N. 147 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 maggio 2012

Ordinanza del 15 maggio 2012 emessa  dal  Tribunale  superiore  delle
acque pubbliche sui ricorsi riuniti proposti  da  Azienda  Energetica
spa Etschwerke A.G. contro Provincia autonoma di Bolzano. 
 
Energia - Norme della Provincia autonoma di  Bolzano  in  materia  di
  utenze di acqua pubblica - Determinazione dei canoni di concessione
  di derivazioni per uso idroelettrico - Introduzione  da  parte  del
  legislatore  provinciale  di  una  tariffa  di  tipo   progressivo,
  articolata in importi crescenti  in  relazione  agli  scaglioni  di
  potenza nominale riconosciuta o concessa - Aumento, dal  1°  luglio
  2004, del canone relativo alle potenze maggiori  di  3.000  kW,  da
  Euro 15,00 ad Euro 24,00 al kW - Violazione dei principi comunitari
  di certezza del diritto e di legittimo affidamento - Contrasto  con
  i  principi  fondamentali  desumibili  dalla  legislazione  statale
  (unicita' del canone per ogni tipo di  fruizione,  proporzionalita'
  all'unita' di misura,  aggiornamento  triennale  con  provvedimento
  amministrativo)  -  Compressione  della  liberta'   di   iniziativa
  economica  -  Adozione  di  legge-provvedimento  in   assenza   dei
  presupposti, con lesione  dei  principi  di  ragionevolezza  e  non
  arbitrarieta'  nonche'  del  diritto  alla  tutela  giurisdizionale
  contro  gli  atti  amministrativi  -  Esorbitanza  dalla   potesta'
  legislativa delle Province autonome - Contrasto con il  divieto  di
  ostacoli al libero commercio tra Regioni - Violazione  di  principi
  generali dell'ordinamento comunitario - Violazione della competenza
  statale esclusiva  in  materia  di  tutela  dell'ambiente  e  della
  concorrenza  -  Manifesta  irragionevolezza  sotto  piu'   profili,
  eccesso  di  potere  legislativo,  ingiustificate   disparita'   di
  trattamento - Questione di legittimita'  costituzionale  riproposta
  in esito alla restituzione degli atti per ius superveniens disposta
  dalla Corte costituzionale con la ordinanza n. 178 del 2011. 
- Legge della Provincia autonoma di Bolzano 8 aprile 2004, n. 1, art.
  29; legge della Provincia autonoma di Bolzano 29  agosto  2000,  n.
  13, art. 3, commi 1 e 2, modificativi dell'art. 1 della legge della
  Provincia autonoma di Bolzano 9 [recte: 29] marzo 1983, n. 10. 
- Costituzione, artt. 3, 23, 24,  41,  97,  113,  117,  commi  primo,
  secondo, lett. e) ed s), e terzo, e 120; Statuto  speciale  per  il
  Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), artt. 5,  9  e
  13; d.P.R. 26 marzo 1977, n. 235, artt. 1 e 1-bis. 
(GU n.33 del 22-8-2012 )
 
            IL TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE 
 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza nelle cause riunite in  sede
di appello iscritte nel ruolo generale dell'anno 2008 al n. 277 ed al
n. 278, vertenti, tra Azienda Energetica S.p.a.  -  Etschwerke  A.G.,
rappresentata e  difesa  dagli  avv.ti  Damiano  Florenzano,  Stefano
Paltrinieri e Luigi Manzi, presso  il  cui  studio  e'  elettivamente
domiciliata  in  Roma,  alla  via  Federico   Confalonieri,   n.   5,
appellante; 
    Contro Provincia Autonoma di Bolzano, in persona  Presidente  pro
tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Renate  von  Guggenberg,
Stephan Beikircher, Cristina Bernardi e Laura Fadanelli,  e  dall'av.
Michele  Costa  di  Roma,  presso  il  cui  studio  e'  elettivamente
domiciliata in Roma, alla via Bassano del Grappa, n. 24, appellata; 
    Oggetto: appello avverso  la  sentenza  n.  927/08  del  T.R.A.P.
presso la Corte d'appello di Venezia del 5 giugno 2008, depositata il
30 giugno 2008 (R.G. n. 2/2005) ed appello  avverso  la  sentenza  n.
928/08 del T.R.A.P. presso la Corte d'appello di Venezia del 5 giugno
2008, depositata il 30 giugno  2008  (R.G.  n.  9/2004)  -  pagamento
canoni concessione di grande derivazione idroelettrica 
    Viste le seguenti conclusioni dell'appellante: 
    Voglia l'Ecc.mo Tribunale adito, contrariis reiectis: 
        «annullare e/o riformare la sentenza n. 927/08 del  Tribunale
Regionale delle Acque Pubbliche presso la Corte d'Appello di Venezia;
per l'effetto, in integrale accoglimento del presente appello: 
          previa remissione  alla  Corte  costituzionale  degli  atti
aventi  ad  oggetto  la  questione  di  legittimita'   costituzionale
dell'art. 1 della legge prov.  9  marzo  1983,  n.  10,  nelle  parti
introdotte con le modifiche apportate dall'art. 3, commi 1 e 2, legge
prov. 29 agosto 2000, n. 13, e dall'art. 29,  legge  prov.  8  aprile
2004, n. 1, nei termini sopra indicati, e comunque  nei  termini  che
Codesto Ecc.mo Tribunale vorra' apprezzare, come  non  manifestamente
infondata; 
          previa  sottoposizione  alla  Corte  di   Giustizia   delle
Comunita'  Europeee,  nell'ambito  di  un   giudizio   interpretativo
pregiudiziale ex art. 234 Trattato CE, il seguente quesito: 
"l'art. 29 della legge prov. Bolzano n.  1/04,  nella  parte  in  cui
determina canoni concessori di  derivazione  idroelettrica  piu'  che
doppi rispetto a quelli definiti per  tutto  il  territorio  italiano
costituisce una tassa ad effetto equivalente ad un dazio doganale  ai
sensi degli artt. 23 e 25 Trattato CE, ovvero si pone  altrimenti  in
contrasto con il principio di  libera  circolazione  delle  merci  ai
sensi degli artt. 2, 3, 4, 14.2, da 23 a 31 del trattato  CE,  ovvero
si pone altrimenti  in  contrasto  con  i  principi  dell'ordinamento
comunitario di certezza del diritto e di tutela dell'affidamento". 
    In via principale: accerti, previa disapplicazione  dell'art.  29
della legge prov. Bolzano n. 1/2004 e/o  art.  1-bis  comma  16,  del
d.P.R. n. 235/77, per contrasto con gli artt. 2, 3, 4, 14.2, da 23  a
31 del Trattato CE, che non e' dovuto da AE-EW  quanto  richiesto  in
pagamento dalla Provincia Autonoma di Bolzano sulla base del predetto
art. 29 della legge  prov.  Bolzano  n.  1/04,  a  titolo  di  canone
derivazione  acque,  per  la  parte  che  eccede  l'importo  di  Euro
1.006.783,33 e per l'effetto annullare i  provvedimenti  dell'Ufficio
Entrate  della  Provincia  Autonoma  di  Bolzano  n.  6593  per  Euro
88.502,64, n. 6593 per Euro 402.864,00, n. 6593 per  Euro  22.830,00,
n. 6593 per Euro 946.104,00, con domanda di condanna della  Provincia
Autonoma di Bolzano alla restituzione di quanto indebitamente versato
e quindi della somma di Euro 456.952,31, oltre accessori alla data di
versamento sino alla restituzione; 
    In ogni caso: con vittoria di spese, diritti ed onorari, oltre al
12,5% per rimborso forfetizzato spese generali ex art. 14 L.P.F., CAP
ed IVA come per legge, del doppio grado di giudizio.». 
    Viste le seguenti conclusioni dell'appellata; 
    «Ogni  contraria  e  diversa  istanza,  eccezione   e   deduzione
disattesa,  voglia  codesto  Ecc.mo  Tribunale  Superiore,   in   via
preliminare, dichiarare inammissibile l'appello di Azienda Energetica
S.p.A. - Etschwerk AG avverso la sentenza  n.  928/08  del  Tribunale
Regionale delle Acque Pubbliche presso la Corte d'Appello di  Venezia
e, nel merito, comunque respingerlo sicche' infondato, 
        previo   accertamento   e   dichiarazione   della   manifesta
infondatezza delle questioni di legittimita' costituzionale dell'art.
1 della legge provinciale 9 marzo 1983, n. 10, nelle parti introdotte
con le modifiche apportate dall'art. 3, commi  1  e  2,  della  legge
provinciale 29 agosto 2000,  n.  13,  e  dall'art.  29,  della  legge
provinciale 8 aprile 2004, n. 1, ex adverso sollevata, 
        previo   accertamento   e   dichiarazione   della   manifesta
infondatezza  della  richiesta  di  sottoposizione  alla   Corte   di
Giustizia  delle  Comunita'  Europee,  nell'ambito  di  un   giudizio
interpretativo pregiudiziale ex art. 234 Trattato CE, del quesito  se
l'art. 29 l.p. n. 1/2004, nella parte in  cui  determina  l'ammontare
dei canoni concessori di derivazione idroelettrica diversi rispetto a
quelli del restante territorio nazionale costituisca o meno una tassa
ad effetto equivalente ad un dazio doganale ai sensi degli artt. 23 e
25 Trattato CE, e si ponga o meno in contrasto con  il  principio  di
libera circolazione delle merci ai sensi degli artt. 2, 3,  4,  14.2,
da 23 a 31  del  Trattato  CE,  o  con  i  principi  dell'ordinamento
comunitario di certezza del diritto e di tutela dell'affidamento, 
e, per l'effetto, accertare e dichiarare che, non essendo  l'art.  29
l.p. n. 1/2004 e/o l'art. 1-bis, comma  16,  d.P.R.  n.  235/1977  in
contrasto con gli artt. 2, 3, 4, 14.2, da 23 a 31  del  Trattato  CE,
era ed e' dovuto da AE-EW quanto chiesto in pagamento dalla Provincia
Autonoma di Bolzano sulla base del predetto art. 29 l.p. n. 1/2004, a
titolo di canone derivazione acque, con i provvedimenti  dell'Ufficio
provinciale Entrate nn. 6593/BA dell'11 aprile 2005 per  € 88.502,64,
6593/BA dell'11 aprile 2005 per € 402,864,00, 6593/BA dell'11  aprile
2005 per € 22.380,00 e 6593/BA dell'11 aprile 2005 per €  946.104,00,
con conseguente rigetto della domanda  di  condanna  della  Provincia
autonoma  di  Bolzano  alla   restituzione   degli   importi   pagati
dall'Azienda  Energetica  S.p.A.  -  Etschwerke  AG,  per  la   parte
eccedente l'importo di Euro 1.006.786,33. 
    In ogni caso con vittoria di spese, diritti ed onorari, oltre  al
12,5% per rimborso forfetizzato spese generali, CAP ed IVA del doppio
grado di giudizio.». 
 
                               Osserva 
 
 
                              F a t t o 
 
    1.  -  Con  ricorso  notificato  l'11  novembre  2004   l'Azienda
Energetica S.p.a.  -  Etschwerke  A.G.  (AEEW)  convenne  dinanzi  al
tribunale regionale delle acque pubbliche  di  Venezia  la  Provincia
autonoma di Bolzano, esponendo: - che essa  produce  e  distribuisce,
quale titolare di quattro impianti, energia elettrica nel  territorio
dell'Alto Adige; - che opera in regime di concessione  e  corrisponde
alla Provincia di Bolzano, per la derivazione dell'acqua pubblica  ad
uso  idroelettrico,  il  canone  concessorio  determinato  ai   sensi
dell'art. 29 della  legge  prov.  8  aprile  2004,  n.  1,  attuativa
dell'art.  1-bis,  comma  16,  del  d.P.R.  n.  235/1977  (Norme   di
attuazione dello statuto regionale in materia  di  energia),  secondo
cui le concessioni  di  grandi  derivazioni  a  scopo  idroelettrico,
compresi i canoni demaniali di concessione, sono  disciplinati  dalla
legge  provinciale  nel  rispetto  dei  principi  della  legislazione
statale e degli obblighi comunitari; -  che  il  canone,  fissato  in
€ 24,00 per kW, e' ingiustamente ed illegittimamente piu' elevato  di
quello applicato nel resto del territorio nazionale, pari invece ad €
11,66 a kW; - che questa disciplina provinciale determina un  aumento
del prezzo dell'energia  elettrica  da  essa  prodotta  e  riduce  la
competitivita'   dell'azienda   sul   mercato,   ora   liberalizzato,
dell'energia  elettrica  ed  e'   quindi   contraria   al   principio
comunitario della libera circolazione delle merci e dunque agli artt.
2, 3, 4, 14.2, e da 23 a 31 del Trattato CE; - che  il  detto  canone
costituisce di  fatto  una  tassa  di  effetto  equivalente  ai  dazi
all'importazione ed esportazione, dazi vietati dagli artt.  23  e  25
del Trattato CE; - che l'art. 29 legge prov. 8 aprile 2004, n.  1,  e
l'art. 1-bis d.P.R.  n.  235  del  1977  sono  incostituzionali,  per
contrasto con gli artt. 120 e 41 Cost., perche' frappongono  barriere
al libero commercio tra regioni ed intaccano  il  diritto  di  libera
iniziativa economica; - che le  stesse  norme  determinano  un  minor
utilizzo di fonti di energia rinnovabili e violano  il  principio  di
riserva statale in materia di legislazione ambientale, con violazione
degli artt. 117, comma 2, lett. s), Cost. e 11, comma  4,  d.lgs.  n.
79/1999; - che la medesima disciplina contrasta anche con l'art. 117,
comma  2,  lett.  e),  Cost.,  secondo  cui  spetta  alla  competenza
legislativa esclusiva dello Stato la tutela della concorrenza; -  che
in  un  mercato  liberalizzato  dell'energia,  una  disposizione  che
aumenta in modo tanto elevato il  prezzo  dell'energia  in  una  sola
parte del territorio nazionale produce effetti  sulla  concorrenza  e
rientra percio' nella competenza  esclusiva  statale;  -  che  l'art.
1-bis, comma 16, del d.P.R. n.  235/1977,  e'  inapplicabile  per  il
principio  di  sussidiarieta'  verticale  in  quanto  la  materia  e'
attratta nella competenza legislativa statale, sicche'  i  canoni  di
derivazione dovrebbero essere determinati, anche nella  provincia  di
Bolzano, ai sensi della legge n. 36/1994, del D.M. n. 90/1997  e  del
D.M. 24 novembre 2000. 
    Chiese pertanto, in via pregiudiziale, di sollevare questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 29, legge prov. n. 1 del  2004,
nonche' dell'art. 3, commi 1 e 2, della legge prov. Bolzano 29 agosto
2000, n. 13, sotto  diversi  profili  e  con  riferimento  a  diversi
parametri costituzionali;  di  sottoporre  alla  Corte  di  Giustizia
europea l'esame  dell'eventuale  contrasto  di  tale  disciplina  con
diversi principi del Trattato UE; nel merito, previa  disapplicazione
della normativa in questione, di accertare  che  essa  attrice  nulla
deve alla provincia di Bolzano per la parte eccedente  € 1.006.783,30
a titolo di canone per la derivazione d'acqua per  l'anno  2004,  con
condanna  della  stessa  alla  restituzione  di  quanto   pagato   in
eccedenza. 
    2.  -  Con  successivo  ricorso  notificato  il  12  giugno  2005
l'Azienda Energetica S.p.a. - Etschwerke A.G. (AEEW) convenne dinanzi
al tribunale regionale delle acque pubbliche di Venezia la  Provincia
autonoma di Bolzano,  proponendo  le  medesime  considerazioni  e  le
stesse domande di cui al precedente ricorso, in relazione  ai  canoni
di derivazione  idroelettrica  per  l'anno  2005  ed  in  riferimento
all'art. 29, legge prov. n. 1 del 2004. 
    3. - La Provincia autonoma di Bolzano si costitui' in entrambi  i
giudizi eccependo il difetto di giurisdizione  del  giudice  adito  e
contestando nel merito il fondamento della domanda. 
    4. - Il tribunale regionale delle acque pubbliche di Venezia, con
sentenza n. 928/08, emessa il 5 giugno 2008 e depositata il 30 giugno
2008, respinse la domanda relativa ai canoni del 2004, compensando le
spese di lite. 
    Il medesimo tribunale regionale, con sentenza n.  927/08,  emessa
il 5 giugno 2008 e depositata il 30 giugno 2008, respinse la  domanda
relativa ai canoni del 2005, compensando le spese di lite. 
    5. - Con ricorso notificato il 23 ottobre 2008 - ed  iscritto  al
R.G. n. 277/08 - l'AE-EW ha proposto appello avverso la  sentenza  n.
927/08. Ricorda preliminarmente che essa e'  interamente  partecipata
dai comuni di Bolzano e Merano e svolge anche compiti  di  produzione
di energia elettrica; e che ha dovuto  contestare  le  pretese  della
Provincia di pagamento dei canoni di  derivazione  idroelettrica  per
l'anno 2005, i quali erano stati calcolati sulla base  dell'art.  29,
legge prov. 8  aprile  2004,  n.  1,  che  aveva  innalzato  in  modo
spropositato il canone per lo scaglione di potenza concessa in supero
a 3.000 kW, portandolo a C 24,00, ossia ad un  importo  di  circa  il
doppio della media dei canoni applicati dalle altre regioni ed  anche
dalla provincia di Trento. Dopo  aver  ricordato  lo  sviluppo  della
legislazione  statale,  regionale  e  provinciale   in   materia   di
concessioni di derivazione di acque pubbliche e dei relativi  canoni,
deduce i seguenti motivi: 
        1) violazione e falsa applicazione dell'art. 1-bis del d.P.R.
26 marzo 1977, n. 235; violazione e falsa  applicazione  dell'art.  1
della legge Cost. n. 1 del 1948 e dell'art. 23, legge n.  87/1953  in
riferimento alla illegittimita' dell'art.  1,  legge  prov.  9  marzo
1983, n. 10, come modificato dall'art. 3, commi 1 e 2, legge prov. 29
agosto 2000, n. 13 e dall'art. 29, legge prov. 8 aprile 2004,  n.  1,
per violazione degli artt. 3, 23, 41,  117  e  120  Cost.;  dell'art.
1-bis del d.P.R. 26 marzo 1977, n.  235;  dei  principi  fondamentali
della legislazione statale vigente; dell'art. 117,  comma  1,  Cost.,
per violazione dei principi generali dell'ordinamento comunitario  di
certezza   del   diritto   e   dell'affidamento.   In    ogni    caso
incompatibilita' con l'ordinamento  comunitario  dell'art.  1,  legge
prov. 9 marzo 1983, n. 10, come  modificato  dall'art.  3,  comma  2,
legge prov. 29 agosto 2000, n. 13  e  dall'art.  29,  legge  prov.  8
aprile  2004,  n.   1,   per   violazione   dei   principi   generali
dell'ordinamento   comunitario   di   certezza    del    diritto    e
dell'affidamento. 
    Osserva in particolare che l'art. 29 legge prov. 8  aprile  2004,
n. 1, e'  in  contrasto  con  gli  indicati  precetti  costituzionali
perche', in difetto di alcun presupposto  logico,  ha  modificato  in
modo esorbitante l'importo del canone per le  concessioni  di  grandi
derivazioni  idroelettriche,  che  era  stato  fissato  dal  medesimo
legislatore pochi anni prima con la legge prov. 29  agosto  2000,  n.
13. Infatti, aumentando in modo spropositato gli  importi,  la  legge
provinciale ha violato il principio di  certezza  del  diritto  e  il
principio  di   affidamento,   principi   generali   dell'ordinamento
comunitario. Il travolgimento dell'affidamento legittimo  costituisce
anche violazione dell'art. 41 Cost. La violazione di questi  principi
costituzionali e comunitari e' ancor piu' evidente  considerando  che
l'art. 29 legge prov. 8 aprile 2004, n. 1, e' stato emanato  solo  un
anno dopo l'approvazione della legge prov. 9 gennaio 2003, n. 1,  che
aveva confermato, all'art. 41,  il  principio  fondamentale  vigente,
secondo cui i  canoni  determinati  nell'anno  2000  sarebbero  stati
semplicemente  aggiornati,  con  cadenza   biennale,   dalla   giunta
provinciale, tenuto conto soltanto della variazione del  costo  della
vita. La legge provinciale, per di piu', ha applicato l'aggiornamento
a tutte le concessioni in atto, e non solo a quelle future, rinnovate
o prorogate. La  legislazione  precedente  aveva  fatto  sorgere  nei
concessionari un legittimo  affidamento.  Da  qui  la  illegittimita'
costituzionale di tale disciplina e la sua disapplicabilita'. 
    Osserva poi che l'art.  29  cit.  e'  illegittimo  anche  perche'
costituisce una legge provvedimento con la quale  il  legislatore  ha
avocato la competenza assegnata alla giunta provinciale, ed ha  anche
violato i criteri prestabiliti dal medesimo  legislatore  provinciale
nonche' i principi fondamentali desumibili dalla legislazione statale
vigente, i quali consentono alle regioni di adeguare  i  canoni  alle
scadenze previste tenuto conto della variazione del costo della vita.
Sono invero illegittime le leggi provvedimento che violano i  criteri
prestabiliti  dal  medesimo  legislatore.  La  legge  quindi  non  ha
rispettato i principi che governano l'azione  amministrativa  di  cui
essa e' succedanea. 
    In ogni caso, la disciplina  in  questione,  espressione  di  una
potesta' legislativa concorrente, e'  in  contrasto  con  i  principi
fondamentali della legislazione statale vigente. Innanzitutto con  il
principio secondo cui i canoni sono differenziati solo per  tipologia
di fruizione. Inoltre la differenziazione introdotta ha  elementi  di
irragionevolezza e contraddittorieta' che  determinano  l'eccesso  di
potere legislativo, in quanto e'  incentrata  sugli  scaglioni  della
potenza riconosciuta, che non sono riconducibili ad alcuna disciplina
esistente.  Il   canone   finisce   quindi   per   essere   collegato
esclusivamente  alla  quantita'  di  acqua   di   cui   si   consente
l'utilizzazione,  ma  allora  non  si  comprende   un   criterio   di
determinazione progressivo, non ancorato ad alcun valore che muti con
modalita' non proporzionali alla elevazione della  potenza  concessa.
Tale criterio incentiva la proliferazione di piccoli impianti a basso
rendimento, complessivamente piu' impattanti. Da  qui  la  violazione
degli artt. 3, 23, 41 e 117, comma 3, Cost. 
    Osserva  poi  che  la  legge   provinciale,   con   l'esorbitante
incremento  del  canone,  ha  ecceduto  dai  limiti   della   propria
competenza legislativa in punto  di  determinazione  dei  canoni,  in
quanto ha introdotto una determinazione disancorata dal valore  della
concessione, e quindi dalla finalita' di stabilire un  corrispettivo.
La provincia infatti non puo' esercitare il potere di  determinare  i
canoni come strumento di politica economica o fiscale, con  finalita'
di incidere sul mercato della generazione idroelettrica.  Cio'  tanto
piu' in quanto la stessa provincia e' autorizzata  a  costituire  una
impresa pubblica in forma societaria che puo' svolgere tale attivita'
economica, e  quindi  assume  la  veste  di  operatore  del  medesimo
mercato. E' quindi illegittima la disciplina provinciale  che,  senza
un ancoramento alla disciplina di  principio  statale  ed  ai  valori
delle concessioni, ha fissato nuovi canoni disancorati ed esorbitanti
rispetto alla media di quelli  praticati  nelle  altre  regioni.  Del
resto i principi fondamentali statali hanno  conferito  alle  regioni
poteri di determinazione dei canoni concessori nella forma di  poteri
di adeguamento periodico, osservando le entita' minime ed  i  criteri
precisati; 
        2) violazione e falsa applicazione dell'art. 1-bis del d.P.R.
26 marzo 1977, n. 235; violazione e falsa applicazione degli artt. 2,
3, 4, 14.2, e 23-31 del Trattato CE; violazione e falsa  applicazione
dell'art. 1 della legge Cost. n. 1/1948  e  dell'art.  23,  legge  n.
87/1953 in riferimento alla illegittimita' dell'art. 1 legge prov.  9
marzo 1983, n. 10, come modificato dall'art. 3, commi 1  e  2,  legge
prov. 29 agosto 2000, n. 13 e dall'art. 29 legge prov. 8 aprile 2004,
n. 1, per violazione degli artt. 3, 41 e 120 Cost. 
    Osserva che  la  disciplina  in  esame,  aumentando  i  costi  di
produzione  della  energia  elettrica,  produce  effetti  restrittivi
paragonabili a quelli di un dazio, che  limita  la  circolazione  dei
prodotti ed osta alla creazione di  uno  spazio  commerciale  comune.
Infatti la disciplina, attuando  un  aumento  del  canone  fortemente
differenziato, comporta un pregiudizio nei confronti  dei  produttori
idroelettrici  operanti  nel  territorio,  che  ostacola  il   libero
commercio  tra  le  regioni.  La   legge   e'   anche   assolutamente
irragionevole,  perche'  disincentiva  la   produzione   di   energia
idroelettrica in contrasto col  favor  che  permea  l'ordinamento  in
favore delle fonti energetiche rinnovabili; 
        3) violazione e falsa applicazione dell'art. 1-bis del d.P.R.
26 marzo 1977, n. 235; violazione e falsa  applicazione  dell'art.  1
della legge Cost. n. 1/1948  e  dell'art.  23  legge  n.  87/1953  in
riferimento alla illegittimita' dell'art. 1 legge prov. 9 marzo 1983,
n. 10, come modificato dall'art. 3, commi  1  e  2,  legge  prov.  29
agosto 2000, n. 13 e dall'art. 29 legge prov. 8 aprile  2004,  n.  1,
per violazione degli artt. 3, 23, 41, 117 Cost.; degli artt. 5,  9  e
13 dello Statuto T.-A.A.; degli artt. 1 e 1-bis del d.P.R.  26  marzo
1977, n. 235; dei principi fondamentali  della  legislazione  statale
vigente; dell'art. 117, comma 1, Cost., per violazione degli obblighi
internazionali. 
    Lamenta  cha  la  disciplina  de  qua  determina   un   rilevante
pregiudizio alla  economia  della  societa'  appellante  e  priva  le
comunita' locali di riferimento dei comuni di  Bolzano  e  Merano  di
significative quote di risorse derivanti dalle  attivita'  elettriche
che lo Statuto le ha riservato. Si ha quindi violazione dello statuto
di  autonomia  che  esclude  che  la  provincia  possa  sfruttare  la
determinazione del canone come  strumento  per  sottrarre  parte  del
reddito prodotto dal concessionario. L'art. 13 dello statuto  difatti
riconosce gia' alle province una cospicua quota di  energia  prodotta
dai concessionari di grandi derivazioni, nella forma  di  sovracanone
che ha finalita' solidaristica  e  funzione  diversa  da  quella  del
canone. In tal modo lo statuto ha  escluso  che  la  provincia  possa
acquisire parte del  valore  prodotto  dalla  concessione  con  altre
modalita'. La norma in esame invece  ha  imposto  un  nuovo  balzello
sotto le spoglie di una nuova determinazione del canone. 
    Osserva  poi   che   la   disciplina   finisce   per   abbattersi
esclusivamente sugli enti locali concessionari i quali, a  differenza
delle  imprese  private,  non  sono  in  grado  di  delocalizzare  le
produzioni poiche'  devono  istituzionalmente  gestire  le  attivita'
elettriche nel  territorio  provinciale.  Di  qui  una  intollerabile
discriminazione  tra  imprenditori  nel  medesimo  territorio  e   la
violazione dell'art. 1 del d.P.R. 26 marzo 1977, n. 235. 
    Inoltre,  si  e'  introdotta   una   illogica   e   intollerabile
discriminazione in danno di tutti i concessionari della provincia nei
confronti degli operatori che operano  al  di  fuori  del  territorio
provinciale, con violazione degli artt. 41 e 120 Cost. 
    6. - Con analogo ricorso notificato  il  23  ottobre  2008  -  ed
iscritto nel R.G. col n. 278/08 - l'AE-EW ha proposto appello avverso
la sentenza n. 928/08. 
    Con  questo  ricorso   vengono   proposti   analoghi   motivi   e
considerazioni ed analoghe domande, in riferimento alla  sentenza  n.
927/08, relativa ai canoni di derivazione per il 2004. 
    7. - In entrambe le cause si e' costituita la Provincia  Autonoma
di Bolzano, chiedendo  la  dichiarazione  di  inammissibilita'  o  il
rigetto degli appelli. 
    8. -  Con  ordinanza  collegiale  emessa  il  7  luglio  2010  il
procedimento R.G. n. 278/08 e' stato riunito a quello R.G. n. 277/08. 
    9. - Con altra ordinanza collegiale del 7 luglio  2010  e'  stata
sollevata questione di legittimita' costituzionale dell'art. 29 della
legge prov.  Bolzano  8  aprile  2004,  n.  1  (Disposizioni  per  la
formazione del bilancio di previsione per l'anno finanziario  2004  e
per il triennio 2004-2006  e  norme  legislative  collegate  -  Legge
finanziaria 2004) nonche' dell'art. 3, commi 1 e 2, della legge prov.
Bolzano  29  agosto  2000,  n.  13   (Disposizioni   finanziarie   in
connessione con  l'assestamento  del  bilancio  di  previsione  della
provincia di Bolzano per l'anno finanziario 2000 e  per  il  triennio
2000-2002 e norme legislative collegate),  che  modificano  l'art.  1
della legge prov. Bolzano 9 marzo  1983,  n.  10  (Adeguamento  della
misura dei canoni per le utenze di acqua  pubblica),  in  riferimento
all'art. 117, commi  1  e  3,  Cost.  (per  violazione  dei  principi
generali comunitari e dei principi  fondamentali  della  legislazione
statale),  all'art.  117,  comma  2,  lett.  e)  ed  s),  Cost.  (per
violazione della competenza esclusiva statale in  materia  di  tutela
della concorrenza e dell'ambiente), all'art. 3 Cost.  (sotto  diversi
profili di manifesta irragionevolezza, di  ingiustificata  disparita'
di trattamento e di eccesso di potere legislativo),  agli  artt.  23,
24, 41, 97, 113, 120 Cost., nonche'  agli  artt.  5,  9  e  13  dello
Statuto speciale della Regione Trentino Alto Adige ed agli artt. 1  e
1-bis del d.P.R. 26 marzo 1977, n. 235  (Norme  di  attuazione  dello
statuto speciale della regione Trentino  Alto  Adige  in  materia  di
energia). 
    Il giudizio e'  stato  quindi  sospeso  e  gli  atti  sono  stati
trasmessi alla Corte costituzionale. 
    10. - Con ordinanza n. 178 del 2011,  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale del 15 giugno 2011, la Corte costituzionale  ha  restituito
gli atti a questo  Tribunale  Superiore  per  un  nuovo  esame  della
rilevanza delle questioni sollevate.  Cio'  perche',  successivamente
alla deliberazione dell'ordinanza di rimessione, l'art. 31, comma  1,
lett. a ), della  legge  provinciale  n.  15  del  2010  ha  disposto
l'abrogazione  dell'art.  1,  comma  1,  lett.  c  ),   della   legge
provinciale 29 marzo 1983, n. 10, e successive modifiche, cioe' della
norma direttamente censurata dal rimettente. 
    11. - Con ricorso del 19 ottobre 2011, depositato il  19  ottobre
2011, l'appellante Azienda Energetica S.p.a. - Etschwerke A.G. (AEEW)
ha chiesto la prosecuzione del giudizio. 
    Il Presidente ha fissato l'udienza collegiale del 25 gennaio 2012
per la discussione. 
    L'appellata Provincia autonoma di Bolzano ha  depositato  memoria
difensiva. 
 
                            D i r i t t o 
 
    12.  -  Preliminarmente  deve  ricordarsi  che  la  questione  di
legittimita'  costituzionale  puo'  essere  eccepita  dalle  parti  o
sollevata d'ufficio dal giudice in ogni stato e grado  del  processo,
indipendentemente da quanto eccepito e deciso nei precedenti gradi di
giudizio.  In  questa  sede,  quindi,  non  deve   essere   esaminata
l'esattezza della sentenza impugnata, ma solo valutata la rilevanza e
non  manifesta  infondatezza  delle  eccezioni  d'incostituzionalita'
proposte con l'atto di appello. 
    Per la stessa ragione e' infondata  l'eccezione  della  appellata
Provincia  di  inammissibilita'  dell'appello   perche'   proporrebbe
domande ed eccezioni nuove (peraltro non indicate). Le  questioni  di
costituzionalita' possono  sempre  essere  eccepite  senza  limiti  e
preclusioni, mentre il petitum (accertamento  della  somma  dovuta  a
titolo di canone e restituzione delle somme indebitamente versate) e'
rimasto identico. 
    13. - Quest'ultima osservazione mostra anche come  sia  infondata
l'eccezione della Provincia di inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'  costituzionale  per   difetto   del   requisito   della
incidentalita'. La domanda dell'appellante e' direttamente rivolta  a
fare accertare quale sia la  somma  legalmente  dovuta  a  titolo  di
canone ed alla  restituzione  degli  importi  indebitamente  versati.
Rispetto  all'oggetto  principale  della  domanda  la  questione   di
incostituzionalita' e' quindi meramente incidentale. 
    Le  questioni  prospettate  sono  anche  sicuramente   rilevanti,
perche'   la   fondatezza   della   domanda    principale    azionata
dall'appellante  e'  condizionata  dal  loro   accoglimento   e   dal
conseguente annullamento delle norme provinciali, sicche' l'esito del
presente  giudizio  dipende  dalla  risoluzione  delle  questioni  di
costituzionalita'. 
    Non  e'  poi  possibile  una  interpretazione  adeguatrice  delle
disposizioni  in  esame,  perche'  esse  si  limitano  a  determinare
l'ammontare del canone di concessione delle grandi derivazioni ad uso
idroelettrico e percio'  non  sono  suscettibili  di  interpretazioni
alternative. 
    14. - In ossequio alla ordinanza della  Corte  costituzionale  n.
178 del 2011, di restituzione degli atti al giudice  a  quo,  occorre
valutare  se  le  questioni  di  legittimita'  costituzionale,   gia'
sollevate con l'ordinanza del 7 luglio 2010,  sono  ancora  rilevanti
nel giudizio successivamente all'entrata  in  vigore  (il  5  gennaio
2011) dell'art. 31, comma 1, lett. a ), della legge prov. 23 dicembre
2010, n. 15, che ha abrogato l'art. 1, comma  1,  lett.  c  ),  della
legge provinciale 29 marzo 1983, n. 10, e successive modifiche. 
    Rileva  il  Tribunale  che  non  sembrano  esservi  dubbi   sulla
perdurante  rilevanza  delle  suddette  questioni   di   legittimita'
costituzionale. 
    Puo' preliminarmente precisarsi  che  l'oggetto  delle  sollevate
questioni  di   legittimita'   costituzionale   non   e'   costituito
propriamente dall'art. 1 della legge prov. Bolzano 9 marzo  1983,  n.
10, bensi' dal testo di questa  disposizione  come  sostituito  prima
dall'art. 3, commi 1 e 2, della legge prov. Bolzano 29  agosto  2000,
n. 13, e poi dall'art. 29 della legge prov. Bolzano 8 aprile 2004, n.
1. Queste ultime due disposizioni, infatti, sono  quelle  che  devono
essere applicate nel presente  giudizio  e  solo  rispetto  ad  esse,
quindi, e' rilevante la questione di legittimita' costituzionale. 
    Va dunque rilevato che la legge prov. n. 15 del 2010 ha, all'art.
5, inserito dopo l'art. 19 della legge prov. 20 luglio 2006, n. 7, un
art. 19-bis, il cui comma 2 dispone che «I canoni annui relativi alle
utenze di acqua pubblica per uso idroelettrico sono rideterminati  in
9,65  euro  per  ogni  Kilowatt  di  potenza  nominale   concessa   o
riconosciuta fino a 220 kW, con una quota annua esente di 50,00 euro,
in 11,95 euro per  ogni  Kilowatt  di  potenza  nominale  concessa  o
riconosciuta da 220 kW fino a 3.000 kW  e  in  27,15  euro  per  ogni
Kilowatt di potenza nominale concessa o riconosciuta oltre 3.000 kW».
Di conseguenza, a causa dell'avvenuta emanazione di una  nuova  norma
sulla determinazione dei canoni, la medesima legge prov.  n.  15  del
2010 all'art. 31, comma 1,  lett.  a  ),  ha  disposto  l'abrogazione
dell'art. 1, comma 1, lett. c), della legge prov. n. 10 del  1983,  e
successive modifiche,  che  in  precedenza  fissava  l'ammontare  dei
canoni  annui  per  le  concessioni  di  acque  pubbliche   per   uso
idroelettrico. 
    Il presente giudizio  ha  ad  oggetto  i  canoni  di  concessione
richiesti e dovuti per gli anni 2004 e 2005. I canoni dovuti  dal  1°
luglio 2004 al 31 dicembre 2005 sono disciplinati dall'art. 29  della
legge prov. 8 aprile 2004, n. 1, che aveva abrogato e  sostituito  il
testo dell'art. 1, commi 1, lett. c ), e 2, della legge prov.  n.  10
del 1983, n. 10 (stabilendo, al comma 3, che  gli  aumenti  apportati
decorrevano dal 1° luglio 2004). I canoni dovuti dal 1° gennaio al 30
giugno 2004 sono invece disciplinati dall'art. 3, commi 1 e 2,  della
legge prov. 29  agosto  2000,  n.  13,  che  aveva  a  sua  volta  in
precedenza abrogato e sostituito il testo dell'art. 1, commi 1, lett.
c ), e 2, della legge prov. n. 10 del 1983, n. 10. 
    Ora,  poiche'  la  nuova  determinazione  dei  canoni   per   uso
idroelettrico posta dall'art. 5 della legge prov. n. 15 del 2010  non
ha - in mancanza di qualsiasi  indicazione  in  senso  contrario  del
legislatore provinciale - effetto retroattivo, essa  puo'  riguardare
solo i canoni dovuti dal 2011 in poi e comunque non  puo'  applicarsi
nel presente giudizio che ha per oggetto canoni del 2004 e del  2005,
per  i  quali,  conformemente  ai  principi  generali  in   tema   di
abrogazione  di  norme,  continuano  ad  applicarsi  le  disposizioni
vigenti all'epoca in cui e' sorto il  diritto  della  Provincia  alla
riscossione dei canoni, ossia appunto  le  norme  in  relazione  alle
quali e' stata sollevata questione di legittimita' costituzionale, la
quale,  di  conseguenza,  continua  ad  essere   rilevante   per   la
risoluzione della presente controversia. 
    Ad una diversa soluzione potrebbe, in ipotesi, giungersi soltanto
qualora si ritenesse che l'art. 31, comma 1, lett. a ),  della  legge
prov. n. 15 del 2010 sia totalmente sganciato dal precedente  art.  5
(che ha stabilito nuovi ammontari dei canoni per uso idroelettrico) e
che il legislatore provinciale, operando in questo  modo  invece  che
mediante la sostituzione del vecchio testo come aveva sempre fatto in
precedenza, abbia inteso, con l'art. 31, abrogare l'art. 1, comma  1,
lett. c), della legge prov. n. 10 del 1983, e  successive  modifiche,
indipendentemente dalla posizione di  una  disciplina  sostitutiva  e
quindi con  effetto  retroattivo.  Ed  invero,  solo  se  si  dovesse
giungere ad una interpretazione di questo tipo e percio' ritenere che
le  norme  provinciali  in  tema  di  determinazione  dei  canoni  di
concessione di acque per uso idroelettrico poste dalla legge prov. n.
10 del 1983 e dalle successive  modificazioni  siano  state  abrogate
retroattivamente e quindi non siano piu' applicabili alle fattispecie
in  esame,  le  proposte  questioni  di  legittimita'  costituzionale
sarebbero divenute irrilevanti perche' lo  ius  superveniens  avrebbe
fatto venire meno, per gli anni in esame,  l'obbligo  dell'appellante
di corrispondere i canoni nella misura richiesta  dalla  Provincia  e
l'appello dovrebbe pertanto essere accolto per tale ragione. 
    Il Tribunale Superiore ritiene peraltro che non possa aderirsi ad
una siffatta interpretazione perche' (quali che siano stati i  motivi
che hanno  spinto  il  legislatore  provinciale  ad  adottare  questa
tecnica) l'obiettiva ratio legis porta a ritenere che anche in questo
caso si e' trattato in sostanza di una sostituzione della  previgente
disposizione sull'ammontare  dei  canoni  con  una  nuova  disciplina
valevole per  i  canoni  futuri.  Deve  quindi  ritenersi  che  anche
l'abrogazione della norma previgente non abbia  effetto  retroattivo,
con la conseguenza che per il  passato  continuano  a  dover  trovare
applicazione le norme all'epoca vigenti. 
    Deve quindi ribadirsi che l'abrogazione  prevista  dall'art.  31,
comma 1, lett. a ), della legge prov. 23 dicembre 2010, n. 15, non ha
fatto venir meno nel presente giudizio la rilevanza  delle  sollevate
questioni di legittimita' costituzionale. 
    L'unica  conseguenza  di  questo   ulteriore   intervento   della
Provincia  di  Bolzano  in  materia  di  ammontare  di   canoni   per
concessioni  di  acque  pubbliche,  anziche'  mediante   i   previsti
provvedimenti  amministrativi,  con  atti  aventi  forza   di   legge
provinciale  che  ricalcano  i  criteri  adottati  dalla   precedente
disciplina,  sembra  quindi  essere  la  possibilita'  per  la  Corte
costituzionale di una eventuale applicazione dell'art. 27 della legge
11 marzo 1953, n. 87, in riferimento all'art. 19-bis, comma 2,  della
legge prov. 20 luglio 2006, n. 7, come  inserito  dall'art.  5  della
legge prov. 23 dicembre 2010, n. 15. 
    15.  -  Venendo  all'esame  del  requisito  della  non  manifesta
infondatezza, deve rilevarsi che, com'e' ben noto, nel caso in cui le
parti prospettino una questione di  legittimita'  costituzionale,  il
giudice ordinario non deve stabilire se la questione  sia  fondata  o
infondata,  compito  questo  spettante  esclusivamente   alla   Corte
costituzionale, bensi' unicamente se  la  questione  sia  o  non  sia
manifestamente infondata. Il giudice deve  quindi  limitarsi  ad  una
valutazione sommaria della questione,  per  accertare  se  esista,  a
prima vista, almeno un dubbio plausibile di  costituzionalita'  ed  a
svolgere un controllo finalizzato soltanto ad escludere le  questioni
prive di un minimo di serieta' e di ponderazione,  sollevate  solo  a
fini dilatori. 
    Come  questo  Tribunale  ha  gia'  osservato   nella   precedente
ordinanza del 7 luglio 2010  -  che  qui  viene  per  la  gran  parte
riportata in ossequio alla giurisprudenza della Corte  costituzionale
sulla necessita' di autosufficienza delle ordinanze di  rimessione  -
nella specie le questioni di legittimita' costituzionale  prospettate
dall'appellante sono,  come  meglio  si  dira',  per  la  gran  parte
plausibili, certamente non sollevate a  fini  dilatori  e  dotate  di
serieta'  e   ponderazione.   Sussiste   almeno   un   serio   dubbio
d'illegittimita' costituzionale, il che e' sufficiente  ad  escludere
la manifesta infondatezza delle  questioni  stesse.  Una  valutazione
maggiormente approfondita da parte di questo Tribunale invaderebbe il
campo riservato alla esclusiva spettanza del giudice  delle  leggi  e
sottrarrebbe   all'interessato   il    diritto,    costituzionalmente
garantito, di far giudicare dal giudice  competente  la  legittimita'
delle norme provinciali che impediscono il riconoscimento del diritto
vantato in questa sede. 
    Poiche', per quanto dianzi osservato,  le  questioni  sono  anche
sicuramente rilevanti, sussistono, a parere di  questo  Tribunale,  i
presupposti perche' debbano essere sollevate le seguenti questioni di
legittimita' costituzionale. 
    16. - Devono preliminarmente essere esaminati i  dedotti  profili
di contrasto  delle  norme  provinciali  in  questione  con  norme  e
principi comunitari. 
    Va, in particolare, qui  esaminata  l'eccezione  secondo  cui  il
maggior importo del canone di concessione avrebbe natura di tassa  ad
effetto equivalente ai dazi all'importazione-esportazione,  tassa  in
quanto tale vietata - con efficacia immediatamente precettiva  (Corte
Giustizia, sent. 5 febbraio 1963, Van Gend en Loos, c-26/62) -  dagli
artt. 23 e 25 del Trattato CE, atteso che il  canone  di  derivazione
d'acqua per uso idroelettrico sarebbe stato disposto  unilateralmente
per legge, ratione loci  e  con  effetti  assimilabili  ad  un  dazio
doganale. 
    L'eccezione   e'   preliminare   perche',   dato   il   carattere
immediatamente precettivo della norma comunitaria, il  contrasto  con
quest'ultima  determinerebbe  la   non   applicazione   della   norma
provinciale  in  esame,  e  quindi  la  irrilevanza  delle   eccepite
questioni di illegittimita' costituzionale. 
    L'eccezione appare pero', allo stato,  infondata,  in  quanto  il
Collegio ritiene di confermare quanto  in  una  precedente  occasione
sostenuto in relazione alla norma in esame, e cioe' che «i canoni  di
derivazione dell'energia elettrica non rappresentano dazi doganali  o
misure  di  effetto  equivalente  sia  perche'  non  hanno  carattere
fiscale, ma al piu', prestazioni imposte. Non essendo applicabili  al
momento dell'uscita della  merce  dal  territorio  comunitario  (cfr.
Corte giustizia CE, 12 giugno 1977, n. 89), non e' ravvisabile  alcun
contrasto con il divieto di imposizione di misure equivalenti ai dazi
doganali» (Trib. Sup. Acque, 10 ottobre 2007, n. 165, punto 13.4;  v.
anche Cass. civ., Sez. Un., 26 maggio 2009, n. 15234). 
    17. - Per quanto concerne invece gli altri eccepiti contrasti con
norme comunitarie, gli stessi  non  potrebbero  portare  ad  una  non
applicazione della norma nazionale. Ed  infatti  non  e'  dedotto  un
diretto contrasto tra una puntuale norma interna con  un  altrettanto
puntuale precetto comunitario (eventualmente come  specificato  dalla
giurisprudenza  della  Corte  di  giustizia),  che  dovrebbe   essere
applicato al posto della norma interna incompatibile con esso, bensi'
una  non  conformita'  della  norma  interna  con  principi  generali
dell'ordinamento comunitario. Il Collegio ritiene che allo stato  non
vi siano i presupposti per  disporre  un  rinvio  pregiudiziale  alla
Corte di giustizia  per  l'interpretazione  dei  principi  comunitari
invocati  dall'appellante,  sicche'  i  denunciati  profili  di   non
conformita'  si  risolvono  in   una   denuncia   di   illegittimita'
costituzionale. Nel nostro ordinamento, invero, l'eliminazione di  un
eventuale contrasto tra la norma interna  ed  un  principio  generale
dell'ordinamento comunitario (o europeo) spetta  esclusivamente  alla
Corte costituzionale, la cui sfera di attribuzioni verrebbe ad essere
aggirata se  si  ammettesse  una  sorta  di  controllo  «diffuso»  di
«compatibilita' comunitaria». 
    18. - Appare opportuno riassumere brevemente il quadro  normativo
che viene in rilievo nella presente  vicenda,  richiamando  anche  la
ricostruzione operata da Corte cost., sent. n. 1 del 2008 e da  Cass.
civ., Sez. Un., 26 maggio 2009, n. 15234. 
    Per quanto attiene alla competenza legislativa della Provincia di
Bolzano  in  materia  di  concessione  di  acque   pubbliche   e   di
determinazione dei  relativi  canoni,  va  ricordato  che  fino  alla
emanazione del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni
e compiti amministrativi  dello  Stato  alle  regioni  ed  agli  enti
locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997,  n.  59),
la competenza in materia di grandi derivazioni idroelettriche situate
nel territorio delle regioni a  statuto  ordinario  apparteneva  allo
Stato,  al  quale  spettavano,  a  titolo  dominicale,  i  canoni  di
concessione, quando  le  grandi  derivazioni  afferivano  al  demanio
idrico statale. 
    Detta competenza si esercitava anche in riferimento al territorio
delle Province autonome di Trento e di  Bolzano,  perche'  l'art.  9,
comma 1, n. 9, del d.P.R. 31 agosto 1972, n.  670  (Approvazione  del
testo  unico  delle  leggi  costituzionali  concernenti  lo   statuto
speciale per il Trentino Alto Adige) eccettuava le grandi derivazioni
a scopo idroelettrico dalla materia dell'utilizzazione  delle  acque,
devoluta alla competenza concorrente della regione a statuto speciale
e delle province autonome, prevedendo  unicamente  un  coinvolgimento
procedimentale (art. 12), ovvero l'intesa (art. 13, u.c., concernente
l'ipotesi alquanto marginale di domanda concorrente dell'Enel e degli
enti locali) delle province interessate. 
    L'art. 71  dello  statuto  speciale  attribuiva,  peraltro,  alle
province interessate i nove decimi del gettito  dei  canoni  riscossi
per le grandi derivazioni a scopo idroelettrico relative  al  proprio
territorio, mentre l'art. 4 del d.lgs. 16 marzo 1992, n.  268  (Norme
di attuazione dello statuto speciale per il Trentino  Alto  Adige  in
materia di finanza regionale e provinciale) chiariva che il  predetto
art. 71 si riferiva  alle  concessioni  relative  al  demanio  idrico
statale, spettando  alle  province  autonome  l'intero  canone  delle
concessioni relative al proprio demanio idrico. 
    L'art. 86 del citato d.lgs. n. 112 del 1998, in attuazione  della
delega contenuta nella legge  15  marzo  1997,  n.  59,  ha  innovato
profondamente la materia,  conferendo  alle  regioni  competenti  per
territorio l'intera gestione del demanio idrico (la  cui  titolarita'
restava comunque  allo  Stato),  e  il  successivo  art.  88  ha  poi
specificato  che  detta  gestione   comprende   tutte   le   funzioni
amministrative relative alle  derivazioni  di  acqua  pubblica,  alla
ricerca, estrazione e utilizzazione  delle  acque  sotterranee,  alla
tutela del sistema idrico sotterraneo,  nonche'  alla  determinazione
dei canoni di concessione e all'introito dei relativi proventi. 
    Nel conferire tali  funzioni,  il  d.lgs.  n.  112  del  1998  ha
peraltro fatto temporaneamente salva (art. 29, comma 3) la competenza
dello Stato in materia di grandi derivazioni,  prevedendo  che,  fino
all'entrata in vigore delle  norme  di  recepimento  della  direttiva
96/92/CE del 19 dicembre 1996 (Direttiva del parlamento europeo e del
Consiglio  concernente  norme   comuni   per   il   mercato   interno
dell'energia elettrica), le concessioni sono rilasciate  dallo  Stato
d'intesa con la Regione interessata ovvero, in caso di mancata intesa
nel termine di sessanta giorni, dallo Stato. 
    Successivamente, con il d.lgs. 16 marzo 1999,  n.  79,  e'  stata
data attuazione alla citata  direttiva  96/92/CE  e  si  e'  pertanto
realizzata la condizione cui l'art. 29, comma 3, del  d.lgs.  n.  112
del 1998 subordinava il trasferimento delle competenze alle Regioni. 
    Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12  ottobre
2000 (Individuazione dei beni e  delle  risorse  finanziarie,  umane,
strumentali e organizzative da trasferire alle regioni ed  agli  enti
locali per l'esercizio delle funzioni e dei compiti amministrativi in
materia di demanio idrico), adottato ai sensi dell'art. 7 della legge
n. 59 del 1997, si e' infine provveduto a dare definitiva  attuazione
al disegno prefigurato dal  legislatore  del  1997,  prevedendosi  il
trasferimento alle regioni, a decorrere  dal  1°  gennaio  2001,  del
personale, dei mezzi strumentali e di tutti gli  atti  relativi  agli
affari pendenti in materia di derivazioni di acque pubbliche. 
    19. - Per quanto  attiene  poi  alla  specifica  posizione  della
Regione Trentino-Alto Adige, o  meglio  delle  Province  autonome  di
Trento e di Bolzano, mentre l'art. 9, comma 1, n.  9,  dello  statuto
speciale escludeva le grandi derivazioni dalla competenza concorrente
delle due province in materia di utilizzazione delle acque pubbliche,
il d.lgs. 11 novembre 1999, n. 463 (Norme di attuazione dello statuto
speciale della Regione Trentino-Alto  Adige  in  materia  di  demanio
idrico, di opere idrauliche e di concessioni di grandi derivazioni  a
scopo idroelettrico, produzione e distribuzione di energia elettrica)
ha realizzato l'adeguamento dello statuto speciale al  nuovo  sistema
dettato dal d.lgs. n. 112 del 1998 e  dal  d.lgs.  n.  79  del  1999,
conformemente a quanto previsto dall'art. 10 dello stesso  d.lgs.  n.
112 del 1998. 
    Il suddetto decreto legislativo, per  quanto  qui  interessa,  ha
modificato l'art. 8, comma 1, lett. e), del d.P.R. 20  gennaio  1973,
n.  115  (Norme  di  attuazione  dello  statuto   speciale   per   il
Trentino-Alto  Adige  in  materia  di  trasferimento  alle   province
autonome di Trento e di Bolzano dei  beni  demaniali  e  patrimoniali
dello Stato e  della  Regione),  trasferendo  alle  due  province  il
demanio idrico dello Stato.  Ha  inoltre  modificato  l'art.  14  del
d.P.R. 22 marzo 1974, n.  381  (Norme  di  attuazione  dello  statuto
speciale della Regione Trentino-Alto Adige in materia di  urbanistica
ed opere pubbliche), concernente l'ambito territoriale di  competenza
per le concessioni di grande derivazione, eliminando  il  riferimento
allo statuto speciale della Regione.  Ed  ha  infine  introdotto  nel
d.P.R. 26 marzo 1977, n.  235  (Norme  di  attuazione  dello  statuto
speciale della Regione Trentino-Alto Adige in materia di energia), un
art. 1-bis, per il quale a decorrere «dal 1° gennaio 2000 e' delegato
alle Province autonome di Trento e  di  Bolzano,  per  il  rispettivo
territorio,  l'esercizio  delle  funzioni  statali  in   materia   di
concessioni di grandi derivazioni a scopo idroelettrico». 
    Va infine ricordato che, con l'entrata in vigore delle  modifiche
del Titolo V della Parte II della  Costituzione,  per  effetto  della
legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, alle Regioni ordinarie e'
stata attribuita una competenza legislativa concorrente in materia di
«produzione,  trasporto  e  distribuzione  nazionale   dell'energia».
L'art. 10 della  detta  legge  costituzionale  ha  poi  espressamente
esteso le disposizioni della stessa  anche  alle  regioni  a  statuto
speciale ed alle province autonome di Trento  e  di  Bolzano  per  le
parti in cui prevedono forme  di  autonomia  piu'  ampie  rispetto  a
quelle gia' attribuite. 
    Poiche' le  competenze  spettanti  in  materia  di  energia  alle
province autonome di Trento e di Bolzano  in  base  allo  statuto  di
autonomia del Trentino-Alto Adige sono meno ampie rispetto  a  quelle
riconosciute in tale materia alle regioni  ordinarie  dall'art.  117,
comma 3, Cost., in forza del citato art. 10 della legge  Cost.  n.  3
del 2001 alle  due  province  autonome  e'  attribuita  una  potesta'
legislativa concorrente nella materia della «produzione, trasporto  e
distribuzione nazionale dell'energia» identica a quella delle regioni
ad autonomia ordinaria. 
    Successivamente il d.P.R. 235 del 1977 ha subito alcune modifiche
ad opera del d.lgs. 15 aprile 2003,  n.  118,  e  poi  del  d.lgs.  7
novembre 2006, n. 289 (Norme di  attuazione  dello  statuto  speciale
della Regione Trentino-Alto Adige in materia di  demanio  idrico,  di
opere idrauliche e di  concessioni  di  grandi  derivazioni  a  scopo
idroelettrico, produzione e distribuzione di energia  elettrica),  il
quale ha attribuito alle Province autonome di  Trento  e  di  Bolzano
l'esercizio delle funzioni gia' esercitate dallo Stato in materia  di
grandi derivazioni a scopo idroelettrico e la  potesta'  legislativa,
nel rispetto degli obblighi derivanti dall'ordinamento comunitario  e
degli accordi internazionali, dell'art. 117, comma 2, Cost.,  nonche'
dei principi fondamentali delle leggi  dello  Stato,  in  materia  di
disciplina delle  grandi  derivazioni  di  acque  pubbliche  a  scopo
idroelettrico. 
    Cio'  del  resto   era   gia'   stato   affermato   dalla   Corte
costituzionale con la sent. n. 133 del 2005, secondo la quale proprio
le modifiche delle norme di attuazione dello Statuto di autonomia per
il Trentino Alto Adige di cui al  d.lgs.  n.  463  del  1999  avevano
definitivamente attribuito alle due province autonome  la  competenza
in materia di concessioni di grandi derivazioni di acqua pubblica. 
    E' pacifico pertanto - come esattamente affermato dalla  sentenza
impugnata e come ammesso da entrambe le  parti  -  che  la  provincia
autonoma di Bolzano ha potesta' legislativa concorrente in materia di
concessione di grandi derivazioni a scopo idroelettrico. 
    20. - Per quanto riguarda in particolare i canoni di  concessione
va ricordato che l'art.  6  del  r.d.  11  dicembre  1933,  n.  1775,
distingueva le derivazioni di acqua  pubblica  in  piccole  e  grandi
derivazioni, sulla base di criteri diversi  a  seconda  dell'uso  cui
l'acqua era destinata. Quanto  alle  derivazioni  per  produzione  di
forza  motrice,  erano  considerate  grandi  derivazioni  quelle  con
potenza  nominale  media  annua  superiore  a  220  Kw.  Il  criterio
distintivo fu poi modificato dall'art. 1 della legge 24 gennaio 1977,
n. 7, che per le derivazioni  per  produzione  di  energia  elettrica
elevo' il limite da Kw  220  a  Kw  3.000,  limite  quest'ultimo  poi
confermato dal nuovo testo dell'art. 6 del r.d. 11 dicembre 1933,  n.
1775, come sostituito dal d.lgs. 12 luglio 1993,  n.  275.  L'art.  3
della  legge  n.  7  del  1977,   introdusse   peraltro   una   nuova
suddistinzione nell'ambito delle piccole derivazioni, stabilendo  che
le derivazioni per forza motrice di potenza nominale media tra 220 Kw
e 3.000 Kw restavano assoggettate agli oneri previsti dagli artt.  52
e 53 del r.d. 11 dicembre 1933, n.  1775,  e  succ.  modif.,  nonche'
dalle leggi n. 959 del 1953 e n. 1254 del 1959, in tema di riserva di
energia elettrica, di canoni e di sovracanoni in  favore  degli  enti
locali. 
    L'art. 35 del r.d. 11 dicembre 1933, n.  1775,  poi,  fissava  il
principio della onerosita' della concessione di derivazione di  acque
pubbliche nonche' il principio che le relative utenze sono sottoposte
al pagamento di un canone annuo di ammontare diverso a seconda  della
utilizzazione cui e' finalizzata la concessione, distinguendo tra  le
derivazioni per «acqua potabile o di irrigazione» (per  le  quali  il
canone era fissato per ogni modulo, pari  a  cento  litri  al  minuto
secondo) e quelle «per forza motrice» (per le quali era  fissato  per
ogni cavallo nominale di  forza  motrice).  Le  derivazioni  per  uso
industriale  erano,  in  mancanza  di   specifica   regolamentazione,
equiparate alle derivazioni per uso irriguo o di acqua  potabile  (v.
circ. 18 marzo 1936, n. 11827, Min. LL.PP.). 
    Piu' di recente un adeguamento dei canoni fu operato  con  l'art.
10 del decreto-legge 2 ottobre 1981, n. 546, convertito in  legge  1°
dicembre 1981, n. 692, il quale fisso' l'ammontare  (diverso  per  le
diverse utilizzazioni) per ogni modulo per l'uso di irrigazione (o in
alcuni casi  per  ogni  ettaro),  o  per  l'uso  potabile,  igienico,
industriale o di pescicoltura, ovvero per ogni chilowatt  di  potenza
nominale concessa o riconosciuta per l'uso idroelettrico. 
    Successivamente, l'art. 18 della legge  5  gennaio  1994,  n.  36
(c.d. legge Galli), stabili'  il  principio  generale  che  i  canoni
«costituiscono il corrispettivo per gli usi delle acque prelevate», e
li determino' di  nuovo  in  somme  diverse  per  i  diversi  usi,  e
precisamente per ogni modulo di acqua per l'uso di  irrigazione,  per
il consumo umano, per uso industriale, per la pescicoltura e altro, e
per ogni chilowatt di potenza nominale concessa  o  riconosciuta  per
l'uso idroelettrico. Il comma 5 del suddetto art. 18  fisso'  poi  il
principio che i successivi aggiornamenti dei canoni  sarebbero  stati
triennali  ed  agli  stessi  si  sarebbe   provveduto   con   decreti
ministeriali tenendo conto del tasso  di  inflazione  programmato.  A
seguito  del  trasferimento  delle  relative  funzioni  alle  regioni
avvenuto con l'art. 89  del  d.lgs.  n.  112/1998,  all'aggiornamento
triennale si e' poi provveduto con decreti regionali. 
    Puo' infine per completezza ricordarsi - quanto alla legislazione
statale - che l'art. 171 del d.lgs. 3 aprile  2006,  n.  152  (Codice
dell'ambiente) - facendo riferimento alle grandi derivazioni in corso
di sanatoria ricadenti nel territorio della Sicilia  nelle  more  del
trasferimento a tale regione del patrimonio idrico - ha rideterminato
retroattivamente  i  canoni,  a  decorrere  dal  1°   gennaio   2002,
differenziandoli  di  nuovo  unicamente  in  relazione  al  tipo   di
utilizzazione e fissandoli in somme diverse, a  seconda  dei  diversi
usi, per ogni modulo di acqua o per ettaro  (per  uso  irriguo),  per
ogni  modulo  (per  uso   industriale,   piscicoltura,   igienico   e
assimilati, servizi antincendio, autolavaggio e altri usi) e per ogni
chilowatt di  potenza  nominale  assentita,  per  le  concessioni  di
derivazione ad uso idroelettrico. Per quest'ultimo uso il  canone  e'
stato fissato in € 12,00 per chilowatt. 
    Tale disposizione, come detto, si  riferisce  espressamente  alle
grandi derivazioni in corso di sanatoria  insistenti  nel  territorio
della regione Sicilia. Tuttavia, questo Tribunale Superiore,  con  la
sent. 2 dicembre 2009, n. 41/2010 (Regione  Lombardia  c.  Acquedotto
Industriale soc. coop. a r.l.), ha gia' rilevato che la  disposizione
stessa ha comunque confermato per tutte  le  concessioni  i  principi
fondamentali fino ad allora vigenti in materia di canoni. 
    Inoltre, l'art. 154, comma 3, del medesimo d.lgs. 3 aprile  2006,
n. 152,  ha  stabilito  il  principio  che  «Al  fine  di  assicurare
un'omogenea disciplina sul  territorio  nazionale,  con  decreto  del
Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con  il  Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio, sono stabiliti i criteri
generali per la determinazione, da parte delle regioni, dei canoni di
concessione per l'utenza di acqua pubblica, tenendo conto  dei  costi
ambientali e dei costi della risorsa e prevedendo altresi'  riduzioni
del canone nell'ipotesi in cui il concessionario attui un riuso delle
acque  reimpiegando  le  acque  risultanti  a  valle   del   processo
produttivo o di una parte dello  stesso  o,  ancora,  restituisca  le
acque di scarico  con  le  medesime  caratteristiche  qualitative  di
quelle prelevate. L'aggiornamento dei canoni ha cadenza triennale». 
    21. - Per quanto riguarda la Provincia autonoma  di  Bolzano,  la
legge prov. 29 marzo 1983, n. 10 (Adeguamento della misura dei canoni
per le utenze di acqua pubblica), riprodusse  i  principi  e  criteri
gia' fissati dall'art. 10 del decreto-legge 2 ottobre 1981, n. 546 (e
poi confermati dall'art. 18 della  legge  5  gennaio  1994,  n.  36),
fissando, all'art. 1, il canone in una somma diversa per ogni  modulo
a seconda dei diversi usi (irriguo, potabile, igienico,  industriale,
pescicoltura) e per ogni Kilowatt  di  potenza  nominale  concessa  o
riconosciuta per l'uso idroelettrico. 
    Con l'art. 34 della legge  prov.  3  maggio  1999,  n.  1,  venne
introdotto nell'art. 1 della legge prov. n. 10 del 1983 il comma  13,
con cui, conformemente al principio fondamentale fissato dalle  legge
statale, si stabiliva che  «Gli  importi  dei  canoni  annui  per  le
singole utenze di acqua pubblica  vengono  determinati  dalla  Giunta
provinciale ed aggiornati ogni biennio». 
    Quindi, l'art. 3  della  legge  prov.  29  agosto  2000,  n.  13,
sostitui' l'art. 3 della legge prov. n. 10 del  1983  ed  opero'  una
nuova rideterminazione dei  canoni.  In  particolare  il  canone  era
fissato in una somma per ogni litro al secondo,  somma  differente  a
seconda che si trattasse di uso potabile, domestico ed antincendio, o
di uso irriguo, o di uso industriale, riscaldamento,  raffreddamento,
impianti di autolavaggio e lavaggio inerti, o per produzione di  neve
artificiale, o per pescicoltura o uso nelle  cooperative  agricole  o
per altri usi. Per l'uso idroelettrico e per  uso  forza  motrice  il
canone era poi fissato in lire 10.500 per ogni chilowatt  di  potenza
nominale concessa o riconosciuta. Con il comma 2, che  sostituiva  il
comma 2 della legge prov. n. 10 del 1983, si  stabiliva  poi  che  «A
decorrere dal 1° gennaio 2000 il canone annuo per l'uso idroelettrico
oltre 3.000 chilowatt e' stabilito nella misura di L. 30.000 per ogni
chilowatt di potenza nominale concessa o riconosciuta». Con il  comma
3 (che inseriva nell'art. 1 della legge prov. n. 10 del 1983 il comma
2-bis), si stabiliva che gli importi dei canoni e sovracanoni di  cui
al r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, alla  legge  n.  959/1953  e  alla
legge n.  925/1980,  «possono  essere  aggiornati  annualmente  dalla
giunta provinciale  entro  il  limite  massimo  delle  variazioni  in
aumento del costo della vita, secondo l'indice rilevato dall'ISTAT». 
    Il comma 2-bis citato e' stato di nuovo modificato dall'art.  41,
comma 1, della legge prov. 9 gennaio 2003, n. 1, che ha  ribadito  il
principio che gli importi  dei  canoni  e  sovracanoni  in  questione
«possono essere aggiornati ogni biennio dalla giunta  provinciale  in
base alle variazioni del costo della vita secondo gli  indici  ISTAT,
arrotondando i relativi importi per eccesso o per difetto a unita' di
10 cent.».  Il  medesimo  comma  2-bis  e'  stato  peraltro  abrogato
dall'art. 36 della legge prov. 28 luglio 2003, n. 12. 
    Il comma 2 del medesimo art. 41 della legge prov. 9 gennaio 2003,
n. 1, ha peraltro sostituito il comma  13  dell'art.  1  della  legge
prov. n. 10 del 1983 (introdotto dall'art. 34  della  legge  prov.  3
maggio 1999, n. 1), stabilendo che «Gli importi dei  canoni  annui  e
minimi per  le  singole  utenze  di  acqua  pubblica  possono  essere
aggiornati  ogni  biennio  dalla  giunta  provinciale  in  base  alle
variazioni del costo della vita secondo gli indici ISTAT. I  relativi
importi vengono arrotondati per eccesso o per difetto a unita' di  10
cent. ». 
    Infine,  l'art.  29  della  legge  prov.  8  aprile  2004,  n.  1
(Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione per l'anno
finanziario 2004 e per il  triennio  2004-2006  e  norme  legislative
collegate (legge finanziaria 2004)), ha sostituito la  lett.  c)  del
comma 1 dell'art. 1 della legge prov. 29 marzo 1983, n.10, stabilendo
che il  canone  per  l'uso  idroelettrico  e'  fissato  nei  seguenti
ammontari: «1) fino a 220 kW: 8,00 euro per ogni Kilowatt di  potenza
nominale concessa o riconosciuta, con una quota annua esente di 50,00
euro; 2) da 220 kW fino a 3.000 kW: 10  euro  per  ogni  Kilowatt  di
potenza nominale concessa o riconosciuta; 3) oltre 3.000 kW: 24  euro
per ogni Kilowatt di potenza nominale concessa  o  riconosciuta».  Il
comma 3 ha poi stabilito che questi aumenti decorrono dal  1°  luglio
2004. 
    Si ricorda infine  -  anche  se  cio'  non  rileva  nel  presente
giudizio - che l'art. 31, comma 1, lett. a ), della  legge  prov.  23
dicembre 2010, n. 15, ha abrogato l'art. 1, comma 1, lett. c ), della
legge provinciale 29 marzo 1983, n. 10, e le successive modificazioni
e che, contemporaneamente, l'art. 5 della stessa legge provinciale ha
sostituito la precedente normativa inserendo  dopo  l'art.  19  della
legge prov. 20 luglio 2006, n. 7, un art.  19-bis,  il  cui  comma  2
dispone che «I canoni annui relativi alle utenze  di  acqua  pubblica
per uso idroelettrico  sono  rideterminati  in  9,65  euro  per  ogni
Kilowatt di potenza nominale concessa o riconosciuta fino a  220  kW,
con una quota annua esente di 50,00 euro,  in  11,95  euro  per  ogni
Kilowatt di potenza nominale concessa o riconosciuta da 220 kW fino a
3.000 kW e in 27,15  euro  per  ogni  Kilowatt  di  potenza  nominale
concessa  o  riconosciuta  oltre  3.000  kW».  In  sostanza   vengono
riprodotti i medesimi criteri adottati dalle disposizioni del 2004  e
del 2000 e si modifica soltanto l'ammontare dei canoni. 
    22.  -  L'appellante  eccepisce   innanzitutto   l'illegittimita'
costituzionale della citata disposizione di  cui  all'art.  29  della
legge prov. 8 aprile 2004, n. 1 (e di quella di cui all'art. 3  della
legge prov. 29 agosto 2000, n. 13),  per  violazione  dell'art.  117,
comma 3, Cost., in quanto, pur trattandosi di materia nella quale  la
Provincia autonoma ha solo potesta' legislativa concorrente, e' stata
posta una  disciplina  che  contrasta  con  i  principi  fondamentali
stabiliti nella materia dalla legislazione dello Stato. 
    Secondo l'appellante, la disciplina provinciale, nella  parte  in
cui ha fissato  canoni  differenziati,  pur  riferiti  alla  medesima
fruizione delle acque, e' in contrasto con il principio pacifico  che
governa la disciplina di settore da oltre settant'anni,  in  base  al
quale i  canoni  vengono  differenziati  solo  per  la  tipologia  di
fruizione, mentre non sono diversificati tra loro i  canoni  relativi
alla  medesima  fruizione.   La   disciplina   provinciale,   invece,
differenzia  il  canone  sulla  base  degli  scaglioni   di   potenza
riconosciuta o concessa, scaglioni  che  non  sono  riconducibili  ad
alcuna disciplina esistente. La  diversificazione  del  canone  sulla
base degli scaglioni delle potenze, del tutto casualmente individuate
dal legislatore regionale, non si fonda  poi  su  alcuna  valutazione
riferibile alla tipologia delle concessioni  e  degli  impianti,  dal
momento che tale diversificazione non e'  collegata  ne'  al  diverso
impatto  ambientale,  ne'  al  diverso  rendimento,  ne'   ad   altra
circostanza idonea ad evidenziare  il  depauperamento  delle  risorse
della collettivita'. Poiche' quindi il canone e' in realta' collegato
soltanto alla quantita' di acqua di cui si consente  l'utilizzazione,
non  si  comprende  perche'  e'  stato   fissato   un   criterio   di
determinazione del canone non gia' proporzionale (come  previsto  dal
principio fissato dalla  legislazione  statale)  bensi'  progressivo,
anche se non ancorato ad alcun valore  che  muti  con  modalita'  non
proporzionali  (ma  progressive)  alla   elevazione   della   potenza
concessa. 
    23. - Va preliminarmente rilevato  che  i  principi  fondamentali
della materia in oggetto non sono stati fissati  espressamente  dalle
leggi  dello  Stato  (peraltro  risalenti  ad  epoca   anteriore   al
trasferimento  della  competenza  a  regioni  e  province  autonome),
sicche' essi devono essere individuati in  via  interpretativa  dalla
legislazione statale. L'individuazione di  tali  principi,  che  puo'
implicare un giudizio di  valore,  spetta  pacificamente  alla  Corte
costituzionale, nell'ambito del giudizio di fondatezza-non fondatezza
della questione di costituzionalita'. Il giudice  ordinario,  quindi,
nell'ambito  del  giudizio  di  non  manifesta   infondatezza   della
questione, deve limitarsi a  stabilire  se  l'esistenza  di  un  dato
principio fondamentale  -  o,  comunque,  la  qualificazione  di  una
determinata   norma   come   principio   fondamentale   -   sia   non
manifestamente infondata, ossia plausibile. 
    24. - Cio' posto, questo Tribunale  ritiene  che  sia  certamente
plausibile - e molto probabilmente esatta  -  l'individuazione  nella
legislazione  statale,  oltre  a  quello   della   onerosita'   della
concessione, anche di altri principi fondamentali, ed in particolare:
a) del principio della differenziazione dei canoni esclusivamente  in
base alla tipologia della fruizione concessa e della unitarieta'  dei
canoni relativi alla medesima utilizzazione; b)  il  principio  della
proporzionalita' del canone all'effettiva entita' dello  sfruttamento
delle risorse pubbliche che la concessione comporta; c) il  principio
della non previsione di una  tariffa  progressiva  nell'ambito  della
medesima utilizzazione. 
    Ed infatti, come si e' dianzi ricordato, l'art. 35  del  r.d.  11
dicembre 1933, n. 1775, che costituiva la  disposizione  fondamentale
in tema di canoni di  concessione,  stabiliva  il  principio  che  il
canone dovesse essere diverso in relazione alla diversa utilizzazione
cui  era  finalizzata  la  concessione,  stabilendo  un   metodo   di
misurazione diverso a  seconda  delle  utilizzazioni:  modulo  (cento
litri  al  minuto  secondo)  per  uso  di  acqua  potabile,  irriguo,
industriale; cavallo nominale di forza motrice, per l'uso  per  forza
motrice. Nell'ambito di ogni categoria di fruizione il canone era poi
fissato con criterio proporzionale  all'unita'  di  misurazione:  una
certa somma per ogni modulo o per ogni chilowatt di potenza nominale,
anche se diversa per le diverse utilizzazioni. 
    Questi criteri fondamentali sono sempre stati confermati da tutte
le successive modifiche intervenite nella legislazione statale. Anche
l'art. 18 della legge 5 gennaio 1994, n.  36,  ha  individuato  altri
tipi di utilizzazione ed ha aggiornato i canoni in  riferimento  alle
diverse fruizioni, ma ha ribadito  che  le  unita'  di  misura  erano
sempre il modulo d'acqua (per l'uso di irrigazione,  per  il  consumo
umano, per uso  industriale,  per  la  pescicoltura  e  altro)  o  il
chilowatt di potenza nominale  concessa  o  riconosciuta  (per  l'uso
idroelettrico), confermando il principio fondamentale che nell'ambito
di ogni tipo di utilizzazione il canone era proporzionale alla unita'
di misurazione. 
    E, come si e' dianzi visto, il  medesimo  principio  fondamentale
relativo ai criteri di differenziazione dei canoni e' stato da ultimo
ribadito  -  pur  dopo  il  passaggio  alle  regioni  della  relativa
competenza - dall'art. 171 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152. 
    L'unica differenziazione dei  canoni  ammessa  nell'ambito  della
medesima categoria ha sempre riguardato esclusivamente la  previsione
di una riduzione del canone per l'ipotesi che il concessionario attui
un  riuso  dell'acqua  ovvero  la   restituisca   con   le   medesime
caratteristiche qualitative. 
    Questi  principi  e  criteri  furono,  del  resto,   recepiti   e
confermati anche dall'art. 1 della legge prov. Bolzano 29 marzo 1983,
n. 10, che fisso' l'ammontare del  canone  per  ogni  modulo  (per  i
diversi usi irriguo, potabile, igienico, industriale, pescicoltura) o
per ogni chilowatt (per l'uso idroelettrico), ma  sempre  rispettando
il principio della unicita' del canone per ogni tipo di  fruizione  e
della sua proporzionalita' all'unita' di misura. 
    Del resto, anche la citata sentenza di Cass. civ., Sez.  Un.,  26
maggio  2009,  n.  15234,  ha  affermato  che  costituisce  principio
fondamentale nella materia «quello di onerosita' della concessione  e
di  proporzionalita'   dei   canone   all'effettiva   entita'   dello
sfruttamento delle risorse pubbliche che la  concessione  comporta  e
all'utilita' economica che il concessionario ne ricava» (punto 7). 
    25. -  Deve  anche  essere  evidenziato  che  nella  legislazione
statale la distinzione tra grandi e piccole derivazioni  non  ha  mai
avuto nulla a che vedere con  la  determinazione  dell'ammontare  del
canone,  ma  ha  sempre  avuto  rilievo  esclusivamente  per  aspetti
diversi, principalmente per le modalita' ed i criteri di concessione. 
    Allo  stesso  modo,  anche  la  distinzione,  nell'ambito   della
categoria delle piccole concessioni ad uso idroelettrico, tra  quelle
di potenza inferiore a 220 kW e quelle di potenza tra 220 e 3.000  kW
(introdotta dall'art. 3 della legge 24 gennaio 1977, n.  7),  non  ha
mai avuto e non ha niente a che  vedere  con  la  determinazione  dei
canoni ma riguarda  esclusivamente  altri  aspetti,  soprattutto  gli
oneri relativi ai sovracanoni ed alle riserve di energia elettrica  a
favore degli enti locali. 
    Puo' quindi individuarsi un altro  principio  fondamentale  della
legislazione statale, ossia quello che sia la distinzione tra  grandi
e  piccole  derivazioni  sia  la   distinzione,   nell'ambito   delle
concessioni ad uso idroelettrico, fra quelle di potenza  inferiore  a
220 kW, fra 220 e 3.000 kW, e superiore a 3.000 kW, sono  irrilevanti
rispetto alla determinazione del  canone  e  non  vengono  usate  per
differenziare  i  canoni  nell'ambito  della  medesima  categoria  di
utilizzazione. 
    26. - L'art. 29 della legge prov. Bolzano 8  aprile  2004,  n.  1
(che ha sostituito la lett. c) del comma 1 dell'art.  1  della  legge
prov.  29  marzo  1983)  ha  invece  determinato  il  canone  per  le
concessioni ad  uso  idroelettrico  individuando  tre  sottocategorie
nell'ambito della stessa categoria di utilizzazione e quindi fissando
un criterio progressivo e  non  proporzionale.  Il  canone  e'  stato
infatti stabilito in € 8,00 per Kilowatt per le concessioni inferiori
a 220 kW di potenza nominale, in € 10,00 per Kilowatt per  quelle  da
220 fino a 3.000 kW, ed in € 24,00 per Kilowatt per  quelle  oltre  i
3.000 kW. Analogamente ha fatto l'art. 3 della legge prov. 29  agosto
2000, n. 13. 
    Vi  e'  quindi  il  serio  e  consistente   dubbio   che   queste
disposizioni  abbiano  violato  i  suddetti   principi   fondamentali
desumibili dalla legislazione statale, e  precisamente  il  principio
della differenziazione dell'ammontare dei  canoni  esclusivamente  in
riferimento alla tipologia della utilizzazione concessa; il principio
dell'aumento  del  canone,  all'interno  della  stessa  categoria  di
fruizione,  in  misura  proporzionale,  e   non   gia'   progressiva,
all'effettiva entita' dello sfruttamento della risorsa  pubblica;  il
principio che la distinzione tra grandi e piccole  derivazioni  e  la
distinzione, nell'ambito di quest'ultime, tra derivazioni con potenza
nominale inferiore o superiore a 220 kW e' irrilevante rispetto  alla
determinazione del canone, che e' unitario nell'ambito  della  stessa
categoria. 
    Da  qui  il   dubbio   di   legittimita'   costituzionale   delle
disposizioni in questione in riferimento all'art. 117, comma 3, Cost. 
    27. - Altro principio fondamentale costantemente  espresso  dalla
legislazione statale e' quello  secondo  cui  i  canoni  non  possono
essere aumentati indiscriminatamente, bensi'  aggiornati  ogni  certo
numero  di  anni  con  provvedimento  amministrativo  adottato  dalla
autorita'  amministrativa  che  deve   attenersi   ad   un   criterio
predeterminato, generalmente costituito dal tasso  di  inflazione,  o
dall'aumento del costo della vita, o da simili parametri. 
    Appare dunque esservi sempre stato nella legislazione statale  un
principio  fondamentale  secondo  cui  il   concessionario   di   una
derivazione  deve  essere  messo  in  condizione,  al  momento  della
concessione, di conoscere, sia pure in via approssimativa, quando  ed
entro che  limiti  potra'  aumentare  il  canone  di  concessione  e,
conseguentemente, un principio fondamentale secondo cui i canoni  non
possono essere arbitrariamente aumentati senza tener conto dei limiti
e dei criteri prefissati. 
    E difatti, successivamente alla determinazione fatta  con  l'art.
35 del r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, i  canoni  sono  stati  sempre
adeguati  con  provvedimento  amministrativo,   salvo   l'adeguamento
effettuato con l'art. 10 del d.l. 2 ottobre 1981, n. 546,  convertito
in legge 1° dicembre 1981, n. 692, e quindi con la  nuova  disciplina
posta dall'art. 18 della legge 5 gennaio  1994,  n.  36  (c.d.  legge
Galli). Il comma 5 di detto art. 18, peraltro, enuncio' espressamente
il  principio  fondamentale  -  gia'  desumibile  dalla  legislazione
precedente - che i canoni  sarebbero  stati  aggiornati  con  cadenza
triennale mediante decreti ministeriali «tenendo conto del  tasso  di
inflazione programmato e delle finalita' di cui alla presente legge». 
    Dopo il  trasferimento  delle  relative  funzioni  alle  regioni,
avvenuto con  l'art.  89  del  d.lgs.  n.  112/1998,  l'aggiornamento
triennale e' stato effettuato con decreti regionali. 
    E,  come  si  e'  gia'  dianzi  ricordato,  il  detto   principio
fondamentale e' stato confermato  di  recente  anche  dall'art.  154,
comma 3, del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, che, dopo  avere  disposto
che i criteri generali per la determinazione, da parte delle regioni,
dei canoni  di  concessione  per  l'utenza  di  acqua  pubblica  sono
stabiliti con decreto ministeriale, ha ribadito che  «L'aggiornamento
dei canoni ha cadenza triennale». 
    A tale principio generale si era uniformata anche la legislazione
della Provincia di Bolzano. Infatti, l'art. 34 della  legge  prov.  3
maggio 1999, n. 1, introdusse nell'art. 1 della legge prov. n. 10 del
1983 il comma 13, che fissava  il  principio  che  «Gli  importi  dei
canoni  annui  per  le  singole  utenze  di  acqua  pubblica  vengono
determinati dalla Giunta provinciale ed aggiornati ogni biennio». 
    Quindi, l'art. 3, comma 3, della legge prov. 29 agosto  2000,  n.
13, inseri' nell'art. 1 della legge prov. n. 10  del  1983  il  comma
2-bis, col quale si stabiliva che gli  importi  dei  canoni  «possono
essere aggiornati  annualmente  dalla  giunta  provinciale  entro  il
limite massimo delle variazioni in  aumento  del  costo  della  vita,
secondo l'indice rilevato dall'ISTAT».  Questo  comma  2-bis  fu  poi
modificato dall'art. 41, comma 1, della legge prov. 9  gennaio  2003,
n. 1, che detto' il principio che gli  importi  dei  canoni  «possono
essere aggiornati ogni biennio dalla giunta provinciale in base  alle
variazioni  del  costo  della  vita   secondo   gli   indici   ISTAT,
arrotondando i relativi importi per eccesso o per difetto a unita' di
10 cent.». 
    Il detto comma 2-bis e' stato poi  abrogato  dall'art.  36  della
legge prov. 28 luglio 2003, n. 12, ma poco prima  il  comma  2  dello
stesso art. 41  della  legge  prov.  9  gennaio  2003,  n.  1,  aveva
sostituito il comma 13 dell'art. 1 della legge prov. n. 10  del  1983
(introdotto dall'art. 34 della legge prov.  3  maggio  1999,  n.  1),
stabilendo che «Gli importi dei canoni annui e minimi per le  singole
utenze di acqua pubblica possono essere aggiornati ogni biennio dalla
giunta provinciale in base  alle  variazioni  del  costo  della  vita
secondo gli indici ISTAT. I relativi importi vengono arrotondati  per
eccesso o per difetto a unita' di 10 cent.». 
    Vi e' quindi il serio e consistente dubbio che  l'art.  29  della
legge prov. 8 aprile 2004, n. 1, e l'art.  3  della  legge  prov.  29
agosto 2000, n. 13, abbiano  violato  anche  questo  altro  principio
fondamentale della legislazione statale, secondo cui i canoni vengono
aggiornati con  provvedimento  amministrativo  e  comunque  in  tempi
prestabiliti e secondo criteri ed entro limiti  prefissati,  in  modo
che, gia' al momento della  concessione,  il  concessionario  sia  in
grado di conoscere, sia pure approssimativamente, quando ed entro che
limiti il canone potra' aumentare. 
    Da  qui  il   dubbio   di   legittimita'   costituzionale   delle
disposizioni in questione  in  riferimento  all'art.  117,  comma  3,
Cost., sotto un diverso profilo. 
    28. - L'appellante sostiene anche che le norme provinciali appena
indicate, nel ribadire il principio della aggiornabilita' dei  canoni
solo a scadenze e con criteri prefissati,  avevano  anche  confermato
l'esigenza di una  garanzia  di  stabilita'  per  gli  operatori  del
settore. Sennonche', dopo che la legge prov. 9 gennaio  2003,  n.  1,
aveva confermato il piu' che legittimo affidamento dei concessionari,
ribadendo che i canoni  sarebbero  stati  soltanto  aggiornati  dalla
giunta provinciale ogni due anni e tenuto solo conto della variazione
del  costo  della  vita,  a  solo  un  anno  di  distanza  del  tutto
inaspettatamente l'art. 29 della legge prov. 8 aprile 2004, n. 1,  ha
disposto un inopinato ed esorbitante aumento del canone relativo alle
potenze medie maggiori di 3.000 kW, portandolo da € 15,00 ad €  24,00
al kW. In tal modo il legislatore provinciale si sarebbe sottratto ai
rigorosi meccanismi di adeguamento automatico che egli  stesso  aveva
precisato conformemente ai principi fondamentali  della  legislazione
statale. 
    L'appellante sottolinea anche che l'art. 29 della legge  prov.  8
aprile 2004, n. 1, ha altresi' stabilito  che  gli  aumenti  da  esso
previsti decorrono dal 1° luglio 2004 e che tali aumenti si applicano
a tutte le concessioni in atto e non solo a quelle future,  rinnovate
o prorogate. 
    Eccepisce quindi la violazione  del  principio  di  certezza  del
diritto e del principio dell'affidamento, ossia di principi  generali
dell'ordinamento comunitario cui il  legislatore  provinciale,  nelle
materie in  cui  e'  applicabile  il  diritto  comunitario,  si  deve
uniformare ai sensi dell'art. 117, comma 1, Cost.  Eccepisce  inoltre
il contrasto con l'art. 41 Cost., in quanto, violando i due  suddetti
principi generali comunitari, la disposizione in esame  determina  un
pregiudizio nei confronti della  liberta'  di  iniziativa  economica,
nella sua accezione piu' estesa. Ricorda,  a  questo  proposito,  che
secondo la giurisprudenza comunitaria «il  principio  della  certezza
del diritto  esige,  segnatamente,  che  le  norme  giuridiche  siano
chiare, precise  e  prevedibili  nei  loro  effetti,  in  particolare
qualora esse possano comportare conseguenze sfavorevoli  in  capo  ai
singoli e alle imprese» (Corte di Giustizia, Sez. II, 17 luglio 2008,
C-347/06, punto 69), mentre il principio della tutela  del  legittimo
affidamento, richiede  di  «verificare  se  gli  atti  dell'autorita'
amministrativa abbiano ingenerato fondate aspettative in capo  ad  un
operatore economico prudente ed accorto» (Corte  di  Giustizia,  Sez.
II, 14 settembre 2004, procedimenti riuniti da C-181/04  a  C-183/04,
punto 32). Sostiene quindi l'appellante che, nel caso di  specie,  la
determinazione dei canoni nell'anno 2000, congiunta alla prescrizione
legislativa  pure   reiterata   nell'anno   2003,   circa   la   sola
aggiornabilita'  a  cadenze   biennali   dei   canoni,   sulla   base
dell'incremento del costo della  vita,  ha  certamente  integrato  un
contegno  idoneo  a  far  sorgere  il   legittimo   affidamento   dei
concessionari,  che  e'  stato  poi  compromesso   dalla   disciplina
impugnata. 
    Ritiene  il  tribunale  che  tali   eccezioni   di   legittimita'
costituzionale siano tutte plausibili e non manifestamente infondate.
Sussiste quindi un serio dubbio di incostituzionalita'  dell'art.  29
(e dell'art. 3) in esame anche in riferimento agli artt. 3, 23, 41  e
117 comma 1, Cost. 
    29. - Eccepisce poi l'appellante societa' che il citato  art.  29
ed il citato art. 3  appaiono  costituzionalmente  illegittimi  anche
perche', integrando, all'evidenza, un intervento del legislatore  che
ha avocato a se' la competenza gia' assegnata alla Giunta provinciale
- oltre a violare i principi fondamentali della legislazione  statale
che consentono alle regioni di procedere all'adeguamento  dei  canoni
alle cadenze previste, tenuto conto delle variazioni del costo  della
vita - hanno anche dato luogo, senza alcuna  plausibile  ragione,  ad
una legge provvedimento in violazione dei criteri prestabiliti  dallo
stesso legislatore provinciale. L'appellante, rileva che il carattere
di  legge  provvedimento  delle  disposizioni  in  questione  non  e'
contraddetto dalla circostanza  che,  all'apparenza,  il  legislatore
provinciale sarebbe intervenuto a modificare  direttamente  l'importo
del canone, perche' tale  intervento  e'  chiaramente  indirizzato  a
sottrarsi ai criteri che lo stesso  legislatore  provinciale  si  era
dato, e che contemporaneamente confermava, dal momento  che  non  era
stata ne' abrogata, ne' modificata,  ne'  derogata  espressamente  la
disciplina vigente stabilita dall'art. 1, comma 13, della legge prov.
n. 10 del 1983 (introdotto dall'art. 34 della legge  prov.  3  maggio
1999, n. 1, e modificato dall'art. 41, comma 2, della legge  prov.  9
gennaio 2003, n. 1). Sostiene  quindi  l'appellante  (richiamando  la
sent. n. 48 del 2003  della  Corte  costituzionale)  che  tale  legge
provvedimento sarebbe illegittima perche' ha contenuto sostitutivo di
un provvedimento amministrativo, ed e' stata adottata  in  violazione
dei criteri prestabiliti dal medesimo legislatore. 
    In  sostanza,  la  legge  provinciale   sarebbe   stata   emanata
unicamente allo  scopo  di  non  rispettare  i  detti  criteri  e  di
sottrarre il provvedimento di adeguamento del canone al sindacato del
giudice ordinario ed amministrativo. 
    Ricorda  anche  che,  secondo  la  giurisprudenza   della   Corte
costituzionale, la legittimita' di tale tipo di  leggi,  a  contenuto
particolare e concreto (leggi-provvedimento) «deve essere valutata in
relazione al loro specifico contenuto. In considerazione del pericolo
di disparita' di trattamento insito in previsioni di tipo particolare
o derogatorio (sentenze n. 185 del 1998, n. 153 del 1997),  la  legge
provvedimento e', conseguentemente, soggetta ad uno scrutinio stretto
di costituzionalita' (sentenze n. 429 del 2002, n. 364 del 1999,  nn.
153  e  2  del  1997),  essenzialmente  sotto  i  profili  della  non
arbitrarieta'  e  della  non  irragionevolezza   della   scelta   del
legislatore. Ed un tale sindacato deve  essere  tanto  piu'  rigoroso
guanto piu' marcata sia, come nella specie, la natura provvedimentale
dell'atto legislativo sottoposto a controllo  (sentenza  n.  153  del
1997)» (sent. n. 267 del 2007 e sent. n.  241  del  2008).  La  legge
provvedimento in questione quindi sarebbe illegittima  anche  perche'
non supererebbe lo stretto giudizio di  legalita',  cui  deve  essere
sottoposta, essendo  evidente  che  la  medesima  deve  rispettare  i
principi che governano l'azione amministrativa di cui  e'  succedanea
(Corte cost., sent. n. 314 del 2007; sent. n. 492 del 2002). 
    Anche queste eccezioni di  legittimita'  costituzionale  appaiono
certamente   non   manifestamente   infondate,   cosi'    come    non
manifestamente infondata e' la qualificazione della  disposizione  in
questione come legge provvedimento. Del resto, che  l'art.  29  della
legge prov. n. 1 del 2004 costituisca o debba comunque assimilarsi ad
una legge provvedimento e' gia' stato affermato da  questo  Tribunale
con la sent. 10 ottobre 2007, n. 165 (punto 10.5). 
    E difatti, secondo la giurisprudenza  piu'  recente  della  Corte
costituzionale, le leggi provvedimento devono  essere  sottoposte  ad
uno scrutinio stretto e stringente  di  costituzionalita',  non  solo
sotto il profilo della ragionevolezza e non arbitrarieta' (sentt.  n.
492 del 1995; n. 153 del 1997; n. 185 del 1998; n. 364 del  1999;  n.
267 del 2007) ma anche in relazione  ai  presupposti  del  legiferare
(sent. n. 205 del 1996). 
    Nella specie non e' stato prospettato dalla Provincia di  Bolzano
e comunque  non  emerge  dal  contenuto  delle  leggi  stesse  alcuna
plausibile  ragione  per  la  quale  l'aumento  dei  canoni  per   le
concessioni di derivazione di acque pubbliche fosse fatto  con  legge
provinciale anziche' con provvedimento  amministrativo  della  giunta
provinciale nei tempi e soprattutto secondo i criteri ed i  parametri
prefissati in  via  generale  dallo  stesso  legislatore  provinciale
(conformemente  alle  norme   nazionali).   Sorge   quindi   il   non
manifestamente infondato sospetto che l'intervento attraverso  l'atto
con forza di  legge  provinciale  anziche'  mediante  il  preordinato
provvedimento  amministrativo  di   adeguamento   sia   stato   fatto
unicamente   per   sottrarre    agli    interessati    il    diritto,
costituzionalmente garantito, di invocare il  sindacato  del  giudice
ordinario ed amministrativo. 
    Sussiste quindi il dubbio di  legittimita'  costituzionale  delle
disposizioni in questione, in quanto leggi  provvedimento,  anche  in
riferimento alla mancanza dei presupposti per legiferare, all'art.  3
Cost. (sotto il profilo della ragionevolezza  e  non  arbitrarieta'),
all'art. 97 Cost., ed agli artt. 24 e 113  Cost.  (sotto  il  profilo
della  elusione  del  diritto  dei  concessionari  di   eventualmente
impugnare  l'aumento  del  canone  dinanzi  al  giudice  ordinario  o
amministrativo per contrasto con i prefissati,  e  non  abrogati  ne'
derogati, criteri generali di determinazione). 
    30.   -   La   societa'   appellante   eccepisce   poi   che   la
differenziazione dei canoni nell'ambito  della  stessa  categoria  di
utilizzazione dell'acqua in base agli scaglioni delle potenze, non si
fonda su alcuna valutazione che  sia  collegabile  con  la  categoria
delle  concessioni  e,  soprattutto,  degli  impianti,  ne'   risulta
collegata ad un diverso impatto ambientale, ad un diverso  rendimento
o ad altra circostanza idonea ad evidenziare il depauperamento  delle
risorse della collettivita'. 
    Tale  differenziazione,   quindi,   presenterebbe   elementi   di
irragionevolezza e di contraddittorieta', che determinerebbero  anche
un eccesso  del  potere  attribuito  al  legislatore  provinciale.  E
difatti,  secondo  l'appellante,  anche  le  disposizioni  in   esame
finiscono per collegare il canone esclusivamente  alla  quantita'  di
acqua di cui si consente l'utilizzazione. Ma, se  cosi'  e',  non  e'
comprensibile ne' logico un canone-corrispettivo che e' sottoposto ad
un criterio di determinazione progressivo, giacche' un tale  criterio
progressivo non e' ancorato ad alcun valore o elemento che  muti  con
modalita' non proporzionali  (ma  progressive)  all'elevazione  della
potenza concessa. 
    Viene anche eccepito che il criterio progressivo adottato finisce
per  incentivare  la  proliferazione  di  piccoli  impianti  a  basso
rendimento,   complessivamente,   piu'   impattanti   di   pochi    e
significativi impianti di generazione. La differenziazione dei canoni
introdotta, disancorata dal valore della concessione,  appare  quindi
manifestamente irragionevole di per se'. 
    I  prospettati  rilievi  di  incostituzionalita'   non   appaiono
manifestamente  infondati.  Di  qui   il   dubbio   di   legittimita'
costituzionale delle disposizioni  in  esame  in  riferimento,  sotto
diverso profilo, all'art. 3 Cost. ed al principio di ragionevolezza. 
    31. - L'appellante eccepisce inoltre che l'esorbitante incremento
del canone - portato ad € 24,00, ossia ad un importo pari a circa  il
doppio della media dei canoni applicati dalle altre  regioni  e  pure
dalla  Provincia  di  Trento  -,  disposto  attraverso  un   inatteso
intervento  legislativo,  ed  in  diametrale  contraddizione  con  la
vigente  disciplina  provinciale,  ha  ecceduto  dai   limiti   della
competenza  legislativa  assegnata  alla  Provincia   in   punto   di
determinazione dei canoni,  in  quanto,  introducendo  determinazioni
dell'importo in tutto disancorate dal valore della concessione,  essa
non si e' limitata a determinare il canone della concessione,  inteso
come corrispettivo, ma lo ha in realta' regolato e  determinato  come
strumento di politica economica o fiscale, con finalita' di  incidere
sul mercato della generazione idroelettrica. 
    Osserva ancora l'appellante che  tale  finalita'  deve  ritenersi
contraria ai limiti  della  potesta'  legislativa  concorrente  della
Provincia, anche perche', la stessa Provincia autonoma di Bolzano  e'
autorizzata dalla normativa di attuazione a  costituire  una  impresa
pubblica in forma societaria che puo'  svolgere  attivita'  economica
nel settore della  generazione  idroelettrica  e,  pertanto,  assume,
indirettamente, le vesti di un operatore del medesimo mercato. 
    Invero, con l'art. 4, comma  1,  della  medesima  legge  prov.  8
aprile 2004, n. 1, sono state  contestualmente  disposte  misure  per
finanziare il ruolo operativo  della  stessa  Provincia  nel  settore
economico in parola, prevedendosi  l'autorizzazione  a  sottoscrivere
l'aumento di capitale della societa' SEL s.p.a., ossia della societa'
della   Provincia   che   opera   nei   settori   della   produzione,
commercializzazione e distribuzione dell'energia elettrica,  per  uno
stanziamento massimo di 650 milioni di euro, nonche' l'autorizzazione
all'acquisto di ulteriori societa' operanti nel medesimo  settore  di
mercato. 
    Assume quindi  l'appellante  essere  noto  che  la  societa'  SEL
s.p.a., che e'  gia'  stata  costituita,  ha  fatto  domanda  per  il
rilascio di nuove concessioni  idroelettriche,  ed  ha  pure  stretto
accordi con altre concessionarie insistenti. 
    Ora, questa delicata posizione della Provincia autonoma  di  Ente
titolare dei poteri legislativi e concessori, e contemporaneamente di
proprietario di operatori del settore, imporrebbe  la  necessita'  di
interpretare in modo rigoroso i limiti esterni al potere  legislativo
di determinare i canoni. E  cio'  perche'  l'operatore  economico  di
proprieta' della Provincia sarebbe  l'unico  operatore  in  grado  di
accettare canoni esorbitanti e fuori mercato, i quali, nel  caso,  si
presenterebbero come alternativi alla distribuzione  degli  utili  in
favore dell'ente proprietario. 
    Eccepisce  quindi  la  societa'  appellante   la   illegittimita'
costituzionale della disposizione  de  qua  perche',  in  difetto  di
qualsiasi ancoramento alla disciplina di  principio  statale,  ed  ai
valori delle concessioni, ha determinato del tutto arbitrariamente  i
nuovi canoni, che risultano del  tutto  disallineati  ed  esorbitanti
rispetto  alla  media  dei  canoni  praticati  dalle  altre   Regioni
(ordinarie e speciali). 
    Inoltre, tale divaricazione rispetto ai  canoni  applicati  nelle
altre  regioni,  comporterebbe  un  pregiudizio  nei  confronti   dei
produttori idroelettrici operanti nella  provincia  di  Bolzano,  che
integrerebbe un rilevante ostacolo al libero commercio  tra  regioni.
Invero,  la  Provincia,  attraverso  interventi  sintonizzati   sulla
realta' produttiva  provinciale,  ha  determinato  un  ostacolo  alla
libera circolazione della energia elettrica, che intacca  il  diritto
di iniziativa economica. 
    La nuova disciplina provinciale sarebbe  altresi'  caratterizzata
da manifesta irragionevolezza, perche', disincentivando la produzione
di energia elettrica, colliderebbe con il favor che  permea  l'intera
legislazione,  ed  anche  il   sistema   costituzionale   di   tutela
dell'ambiente, nei confronti delle fonti energetiche rinnovabili. 
    Ritiene  questo   Tribunale   che   anche   questi   profili   di
illegittimita' costituzionale non siano  manifestamente  infondati  e
che pertanto sussista un serio e consistente dubbio  di  legittimita'
costituzionale delle disposizioni in esame anche in riferimento  agli
artt. 3, 41, 120 Cost., sotto  i  profili  dianzi  indicati,  nonche'
all'art. 117, comma  1,  Cost.  in  relazione  ai  principi  generali
dell'ordinamento comunitario in tema di tutela del libero  commercio,
della liberta' di iniziativa economica e della concorrenza. 
    32. - Va a questo punto anche ricordato che il gia'  citato  art.
154, comma 3, del d.lgs. 3 aprile  2006,  n.  152,  ha  espressamente
stabilito che con decreto del ministero  dell'economia,  di  concerto
con quello dell'ambiente, devono essere indicati i  criteri  generali
per  la  determinazione,  da  parte  delle  regioni,  dei  canoni  di
concessione per l'utenza di acqua pubblica, tenendo conto  dei  costi
ambientali e dei costi della risorsa. La disposizione  specifica  che
questa  regola  e'  dettata  «Al  fine  di   assicurare   un'omogenea
disciplina sul territorio nazionale». Questa esigenza di  omogeneita'
sul territorio nazionale non e' stata individuata e garantita per  la
prima volta dal d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, ma  era  gia'  presente
nel  complesso  della  legislazione  statale,  data  l'incontestabile
interferenza della materia relativa alla  determinazione  dei  canoni
con quella ambientale e con quella della concorrenza. 
    Va anche ricordato che il medesimo decreto legislativo n. 152 del
2006 all'art. 171 aveva fissato nel 2006 (con decorrenza dal 2002), i
canoni per le concessioni di grandi derivazioni ad uso  idroelettrico
in € 12,00 per ogni chilowatt di potenza nominale assentita. E'  vero
che questa disposizione  si  riferisce  formalmente  solo  ad  alcune
concessioni di grande  derivazione  (quelle  in  corso  di  sanatoria
ricadenti nel territorio della Sicilia), ma e' anche  vero  che  essa
dimostra che il legislatore nazionale ha ritenuto, nel 2006, che  per
le grandi derivazioni ad uso idroelettrico fosse  congruo  un  canone
medio di € 12,00 per chilowatt. 
    Invece, l'art. 29 della legge prov. Bolzano 8 aprile 2004, n.  1,
ha fissato due  anni  prima,  nel  2004,  il  canone  per  le  grandi
derivazioni in un ammontare doppio, ossia in € 24,00  per  chilowatt,
senza che risultino le ragioni, legate a particolari esigenze  locali
relative ai costi ambientali ed ai costi della risorsa,  che  possano
aver fatto determinare un canone addirittura raddoppiato  rispetto  a
quello medio nazionale. 
    Non  e'  pertanto  manifestamente  infondato  il  dubbio  che  la
disposizione in esame, imponendo per il territorio della provincia di
Bolzano un canone doppio, particolarmente gravoso, rispetto a  quello
applicato nel resto del  territorto  nazionale,  determini  un  minor
utilizzo di fonti di energia rinnovabili, quale quella idroelettrica,
e quindi violi il principio  della  riserva  statale  in  materia  di
legislazione ambientale, con conseguente contrarieta'  all'art.  117,
comma 2, lett. s), Cost. 
    Analogamente, non e' manifestamente infondato il  dubbio  che  la
medesima disciplina contrasti anche con l'art. 117,  comma  2,  lett.
e), Cost., che riserva  alla  competenza  esclusiva  dello  Stato  la
tutela  della  concorrenza.  Infatti,  in  un  mercato  liberalizzato
dell'energia, quale quello disegnato dal d.lgs. 16 marzo 1999, n. 79,
una disposizione normativa che raddoppi addirittura  l'ammontare  del
canone, con conseguente  rilevante  aumento  del  costo  dell'energia
prodotta, rispetto al resto del territorio nazionale, produce effetti
riflessi  in  tema  di  concorrenza  e   rientra   nella   competenza
legislativa esclusiva statale. 
    Sembra, invero, in relazione  a  questi  ultimi  due  profili  di
possibile illegittimita' costituzionale, che possano valere anche per
il caso in esame i principi affermati dalla Corte costituzionale  con
le  sentenze  n.  29  e  n.  142  del  2010   in   riferimento   alla
determinazione della tariffa relativa ai servizi idrici  per  i  vari
settori di impiego dell'acqua. La Corte ha infatti rilevato che  tale
determinazione interferisce con la materia della  concorrenza  e  con
quella della tutela ambientale. E puo'  analogamente  ritenersi  che,
anche nel diverso  settore  della  determinazione  del  canone  delle
concessioni di acqua pubblica attribuito alla competenza  concorrente
provinciale, possa affermarsi il principio che  l'omogeneita'  (anche
se non l'uniformita') del canone, ancorato a parametri determinati  e
valevoli  per  tutto  il  territorio  nazionale,  sia  finalizzata  a
preservare il bene giuridico ambiente dai  rischi  derivanti  da  una
disciplina non uniforme ed a garantire  uno  sviluppo  concorrenziale
del settore della produzione idroelettrica. 
    33.  -  L'appellante  rappresenta  poi  che  l'introduzione,  non
ponderata, ne' attesa, ne' annunciata, di un canone  esorbitante,  da
doversi applicare anche  alle  concessioni  in  corso,  determina  un
rilevante pregiudizio  all'economia  di  essa  societa'  e  priva  la
comunita' di riferimento  dei  comuni  di  Bolzano  e  di  Merano  di
significative quote di risorse, derivanti dalle attivita' elettriche,
che lo statuto speciale di autonomia e la normativa di attuazione, di
cui al  d.P.R.  n.  235/1977  -  non  derogabile  dalla  legislazione
provinciale - hanno inteso riservare alle dette comunita'. 
    Va invero ricordato che le modifiche  statutarie  introdotte  nel
1972 e l'art. 1 del d.P.R. 26 marzo 1977, n. 235 (Norme di attuazione
dello statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige  in  materia
di energia), avevano in passato espressamente attribuito ai soli enti
locali (fra i quali non erano ricompresse le  province  autonome)  il
potere   di   svolgere   attivita'   elettrica,    fatta    eccezione
dell'importazione e dell'esportazione, mediante  la  costituzione  di
aziende municipalizzate nel settore  idroelettrico,  in  deroga  alla
disciplina  sulla  nazionalizzazione  ed  in  applicazione  dei  noti
impegni internazionali assunti dall'Italia con l'Austria. 
    Con la introduzione  dei  nuovi  canoni,  del  tutto  disancorati
dall'effettivo valore della concessione, ma frutto di una  episodica,
quanto imperscrutabile azione, la Provincia  avrebbe  perpetrato  una
vera e propria ablazione di  una  significativa  quota  di  ricchezza
prodotta dalla attivita' di generazione  idroelettrica  a  tutto  suo
vantaggio. 
    Questa sottrazione sarebbe  illegittima  costituzionalmente,  per
violazione dello statuto speciale, che escluderebbe che la  Provincia
possa sfruttare la determinazione del canone-corrispettivo  come  uno
strumento per sottrarre parte del reddito prodotto dai concessionari. 
    L'art. 13 dello Statuto speciale, infatti,  riconosce  gia'  alle
province una cospicua quota di energia prodotta dai concessionari  di
grandi derivazioni,  nella  forma  di  un  sovracanone,  che  ha  una
finalita' solidaristica ed una natura del tutto diversa da quella del
canone  di  concessione,  escludendo  quindi  implicitamente  che  la
Provincia possa acquisire parte del valore prodotto dalla concessione
con altre modalita', quali lo snaturamento dell'istituto  del  canone
concessorio. 
    Le  norme  in  esame   avrebbero   quindi   inteso   imporre   ai
concessionari in atto un intollerabile  balzello,  sotto  le  mentite
spoglie di  una  mera  nuova  determinazione  del  canone,  il  quale
peraltro, nel mercato provinciale, si somma all'obbligo di consegnare
gratuitamente  alla  Provincia  una  rilevante  quota  della  energia
prodotta, in aggiunta agli altri sovracanoni. 
    Le riportate considerazioni svolte dall'appellante  non  appaiono
manifestamente infondate. Sussiste quindi il dubbio di illegittimita'
costituzionale delle disposizioni in  esame  per  contrasto  con  gli
artt. 1 e 1-bis del d.P.R. 26 marzo 1977, n. 235 (Norme di attuazione
dello statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige  in  materia
di energia), nonche' in riferimento  agli  artt.  5,  9  e  13  dello
Statuto speciale della Regione Trentino  Alto  Adige  ed  all'art.  3
Cost., sotto il profilo dell'eccesso di potere  legislativo  e  della
manifesta irragionevolezza. 
    34. - L'appellante sostiene infine che  la  disciplina  censurata
finisce   per   abbattersi   esclusivamente   sugli    enti    locali
concessionari, i quali, a differenza delle imprese private, non  sono
in   grado   di   delocalizzare   la   produzione,   perche'    essi,
istituzionalmente, sono chiamati a gestire le  attivita'  elettriche,
almeno in forma prevalente, nel territorio provinciale.  Si  verrebbe
cosi'   a   determinare   una   irragionevole   discriminazione   tra
imprenditori operanti nel medesimo territorio, in danno delle aziende
degli enti locali con conseguente vulnus per le collettivita' locali. 
    Inoltre,  il  rilevante  incremento   dei   canoni,   del   tutto
disallineato dalla media nazionale, introdurrebbe una  ingiustificata
discriminazione, in danno di tutti i concessionari  della  Provincia,
nei confronti  degli  operatori  che  operano  fuori  dal  territorio
provinciale. 
    Di qui il sospetto di  illegittimita'  costituzionale  -  che  il
tribunale ritiene  non  manifestamente  infondato  -  in  riferimento
all'art. 1 del d.P.R. 26 marzo 1977, n. 235, all'art. 3  Cost.  sotto
il profilo della irragionevole disparita'  di  trattamento,  ed  agli
artt. 41 e 120 Cost. 
    35. - Come gia' piu'  volte  evidenziato,  i  suddetti  dubbi  di
legittimita' costituzionale investono non solo l'art. 29 della  legge
prov. 8 aprile 2004, n. 1, ma anche l'art. 3,  commi  1  e  2,  della
legge prov. 29 agosto 2000, n. 13, che avevano modificato i commi 1 e
2 dell'art. 1 della legge prov. 29 marzo 1983,  n.  10,  introducendo
per la prima volta il  criterio  dell'aumento  progressivo,  anziche'
proporzionale,  del  canone  e   fissando   ammontari   differenziati
all'interno della stessa categoria di utilizzazione. 
    I detti commi 1 e 2 del citato art. 3 della legge prov. n. 13 del
2000, infatti, avevano determinato il canone per l'uso  idroelettrico
in lire 10.500 per ogni chilowatt  di  potenza  nominale  concessa  o
riconosciuta per le derivazioni inferiori a 3.000  chilowatt,  ed  in
lire 30.000 per chilowatt  per  le  derivazioni  superiori  ai  3.000
chilowatt. Anche nei  confronti  di  questa  disposizione  sussistono
quindi i medesimi dubbi di non conformita' con gli indicati parametri
costituzionali. 
    Si e' altresi' gia' rilevato che  la  questione  di  legittimita'
costituzionale e' rilevante in questo giudizio anche con  riferimento
al detto art. 3 della legge prov. 29 agosto 2000, n.  13,  in  quanto
questa e' la disposizione che dovrebbe essere applicata per accertare
l'ammontare dei canoni dovuti dal 1 ° gennaio al 30 giugno 2004. 
    Le  questioni  di  legittimita'   costituzionale   vanno   quindi
sollevate nei confronti di entrambe le dette disposizioni. 
    36. - In conclusione,  ritiene  questo  Tribunale  Superiore  che
tutte le suddette questioni di legittimita' costituzionale non  siano
manifestamente infondate, sicche', essendo  le  stesse  rilevanti  in
questo giudizio (anche dopo l'entrata in vigore dell'art.  31,  comma
1, lett. a), della legge  prov.  23  dicembre  2010,  n.  15)  e  non
superabili mediante una diversa interpretazione, la loro  risoluzione
deve essere rimessa alla Corte costituzionale. 
    Di conseguenza vanno sollevate, ai sensi dell'art. 23 della legge
11  marzo  1953,  n.  87,  le  suddette  questioni  di   legittimita'
costituzionale dell'art. 29 della legge prov. Bolzano 8 aprile  2004,
n. 1, nonche' dell'art. 3, commi 1 e 2, della legge prov. Bolzano  29
agosto 2000, n. 13, che modificano l'art. 1 della legge prov. Bolzano
9 marzo 1983, n. 10, in riferimento ai parametri, sotto i  profili  e
nei termini dianzi indicati. 
    Il presente giudizio deve essere sospeso. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Visto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87; 
    Ritenutane la rilevanza e la non manifesta infondatezza,  solleva
le suindicate questioni di legittimita' costituzionale  dall'art.  29
della legge prov. Bolzano 8 aprile 2004, n. 1  (Disposizioni  per  la
formazione del bilancio di previsione per l'anno finanziario  2004  e
per il triennio 2004-2006  e  norme  legislative  collegate  -  Legge
finanziaria 2004) e dell'art. 3, commi  1  e  2,  della  legge  prov.
Bolzano  29  agosto  2000,  n.  13   (Disposizioni   finanziarie   in
connessione con  l'assestamento  del  bilancio  di  previsione  della
provincia di Bolzano per l'anno finanziario 2000 e  per  il  triennio
2000-2002 e norme legislative collegate),  che  modificano  l'art.  1
della legge prov. Bolzano 9 marzo  1983,  n.  10  (Adeguamento  della
misura dei canoni per le utenze di acqua  pubblica),  in  riferimento
all'art. 117, commi  1  e  3,  Cost.  (per  violazione  dei  principi
generali comunitari e dei principi  fondamentali  della  legislazione
statale indicati), all'art. 117, comma 2, lett. e) ed s), Cost.  (per
violazione della competenza esclusiva statale in  materia  di  tutela
della concorrenza e dell'ambiente), all'art. 3 Cost.  (sotto  diversi
profili di manifesta irragionevolezza, di  ingiustificata  disparita'
di trattamento e di eccesso di potere legislativo),  agli  artt.  23,
24, 41, 97, 113, 120 Cost., nonche'  agli  artt.  5,  9  e  13  dello
Statuto speciale della Regione Trentino Alto Adige ed agli artt. 1  e
1-bis del d.P.R. 26 marzo 1977, n. 235  (Norme  di  attuazione  dello
statuto speciale della regione  Trentino-Alto  Adige  in  materia  di
energia), sotto i profili e nei termini dianzi indicati; 
    Sospende il giudizio in corso; 
    Dispone  che,  a  cura  della   cancelleria,   gli   atti   siano
immediatamente trasmessi alla Corte costituzionale, e che la presente
ordinanza sia notificata alle parti in causa  nonche'  al  Presidente
della Giunta provinciale di Bolzano, e che sia  anche  comunicata  al
Presidente del Consiglio provinciale di Bolzano. 
    Cosi' deciso in Roma, nella sede del  Tribunale  Superiore  delle
Acque Pubbliche, il 25 gennaio 2012. 
 
                       Il Presidente: Elefante