sanzionabili e pertanto determina presumibilmente minori entrate per la ridotta possibilita' di applicazione delle sanzioni, ma non a fronte di un dato costante di spesa, in riferimento al quale la minore entrata costituirebbe effettivamente un costo riconducibile al concetto di «nuove spese» di cui all'art. 81 della Costituzione, bensi' di un flusso di spese presumibilmente in diminuzione in misura proporzionale alla diminuzione delle entrate, e cio' a fronte della minore quantita' di procedimenti di accertamento collegabile alla riduzione delle fattispecie giuridicamente rilevanti ai fini della punibilita' ma soprattutto della loro conducibilita' sulla base di un elemento rinvenibile agli atti - il rifiuto espresso di rendere le informazioni, orale o scritto che esso debba intendersi - e dunque accertabile tramite rilevazione diretta della relativa comunicazione effettuata da parte e a cura del trasgressore, con costi dunque presumibilmente molto limitati da parte dell'accertatore. Va inoltre osservato che le minori entrate derivanti dalla riduzione dell'ambito delle fattispecie punibili non paiono esattamente quantificabili a priori, e tale considerazione apporta un ulteriore elemento di giudizio che depone per la manifesta infondatezza della prospettata incostituzionalita', a fronte del consolidato orientamento della Corte secondo il quale l'obbligo di copertura ex art. 81 Cost. non ricorre quando l'onere introdotto da una nuova legge non e' quantificabile a priori (sin dalla sentenza n. 478 del 1987). 6. - Non e' invece manifestamente infondata la questione con riferimento agli altri profili denunziati dalla Procura, e precisamente: 6.1. - Per la violazione degli artt. 97 e 3 della Costituzione. Dal suo tenore letterale la norma censurata appare diretta a delimitare fino al 31 dicembre 2008 l'ambito oggettivo della fattispecie di mancata fornitura di dati statistici rilevante ai fini dell'applicazione della sanzione di cui all'art. 11 del d.lgs. n. 322/1989, disponendo «ai fini dell'applicazione delle sanzioni amministrative previste dall'art. 11 del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322, e' considerato violazione dell'obbligo di risposta di cui all'art. 7, comma 1 del medesimo decreto legislativo n. 322/1989 esclusivamente il rifiuto formale di fornire i dati richiesti». In realta' tale previsione - pur tenendo in debito conto l'ipotesi che il legislatore abbia volutamente introdotto una norma sanzionatoria di portata limitata, e cioe' una «norma transitoria» di passaggio al sistema definitivo, restringendo l'ambito della sanzionabilita' ad una fattispecie assai piu' ristretta sia di quella vigente sino al 31 dicembre 2007 in base al vecchio testo dell'art. 7, comma 1 del d.lgs. n. 322/1989 che di quella che sicuramente si delineera' ad esito delle procedure di cui all'art. 7, comma 1 del citato d.lgs. nuovo testo dal 31 dicembre 2008 in poi - non appare corrispondere ad alcun criterio logico, non approntando un minimo, ma inderogabile livello di garanzia per la tutela dell'effettivita' dell'obbligo di conferimento dei dati di cui all'art. 7, commi 1 e 3 del citato d.lgs. n. 322/1989 per un periodo transitorio - sino al 31 dicembre 2008, appunto - nelle more della piena entrata a regime del meccanismo complesso individuato dal medesimo art. 7, comma 1 del citato d.lgs. n. 322/1989. Cio' in quanto la norma individua quale presupposto della punibilita' del soggetto trasgressore una formale dichiarazione con la quale egli stesso, mettendo in moto il meccanismo della sanzione nei propri confronti, abbia dichiarato o dichiari di non voler rispondere alla richiesta di dati. Il presupposto della sanzionabilita' della mancata risposta ai dati richiesti risiede dunque, per l'art. 44 censurato, in un comportamento inesigibile, in quanto contrario all'interesse dell'onerato, e che del tutto verosimilmente non potrebbe trovare realizzazione, nel periodo di riferimento, atteso che per eludere la sanzione e' sufficiente non attivarsi esprimendo un formale rifiuto. Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto da alcune difese dei convenuti, l'art. 44 non si inserisce in alcun modo nella logica della riforma dell'obbligo di fornire i dati statistici e del relativo sistema sanzionatorio, prevista dalla legge n. 244/2007, in quanto individua la punibilita' della trasgressione con un criterio che rimane del tutto estraneo a quelli previsti dall'art. 7, comma 1 nuovo testo, come sostituito dall'art. 74 della legge n. 244/2007, e destinati ad operare «a regime», e tale circostanza costituisce ulteriore indice della sua illogicita'. Tale ultima disposizione, infatti, nel prevedere che l'ambito dei dati la cui mancata fornitura configura violazione dell'obbligo sanzionato al comma 3 dell'art. 7 e all'art. 11 del d.lgs. n. 322/1989 sia definito annualmente con delibera del Consiglio dei ministri su proposta del Presidente dell'ISTAT, sentito il Comitato di cui all'art. 17, individua il criterio di selezione delle fattispecie punibili essenzialmente nella importanza che il dato riveste ai fini della statistica, prescrivendo che sia individuata «la tipologia di dati la cui mancata fornitura, per rilevanza, dimensione o significativita' ai fini della rilevazione statistica, configura violazione dell'obbligo di cui al presente comma», tipologia di dati da individuarsi «in relazione all'oggetto, ampiezza, finalita', destinatari e tecnica di indagine utilizzata per ciascuna rilevazione statistica». In nessun modo dunque il «rifiuto formale» di fornire i dati cui all'art. 44 censurato si pone in linea con tale criterio, non costituendo un elemento che inerisce ne' a qualita' del dato richiesto ne' a caratteristiche della indagine o della tecnica di indagine, e non inerendo al destinatario se non sotto il profilo di discriminare i trasgressori dell'obbligo nei modo del tutto irragionevole ed incongruo sopra descritto, cioe' permettendo l'impunita' di coloro che rimangono nella piena e silente omissione e prevedendo invece la punibilita' di coloro che formalizzano il loro rifiuto di rispondere ai dati richiesti, esprimendolo «formalmente». Cio' appare sufficiente a questo giudice per ritenere la norma del tutto stridente con i principi di logica e buona amministrazione imposti al legislatore dall'art. 97 della Costituzione, ed anche per altro verso, per ritenere comunque la norma contrastante con il principio di eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione, che impone di trattare in modo adeguatamente diseguale situazioni diseguali, in quanto essa comporta paradossalmente la punibilita' di chi si premura di fornire formale risposta negativa alla richiesta di dati - presumibilmente al fine di motivarla precisando le ragioni del rifiuto - e la non punibilita' di chi si limita a trasgredire l'obbligo di risposta, rimanendo del tutto inerte e neanche chiarendo o giustificando il proprio comportamento, a fronte della violazione di un obbligo che rimane comunque vigente per effetto dell'art. 7, comma 1 del citato d.lgs. n. 322/1989 indipendentemente dalla sua concreta sanzionabilita' da parte dell'ordinamento, come il legislatore della norma impugnata ha mostrato di ritenere disponendo non per la limitazione dell'obbligo di risposta - previsto al citato art. 7 comma 1 non inciso dall'art. 44 impugnato - ma per la limitazione delle fattispecie di trasgressione rilevanti «ai fini dell'applicazione delle sanzioni amministrative previste dall'art. 1 del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322/1989». 6.2. - Per violazione dell'art.77 Costituzione. Come rilevato al punto 2.3 della presente ordinanza, l'art. 7 comma 1 del d.lgs. n. 322 del 1989, nel testo sostituito dall'art. 3, comma 74 della legge n. 244/2007, e' entrato in vigore il 1° gennaio 2008; per il periodo antecedente trovava applicazione il vecchio testo del medesimo art. 7, comma 1 del citato d.lgs., destinato a disciplinare le fattispecie di mancata risposta a richiesta di dati statistici sino al 31 dicembre 2007. Tale ultima norma era sistematicamente inserita in un contesto nel quale - per effetto dell'art. 3, comma 164 della legge finanziaria 2008, n. 244/2007 - era destinata ad essere vigente ed efficace sino al giorno antecedente a quello della entrata in vigore della riforma del sistema statistico e sanzionatorio, organicamente disciplinato ex novo non solo dal nuovo testo dell'art. 7, comma 1 del citato d.lgs. n. 322/1989, sostituito dal comma 74 della legge n. 244/207, ma anche dai commi 72 e 73 della medesima legge. In tale contesto, nell'ultimo giorno di vigenza dell'art. 7, comma 1 vecchio testo, e a distanza di soli tre giorni dalla pubblicazione della legge n. 244/2007, si e' inserito l'art. 44 del d.l. n. 248/2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 302 del 31 dicembre 2007 ed entrato in vigore il giorno stesso, norma che, come si e' rilevato in precedenza, in concreto sostituisce una piu' ristretta fattispecie di punibilita', il «rifiuto formale» di fornire i dati richiesti, alle fattispecie previste dal vecchio testo dell'art. 7, comma 1, d.lgs. n. 322/1989 sino al 31 dicembre 2008. Essendo la previsione espressamente dettata per «le rilevazioni statistiche svolte anche anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto» e dunque anche per il periodo antecedente al 31 dicembre 2007, essa ha dunque l'effetto di incidere retroattivamente sulla definizione dell'ambito delle fattispecie alle quali l'art. 7, comma 3 del d.lgs. n. 322/1989 collegava la sanzione di cui all'art. 11 del medesimo decreto, impedendo all'art. 7, comma 1 del medesimo decreto di trovare applicazione sino alla sua naturale scadenza prevista dalla riforma. Tale effetto appare del tutto estraneo e, come tale, privo di razionale giustificazione rispetto alla finalita' del decreto legge n. 248/2007, dichiaratamente volto alla «Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria», ed in seno al quale l'art. 44 impugnato e' stato inserito nel Capo tra le «disposizioni finanziarie urgenti». E' sufficiente rilevare che non si tratta di una disposizione di carattere finanziario, che non dispone alcuna proroga di termini in scadenza che possa giustificare una sua urgenza e che l'effetto che essa realizza e' addirittura nella direzione opposta, e cioe' quella del togliere retroattivamente effetto ad una disposizione di legge che era destinata ad avere vigenza sino al momento della decretazione d'urgenza, il 31 dicembre 2007, in base ad una legge, la n. 244/2007, promulgata solo tre giorni prima. Ne' e' possibile adottare della impugnata norma una interpretazione compatibile con i principi costituzionali e in particolare con l'art. 77 Cost., nel senso che il legislatore, intervenendo con decreto legge il giorno antecedente all'entrata in vigore del nuovo sistema statistico e sanzionatorio abbia voluto dettare una disposizione transitoria che limitasse sino al 31 dicembre 2008, e cioe' per un intero anno dalla entrata in vigore della riforma di cui alla citata legge n. 244/2007, l'applicabilita' delle sanzioni per violazione dell'obbligo di fornire i dati statistici richiesti, al fine cioe' di procrastinare di un anno la concreta entrata in vigore del sistema sanzionatorio ivi previsto, che richiede procedure di approntamento per la prima volta introdotte nell'ordinamento dell'ISTAT (tesi sostenuta dalla difesa del Presidente dell'Istat). Tale interpretazione non e' invero consentita dal tenore letterale della norma, che sancendo espressamente «Fino al 31 dicembre 2008 ai fini dell'applicazione delle sanzioni amministrative previste dall'art. 11 del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322 e con riguardo alle rilevazioni statistiche svolte anche anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto...», stabilisce che la stessa e' destinata ad operare: 1) per le rilevazioni statistiche successive alla data del 31 dicembre 2007, e per le fattispecie di mancata ottemperanza all'obbligo di risposta alle richieste di dati statistici disciplinate dalle norme vigenti da quella data in poi (art. 7, comma 1 nuovo testo), e 2) per le rilevazioni statistiche antecedenti a tale data, e per le fattispecie di mancata ottemperanza all'obbligo di risposta alle richieste di dati statistici disciplinate dalle norme vigenti sino al 31 dicembre 2007 (art. 7, comma 1 vecchio testo), coprendo un ambito temporale maggiore di quello che sarebbe richiesto per il fine che ora si vuole considerare, per raggiungere il quale non sarebbe stato necessario che la norma disponesse anche per il periodo di tempo antecedente alla riforma, e che non e' possibile espungere dalla norma neanche tentando una interpretazione costituzionalmente orientata della stessa. Peraltro, non e' neppure possibile accedere ad una interpretazione restrittiva della norma censurata, che ne limiti l'operativita' escludendo dalla sua portata le fattispecie sanzionabili in base all'art. 7, comma 1 vecchio testo del d.lgs. n. 322/1989, occorse antecedentemente al 31 dicembre 2007. Infatti, ancorche' non incida sull'obbligo di conferimento dei dati cosi' come previsto dalla norma ultima citata, detta norma prevede espressamente che la violazione rilevante «ai fini dell'applicazione delle sanzioni amministrative previste dall'art.11 del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322» sia costituita unicamente dal rifiuto formale non solo fino al 31 dicembre 2008 (e dunque ai fini, seppure criticabili con riferimento ad altro parametro costituzionale, di dettare norma transitoria di passaggio a regime della riforma dal 31 dicembre 2007 alla nuova data ivi indicata) ma anche «con riguardo alle rilevazioni statistiche svolte anche anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto» e cioe' al 31 dicembre 2007. Ne consegue che una interpretazione restrittiva della norma, rispettosa del parametro costituzionale di cui all'art. 77 Cost., e' impedita dalla volonta' espressa dal legislatore . In conclusione, la citata disposizione appare illegittima costituzionalmente per contrasto con l'art. 77 della Costituzione quantomeno nella parte in cui dispone la propria efficacia «con riguardo alle rilevazioni statistiche svolte anche anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto» e dunque per i fatti commessi sino al 31 dicembre 2007, cosi' introducendo in sede di decretazione d'urgenza una disposizione priva del requisito di necessita' ed urgenza e tesa a sostituire retroattivamente il testo dell'art. 7, comma 1 del d.lgs. n. 322/1989. 6.3. - Per violazione degli artt. 101, 103 e 108 della Costituzione. La presenza dei profili di incostituzionalita' sopra rilevati per contrasto con gli artt. 77, 97 e 3 della Costituzione fornisce altresi', a parere di questo giudice, piu' di una ragione per ritenere non manifestamente infondata la sollevata questione di legittimita' costituzionale per violazione degli artt. 101, 103 e 108 della Costituzione, poiche' fornisce piu' di un indizio del fatto che con l'art. 44 impugnato in realta' il legislatore abbia voluto perseguire uno scopo diverso e ulteriore da quello che appare dal tenore letterale della norma stessa, individuabile attraverso una serie di altre circostanze, costituito dalla incisione delle prerogative della magistratura contabile. Rileva in primis il fatto che, per le ragioni evidenziate nei precedenti punti 5.1. e 5.2., della presente ordinanza, la norma non ha contenuto ne' di proroga dei termini ne' di disposizione finanziaria ne', in concreto, e' idonea a individuare un presupposto comportamentale al quale puo' collegarsi logicamente e razionalmente la punibilita' del comportamento trasgressivo nell'ambito di un meccanismo sanzionatorio, ne' puo' trovare la sua ragion d'essere nel prevedere una ipotesi di punibilita' «transitoria» per il periodo sino al 31 dicembre 2008 almeno nella parte in cui dispone «ai fini dell'applicazione delle sanzioni amministrative previste dall'art. 11 del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322 e con riguardo alle rilevazioni statistiche svolte anche anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto.....». Per tale parte, considerando che gli unici effetti che la norma e' in grado di produrre sono gli effetti «paralizzanti» del meccanismo di applicazione della sanzione per la violazione dell'obbligo di cui al citato art. 7, comma 1, a causa dell'irrazionalita' della previsione del rifiuto formale di rispondere quale unico presupposto di punibilita', essa si prospetta piu' che come una norma che limita la punibilita' ad alcune fattispecie - in realta' non realisticamente prospettabili - come una norma che appronta una sanatoria globale delle situazioni di violazione dell'obbligo di risposta occorse sino a tutto il 31 dicembre 2007, che rimanevano punibili in base al vecchio testo dell'art. 7, comma 1 del d.lgs. n. 322/1989. In tale quadro deve inserirsi la valutazione del dato temporale che si ricava dall'analisi della successione dei fatti inerenti al giudizio di responsabilita' amministrativa sul quale la disposizione in questione e' destinata ad incidere e nel corso del quale la censura e' stata sollevata, e cioe' a fatto che l'art. 44 del decreto-legge n. 248/2007 e' stato promulgato il 31 dicembre 2007 e cioe' successivamente alla notifica dell'invito a dedurre, effettuata a tutti i convenuti il 19 novembre 2007. La situazione complessivamente venutasi a delineare e' che la norma censurata, apparentemente dettata al fine di delineare un seppur ridotto presupposto di sanzionabilita' della trasgressione dell'obbligo di conferire i dati - ma in concreto del tutto inidonea a consentire l'operativita' del meccanismo sanzionatorio, non collegata razionalmente con il nuovo sistema sanzionatorio delineato dalla riforma, nonche' priva dei presupposti della necessita' ed urgenza costituzionalmente prescritti e quindi e' priva di ogni ragionevole giustificazione alla luce dei sopra ricordati parametri costituzionali - ha l'unico effetto di determinare il venir meno della punibilita' della trasgressione all'obbligo suddetto con riferimento all'art. 7, comma 1 del d.lgs. n. 322/1989 vecchio testo - disposizione che sarebbe stata pienamente vigente sino al 31 dicembre 2007 nel contesto della riforma di cui alla legge n. 244/2007 - e cio' non solo per i fatti e le omissioni successivi alla riforma (dal 1° gennaio 2008) e sino al 31 dicembre 2008, ma anche per il periodo di tempo antecedente alla entrata in vigore della riforma stessa, e cioe' per i fatti sino al 31 dicembre 2007, atteso che essa cio' espressamente ed inequivocabilmente prevede. Conseguentemente, e per le ragioni rilevate sopra al punto 2 della presente ordinanza, essa ha l'effetto di determinare il venir meno dell'illiceita' del mancato accertamento della trasgressione da parte dei soggetti ad esso tenuti, e dunque dei comportamenti contestati ai convenuti nel giudizio di responsabilita' a quo. Atteso che la norma e' stata emanata il 31 dicembre 2007, successivamente alla emissione del'invito a dedurre che ha contestato la responsabilita' ai convenuti nel giudizio instaurato con successivo atto di citazione, non pare infondata la tesi della Procura che la disposizione censurata sia strumentale al reale intento perseguito dal legislatore di esercitare una preordinata interferenza sulle funzioni della magistratura contabile, sottraendole una fattispecie di responsabilita' amministrativa gia' sub judice, nella parte in cui dispone la propria efficacia «con riguardo alle rilevazioni statistiche svolte anche anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto». 7. - Questo giudice e' ben consapevole della natura e delle funzioni dell'invito a dedurre, istituto di garanzia del convenibile tipico del processo di responsabilita' amministrativa che si colloca in una fase precedente alla vera e propria instaurazione del giudizio. Tuttavia non puo' dubitare del fatto che, indipendentemente dalla qualificazione della fase cui attiene l'invito a dedurre, laddove un potere-dovere sia costituzionalmente garantito - come ai sensi degli artt. 101, 103 e 108 Cost. l'ambito della giurisdizione contabile nel quale e' compreso l'esclusivo diritto di azione del Procuratore contabile - esso non possa, non ricevere eguale garanzia con riferimento a quella fase, comunque procedimentale come attualmente deriva dall'art. 17, comma 30-ter del d.l. n. 78/2009 conv. nella legge n. 102/2009, che e' necessariamente prodromica allo svolgimento del giudizio. Si tratta allora di verificare se l'intervento del legislatore di cui all'art. 44 qui censurato, che ha introdotto una sostanziale «sanatoria» delle ipotesi di responsabilita' individuate dalla Procura contabile in base alla legislazione vigente al momento dei fatti contestati e al momento dell'invito a dedurre notificato ai convenibili, possa o meno configurare la lamentata lesione delle prerogative della magistratura contabile. La giurisprudenza costituzionale, soffermandosi sull'istituto qui in esame, ha rilevato che «l'invito a dedurre attiene ad una fase che precede l'accertamento delle responsabilita', suscettibile, alternativamente, di mettere capo all'instaurazione del giudizio ovvero all'archiviazione, ma tale da non inficiare la tradizionale regola secondo la quale, nel giudizio di responsabilita' amministrativa, il giudice e' investito della causa solo attraverso l'atto di citazione (sentenza n. 415 del 1995, ed in termini analoghi, tra le altre, significativamente C.C. n. 163/1997 e n. 513/2002). Da detta impostazione non si discosta la giurisprudenza contabile che ha individuato la funzione dell'atto di cui trattasi essenzialmente nella «preliminare contestazione di fatti specifici ad un soggetto gia' indagato, che viene cosi' messo in grado di rappresentare tempestivamente le sue ragioni all'organo inquirente, consentendo, al tempo stesso, al Procuratore regionale lo sviluppo di piu' adeguate indagini... Si tratta di un atto che muove all'acquisizione di ulteriori elementi, se del caso anche di carattere esimente, in vista delle conclusive determinazioni che non necessariamente dovranno essere nel senso dell'inizio dell'azione di responsabilita'», rilevandone «l'assenza di ogni univocita' circa l'ulteriore seguito dell'iniziativa assunta dal Procuratore regionale». Osserva pero' questo giudice che il fatto che la fase preprocessuale dell'invito a dedurre non presenti il carattere della univocita' tipicamente connesso alla fase giudiziale non puo' porre nell'ambito dell'irrilevante giuridico l'altro fatto, pure evidente, che l'attivita' svolta dalla Procura in quella sede costituisca espressione di un potere-dovere che si articola nella fase giudiziale come diritto alla azione e nella fase preprocessuale come diritto a svolgere una compiuta istruttoria quale ineliminabile presupposto per la eventuale incardinazione dell'azione. In conclusione, dal momento che il potere-dovere di azione del Procuratore comprende il potere di accertare preventivamente la sussistenza dei presupposti per l'esercizio dell'azione di responsabilita' amministrativa ritiene questo giudice che non possa ritenersi manifestamente infondata la questione se il principio di non incidenza del legislatore sul concreto esercizio dell'attivita' giudiziaria, come tale garantita dai ricordati artt. 101, 103 e 108 Cost., non debba concernere anche la fase di necessario accertamento della sussistenza degli elementi sufficienti ad integrare l'ipotesi di responsabilita' amministrativa, fase della quale l'emissione dell'invito a dedurre costituisce, in ogni caso, atto conclusivo.
P. Q. M. La Corte dei conti - Sezione giurisdizionale per la Regione Lazio, dichiara non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 44 del d.l. n. 148/2007, convertito in legge 28 febbraio 2008, n. 31, con riferimento agli artt. 97 e 3 della Costituzione, nonche' della medesima disposizione nella parte in cui dispone la propria efficacia «con riguardo alle rilevazioni statistiche svolte anche anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto» e dunque per i fatti generativi di responsabilita' erariale commessi sino al 31 dicembre 2007, con riferimento agli articoli 77, 101, 103 e 108 della Costituzione. Sospende il giudizio e, riservata ogni altra pronuncia in rito ed in merito, dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Ordina che a cura della segreteria la presente ordinanza sia notificata alle parti ed al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' sia comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati. Cosi' deciso in Roma nella Camera di consiglio del 12 ottobre 2009. Il Presidente: Ristuccia Il Consigliere estensore: Bersani