N. 130 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 25 ottobre - 3 novembre 2011

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 3 novembre 2011  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Paesaggio - Edilizia e urbanistica -  Norme  della  Regione  Lazio  -
  Programmi integrati di  riqualificazione  urbana  e  ambientale  da
  adottarsi dai Comuni per il recupero e la riqualificazione di  aree
  sottoposte a vincoli  ambientali  e  paesaggistici  compromesse  da
  degrado ambientale - Previsione di misure di trasferimento in  aree
  esterne a quelle vincolate, delle volumetrie degli edifici demoliti
  e di quelle previste dalla pianificazione comunale vigente, nonche'
  delocalizzazione degli edifici esistenti nelle  fasce  di  rispetto
  relative al territorio  costiero  marittimo,  con  possibilita'  in
  entrambi i  casi  di  aumento  delle  volumetrie  e  di  cambio  di
  destinazione urbanistica - Lamentato intervento  unilaterale  della
  Regione  e  svuotamento  della  pianificazione   paesaggistica   da
  realizzarsi obbligatoriamente  in  base  ad  accordi  tra  Stato  e
  Regione per i beni vincolati - Contrasto con la normativa nazionale
  e comunitaria - Ricorso del Governo - Denunciata  violazione  della
  competenza legislativa statale esclusiva in materia di  tutela  dei
  beni culturali, violazione dell'obbligo di osservanza  dei  vincoli
  comunitari, lesione del principio di tutela del paesaggio. 
- Legge della Regione Lazio 13 agosto 2011, n. 10, art. 5, comma 6. 
- Costituzione, artt. 9, 10, 11 e 117, commi primo e  secondo,  lett.
  s);  d.lgs.  22  gennaio  2004,  n.  42,  artt.  135,  141  e  142;
  Convenzione europea del paesaggio del 20 ottobre  2000,  ratificata
  dall'Italia con la legge 9 gennaio 2006, n. 14. 
Paesaggio - Norme della Regione Lazio - Piano territoriale paesistico
  regionale (PTPR) - Previsione di un periodo quinquennale durante il
  quale    i    Comuni    possono    evidenziare    incongruita'    o
  contraddittorieta', e formulare proposte di modifica alla Regione -
  Possibilita' che la Regione corregga errori grafici o materiali  su
  segnalazioni dei Comuni  -  Lamentato  sovvertimento  delle  regole
  previste  dal  Codice  dei  beni  culturali  sulla   pianificazione
  paesaggistica, con estromissione dello Stato - Ricorso del  Governo
  -  Denunciata  violazione  della  competenza  legislativa   statale
  esclusiva in materia di tutela  dei  beni  culturali,  lesione  del
  principio di tutela del paesaggio. 
- Legge della Regione Lazio 13 agosto 2011, n. 10, art. 5, comma  32,
  lett. d) e lett. e). 
- Costituzione, artt. 9 e 117, comma secondo,  lett.  s);  d.lgs.  22
  gennaio 2004, n. 42, artt. 135, 141 e 142. 
Paesaggio - Edilizia e urbanistica -  Norme  della  Regione  Lazio  -
  Previsione di una intesa tra Regione e Ministero per i  Beni  e  le
  Attivita' Culturali per interventi di trasformazione del territorio
  in deroga a PTP e PTPR - Contrasto con le previsioni del Codice dei
  beni culturali sulla pianificazione  paesaggistica  -  Ricorso  del
  Governo  -  Denunciata  violazione  della  competenza   legislativa
  statale esclusiva in materia di tutela dei beni culturali,  lesione
  del principio di tutela del paesaggio. 
- Legge della Regione Lazio 13 agosto 2011, n. 10, art. 5, comma  32,
  lett. a) e c), nn. 1), 2) e 3). 
- Costituzione, artt. 9 e 117, comma secondo,  lett.  s);  d.lgs.  22
  gennaio 2004, n. 42, artt. 135, 141 e 142. 
Paesaggio - Norme della Regione Lazio - Autorizzazione  paesaggistica
  -  Possibilita'  di  realizzare  interventi  senza  autorizzazione,
  laddove  la  Soprintendenza  archeologica  verifichi  l'inesistenza
  dell'interesse archeologico su aree non vincolate  individuate  nel
  PTPR - Contrasto con la normativa statale di riferimento -  Ricorso
  del Governo - Denunciata violazione  della  competenza  legislativa
  statale esclusiva in materia di tutela dei beni culturali,  lesione
  del principio di tutela del paesaggio. 
- Legge della Regione Lazio 13 agosto 2011, n. 10, art. 5, comma  32,
  lett. b). 
- Costituzione, artt. 9 e 117, comma secondo,  lett.  s);  d.lgs.  22
  gennaio 2004, n. 42, artt. 10, 135, 141 e 142. 
Ambiente - Edilizia e urbanistica  -  Norme  della  Regione  Lazio  -
  Possibilita' di effettuare in modo generalizzato interventi edilizi
  di ampliamento, di demolizione e di ricostruzione con previsione di
  alcuni divieti - Mancata inclusione fra i  divieti  delle  zone  di
  promozione economica e sociale individuate nei  piani  di  assetto,
  nonche' delle zone B in regime di salvaguardia delle Aree  Naturali
  protette - Contrasto con la  normativa  statale  di  riferimento  -
  Ricorso  del  Governo  -  Denunciata  violazione  della  competenza
  legislativa statale esclusiva in materia di tutela dell'ambiente. 
- Legge della Regione Lazio 13 agosto 2011, n. 10, art. 2. 
- Costituzione, art. 117, comma secondo, lett. s); legge  6  dicembre
  1991, n. 394, artt. 6, commi 3 e 4, 11, commi 1 e 3, 12,  comma  2,
  lett. d), e 22, comma 1, lett. d). 
Ambiente - Norme della Regione Lazio  -  Aree  protette  regionali  -
  Possibilita'  di  realizzare  impianti  ed  attrezzature  sportive,
  nonche' strutture ad essi collegate,  all'interno  delle  zone  del
  piano regionale delle  aree  naturali  protette  caratterizzate  da
  rilevante interesse naturalistico, paesaggistico  e  culturale  con
  inesistente o limitato grado di antropizzazione - Contrasto con  la
  normativa  statale  di  riferimento  che  prevede  un  livello   di
  salvaguardia  pressoche'  integrale  -  Ricorso   del   Governo   -
  Denunciata  violazione   della   competenza   legislativa   statale
  esclusiva in materia di tutela dell'ambiente. 
- Legge della Regione Lazio 13 agosto 2011, n. 10, art. 5, comma 31. 
- Costituzione, art. 117, comma secondo, lett. s); legge  6  dicembre
  1991, n. 394, artt. 6, commi 3 e 4, 11, commi 1 e 3, 12,  comma  2,
  lett. d), e 22, comma 1, lett. d). 
Edilizia e urbanistica  -  Norme  della  Regione  Lazio  -  Sanatoria
  straordinaria degli abusi edilizi (c.d. condono edilizio) -  Ambito
  di  applicazione  delle  misure   straordinarie   di   ampliamento,
  demolizione e ricostruzione nel settore edilizio -  Definizione  in
  relazione  a  pregresse  normative  di   condono,   indistintamente
  considerate - Lamentato effetto di estensione della sanatoria al di
  la' dei limiti e  dei  presupposti  previsti  dalle  singole  leggi
  pregresse - Ricorso  del  Governo  -  Denunciata  violazione  della
  competenza  legislativa  statale  nella  materia  concorrente   del
  governo del territorio. 
- Legge della Regione Lazio 13 agosto 2011, n. 10, art. 2. 
- Costituzione, art. 117, comma terzo; legge 28 febbraio 1985, n. 47,
  art. 35; legge 23 dicembre 1994, n. 724, art. 39; decreto-legge  30
  settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, nella  legge
  24 novembre 2003, n. 326, art. 32. 
Edilizia e urbanistica  -  Norme  della  Regione  Lazio  -  Sanatoria
  straordinaria degli abusi edilizi (c.d. condono edilizio) - Condoni
  edilizi  del  1985,  del  1994  e  del  2003  -   Definizione   dei
  procedimenti di sanatoria edilizia ancora pendenti  -  Introduzione
  di un meccanismo di autocertificazione dell'avvenuta formazione del
  silenzio-assenso, con termine di novanta giorni entro il  quale  il
  Comune puo' verificarne la veridicita', decorso il quale il  titolo
  abilitativo in sanatoria si intende formato a tutti gli effetti  di
  legge  nei  termini  previsti  dalle  singole  leggi  di  sanatoria
  pregresse - Lamentato effetto di estensione dell'ultima  sanatoria,
  fino a ricomprendervi anche gli abusi  "maggiori"  e  "sostanziali"
  commessi su  aree  vincolate,  in  violazione  dei  principi  della
  giurisprudenza costituzionale, penale e  amministrativa  -  Mancata
  partecipazione degli organi statali ai procedimenti  di  condono  -
  Ricorso  del  Governo  -  Denunciata  violazione  della  competenza
  legislativa statale  nella  materia  concorrente  del  governo  del
  territorio. 
- Legge della Regione Lazio 13 agosto 2011, n. 10, art. 5, comma 15. 
- Costituzione, art. 117, comma  terzo;  decreto-legge  30  settembre
  2003,  n.  269,  convertito,  con  modificazioni,  nella  legge  24
  novembre 2003, n. 326, art. 32, comma 27, lett. d). 
(GU n.52 del 14-12-2011 )
    Ricorso del Presidente del  Consiglio  dei  ministri  in  carica,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura  Generale  dello  Stato  (C.F.
80224030587  -  n.  fax  0696514000  ed  indirizzo  P.E.C.   per   il
ricevimento degli atti ags_m2@mailcert.avvocaturastato.it)  e  presso
la stessa domiciliato in Roma alla  via  dei  Portoghesi  12,  giusta
delibera del Consiglio dei ministri adottata nella  riunione  del  24
ottobre 2011, ricorrente; 
    Contro la Regione Lazio, in persona del Presidente  della  Giunta
Regionale in carica, con sede in Roma, viale  Cristoforo  Colombo  n.
212, intimata; 
    Per  la  declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale   degli
articoli 2 e 5, commi 2, 6, 15, 31 e 32, della  legge  della  Regione
Lazio del 13 agosto 2011, n. 10, pubblicata nel  BUR  n.  32  del  27
agosto 2011 recante «Modifiche alla legge regionale 11  agosto  2009,
n. 21 (Misure straordinarie per il settore edilizio ed interventi per
l'edilizia residenziale sociale) e  alle  leggi  regionali  2  luglio
1987, n. 37 (Norme in materia  di  attivita'  urbanistico-edilizia  e
snellimento delle procedure), 26 giugno 1997, n. 22 (Norme in materia
di programmi  di  intervento  per  la  riqualificazione  urbanistica,
edilizia ed ambientale del territorio della Regione), 6 ottobre 1997,
n. 29 (Norme in materia di aree protette regionali), 6  luglio  1998,
n. 24 (Pianificazione paesistica e  tutela  del  beni  e  delle  aree
sottoposti a vincolo paesaggistico), 22 dicembre 1999, n.  38  (Norme
sul governo del territorio), 6 agosto 2007, n. 13 (Organizzazione del
sistema turistico laziale. Modifiche alla legge  regionale  6  agosto
1999, n. 14 "Organizzazione delle  funzioni  a  livello  nazionale  e
locale per  la  realizzazione  del  decentramento  amministrativo"  e
successive modifiche), 27 maggio 2008, n. 6  (Disposizioni  regionali
in materia di architettura sostenibile e di bioedilizia),  11  agosto
2008, n. 15 (Vigilanza sulla  attivita'  urbanistica-edilizia)  e  16
aprile 2009, n. 13 (Disposizioni per il recupero a  fini  abilitativi
dei sottotetti esistenti)»; 
    Per violazione degli articoli 9, 10, 11 e 117, comma 1, comma  2,
lett. s) e comma 3, Cost. 
    Con la legge n. 10  del  2011  la  Regione  Lazio  ha  modificato
numerose  leggi  regionali,  puntualmente  indicate  nel  titolo,  in
materia di urbanistica, edilizia, riqualificazione  ambientale,  aree
naturali protette regionali, pianificazione paesistica e  tutela  dei
beni e delle aree sottoposti a vincolo paesaggistico  e  governo  del
territorio. Gli articoli 2 e 5, commi 2, 6, 15,  31  e  32,  di  tale
legge si espongono a censure di legittimita' costituzionale,  per  le
seguenti ragioni di 
 
                               Diritto 
 
    Le disposizioni impugnate sono riconducibili ai tre  fondamentali
settori della pianificazione paesaggistica, della tutela  delle  aree
naturali protette e  del  governo  del  territorio,  con  particolare
riguardo  alla  sanatoria  straordinaria  degli  abusi  edilizi.  Con
riferimento ai principi  fondamentali  che  disciplinano  l'attivita'
legislativa  in  ciascuno  dei  predetti  settori,  si  formulano  le
seguenti censure di incostituzionalita': 
    I. - Disposizioni in tema di pianificazione paesaggistica. 
    L'art. 5, commi 6 e 32, modificano alcune disposizioni delle 1.r.
Lazio n. 21 del 2009 e n. 24 del 1998,  introducendo  una  pluralita'
eterogenea di norme che hanno un  impatto  diretto  sull'assetto  dei
beni paesaggistici. 
    Tali  disposizioni  si  pongono  in  manifesto  contrasto  con  i
principi generali  della  materia,  che  appartiene  alla  competenza
esclusiva dello Stato. Si rileva in particolare che la parte III  del
Codice per  beni  culturali  ed  il  paesaggio,  di  cui  al  decreto
legislativo n. 42 del 2004, e successive  modificazioni,  delinea  un
sistema organico di tutela paesaggistica,  inserendo  i  tradizionali
strumenti   del    provvedimento    impositivo    del    vincolo    e
dell'autorizzazione  paesaggistica  in   un   sistema   organico   di
pianificazione  paesaggistica  del  territorio,   che   deve   essere
elaborato concordemente  da  Stato  e  Regione.  Tale  pianificazione
prevede, per ciascuna area tutelata, le  cd.  prescrizioni  d'uso  (e
cioe' i criteri di gestione del vincolo, volti ad orientare  la  fase
autorizzatoria),  e  stabilisce  la  tipologia  delle  trasformazioni
compatibili  e  di  quelle  vietate,  nonche'  le  condizioni   delle
eventuali trasformazioni. 
    Si tratta di  una  scelta  di  principio,  la  cui  validita'  ed
importanza e' gia' stata affermata piu' volte da codesta Ecc.ma Corte
costituzionale, in occasione dell'impugnazione di leggi regionali che
intendevano mantenere uno spazio decisionale autonomo agli  strumenti
di pianificazione dei Comuni,  eludendo  la  necessaria  condivisione
delle   scelte   attraverso   uno   strumento    di    pianificazione
sovra-comunale, definito d'intesa tra lo Stato e  la  Regione  (cfr.,
tra le tante, Corte cost., sent. n. 182 del 2006 e n. 272 del 2009). 
    Le disposizioni regionali sopra richiamate svuotano di ogni reale
contenuto la sede istituzionale propria della tutela, della  gestione
e  della  valorizzazione  del  paesaggio,  costituita,   secondo   le
disposizioni del citato Codice di settore, dalla nuova pianificazione
paesaggistica, che deve essere obbligatoriamente definita in base  ad
accordi  tra  Stato  e  Regione,   per   quanto   attiene   ai   beni
paesaggistici, comunque vincolati. 
    In contrasto con tali principi, le censurate  disposizioni  della
legge regionale in esame dispongono direttamente sui beni  vincolati,
appropriandosi indebitamente del potere di decisione delle  linee  di
sviluppo    di    numerose    aree    paesaggistiche;    predefinendo
unilateralmente   assetti   urbanistico-territoriali,    regimi    di
interventi ed interventi puntuali, che svuotano di ogni  utilita'  lo
strumento istituzionalmente previsto dalla  legge  nazionale  per  la
co-pianificazione concordata; privando in tal modo lo Stato  di  ogni
effettivo ruolo decisionale sulla sorte dei beni tutelati. 
    Queste considerazioni  di  carattere  generale  trovano  conferma
nell'analisi puntuale delle singole norme impugnate. 
    I.1 - Illegittimita' costituzionale dell'art. 5, comma  6,  della
l.r. Lazio n. 10 del 2011, per violazione degli articoli 9, 10, 11  e
117, commi l e 2, lett. s), Cost., con riferimento agli articoli 135,
141 e 142, del d.lgs. n. 42 del 2004. 
    L'art. 5, comma 6, della l.r. in esame sostituisce l'art. 7 della
l.r. Lazio n.  21  del  2009,  in  tema  di  programmi  integrati  di
riqualificazione  urbana  e  ambientale.  Essa  attribuisce  a  detti
strumenti comunali le funzioni di  «recupero  e  riqualificazione  di
aree sottoposte a vincoli ambientali e paesaggistici  compromesse  da
degrado ambientale», nonche' le scelte sull'espansione  edificatoria,
mediante il «trasferimento della edificazione  esistente  o  prevista
nelle  aree  di  valore  paesaggistico...  all'interno  degli  ambiti
sottoposti  a  riqualificazione  urbana  o  in  altri  ambiti   della
pianificazione urbanistica comunale...». 
    Tale norma presenta evidenti profili di incostituzionalita',  per
violazione dell'art. 9 della Costituzione,  in  tema  di  tutela  del
paesaggio; dell'art. 117, comma 2, lettera s), Cost., che attribuisce
la tutela del paesaggio alla competenza esclusiva  dello  Stato,  per
contrasto con le norme statali interposte contenute  nel  Codice  dei
beni culturali e del paesaggio adottato con il decreto legislativo n.
42 del 2004, e successive modificazioni, nonche' degli  articoli  10,
11 e 117, comma 1, Cost., per contrasto con  la  Convenzione  europea
del paesaggio aperta alla firma  a  Firenze  il  20  ottobre  2000  e
ratificata dall'Italia con legge 9 gennaio 2006, n. 14. 
    Invero, le  funzioni  e  gli  obiettivi  attribuiti  dalla  norma
impugnata ai programmi di riqualificazione  ambientale  adottati  dai
Comuni,  appartengono  ai  piani  paesaggistici  disciplinati   dagli
articoli 135 e 143 del Codice dei beni culturali. Secondo l'art.  143
cit. del Codice, infatti, uno dei  contenuti  minimi  essenziali  del
piano paesaggistico, da redigere  e  approvare  obbligatoriamente  in
base ad accordi tra Stato e Regione per i  beni  vincolati,  consiste
proprio  nella  ricognizione  delle  aree   vincolate,   nella   loro
qualificazione, anche in termini di area compromessa o degradata, per
la conseguente previsione di misure di recupero  e  riqualificazione,
anche mediante la creazione di nuovi paesaggi. 
    Questi contenuti pianificatori, appartenenti allo Stato  in  base
alla Costituzione e al Codice  di  settore,  vengono  affidati  dalla
norma regionale ad altri strumenti pianificatori urbanistici comunali
da considerarsi inidonei (cfr. Corte cost. n. 182 del 2006 cit.). 
    In tal modo, vengono predeterminati, con riferimento ad un ambito
territoriale e ad  un  livello  istituzionale  non  adeguati  (quello
comunale),  previsioni  che,  secondo  il  Codice   e   le   relative
prospettive  attuative,  devono  trovare   la   loro   sede   propria
nell'emanando PTPR della Regione Lazio, in guisa che viene vanificata
l'attivita' di co-pianificazione in essere. 
    Lo svuotamento di ogni contenuto  utile  della  co-pianificazione
paesaggistica si rende particolarmente evidente nella previsione  del
comma 3, lett. b) del novellato art. 7 della legge  regionale  n.  21
del 2009, che demanda ai Comuni, in sede di redazione  dei  programmi
di riqualificazione urbana, la previsione della «traslazione,  previa
localizzazione, delle volumetrie degli edifici demoliti e  di  quelle
previste dalla pianificazione comunale vigente, in altre aree esterne
a quelle vincolate, facendo ricorso anche al cambio  di  destinazioni
urbanistiche vigenti e  all'aumento  della  capacita'  edificatoria»,
nonche' nella previsione del comma 8 del medesimo art. 7 della  legge
n. 21 del 2009, cosi' come novellato dalla norma qui  censurata,  che
riguarda i comuni costieri, per i quali i programmi di cui  al  comma
3, «finalizzati a delocalizzare gli edifici esistenti nelle fasce  di
rispetto relative al territorio costiero marittimo previste dall'art.
142, comma 1, lettera a), del d.lgs. 42/2004..., devono prevedere  la
ricostruzione degli edifici demoliti al di fuori delle fasce medesime
consentendo un incremento delle volumetrie fino al 150 per cento». 
    E' evidente che le predette norme di legge  regionale  dispongono
unilateralmente della sorte dei beni paesaggistici (tra cui le  fasce
di  rispetto  ex  lege  «Galasso»),  al  di  fuori  di   qualsivoglia
concertazione con lo Stato, negando ogni funzione alla pianificazione
paesaggistica, che -  secondo  la  legge  statale  -  costituisce  lo
strumento tipico per la ridefinizione e  la  pianificazione  di  tali
aree protette. 
    La violazione delle disposizioni stabilite dalla legge statale in
tema  di  pianificazione  paesaggistica  comporta  di  per   se'   la
violazione dei principi  costituzionali  in  materia  di  tutela  del
paesaggio, recepiti anche dalla Convenzione Europea sopra richiamata;
e cio' per  l'evidente  ragione  che  la  pianificazione  costituisce
strumento necessario per la  salvaguardia  di  tali  valori  primari.
Risultano percio' violati, accanto all'art. 117, comma 2,  lett.  s),
Cost., anche gli articoli 9, 10, 11 e 117 comma 1, Cost., secondo cui
la Repubblica  tutela  il  paesaggio  ed  il  patrimonio  storico  ed
artistico e si obbliga a rispettare le convenzioni internazionali cui
abbia aderito ed i vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario. 
    I.2  - Illegittimita' costituzionale dell'art. 5, comma 32, lett.
d) ed e), della l.r. Lazio n.  10  del  2011,  per  violazione  degli
articoli 9 e 117, comma 2, lett.  s),  Cost.,  con  riferimento  agli
articoli 135, 141 e 142, del d.lgs. n. 42 del 2004. L'art.  5,  comma
32, lettera d), modifica l'art. 36-quater,  comma  1.1.,  della  1.r.
Lazio n. 24 del 1998, prevedendo  un  periodo  quinquennale  (o  fino
all'approvazione del PTPR adottato, se interverra' prima) durante  il
quale  i   Comuni   possono   evidenziare   incongruita'   del   PTPR
nell'individuazione dei  paesaggi,  ovvero  contraddittorieta'  della
relativa disciplina rispetto a quella prevista dai  propri  strumenti
urbanistici adottati precedentemente, proponendo alla  Regione  -  ai
sensi del comma 1 - modifiche da recepire in sede di approvazione del
piano paesaggistico. In questo caso, si tratta di modificazioni della
pianificazione territoriale di tutela, che potrebbe essere ridefinita
al di fuori di qualsiasi intervento dell'Amministrazione statale.  In
tal  modo,  si  determina   un   sostanziale   «congelamento»   della
pianificazione congiunta concordata, con sovvertimento  delle  regole
previste dal Codice sulla pianificazione  paesaggistica;  e  cio'  in
quanto si consente  una  sorta  di  «deroga»  temporanea  ai  normali
assetti e  svolgimenti  della  co-pianificazione  paesaggistica,  con
pretermissione totale del ruolo indefettibile dello Stato. 
    La norma non e' conforme al corretto sviluppo  applicativo  della
disciplina  nazionale,  specialmente  ove  si  consideri   che   tale
«moratoria» quinquennale,  demandata  all'iniziativa  dei  Comuni  in
dialogo con la sola Regione, interviene a distanza di oltre tre  anni
dall'entrata in vigore del  testo  definitivo  del  Codice  dei  beni
culturali e del paesaggio, che sancisce univocamente la necessita' di
una pianificazione congiunta  dei  beni  paesaggistici  tra  Stato  e
Regione, e di quasi due anni dalla scadenza del  termine  al  decorso
infruttuoso  del  quale  viene  collegata  (art.  156,  comma  1)  la
possibilita' di  esercitare  i  poteri  sostitutivi  dello  Stato  in
materia (31 dicembre 2009). 
    Analoghe considerazioni valgono per la norma, di cui all'art.  5,
comma 32, lettera e), della legge  in  esame,  che  introduce  l'art.
36-quinquies della 1.r. n.  24  del  1998,  che,  sempre  nelle  more
dell'approvazione del PTPR, consente alla Regione Lazio di correggere
errori grafici o materiali su segnalazioni dei Comuni. 
    I.3 - Illegittimita' costituzionale dell'art. 5, comma 32,  lett.
a) e c), della 1.r. Lazio  n.  10  del  2011,  per  violazione  degli
articoli 9 e 117, comma 2, lett.  s),  Cost.,  con  riferimento  agli
articoli 135, 141 e 142, del d.lgs. n. 42 del 2004. 
    L'art. 5, comma 32, lettere a) e c), nn. 1), 2) e 3): 
        a) introduce nella l.r. 24/1998  l'art.  8,  comma  3.3,  che
consente, mediante un' intesa tra Regione e Ministero per i beni e le
attivita' culturali, di derogare  a  PTP  e  PTPR  per  realizzare  o
integrare bacini sciistici; 
        b) riformula l'art. 18-ter, lettera b), della predetta  legge
regionale  per  consentire   analoga   deroga   per   ampliamenti   e
completamenti di edifici pubblici, realizzazione di opere pubbliche o
private di pubblico interesse, individuazione di  aree  per  standard
per edilizia sociale, per i PEEP e per il recupero di nuclei abusivi; 
        c) introduce nello stesso art. 18 della legge regionale n. 24
del  1998,  la  lettera  b-bis),  che  consente  analoga  deroga  per
interventi in aree edificabili; 
        d)  introduce  altresi'  nel  predetto  articolo  la  lettera
d-bis),   relativa   ad   analoga   deroga   per   installazioni   di
infrastrutture di comunicazione elettronica. 
    Tali disposizioni consentono  interventi  di  trasformazione  del
territorio, non solo prescindendo dalla conformita' e dalla  verifica
di compatibilita' rispetto alle previsioni del  piano  paesaggistico,
ma prevedendo addirittura la possibilita', potenzialmente illimitata,
di derogare a dette previsioni mediante particolari intese tra  Stato
e Regione. 
    Le impugnate disposizioni,  pur  contemplando  la  partecipazione
degli organi statali al procedimento, risultano in contrasto  con  le
previsioni  del  Codice  dei  beni  culturali  sulla   pianificazione
paesaggistica. Infatti, anche in questo caso la Regione Lazio  deroga
alla regola generale dettata dalla legge statale, cui  competente  in
via esclusiva la funzione di disciplinare queste procedure di  tutela
del paesaggio. L'anomala «intesa», coniata dal legislatore  regionale
in evidente carenza di potere legislativo, non  puo'  sopperire  alla
procedura legittima di co-pianificazione  paesaggistica  disciplinata
dettagliatamente, in termini affatto diversi, dalla legge nazionale. 
    I.4 - Illegittimita' costituzionale dell'art. 5, comma 32,  lett.
b), della l.r. Lazio n. 10 del 2011, per violazione degli articoli  9
e 117, comma 2, lett. s), Cost., con riferimento  agli  articoli  10,
135, 141 e 142, del d.lgs. n.  42  del  2004.  L'art.  5,  comma  32,
lettera b), della l.r. Lazio n. 10 del 2011 inserisce il comma  4-bis
nell'art. 13 della l.r. 24/1998, il quale  prevede  che,  qualora  la
Soprintendenza archeologica  verifichi  l'inesistenza  dell'interesse
archeologico  su  aree  non  vincolate  individuate  nel  PTPR,   «la
realizzazione  degli  interventi  non  necessita  di   autorizzazione
paesaggistica». 
    Orbene,  a  prescindere  dalla  considerazione  che   una   legge
regionale non puo' disciplinare l'esercizio di  un  potere  spettante
all'Amministrazione dello Stato, appare evidente il contrasto con  la
normativa statale di riferimento. Infatti, come chiarito ormai  dalla
giurisprudenza (cfr. Cons. Stato, VI, 12 novembre 1990,  n.  951;  10
dicembre 2003, n. 8145; 3 marzo 2011, n. 1366), le zone di  interesse
archeologico costituiscono parti  del  territorio  sottoposte  ad  un
particolare vincolo paesaggistico ope legis, ai sensi  della  lettera
m), dell'art. 142 del Codice, in quanto perimetrate come contesto  di
giacenza di  beni  archeologici  evidenziati  (ed,  in  questo  caso,
autonomamente vincolati ai sensi dell'art.  10  del  Codice),  ovvero
ancora da evidenziare, rispetto al quale ogni verifica non  puo'  che
essere  demandata  alla  Soprintendenza   competente   per   i   beni
paesaggistici. 
    Pertanto,   l'affidamento   alla   Sopraintendenza   archeologica
(anziche'  a  quella  paesaggistica)  del  compito  di  valutare   la
sussistenza  o  meno  dell'interesse  archeologico  sulle  aree   non
soggette a vincolo contrasta con la disciplina statale di riferimento
ed  incide  sulla  materia  paesaggistica,  che  e'  riservata   alla
competenza esclusiva dello Stato. 
    Ne'  assume  rilevanza  il  fatto   che   analoghe   disposizioni
sembrerebbero gia' contenute nella previgente 1.r. Lazio  n.  24  del
1998, emanata prima della riforma del titolo V della parte  II  della
Costituzione. Invero, tali previsioni devono ritenersi  superate  dal
Codice, ove si consideri che in base all'art. 117, comma 2, Cost., la
tutela del patrimonio culturale rientra  nella  potesta'  legislativa
esclusiva dello Stato. Di conseguenza,  la  preesistente  disciplina,
regionale anteriore al nuovo  titolo  V,  non  puo'  avere  efficacia
ultra-attiva,  cosi'  da  giustificare  il  perdurante  potere  della
Regione di dettare norme legislative in un settore quale quello della
definizione delle zone di interesse archeologico  -  che  rientra  in
materia di competenza esclusiva dello Stato. 
    Appare dunque evidente che, in ordine a dette aree,  non  occorre
compiere nessuna verifica sull'interesse archeologico. Tutt'al  piu',
vi potra' essere un confronto sulla perimetrazione dal punto di vista
dell'interesse paesaggistico; ma non  si  giustifica  una  disciplina
specifica di tale verifica (peraltro attraverso norma  regionale,  in
materia appartenente alla competenza esclusiva dello  Stato),  atteso
che essa rientra nell'ambito delle complessive ed organiche attivita'
di adeguamento e revisione dei piani paesaggistici. 
    II.  -  Disposizioni  in  tema  di  tutela  delle  aree  naturali
protette. 
    Le disposizioni degli articoli 2 e 5, comma 31,  della  legge  in
esame, che modificano alcune disposizioni delle l.r. Lazio n. 21  del
2009 e n. 24 del 1998, invadono la competenza esclusiva  dello  Stato
in materia  di  tutela  dell'ambiente  e  dell'ecosistema,  che  pure
appartiene alla competenza esclusiva dello Stato ai  sensi  dell'art.
117, secondo comma lettera s)  della  Costituzione.  In  particolare,
esse incorrono nelle seguenti censure di incostituzionalita': 
II.1 - Illegittimita' costituzionale dell'art. 2, della l.r. Lazio n.
10 del 2011, per violazione dell'art. 117, comma 2, lett. s),  Cost.,
con riferimento agli articoli 6, commi 3 e 4; 11, commi 1  e  3;  12,
comma 2, lett. d), e 22, comma 1, lett. d), della 1. n. 394 del 1991. 
    L'art. 2 della legge impugnata sostituisce l'art.  2  della  1.r.
Lazio n. 21  del  2009,  concernente  «misure  straordinarie  per  il
settore edilizio ed interventi per l'edilizia residenziale  sociale».
La norma novellata  consente  di  effettuare  in  modo  generalizzato
interventi edilizi di ampliamento, di demolizione e di ricostruzione,
alle condizioni alternativamente previste dal primo comma. Il secondo
comma, lett. c), prevede  alcuni  divieti  alla  realizzazione  degli
interventi senza tuttavia escludere le zone di promozione economica e
sociale individuate nei piani di assetto, nonche' le zone B in regime
di salvaguardia delle aree naturali  protette,  facendo  cosi'  salve
solo in parte le aree naturali protette. 
    La norma contrasta percio' con le  disposizioni  contenute  nella
legge quadro statale in materia di aree  protette  n.  394/1991,  che
costituiscono espressione della competenza esclusiva dello  Stato  in
materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema. In particolare, la
norma in esame determina la violazione dei commi 3 e 4  dell'art.  6,
della citata legge n. 394/1991,  che  prevedono  rispettivamente  che
«Sono vietati fuori dei centri edificati di  cui  all'art.  18  della
legge 22 ottobre 1971, n. 865, e, per gravi  motivi  di  salvaguardia
ambientale, con provvedimento motivato, anche nei  centri  edificati,
l'esecuzione di nuove  costruzioni  e  la  trasformazione  di  quelle
esistenti, qualsiasi mutamento  dell'utilizzazione  dei  terreni  con
destinazione diversa da quella agricola e quant'altro possa  incidere
sulla morfologia del territorio, sugli equilibri ecologici, idraulici
ed idrogeotermici e sulle finalita' istitutive dell'area protetta. In
caso  di  necessita'  ed  urgenza,  il  Ministro  dell'ambiente,  con
provvedimento motivato, sentita la Consulta, puo' consentire  deroghe
alle misure di salvaguardia in questione, prescrivendo  le  modalita'
di attuazione di lavori ed opere idonei a salvaguardare  l'integrita'
dei luoghi e dell'ambiente naturale. Resta ferma la  possibilita'  di
realizzare interventi di manutenzione ordinarla  e  straordinaria  di
cui alle lettere a) e b) del primo comma dell'art. 31 della  legge  5
agosto 1978, n. 457, dandone comunicazione al Ministro  dell'ambiente
e alla regione interessata" e  che  "dall'istituzione  della  singola
area protetta sino all'approvazione del relativo regolamento  operano
i divieti e le procedure per eventuali deroghe di cui all'art. 11». 
    Profili di contrasto con la  citata  legge  quadro  statale  sono
rinvenibili anche con riferimento  ai  commi  1  e  3  dell'art.  11,
secondo i quali «Il  regolamento  del  parco  disciplina  l'esercizio
delle attivita' consentite  entro  il  territorio  del  parco  ed  e'
adottato dall'Ente parco, anche contestualmente all'approvazione  del
piano per il parco di cui all'art. 12 e comunque non oltre  sei  mesi
dall'approvazione del medesimo»  e  «..nei  parchi  sono  vietate  le
attivita' e le opere che possono compromettere  la  salvaguardia  del
paesaggio e degli ambienti naturali tutelati con particolare riguardo
alla flora e alla fauna protette e ai rispettivi  habitat.»;  e  tali
norme, in base all'art. 22, comma l, lettera d) della medesima legge,
costituiscono principi fondamentali  per  la  disciplina  delle  aree
naturali protette regionali. 
    Risulta altresi' violata la norma contenuta nell'art.12, comma 2,
lettera d) della stessa legge quadro, che prevede che nelle  aree  di
promozione economico e sociale siano consentite attivita' compatibili
con le finalita' istitutive del parco e finalizzate al  miglioramento
della vita socio-culturale delle collettivita' locali  e  al  miglior
godimento del parco da parte dei visitatori. 
    L'impugnata norma viola pertanto il  precetto  costituzionale  di
cui all'art. 117, secondo comma, lett.  s),  Cost.,  che  vieta  alle
Regioni di derogare alle norme riservate  alla  competenza  esclusiva
dello Stato in materia ambientale. 
II.2 - Illegittimita' costituzionale dell'art.  5,  comma  31,  della
l.r. Lazio n. 10 del 2011, per violazione  dell'art.  117,  comma  2,
lett. s), Cost., con riferimento agli articoli 6, commi 3  e  4;  11,
commi l e 3; 12, comma 2, lett. d), e 22, comma l, lett. d), della 1.
n. 394 del 1991. 
    Considerazioni analoghe devono svolgersi con riferimento all'art.
5, comma 31, della legge impugnata, che aggiunge la  lett.  d-bis  al
comma 4 dell'art. 8 della l.r. Lazio 6 ottobre 1997, n.  29,  recante
«Norme in materia di aree protette regionali». La nuova  disposizione
consente di realizzare impianti  ed  attrezzature  sportive,  nonche'
strutture ad  essi  collegate,  all'interno  della  zona  A  prevista
dall'art. 7, comma 4, lettera a), numero 1), della stessa legge n. 29
del 1997, e cioe' all'interno delle zone del  piano  regionale  delle
aree  naturali  protette  caratterizzate   da   rilevante   interesse
naturalistico, paesaggistico e culturale con inesistente  o  limitato
grado di antropizzazione. Tale disposizione contrasta con i  principi
contenuti nella normativa statale di riferimento, per la quale  nelle
aree  predette  occorre  assicurare  un   livello   di   salvaguardia
pressoche' integrale. 
    III. - Disposizioni  in  tema  di  governo  del  territorio,  con
specifico  riferimento  alla  sanatoria  straordinaria  degli   abusi
edilizi. 
    L'art. 2 e l'art. 5, comma 15,  della  legge  in  esame  incidono
sull'istituto del condono edilizio e violano i principi  fondamentali
della legge statale in materia  di  governo  del  territorio  per  le
seguenti ragioni: 
III.1 - Illegittimita' costituzionale dell'art. 2, della  1.r.  Lazio
n. 10 del 2011, per violazione dell'art. 117,  comma  3,  Cost.,  con
riferimento all'art. 35, 1. n. 47 del 1985; all'art. 39,  1.  n.  724
del 1994, ed all'art. 32, d.l. n. 326 del 2003. 
    L'art.  2  della  legge  regionale  impugnata,  detta  una  nuova
formulazione dell'art. 2, comma 1, lettera b), della l.r. Lazio n. 21
del  2009,  concernente  l'ambito  di   applicazione   delle   misure
straordinarie di ampliamento, demolizione e ricostruzione nel settore
edilizio Tale disposizione accomuna, senza precisazioni,  le  ipotesi
nelle  quali  l'intervento  edilizio  e'  assistito  da   un   titolo
autorizzatorio, rilasciato espressamente o risultante tacitamente  in
base alle normative sul condono che  si  sono  pro-tempore  succedute
fino ad oggi (leggi 47 del 1985, 724 del 1994, 326 del 2003 e l.r. 12
del 2004) alle ipotesi nelle quali il titolo «venga rilasciato  entro
il termine previsto dall'art.  6,  comma  4»,  e  cioe'  nel  periodo
triennale entro il quale e' consentita la presentazione delle domande
sulla base della nuova legge (31 gennaio 2012 - 31 gennaio 2015).  In
tal modo, la norma consente di rilasciare il  titolo  abilitativo  in
sanatoria al di la' dei presupposti e dei  limiti,  anche  temporali,
previsti  dalle  pregresse  leggi  di  condono,  cosi'   introducendo
surrettiziamente, e senza una base normativa statale,  una  sorta  di
proroga o ampliamento del condono. 
    Risulta cosi' violato  il  principio  per  il  quale  le  Regioni
possono legiferare nel settore edilizio, che  rientra  nella  materia
del governo del territorio, nei soli  limiti  dei  principi  generali
contenuti nella legislazione statale di riferimento. 
III.2 - Illegittimita' costituzionale dell'art. 5,  comma  15,  della
l.r. Lazio n. 10 del 2011, per violazione  dell'art.  117,  comma  3,
Cost., con riferimento all'art. 32, comma 27, lett. d), del  d.l.  n.
269 del 2003, convertito, con modificazioni, nella legge n.  326  del
2003. 
    E' illegittima altresi' la norma contenuta nell'art. 5, comma 15,
della l.r. impugnata, che sostituisce l'art. 25 della legge regionale
n. 21 del 2009, ed  introduce  disposizioni  in  materia  di  condono
edilizio. 
    La norma estende in modo indifferenziato e  generalizzato,  senza
alcuna distinzione o limite, l'autocertificazione  e  il  conseguente
silenzio-assenso, quale strumento per conseguire la  definizione  dei
procedimenti di sanatoria edilizia  ancora  pendenti,  ponendo  sullo
stesso piano i condoni edilizi del 1985, del  1994  e  del  2003.  In
particolare, la norma regionale censurata introduce un meccanismo  di
autocertificazione  dell'avvenuta  formazione  del  silenzio-assenso,
assegnando al Comune un termine di novanta giorni per verificarne  la
veridicita', decorso il quale «il titolo abilitativo in sanatoria  si
intende formato a tutti gli effetti di  legge  nei  termini  previsti
dalle singole leggi di  sanatoria  indicate  nel  medesimo  comma  1,
lettera a)». 
    In tal modo,  risulta  esteso  l'ambito  applicativo  dell'ultimo
condono,  disciplinato  dall'art.  32  del  d.l.  n.  269  del  2003,
convertito, con modificazioni, nella legge n. 326 del  2003,  fino  a
ricomprendervi anche gli abusi «maggiori» e «sostanziali» commessi su
aree vincolate. 
    Infatti,  il  meccanismo  di   autocertificazione   dell'avvenuta
formazione del silenzio-assenso e' applicabile a qualsiasi genere  di
abuso  edilizio,  in  contrasto  con  i  noti  principi,  piu'  volte
enunciati   dalla   giurisprudenza    costituzionale,    penale    ed
amministrativa, secondo cui la sanatoria per infruttuoso decorso  del
termine per provvedere non opera nei casi di abusi commessi  in  aree
vincolate, per il divieto contenuto nell'art. 32, comma  27,  lettera
d), del citato d.1. n. 269 del  2003  (nella  giurisprudenza  penale,
cfr. Cass., 1° ottobre 2004, n. 1593;  Cass.,  29  gennaio  2004,  n.
3350;  Cass.,  24  marzo  2009,  n.   24647.   Nella   giurisprudenza
amministrativa, cfr. Cons. Stato, 2 marzo 2010, n. 1200; Cons. Stato,
19 maggio 2010, n. 3174). Tale principio e' stato riconosciuto  anche
da codesta Ecc.ma Corte con sentenza del 6 novembre 2009, n. 260, che
ha annullato l'art.  1,  l.r.  Marche  27  maggio  2008,  n.  11,  di
interpretazione autentica della l.r. Marche n.  23  del  2004,  nella
parte in cui intendeva limitare  l'esclusione  del  condono  edilizio
disposta dall'art. 32, comma 27, lett. d), del d.l. n. 269  del  2003
ai soli casi di in edificabilita' assoluta. Su analoghi  principi  si
basa la sentenza di codesta Corte del 27 febbraio 2009, n. 54, che ha
ritenuto incostituzionale un articolo della l.r. Basilicata n. 25 del
2007, con il quale si limitava il «divieto di sanare le opere abusive
edificate su aree sottoposte a vincoli di tutela solo  quando  questi
ultimi comportassero l'inedificabilita' assoluta». 
    In  tal  modo  il  legislatore  regionale  si  e'   indebitamente
sostituito al legislatore statale, violando i  principi  fondamentali
della  legge  statale  in  materia  di  governo  del  territorio,  in
contrasto con i criteri sul riparto del potere legislativo tra  Stato
e Regione. 
    La  medesima  norma  e'  censurabile  sotto  l'ulteriore  profilo
dell'inammissibile    deroga    alla    partecipazione     necessaria
dell'Amministrazione statale ai procedimento di recupero  dei  nuclei
edilizi abusivi e di definizione delle domande di sanatoria edilizia.
Le previste modalita' di definizione dei procedimenti  di  «sanatoria
edilizia straordinaria (condono) ancora pendenti,  che  attribuiscono
ai Comuni il potere esclusivo di  effettuare  verifiche  e  controlli
delle attestazioni e della documentazione presentate dagli istanti  e
che introducono un breve termine decadenziale per  l'espletamento  di
dette  verifiche  e  controlli  e  per  l'adozione  degli   eventuali
provvedimenti di autotutela,  contrastano  con  le  regole  stabilite
dalla normativa statale di principio, perche' non  contemplano  alcun
intervento da parte degli organi statali. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Voglia     l'ecc.ma     Corte      costituzionale      dichiarare
costituzionalmente illegittimi gli articoli 2 e 5, commi 2, 6, 15, 31
e 32, della legge della Regione Lazio del  13  agosto  2011,  n.  10,
pubblicata nel BUR n. 32 del 27 agosto 2011 recante  «Modifiche  alla
legge regionale 11 agosto 2009, n. 21 (Misure  straordinarie  per  il
settore edilizio ed interventi per l'edilizia residenziale sociale) e
alle leggi regionali 2 luglio  1987,  n.  37  (Norme  in  materia  di
attivita' urbanistico-edilizia e  snellimento  delle  procedure),  26
giugno 1997, n. 22 (Norme in materia di programmi di  intervento  per
la  riqualificazione  urbanistica,   edilizia   ed   ambientale   del
territorio della Regione), 6 ottobre 1997, n. 29 (Norme in materia di
aree protette  regionali),  6  luglio  1998,  n.  24  (Pianificazione
paesistica e tutela dei  beni  e  delle  aree  sottoposti  a  vincolo
paesaggistico), 22 dicembre  1999,  n.  38  (Norme  sul  governo  del
territorio),  6  agosto  2007,  n.  13  (Organizzazione  del  sistema
turistico laziale. Modifiche alla legge regionale 6 agosto  1999,  n.
14 "Organizzazione delle funzioni a livello nazionale e locale per la
realizzazione  del   decentramento   amministrativo"   e   successive
modifiche), 27 maggio 2008, n. 6 (Disposizioni regionali  in  materia
di architettura sostenibile e di bioedilizia), 11 agosto 2008, n.  15
(Vigilanza sulla attivita' urbanistica-edilizia) e 16 aprile 2009, n.
13 (Disposizioni per il recupero a fini  abilitativi  dei  sottotetti
esistenti)» per violazione degli articoli 9, 10, 11 e 117,  comma  1,
comma 2, lett. s) e comma 3, Cost. 
    Si producono: 
    1) copia della legge regionale impugnata; 
    2) copia conforme  della  delibera  del  Consiglio  dei  ministri
adottata  nella  riunione   del   24   ottobre   2011,   recante   la
determinazione di proposizione del  presente  ricorso,  con  allegata
relazione illustrativa. 
    Roma, addi' 25 ottobre 2011 
 
                    L'Avvocato dello Stato: Guida