N. 221 SENTENZA 19 settembre - 4 ottobre 2012

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Lavoro - Contrattazione  collettiva  -  Realizzazione  di  specifiche
  intese a livello aziendale  e/o  territoriale  per  la  regolazione
  delle materie analiticamente  indicate,  inerenti  l'organizzazione
  del lavoro e della produzione - Possibilita' che le intese  operino
  in deroga alle leggi  statali  e  regionali  nonche'  ai  contratti
  collettivi nazionali - Ricorso della  Regione  Toscana  -  Asserita
  incidenza  sulla  legislazione  regionale  emanata  nella   materia
  concorrente  della  tutela  del  lavoro  -  Asserita  mancanza   di
  strumenti di concertazione con le Regioni - Asserita previsione  di
  fonte  extra  ordinem  per  la  mancata  attuazione  del   precetto
  costituzionale sulla registrazione dei sindacati - Insussistenza  -
  Disciplina     completamente     riconducibile     alla     materia
  dell'ordinamento civile  rientrante  nella  competenza  legislativa
  esclusiva dello Stato - Non fondatezza della questione. 
- D.l. 13 agosto 2011, n. 138 (convertito nella  legge  14  settembre
  2011, n. 148), art. 8, commi 1, 2 e 2-bis. 
- Costituzione, artt. 39, 117, terzo comma, e 118. 
(GU n.40 del 10-10-2012 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Alfonso QUARANTA; 
Giudici :Franco GALLO,  Luigi  MAZZELLA,  Gaetano  SILVESTRI,  Sabino
  CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe  FRIGO,
  Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo  CAROSI,
  Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, 
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'articolo  8,
commi 1, 2  e  2-bis,  del  decreto-legge  13  agosto  2011,  n.  138
(Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo
sviluppo), convertito, con modificazioni, dalla  legge  14  settembre
2011, n. 148 promosso dalla Regione Toscana con ricorso notificato il
14-18 novembre 2011, depositato in cancelleria il 17 novembre 2011 ed
iscritto al n. 133 del registro ricorsi 2011. 
    Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nell'udienza pubblica del 3 luglio 2012 il Giudice relatore
Alessandro Criscuolo; 
    uditi l'avvocato Marcello Cecchetti  per  la  Regione  Toscana  e
l'avvocato dello Stato Barbara Tidore per il Presidente del Consiglio
dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- La Regione Toscana,  con  ricorso  (r.r.  n.  133  del  2011)
notificato, a  mezzo  del  servizio  postale,  il  14  novembre  2011
(ricevuto il 18 novembre successivo presso la sede  della  Presidenza
del Consiglio dei ministri),  depositato  il  17  novembre  2011,  ha
impugnato, tra gli altri, l'articolo 8,  commi  1,  2  e  2-bis,  del
decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la
stabilizzazione finanziaria  e  per  lo  sviluppo),  convertito,  con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 14  settembre  2011,
n. 148. 
    La Regione ha addotto la violazione degli articoli 39, 117, terzo
comma, e 118 della  Costituzione,  nonche'  del  principio  di  leale
collaborazione. 
    1.2.- Dopo aver riportato il testo della disposizione  censurata,
inserita nel Titolo III della citata normativa concernente le  misure
a sostegno dell'occupazione, la ricorrente pone in  evidenza  che  la
norma  in  esame   prevede   la   possibilita',   nell'ambito   della
contrattazione  collettiva  di  lavoro  aziendale  e/o   territoriale
(cosiddetta contrattazione collettiva di prossimita'), di  realizzare
specifiche  intese,   finalizzate,   tra   l'altro,   alla   maggiore
occupazione,  alla  promozione  di  forme   di   partecipazione   dei
lavoratori, alla gestione delle crisi aziendali e occupazionali, agli
investimenti e all'avvio di nuove  attivita'  (comma  1),  aventi  ad
oggetto le materie concernenti l'organizzazione del  lavoro  e  della
produzione - con elencazione (comma 2) in relazione  alla  quale  non
sarebbe chiarito se essa abbia carattere esaustivo o  esemplificativo
-  anche  in  deroga  alle  disposizioni  di  legge  (incluse  quelle
regionali) vigenti nelle materie oggetto della loro disciplina e alle
relative  regolamentazioni   contenute   nei   contratti   collettivi
nazionali di lavoro. 
    La Regione Toscana  assume  che  le  intese  derogatorie  di  cui
all'art. 8, avuto riguardo alle finalita'  perseguite  di  promozione
della maggiore occupazione e di  partecipazione  dei  lavoratori,  di
gestione delle crisi  aziendali  e  occupazionali,  di  investimenti,
anche relativi alla introduzione di nuove tecnologie,  involgerebbero
aspetti  oggetto  delle  azioni  di  politica  attiva   del   lavoro,
riconducibili alla potesta' concorrente regionale  della  tutela  del
lavoro. 
    Al   riguardo,   la   ricorrente   richiama   la   giurisprudenza
costituzionale,  in  ordine  alla  interferenza  di  materie  e  alla
concorrenza di competenze legislative nella  disciplina  del  diritto
del lavoro, nonche', in particolare, ai  contenuti  della  competenza
concorrente della tutela del lavoro,  confermata  con  riguardo,  tra
l'altro,  alla  formazione  esterna  all'azienda,  alla  materia  del
collocamento,  agli  strumenti  e  alle  modalita'  d'inserimento  di
soggetti svantaggiati nel mondo del lavoro, alle  norme  che  pongono
limiti quantitativi alle imprese  nelle  assunzioni  di  apprendisti,
alle funzioni di programmazione, monitoraggio e verifica  nell'ambito
del mercato  del  lavoro  di  rispettiva  competenza  (e'  citata  la
sentenza n. 50 del 2005). 
    La denunciata incidenza della normativa impugnata  nella  materia
della  tutela  del  lavoro,  di  competenza  concorrente   regionale,
risulterebbe ancora piu' evidente avuto riguardo alla normativa della
Regione Toscana in materia di lavoro (legge regionale 26 luglio 2002,
n. 32, recante: «Testo unico della normativa della Regione Toscana in
materia   di   educazione,   istruzione,   orientamento,   formazione
professionale e lavoro», e successive modifiche), secondo cui tra gli
obiettivi  delle  politiche  regionali  di  intervento  figurano   lo
sviluppo e la promozione della occupazione, il sostegno di azioni  di
pari opportunita' volte a migliorare l'accesso delle donne al mercato
del lavoro, lo sviluppo delle azioni dirette a garantire ai  disabili
l'accesso al  lavoro,  le  politiche  di  sostegno  alla  continuita'
lavorativa al fine di  favorire  condizioni  lavorative  stabili,  la
diffusione della cultura di impresa, con particolare riferimento alla
cultura cooperativa. 
    Le intese previste non solo interferirebbero nei suddetti ambiti,
gia' oggetto della disciplina regionale, ma potrebbero anche derogare
a quest'ultima, cio' in contrasto con l'art. 117, terzo comma, Cost.,
sotto il profilo della competenza concorrente regionale in materia di
tutela del lavoro. 
    La ricorrente ritiene che il citato  art.  8  violi  l'art.  117,
terzo comma, Cost. anche nella parte  in  cui  rende  derogabile  dai
contratti  collettivi  aziendali   e/o   territoriali   i   contratti
collettivi nazionali, in quanto in questo modo  sarebbero  vanificate
tutte le disposizioni legislative regionali - richiamate nel  ricorso
- che rinviano all'osservanza dei contratti collettivi  nazionali  di
lavoro per definire i requisiti necessari ai fini  della  concessione
di  contributi  o  per   la   collaborazione,   a   diverso   titolo,
all'esercizio di funzioni regionali. 
    Pertanto, la Regione Toscana adduce la violazione dell'art.  117,
terzo comma, Cost., sotto il  profilo  della  competenza  concorrente
regionale in materia di tutela del lavoro,  nella  parte  in  cui  la
norma  impugnata  «impone  di  considerare  preminente  il  contratto
aziendale e/o territoriale sul contratto collettivo nazionale e sulla
legislazione statale e regionale». 
    1.3.- La ricorrente denunzia, altresi', la violazione degli artt.
117, terzo comma,  e  118  Cost.,  nonche'  del  principio  di  leale
collaborazione, in quanto, pur a fronte di una normativa che presenta
molteplici   interferenze   con   le   competenze   regionali,    non
risulterebbero previsti strumenti di concertazione  con  le  Regioni,
rimaste estranee alle  intese  disciplinate  dalla  norma  impugnata,
tanto piu' che si tratterebbe di intese derogatorie  di  disposizioni
di legge, incluse quelle regionali. 
    In merito, la Regione  Toscana  richiama  alcune  pronunce  della
Corte  costituzionale  sulla  necessita'  di  procedere,  allorquando
sussista una interferenza di materie e, dunque,  una  concorrenza  di
competenze  legislative,  alla  composizione  dei  diversi  interessi
attraverso gli strumenti della leale collaborazione (sono  citate  le
sentenze n. 176 del 2010 e n. 50 del 2005). 
    1.4.- Infine, la Regione Toscana deduce la  violazione  dell'art.
39 Cost., che si tradurrebbe in una violazione dell'art.  117,  terzo
comma, Cost., sotto il profilo della competenza concorrente regionale
in  materia  di  tutela  del  lavoro,  in  quanto,  data  la  mancata
attuazione della  citata  norma  -  secondo  la  quale  il  contratto
collettivo di lavoro puo' assumere efficacia generale soltanto se  il
sindacato  sia  registrato  -  detti  contratti  collettivi  e/o   le
specifiche intese sottoscritte a livello aziendale o territoriale  di
cui alla norma impugnata non potrebbero assumere efficacia  generale,
ne' tantomeno derogatoria rispetto a norme di legge anche regionali. 
    In particolare,  ad  avviso  della  ricorrente,  la  disposizione
impugnata si tradurrebbe in una «delega di funzioni  paralegislative»
(cosi' sentenza n. 344 del 1996) ai contratti  collettivi  di  lavoro
e/o  alle  specifiche  intese  sottoscritte  a  livello  aziendale  o
territoriale, in palese violazione dell'art. 39 Cost. in quanto detti
contratti e/o intese sarebbero trasformati in  fonti  extra  ordinem,
operando  in  deroga  ai  contratti  collettivi  nazionali   e   alle
disposizioni di legge statali e regionali. 
    2.- In data 27 dicembre 2011 si e' costituito il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale dello Stato, chiedendo  che  la  questione  di  legittimita'
costituzionale sia dichiarata non fondata. 
    La  difesa  statale  osserva  che  i  profili  di  illegittimita'
costituzionale,   prospettati   dalla   ricorrente,   non   sarebbero
appropriati alla normativa in esame. 
    In primo luogo, l'istituto dell'opting-out (clausola derogatoria)
non presenterebbe il carattere di generalita' che viene assunto dalla
ricorrente  quale  presupposto  delle  formulate   censure,   potendo
rilevare soltanto quando le relative intese siano finalizzate ad  una
maggiore  occupazione,  alla  qualita'  dei  contratti   di   lavoro,
all'emersione del lavoro irregolare, ad incrementi di  competitivita'
e salario, alla  gestione  di  crisi  aziendali  ed  occupazionali  e
all'avvio di nuove attivita'. 
    Quanto alla censura concernente la assunta violazione del riparto
di competenze legislative Stato-Regioni  in  materia  di  lavoro,  la
difesa statale osserva che, secondo i principi stabilmente  affermati
dalla  giurisprudenza  costituzionale,   il   complesso   di   ambiti
componenti il diritto del lavoro puo'  essere  suddiviso  in  diritto
sindacale e disciplina del rapporto  di  lavoro,  riconducibili  alla
materia dell'ordinamento civile, ed in regolamentazione della  tutela
e sicurezza del lavoro, oggetto di competenza legislativa concorrente
(sono citate le sentenze n. 234 e n. 50 del 2005, n. 359 del 2003). 
    In applicazione dei suddetti principi,  il  legislatore  statale,
con la norma impugnata,  non  avrebbe  travalicato  i  confini  della
propria competenza esclusiva. 
    3.- Con memoria depositata in data 29  maggio  2012,  la  Regione
Toscana  ha  illustrato   ulteriormente   le   proprie   conclusioni,
insistendo per l'accoglimento del ricorso. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Regione Toscana, con il ricorso indicato in  epigrafe,  ha
promosso questioni di  legittimita'  costituzionale,  in  riferimento
agli articoli 39, 117, terzo comma, e 118 della Costituzione, nonche'
al principio di leale collaborazione, dell'articolo 8, commi 1,  2  e
2-bis, del decreto-legge 13 agosto 2011,  n.  138  (Ulteriori  misure
urgenti per  la  stabilizzazione  finanziaria  e  per  lo  sviluppo),
convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della  legge
14  settembre  2011,  n.  148,  «nella  parte  in  cui   prevede   la
realizzazione  di  specifiche  intese   a   livello   aziendale   e/o
territoriale che possono operare  in  deroga  alle  leggi  statali  e
regionali nonche' ai contratti collettivi nazionali». 
    Ad avviso della ricorrente, la  norma  censurata  violerebbe,  in
primo luogo, l'art. 117, terzo comma, Cost., sotto il  profilo  della
competenza concorrente regionale in materia  di  tutela  del  lavoro.
Infatti essa, nella parte in cui prevede  la  realizzazione  di  tali
intese - con finalita', tra l'altro,  di  promozione  della  maggiore
occupazione, di partecipazione  dei  lavoratori,  di  gestione  delle
crisi aziendali e occupazionali, di investimenti, anche relativi alla
introduzione di nuove tecnologie e di  avvio  di  nuove  attivita'  -
concernenti aspetti oggetto  delle  azioni  di  politica  attiva  del
lavoro,  anche  in  deroga  di  disposizioni  di  legge,  statali   e
regionali,  nonche'  ai  contratti  collettivi   nazionali,   sarebbe
invasiva della detta competenza regionale  concorrente,  interferendo
con le disposizioni gia' adottate dalla Regione in materia di lavoro. 
    Inoltre, la norma  impugnata  violerebbe  gli  artt.  117,  terzo
comma, e 118 Cost., nonche' il principio di leale collaborazione,  in
quanto, pur in presenza di una normativa che realizzerebbe molteplici
interferenze con le competenze regionali, non risulterebbero previsti
strumenti di concertazione con  le  Regioni,  rimaste  estranee  alle
intese disciplinate dalla norma indicata,  specialmente  considerando
che si tratterebbe di intese derogatorie di  disposizioni  di  legge,
incluse quelle regionali. 
    Infine,  sarebbe  violato  l'art.  39  Cost.  -  con  conseguente
violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost., sotto il profilo  della
competenza concorrente regionale in materia di tutela del lavoro - in
quanto, data la mancata attuazione dello stesso art. 39 (alla stregua
del quale il contratto collettivo di lavoro puo'  assumere  efficacia
generale soltanto  se  il  sindacato  sia  registrato),  i  contratti
collettivi di lavoro e/o le specifiche intese, sottoscritti a livello
aziendale o territoriale, non potrebbero assumere efficacia generale,
ne'  tanto  meno  derogatoria,  rispetto  a  norme  di  legge   anche
regionali, con conseguente trasformazione degli stessi in  una  fonte
extra ordinem. 
    2.- Riservata  a  separate  pronunce  la  decisione  sulle  altre
questioni proposte dalla Regione Toscana con il ricorso in  epigrafe,
vengono all'esame della  Corte  le  censure  mosse  dalla  ricorrente
all'art. 8, commi 1, 2, 2-bis, del d.l. n. 138 del 2011,  convertito,
con modificazioni, dalla legge n.148 del 2011. 
    Detta norma,  sotto  la  rubrica  «Sostegno  alla  contrattazione
collettiva di prossimita'», cosi' dispone: 
    «1.- I contratti collettivi  di  lavoro  sottoscritti  a  livello
aziendale   o   territoriale   da   associazioni    dei    lavoratori
comparativamente  piu'  rappresentative   sul   piano   nazionale   o
territoriale ovvero dalle loro rappresentanze sindacali  operanti  in
azienda  ai  sensi  della  normativa  di  legge   e   degli   accordi
interconfederali vigenti, compreso l'accordo interconfederale del  28
giugno 2011, possono realizzare specifiche intese con  efficacia  nei
confronti di tutti i lavoratori interessati a  condizione  di  essere
sottoscritte sulla base di un criterio  maggioritario  relativo  alle
predette  rappresentanze   sindacali,   finalizzate   alla   maggiore
occupazione, alla qualita' dei contratti di lavoro,  all'adozione  di
forme di partecipazione dei lavoratori,  alla  emersione  del  lavoro
irregolare, agli incrementi di  competitivita'  e  di  salario,  alla
gestione delle crisi aziendali e occupazionali, agli  investimenti  e
all'avvio di nuove attivita'. 
    2.- Le specifiche intese di cui al comma 1 possono riguardare  la
regolazione delle materie  inerenti  l'organizzazione  del  lavoro  e
della produzione con riferimento: 
    a)  agli  impianti  audiovisivi  e  alla  introduzione  di  nuove
tecnologie; 
    b)  alle  mansioni  del  lavoratore,   alla   classificazione   e
inquadramento del personale; 
    c) ai  contratti  a  termine,  ai  contratti  a  orario  ridotto,
modulato o flessibile, al regime della solidarieta' negli  appalti  e
ai casi di ricorso alla somministrazione di lavoro; 
    d) alla disciplina dell'orario di lavoro; 
    e) alle modalita' di assunzione  e  disciplina  del  rapporto  di
lavoro,  comprese  le  collaborazioni  coordinate  e  continuative  a
progetto e le partite IVA,  alla  trasformazione  e  conversione  dei
contratti di lavoro e alle conseguenze del recesso  dal  rapporto  di
lavoro, fatta eccezione  per  il  licenziamento  discriminatorio,  il
licenziamento della lavoratrice in concomitanza  del  matrimonio,  il
licenziamento della lavoratrice dall'inizio del periodo di gravidanza
fino al termine dei periodi di interdizione al lavoro,  nonche'  fino
ad un anno di  eta'  del  bambino,  il  licenziamento  causato  dalla
domanda o dalla fruizione del congedo parentale e per la malattia del
bambino  da  parte  della  lavoratrice  o  del   lavoratore   ed   il
licenziamento in caso di adozione o affidamento. 
    2-bis.- Fermo restando il rispetto della Costituzione, nonche'  i
vincoli derivanti dalle normative  comunitarie  e  dalle  convenzioni
internazionali sul lavoro, le specifiche intese di  cui  al  comma  1
operano anche in deroga alle disposizioni di legge  che  disciplinano
le materie richiamate dal comma 2 e dalle  relative  regolamentazioni
contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro». 
    3.- Le censure mosse dalla ricorrente alla norma  ora  trascritta
non sono fondate. 
    La Regione Toscana muove dal presupposto che detta norma - il cui
novum riguarderebbe la possibilita' che  i  contratti  collettivi  di
lavoro, sottoscritti a livello aziendale e/o territoriale  realizzino
specifiche intese, aventi ad oggetto, tra l'altro, azioni preordinate
alla maggiore occupazione, alla adozione di forme  di  partecipazione
dei lavoratori, alla gestione delle crisi aziendali e  occupazionali,
agli investimenti e all'avvio di nuove attivita' (comma 1) -  potendo
derogare alle disposizioni di legge, anche  regionali,  sarebbero  in
grado di vanificare la legislazione regionale emanata in  materia  di
tutela del lavoro. 
    Inoltre,  pur  a  fronte  di  una  normativa  che   presenterebbe
molteplici   interferenze   con   le   competenze   regionali,    non
risulterebbero previsti strumenti di concertazione  con  le  Regioni,
destinate  a  rimanere  estranee  alle  intese   disciplinate   dalla
disposizione impugnata, benche' si tratti d'intese idonee a  derogare
alle disposizioni di legge, incluse quelle regionali. 
    Questa tesi non puo' essere condivisa. 
    Va premesso che, come emerge dal dettato della norma de  qua,  le
«specifiche intese» previste dal comma 1, «finalizzate alla  maggiore
occupazione, alla qualita' dei contratti di lavoro,  all'adozione  di
forme di partecipazione dei lavoratori,  alla  emersione  del  lavoro
irregolare, agli incrementi di  competitivita'  e  di  salario,  alla
gestione delle crisi aziendali e occupazionali, agli  investimenti  e
all'avvio di nuove attivita'», non hanno  un  ambito  illimitato,  ma
possono riguardare soltanto «la regolazione  delle  materie  inerenti
l'organizzazione del lavoro e della produzione», con riferimento:  a)
agli impianti audiovisivi e alla introduzione di nuove tecnologie; b)
alle mansioni del lavoratore, alla  classificazione  e  inquadramento
del personale; c) ai contratti  a  termine,  ai  contratti  a  orario
ridotto, modulato o flessibile, al regime  della  solidarieta'  negli
appalti e ai casi di ricorso alla somministrazione di lavoro; d) alla
disciplina dell'orario di lavoro; e) alle modalita' di  assunzione  e
disciplina  del  rapporto  di  lavoro,  comprese  le   collaborazioni
coordinate  e  continuative  a  progetto  e  le  partite  IVA,   alla
trasformazione  e  conversione  dei  contratti  di  lavoro   e   alle
conseguenze del recesso dal rapporto di lavoro, fatta eccezione per i
casi di licenziamento discriminatorio  menzionati  in  modo  espresso
dalla norma stessa (comma 2). 
    Contrariamente a quanto ritiene la ricorrente, il suddetto elenco
ha  carattere  tassativo,  come  si   desume   sia   dall'espressione
utilizzata dal legislatore («con riferimento» alle specifiche materie
indicate), sia - ed ancor piu' chiaramente - dal dettato dell'art. 8,
comma 2-bis, alla stregua del quale «le specifiche intese di  cui  al
comma 1 operano anche  in  deroga  alle  disposizioni  di  legge  che
disciplinano le materie richiamate  dal  comma  2  ed  alle  relative
regolamentazioni contenute  nei  contratti  collettivi  nazionali  di
lavoro». 
    Cio' significa che  l'effetto  derogatorio  previsto  dal  citato
comma 2-bis opera in relazione alle materie richiamate dal comma 2  e
non  ad  altre.  Inoltre,  trattandosi  di  norma  avente   carattere
chiaramente eccezionale, non si applica oltre i casi  e  i  tempi  in
essa considerati (art. 14 disposizioni sulla legge in generale). 
    Fermo quanto precede, si deve ancora notare che l'identificazione
della materia, tra quelle contemplate dall'art. 117 Cost.  in  ordine
al riparto delle competenze legislative tra lo  Stato  e  le  Regioni
(unico profilo rilevante in  questa  sede),  deve  essere  effettuata
avuto  riguardo  all'oggetto  e  alla  disciplina   stabilita   dalla
medesima, tenendo conto della sua  ratio,  tralasciando  gli  aspetti
marginali e gli effetti riflessi (ex plurimis: sentenze  n.  300  del
2011, nn. 326 e 235 del 2010, n. 368 del 2008 e n. 165 del 2007).  In
particolare, la disciplina normativa in esame deve essere considerata
per cio'  che  essa  dispone  e  non  gia'  in  base  alle  finalita'
perseguite dal legislatore (sentenze n. 411 del  2006  e  n.  50  del
2005). 
    Orbene, le materie indicate dall'art. 8, comma 2, del d.l. n. 138
del  2011,  poi  convertito,  concernono  aspetti  della   disciplina
sindacale e intersoggettiva del  rapporto  di  lavoro,  riconducibili
tutti alla materia dell'ordinamento civile (art. 117, secondo  comma,
lettera l, Cost.), rientrante nella competenza legislativa  esclusiva
dello Stato. 
    In  particolare,  la  disciplina  della  fase   costitutiva   del
contratto di lavoro, come quella del rapporto sorto per effetto dello
stesso - inclusa la regolamentazione delle collaborazioni  coordinate
e continuative a progetto e delle partite IVA, nonche' delle  vicende
del rapporto inerenti alla trasformazione e conversione dei contratti
di lavoro e alle conseguenze del recesso dal rapporto  stesso,  fatta
eccezione per i licenziamenti discriminatori - si realizzano mediante
la  stipulazione  di  contratti  di  diritto  privato  e,   pertanto,
appartengono  alla  materia  dell'ordinamento  civile  (tra  le  piu'
recenti: sentenze n. 51 del 2012 e n. 69 del 2011). 
    Anche la disciplina attinente alla trasformazione  dei  contratti
di lavoro (per esempio, da tempo parziale a tempo pieno) concerne  la
disciplina  privatistica  del  rapporto  poiche'  incide  sull'orario
regolato dalla contrattazione collettiva e, quindi,  appartiene  alla
materia dell'ordinamento civile (sentenze n. 108 del 2011  e  n.  324
del 2010); e ad analoghe conclusioni si deve giungere  in  ordine  al
regime della solidarieta' negli appalti ed ai casi  di  ricorso  alla
somministrazione di lavoro. 
    La normativa sulle mansioni del lavoratore  trova  la  sua  prima
fonte nell'art. 2103 del codice civile ed  e',  altresi',  completata
dalla contrattazione collettiva (resta esclusa dalla applicazione del
citato art. 8 la speciale disciplina legale delle mansioni nel lavoro
privatizzato alle  dipendenze  delle  pubbliche  amministrazioni,  ai
sensi del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante:  «Norme
generali  sull'ordinamento   del   lavoro   alle   dipendenze   delle
amministrazioni    pubbliche»).    Del    pari,     la     disciplina
sull'inquadramento   del   personale    appartiene    alla    materia
dell'ordinamento civile (sentenza n. 68 del 2011). 
    La  norma  che  regola  gli  impianti  audiovisivi  e'  contenuta
nell'art. 4 della legge 20 maggio 1970, n. 300  (Norme  sulla  tutela
della liberta' e dignita' dei lavoratori, della liberta' sindacale  e
della  attivita'  sindacale  nei  luoghi  di  lavoro  e   norme   sul
collocamento) ed e' anch'essa ascrivibile alla  materia  «ordinamento
civile», in quanto rientrante nell'ambito del  diritto  sindacale  e,
entro  i  limiti  di  cui  al  secondo  comma  del  citato  art.   4,
suscettibile  di  deroga  convenzionale   previo   accordo   con   le
rappresentanze sindacali aziendali oppure, in mancanza di queste, con
la commissione interna. 
    Come emerge dall'analisi che precede, ai  sensi  dell'art.  2-bis
della norma censurata, le «specifiche intese» di cui al  comma  1  di
quest'ultima  sono  destinate  ad  operare,  dunque,  nell'ambito  di
materie rientranti tutte nella competenza legislativa esclusiva dello
Stato (art. 117, secondo comma, lett. l, Cost.). 
    Non  e'  esatto,  percio',  che  esse  possano   incidere   sulla
legislazione regionale emanata  in  materia  di  tutela  del  lavoro,
demandata alla legislazione concorrente tra  Stato  e  Regioni  (art.
117, terzo comma, Cost.). Ne' giova il richiamo  alla  giurisprudenza
di questa Corte, secondo la quale  una  normativa  che  intervenga  a
disciplinare la materia «lavoro» debba necessariamente  tenere  conto
dell'intreccio di materie su cui la disciplina medesima si  riflette,
con specifico riferimento alla competenza concorrente  delle  Regioni
in ordine alla tutela del lavoro. Invero, tale principio e'  operante
quando un intreccio di materie sussista. 
    Tuttavia, nel caso in esame si e' gia' posto in evidenza  che  le
materie, nelle quali la contrattazione collettiva di  prossimita'  e'
destinata  ad  operare,  appartengono  alla  competenza   legislativa
esclusiva dello Stato. 
    Del resto, gli stessi riferimenti compiuti  dalla  ricorrente  ne
danno conferma. Essi menzionano «la formazione  esterna  all'azienda,
in materia di collocamento,  con  riguardo  agli  strumenti  ed  alle
modalita'  d'inserimento  di  soggetti  svantaggiati  nel  mondo  del
lavoro, in riferimento alle norme  che  pongono  limiti  quantitativi
alle imprese nelle assunzioni di  apprendisti  ed  alle  funzioni  di
programmazione, monitoraggio e verifica nell'ambito del  mercato  del
lavoro di rispettiva competenza etc.  (sentenza  n.  50/2005)  e,  in
generale con riferimento  alle  politiche  attive  volte  a  favorire
l'occupazione ed il lavoro». 
    Orbene, nessuno di questi  settori  e'  richiamato  dal  catalogo
contenuto nel comma 2, lettere da a) ad e),  della  norma  censurata.
Alcuni  di  essi  trovano  collocazione  tra  le  finalita'  che   la
contrattazione collettiva di prossimita' deve proporsi.  Si  e'  gia'
messo in luce, pero', che le materie previste dall'art. 117 Cost. non
possono essere confuse con le finalita'  perseguite  dal  legislatore
(sentenza n. 411 del 2006, citata). 
    Come detta sentenza ha rimarcato, il  criterio  differenziale  si
impone ancora di piu' quando venga in rilievo  una  materia  -  quale
quella della tutela del lavoro - la cui stessa denominazione  include
il concetto di fine,  e  che  per  cio'  solo  sarebbe  in  grado  di
riferirsi a qualsiasi disciplina avente ad oggetto il lavoro. 
    La ricorrente richiama anche la giurisprudenza di questa Corte in
tema di apprendistato (sentenza n. 176 del 2010), ma  il  riferimento
nella specie non e'  pertinente.  Infatti,  in  quella  pronuncia  fu
ravvisata la necessita' di tenere conto delle specifiche interferenze
sussistenti tra la formazione all'interno delle aziende (inerente  al
rapporto  contrattuale,   onde   la   relativa   disciplina   rientra
nell'ordinamento civile) e la formazione pubblica,  che  spetta  alle
Regioni e alle Province autonome disciplinare. Nel caso in esame,  si
deve notare, in primo luogo, che  la  norma  censurata  non  contiene
alcun  accenno  all'apprendistato;  e,  in  secondo  luogo,  che   la
ricorrente si limita ad un generico richiamo alla materia «tutela del
lavoro», ma non  individua  alcun  istituto  in  relazione  al  quale
verificare  la  presunta  interferenza,  dalla  ricorrente   medesima
postulata, ma non dimostrata. 
    La Regione  Toscana  ha  dedotto  anche:  a)  la  violazione  del
principio di leale collaborazione, stante la mancata previsione di un
adeguato coinvolgimento regionale;  b)  la  violazione  dell'art.  39
Cost., alla stregua del quale (quarto comma) il contratto  collettivo
di lavoro ha efficacia  obbligatoria  soltanto  se  il  sindacato  e'
registrato (il che non puo' avvenire per la  mancata  attuazione  del
citato precetto costituzionale). Si deve replicare: a) che  il  detto
principio, peraltro non invocabile con riguardo  all'esercizio  della
funzione legislativa, non puo' comunque trovare  applicazione  in  un
ambito rimesso alla potesta' legislativa  esclusiva  dello  Stato  in
materia di ordinamento civile (sentenza n. 341  del  2009);  b)  che,
proprio  perche'  si  verte  in  materia  demandata  alla  competenza
legislativa esclusiva dello Stato, una eventuale violazione dell'art.
39  (quarto  comma  )  Cost.,  per  mancato  rispetto  dei  requisiti
soggettivi e della procedura di cui al precetto  costituzionale,  non
si  risolve  in   una   violazione   delle   attribuzioni   regionali
costituzionalmente garantite. 
    Dalle considerazioni fin qui esposte deriva che la  questione  di
legittimita' costituzionale promossa dalla  Regione  Toscana  con  il
ricorso indicato in epigrafe deve essere dichiarata non  fondata  con
riferimento a tutti i parametri evocati. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riservata a separate pronunce la decisione sulle altre  questioni
di legittimita' costituzionale proposte dalla Regione Toscana con  il
ricorso in epigrafe, 
    dichiara non fondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'articolo 8, commi 1, 2 e  2-bis,  del  decreto-legge  13  agosto
2011,  n.  138  (Ulteriori  misure  urgenti  per  la  stabilizzazione
finanziaria  e  per  lo  sviluppo),  convertito,  con  modificazioni,
dall'articolo 1, comma 1, della legge  14  settembre  2011,  n.  148,
promossa in via principale dalla Regione Toscana, in riferimento agli
articoli 39, 117, terzo comma, e 118 della Costituzione,  nonche'  al
principio  di  leale  collaborazione,  con  il  ricorso  indicato  in
epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 19 settembre 2012. 
 
                                F.to: 
                    Alfonso QUARANTA, Presidente 
                   Alessandro CRISCUOLO, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 4 ottobre 2012. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI