N. 5 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 4 maggio 2012

Ricorso per conflitto tra enti depositato in cancelleria il 4  maggio
2012 (della Regione Campania). 
 
Ambiente - Smaltimento dei rifiuti - Termovalorizzatore di  Acerra  -
  Trasferimento con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri
  della proprieta' dell'impianto alla  Regione  Campania,  al  prezzo
  complessivo di euro 355.550.510, 84, a  valere  sulle  risorse  del
  Fondo per lo sviluppo  e  la  coesione  2007/2013  -  Conflitto  di
  attribuzione tra enti proposto dalla Regione Campania -  Denunciata
  violazione  delle  competenze  in   materia   di   gestione   dello
  smaltimento  dei  rifiuti  -  Lesione  dell'autonomia  negoziale  e
  contrattuale della Regione (coartata all'acquisto e  ad  esercitare
  un'attivita'  di  tipo  economico  imprenditoriale)  -   Violazione
  dell'autonomia finanziaria regionale (per il mutamento  unilaterale
  da parte del Governo della destinazione di risorse  gia'  impegnate
  ad altri scopi dalla Regione) - Violazione del principio  di  leale
  collaborazione  (per  la  mancata  paritaria  codeterminazione  del
  contenuto   dell'atto   oggetto   del    conflitto)    -    Erronea
  interpretazione, violazione e falsa applicazione delle disposizioni
  legislative presupposte - Richiesta di dichiarare la non  spettanza
  allo Stato del potere esercitato e di annullare l'atto impugnato  -
  Istanza di sospensione cautelare immediata dei relativi effetti. 
- Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 febbraio 2012. 
- Costituzione, artt. 3, 5, 41 (primo comma), 97, 114, 117, 118,  119
  e 120; [legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 40]. 
Ambiente - Smaltimento dei rifiuti - Termovalorizzatore di  Acerra  -
  Trasferimento con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri
  della proprieta' dell'impianto alla Regione Campania - Conflitto di
  attribuzione tra enti proposto dalla medesima  Regione  -  Eccepita
  incostituzionalita' delle disposizioni legislative  sottostanti  al
  decreto impugnato, ove interpretate  nel  senso  che  obbligano  la
  Regione Campania, anche in assenza di sua intesa, ad acquistare  la
  proprieta' del termovalorizzatore di Acerra entro il termine del 31
  gennaio 2012 - Dedotto contrasto con i principi di  ragionevolezza,
  buon  andamento  dell'amministrazione  e  leale  collaborazione   -
  Richiesta alla Corte costituzionale di autorimessione di  questione
  incidentale. 
- Decreto-legge  30   dicembre   2009,   n.   195,   convertito   con
  modificazioni nella legge 26 febbraio 2010, n. 26, art. 7, comma 1;
  decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito  con  modificazioni
  nella legge 4 aprile 2012, n. 35, art. 61, comma  3;  decreto-legge
  29 dicembre 2011, n.  216,  convertito,  con  modificazioni,  nella
  legge 24 febbraio 2012, n. 14, art. 5, comma 1. 
- Costituzione, artt. 3, 5, 41, 97, 114, 117, 118, 119 e 120. 
(GU n.20 del 16-5-2012 )
     Ricorso della Regione Campania, (c.f. 80011990636),  in  persona
del Presidente della Giunta regionale pro tempore, On. Dott.  Stefano
Caldoro, rappresentata e difesa, ai sensi delle delibere della Giunta
regionale n. 44 del 22 febbraio 2012 e n. 89 del 6 marzo 2012, giusta
procura a margine del presente  atto,  unitamente  e  disgiuntamente,
dall'Avv.  Maria  D'Elia  (c.f.  DLEMRA53H42F839H),   dell'Avvocatura
regionale, i nonche' dal Prof. Avv.  Beniamino  Caravita  di  Toritto
(c.f. RVBMN54D19H501A) e dall'Avv. Gaetano Pedino (PLNGTN55A22B644S),
del libero foro, ed elettivamente  domiciliata  presso  l'Ufficio  di
rappresentanza della Regione Campania sito in Roma alla Via Poti,  n.
29 (fax: 06/42001646; pec abilitata: cdta@legalmail.it) 
    Contro il Presidente del Consiglio dei  Ministri,  nella  persona
del Presidente pro tempore, 
    Per l'annullamento, previa sospensione  cautelare  dell'efficacia
del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 16 febbraio
2012 con il quale e' stato deliberato il trasferimento  alla  Regione
Campania della proprieta' del termovalorizzatore  sito  in  localita'
Pantano del Comune di  Acerra  per  il  prezzo  complessivo  di  Euro
355.550.240,84, a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la
coesione 2007/2013. 


				 
                                Fatto 

 
    1. - Con DPCM adottato con delibera  del  16  febbraio  2012,  il
Presidente del Consiglio dei Ministri ha stabilito che "la proprieta'
del termovalorizzatore sito  in  localita'  Pantano,  nel  comune  di
Acerra, e del relativo  compendio  immobiliare  e'  trasferita  dalla
societa' proprietaria dell'impianto alla Regione Campania  al  prezzo
complessivo di euro 355.550.510,84" con oneri coperti "a valere sulle
risorse del fondo per lo sviluppo e la coesione 2007/2013 relative al
programma attuativo regionale per l'acquisto  del  termovalorizzatore
di Acerra, che presenta la necessaria disponibilita', oltre  che  con
eventuali  contributi  da  riconoscere  alla  Regione   Campania   in
dipendenza del trasferimento". 
    Il provvedimento fa seguito al d.l. n. 90 del 2008, con il  quale
il Governo ha provveduto alla messa  in  esercizio  dell'impianto  di
Acerra. In particolare, l'art. 5, commi 1 e 2, del richiamato d.l. n.
90 del 2008 sull'emergenza  rifiuti  in  Campania,  convertito  dalla
legge  n.  123  del  2008,  ha  autorizzato  il  conferimento  ed  il
trattamento  di  determinate  categorie  di  rifiuti  (tra   cui   le
cosiddette "ecoballe") presso il termovalorizzatore di Acerra, per un
quantitativo massimo di 600.000 tonnellate annue, in deroga al parere
della Commissione di valutazione di  impatto  ambientale  in  data  9
febbraio  2005,  fatte  comunque  salve  le  indicazioni   a   tutela
dell'ambiente e quelle concernenti le implementazioni  impiantistiche
migliorative contenute nel predetto parere,  nonche'  i  limiti  alle
emissioni ivi stabiliti. Il comma 2 del richiamato art. 5  ha  quindi
autorizzato l'esercizio dell'impianto di  Acerra,  tenuto  conto  del
parere della Commissione di valutazione di impatto del febbraio  2005
e  della  consultazione  esperita  con  la  popolazione  interessata.
L'avvio dell'impianto e' stato disposto ai sensi dell'articolo 5  del
decreto legislativo 18  febbraio  2005  n.  59  (recante  "Attuazione
integrale  della  direttiva  96/61/CE  relativa  alla  prevenzione  e
riduzione integrate dell'inquinamento"), concernente la procedura  di
rilascio   dell'Autorizzazione   integrata   ambientale    ai    fini
dell'esercizio di nuovi impianti. 
    Le  disposizioni  dell'art.  5  hanno  trovato   attuazione   con
l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3745  del  5
marzo 2009 che, considerato il ruolo determinante  dell'impianto  per
il  superamento  dell'emergenza,  ne  ha  disposto   l'avviamento   e
l'esercizio provvisorio. 
    Nel novembre 2008, mediante procedura negoziata, la struttura del
Sottosegretario di Stato per la Protezione civile  ha  affidato  alla
societa' lombarda A2A S.p.A. la  gestione  dell'impianto  di  Acerra,
integrata con quella dell'impianto  di  selezione  e  trattamento  di
Caivano. 
    Il successivo d.l. n. 195 del  2009,  in  particolare  l'art.  7,
comma 1, ha previsto che "Entro il 31 dicembre 2011 con  decreto  del
Presidente del Consiglio dei Ministri e' trasferita la proprieta' del
termovalorizzatore di Acerra alla regione Campania, previa intesa con
la Regione stessa, o ad altro ente pubblico anche  non  territoriale,
ovvero alla Presidenza del Consiglio dei Ministri -Dipartimento della
protezione civile o a soggetto privato". 
    L'art. 7, comma 2, del d.l. n. 195 del 2009, ha inoltre stabilito
che   le   risorse   finanziarie   necessarie   per    l'acquisizione
dell'impianto sarebbero state prelevate "anche a valere sulle risorse
del Fondo aree sottosviluppate, per la quota nazionale o regionale". 
    Il termine del 31 dicembre 2011, entro il  quale  sarebbe  dovuto
avvenire il trasferimento della proprieta' dalla  attuale  proprieta'
(societa' FIRE SPA)  alta  Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri,
ovvero alla Regione Campania, previa intesa con la stessa,  ovverosia
ad altri enti pubblici o privati e' stato poi prorogato al 31 gennaio
2012 dal d.l. n. 216 del 2011. 
    Con il d.P.C.M. del  16  febbraio  2012  -  oggetto  dell'odierno
conflitto di attribuzioni - il Governo ha unilateralmente disposto il
trasferimento  della  proprieta'  dell'impianto  in  questione   alla
Regione Campania, in asserita applicazione dell'art. 61, comma 3  del
d.l. n. 5 del 2012, (convertito con  legge  n.  35  del  2012).  Tale
ultima norma prevede  che  "Fatta  salva  la  competenza  legislativa
esclusiva  delle  Regioni,  in   caso   di   mancato   raggiungimento
dell'intesa richiesta con una o piu' Regioni  per  l'adozione  di  un
atto amministrativo da parte dello Stato, il Consiglio dei  Ministri,
ove ricorrano gravi esigenze di tutela della sicurezza, della salute,
dell'ambiente o dei beni culturali ovvero per evitare un grave  danno
all'Erario puo', nel rispetto del principio di leale  collaborazione,
deliberare motivatamente l'atto medesimo, anche senza l'assenso delle
Regioni Interessate, nei sessanta giorni successivi alla scadenza del
termine per la sua adozione da parte dell'organo competente.  Qualora
nel medesimo termine e' comunque raggiunta l'intesa, il Consiglio dei
Ministri  delibera  l'atto  motivando  con  esclusivo  riguardo  alla
permanenza dell'interesse pubblico". 
    Il Governo ha disposto il trasferimento forzoso della  proprieta'
dell'impianto di Acerra alla Regione Campania, in falsa  applicazione
del menzionato art. 61, comma 3, del d.l. n. 5 del  2012,  sostenendo
che la Regione Campania non avrebbe lealmente collaborato nella  fase
di ricerca dell'intesa prevista dalla legge. 
    Il decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  e  la
relativa nota oggetto del presente conflitto  invadono  la  sfera  di
competenza costituzionale della Regione Campania e sono stati emanati
in violazione degli artt. 3, 5, 41, 114, 117, 118, 119  Cost.  e  dei
principi di buon andamento dell'amministrazione (97  Cost.)  e  leale
collaborazione (art. 120 Cost.). Sono illegittimi e  devono  pertanto
essere annullati, previa sospensione dell'efficacia, per  i  seguenti
motivi di 


				 
                               Diritto 

 
1. - Contrasto con gli artt. 114, 117, 118  e  41  Cost.,  anche  per
violazione delle competenze in materia di gestione dello  smaltimento
dei rifiuti, nonche' per violazione  dell'autonomia  negoziale  della
Regione  Campania,  obbligata  alla  conclusione  del  contratto   di
acquisto del termovalorizzatore di Acerra. 
    1.1. Il d.P.C.M. del 16 febbraio 2012  dispone  il  trasferimento
della proprieta' dell'impianto per il  trattamento  dei  rifiuti  sul
falso ed illegittimo presupposto "che la Regione Campania in  ragione
dell'ubicazione del predetto impianto e del suo asservimento al ciclo
di smaltimento dei  rifiuti  in  relazione  ad  un  ampio  territorio
coincidente con piu' province della Campania, appare l'unico soggetto
istituzionale idoneo ad assumerne la proprieta'", come  si  legge  al
primo "considerato", pag. 5, dell'atto impugnato. 
    In disparte le eccezioni, che verranno di seguito svolte circa il
gravissimo difetto di istruttoria, relativo alla mancata  valutazione
della  possibilita'  di  assegnare  la  proprieta'  dell'impianto   a
soggetti diversi dalla Regione, come espressamente previsto dall'art.
7, comma 1, del d.l. n. 195 del 2009, del tutto arbitrario appare  il
presupposto  relativo  all'asserita  idoneita'  esclusiva   dell'Ente
regione all'assunzione della proprieta' del termovalorizzatore. 
    E' noto, infatti, che per quanto attiene  alla  disciplina  della
gestione dei  rifiuti  alle  Regioni  spettano  i  compiti  attributi
dall'art. 196 del d.lgs. n. 152 del 2006, che si possono sintetizzare
nella predisposizione, adozione e aggiornamento del  Piano  regionale
di gestione dei rifiuti, nella promozione  della  gestione  integrata
dei rifiuti e nell'incentivazione alla riduzione della produzione dei
rifiuti e al recupero degli stessi. 
    Gli  unici  compiti  affidati   allo   Stato   sono   quelli   di
predeterminazione dei  criteri  generali  e  delle  linee  guida,  in
ragione  della  evidente  connessione  delle  tematiche  legate  alla
gestione dei rifiuti con la tutela dell'ambiente (sentenze n. 62  del
2008 e n. 378 del 2007). 
    Ma e' del tutto evidente come non  possa  rimanerne  travolta  la
competenza delle Regioni: infatti, anche  nel  settore  dei  rifiuti,
accanto  ad  interessi  inerenti  in   via   primaria   alla   tutela
dell'ambiente,  vengono  in  rilievo  altre  materie,  per   cui   la
competenza   statale   certamente   non   esclude   la   concomitante
possibilita' per le Regioni di intervenire, ovviamente  nel  rispetto
dei livelli uniformi di tutela apprestati dallo Stato. 
    Esemplare della salvaguardia delle competenze  Regionali  e',  ad
esempio, la rivisitazione delle competenze che e' stata operata dalla
Corte  con  la  sentenza  24  luglio  2009,  n.  249,  attraverso  la
"limatura"  dell'art.  199,  comma  9   del   d.lgs.   n.   152/2006,
eliminandone la parte che affidava allo Stato il  potere  sostitutivo
di intervento, in violazione del principio di sussidiarieta' ex  art.
118  della  Carta  fondamentale.  Sono  state  ricondotte  sotto   la
competenza delle Regioni, altresi',  la  piena  discrezionalita'  del
Presidente della Giunta regionale per interventi in caso  di  inerzia
nei sistemi di gestione dei rifiuti da parte dei soggetti  incaricati
(art. 204, comma 3 del d.lgs. n. 152/2006)  e  quella  relativa  alla
individuazione dei maggiori  obiettivi  di  riciclo  e  recupero  dei
rifiuti (art. 205, comma 6). In entrambi i casi la Corte ha rimosso i
limiti che le norme statali ponevano all'esercizio  delle  competenze
regionali. 
    Del  resto,   ben   piu'   orientate   alla   gestione,   nonche'
all'esercizio operativo degli impianti sono le competenze  attribuite
agli enti territoriali quali Autorita' d'ambito, Province  e  Comuni.
Le Province, inoltre, in base all'art. 197 del  d.lgs.  n.  152/2006,
svolgono funzioni amministrative concernenti la programmazione  e  il
controllo dello smaltimento  e  recupero  a  livello  provinciale.  I
Comuni o le Comunita' Montane  effettuano  la  gestione  dei  rifiuti
urbani e assimilati avviati allo smaltimento in regime  di  privativa
in base all'art. 198 del d.lgs. n. 152/2006. 
    Con l.r. n. 4 del 2007, il  legislatore  regionale  campano,  nel
rispetto  dei  principi  stabiliti  dalla  disciplina  nazionale,  ha
rimesso alle Province l'organizzazione, l'affidamento e il  controllo
del servizio di gestione integrata dei rifiuti (art. 8); allo  stesso
modo,  ha  disposto  la   valutazione   prioritaria   dei   territori
provinciali quali ambiti territoriali ottimali (art.  15).  Rilevante
e' inoltre l'art. 20,  comma  3,  ai  sensi  del  quale  "La  regione
trasferisce  alle  province   la   titolarita'   dei   propri   beni,
attrezzature ed impianti inerenti il ciclo dei rifiuti'. 
    Come appare pertanto evidente, la Regione, per  un  verso  rimane
l'attore primario delle scelte attinenti agli obiettivi di riciclo  e
di recupero dei rifiuti e sotto altro  profilo  non  puo'  certamente
essere considerata come ente  titolare  di  competenze  operative  in
materia di gestione degli impianti di smaltimento. 
    Ne', tantomeno,  la  Regione  e'  certamente  portatrice  di  una
posizione qualificata tale da renderla, immediatamente, l'unico e  il
solo soggetto idoneo a farsi carico dell'acquisto dell'impianto. 
    In sostanza, con il d.P.C.M. del 16 febbraio 2012  lo  Stato,  in
palese  violazione  delle  competenze   regionali,   si   sostituisce
addirittura alla Regione e, con atto di imperio,  le  trasferisce  la
proprieta'  dell'impianto  -  imponendo  altresi'  il  pagamento  del
relativo corrispettivo -, in totale assenza di qualunque volonta'  in
tal senso espressa dalla Regione e formalizzata in un intesa. 
    Tale scelta, del resto, appare irrimediabilmente  contraddittoria
anche con le azioni sinora poste in essere dal Governo  in  relazione
al termovalorizzatore  campano,  la  cui  gestione  e'  stata  finora
assegnata al Dipartimento della Protezione  Civile  della  Presidenza
del Consiglio dei Ministri. 
    Ai sensi dell'art. 1 del decreto-legge n. 90 del 2008, convertito
in legge n. 123 del 2008, infatti,  a  tale  Dipartimento  era  stata
affidata in via generale la gestione  commissariale  dei  rifiuti  in
Campania. A seguito di tale intervento normativo, in data 13 novembre
2008, il Sottosegretario di Stato ha concluso con la  A2A  S.p.A.  un
contratto per la prestazione del servizio di  gestione  dell'impianto
di termovalorizzazione di Acerra, il quale, pur di  proprieta'  della
societa' Fibe, e'  stato  ritenuto  espressamente  infrastruttura  di
interesse  strategico  nazionale  per  la  realizzazione  del   ciclo
integrato finalizzato allo smaltimento ed al recupero energetico  dei
rifiuti. 
    Con il  decreto-legge  n.195  del  2009,  art.  7,  comma  4,  in
previsione del trasferimento della proprieta' del  termovalorizzatore
ad un soggetto pubblico o privato, e'  stato  inoltre  stabilito  che
nelle more di tale trasferimento, il  Dipartimento  della  Protezione
Civile  a  partire  dal  1°   gennaio   2010   "mantiene   la   piena
disponibilita',  utilizzazione  e  godimento  dell'impianto   ed   e'
autorizzata a stipulare  un  contratto  per  l'affitto  dell'impianto
stesso, per una durata fino a quindici anni". Il successivo  comma  5
ha  sancito  che  al  Dipartimento  in  parola,  "oltre  alla   piena
disponibilita', utilizzazione  e  godimento  dell'impianto,  spettano
altresi' i ricavi  derivanti  dalla  vendita  dell'energia  elettrica
prodotta dall'impianto". 
    Ma vi e' di piu'.  Ad  avvalorare  ulteriormente  le  conclusioni
appena espresse, si osservi che all'interno del contratto di gestione
dell'impianto sussiste un'apposita clausola di  prelazione  a  favore
della societa' concessionaria - A2A S.p.A. - nel caso di  alienazione
dell'impianto  stesso  (cfr.  art.  23  del  contratto).  Una  simile
previsione dimostra  come  gia'  alla  data  della  stipulazione  del
suddetto contratto, la Protezione Civile, individuando  nel  soggetto
privato concessionario il soggetto da preferire nel caso  di  vendita
dell'impianto e riconoscendo espressamente alla  A2A  un  diritto  di
preferenza per l'acquisto dello stesso, avesse  in  realta'  disposto
del considerato termovalorizzatore uti dominus. 
    Cio' costituisce riprova evidente, per un verso, dell'inesistenza
di qualsivoglia ragione di opportunita' - e ancor meno di doverosita'
giuridica - che circoscriva la valutazione di idoneita' come soggetto
acquirente   alla   sola   Regione   Campania   e,    di    converso,
dell'opportunita' di individuare nel  Dipartimento  della  Protezione
Civile il soggetto naturalmente privilegiato al quale  trasferire  la
proprieta' del termovalorizzatore di Acerra. 
    Sotto un ulteriore profilo deve osservarsi che  la  gestione  del
ciclo integrato  dei  rifiuti  Campania  e'  affidata  alle  societa'
provinciali. 
    Ed infatti, l'art. 6 del d.l. n. 90/2008 convertito in  legge  n.
123/2008 prevedeva che "1. Fatto salvo quanto previsto  dall'articolo
2  del  decreto-legge  11  maggio  2007,  n.  61,   convertito,   con
modificazioni,  dalla  legge  5  luglio  2007,  n.  87,  deve  essere
realizzata una valutazione in ordine al valore dei seguenti  impianti
di selezione e trattamento dei rifiuti, anche ai fini  dell'eventuale
acquisizione  a  titolo  oneroso  da  parte  della  stessa   societa'
affidataria del servizio di gestione dei  rifiuti,  che  tenga  conto
dell'effettiva  funzionalita',  della  vetusta'  e  dello  stato   di
manutenzione degli stessi: Caivano (NA), Tufino (NA), Giugliano (NA),
Santa Maria Capua Vetere (CE),  Avellino  -  localita'  Pianodardine,
Battipaglia (SA) e Casalduni (BN), nonche' del termovalorizzatore  di
Acerra (NA)". 
    Addirittura il successivo art. 6-bis prevede che "Art. 6-bis  "1.
Allo scopo di favorire il rientro nelle competenze degli enti che  vi
sono ordinariamente  preposti,  e'  trasferita  alle  province  della
regione  Campania  la  titolarita'  degli  impianti  di  selezione  e
trattamento  dei  rifiuti,  di  cui  all'articolo  6,   ubicati   nei
rispettivi  ambiti  territoriali"  (ma  l'art.  6  prevede  anche  il
termovalorizzatore di Acerra). 
    Orbene, l'art. 7 del d.lgs. n. 195/2009 - il  quale  prevede  che
entro il 31 gennaio 2012 con decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri e' trasferita alla Regione Campania  previa  intesa  con  la
Regione stessa, o ad altro  ente  pubblico  anche  non  territoriale,
ovvero alla Presidenza del  Consiglio  dei  Ministri  -  Dipartimento
della protezione civile o a soggetto privato - non  puo'  che  essere
interpretato  nel  senso  che  lo  Stato  italiano  ha  scelto  quale
modalita' di gestione del ciclo  dei  rifiuti  la  gestione  su  base
Regionale e pertanto di intesa con la  Regione.  Solo  dopo  un'ampia
condivisione  delle  scelte  poteva  disporsi  il  trasferimento   di
proprieta' del termovalorizzatore. 
    Sulla base di cio', la Regione Campania ha poi  previsto  che  la
gestione venisse affidata a societa' provinciali. 
    Non e' da sottovalutare lo stesso tenore  dell'o.P.C.M.  n.  3746
del 2009 relativa alla costituzioni  delle  societa'  provinciali  la
quale prevedeva che  alle  societa'  provinciali  fosse  affidata  la
gestione delle discariche e dell'impiantistica  in  proprieta'  della
provincia e quella trasferita dalla regione e da altri enti,  per  lo
stoccaggio,  il  trattamento,  lo  smaltimento,  il  recupero  ed  il
riciclaggio dei rifiuti, situata sul territorio provinciale  che  "le
predette  societa'  provinciali  subentrano  nei  rapporti  attivi  e
passivi dei soggetti gestori degli impianti, ivi compresi quelli  con
il personale oggi impiegato nelle attivita' predette" (art. 2,  comma
2). Alla luce di quanto appena osservato, appare evidente  come,  sia
in considerazione dell'attivita' di gestione  del  termovalorizzatore
dalla sua entrata in funzione, sia in considerazione dei  beneficiari
dei  proventi  derivanti  dalla  produzione  di   energia   elettrica
attraverso la combustione dei rifiuti,  si  sarebbe  dovuto,  semmai,
optare per il Dipartimento della  Protezione  Civile  quale  soggetto
deputato  in  via  prioritaria  ad   assumere   la   proprieta'   del
termovalorizzatore   stesso.   Tanto   piu'   che   tale    struttura
amministrativa risultava esplicitamente  ricompresa  nel  novero  dei
potenziali destinatari del trasferimento del cespite suddetto ex art.
7, comma 1, d.l. n. 195/2009. 
    1.2. In  secondo  luogo,  il  d.P.C.M.  16  febbraio  2012  viola
patentemente le prerogative  costituzionali  della  Regione  Campania
garantite dall'art. 41, comma 1, della Costituzione. 
    a) Sotto un primo profilo, si palesa grave e profonda la  lesione
dell'autonomia negoziale e contrattuale della Regione,  che  si  vede
conculcare  la  possibilita'  di  autodeterminarsi  in  ordine   alla
conclusione di un negozio giuridico a contenuto  patrimoniale  avente
ad oggetto l'acquisto della proprieta' di un bene immobile. 
    Si tratta dell'illegittima compressione di un diritto inviolabile
garantito dalla Costituzione che, all'art. 41, sancisce  la  liberta'
di iniziativa economica privata e, all'art. 2, riconosce e garantisce
i diritti inviolabili  dell'uomo  come  singolo  e  nelle  formazioni
sociali, cosi' ancorando la protezione di  tale  sfera  di  autonomia
economica non solo in capo ai singoli  ma  in  relazione  a  tutti  i
soggetti pubblici e privati. 
    b)  Inoltre,  l'acquisto  coattivo  disposto  dal   provvedimento
impugnato si atteggia quale strumento di coartazione all'esercizio di
un'attivita' di tipo  economico  imprenditoriale  imposto  dall'alto,
atteso che, secondo la giurisprudenza di  codesta  ecc.ma  Corte,  la
gestione dei rifiuti si caratterizza anche per  la  propria  evidente
natura economica ed imprenditoriale. 
    Ed infatti, "Va, d'altra parte, considerato che anche  la  specie
rifiuto non e' estranea al piu' ampio genere di bene  commercialmente
rilevante, essendo  di  comune  esperienza  il  fatto  che  anche  le
operazioni  di  smaltimento  dei  rifiuti  per   conto   terzi   sono
suscettibili  di  formare  oggetto  dello  svolgimento  di  attivita'
imprenditoriale. Del resto, gia' nella sentenza di  questa  Corte  n.
335 del 2001 si e' affermato che «anche  alla  luce  della  normativa
comunitaria il rifiuto e' pur sempre considerato un prodotto»" (Corte
cost., sentenza n. 244 del 2011). 
    Orbene, a salvaguardia dei valori tutelati  dall'art.  41  Cost.,
anche quando l'attivita' economica sia indissolubilmente connessa con
l'esercizio di servizi pubblici, codesta ecc.ma Corte ha  avuto  modo
di  chiarire  che  "Non  puo'  dubitarsi  che,  anche  nei  casi   di
regolazione ex  lege  di  un'attivita'  economica  considerata  quale
pubblico servizio in ragione della sua diretta incidenza su bisogni o
interessi della collettivita',  l'attivita'  cosi  regolata  possa  e
debba essere considerata come espressione del diritto  di  iniziativa
economica garantito dall'art. 41 della Costituzione. 
    Ne discende che il  limite  costituito  dallo  stesso  intervento
normativo e dal suo concreto contenuto intanto appare compatibile con
il  secondo  comma  del  detto  art.  41  in  quanto  sia  diretto  a
realizzare,  oltre  ovviamente  alla  protezione  di  valori  primari
attinenti  alla  persona  umana  -  il  cui  rispetto  e'  il  limite
insuperabile di  ogni  attivita'  economica  -  un'utilita'  sociale"
(Corte cost., sentenza n. 548 del 1990). 
    Proseguendo, nella medesima decisione, codesta  ecc.ma  Corte  ha
ritenuto che "Cio' che conta e' che, per un  verso,  l'individuazione
dell'utilita' sociale come dianzi motivata non  appaia  arbitraria  e
che gli  interventi  del  legislatore  non  perseguano  l'individuata
utilita' sociale mediante misure palesemente incongrue, e  per  altro
verso, e in ogni caso, che l'intervento legislativo non sia  tale  da
condizionare le scelte imprenditoriali  in  grado  cosi'  elevato  da
indurre   sostanzialmente   la   funzionalizzazione    dell'attivita'
economica di cui si tratta, sacrificandone  le  opzioni  di  fondo  o
restringendone in rigidi confini lo spazio e l'oggetto  delle  stesse
scelte organizzative" (Corte cost., sentenza n. 548  del  1990;  cfr.
anche sentt. n. 167 del 2009 e n. 152 del 2010). 
2. - Contrasto con l'art. 119  Cost,  per  violazione  dell'autonomia
finanziaria della Regione. 
    Secondo quanto stabilito dal d.P.C.M.  16  febbraio  2012,  "agli
oneri derivanti dal presente  decreto  si  provvede  a  valere  sulle
risorse del fondo per lo sviluppo e la coesione 2007/2013 relative al
programma attuativo regionale per l'acquisto  del  termovalorizzatore
di Acerra, che presenta la necessaria disponibilita', oltre  che  con
eventuali crediti a riconoscere alla Regione Campania  in  dipendenza
del trasferimento".  In  totale  spregio  dell'autonomia  finanziaria
regionale, viene prevista l'utilizzazione di risorse  assegnate  alla
Regione  Campania  e  gia'  destinata  a   spese   per   investimenti
infrastrutturali  degli  enti  locali,  nonche'  per  far  fronte  ad
indifferibili emergenze in materia di edilizia sanitaria. 
    Valga qui  osservare  come  gia'  nella  relazione  del  Servizio
bilancio del Senato relativa al d.l. n. 195/09, in relazione all'art.
7 e' stato evidenziato come "appare opportuno confermare che, in caso
di trasferimento del termovalorizzatore ad un soggetto  pubblico,  il
provvedimento normativo di individuazione delle  risorse  finanziarie
necessarie   sia   antecedente   all'emanazione   del   d.P.C.M.   di
trasferimento della proprieta' del medesimo. Ancora, si evidenzia che
il riferimento del  comma  2  alla  possibile  copertura  finanziaria
tramite l'utilizzo delle risorse del fondo aree sottoutilizzate (FAS)
non costituisce alcun vincolo sulle attuali risorse e non costituisce
alcuna  garanzia  che  tali  risorse   possano   essere   disponibili
all'emanazione del citato provvedimento normativo". 
    Ed infatti, si tratta infatti di risorse  gia'  programmate  fino
all'esaurimento della provvista indicata dal CIPE, nella  delibera  n
166/2007, come modificata dalla delibera n. 1/2009,  anche  in  forza
dei recenti  accordi  sottoscritti  dalla  Regione  Campania  con  il
Governo, recepiti dallo stesso CIPE in data 20 gennaio 2012 e dovendo
la Regione far  fronte  ad  indifferibili  emergenze  in  materia  di
edilizia sanitaria. 
    2.1.  La  previsione  appare  fortemente  lesiva   dell'autonomia
finanziaria regionale, in aperta violazione dell'art. 119 Cost. 
    Il provvedimento impugnato scaturisce in seguito ad una serie  di
previsioni normative, anche di rango legislativo, approvate  per  far
fronte  ad  una  situazione  di  emergenza  di  natura  calamitosa  e
straordinaria nel settore dei rifiuti,  la  cui  soluzione  e'  stata
affidata ad interventi del Governo, per il tramite  del  Dipartimento
della Protezione Civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri. 
    Infatti, ai sensi dell'art. 1  d.l.  n.  90/2008,  convertito  in
legge n. 123/2008, a tale Dipartimento  era  stata  affidata  in  via
generale la gestione commissariale dei rifiuti in Campania. A seguito
di  tale  intervento  normativo,  in  data  13  novembre   2008,   il
Sottosegretario di Stato ha concluso con la A2A S.p.A.  un  contratto
per  la  prestazione  del  servizio  di  gestione  dell'impianto   di
termovalorizzazione di Acerra, il  quale,  pur  di  proprieta'  della
societa' Fibe, e'  stato  ritenuto  espressamente  infrastruttura  di
interesse  strategico  nazionale  per  la  realizzazione  del   ciclo
integrato finalizzato allo smaltimento ed al recupero energetico  dei
rifiuti. 
    Successivamente,  l'art.  7  d.l.  n.  195/2009,  prevedendo   il
trasferimento di proprieta' del termovalorizzatore suddetto  ad  ente
pubblico o privato, ha altresi' stabilito al comma 4  che  a  partire
dal 1° gennaio 2010, nelle more di tale trasferimento, "la Presidenza
del Consiglio dei Ministri -  Dipartimento  della  protezione  civile
mantiene  la  piena   disponibilita',   utilizzazione   e   godimento
dell'impianto  ed  e'  autorizzata  a  stipulare  un  contratto   per
l'affitto dell'impianto stesso, per una durata fino a quindici anni".
Il successivo comma 5 ha  sancito  che  al  Dipartimento  in  parola,
"oltre  alla  piena   disponibilita',   utilizzazione   e   godimento
dell'impianto, spettano altresi' i  ricavi  derivanti  dalla  vendita
dell'energia elettrica prodotta dall'impianto". Appare evidente  come
il quadro normativo abbia assegnato l'impianto di termovalorizzazione
di Acerra, in funzione del carattere di infrastruttura  di  interesse
strategico nazionale, alle cure e  alla  gestione  del  Governo,  per
l'esercizio di compiti e competenze ad esso assegnati  dalla  vigente
legislazione. 
    Orbene, con una radicale inversione di marcia, il Governo  decide
unilateralmente di costringere la Regione a  destinare  risorse  gia'
impegnate per altri scopi all'acquisto dell'impianto,  ad  un  prezzo
stabilito anch'esso in via autoritativa. 
    Con la richiamata delibere  CIPE  n.  166/2007,  come  modificata
dalla delibera  n.  1/2009,  di  "attuazione  del  Quadro  Strategico
Nazionale  2007-2013  e  programmazione  del  fondo   per   le   aree
sottoutilizzate" sono stati ripartiti i relativi fondi  di  cui  alla
legge n. 296/2006, e  sono  stati  assegnati  alla  regione  Campania
4.105,504 milioni di euro per il periodo 2007-2013. 
    La Regione Campania, in attuazione operativa  dello  stanziamento
finanziato dal FAS, gia' a far data dal 2009 ha adottato il  relativo
Programma Attuativo Regionale del Fondo per le  Aree  Sottoutilizzate
2007-2013 (PAR FAS) (Deliberazione n. 1144 del 19 giugno 2009). 
    Si tratta di un  programma  dettagliato,  articolato  in  "Azioni
cardine"  consistenti   in   progetti   specificamente   definiti   e
localizzati, ovvero interventi complessi (intendendo per tali  quelli
articolati in  una  serie  di  componenti  progettuali  distinte,  ma
connesse  e  riconducibili   al   medesimo   obiettivo)   dalla   cui
realizzazione compiuta dipende in  modo  cruciale  il  raggiungimento
degli obiettivi specifici del programma. 
    Alle azioni cardine e'  associata  una  quota  significativa,  in
relazione   agli   obiettivi   perseguiti   e   alle   Priorita'   di
inquadramento,  delle  risorse  assegnate   all'Amministrazione.   Di
seguito si riporta un quadro sintetico delle  Azioni  cardine  con  i
relativi importi programmati. 
      

 
    

---------------------------------------------------------------------
                 Azioni cardine              |  Importo programmato
---------------------------------------------|-----------------------
 Sostegno alla filiera pubblica della R & S, |
 anche in ambito internazionale              |     86.643.000,00
---------------------------------------------|-----------------------
 Interventi a sostegno della creazione       |
di infrastrutture informatiche e telematiche |     28.881.000,00
 per lo sviluppo dell'innovazione nella PA   |
---------------------------------------------|-----------------------
 Completamento della filiera relativa alla   |
 gestione integrata del ciclo dei rifiuti    |    192.540.000,00
---------------------------------------------|-----------------------
 Opere per il miglioramento della gestione   |
 integrata delle risorse idriche             |    231.048.000,00
---------------------------------------------|-----------------------
 Azioni per l'aumento e la diffusione dei    |
 servizi per l'infanzia e di cura            |     56.654.895,00
 per gli anziani                             |
---------------------------------------------|-----------------------
 Completamento della tangenziale delle aree  |
 interne e dei relativi ammagliamenti        |    260.000.000,00
---------------------------------------------|-----------------------
 Intervento a supporto dell'accessibilita'   |
 al sistema aeroportuale di Capodichino,     |     28.135.298,03
 Grazzanise e Pontecagnano                   |
---------------------------------------------|-----------------------
 Adeguamento e potenziamento delle           |
 infrastrutture materiali per migliorare     |
 l'accessibilita' e favorire il              |     63.568.000,00
 decongestionamento dei centri               |
 urbani e delle conurbazioni                 |
---------------------------------------------|-----------------------
 Sistema della Metropolitana Regionale       |    522.279.666,21
---------------------------------------------|-----------------------
 Sistemi di trasporto collettivo di          |
 adduzione al Sistema della                  |     76.170.085,00
 Metropolitana Regionale                     |
---------------------------------------------|-----------------------
 Aree produttive di eccellenza               |     28.881.000,00
---------------------------------------------|-----------------------
 Napoli e Citta' medie della Campania        |    192.540.000,00
---------------------------------------------|-----------------------
 Interventi infrastrutturali a sostegno della|
 ricerca pubblica e di miglioramento delle   |    125.151.000,00
 strutture di interesse universitario        |
---------------------------------------------|-----------------------
 Attuazione Accordi di Reciprocita'          |    481.350.000,00
---------------------------------------------|-----------------------
 Edilizia residenziale pubblica              |     67.389.000,00
---------------------------------------------|-----------------------
 Riutilizzo dei beni confiscati              |     30.000.000,00
 alla criminalita'                           |
---------------------------------------------|-----------------------
 
    

 
    Da ultimo, il Governo, attraverso il CIPE,  in  data  20  gennaio
2012, ha approvato la modifica di alcuni interventi nel sistema delle
universita'  del  Mezzogiorno  (finanziati  dalla  delibera  CIPE  n.
78/2011), senza alterare la distribuzione dei fondi tra  Regioni  ne'
il costo totale; nel complesso, per la Regione Campania si tratta  di
interventi per 50 milioni di euro. 
    Il d.P.C.M. 16 febbraio 2012, e la decisione in esso espressa  di
costringere la Campania all'acquisto del Termovalorizzatore e, per di
piu', a valere sulle risorse relative al Fondo per lo sviluppo  e  la
coesione  2007/2013  relative  al  programma   attuativo   regionale,
contrasta  palesemente  con  l'art.  119  Cost.  e  lede  l'autonomia
finanziaria della Regione Campania. 
    Codesta ecc.ma Corte ha di recente dichiarato l'illegittimita' di
norme statali concernenti il regime finanziario delle spese  relative
agli eventi calamitosi di maggiore gravita', da affrontare con  mezzi
e poteri straordinari. Si trattava di disposizioni che condizionavano
l'intervento finanziario dello Stato alla insufficienza delle risorse
regionali, pur dopo  l'attivazione  di  aumenti  fiscali,  ovvero  al
riconoscimento, da parte del  Governo,  della  «rilevanza  nazionale»
dell'emergenza, facendo  cosi'  rimanere  in  parte  a  carico  della
Regione i costi derivanti dalla calamita' (tranne quelli eccedenti il
massimo sforzo  fiscale  che  la  Regione  stessa  e'  autorizzata  a
compiere, ovvero quelli  che  il  Governo  avrebbe  discrezionalmente
assunto). 
    Orbene,  codesta  ecc.ma  Corte  ha  dichiarato  l'illegittimita'
costituzionale  della  ricordata  normativa  anche   per   violazione
dell'art. 119 Cost.,  atteso  che  "le  norme  impugnate,  in  quanto
impongono alle Regioni di deliberare  gli  aumenti  fiscali  in  esse
indicati per poter  accedere  al  Fondo  nazionale  della  protezione
civile, in presenza  di  un  persistente  accentramento  statale  del
servizio, ledono l'autonomia di entrata delle stesse.  Parimenti,  le
suddette norme ledono l'autonomia  di  spesa,  poiche'  obbligano  le
Regioni ad utilizzare  le  proprie  entrate  a  favore  di  organismi
statali (Servizio nazionale di protezione civile), per l'esercizio di
compiti  istituzionali  di  questi  ultimi,  corrispondenti  a   loro
specifiche competenze fissate nella legislazione vigente. 
     Risulta violato altresi' il quarto comma  dell'art.  119  Cost.,
sotto il profilo del legame necessario tra le entrate delle Regioni e
le funzioni delle stesse, poiche' lo Stato, pur trattenendo  per  se'
le funzioni in materia di protezione civile, ne accolla i costi  alle
Regioni stesse. 
    Peraltro,  l'obbligo  di  aumento  pesa  irragionevolmente  sulla
Regione nel cui territorio si e' verificato l'evento calamitoso,  con
la conseguenza che le popolazioni colpite dal disastro subiscono  una
penalizzazione ulteriore. (...) 
    Le norme censurate contraddicono  inoltre  la  ratio  del  quinto
comma dell'art. 119 Cost.:  le  stesse,  anziche'  prevedere  risorse
aggiuntive per determinate Regioni «per provvedere  a  scopi  diversi
dal  normale  esercizio  delle  loro  funzioni»  (quali  sono  quelli
derivanti  dalla  necessita'  di  fronteggiare  gli   effetti   sulle
popolazioni e sul  territorio  di  eventi  calamitosi  improvvisi  ed
imprevedibili),  al  contrario,  impongono  alle  stesse  Regioni  di
destinare  risorse  aggiuntive  per  il  funzionamento  di  organi  e
attivita' statali" (Corte cost., sent. n. 22 del 2012). 
    2.2. Sotto altro e concomitante profilo, deve inoltre  ricordarsi
come Codesta Ecc.ma Corte di recente ha riconosciuto la  legittimita'
di una norma statale che,  ponendosi  l'obiettivo  di  rafforzare  la
concentrazione di  risorse  su  interventi  di  rilevanza  strategica
nazionale, reperiva risorse dal Fondo per  le  aree  sottoutilizzate,
mediante revoca delle assegnazioni disposte dal CIPE (per il  periodo
2000-2006), ma facendo salve le risorse gia' impegnate o programmate. 
    Nella ricordata occasione (Corte cost., sentenza n. 16 del 2010),
Codesta  Ecc.ma  Corte  ha  stabilito  che  un  siffatto   intervento
normativo  "non  viola  la  sfera  di  competenze  costituzionalmente
garantita alle Regioni, appunto perche' riguarda risorse  non  ancora
utilizzate  da  tali  enti  (sentenza  n.  105   del   2007),   nella
disponibilita'  dei  quali,  peraltro,  le  risorse   medesime   sono
destinate a rientrare, sia pure con la suddetta nuova  programmazione
per le finalita' indicate e con adeguato coinvolgimento delle Regioni
medesime" (Corte cost. n. 16 del 2010). 
    Del tutto evidente appare il grave vulnus arrecato  all'autonomia
Regionale  e  la  patente  violazione  del  principio  di   autonomia
finanziaria della Regione consacrato dall'art. 119 Cost. 
3. - Violazione del principio di leale collaborazione,  in  contrasto
con l'art. 5 e  con  l'art.  120  Cost.,  per  la  mancata  paritaria
codeterminazione del contenuto dell'atto oggetto  del  conflitto.  Il
d.P.C.M. 16 febbraio 2012 e' stato  assunto  in  pieno  e  gravissimo
spregio di ogni piu' elementare principio di leale  collaborazione  e
cooperazione, in aperta lesione dei sottesi principi costituzionali e
mediante una procedura  che  ha  leso,  ripetutamente,  l'affidamento
degli  organi   regionali   nelle   fasi   prodromiche   all'adozione
dell'impugnato provvedimento. 
    3.1. Invero, la Regione Campania e'  stata  ingiustamente  tenuta
estranea, dopo una prima riunione presso la Presidenza del  Consiglio
dei ministri in data 20  settembre  2011,  alle  successive  riunioni
succedutesi sul tema dell'individuazione  del  soggetto  che  avrebbe
dovuto acquistare la proprieta' dell'impianto di Acerra. 
    Cio'  le  ha  impedito,  tra  l'altro,  di  far  rilevare,  nelle
trattative  con  il  soggetto  proprietario  FIBE,  che  la  semplice
rinuncia di quest'ultima alle proprie pretese nei confronti della PCM
e  di  terzi,  avrebbe  dovuto  quanto  meno   essere   accompagnata,
nell'ipotesi di cessione dell'impianto alla Regione,  dalla  garanzia
da parte del Governo di tenere la stessa Regione indenne da eventuali
pretese   dei   creditori   di   FIBE,   ad    esempio    conseguenti
all'impugnazione della rinuncia di quest'ultima, ai  sensi  dell'art.
2900 del codice civile. 
    Non e' stato inoltre possibile  far  rilevare  la  necessita'  di
compiere nei tempi congrui gli opportuni accertamenti circa lo  stato
attuale dell'impianto (indispensabili ai fini dell'accertamento della
congruita' del  valore  dello  stesso  ai  fini  del  trasferimento);
esaminare,  anche  ai  fini  della   trattativa   col   Governo,   la
possibilita' di rinegoziare il contratto di  gestione  con  l'attuale
gestore (Partenope ambiente), che  appare  squilibrato  a  favore  di
quest'ultima, laddove prevede un canone fisso di  gestione,  pari  al
doppio  del  valore  delle  spese  affrontate  per  la  gestione   ed
indipendente dalla eventualita' di conferimenti  inferiori  a  quelli
previsti dal piano economico-gestionale ottimale dell'impianto. 
    3.2. In secondo luogo, lo schema di d.P.C.M.  oggi  impugnato  e'
stato trasmesso per la  prima  volta  alla  Regione  soltanto  il  26
gennaio 2012, a ridosso della scadenza del  termine  del  31  gennaio
2012  (appena  prorogato,  di  un  solo   mese)   previsto   per   il
trasferimento dell'impianto, privando la Regione  della  possibilita'
di compiere  le  indispensabili  valutazioni  di  tipo  giuridico  ed
economico circa l'opportunita' e la legittimita' dell'operazione  nei
termini proposti dallo schema di provvedimento. 
    La Regione,  inoltre,  con  propria  nota  del  27  gennaio  2012
indirizzata alla Presidenza del Consiglio  dei  ministri  ha  esposto
rilievi critici concernenti: 
        l'opportunita' di una congrua  proroga  del  termine  del  31
gennaio 2012 (confidando  sull'opportunita'  offerta  dalla  fase  di
conversione del d.l. n. 226/2011 non ancora conclusa); 
        la necessita' di acquisire i  pareri  legali  di  rito  e  la
necessita' di valutazioni di congruita' economica. 
    Nella lettera del 31 gennaio 2012 (inviata in ore  serali,  senza
accertarsi  dell'avvenuta  ricezione  del  documento  da  parte   del
destinatario e in una fase in cui i ritmi serrati imposti dalle norme
di legge imponevano la massima cautela  nelle  comunicazioni  tra  le
parti e la massima cooperazione e collaborazione) il Governo  non  ha
fornito alcuna risposta ai rilievi evidenziati. 
    Con una seconda nota regionale del 31 gennaio  2012,  la  Regione
manifestava il proprio convincimento in ordine alla inopportunita' (a
prescindere dalla capienza delle risorse disponibili per la  Regione)
del finanziamento dell'operazione a valere sulla quota del  fondo  di
coesione e sviluppo di competenza regionale. 
    Come risulta dalla stessa nota della Regione in data  31  gennaio
2012, alla scadenza del termine del 31 gennaio 2012  il  Governo  non
aveva ancora inviato alla  Regione  la  documentazione  necessaria  a
valutare la proposta di intesa, puntualmente richiesta  dalla  stessa
Regione. Tale richiesta e' stata soddisfatta soltanto parzialmente il
1° febbraio 2012, quindi oltre la scadenza del termine del 31 gennaio
2012. 
    3.3. Inoltre, falsa e' una delle premesse  del  d.P.C.M.  del  16
febbraio 2012, li' dove si afferma che nella lettera del  27  gennaio
la Regione avrebbe espresso parere favorevole al trasferimento  della
proprieta' del termovalorizzatore, mentre invece dichiarava solamente
di non essere contraria, in linea  di  principio,  ad  acquistare  la
proprieta' dell'impianto, ma non esprimeva  l'intesa  in  tal  senso,
rilevando  la  necessita'  di  trovare  una  fonte  di  finanziamento
alternativa a quella indicata dal Governo, con evidente  travisamento
della dichiarazione di intenti espressa in tale nota. 
    Ancora, nel d.P.C.M. adottato il Governo sostiene  che  la  quota
del fondo di competenza regionale sia capiente,  sulla  base  di  una
nota della Ragioneria generale mai inviata  alla  Regione  e  neanche
sottoposta al suo esame nella riunione del 2 febbraio 2012. 
    Tale ultima riunione del  2  febbraio  2012,  convocata  in  modo
informale, senza comunicazioni in forma scritta e  senza  un  preciso
ordine del giorno, e della quale non risulta sia stato redatto  alcun
verbale (comunque mai trasmesso alla Regione) non e'  stata  dedicata
alla mera enunciazione  delle  tesi  del  Governo  circa  la  pretesa
capienza del fondo di coesione e  sviluppo  -  quota  regionale;  nel
corso della stessa e' stata discussa anche la posizione della Regione
circa la necessita' di un differimento del  termine,  la  prestazione
delle  garanzie  richieste  nelle  corrispondenza  regionale   e   il
compimento degli accertamenti ivi indicati, senza che si giungesse  a
conclusioni e che il Governo rispondesse adeguatamente alle richieste
della  Regione;  inoltre  alcuni   esponenti   della   rappresentanza
governativa hanno formulato  proposte  integrative  dello  schema  di
d.P.C.M. (riconoscimento alla Regione  degli  accantonamenti  di  cui
all'art. 7, comma 6, d.l. n. 195/2009, anche per gli anni  successivi
al 2012, esclusione dal patto di stabilita'  della  relativa  spesa),
senza che le stesse fossero mai formalizzate, ne' che  alla  riunione
abbia fatto seguito alcun altro atto formale da parte del Governo. 
    3.4. E' evidente che (contrariamente a quanto afferma il d.P.C.M.
- pag. 4, primo considerato,  pag.  5,  ultimo  considerato)  non  e'
attribuibile alla regione alcuna violazione del  principio  di  leale
collaborazione; che i presupposti indicati a tal fine nel decreto non
sono veritieri e  sono  comunque  fuorvianti;  che  al  contrario  il
suddetto principio risulta violato in piu' riprese dallo Stato. 
    La giurisprudenza costituzionale  ha  dato  grande  rilevanza  al
principio della leale collaborazione tra Stato e  Regioni  e  ad  una
delle sue tipiche e piu' intense forme di espressione,  vale  a  dire
all'istituto dell'intesa. 
    Secondo  Codesta   Ecc.ma   Corte,   "il   principio   di   leale
collaborazione deve presiedere a tutti i  rapporti  che  intercorrono
tra Stato e Regioni: la sua elasticita' e  la  sua  adattabilita'  lo
rendono particolarmente idoneo a regolare in modo dinamico i rapporti
in  questione,  attenuando   i   dualismi   ed   evitando   eccessivi
irrigidimenti. La genericita' di questo parametro,  se  utile  per  i
motivi sopra  esposti,  richiede  tuttavia  continue  precisazioni  e
concretizzazioni.  Queste  possono  essere  di  natura   legislativa,
amministrativa o  giurisdizionale,  a  partire  dalla  ormai  copiosa
giurisprudenza di questa Corte" (Corte cost., n.31 del 2006). 
    Il  rispetto  del  principio  generale  di  leale  collaborazione
richiede, in taluni casi, l'osservanza di un dovere  di  cooperazione
istituzionale che si esprime attraverso l'intesa: ex multis, si  veda
la sentenza Corte cost. n.  62  del  2005,  in  materia  di  siti  di
stoccaggio di rifiuti radioattivi (e le ivi  richiamate  sentenze  n.
338 del 1994, n. 242 del 1997, n. 303 del 2003 e n. 6  del  2004)  la
quale ha affermato che "Quando ..., una volta individuato il sito, si
debba   provvedere   alla   sua   "validazione",    alla    specifica
localizzazione  e  alla  realizzazione   dell'impianto,   l'interesse
territoriale da prendere  in  considerazione  e  a  cui  deve  essere
offerta, sul piano costituzionale, adeguata tutela, e'  quello  della
Regione nel cui territorio l'opera e' destinata  ad  essere  ubicata.
Non basterebbe piu', a questo  livello,  il  semplice  coinvolgimento
della Conferenza unificata, il cui  intervento  non  puo'  sostituire
quello,  costituzionalmente   necessario,   della   singola   Regione
interessata. 
    Codesta Ecc.ma Corte  ha  altresi'  costantemente  affermato  che
"occorre addivenire a forme di esercizio  delle  funzioni,  da  parte
dell'ente  competente,  attraverso  le  quali   siano   efficacemente
rappresentati tutti gli interessi e le  posizioni  costituzionalmente
rilevanti. Nei casi in cui, per la loro connessione  funzionale,  non
sia possibile una netta separazione nell'esercizio delle  competenze,
vale il principio detto della «leale cooperazione»,  suscettibile  di
essere organizzato in modi diversi, per forme e intensita' della  pur
necessaria collaborazione" la quale giunge  a  richiedere  "effettivi
poteri di codeterminazione, delle autonomie regionali  e  provinciali
all'elaborazione del  piano  di  assegnazione  delle  radiofrequenze"
(Corte cost., sentenza n. 308 del 2003 e le ivi  richiamate  sentenze
n. 96 del 2003, n. 422 del 2002). 
    Ove si rendano poi indispensabili  interventi  sostitutivi  della
mancata intesa, per giurisprudenza consolidata, tali interventi  sono
stati giudicati "non contrari a  Costituzione  a  condizione  che  il
Governo, nell'adottare il provvedimento sul quale non  e'  intercorsa
l'intesa nel  termine,  fornisca  un'adeguata  motivazione,  volta  a
manifestare,  in  relazione  agli  argomenti  addotti   dalla   parte
regionale a sostegno del rifiuto dell'accordo, le ragioni d'interesse
nazionale che  abbiano  determinato  lo  stesso  Governo  a  decidere
unilateralmente (v., da ultimo, sent. n. 204 del 1993). 
    Del  resto,  l'obbligo  di  motivazione  da  parte  del  Governo,
allorche' provvede direttamente dopo che e' fallito il confronto  per
pervenire a un'intesa con le regioni, e' il requisito minimo in grado
di legittimare la decisione unilaterale dello stesso Governo  in  una
materia connotata dalla stretta connessione delle competenze  statali
con quelle delle regioni" (Corte cost., sentenza n. 116 del 1994). 
    Circa la doverosita' di un vero e proprio  principio  di  lealta'
istituzionale valga il richiamo della sentenza n. 303 del 2003, nella
quale si afferma che la legislazione statale di questo tipo  (il  non
dissimile caso in esame  allora  era  relativo  a  leggi  statali  in
materia  di  infrastrutture  e  insediamenti  produttivi  di   valore
strategico) "puo' aspirare  a  superare  il  vaglio  di  legittimita'
costituzionale solo in presenza di una disciplina  che  prefiguri  un
iter in cui assumano il dovuto risalto le attivita' concertative e di
coordinamento orizzontale, ovverosia le  intese,  che  devono  essere
condotte in base al principio di lealta'" (Corte cost.,  sentenza  n.
303 del 2003, richiamata anche dalla sentenza n. 6 del 2004). 
    Secondo  la  concezione  procedimentale   (o   consensuale)   del
principio di sussidiarieta', come elaborata da Codesta  Ecc.ma  Corte
nella sentenza n. 303 del 2003,  assume  quindi  particolare  rilievo
nell'iter di sussunzione  (o  di  avocazione)  della  competenze,  il
principio dell'intesa o dell'accordo. 
    Quest'ultimo, sebbene gia' presente nella Costituzione, in quanto
insito nel principio di leale collaborazione", finisce non  solo  per
assumere la natura di valore costituzionale complementare a quello di
sussidiarieta', ma anche per acquisire una sua fisionomia ben precisa
nell'ambito della stessa leale cooperazione", che  presenta  contorni
piu' ampi e generici. 
    Mentre infatti la leale cooperazione,  quale  canone  informatore
dei  rapporti  tra  Stato  e  sistema   delle   autonomie,   soddisfa
sostanzialmente  esigenze  di  partecipazione  e  di   consultazione,
attraverso strumenti di collaborazione e di dialogo di  varia  natura
(comprensivi anche dell'intesa) volti a coordinare l'esercizio  delle
rispettive competenze e lo  svolgimento  di  attivita'  di  interesse
comune, l'intesa e l'accordo in senso  stretto  sono  veri  e  propri
strumenti  di  codecisione  (e  non  di  mera   partecipazione)   che
presuppongono il potere decisionale dei  soggetti  partecipanti  alla
definizione della materia di interesse comune. 
    Secondo la giurisprudenza di Codesta  Ecc.ma  Corte  l'attrazione
allo Stato di competenze che, in  base  alla  tendenziale  regola  di
riparto spetterebbero alle regioni, puo' verificarsi solo  in  virtu'
di una previa  intesa  con  l'ente  interessato  (o  di  un  "accordo
stipulato con  la  regione").  Non  e'  dunque  sufficiente  la  mera
emersione e citazione nel provvedimento o nel corso del procedimento,
delle ragioni e delle istanze delle parti, potendosi  invece  operare
la deroga solo in virtu' di una codecisione tra gli enti interessati. 
    Codesta Ecc.ma Corte nell'applicazione  del  principio  di  leale
cooperazione in tema di intese,  in  relazione  ad  un  conflitto  di
attribuzioni relativo alla nomina  di  un  commissario  straordinario
preposto  all'Ente  parco  nazionale   dell'Arcipelago   Toscano   ha
conseguentemente affermato che  occorre  comunque  uno  sforzo  delle
parti per dar vita ad una trattativa: "Lo strumento  dell'intesa  tra
Stato e Regioni costituisce una delle possibili forme  di  attuazione
del principio di leale cooperazione tra lo Stato e la  Regione  e  si
sostanzia in una paritaria codeterminazione del contenuto  dell'atto;
intesa,  da  realizzare  e  ricercare,  laddove  occorra,  attraverso
reiterate trattative volte a superare le divergenze che ostacolino il
raggiungimento  di  un  accordo,  senza  alcuna  possibilita'  di  un
declassamento dell'attivita' di codeterminazione connessa  all'intesa
in una mera attivita' consultiva non vincolante (cfr. sentenza n. 351
del 1991). 
    Nella  specie,  non   realizza   la   richiesta   condizione   di
legittimita'  il  rifiuto  d'intesa  sul  nominativo   proposto   dal
Ministro, seguito dalla mera richiesta d'incontro, fra le parti,  non
seguita da alcuna altra attivita'  "E  ancora  che  "L'illegittimita'
della condotta dello Stato  ...  risiede  ...  nel  mancato  avvio  e
sviluppo della procedura dell'intesa per la  nomina  del  Presidente,
che esige, laddove occorra, lo svolgimento  di  reiterate  trattative
volte a superare, nel rispetto del principio  di  leale  cooperazione
tra Stato e Regione, le divergenze che ostacolino  il  raggiungimento
di un accordo (Corte cost., sent. n. 27 del 2004). 
    In  conclusione  il  ruolo  delle   regioni   non   deve   essere
circoscritto a quello meramente  consultivo:  al  contrario,  queste,
attraverso i propri rappresentanti,  devono  essere  a  pieno  titolo
componenti dell'organo decisionale,  partecipando  direttamente  alla
formazione della sua volonta' deliberativa. 
4. - Violazione degli artt. 3 e 97  Cost.,  sotto  il  profilo  della
violazione e falsa applicazione dell'art. 7 comma 1, del d.l. n.  195
del 2009, come convertito con legge n. 26  del  2010,  dell'art.  61,
comma  3,  del  d.l.  n.  5  del  2012,  nonche'  sotto  il   profilo
dell'irragionevole determinazione del  termine  di  cui  all'art.  5,
comma 1, del d.l. n. 216 del 2011. 
    In ogni caso,  il  d.P.C.M.  del  16  febbraio  2012  denota  una
interpretazione del quadro normativo presupposto del tutto erronea  e
contraria alla sua reale portata. 
    Fermo rimanendo quanto sin  qui  dedotto  in  ordina  alla  grave
violazione del principio di leale collaborazione, le norme di cui  il
d.P.C.M. costituisce erronea applicazione - da individuare  nell'art.
7, comma 1 del d.l. n. 195 dei 2009, convertito con legge n.  26  del
2010, nell'art. 61, comma 3, del decreto-legge n. 5 del 2012, nonche'
nell'art. 5, comma 1,  del  decreto-legge  n.  216  del  2011  -  non
legittimano in alcun modo l'adozione del d.P.C.M.  16  febbraio  2012
oggi impugnato. 
    Invero l'art. 7, comma 1, del d.l. n. 195/2009  prevede  che  "e'
trasferita  la  proprieta'  del  termovalorizzatore  di  Acerra  alla
Regione Campania, previa intesa con la Regione  stessa,  o  ad  altro
ente pubblico anche non  territoriale,  ovvero  alla  Presidenza  del
Consiglio dei ministri - Dipartimento della  protezione  civile  o  a
soggetto privato". 
    L'art. 61, comma 3, del d.l. n. 5/2012 prevede che  "Fatta  salva
la competenza legislativa esclusiva delle Regioni, in caso di mancato
raggiungimento dell'intesa richiesta  con  una  o  piu'  Regioni  per
l'adozione di  un  atto  amministrativo  da  parte  dello  Stato,  il
Consiglio dei ministri, ove ricorrano gravi esigenze di tutela  della
sicurezza, della salute, dell'ambiente o dei  beni  culturali  ovvero
per  evitare  un  grave  danno  all'Erario  puo',  nel  rispetto  del
principio di leale collaborazione,  deliberare  motivatamente  l'atto
medesimo,  anche  senza  l'assenso  delle  Regioni  interessate,  nei
sessanta giorni successivi alla  scadenza  del  termine  per  la  sua
adozione  da  parte  dell'organo  competente.  Qualora  nel  medesimo
termine e' comunque raggiunta l'intesa,  il  Consiglio  dei  ministri
delibera l'atto motivando  con  esclusivo  riguardo  alla  permanenza
dell'interesse pubblico". 
    Infine all'art. 5, comma 1, del d.l. n. 216 del 2011, e' prevista
la proroga alla data del 31 gennaio 2012 del termine  precedentemente
fissato dall'art.  7,  comma  1,  del  decreto-legge  195  del  2009,
convertito, con modificazioni, dalla legge n.  26  del  2010,  al  31
dicembre 2011. 
    4.1. In relazione all'art. 7 comma 1 del decreto-legge n. 195 del
2009, la norma individua un elenco di soggetti ai quali trasferire la
proprieta'  del  termovalorizzatore  di  Acerra,  individuati   nella
Regione, in  altro  ente  pubblico  non  territoriale,  nella  stessa
Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della protezione
civile, e infine ad un soggetto privato. 
    In nessun modo e' possibile intravedere o anche  interpretare  il
testo di legge come espressivo di una  preferenza,  quale  acquirente
dell'impianto, nei riguardi della Regione Campania.  Anzi,  nei  solo
caso della Regione, l'eventuale acquisto e' espressamente subordinato
e condizionato al raggiungimento dell'intesa con la Regione. 
    Di contro, alla luce delle previsioni di cui ai commi 4 e  5,  ai
sensi  dei   quali   nelle   more   del   trasferimento,   la   piena
disponibilita', utilizzazione e godimento  dell'impianto  permane  in
capo alla  PCM  -  Dip.  Protezione  civile,  la  quale  e'  altresi'
"autorizzata a stipulare un  contratto  per  l'affitto  dell'impianto
stesso, per una durata fino a quindici anni",  spettando  inoltre  "i
ricavi  derivanti  dalla  vendita  dell'energia  elettrica   prodotta
dall'impianto",  il  Dipartimento  della  Protezione  civile   appare
oggettivamente come il soggetto piu' idoneo all'esercizio  temporaneo
di una struttura che e'  stata  dichiarata  di  interesse  strategico
nazionale. 
    Orbene il legislatore nazionale, attraverso l'art.  7,  comma  1,
del decreto-legge n. 195 del 2009, e' intervenuto a  disciplinare  in
modo  preciso  e  puntuale  una  singola  fattispecie   concretamente
individuata,  vale  a  dire  il  trasferimento  di   proprieta'   del
termovalorizzatore di Acerra, di proprieta' di  un  soggetto  privato
(Fibe), ad un soggetto pubblico o privato nonche' le vicende ad  esso
relative nelle more del perfezionamento dello stesso. 
    Si tratta di  norma  di  chiaro  valore  provvedimentale  essendo
sprovvista di quei requisiti  tipici  di  generalita'  e  astrattezza
generalmente ascrivibili alle previsioni legislative. Orbene, pur  se
in linea di principio al legislatore non e'  preclusa  l'adozione  di
norme aventi contenuto particolare e concreto (norme  provvedimento),
Codesta Ecc.ma Corte ha piu'  volte  ribadito  che  tali  leggi  sono
ammissibili  entro  i   limiti   del   rispetto   dei   principi   di
ragionevolezza e di non arbitrarieta' (Corte cost., sentenze nn. 94 e
137 del 2009 e n. 267 del 2007). 
    La norma, ove venga interpretata nel senso di preferire fra tutti
i soggetti pur elencati nella disposizione, la sola Regione Campania,
in assenza di valide e conoscibili ragioni ostative alla scelta di un
altro tra i soggetti pur previsti,  palesa  un  evidente  profilo  di
illegittimita' per contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost. 
    4.2. Con un vera e propria forzatura il Presidente del  Consiglio
dei ministri ha poi ritenuto di poter ravvisare  nell'intesa  di  cui
all'art. 7, comma 1, del d.l. n. 195 del 2009, una delle  ipotesi  di
applicazione dell'art. 61, comma 3, del d.l. n. 5 del 2012. 
    a) Il combinato disposto delle due norme, invero, rende  evidente
la gravissima forzatura da cui scaturisce  il  d.P.C.M.  16  febbraio
2012. 
    Se, il legislatore nazionale (con l'art. 7, comma 1), ha previsto
che il trasferimento della proprieta' del termovalorizzatore  avvenga
in capo ad uno dei soggetti elencati; e se, tra i  soggetti  elencati
dalla  norma,  la  Regione  Campania  e'  l'unica  per  il  quale  il
legislatore riconosce che  il  trasferimento  debba  avvenire  previa
intesa; e' allora di tutta evidenza che,  in  caso  di  scelta  della
Regione - scelta che dovra' essere congruamente motivata - il mancato
raggiungimento dell'intesa non potra' che determinare lo  spostamento
della scelta su uno dei restanti soggetti indicati dalla norma. 
    Diversamente opinando, le opzioni alternative espresse dal  comma
1 rimarrebbero prive di reale significato. 
    Come gia' ricordato, il decreto-legge n. 5 del 2012, all'art. 61,
nell'ambito di previsioni transitorie e di disposizioni  generali  in
materia di atti amministrativi sottoposti ad intesa, ha previsto, con
il comma 3, la possibilita' per il Consiglio dei ministri di superare
la richiesta intesa con la Regione e di deliberare  motivatamente  un
atto amministrativo (ove sussistano taluni gravi  pericoli  precisati
dalla norma stessa). 
    Applicare al caso in questione - quello cioe' previsto  dall'art.
7, comma 1, del decreto-legge n. 195 del 2009 -  la  possibilita'  di
superare l'intesa con la Regione per  individuare,  in  ogni  caso  e
senza valutare le  altre  opzioni  previste  dallo  stesso  comma  1,
l'unico possibile acquirente del termovalorizzatore di  Acerra  nella
Regione stessa, costituisce un falso, e quindi illegittimo, combinato
disposto che vale a privare di contenuto reale l'art. 7, comma 1  del
decreto legge 195 del 2009, in chiara  violazione  di  ogni  basilare
principio di leale cooperazione e collaborazione. 
    4.3. L'art.  61,  comma  3,  del  decreto-legge  n.  5  del  2012
attribuisce al Governo -  come  visto  -  il  potere  di  superamento
dell'intesa con la  Regione  richiesta  per  l'adozione  di  un  atto
amministrativo da parte dello  Stato,  quando  ricorrano  determinate
condizioni. Tali condizioni sono individuate  in  gravi  esigenze  di
tutela della  sicurezza,  della  salute,  dell'ambiente  o  dei  beni
culturali, ovvero per evitare un grave danno all'Erario. In ogni caso
deve essere fatto salvo il principio di leale collaborazione. 
    Orbene, nella denegata ipotesi in cui tale norma  dovesse  essere
ritenuta applicabile anche all'intesa di cui all'art. 7, comma 1, del
decreto-legge n. 195 del 2009,  nessuna  delle  esigenze  passate  in
rassegna dalla  norma  in  esame  appare  concretamente  sussistente,
atteso che il trasferimento della proprieta'  del  termovalorizzatore
non  determina  ripercussioni   immediate   e   dirette   sulla   sua
operativita' e funzionalita', che rimane preservata anche nelle  more
di tale trasferimento. 
    In  altri  termini,  la  disciplina  relativa   alla   proprieta'
dell'impianto, pur riguardando un aspetto importante  della  gestione
dei rifiuti, non presenta quei caratteri tali di  indifferibilita'  e
urgenza legati ad immediate esigenze di tutela della sicurezza, della
salute, dell'ambiente o dei beni culturali previste  dalla  norma  in
questione. 
    Non sussiste neanche il grave danno all'erario che, tenuto  conto
della portata della norma  e  della  necessita'  di  interpretare  la
stessa in modo costituzionalmente orientato, non puo' essere  causato
dalla mera necessita' di estinguere un contenzioso  in  atto,  e  non
puo' comunque essere risolto  in  danno  delle  finanze  regionali  e
dell'autonomia finanziaria della Regione  e  senza  alcuna  forma  di
leale collaborazione e cooperazione istituzionale. 
    4.4. Infine, la proroga di un solo mese,  prevista  dall'art.  5,
comma 1, del d.l.  n.  216/2011,  in  relazione  al  termine  del  31
dicembre 2011 originariamente previsto dal  d.l.  n.  195  del  2009,
appare palesemente irragionevole, tanto piu' nella  denegata  ipotesi
in cui il quadro normativo dianzi richiamato fosse  interpretato  nel
senso che, decorso inutilmente tale termine, la Regione sia obbligata
ad  acquistare  l'impianto.  La  norma  predetta  appare  palesemente
viziata da illegittimita'  costituzionale  per  irragionevolezza  del
termine prorogato, manifestamente inadeguato allo  svolgimento  delle
attivita' necessarie per  la  formazione  dell'intesa  e  sotto  tale
profilo in contrasto anche con l'art. 97 Cost. 
Istanza cautelare 
    La scrivente  difesa  chiede  che  Codesta  Ecc.ma  Corte  voglia
disporre la sospensione cautelare  dell'efficacia  dei  provvedimenti
impugnati, in quanto dalla loro esecuzione  l'odierna  ricorrente  si
vedrebbe con ogni evidenza costretta a subire un pregiudizio grave ed
irreparabile. Quanto  alla  sussistenza  del  fumus,  sia  consentito
richiamare tutto quanto sopra dedotto  e  argomentato  in  merito  ai
manifesti profili di illegittimita' dell'atto gravato.  In  relazione
al periculum in mora, risulta assolutamente chiaro come  l'esecuzione
medio  tempore  del  d.P.C.M.  del  16  febbraio  2012  e'  idonea  a
realizzare effetti irreversibili in grave pregiudizio degli interessi
della Regione Campania. 
    In tal senso, in adempimento del  d.P.C.M.  16  febbraio  2012  e
della connessa intimazione formulata dal Capo del Dipartimento  della
Protezione civile nei confronti della Regione Campania  con  la  nota
prot. n. CG/0013217,  l'ente  regionale  si  troverebbe  costretto  a
corrispondere nei confronti della Fibe S.p.A.,  attuale  proprietaria
del termovalorizzatore di Acerra, l'importo di Euro 355.550.240,84  a
titolo di prezzo per l'acquisizione della proprieta' dell'impianto. 
    Tale pregiudizio e'  reso  ancor  piu'  grave  ed  attuale  dalla
recente diffida del 19 marzo 2012, mediante la  quale  la  menzionata
Fibe ha intimato la Regione ricorrente  -  oltre  al  Presidente  del
Consiglio dei ministri e alla Protezione  Civile  -  a  provvedere  a
quanto di propria competenza ai fini dell'immediato  pagamento  della
somma determinata dal d.P.C.M. impugnato. 
    Anche a voler tacere dell'ingenza dei suddetti oneri, il d.P.C.M.
impugnato obbliga la Regione a reperire gli  stessi  a  valere  sulle
risorse della quota regionale del Fondo per lo sviluppo e la coesione
2007/2013. 
    E' opportuno ribadire che, come rappresentato alla Presidenza del
Consiglio dei ministri con nota del  27  gennaio  2012,  le  predette
risorse sono gia' integralmente programmate sulla base della delibera
CIPE n. 166/2007, modificata dalla delibera n.  1/2009,  nonche'  dei
recenti accordi con il Governo, recepiti dallo stesso CIPE in data 20
gennaio 2012, anche con riferimento all'esigenza  di  far  fronte  ad
indifferibili emergenze in materia di edilizia  sanitaria.  Pertanto,
l'impiego di risorse gia' impegnate esporrebbe la Regione Campania al
rischio di compromissione di  interventi  di  rilievo  primario  gia'
programmati in quanto necessari ed improcrastinabili, con  gravissime
ripercussioni sulla capacita'  della  Regione  stessa  di  assicurare
continuita' alle politiche ed attivita' politico-amministrative  gia'
intraprese. 
    Ulteriori   effetti   pregiudizievoli    discenderebbero    dalla
circostanza che, nei  trasferire  coattivamente  alla  ricorrente  la
proprieta' del termovalorizzatore, la Presidenza del Consiglio non ha
fornito alla Regione alcuna garanzia in ordine ad  eventuali  pretese
dei creditori di  Fibe  S.p.A.,  i  quali  ben  potrebbero  ritenersi
contrari  alla  transazione   intervenuta   tra   tale   societa'   e
l'amministrazione statale. Cio' porrebbe la  Regione  Campania  nella
condizione di subire iniziative processuali  da  parte  dei  predetti
soggetti, che, alla luce  dell'assenza  di  qualsiasi  certificazione
circa la congruita' del prezzo per l'acquisto  della  proprieta'  del
termovalorizzatore, si palesano  come  molto  probabili.  Cio'  senza
contare che, come si e' gia' avuto modo  di  vedere  piu'  ampiamente
sopra, in sede di  determinazione  del  prezzo  stesso  alla  Regione
Campania e' stato precluso qualsiasi apporto partecipativo. 
    Alla luce di quanto  appena  osservato,  e'  evidente  allora  la
necessita' di sospendere in via cautelare  l'efficacia  del  d.P.C.M.
impugnato e della nota conseguente. 
				 
                               P.Q.M. 

 
    Chiede che Codesta  Ecc.ma  Corte,  contrariis  rejectis,  voglia
dichiarare - se del  caso  previa  sollevazione  della  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 7 comma 1, del d.l. n. 195  del
2009, come convertito con legge n. 26 del 2010, dell'art.  61,  comma
3, del d.l. n. 5 del 2012, nonche' dell'art. 5, comma 1, del d.l.  n.
216 del 2011 ove interpretati  nel  senso  di  obbligare  la  Regione
Campania, anche in assenza di sua intesa, ad acquistare la proprieta'
del termovalorizzatore di Acerra entro  il  termine  del  31  gennaio
2012, in riferimento agli artt. 3, 5, 41, 97, 114, 117,  118,  119  e
120 Cost. - che non spetta allo Stato, e per esso al  Presidente  del
Consiglio dei ministri, emanare il del  decreto  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri del 16 febbraio 2012 con  il  quale  e'  stato
deliberato il trasferimento alla Regione  Campania  della  proprieta'
del termovalorizzatore sito in localita' Pantano del Comune di Acerra
per il prezzo complessivo di  Euro  355.550.240,84,  a  valere  sulle
risorse del Fondo per lo sviluppo e  la  coesione  2007/2013,  e  per
l'effetto annullarlo,  previa  sospensione  cautelare  immediata  dei
relativi effetti. 
        Roma-Napoli, addi' 16 aprile 2012 


				 
     Prof. Avv. Caravita di Toritto - Avv. D'Elia - Avv. Paolino