N. 5 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 4 maggio 2012
Ricorso per conflitto tra enti depositato in cancelleria il 4 maggio 2012 (della Regione Campania). Ambiente - Smaltimento dei rifiuti - Termovalorizzatore di Acerra - Trasferimento con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri della proprieta' dell'impianto alla Regione Campania, al prezzo complessivo di euro 355.550.510, 84, a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione 2007/2013 - Conflitto di attribuzione tra enti proposto dalla Regione Campania - Denunciata violazione delle competenze in materia di gestione dello smaltimento dei rifiuti - Lesione dell'autonomia negoziale e contrattuale della Regione (coartata all'acquisto e ad esercitare un'attivita' di tipo economico imprenditoriale) - Violazione dell'autonomia finanziaria regionale (per il mutamento unilaterale da parte del Governo della destinazione di risorse gia' impegnate ad altri scopi dalla Regione) - Violazione del principio di leale collaborazione (per la mancata paritaria codeterminazione del contenuto dell'atto oggetto del conflitto) - Erronea interpretazione, violazione e falsa applicazione delle disposizioni legislative presupposte - Richiesta di dichiarare la non spettanza allo Stato del potere esercitato e di annullare l'atto impugnato - Istanza di sospensione cautelare immediata dei relativi effetti. - Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 febbraio 2012. - Costituzione, artt. 3, 5, 41 (primo comma), 97, 114, 117, 118, 119 e 120; [legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 40]. Ambiente - Smaltimento dei rifiuti - Termovalorizzatore di Acerra - Trasferimento con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri della proprieta' dell'impianto alla Regione Campania - Conflitto di attribuzione tra enti proposto dalla medesima Regione - Eccepita incostituzionalita' delle disposizioni legislative sottostanti al decreto impugnato, ove interpretate nel senso che obbligano la Regione Campania, anche in assenza di sua intesa, ad acquistare la proprieta' del termovalorizzatore di Acerra entro il termine del 31 gennaio 2012 - Dedotto contrasto con i principi di ragionevolezza, buon andamento dell'amministrazione e leale collaborazione - Richiesta alla Corte costituzionale di autorimessione di questione incidentale. - Decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195, convertito con modificazioni nella legge 26 febbraio 2010, n. 26, art. 7, comma 1; decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito con modificazioni nella legge 4 aprile 2012, n. 35, art. 61, comma 3; decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni, nella legge 24 febbraio 2012, n. 14, art. 5, comma 1. - Costituzione, artt. 3, 5, 41, 97, 114, 117, 118, 119 e 120.(GU n.20 del 16-5-2012 )
Ricorso della Regione Campania, (c.f. 80011990636), in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore, On. Dott. Stefano Caldoro, rappresentata e difesa, ai sensi delle delibere della Giunta regionale n. 44 del 22 febbraio 2012 e n. 89 del 6 marzo 2012, giusta procura a margine del presente atto, unitamente e disgiuntamente, dall'Avv. Maria D'Elia (c.f. DLEMRA53H42F839H), dell'Avvocatura regionale, i nonche' dal Prof. Avv. Beniamino Caravita di Toritto (c.f. RVBMN54D19H501A) e dall'Avv. Gaetano Pedino (PLNGTN55A22B644S), del libero foro, ed elettivamente domiciliata presso l'Ufficio di rappresentanza della Regione Campania sito in Roma alla Via Poti, n. 29 (fax: 06/42001646; pec abilitata: cdta@legalmail.it) Contro il Presidente del Consiglio dei Ministri, nella persona del Presidente pro tempore, Per l'annullamento, previa sospensione cautelare dell'efficacia del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 16 febbraio 2012 con il quale e' stato deliberato il trasferimento alla Regione Campania della proprieta' del termovalorizzatore sito in localita' Pantano del Comune di Acerra per il prezzo complessivo di Euro 355.550.240,84, a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione 2007/2013. Fatto 1. - Con DPCM adottato con delibera del 16 febbraio 2012, il Presidente del Consiglio dei Ministri ha stabilito che "la proprieta' del termovalorizzatore sito in localita' Pantano, nel comune di Acerra, e del relativo compendio immobiliare e' trasferita dalla societa' proprietaria dell'impianto alla Regione Campania al prezzo complessivo di euro 355.550.510,84" con oneri coperti "a valere sulle risorse del fondo per lo sviluppo e la coesione 2007/2013 relative al programma attuativo regionale per l'acquisto del termovalorizzatore di Acerra, che presenta la necessaria disponibilita', oltre che con eventuali contributi da riconoscere alla Regione Campania in dipendenza del trasferimento". Il provvedimento fa seguito al d.l. n. 90 del 2008, con il quale il Governo ha provveduto alla messa in esercizio dell'impianto di Acerra. In particolare, l'art. 5, commi 1 e 2, del richiamato d.l. n. 90 del 2008 sull'emergenza rifiuti in Campania, convertito dalla legge n. 123 del 2008, ha autorizzato il conferimento ed il trattamento di determinate categorie di rifiuti (tra cui le cosiddette "ecoballe") presso il termovalorizzatore di Acerra, per un quantitativo massimo di 600.000 tonnellate annue, in deroga al parere della Commissione di valutazione di impatto ambientale in data 9 febbraio 2005, fatte comunque salve le indicazioni a tutela dell'ambiente e quelle concernenti le implementazioni impiantistiche migliorative contenute nel predetto parere, nonche' i limiti alle emissioni ivi stabiliti. Il comma 2 del richiamato art. 5 ha quindi autorizzato l'esercizio dell'impianto di Acerra, tenuto conto del parere della Commissione di valutazione di impatto del febbraio 2005 e della consultazione esperita con la popolazione interessata. L'avvio dell'impianto e' stato disposto ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo 18 febbraio 2005 n. 59 (recante "Attuazione integrale della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento"), concernente la procedura di rilascio dell'Autorizzazione integrata ambientale ai fini dell'esercizio di nuovi impianti. Le disposizioni dell'art. 5 hanno trovato attuazione con l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3745 del 5 marzo 2009 che, considerato il ruolo determinante dell'impianto per il superamento dell'emergenza, ne ha disposto l'avviamento e l'esercizio provvisorio. Nel novembre 2008, mediante procedura negoziata, la struttura del Sottosegretario di Stato per la Protezione civile ha affidato alla societa' lombarda A2A S.p.A. la gestione dell'impianto di Acerra, integrata con quella dell'impianto di selezione e trattamento di Caivano. Il successivo d.l. n. 195 del 2009, in particolare l'art. 7, comma 1, ha previsto che "Entro il 31 dicembre 2011 con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri e' trasferita la proprieta' del termovalorizzatore di Acerra alla regione Campania, previa intesa con la Regione stessa, o ad altro ente pubblico anche non territoriale, ovvero alla Presidenza del Consiglio dei Ministri -Dipartimento della protezione civile o a soggetto privato". L'art. 7, comma 2, del d.l. n. 195 del 2009, ha inoltre stabilito che le risorse finanziarie necessarie per l'acquisizione dell'impianto sarebbero state prelevate "anche a valere sulle risorse del Fondo aree sottosviluppate, per la quota nazionale o regionale". Il termine del 31 dicembre 2011, entro il quale sarebbe dovuto avvenire il trasferimento della proprieta' dalla attuale proprieta' (societa' FIRE SPA) alta Presidenza del Consiglio dei ministri, ovvero alla Regione Campania, previa intesa con la stessa, ovverosia ad altri enti pubblici o privati e' stato poi prorogato al 31 gennaio 2012 dal d.l. n. 216 del 2011. Con il d.P.C.M. del 16 febbraio 2012 - oggetto dell'odierno conflitto di attribuzioni - il Governo ha unilateralmente disposto il trasferimento della proprieta' dell'impianto in questione alla Regione Campania, in asserita applicazione dell'art. 61, comma 3 del d.l. n. 5 del 2012, (convertito con legge n. 35 del 2012). Tale ultima norma prevede che "Fatta salva la competenza legislativa esclusiva delle Regioni, in caso di mancato raggiungimento dell'intesa richiesta con una o piu' Regioni per l'adozione di un atto amministrativo da parte dello Stato, il Consiglio dei Ministri, ove ricorrano gravi esigenze di tutela della sicurezza, della salute, dell'ambiente o dei beni culturali ovvero per evitare un grave danno all'Erario puo', nel rispetto del principio di leale collaborazione, deliberare motivatamente l'atto medesimo, anche senza l'assenso delle Regioni Interessate, nei sessanta giorni successivi alla scadenza del termine per la sua adozione da parte dell'organo competente. Qualora nel medesimo termine e' comunque raggiunta l'intesa, il Consiglio dei Ministri delibera l'atto motivando con esclusivo riguardo alla permanenza dell'interesse pubblico". Il Governo ha disposto il trasferimento forzoso della proprieta' dell'impianto di Acerra alla Regione Campania, in falsa applicazione del menzionato art. 61, comma 3, del d.l. n. 5 del 2012, sostenendo che la Regione Campania non avrebbe lealmente collaborato nella fase di ricerca dell'intesa prevista dalla legge. Il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri e la relativa nota oggetto del presente conflitto invadono la sfera di competenza costituzionale della Regione Campania e sono stati emanati in violazione degli artt. 3, 5, 41, 114, 117, 118, 119 Cost. e dei principi di buon andamento dell'amministrazione (97 Cost.) e leale collaborazione (art. 120 Cost.). Sono illegittimi e devono pertanto essere annullati, previa sospensione dell'efficacia, per i seguenti motivi di Diritto 1. - Contrasto con gli artt. 114, 117, 118 e 41 Cost., anche per violazione delle competenze in materia di gestione dello smaltimento dei rifiuti, nonche' per violazione dell'autonomia negoziale della Regione Campania, obbligata alla conclusione del contratto di acquisto del termovalorizzatore di Acerra. 1.1. Il d.P.C.M. del 16 febbraio 2012 dispone il trasferimento della proprieta' dell'impianto per il trattamento dei rifiuti sul falso ed illegittimo presupposto "che la Regione Campania in ragione dell'ubicazione del predetto impianto e del suo asservimento al ciclo di smaltimento dei rifiuti in relazione ad un ampio territorio coincidente con piu' province della Campania, appare l'unico soggetto istituzionale idoneo ad assumerne la proprieta'", come si legge al primo "considerato", pag. 5, dell'atto impugnato. In disparte le eccezioni, che verranno di seguito svolte circa il gravissimo difetto di istruttoria, relativo alla mancata valutazione della possibilita' di assegnare la proprieta' dell'impianto a soggetti diversi dalla Regione, come espressamente previsto dall'art. 7, comma 1, del d.l. n. 195 del 2009, del tutto arbitrario appare il presupposto relativo all'asserita idoneita' esclusiva dell'Ente regione all'assunzione della proprieta' del termovalorizzatore. E' noto, infatti, che per quanto attiene alla disciplina della gestione dei rifiuti alle Regioni spettano i compiti attributi dall'art. 196 del d.lgs. n. 152 del 2006, che si possono sintetizzare nella predisposizione, adozione e aggiornamento del Piano regionale di gestione dei rifiuti, nella promozione della gestione integrata dei rifiuti e nell'incentivazione alla riduzione della produzione dei rifiuti e al recupero degli stessi. Gli unici compiti affidati allo Stato sono quelli di predeterminazione dei criteri generali e delle linee guida, in ragione della evidente connessione delle tematiche legate alla gestione dei rifiuti con la tutela dell'ambiente (sentenze n. 62 del 2008 e n. 378 del 2007). Ma e' del tutto evidente come non possa rimanerne travolta la competenza delle Regioni: infatti, anche nel settore dei rifiuti, accanto ad interessi inerenti in via primaria alla tutela dell'ambiente, vengono in rilievo altre materie, per cui la competenza statale certamente non esclude la concomitante possibilita' per le Regioni di intervenire, ovviamente nel rispetto dei livelli uniformi di tutela apprestati dallo Stato. Esemplare della salvaguardia delle competenze Regionali e', ad esempio, la rivisitazione delle competenze che e' stata operata dalla Corte con la sentenza 24 luglio 2009, n. 249, attraverso la "limatura" dell'art. 199, comma 9 del d.lgs. n. 152/2006, eliminandone la parte che affidava allo Stato il potere sostitutivo di intervento, in violazione del principio di sussidiarieta' ex art. 118 della Carta fondamentale. Sono state ricondotte sotto la competenza delle Regioni, altresi', la piena discrezionalita' del Presidente della Giunta regionale per interventi in caso di inerzia nei sistemi di gestione dei rifiuti da parte dei soggetti incaricati (art. 204, comma 3 del d.lgs. n. 152/2006) e quella relativa alla individuazione dei maggiori obiettivi di riciclo e recupero dei rifiuti (art. 205, comma 6). In entrambi i casi la Corte ha rimosso i limiti che le norme statali ponevano all'esercizio delle competenze regionali. Del resto, ben piu' orientate alla gestione, nonche' all'esercizio operativo degli impianti sono le competenze attribuite agli enti territoriali quali Autorita' d'ambito, Province e Comuni. Le Province, inoltre, in base all'art. 197 del d.lgs. n. 152/2006, svolgono funzioni amministrative concernenti la programmazione e il controllo dello smaltimento e recupero a livello provinciale. I Comuni o le Comunita' Montane effettuano la gestione dei rifiuti urbani e assimilati avviati allo smaltimento in regime di privativa in base all'art. 198 del d.lgs. n. 152/2006. Con l.r. n. 4 del 2007, il legislatore regionale campano, nel rispetto dei principi stabiliti dalla disciplina nazionale, ha rimesso alle Province l'organizzazione, l'affidamento e il controllo del servizio di gestione integrata dei rifiuti (art. 8); allo stesso modo, ha disposto la valutazione prioritaria dei territori provinciali quali ambiti territoriali ottimali (art. 15). Rilevante e' inoltre l'art. 20, comma 3, ai sensi del quale "La regione trasferisce alle province la titolarita' dei propri beni, attrezzature ed impianti inerenti il ciclo dei rifiuti'. Come appare pertanto evidente, la Regione, per un verso rimane l'attore primario delle scelte attinenti agli obiettivi di riciclo e di recupero dei rifiuti e sotto altro profilo non puo' certamente essere considerata come ente titolare di competenze operative in materia di gestione degli impianti di smaltimento. Ne', tantomeno, la Regione e' certamente portatrice di una posizione qualificata tale da renderla, immediatamente, l'unico e il solo soggetto idoneo a farsi carico dell'acquisto dell'impianto. In sostanza, con il d.P.C.M. del 16 febbraio 2012 lo Stato, in palese violazione delle competenze regionali, si sostituisce addirittura alla Regione e, con atto di imperio, le trasferisce la proprieta' dell'impianto - imponendo altresi' il pagamento del relativo corrispettivo -, in totale assenza di qualunque volonta' in tal senso espressa dalla Regione e formalizzata in un intesa. Tale scelta, del resto, appare irrimediabilmente contraddittoria anche con le azioni sinora poste in essere dal Governo in relazione al termovalorizzatore campano, la cui gestione e' stata finora assegnata al Dipartimento della Protezione Civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Ai sensi dell'art. 1 del decreto-legge n. 90 del 2008, convertito in legge n. 123 del 2008, infatti, a tale Dipartimento era stata affidata in via generale la gestione commissariale dei rifiuti in Campania. A seguito di tale intervento normativo, in data 13 novembre 2008, il Sottosegretario di Stato ha concluso con la A2A S.p.A. un contratto per la prestazione del servizio di gestione dell'impianto di termovalorizzazione di Acerra, il quale, pur di proprieta' della societa' Fibe, e' stato ritenuto espressamente infrastruttura di interesse strategico nazionale per la realizzazione del ciclo integrato finalizzato allo smaltimento ed al recupero energetico dei rifiuti. Con il decreto-legge n.195 del 2009, art. 7, comma 4, in previsione del trasferimento della proprieta' del termovalorizzatore ad un soggetto pubblico o privato, e' stato inoltre stabilito che nelle more di tale trasferimento, il Dipartimento della Protezione Civile a partire dal 1° gennaio 2010 "mantiene la piena disponibilita', utilizzazione e godimento dell'impianto ed e' autorizzata a stipulare un contratto per l'affitto dell'impianto stesso, per una durata fino a quindici anni". Il successivo comma 5 ha sancito che al Dipartimento in parola, "oltre alla piena disponibilita', utilizzazione e godimento dell'impianto, spettano altresi' i ricavi derivanti dalla vendita dell'energia elettrica prodotta dall'impianto". Ma vi e' di piu'. Ad avvalorare ulteriormente le conclusioni appena espresse, si osservi che all'interno del contratto di gestione dell'impianto sussiste un'apposita clausola di prelazione a favore della societa' concessionaria - A2A S.p.A. - nel caso di alienazione dell'impianto stesso (cfr. art. 23 del contratto). Una simile previsione dimostra come gia' alla data della stipulazione del suddetto contratto, la Protezione Civile, individuando nel soggetto privato concessionario il soggetto da preferire nel caso di vendita dell'impianto e riconoscendo espressamente alla A2A un diritto di preferenza per l'acquisto dello stesso, avesse in realta' disposto del considerato termovalorizzatore uti dominus. Cio' costituisce riprova evidente, per un verso, dell'inesistenza di qualsivoglia ragione di opportunita' - e ancor meno di doverosita' giuridica - che circoscriva la valutazione di idoneita' come soggetto acquirente alla sola Regione Campania e, di converso, dell'opportunita' di individuare nel Dipartimento della Protezione Civile il soggetto naturalmente privilegiato al quale trasferire la proprieta' del termovalorizzatore di Acerra. Sotto un ulteriore profilo deve osservarsi che la gestione del ciclo integrato dei rifiuti Campania e' affidata alle societa' provinciali. Ed infatti, l'art. 6 del d.l. n. 90/2008 convertito in legge n. 123/2008 prevedeva che "1. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 2 del decreto-legge 11 maggio 2007, n. 61, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 luglio 2007, n. 87, deve essere realizzata una valutazione in ordine al valore dei seguenti impianti di selezione e trattamento dei rifiuti, anche ai fini dell'eventuale acquisizione a titolo oneroso da parte della stessa societa' affidataria del servizio di gestione dei rifiuti, che tenga conto dell'effettiva funzionalita', della vetusta' e dello stato di manutenzione degli stessi: Caivano (NA), Tufino (NA), Giugliano (NA), Santa Maria Capua Vetere (CE), Avellino - localita' Pianodardine, Battipaglia (SA) e Casalduni (BN), nonche' del termovalorizzatore di Acerra (NA)". Addirittura il successivo art. 6-bis prevede che "Art. 6-bis "1. Allo scopo di favorire il rientro nelle competenze degli enti che vi sono ordinariamente preposti, e' trasferita alle province della regione Campania la titolarita' degli impianti di selezione e trattamento dei rifiuti, di cui all'articolo 6, ubicati nei rispettivi ambiti territoriali" (ma l'art. 6 prevede anche il termovalorizzatore di Acerra). Orbene, l'art. 7 del d.lgs. n. 195/2009 - il quale prevede che entro il 31 gennaio 2012 con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri e' trasferita alla Regione Campania previa intesa con la Regione stessa, o ad altro ente pubblico anche non territoriale, ovvero alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della protezione civile o a soggetto privato - non puo' che essere interpretato nel senso che lo Stato italiano ha scelto quale modalita' di gestione del ciclo dei rifiuti la gestione su base Regionale e pertanto di intesa con la Regione. Solo dopo un'ampia condivisione delle scelte poteva disporsi il trasferimento di proprieta' del termovalorizzatore. Sulla base di cio', la Regione Campania ha poi previsto che la gestione venisse affidata a societa' provinciali. Non e' da sottovalutare lo stesso tenore dell'o.P.C.M. n. 3746 del 2009 relativa alla costituzioni delle societa' provinciali la quale prevedeva che alle societa' provinciali fosse affidata la gestione delle discariche e dell'impiantistica in proprieta' della provincia e quella trasferita dalla regione e da altri enti, per lo stoccaggio, il trattamento, lo smaltimento, il recupero ed il riciclaggio dei rifiuti, situata sul territorio provinciale che "le predette societa' provinciali subentrano nei rapporti attivi e passivi dei soggetti gestori degli impianti, ivi compresi quelli con il personale oggi impiegato nelle attivita' predette" (art. 2, comma 2). Alla luce di quanto appena osservato, appare evidente come, sia in considerazione dell'attivita' di gestione del termovalorizzatore dalla sua entrata in funzione, sia in considerazione dei beneficiari dei proventi derivanti dalla produzione di energia elettrica attraverso la combustione dei rifiuti, si sarebbe dovuto, semmai, optare per il Dipartimento della Protezione Civile quale soggetto deputato in via prioritaria ad assumere la proprieta' del termovalorizzatore stesso. Tanto piu' che tale struttura amministrativa risultava esplicitamente ricompresa nel novero dei potenziali destinatari del trasferimento del cespite suddetto ex art. 7, comma 1, d.l. n. 195/2009. 1.2. In secondo luogo, il d.P.C.M. 16 febbraio 2012 viola patentemente le prerogative costituzionali della Regione Campania garantite dall'art. 41, comma 1, della Costituzione. a) Sotto un primo profilo, si palesa grave e profonda la lesione dell'autonomia negoziale e contrattuale della Regione, che si vede conculcare la possibilita' di autodeterminarsi in ordine alla conclusione di un negozio giuridico a contenuto patrimoniale avente ad oggetto l'acquisto della proprieta' di un bene immobile. Si tratta dell'illegittima compressione di un diritto inviolabile garantito dalla Costituzione che, all'art. 41, sancisce la liberta' di iniziativa economica privata e, all'art. 2, riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo come singolo e nelle formazioni sociali, cosi' ancorando la protezione di tale sfera di autonomia economica non solo in capo ai singoli ma in relazione a tutti i soggetti pubblici e privati. b) Inoltre, l'acquisto coattivo disposto dal provvedimento impugnato si atteggia quale strumento di coartazione all'esercizio di un'attivita' di tipo economico imprenditoriale imposto dall'alto, atteso che, secondo la giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte, la gestione dei rifiuti si caratterizza anche per la propria evidente natura economica ed imprenditoriale. Ed infatti, "Va, d'altra parte, considerato che anche la specie rifiuto non e' estranea al piu' ampio genere di bene commercialmente rilevante, essendo di comune esperienza il fatto che anche le operazioni di smaltimento dei rifiuti per conto terzi sono suscettibili di formare oggetto dello svolgimento di attivita' imprenditoriale. Del resto, gia' nella sentenza di questa Corte n. 335 del 2001 si e' affermato che «anche alla luce della normativa comunitaria il rifiuto e' pur sempre considerato un prodotto»" (Corte cost., sentenza n. 244 del 2011). Orbene, a salvaguardia dei valori tutelati dall'art. 41 Cost., anche quando l'attivita' economica sia indissolubilmente connessa con l'esercizio di servizi pubblici, codesta ecc.ma Corte ha avuto modo di chiarire che "Non puo' dubitarsi che, anche nei casi di regolazione ex lege di un'attivita' economica considerata quale pubblico servizio in ragione della sua diretta incidenza su bisogni o interessi della collettivita', l'attivita' cosi regolata possa e debba essere considerata come espressione del diritto di iniziativa economica garantito dall'art. 41 della Costituzione. Ne discende che il limite costituito dallo stesso intervento normativo e dal suo concreto contenuto intanto appare compatibile con il secondo comma del detto art. 41 in quanto sia diretto a realizzare, oltre ovviamente alla protezione di valori primari attinenti alla persona umana - il cui rispetto e' il limite insuperabile di ogni attivita' economica - un'utilita' sociale" (Corte cost., sentenza n. 548 del 1990). Proseguendo, nella medesima decisione, codesta ecc.ma Corte ha ritenuto che "Cio' che conta e' che, per un verso, l'individuazione dell'utilita' sociale come dianzi motivata non appaia arbitraria e che gli interventi del legislatore non perseguano l'individuata utilita' sociale mediante misure palesemente incongrue, e per altro verso, e in ogni caso, che l'intervento legislativo non sia tale da condizionare le scelte imprenditoriali in grado cosi' elevato da indurre sostanzialmente la funzionalizzazione dell'attivita' economica di cui si tratta, sacrificandone le opzioni di fondo o restringendone in rigidi confini lo spazio e l'oggetto delle stesse scelte organizzative" (Corte cost., sentenza n. 548 del 1990; cfr. anche sentt. n. 167 del 2009 e n. 152 del 2010). 2. - Contrasto con l'art. 119 Cost, per violazione dell'autonomia finanziaria della Regione. Secondo quanto stabilito dal d.P.C.M. 16 febbraio 2012, "agli oneri derivanti dal presente decreto si provvede a valere sulle risorse del fondo per lo sviluppo e la coesione 2007/2013 relative al programma attuativo regionale per l'acquisto del termovalorizzatore di Acerra, che presenta la necessaria disponibilita', oltre che con eventuali crediti a riconoscere alla Regione Campania in dipendenza del trasferimento". In totale spregio dell'autonomia finanziaria regionale, viene prevista l'utilizzazione di risorse assegnate alla Regione Campania e gia' destinata a spese per investimenti infrastrutturali degli enti locali, nonche' per far fronte ad indifferibili emergenze in materia di edilizia sanitaria. Valga qui osservare come gia' nella relazione del Servizio bilancio del Senato relativa al d.l. n. 195/09, in relazione all'art. 7 e' stato evidenziato come "appare opportuno confermare che, in caso di trasferimento del termovalorizzatore ad un soggetto pubblico, il provvedimento normativo di individuazione delle risorse finanziarie necessarie sia antecedente all'emanazione del d.P.C.M. di trasferimento della proprieta' del medesimo. Ancora, si evidenzia che il riferimento del comma 2 alla possibile copertura finanziaria tramite l'utilizzo delle risorse del fondo aree sottoutilizzate (FAS) non costituisce alcun vincolo sulle attuali risorse e non costituisce alcuna garanzia che tali risorse possano essere disponibili all'emanazione del citato provvedimento normativo". Ed infatti, si tratta infatti di risorse gia' programmate fino all'esaurimento della provvista indicata dal CIPE, nella delibera n 166/2007, come modificata dalla delibera n. 1/2009, anche in forza dei recenti accordi sottoscritti dalla Regione Campania con il Governo, recepiti dallo stesso CIPE in data 20 gennaio 2012 e dovendo la Regione far fronte ad indifferibili emergenze in materia di edilizia sanitaria. 2.1. La previsione appare fortemente lesiva dell'autonomia finanziaria regionale, in aperta violazione dell'art. 119 Cost. Il provvedimento impugnato scaturisce in seguito ad una serie di previsioni normative, anche di rango legislativo, approvate per far fronte ad una situazione di emergenza di natura calamitosa e straordinaria nel settore dei rifiuti, la cui soluzione e' stata affidata ad interventi del Governo, per il tramite del Dipartimento della Protezione Civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Infatti, ai sensi dell'art. 1 d.l. n. 90/2008, convertito in legge n. 123/2008, a tale Dipartimento era stata affidata in via generale la gestione commissariale dei rifiuti in Campania. A seguito di tale intervento normativo, in data 13 novembre 2008, il Sottosegretario di Stato ha concluso con la A2A S.p.A. un contratto per la prestazione del servizio di gestione dell'impianto di termovalorizzazione di Acerra, il quale, pur di proprieta' della societa' Fibe, e' stato ritenuto espressamente infrastruttura di interesse strategico nazionale per la realizzazione del ciclo integrato finalizzato allo smaltimento ed al recupero energetico dei rifiuti. Successivamente, l'art. 7 d.l. n. 195/2009, prevedendo il trasferimento di proprieta' del termovalorizzatore suddetto ad ente pubblico o privato, ha altresi' stabilito al comma 4 che a partire dal 1° gennaio 2010, nelle more di tale trasferimento, "la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della protezione civile mantiene la piena disponibilita', utilizzazione e godimento dell'impianto ed e' autorizzata a stipulare un contratto per l'affitto dell'impianto stesso, per una durata fino a quindici anni". Il successivo comma 5 ha sancito che al Dipartimento in parola, "oltre alla piena disponibilita', utilizzazione e godimento dell'impianto, spettano altresi' i ricavi derivanti dalla vendita dell'energia elettrica prodotta dall'impianto". Appare evidente come il quadro normativo abbia assegnato l'impianto di termovalorizzazione di Acerra, in funzione del carattere di infrastruttura di interesse strategico nazionale, alle cure e alla gestione del Governo, per l'esercizio di compiti e competenze ad esso assegnati dalla vigente legislazione. Orbene, con una radicale inversione di marcia, il Governo decide unilateralmente di costringere la Regione a destinare risorse gia' impegnate per altri scopi all'acquisto dell'impianto, ad un prezzo stabilito anch'esso in via autoritativa. Con la richiamata delibere CIPE n. 166/2007, come modificata dalla delibera n. 1/2009, di "attuazione del Quadro Strategico Nazionale 2007-2013 e programmazione del fondo per le aree sottoutilizzate" sono stati ripartiti i relativi fondi di cui alla legge n. 296/2006, e sono stati assegnati alla regione Campania 4.105,504 milioni di euro per il periodo 2007-2013. La Regione Campania, in attuazione operativa dello stanziamento finanziato dal FAS, gia' a far data dal 2009 ha adottato il relativo Programma Attuativo Regionale del Fondo per le Aree Sottoutilizzate 2007-2013 (PAR FAS) (Deliberazione n. 1144 del 19 giugno 2009). Si tratta di un programma dettagliato, articolato in "Azioni cardine" consistenti in progetti specificamente definiti e localizzati, ovvero interventi complessi (intendendo per tali quelli articolati in una serie di componenti progettuali distinte, ma connesse e riconducibili al medesimo obiettivo) dalla cui realizzazione compiuta dipende in modo cruciale il raggiungimento degli obiettivi specifici del programma. Alle azioni cardine e' associata una quota significativa, in relazione agli obiettivi perseguiti e alle Priorita' di inquadramento, delle risorse assegnate all'Amministrazione. Di seguito si riporta un quadro sintetico delle Azioni cardine con i relativi importi programmati. --------------------------------------------------------------------- Azioni cardine | Importo programmato ---------------------------------------------|----------------------- Sostegno alla filiera pubblica della R & S, | anche in ambito internazionale | 86.643.000,00 ---------------------------------------------|----------------------- Interventi a sostegno della creazione | di infrastrutture informatiche e telematiche | 28.881.000,00 per lo sviluppo dell'innovazione nella PA | ---------------------------------------------|----------------------- Completamento della filiera relativa alla | gestione integrata del ciclo dei rifiuti | 192.540.000,00 ---------------------------------------------|----------------------- Opere per il miglioramento della gestione | integrata delle risorse idriche | 231.048.000,00 ---------------------------------------------|----------------------- Azioni per l'aumento e la diffusione dei | servizi per l'infanzia e di cura | 56.654.895,00 per gli anziani | ---------------------------------------------|----------------------- Completamento della tangenziale delle aree | interne e dei relativi ammagliamenti | 260.000.000,00 ---------------------------------------------|----------------------- Intervento a supporto dell'accessibilita' | al sistema aeroportuale di Capodichino, | 28.135.298,03 Grazzanise e Pontecagnano | ---------------------------------------------|----------------------- Adeguamento e potenziamento delle | infrastrutture materiali per migliorare | l'accessibilita' e favorire il | 63.568.000,00 decongestionamento dei centri | urbani e delle conurbazioni | ---------------------------------------------|----------------------- Sistema della Metropolitana Regionale | 522.279.666,21 ---------------------------------------------|----------------------- Sistemi di trasporto collettivo di | adduzione al Sistema della | 76.170.085,00 Metropolitana Regionale | ---------------------------------------------|----------------------- Aree produttive di eccellenza | 28.881.000,00 ---------------------------------------------|----------------------- Napoli e Citta' medie della Campania | 192.540.000,00 ---------------------------------------------|----------------------- Interventi infrastrutturali a sostegno della| ricerca pubblica e di miglioramento delle | 125.151.000,00 strutture di interesse universitario | ---------------------------------------------|----------------------- Attuazione Accordi di Reciprocita' | 481.350.000,00 ---------------------------------------------|----------------------- Edilizia residenziale pubblica | 67.389.000,00 ---------------------------------------------|----------------------- Riutilizzo dei beni confiscati | 30.000.000,00 alla criminalita' | ---------------------------------------------|----------------------- Da ultimo, il Governo, attraverso il CIPE, in data 20 gennaio 2012, ha approvato la modifica di alcuni interventi nel sistema delle universita' del Mezzogiorno (finanziati dalla delibera CIPE n. 78/2011), senza alterare la distribuzione dei fondi tra Regioni ne' il costo totale; nel complesso, per la Regione Campania si tratta di interventi per 50 milioni di euro. Il d.P.C.M. 16 febbraio 2012, e la decisione in esso espressa di costringere la Campania all'acquisto del Termovalorizzatore e, per di piu', a valere sulle risorse relative al Fondo per lo sviluppo e la coesione 2007/2013 relative al programma attuativo regionale, contrasta palesemente con l'art. 119 Cost. e lede l'autonomia finanziaria della Regione Campania. Codesta ecc.ma Corte ha di recente dichiarato l'illegittimita' di norme statali concernenti il regime finanziario delle spese relative agli eventi calamitosi di maggiore gravita', da affrontare con mezzi e poteri straordinari. Si trattava di disposizioni che condizionavano l'intervento finanziario dello Stato alla insufficienza delle risorse regionali, pur dopo l'attivazione di aumenti fiscali, ovvero al riconoscimento, da parte del Governo, della «rilevanza nazionale» dell'emergenza, facendo cosi' rimanere in parte a carico della Regione i costi derivanti dalla calamita' (tranne quelli eccedenti il massimo sforzo fiscale che la Regione stessa e' autorizzata a compiere, ovvero quelli che il Governo avrebbe discrezionalmente assunto). Orbene, codesta ecc.ma Corte ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale della ricordata normativa anche per violazione dell'art. 119 Cost., atteso che "le norme impugnate, in quanto impongono alle Regioni di deliberare gli aumenti fiscali in esse indicati per poter accedere al Fondo nazionale della protezione civile, in presenza di un persistente accentramento statale del servizio, ledono l'autonomia di entrata delle stesse. Parimenti, le suddette norme ledono l'autonomia di spesa, poiche' obbligano le Regioni ad utilizzare le proprie entrate a favore di organismi statali (Servizio nazionale di protezione civile), per l'esercizio di compiti istituzionali di questi ultimi, corrispondenti a loro specifiche competenze fissate nella legislazione vigente. Risulta violato altresi' il quarto comma dell'art. 119 Cost., sotto il profilo del legame necessario tra le entrate delle Regioni e le funzioni delle stesse, poiche' lo Stato, pur trattenendo per se' le funzioni in materia di protezione civile, ne accolla i costi alle Regioni stesse. Peraltro, l'obbligo di aumento pesa irragionevolmente sulla Regione nel cui territorio si e' verificato l'evento calamitoso, con la conseguenza che le popolazioni colpite dal disastro subiscono una penalizzazione ulteriore. (...) Le norme censurate contraddicono inoltre la ratio del quinto comma dell'art. 119 Cost.: le stesse, anziche' prevedere risorse aggiuntive per determinate Regioni «per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni» (quali sono quelli derivanti dalla necessita' di fronteggiare gli effetti sulle popolazioni e sul territorio di eventi calamitosi improvvisi ed imprevedibili), al contrario, impongono alle stesse Regioni di destinare risorse aggiuntive per il funzionamento di organi e attivita' statali" (Corte cost., sent. n. 22 del 2012). 2.2. Sotto altro e concomitante profilo, deve inoltre ricordarsi come Codesta Ecc.ma Corte di recente ha riconosciuto la legittimita' di una norma statale che, ponendosi l'obiettivo di rafforzare la concentrazione di risorse su interventi di rilevanza strategica nazionale, reperiva risorse dal Fondo per le aree sottoutilizzate, mediante revoca delle assegnazioni disposte dal CIPE (per il periodo 2000-2006), ma facendo salve le risorse gia' impegnate o programmate. Nella ricordata occasione (Corte cost., sentenza n. 16 del 2010), Codesta Ecc.ma Corte ha stabilito che un siffatto intervento normativo "non viola la sfera di competenze costituzionalmente garantita alle Regioni, appunto perche' riguarda risorse non ancora utilizzate da tali enti (sentenza n. 105 del 2007), nella disponibilita' dei quali, peraltro, le risorse medesime sono destinate a rientrare, sia pure con la suddetta nuova programmazione per le finalita' indicate e con adeguato coinvolgimento delle Regioni medesime" (Corte cost. n. 16 del 2010). Del tutto evidente appare il grave vulnus arrecato all'autonomia Regionale e la patente violazione del principio di autonomia finanziaria della Regione consacrato dall'art. 119 Cost. 3. - Violazione del principio di leale collaborazione, in contrasto con l'art. 5 e con l'art. 120 Cost., per la mancata paritaria codeterminazione del contenuto dell'atto oggetto del conflitto. Il d.P.C.M. 16 febbraio 2012 e' stato assunto in pieno e gravissimo spregio di ogni piu' elementare principio di leale collaborazione e cooperazione, in aperta lesione dei sottesi principi costituzionali e mediante una procedura che ha leso, ripetutamente, l'affidamento degli organi regionali nelle fasi prodromiche all'adozione dell'impugnato provvedimento. 3.1. Invero, la Regione Campania e' stata ingiustamente tenuta estranea, dopo una prima riunione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri in data 20 settembre 2011, alle successive riunioni succedutesi sul tema dell'individuazione del soggetto che avrebbe dovuto acquistare la proprieta' dell'impianto di Acerra. Cio' le ha impedito, tra l'altro, di far rilevare, nelle trattative con il soggetto proprietario FIBE, che la semplice rinuncia di quest'ultima alle proprie pretese nei confronti della PCM e di terzi, avrebbe dovuto quanto meno essere accompagnata, nell'ipotesi di cessione dell'impianto alla Regione, dalla garanzia da parte del Governo di tenere la stessa Regione indenne da eventuali pretese dei creditori di FIBE, ad esempio conseguenti all'impugnazione della rinuncia di quest'ultima, ai sensi dell'art. 2900 del codice civile. Non e' stato inoltre possibile far rilevare la necessita' di compiere nei tempi congrui gli opportuni accertamenti circa lo stato attuale dell'impianto (indispensabili ai fini dell'accertamento della congruita' del valore dello stesso ai fini del trasferimento); esaminare, anche ai fini della trattativa col Governo, la possibilita' di rinegoziare il contratto di gestione con l'attuale gestore (Partenope ambiente), che appare squilibrato a favore di quest'ultima, laddove prevede un canone fisso di gestione, pari al doppio del valore delle spese affrontate per la gestione ed indipendente dalla eventualita' di conferimenti inferiori a quelli previsti dal piano economico-gestionale ottimale dell'impianto. 3.2. In secondo luogo, lo schema di d.P.C.M. oggi impugnato e' stato trasmesso per la prima volta alla Regione soltanto il 26 gennaio 2012, a ridosso della scadenza del termine del 31 gennaio 2012 (appena prorogato, di un solo mese) previsto per il trasferimento dell'impianto, privando la Regione della possibilita' di compiere le indispensabili valutazioni di tipo giuridico ed economico circa l'opportunita' e la legittimita' dell'operazione nei termini proposti dallo schema di provvedimento. La Regione, inoltre, con propria nota del 27 gennaio 2012 indirizzata alla Presidenza del Consiglio dei ministri ha esposto rilievi critici concernenti: l'opportunita' di una congrua proroga del termine del 31 gennaio 2012 (confidando sull'opportunita' offerta dalla fase di conversione del d.l. n. 226/2011 non ancora conclusa); la necessita' di acquisire i pareri legali di rito e la necessita' di valutazioni di congruita' economica. Nella lettera del 31 gennaio 2012 (inviata in ore serali, senza accertarsi dell'avvenuta ricezione del documento da parte del destinatario e in una fase in cui i ritmi serrati imposti dalle norme di legge imponevano la massima cautela nelle comunicazioni tra le parti e la massima cooperazione e collaborazione) il Governo non ha fornito alcuna risposta ai rilievi evidenziati. Con una seconda nota regionale del 31 gennaio 2012, la Regione manifestava il proprio convincimento in ordine alla inopportunita' (a prescindere dalla capienza delle risorse disponibili per la Regione) del finanziamento dell'operazione a valere sulla quota del fondo di coesione e sviluppo di competenza regionale. Come risulta dalla stessa nota della Regione in data 31 gennaio 2012, alla scadenza del termine del 31 gennaio 2012 il Governo non aveva ancora inviato alla Regione la documentazione necessaria a valutare la proposta di intesa, puntualmente richiesta dalla stessa Regione. Tale richiesta e' stata soddisfatta soltanto parzialmente il 1° febbraio 2012, quindi oltre la scadenza del termine del 31 gennaio 2012. 3.3. Inoltre, falsa e' una delle premesse del d.P.C.M. del 16 febbraio 2012, li' dove si afferma che nella lettera del 27 gennaio la Regione avrebbe espresso parere favorevole al trasferimento della proprieta' del termovalorizzatore, mentre invece dichiarava solamente di non essere contraria, in linea di principio, ad acquistare la proprieta' dell'impianto, ma non esprimeva l'intesa in tal senso, rilevando la necessita' di trovare una fonte di finanziamento alternativa a quella indicata dal Governo, con evidente travisamento della dichiarazione di intenti espressa in tale nota. Ancora, nel d.P.C.M. adottato il Governo sostiene che la quota del fondo di competenza regionale sia capiente, sulla base di una nota della Ragioneria generale mai inviata alla Regione e neanche sottoposta al suo esame nella riunione del 2 febbraio 2012. Tale ultima riunione del 2 febbraio 2012, convocata in modo informale, senza comunicazioni in forma scritta e senza un preciso ordine del giorno, e della quale non risulta sia stato redatto alcun verbale (comunque mai trasmesso alla Regione) non e' stata dedicata alla mera enunciazione delle tesi del Governo circa la pretesa capienza del fondo di coesione e sviluppo - quota regionale; nel corso della stessa e' stata discussa anche la posizione della Regione circa la necessita' di un differimento del termine, la prestazione delle garanzie richieste nelle corrispondenza regionale e il compimento degli accertamenti ivi indicati, senza che si giungesse a conclusioni e che il Governo rispondesse adeguatamente alle richieste della Regione; inoltre alcuni esponenti della rappresentanza governativa hanno formulato proposte integrative dello schema di d.P.C.M. (riconoscimento alla Regione degli accantonamenti di cui all'art. 7, comma 6, d.l. n. 195/2009, anche per gli anni successivi al 2012, esclusione dal patto di stabilita' della relativa spesa), senza che le stesse fossero mai formalizzate, ne' che alla riunione abbia fatto seguito alcun altro atto formale da parte del Governo. 3.4. E' evidente che (contrariamente a quanto afferma il d.P.C.M. - pag. 4, primo considerato, pag. 5, ultimo considerato) non e' attribuibile alla regione alcuna violazione del principio di leale collaborazione; che i presupposti indicati a tal fine nel decreto non sono veritieri e sono comunque fuorvianti; che al contrario il suddetto principio risulta violato in piu' riprese dallo Stato. La giurisprudenza costituzionale ha dato grande rilevanza al principio della leale collaborazione tra Stato e Regioni e ad una delle sue tipiche e piu' intense forme di espressione, vale a dire all'istituto dell'intesa. Secondo Codesta Ecc.ma Corte, "il principio di leale collaborazione deve presiedere a tutti i rapporti che intercorrono tra Stato e Regioni: la sua elasticita' e la sua adattabilita' lo rendono particolarmente idoneo a regolare in modo dinamico i rapporti in questione, attenuando i dualismi ed evitando eccessivi irrigidimenti. La genericita' di questo parametro, se utile per i motivi sopra esposti, richiede tuttavia continue precisazioni e concretizzazioni. Queste possono essere di natura legislativa, amministrativa o giurisdizionale, a partire dalla ormai copiosa giurisprudenza di questa Corte" (Corte cost., n.31 del 2006). Il rispetto del principio generale di leale collaborazione richiede, in taluni casi, l'osservanza di un dovere di cooperazione istituzionale che si esprime attraverso l'intesa: ex multis, si veda la sentenza Corte cost. n. 62 del 2005, in materia di siti di stoccaggio di rifiuti radioattivi (e le ivi richiamate sentenze n. 338 del 1994, n. 242 del 1997, n. 303 del 2003 e n. 6 del 2004) la quale ha affermato che "Quando ..., una volta individuato il sito, si debba provvedere alla sua "validazione", alla specifica localizzazione e alla realizzazione dell'impianto, l'interesse territoriale da prendere in considerazione e a cui deve essere offerta, sul piano costituzionale, adeguata tutela, e' quello della Regione nel cui territorio l'opera e' destinata ad essere ubicata. Non basterebbe piu', a questo livello, il semplice coinvolgimento della Conferenza unificata, il cui intervento non puo' sostituire quello, costituzionalmente necessario, della singola Regione interessata. Codesta Ecc.ma Corte ha altresi' costantemente affermato che "occorre addivenire a forme di esercizio delle funzioni, da parte dell'ente competente, attraverso le quali siano efficacemente rappresentati tutti gli interessi e le posizioni costituzionalmente rilevanti. Nei casi in cui, per la loro connessione funzionale, non sia possibile una netta separazione nell'esercizio delle competenze, vale il principio detto della «leale cooperazione», suscettibile di essere organizzato in modi diversi, per forme e intensita' della pur necessaria collaborazione" la quale giunge a richiedere "effettivi poteri di codeterminazione, delle autonomie regionali e provinciali all'elaborazione del piano di assegnazione delle radiofrequenze" (Corte cost., sentenza n. 308 del 2003 e le ivi richiamate sentenze n. 96 del 2003, n. 422 del 2002). Ove si rendano poi indispensabili interventi sostitutivi della mancata intesa, per giurisprudenza consolidata, tali interventi sono stati giudicati "non contrari a Costituzione a condizione che il Governo, nell'adottare il provvedimento sul quale non e' intercorsa l'intesa nel termine, fornisca un'adeguata motivazione, volta a manifestare, in relazione agli argomenti addotti dalla parte regionale a sostegno del rifiuto dell'accordo, le ragioni d'interesse nazionale che abbiano determinato lo stesso Governo a decidere unilateralmente (v., da ultimo, sent. n. 204 del 1993). Del resto, l'obbligo di motivazione da parte del Governo, allorche' provvede direttamente dopo che e' fallito il confronto per pervenire a un'intesa con le regioni, e' il requisito minimo in grado di legittimare la decisione unilaterale dello stesso Governo in una materia connotata dalla stretta connessione delle competenze statali con quelle delle regioni" (Corte cost., sentenza n. 116 del 1994). Circa la doverosita' di un vero e proprio principio di lealta' istituzionale valga il richiamo della sentenza n. 303 del 2003, nella quale si afferma che la legislazione statale di questo tipo (il non dissimile caso in esame allora era relativo a leggi statali in materia di infrastrutture e insediamenti produttivi di valore strategico) "puo' aspirare a superare il vaglio di legittimita' costituzionale solo in presenza di una disciplina che prefiguri un iter in cui assumano il dovuto risalto le attivita' concertative e di coordinamento orizzontale, ovverosia le intese, che devono essere condotte in base al principio di lealta'" (Corte cost., sentenza n. 303 del 2003, richiamata anche dalla sentenza n. 6 del 2004). Secondo la concezione procedimentale (o consensuale) del principio di sussidiarieta', come elaborata da Codesta Ecc.ma Corte nella sentenza n. 303 del 2003, assume quindi particolare rilievo nell'iter di sussunzione (o di avocazione) della competenze, il principio dell'intesa o dell'accordo. Quest'ultimo, sebbene gia' presente nella Costituzione, in quanto insito nel principio di leale collaborazione", finisce non solo per assumere la natura di valore costituzionale complementare a quello di sussidiarieta', ma anche per acquisire una sua fisionomia ben precisa nell'ambito della stessa leale cooperazione", che presenta contorni piu' ampi e generici. Mentre infatti la leale cooperazione, quale canone informatore dei rapporti tra Stato e sistema delle autonomie, soddisfa sostanzialmente esigenze di partecipazione e di consultazione, attraverso strumenti di collaborazione e di dialogo di varia natura (comprensivi anche dell'intesa) volti a coordinare l'esercizio delle rispettive competenze e lo svolgimento di attivita' di interesse comune, l'intesa e l'accordo in senso stretto sono veri e propri strumenti di codecisione (e non di mera partecipazione) che presuppongono il potere decisionale dei soggetti partecipanti alla definizione della materia di interesse comune. Secondo la giurisprudenza di Codesta Ecc.ma Corte l'attrazione allo Stato di competenze che, in base alla tendenziale regola di riparto spetterebbero alle regioni, puo' verificarsi solo in virtu' di una previa intesa con l'ente interessato (o di un "accordo stipulato con la regione"). Non e' dunque sufficiente la mera emersione e citazione nel provvedimento o nel corso del procedimento, delle ragioni e delle istanze delle parti, potendosi invece operare la deroga solo in virtu' di una codecisione tra gli enti interessati. Codesta Ecc.ma Corte nell'applicazione del principio di leale cooperazione in tema di intese, in relazione ad un conflitto di attribuzioni relativo alla nomina di un commissario straordinario preposto all'Ente parco nazionale dell'Arcipelago Toscano ha conseguentemente affermato che occorre comunque uno sforzo delle parti per dar vita ad una trattativa: "Lo strumento dell'intesa tra Stato e Regioni costituisce una delle possibili forme di attuazione del principio di leale cooperazione tra lo Stato e la Regione e si sostanzia in una paritaria codeterminazione del contenuto dell'atto; intesa, da realizzare e ricercare, laddove occorra, attraverso reiterate trattative volte a superare le divergenze che ostacolino il raggiungimento di un accordo, senza alcuna possibilita' di un declassamento dell'attivita' di codeterminazione connessa all'intesa in una mera attivita' consultiva non vincolante (cfr. sentenza n. 351 del 1991). Nella specie, non realizza la richiesta condizione di legittimita' il rifiuto d'intesa sul nominativo proposto dal Ministro, seguito dalla mera richiesta d'incontro, fra le parti, non seguita da alcuna altra attivita' "E ancora che "L'illegittimita' della condotta dello Stato ... risiede ... nel mancato avvio e sviluppo della procedura dell'intesa per la nomina del Presidente, che esige, laddove occorra, lo svolgimento di reiterate trattative volte a superare, nel rispetto del principio di leale cooperazione tra Stato e Regione, le divergenze che ostacolino il raggiungimento di un accordo (Corte cost., sent. n. 27 del 2004). In conclusione il ruolo delle regioni non deve essere circoscritto a quello meramente consultivo: al contrario, queste, attraverso i propri rappresentanti, devono essere a pieno titolo componenti dell'organo decisionale, partecipando direttamente alla formazione della sua volonta' deliberativa. 4. - Violazione degli artt. 3 e 97 Cost., sotto il profilo della violazione e falsa applicazione dell'art. 7 comma 1, del d.l. n. 195 del 2009, come convertito con legge n. 26 del 2010, dell'art. 61, comma 3, del d.l. n. 5 del 2012, nonche' sotto il profilo dell'irragionevole determinazione del termine di cui all'art. 5, comma 1, del d.l. n. 216 del 2011. In ogni caso, il d.P.C.M. del 16 febbraio 2012 denota una interpretazione del quadro normativo presupposto del tutto erronea e contraria alla sua reale portata. Fermo rimanendo quanto sin qui dedotto in ordina alla grave violazione del principio di leale collaborazione, le norme di cui il d.P.C.M. costituisce erronea applicazione - da individuare nell'art. 7, comma 1 del d.l. n. 195 dei 2009, convertito con legge n. 26 del 2010, nell'art. 61, comma 3, del decreto-legge n. 5 del 2012, nonche' nell'art. 5, comma 1, del decreto-legge n. 216 del 2011 - non legittimano in alcun modo l'adozione del d.P.C.M. 16 febbraio 2012 oggi impugnato. Invero l'art. 7, comma 1, del d.l. n. 195/2009 prevede che "e' trasferita la proprieta' del termovalorizzatore di Acerra alla Regione Campania, previa intesa con la Regione stessa, o ad altro ente pubblico anche non territoriale, ovvero alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della protezione civile o a soggetto privato". L'art. 61, comma 3, del d.l. n. 5/2012 prevede che "Fatta salva la competenza legislativa esclusiva delle Regioni, in caso di mancato raggiungimento dell'intesa richiesta con una o piu' Regioni per l'adozione di un atto amministrativo da parte dello Stato, il Consiglio dei ministri, ove ricorrano gravi esigenze di tutela della sicurezza, della salute, dell'ambiente o dei beni culturali ovvero per evitare un grave danno all'Erario puo', nel rispetto del principio di leale collaborazione, deliberare motivatamente l'atto medesimo, anche senza l'assenso delle Regioni interessate, nei sessanta giorni successivi alla scadenza del termine per la sua adozione da parte dell'organo competente. Qualora nel medesimo termine e' comunque raggiunta l'intesa, il Consiglio dei ministri delibera l'atto motivando con esclusivo riguardo alla permanenza dell'interesse pubblico". Infine all'art. 5, comma 1, del d.l. n. 216 del 2011, e' prevista la proroga alla data del 31 gennaio 2012 del termine precedentemente fissato dall'art. 7, comma 1, del decreto-legge 195 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 26 del 2010, al 31 dicembre 2011. 4.1. In relazione all'art. 7 comma 1 del decreto-legge n. 195 del 2009, la norma individua un elenco di soggetti ai quali trasferire la proprieta' del termovalorizzatore di Acerra, individuati nella Regione, in altro ente pubblico non territoriale, nella stessa Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della protezione civile, e infine ad un soggetto privato. In nessun modo e' possibile intravedere o anche interpretare il testo di legge come espressivo di una preferenza, quale acquirente dell'impianto, nei riguardi della Regione Campania. Anzi, nei solo caso della Regione, l'eventuale acquisto e' espressamente subordinato e condizionato al raggiungimento dell'intesa con la Regione. Di contro, alla luce delle previsioni di cui ai commi 4 e 5, ai sensi dei quali nelle more del trasferimento, la piena disponibilita', utilizzazione e godimento dell'impianto permane in capo alla PCM - Dip. Protezione civile, la quale e' altresi' "autorizzata a stipulare un contratto per l'affitto dell'impianto stesso, per una durata fino a quindici anni", spettando inoltre "i ricavi derivanti dalla vendita dell'energia elettrica prodotta dall'impianto", il Dipartimento della Protezione civile appare oggettivamente come il soggetto piu' idoneo all'esercizio temporaneo di una struttura che e' stata dichiarata di interesse strategico nazionale. Orbene il legislatore nazionale, attraverso l'art. 7, comma 1, del decreto-legge n. 195 del 2009, e' intervenuto a disciplinare in modo preciso e puntuale una singola fattispecie concretamente individuata, vale a dire il trasferimento di proprieta' del termovalorizzatore di Acerra, di proprieta' di un soggetto privato (Fibe), ad un soggetto pubblico o privato nonche' le vicende ad esso relative nelle more del perfezionamento dello stesso. Si tratta di norma di chiaro valore provvedimentale essendo sprovvista di quei requisiti tipici di generalita' e astrattezza generalmente ascrivibili alle previsioni legislative. Orbene, pur se in linea di principio al legislatore non e' preclusa l'adozione di norme aventi contenuto particolare e concreto (norme provvedimento), Codesta Ecc.ma Corte ha piu' volte ribadito che tali leggi sono ammissibili entro i limiti del rispetto dei principi di ragionevolezza e di non arbitrarieta' (Corte cost., sentenze nn. 94 e 137 del 2009 e n. 267 del 2007). La norma, ove venga interpretata nel senso di preferire fra tutti i soggetti pur elencati nella disposizione, la sola Regione Campania, in assenza di valide e conoscibili ragioni ostative alla scelta di un altro tra i soggetti pur previsti, palesa un evidente profilo di illegittimita' per contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost. 4.2. Con un vera e propria forzatura il Presidente del Consiglio dei ministri ha poi ritenuto di poter ravvisare nell'intesa di cui all'art. 7, comma 1, del d.l. n. 195 del 2009, una delle ipotesi di applicazione dell'art. 61, comma 3, del d.l. n. 5 del 2012. a) Il combinato disposto delle due norme, invero, rende evidente la gravissima forzatura da cui scaturisce il d.P.C.M. 16 febbraio 2012. Se, il legislatore nazionale (con l'art. 7, comma 1), ha previsto che il trasferimento della proprieta' del termovalorizzatore avvenga in capo ad uno dei soggetti elencati; e se, tra i soggetti elencati dalla norma, la Regione Campania e' l'unica per il quale il legislatore riconosce che il trasferimento debba avvenire previa intesa; e' allora di tutta evidenza che, in caso di scelta della Regione - scelta che dovra' essere congruamente motivata - il mancato raggiungimento dell'intesa non potra' che determinare lo spostamento della scelta su uno dei restanti soggetti indicati dalla norma. Diversamente opinando, le opzioni alternative espresse dal comma 1 rimarrebbero prive di reale significato. Come gia' ricordato, il decreto-legge n. 5 del 2012, all'art. 61, nell'ambito di previsioni transitorie e di disposizioni generali in materia di atti amministrativi sottoposti ad intesa, ha previsto, con il comma 3, la possibilita' per il Consiglio dei ministri di superare la richiesta intesa con la Regione e di deliberare motivatamente un atto amministrativo (ove sussistano taluni gravi pericoli precisati dalla norma stessa). Applicare al caso in questione - quello cioe' previsto dall'art. 7, comma 1, del decreto-legge n. 195 del 2009 - la possibilita' di superare l'intesa con la Regione per individuare, in ogni caso e senza valutare le altre opzioni previste dallo stesso comma 1, l'unico possibile acquirente del termovalorizzatore di Acerra nella Regione stessa, costituisce un falso, e quindi illegittimo, combinato disposto che vale a privare di contenuto reale l'art. 7, comma 1 del decreto legge 195 del 2009, in chiara violazione di ogni basilare principio di leale cooperazione e collaborazione. 4.3. L'art. 61, comma 3, del decreto-legge n. 5 del 2012 attribuisce al Governo - come visto - il potere di superamento dell'intesa con la Regione richiesta per l'adozione di un atto amministrativo da parte dello Stato, quando ricorrano determinate condizioni. Tali condizioni sono individuate in gravi esigenze di tutela della sicurezza, della salute, dell'ambiente o dei beni culturali, ovvero per evitare un grave danno all'Erario. In ogni caso deve essere fatto salvo il principio di leale collaborazione. Orbene, nella denegata ipotesi in cui tale norma dovesse essere ritenuta applicabile anche all'intesa di cui all'art. 7, comma 1, del decreto-legge n. 195 del 2009, nessuna delle esigenze passate in rassegna dalla norma in esame appare concretamente sussistente, atteso che il trasferimento della proprieta' del termovalorizzatore non determina ripercussioni immediate e dirette sulla sua operativita' e funzionalita', che rimane preservata anche nelle more di tale trasferimento. In altri termini, la disciplina relativa alla proprieta' dell'impianto, pur riguardando un aspetto importante della gestione dei rifiuti, non presenta quei caratteri tali di indifferibilita' e urgenza legati ad immediate esigenze di tutela della sicurezza, della salute, dell'ambiente o dei beni culturali previste dalla norma in questione. Non sussiste neanche il grave danno all'erario che, tenuto conto della portata della norma e della necessita' di interpretare la stessa in modo costituzionalmente orientato, non puo' essere causato dalla mera necessita' di estinguere un contenzioso in atto, e non puo' comunque essere risolto in danno delle finanze regionali e dell'autonomia finanziaria della Regione e senza alcuna forma di leale collaborazione e cooperazione istituzionale. 4.4. Infine, la proroga di un solo mese, prevista dall'art. 5, comma 1, del d.l. n. 216/2011, in relazione al termine del 31 dicembre 2011 originariamente previsto dal d.l. n. 195 del 2009, appare palesemente irragionevole, tanto piu' nella denegata ipotesi in cui il quadro normativo dianzi richiamato fosse interpretato nel senso che, decorso inutilmente tale termine, la Regione sia obbligata ad acquistare l'impianto. La norma predetta appare palesemente viziata da illegittimita' costituzionale per irragionevolezza del termine prorogato, manifestamente inadeguato allo svolgimento delle attivita' necessarie per la formazione dell'intesa e sotto tale profilo in contrasto anche con l'art. 97 Cost. Istanza cautelare La scrivente difesa chiede che Codesta Ecc.ma Corte voglia disporre la sospensione cautelare dell'efficacia dei provvedimenti impugnati, in quanto dalla loro esecuzione l'odierna ricorrente si vedrebbe con ogni evidenza costretta a subire un pregiudizio grave ed irreparabile. Quanto alla sussistenza del fumus, sia consentito richiamare tutto quanto sopra dedotto e argomentato in merito ai manifesti profili di illegittimita' dell'atto gravato. In relazione al periculum in mora, risulta assolutamente chiaro come l'esecuzione medio tempore del d.P.C.M. del 16 febbraio 2012 e' idonea a realizzare effetti irreversibili in grave pregiudizio degli interessi della Regione Campania. In tal senso, in adempimento del d.P.C.M. 16 febbraio 2012 e della connessa intimazione formulata dal Capo del Dipartimento della Protezione civile nei confronti della Regione Campania con la nota prot. n. CG/0013217, l'ente regionale si troverebbe costretto a corrispondere nei confronti della Fibe S.p.A., attuale proprietaria del termovalorizzatore di Acerra, l'importo di Euro 355.550.240,84 a titolo di prezzo per l'acquisizione della proprieta' dell'impianto. Tale pregiudizio e' reso ancor piu' grave ed attuale dalla recente diffida del 19 marzo 2012, mediante la quale la menzionata Fibe ha intimato la Regione ricorrente - oltre al Presidente del Consiglio dei ministri e alla Protezione Civile - a provvedere a quanto di propria competenza ai fini dell'immediato pagamento della somma determinata dal d.P.C.M. impugnato. Anche a voler tacere dell'ingenza dei suddetti oneri, il d.P.C.M. impugnato obbliga la Regione a reperire gli stessi a valere sulle risorse della quota regionale del Fondo per lo sviluppo e la coesione 2007/2013. E' opportuno ribadire che, come rappresentato alla Presidenza del Consiglio dei ministri con nota del 27 gennaio 2012, le predette risorse sono gia' integralmente programmate sulla base della delibera CIPE n. 166/2007, modificata dalla delibera n. 1/2009, nonche' dei recenti accordi con il Governo, recepiti dallo stesso CIPE in data 20 gennaio 2012, anche con riferimento all'esigenza di far fronte ad indifferibili emergenze in materia di edilizia sanitaria. Pertanto, l'impiego di risorse gia' impegnate esporrebbe la Regione Campania al rischio di compromissione di interventi di rilievo primario gia' programmati in quanto necessari ed improcrastinabili, con gravissime ripercussioni sulla capacita' della Regione stessa di assicurare continuita' alle politiche ed attivita' politico-amministrative gia' intraprese. Ulteriori effetti pregiudizievoli discenderebbero dalla circostanza che, nei trasferire coattivamente alla ricorrente la proprieta' del termovalorizzatore, la Presidenza del Consiglio non ha fornito alla Regione alcuna garanzia in ordine ad eventuali pretese dei creditori di Fibe S.p.A., i quali ben potrebbero ritenersi contrari alla transazione intervenuta tra tale societa' e l'amministrazione statale. Cio' porrebbe la Regione Campania nella condizione di subire iniziative processuali da parte dei predetti soggetti, che, alla luce dell'assenza di qualsiasi certificazione circa la congruita' del prezzo per l'acquisto della proprieta' del termovalorizzatore, si palesano come molto probabili. Cio' senza contare che, come si e' gia' avuto modo di vedere piu' ampiamente sopra, in sede di determinazione del prezzo stesso alla Regione Campania e' stato precluso qualsiasi apporto partecipativo. Alla luce di quanto appena osservato, e' evidente allora la necessita' di sospendere in via cautelare l'efficacia del d.P.C.M. impugnato e della nota conseguente.
P.Q.M. Chiede che Codesta Ecc.ma Corte, contrariis rejectis, voglia dichiarare - se del caso previa sollevazione della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 7 comma 1, del d.l. n. 195 del 2009, come convertito con legge n. 26 del 2010, dell'art. 61, comma 3, del d.l. n. 5 del 2012, nonche' dell'art. 5, comma 1, del d.l. n. 216 del 2011 ove interpretati nel senso di obbligare la Regione Campania, anche in assenza di sua intesa, ad acquistare la proprieta' del termovalorizzatore di Acerra entro il termine del 31 gennaio 2012, in riferimento agli artt. 3, 5, 41, 97, 114, 117, 118, 119 e 120 Cost. - che non spetta allo Stato, e per esso al Presidente del Consiglio dei ministri, emanare il del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 16 febbraio 2012 con il quale e' stato deliberato il trasferimento alla Regione Campania della proprieta' del termovalorizzatore sito in localita' Pantano del Comune di Acerra per il prezzo complessivo di Euro 355.550.240,84, a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione 2007/2013, e per l'effetto annullarlo, previa sospensione cautelare immediata dei relativi effetti. Roma-Napoli, addi' 16 aprile 2012 Prof. Avv. Caravita di Toritto - Avv. D'Elia - Avv. Paolino