N. 13 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 8 ottobre 2012
Ricorso per conflitto depositato in cancelleria l'8 ottobre 2012 (della Regione autonoma della Sardegna). Imposte e tasse - Nota del Direttore generale delle finanze e del Ragioniere generale dello Stato del 20 luglio 2012, recante "Modalita' di individuazione del maggior gettito da riservare all'Erario, ai sensi dell'art. 2, comma 36, del decreto-legge n. 138/2011, convertito, con modificazioni, in legge n. 148/2011 e dell'art. 48, comma 1, del decreto-legge n. 201/2011, convertito, con modificazioni, in legge n. 214/2011" - Predisposizione di una tabella recante le previsioni degli incrementi di gettito dei tributi per l'anno 2012, distinte per capitolo/articolo di imputazione del bilancio dello Stato, derivanti dalle due manovre di finanza pubblica di agosto e dicembre 2011 - Assunzione della somma indicata nelle previsioni quale divisore delle entrate complessive di competenza dei medesimi capitoli/articoli di entrata del bilancio dello Stato ai fini della determinazione delle incidenze percentuali degli incrementi di gettito da destinare agli appositi capitoli/articoli di entrata sui quali devono essere separatamente contabilizzate le maggiori entrate riservate all'Erario - Applicazione di detto meccanismo di contabilizzazione anche alle Regioni a statuto speciale - Previsione del recupero da parte dell'Amministrazione statale della percentuale cosi' determinata sulle somme gia' versate alle autonomie speciali in esecuzione dei diversi regimi di compartecipazione alle entrate erariali fissati dagli statuti e dalle relative norme di attuazione - Ricorso della Regione Sardegna - Denunciata illegittimita' derivata per illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 36, del D.L. n. 138/2011, convertito in legge n. 148/2011 e dell'art. 46, comma 1, del D.L. n. 201/2011, convertito in legge n. 214/2011, gia' impugnati con ricorsi in via principale nn. 160/11 e 47/12 - Denunciata violazione dell'autonomia finanziaria regionale, nonche' dei principi di ragionevolezza e di leale collaborazione sotto svariati profili - Richiesta alla Corte di dichiarare la non spettanza allo Stato e per esso al Ministero dell'economia e delle finanze di emanare il decreto del Direttore generale delle finanze e del Ragioniere generale dello Stato 20 luglio 2012 impugnato e di annullare lo stesso. - Nota del Direttore generale delle finanze e del Ragioniere generale dello Stato 20 luglio 2012. - Costituzione, artt. 3, 117 e 119; Statuto della Regione Sardegna, artt. 7, 8 e 54 in riferimento all'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3; decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, art. 48, comma 1-bis.(GU n.47 del 28-11-2012 )
Ricorso nell'interesse della regione autonoma della Sardegna (Cod. fisc. 80002870923) in persona del Presidente pro tempore dott. Ugo Cappellacci, giusta procura a margine del presente atto rappresentata e difesa dagli avv.ti Tiziana Ledda (cod. fisc.: LDDTZN52T59B354Q: fax: 070/6062418; posta elettronica certificata: tledda@pec.regione.sardegna.it) e prof. Massimo Luciani (cod.fisc.: LCNMSM52L23H501G; fax: 06/90236029; posta elettronica certificata: massimoluciani@ordineavvocatiroma.org) ed elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo in 00153 Roma, Lungotevere Raffaello Sanzio n. 9; Contro il Presidente del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio pro tempore, a seguito e per l'annullamento del decreto del direttore generale delle finanze e del ragioniere generale dello Stato 20 luglio 2012, recante «Modalita' di individuazione del maggior gettito da riservare all'erario, ai sensi dell'art. 2, comma 36 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, e dell'art. 48, comma 1, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 173 del 26 luglio 2012. F a t t o 1. - Le vicende sottese alla presente controversia sono in larga parte note a codesta ecc.ma Corte costituzionale. Esse, infatti, prendono le mosse dall'art. 2, comma 36, del decreto-legge n. 138 del 2011, conv. con modificazioni in legge n. 148 del 2011, e dall'art. 48, comma 1, del decreto-legge n. 201 del 2011, conv. con modificazioni in legge n. 214 del 2011. La prima disposizione prevede che «le maggiori entrate derivanti dal presente decreto sono riservate all'erario, per un periodo di cinque anni, per essere destinate alle esigenze prioritarie di raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede europea, anche alla luce della eccezionalita' della situazione economica internazionale. Con apposito decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabilite le modalita' di individuazione del maggior gettito, attraverso separata contabilizzazione. A partire dall'anno 2014, il documento di economia e finanza conterra' una valutazione delle maggiori entrate derivanti, in termini permanenti, dall'attivita' di contrasto all'evasione. Dette maggiori entrate, al netto di quelle necessarie al mantenimento del pareggio di bilancio ed alla riduzione del debito, confluiranno in un Fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale e saranno finalizzate alla riduzione degli oneri fiscali e contributivi gravanti sulle famiglie e sulle imprese». Del tutto analogamente, la seconda disposizione sopra menzionata prevede che «le maggiori entrate erariali derivanti dal presente decreto sono riservate all'erario, per un periodo di cinque anni, per essere destinate alle esigenze prioritarie di raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede europea, anche alla luce della eccezionalita' della situazione economica internazionale. Con apposito decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e da trasmettere alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica, sono stabilite le modalita' di individuazione del maggior gettito, attraverso separata contabilizzazione». In entrambi i casi, dunque, il legislatore statale ha introdotto una clausola di totale riserva all'erario statale del maggior gettito fiscale derivante dalle manovre di finanza pubblica varate con lo strumento della decretazione d'urgenza. Come e' noto a codesta ecc.ma Corte costituzionale e all'Amministrazione resistente, sia l'art. 2, comma 36, del decreto-legge n. 138 del 2011, sia l'art. 48, comma 1, del decreto-legge n. 201 del 2011 sono oggetto di questioni di legittimita' costituzionale in via principale, proposte con ricorsi rubricati rispettivamente ai nn. 160 del Reg. Ric. 2011 e 47 del Reg. Ric. 2012. Con tali impugnazioni (vi si insistera' piu' diffusamente nell'articolazione dei motivi di ricorso) la regione ha lamentato la violazione (oltre che degli artt. 3, 117 e 119 Cost.) degli artt. 7 e 8 del proprio Statuto d'autonomia, i quali fissano il regime di compartecipazione regionale alle entrate erariali (art. 8), che e' strumento cardine dell'autonomia economico-finanziaria della regione (art. 7). 2. - Ora, con l'impugnato decreto, il Ministero dell'economia e delle finanze disciplina le modalita' di individuazione del maggior gettito da riservare all'erario, ai sensi degli artt. 2, comma 36, del decreto-legge 138 del 2011 e 48, comma 1, del decreto-legge n. 201 del 2011. Tali «modalita'» possono essere cosi' brevemente sintetizzate. Il Ministero ha predisposto una tabella recante le «previsioni degli incrementi di gettito dei tributi per l'anno 2012, distinte per capitolo/articolo di imputazione del bilancio dello Stato», dovute alle due manovre di finanza pubblica di agosto e dicembre 2011 (art. 1, comma 1, del decreto). La somma indicata nelle previsioni e' stata assunta a divisore delle entrate «complessive di competenza dei medesimi capitoli/articoli di entrata del bilancio dello Stato», cosi' da determinare, in astratto, le «incidenze percentuali degli incrementi di gettito», incrementi che saranno poi destinati agli «appositi capitoli/articoli di entrata sui quali devono essere separatamente contabilizzate tali maggiori entrate riservate all'erario» (comma 2). E' sulla base delle percentuali risultanti da questa operazione, che i competenti uffici statali, al momento di contabilizzare le entrate erariali, imputeranno, in concreto, le somme corrispondenti alle percentuali derivanti dal maggior gettito («ivi comprese quelle afferenti ai territori delle regioni a statuto speciale e delle provincie autonome di Trento e Bolzano») agli appositi capitoli di bilancio separati (artt. 2, 3 e 4). Le somme cosi' contabilizzate verranno trattenute al bilancio statale, senza entrare «nel computo delle spettanze da attribuire alle regioni a statuto speciale ed alle provincie autonome di Trento e Bolzano, effettuato secondo le disposizioni dei singoli statuti speciali, delle norme di attuazione e dei relativi decreti attuativi» (art. 5). Dato che l'impugnato decreto e' stato adottato quando era gia' trascorsa piu' della meta' dell'anno solare/fiscale, in esso si prevede che l'Amministrazione statale provvedera' a recuperare, nella percentuale determinata come sopra, le somme gia' versate alle autonomie speciali in esecuzione dei diversi regimi di compartecipazione alle entrate erariali fissati dagli Statuti e dalle relative norme di attuazione (art. 6). Infine, ad un successivo provvedimento e' demandata la gestione della contabilita' separata per le annualita' 2013 e 2014 (art. 7). In estrema sintesi, dunque, gli uffici ministeriali, in splendida solitudine e senza l'apporto conoscitivo da parte delle regioni, hanno operato una previsione delle (maggiori) entrate tributarie e, sulla base di essa, tratterranno parte delle somme realmente riscosse, sottraendole al regime di compartecipazione fissato dai rispettivi Statuti delle autonomie speciali. Non spettava allo Stato, e per esso al Ministero dell'economia e delle finanze, adottare il provvedimento impugnato, che e' illegittimo e gravemente lesivo degli interessi e delle attribuzioni costituzionali della regione autonoma della Sardegna e, di conseguenza, deve essere annullato per i seguenti motivi di, D i r i t t o 1. - Illegittimita' derivata per l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 36, del decreto-legge n. 138 del 2011, conv. in legge n. 148 del 2011, e dell'art. 48, comma 1, del decreto-legge n. 201 del 2011, conv. in legge n. 214 del 2011, per violazione degli artt. 7, 8 e 54 della legge cost. n. 3 del 1948, recante Statuto speciale per la Sardegna, e degli artt. 3, 117 e 119 Cost., anche in riferimento all'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001. Come si e' detto in narrativa, l'atto impugnato ha dato attuazione alle disposizioni sulla riserva all'erario delle maggiori entrate derivanti dalle manovre di finanza pubblica varate con i decreti legge nn. 138 del 2011 e 201 del 2011. In particolare, l'art. 2, comma 36, del decreto-legge n. 138 del 2011 prevede che «le maggiori entrate derivanti dal presente decreto sono riservate all'erario, per essere destinate alle esigenze prioritarie di raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede europea, anche alla luce della eccezionalita' della situazione economica internazionale. Con apposito decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabilite le modalita' di individuazione del maggior gettito, attraverso separata contabilizzazione. A partire dall'anno 2014, il documento di economia e finanza conterra' una valutazione delle maggiori entrate derivanti, in termini permanenti, dall'attivita' di contrasto all'evasione. Dette maggiori entrate, al netto di quelle necessarie al mantenimento del pareggio di bilancio ed alla riduzione del debito, confluiranno in un Fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale e saranno finalizzate alla riduzione degli oneri fiscali e contributivi gravanti sulle famiglie e sulle imprese». Similmente, l'art. 48, comma 1, del decreto-legge n. 201 del 2011 prevede quanto segue: «1. Le maggiori entrate erariali derivanti dal presente decreto sono riservate all'erario, per un periodo di cinque anni, per essere destinate alle esigenze prioritarie di raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede europea, anche alla luce della eccezionalita' della situazione economica internazionale. Con apposito decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e da trasmettere alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica, sono stabilite le modalita' di individuazione del maggior gettito, attraverso separata contabilizzazione. 1-bis. Ferme restando le disposizioni previste dagli articoli 13, 14 e 28, nonche' quelle recate dal presente articolo, con le norme di attuazione statutaria di cui all'art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, e successive modificazioni, sono definiti le modalita' di applicazione e gli effetti finanziari del presente decreto per le regioni a statuto speciale e per le province autonome di Trento e di Bolzano». I due articoli degli atti con forza di legge ora citati rappresentano l'unica base normativa e ragione giustificatrice dell'impugnato decreto, tanto e' vero che la sua parte motiva si riduce alla ritenuta «necessita' di contabilizzare separatamente e far affluire all'erario gli incrementi di imposta derivanti dal decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 e dal decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, ivi compreso il maggior gettito afferente ai territori delle regioni a statuto speciale e delle provincie autonome di Trento e Bolzano». Data l'inscindibile derivazione dell'atto impugnato dalle menzionate disposizioni, dunque, appare evidente che l'incostituzionalita' delle seconde comporta de plano l'illegittimita' del primo. Si e' gia' detto che la regione ha ritualmente chiesto la declaratoria d'illegittimita' costituzionale dei dette previsioni normative, per violazione degli artt. 7 e 8 dello Statuto e degli artt. 3, 117 e 119 Cost. (anche in riferimento all'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, che, come noto, assicura alle regioni a statuto speciale le maggiori forme di autonomie eventualmente conferite in quella legge costituzionale alle regioni ad autonomia ordinaria). Cio' considerato, la ricorrente non puo' qui far altro che ribadire le censure gia' rivolte avverso dette previsioni. Valutera' codesta ecc.ma Corte costituzionale, anche in ragione della pendenza dei menzionati ricorsi nn. 160/2011 e 47/2012, l'opportunita' di sollevare innanzi a se medesima la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 2, comma 36, del decreto-legge n. 138 del 2011 e 48, comma 1, del decreto-legge n. 201 del 2011. 1.1. - Il decreto impugnato, nel dare attuazione agli artt. 2, comma 36, del decreto-legge n. 138 del 2011 e 48, comma 1, del decreto-legge n. 201 del 2011 acquisisce alla disponibilita' dello Stato maggiori entrate che dovrebbero essere di sicura spettanza regionale, quanto meno in misura largamente preponderante. Per quanto concerne il decreto-legge n. 138 del 2011, sono entrate cui la regione avrebbe diritto di beneficiare quelle derivanti dal contributo di solidarieta' sui redditi eccedenti € 300.000,00 (art. 2, comma 2, del decreto-legge n. 138 del 2011), atteso che alle imposte sui redditi la regione compartecipa nella misura del 70% (art. 8, comma 1, lett. a), Statuto); lo sono le maggiori entrate derivanti dall'incremento dell'I.V.A., atteso che a tale imposta la regione compartecipa nella misura del 90% (art. 8, comma 1, lett. f), Statuto); lo sono le maggiori entrate derivanti dai giochi pubblici (art. 2, comma 3, del decreto-legge n. 138 del 2011), atteso che a tali entrate la regione compartecipa nella misura del 70% (art. 8, comma 1, lett. m), Statuto); lo sono le maggiori entrate derivanti dal recupero dell'evasione fiscale previsto dall'art. 2, commi 5-bis e 5-ter dello stesso decreto-legge n. 138 del 2011, atteso che si trattava comunque di entrate spettanti alla regione, che solo per una patologia del sistema non sono state acquisite e che ora non possono essere distratte in favore dello Stato (a tutto concedere, lo Stato potrebbe trattenere il costo del recupero dell'evasione, ma non certo le intere somme recuperate); lo sono le entrate derivanti dagli aumenti delle aliquote sui redditi da capitale (art. 2, commi 6 e 9, del decreto-legge n. 138 del 2011), atteso che a tali entrate la regione compartecipa nella misura del 70% (art. 8, comma 1, lett. m), Statuto); lo sono le entrate derivanti dall'anticipazione delle riduzioni delle esenzioni fiscali (art. 1, comma 6, del decreto-legge n. 138 del 2011), alle quali la regione compartecipa nella misura di ciascun tributo, sempre ai sensi dell'art. 8 dello Statuto (per quanto riguarda, in particolare, l'IRAP e l'Addizionale regionale IRPEF, la partecipazione e' totale). Per quanto, invece, concerne il decreto-legge n. 201 del 2011, sarebbero di sicura spettanza regionale le maggiori entrate derivanti: i) dall'esclusione e/o rimodulazione del credito d'imposta per le societa' commerciali (art. 9 del decreto-legge n. 201 del 2011, in riferimento all'art. 8, comma 1, lett. a), dello Statuto); ii) dall'emersione di «base imponibile» per le attivita' soggette a IVA (art. 10, commi da 1 a 7 e da 9 a 13, e art. 11 del decreto-legge n. 201 del 2011, in riferimento all'art. 8, comma 1, lett. f), dello Statuto); iii) dall'applicazione di misure sanzionatone per il recupero di crediti non versati al fisco (art. 10, commi 8, 13-quater, 13-decies, lett. b), e c), del decreto-legge n. 201 del 2011, in riferimento all'art. 8, comma 1, lett. m), dello Statuto); iv) nella parte del gettito non riservato ai comuni, dall'anticipazione sperimentale dell'imposta municipale propria (art. 13 del decreto-legge n. 201 del 2011, in riferimento all'art. 8, comma 1, lett. m), dello Statuto); v) nella parte del gettito non riservato ai comuni, dall'istituzione del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (art. 14 del decreto-legge n. 201 del 2011, in riferimento all'art. 8, comma 1, lett. m), dello Statuto); vi) dalla rimodulazione delle aliquote sulle accise per gli idrocarburi (art. 15 del decreto-legge n. 201 del 2011, in riferimento all'art. 8, comma 1, lett. d), dello Statuto); vii) dalle disposizioni per la tassazione di auto di lusso, imbarcazioni ed aerei (art. 16 del decreto-legge n. 201 del 2011, in riferimento all'art. 8, comma 1, lett. m), dello Statuto); viii) dall'aumento delle aliquote IVA (art. 18 del decreto-legge n. 201 del 2011, in riferimento all'art. 8, comma 1, lett. f), dello Statuto); ix) dalle disposizioni in materia di imposta di bollo su conti correnti, titoli, strumenti e prodotti finanziari nonche' sui valori c.d. «scudati» e sulle attivita' finanziarie e immobiliari detenute all'estero (art. 19 del decreto-legge n. 201 del 2011, in riferimento all'art. 8, comma 1, lett. a) e b), dello Statuto). In tutti questi casi, dunque, l'atto qui impugnato e le disposizioni legislative ch'esso assume di attuare escludono la regione da risorse finanziarie che le spetterebbero in forza del suo Statuto. 1.2. - Il vizio lamentato trova conferma nella giurisprudenza costituzionale. Non sono mancate, invero, occasioni in cui codesta ecc.ma Corte costituzionale ha ritenuto legittima una deroga operata con atto avente forza di legge al rigido regime di compartecipazione alle entrate delle autonomie speciali, garantito da fonti di rango costituzionale. In tutti quei casi, pero', il legislatore statale aveva agito in stretta osservanza di specifiche disposizioni statutarie o norme di attuazione statutaria, che esplicitamente consentono tale deroga. Nel caso qui in esame, invece, dato che non esiste alcuna norma di attuazione dello Statuto della regione Sardegna che preveda che lo Stato possa riservarsi, a date condizioni, il maggior gettito derivante da modificazioni del sistema tributario, e' del tutto evidente che sia l'art. 2, comma 36, del decreto-legge 138 del 2011, sia l'art. 48, comma 1, del decreto-legge n. 201 del 2011, sia, di conseguenza, il provvedimento impugnato, sono violativi di fonti di rango costituzionale che tutelano le attribuzioni della ricorrente. A questo proposito e' possibile far riferimento, a titolo di esempio, alla sent. n. 182 del 2010. In quel caso, si dubitava della legittimita' della riserva all'erario prevista dall'art. 13-bis, comma 8, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, che prevedeva il trattenimento all'erario della tassazione sui c.d. «capitali scudati», dato che la questione era stata sollevata in via principale dalla provincia autonoma di Trento, codesta ecc.ma Corte, nel decidere la questione, fece applicazione delle norme statutarie e di attuazione statutaria vigenti per detto ente: «Per valutare se la riserva al bilancio statale dell'imposta straordinaria sulle attivita' finanziarie e patrimoniali disposta dalla norma censurata sia legittima, occorre verificare se essa soddisfi le condizioni previste dall'evocato art. 9 del d.lgs. n. 268 del 1992» si disse in quella occasione (par. 4 del «Considerato in diritto»). Il d.lgs. n. 268 del 1992, appunto, reca «Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale», che certamente non si applicano alla regione Sardegna. Da questo precedente si desume che, in mancanza di specifiche norme di attuazione statutaria che consentano la deroga all'ordinario regime di compartecipazione alle entrate erariali e tributarie, non e' possibile per lo Stato distrarre fondi destinati alla regione alterando il regime statutario della riserva. La sent. n. 135 del 2012, poi, ha deciso un ricorso della regione Siciliana, ove si dubitava della legittimita' costituzionale «del combinato disposto degli artt. 23, comma 21, e 40, comma 2 [rectius: alinea e lettera a)], del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98», in particolare nella parte in cui stabilisce che l'addizionale erariale della tassa automobilistica di cui all'art. 23, comma 21, del decreto-legge n. 98 del 2011 «deve essere versata "alle entrate del bilancio dello Stato"». La questione e' stata risolta in base all'art. 2, comma 1, del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, recante «Norme di attuazione dello Statuto della regione siciliana in materia finanziaria», a tenor del quale «ai sensi del primo comma dell'art. 36 dello Statuto della regione siciliana spettano alla regione siciliana, oltre le entrate tributarie da essa direttamente deliberate, tutte le entrate tributarie erariali riscosse nell'ambito del suo territorio, dirette o indirette, comunque denominate, ad eccezione delle nuove entrate tributarie il cui gettito sia destinato con apposite leggi alla copertura di oneri diretti a soddisfare particolari finalita' contingenti o continuative dello Stato specificate nelle leggi medesime». Solo in ragione di questa specifica disposizione, relativa alla sola regione siciliana, codesta ecc.ma Corte costituzionale ha potuto affermare che «ricorrono nella specie tutte le condizioni richieste dalla normativa di attuazione statutaria per l'attribuzione allo Stato del gettito dell'addizionale erariale della tassa automobilistica riscossa nel territorio della regione siciliana». Anche in questo caso vale l'argomento a contrario: non essendoci alcuna disposizione analoga per la regione Sardegna, il regime di compartecipazione alle entrate fissato dall'art. 8 dello Statuto non puo' in alcun modo subire deroghe. Non basta. Con la sent. n. 143 del 2012, che ha definito una controversia promossa ancora con ricorso della regione Siciliana, si e' scrutinata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 37, comma 10, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, «nella parte in cui comprende nella riserva a favore del bilancio statale il contributo unificato di iscrizione a ruolo dovuto nei processi tributari, senza farne salva, per quelli celebrati in Sicilia, la spettanza alla regione nemmeno della quota sostitutiva dell'imposta di bollo» (par. 1 del «Considerato in diritto»). In maniera del tutto analoga alla sentenza n. 135 del 2012, la questione e' stata risolta ancora una volta solo in ragione «dell'art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965», in base al quale «e' possibile per la legge statale prevedere diversamente, attribuendo allo Stato il gettito di determinati tributi, solamente se ricorrono due condizioni: a) che si tratti di una entrata tributaria «nuova» e b) che il relativo gettito sia specificamente destinato dalla legge alla copertura di oneri diretti a soddisfare particolari finalita' contingenti o continuative dello Stato specificate nelle leggi medesime». Infine, degna di nota e' la sent. n. 142 del 2011, con cui codesta ecc.ma Corte costituzionale ha dichiarato «l'illegittimita' costituzionale dell'art. 23, comma 21, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), sia nel testo originario sia in quello modificato dall'art. 16, comma 1, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l'equita' e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, nella parte in cui dispone che sia integralmente versato al bilancio dello Stato il gettito dell'addizionale erariale sulla tassa automobilistica provinciale percetto nei rispettivi territori delle province autonome di Trento e di Bolzano e non attribuisce a ciascuna di tali province autonome i nove decimi di detto gettito» (cosi' il dispositivo della sentenza). Tanto, in base ad una limpida argomentazione (svolta al punto 4.2.1. del Considerato in diritto) incentrata sul dato statutario (e di attuazione statutaria). Anche in questo caso, la lezione che si desume de plano dalla pronuncia in commento e' la medesima: in mancanza di un esplicita possibilita' di riserva all'erario di somme da parte dello Statuto o delle norme di attuazione statutaria, lo Stato non puo' operare una riserva come quella qui censurata, pena la violazione di fonti di rango costituzionale quali sono gli Statuti delle regioni ad autonomia speciale. Nel caso in esame, dunque, e' solamente il dato statutario che regola i rapporti finanziari tra Stato e regione Sardegna, dato che il legislatore prima e la P.A. dopo hanno gravemente disatteso. E' in codesta ecc.ma Corte costituzionale, dunque, che si confida perche' la legalita' costituzionale cosi' palesemente violata sia, ora, ripristinata. 1.3. - Per le ragioni anzidette, dunque, l'atto impugnato viola l'art. 8 dello Statuto, che, come indicato, attribuisce alla regione una partecipazione maggioritaria o addirittura totalitaria alle entrate che lo Stato vorrebbe riservarsi. E' parimenti violato, pero', anche l'art. 7 dello Statuto, che garantisce alla regione un'adeguata autonomia finanziaria, e sono parimenti violati gli artt. 117 e 119 della Costituzione (anche in riferimento all'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001), che confermano la tutela della particolare autonomia economico-finanziaria della regione e attribuiscono alla Sardegna la competenza concorrente nella materia del coordinamento della finanza pubblica. Violato, altresi', e' l'art. 3 Cost., ancora in riferimento agli artt. 7 e 8 dello Statuto, per l'evidente irragionevolezza della scelta di acquisire allo Stato risorse che per definizione (in base, cioe', alle stesse previsioni statutarie e alla logica, visto che le entrate cui esse si riferiscono erano state destinate a coprire il fabbisogno regionale) sono funzionali al soddisfacimento di esigenze che statali non sono, tanto piu' che e' parimenti irragionevole perseguire l'intento di raggiungere obiettivi di finanza pubblica dello Stato, sacrificando quelli delle regioni, quasi che l'equilibrio finanziario non fosse affare dell'intera Repubblica. 1.4. - Per le medesime ragioni, gli artt. 2, comma 36, del decreto-legge n. 138 del 2011 e 48, comma 1, del decreto-legge n. 201 del 2011, e, di conseguenza, il decreto 20 luglio 2012 violano anche l'art. 54 dello Statuto, in quanto la riserva di maggiori entrate all'erario, essendo un atto modificativo del regime di autonomia finanziaria della regione, si risolve nella sostanza in una modificazione dello Statuto medesimo in elusione del procedimento rafforzato di cui all'art. 54 medesimo, ed in particolare del comma terzo, posto a garanzia delle attribuzioni della regione Sardegna. 1.5. - Ulteriore motivo di illegittimita' del provvedimento impugnato, di nuovo per violazione dei parametri gia' invocati, sta nel fatto che le disposizioni di cui e' attuazione non prevedono uno scopo specifico al quale destinare il sacrificio imposto alla regione (limitandosi ad invocare generiche esigenze di finanza pubblica) e stabiliscono un periodo di tempo lunghissimo (cinque anni!) di applicazione delle penalizzanti misure qui contestate. E' bensi' vero, dunque, che il sacrificio degli interessi regionali sarebbe temporalmente delimitato, ma poiche' l'arco di tempo descritto dalla norma e' cosi' ampio, gli artt. 2, comma 36, del decreto-legge n. 138 del 2011 e 1, comma 48, del decreto-legge n. 201 del 2011 (e con essi il provvedimento qui impugnato) di fatto eludono ogni possibile barriera temporale. A questo proposito si puo' ricordare che il dato della limitazione temporale delle riserve all'erario e' stato rilevante nella cit. sent. n. 142 del 2012. In quella sentenza, infatti, codesta ecc.ma Corte costituzionale ha in rilevato che l'allora censurato «art. 23, comma 21, del decreto-legge n. 98 del 2011 [...] non soddisfa quantomeno la condizione della delimitazione temporale del gettito, perche' l'addizionale si applica senza limiti di tempo, «a partire dal 2011» e, in misura diversa, dal 2012». Di conseguenza, la Corte ha affermato che «il gettito dell'addizionale erariale in esame, percetto nel territorio della provincia autonoma, non puo' essere attribuito integralmente allo Stato, perche' non e' delimitato temporalmente. Tale gettito, pertanto, spetta alla provincia ricorrente nella misura dei nove decimi, ai sensi dell'art. 75, comma 1, alinea e lettera g), dello statuto». Anche nel caso di specie, dunque, si puo' dire che il principio di delimitazione temporale delle riserve (comunque illegittime perche' non aventi una esplicita base normativa nelle norme di attuazione dello Statuto sardo, lo si deve ribadire) non risulta osservato anche perche' il periodo quinquennale e' cosi' ampio da eludere, nei fatti, la ratio medesima dell'apposizione di un termine ragionevole al sacrificio economico subito dalla regione. In conclusione, anche per questo profilo appare evidente l'assoluta irragionevolezza e del provvedimento impugnato e delle disposizioni legislative di cui e' attuazione, che non tengono minimamente conto delle esigenze regionali e operano come se esse - assieme alle norme di rango costituzionale che, garantendo l'autonomia regionale, le tutelano - non esistessero. 2. - Violazione del principio di leale collaborazione di cui agli artt. 5 e 117 sgg. Cost. Violazione degli artt. 7 e 8 della legge cost. n. 3 del 1948, recante Statuto speciale per la Sardegna, nonche' degli artt. 5, 117 e 119 Cost., anche alla luce dell'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001. Violazione dell'art. 48, comma 1-bis, del decreto-legge n. 201 del 2011. In data 3 luglio 2012 il Ministero dell'economia e delle finanze ha inviato alla ricorrente e alle altre autonomie speciali una nota alla quale veniva allegato lo schema del decreto oggi impugnato. Con detta nota si richiedeva alle autonomie speciali destinatarie, in preteso ossequio al principio di leale collaborazione, di formulare eventuali osservazioni che dovevano pervenire allo stesso MEF entro e non oltre il 16 luglio seguente. Per comodita' d'esposizione conviene riportare il tenore testuale della nota: «lo schema di decreto allegato e' previsto [...] al fine di stabilire le modalita' di individuazione del maggior gettito da contabilizzare separatamente e per far affluire all'erario gli incrementi di imposta derivanti dalle disposizioni contenute sia nel decreto-legge n. 138 del 2011 e sia nel decreto-legge n. 201 del 2011, ivi compreso il maggior gettito afferente ai territori delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano. In ossequio al principio di leale collaborazione, le autonomie speciali in indirizzo sono invitate a formulare eventuali osservazioni che, per consentire di definire l'istruttoria ai fini del successivo iter procedurale, dovranno pervenire alla scrivente entro e non oltre il 16 luglio p.v.». A riscontro della predetta nota, nonostante i ristrettissimi tempi imposti dal MEF, la regione Sardegna sollecitamente rispondeva con nota prot. n. 5697 dell'11 luglio 2012, rappresentando la necessita' di ricevere dagli uffici statali ulteriori dati e informazioni, al fine di poter validamente interloquire con lo Stato sulla questione in esame. In particolare si evidenziava che, «al fine di poter effettuare una approfondita valutazione sui criteri utilizzati e sugli effetti in termini quantitativi», la ricorrente, anche «in qualita' di coordinatrice del tavolo tecnico in materia finanziaria, istituito in seno alla conferenza dei Presidenti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome, chiede che la tabella allegata al decreto in oggetto venga corredata, per ciascun capitolo/articolo del bilancio statale interessato, dei seguenti elementi informativi e contabili: indicazione delle specifiche disposizioni normative (articolo e comma) con cui e' stata stabilita la nuova riserva erariale e le nuove aliquote; indicazione delle nuove aliquote previste dal decreto-legge n. 138/2011 e dal decreto-legge n. 201/2011 e delle aliquote vigenti in precedenza». La ricorrente, poi, pur limitata nella propria attivita' istruttoria dal contingentamento dei tempi e dall'insufficienza delle informazioni rese, riusciva a segnalare che «l'art. 21 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 ha previsto la sospensione dell'incremento dell'imposta sul valore aggiunto, gia' disposto dal decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 [...] e ne ha posticipato l'entrata in vigore alla data del 1° luglio 2013» e pertanto chiedeva «di espungere dallo schema di decreto in questione la quota riservata all'erario e disciplinarla eventualmente quando se ne dovessero verificare i presupposti». Non basta. La regione sottolineava, cosa che e' ancor piu' rilevante nel caso di specie, che i decreti-legge nn. 138 del 2011 e 201 del 2011 «hanno disposto la riduzione delle aliquote di alcuni tributi erariali che comporteranno la diminuzione del gettito degli stessi anche nelle casse regionali» e, per tale ragione, chiedeva «che il maggior gettito da riservare all'erario ven[isse] decurtato dei minori introiti derivanti dagli effetti delle citate disposizioni legislative». Infine, in ossequio al principio di leale collaborazione e anche per interloquire simultaneamente con tutte le parti interessate, la regione chiedeva «quanto prima la convocazione di un incontro tecnico tra i rappresentanti di codesto Ministero e delle regioni a Statuto speciale al fine di esaminare congiuntamente le problematiche in questione». Il MEF replicava con nota prot. n. 16288 del 25 luglio 2012. In tale documento il Ministero segnalava che «l'assoluta urgenza di dare attuazione alle disposizioni di legge in oggetto ha reso necessaria l'immediata emanazione del provvedimento, allegato in copia, che e' [era gia'] in corso di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale». Precisava il MEF che «la richiesta di decurtare il maggior gettito da riservare allo Stato dei minori introiti derivanti dagli effetti della riduzione delle aliquote di alcuni tributi erariali [...] non appare assentibile, in quanto tale operazione non e' prevista dalle disposizioni legislative vigenti», salvo ammettere, contraddittoriamente, che, «ai fini della determinazione delle percentuali di riserva si e' tenuto conto delle minori entrate corrispondenti ad effetti di gettito negativi indotti da maggiorazioni di imposta in relazione alle quali la riserva stessa e' stata apposta». 2.1. - Alla luce di quanto ora riferito, e' evidente la violazione del principio di leale collaborazione tra Stato e regione. In primo luogo, si deve evidenziare che l'urgenza manifestata dal MEF altro non e' che una emergenza auto-procurata dall'Amministrazione statale. Come si e' gia' visto, sia l'art. 2, comma 36, del decreto-legge n. 138 del 2011 sia l'art. 48, comma 1, del decreto-legge n. 201 del 2011 prevedevano un termine di sessanta giorni dalla conversione dei decreti-legge per l'adozione del provvedimento qui in esame. Solo dopo mesi dalla scadenza di quel termine il Ministero ha iniziato l'iter di consultazione delle autonomie speciali, riversando sulle regioni, tra le quali e' la ricorrente, gli effetti negativi della propria inerzia. In secondo luogo, la stessa inosservanza dei termini perentori fissati dall'art. 2, comma 36, del decreto-legge n. 138 del 2011 e dall'art. 48, comma 1, del decreto-legge n. 201 del 2011 e' un elemento sintomatico della violazione del principio di leale collaborazione, per il semplice motivo che la ricorrente (ferme le censure rivolte all'intero impianto normativo in esame) aveva comunque interesse a definire nei tempi previsti dalla legge le modalita' applicative della riserva erariale, onde poter fare affidamento su un quadro certo nei rapporti finanziari con lo Stato. Cio' e' tanto piu' vero in quanto il meccanismo delle trattenute percentuali sulle devoluzioni spettanti alle autonomie speciali, tra le quali e' la ricorrente, influisce immediatamente e direttamente sulle devoluzioni dello Stato e, dunque, sulle risorse economiche disponibili per le regioni. In terzo luogo, la regione ricorrente, al fine di poter validamente interloquire sulle questioni in oggetto, doveva avere a disposizione non solo un arco di tempo adeguato a effettuare le propria istruttoria, ma anche tutti i documenti utili a questo fine. Cosa che non e' avvenuta. 2.2. - Quel che conta, in ogni caso, e' che, a prescindere dagli assunti prospettati nel carteggio ora riportato, il Ministero ha proceduto in solitudine e senza l'apporto regionale, necessario per l'attuazione del principio di leale collaborazione. Si e' visto che l'oggetto del presente giudizio e' l'esercizio, da parte dello Stato, della potesta' di contabilizzare e gestire risorse che spetterebbero alle autonomie speciali, tra le quali e' la ricorrente. Si tratta, dunque, di attribuzioni statali che incidono direttamente sulle prerogative regionali e che sono idonee a limitare l'autonomia finanziaria della ricorrente, restringendo i canali di finanziamento previsti dall'art. 8 dello Statuto. Per tale ragione e' evidente che lo Stato poteva adottare l'atto impugnato solo avendo ottenuto l'intesa con le regioni che dovranno sopportarne gli effetti: dato il vulnus all'autonomia finanziaria e la restrizione delle risorse economiche delle regioni, nel caso in esame deve essere applicata la medesima ratio che la giurisprudenza costituzionale ha elaborato nel caso dell'attrazione in sussidiarieta' delle funzioni amministrative (tra le tante, si vedano le sentt. nn. 383 del 2005, 278 del 2010, 33 del 2011), la quale richiede il coinvolgimento della regione attraverso il modello della c.d. «intesa forte». Tale intesa non solo non e' stata raggiunta (come testimonia la cit. nota della regione prot. n. 5697 dell'11 luglio 2012), ma non e' stata nemmeno ricercata. Questo si deduce da due elementi. Innanzitutto, come si e' visto, le regioni, con la nota 3 luglio 2012, non sono state chiamate a condividere il provvedimento nelle sue determinazioni tecniche e politico-istituzionali, bensi' solamente a «formulare eventuali osservazioni [...] per consentire di definire l'istruttoria ai fini del successivo iter procedurale». In second'ordine, e' rimasta inevasa la richiesta della ricorrente, espressa in qualita' di coordinatrice del tavolo tecnico in materia finanziaria, istituito in seno alla conferenza dei Presidenti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome, circa la convocazione di un incontro tecnico tra i rappresentanti del Ministero e delle regioni a Statuto speciale per un esame congiunto delle problematiche in questione. 2.3. - In ogni caso, quand'anche si ritenesse che l'intesa con la regione non fosse necessaria, in ossequio al principio di leale collaborazione sarebbe stato comunque indispensabile un coinvolgimento diretto della regione nel procedimento in questione, specie nell'istruttoria propedeutica all'adozione dell'impugnato decreto. Nel caso di specie, invece, non sono state dispiegate nemmeno le piu' modeste forme collaborative sul piano istruttorio. A questo proposito, si deve ricordare che il sistema predisposto dal MEF per trattenere all'erario le maggiori entrate derivanti dalle due manovre di finanza pubblica varate con i decreti legge nn. 138 del 2011 e 201 del 2011 poggia in massima parte sulla stima di dette maggiori entrate, dalla quale si e' ricavato un meccanismo di diversa computazione percentuale dei tributi riscossi, stima del cui fondamento il Ministero non ha dato alcuna dimostrazione. Alle autonomie speciali, tra le quali la regione ricorrente, dovevano invece essere compiutamente esposti tutti gli elementi di dettaglio necessari per comprendere sia le modalita' di elaborazione dei criteri individuati dallo Stato per le predette previsioni, sia il successivo meccanismo di calcolo di attuato. Al contrario, come si e' gia' detto, la nota del Ministero del 3 luglio 2012 nulla indicava in merito e recava in allegato solamente lo schema del decreto che sarebbe poi stato adottato. Cio' significa che la regione Sardegna, come le altre autonomie speciali, e' stata inserita solo formalmente nel procedimento, attraverso l'invito a dedurre formulato con la nota del 3 luglio 2012, ma, nella sostanza, non ha avuto alcuna possibilita' di partecipare al procedimento stesso e di contribuire all'istruttoria sulle possibili modalita' applicative degli artt. 2, comma 36, del decreto-legge n. 138 del 2011 e 48, comma 1, del decreto-legge n. 201 del 2011. Peraltro si deve evidenziare che l'apporto istruttorio della regione poteva essere senz'altro di considerevole interesse per lo Stato: prova ne sia che il Ministero ha corretto, proprio su sollecitazione della regione, i calcoli relativi al gettito IVA. Gli uffici regionali, che nel brevissimo lasso di tempo e senza alcuna documentazione a disposizione hanno potuto formulare questo rilievo, con un maggiore e piu' collaborativo coinvolgimento da parte dello Stato avrebbero potuto fornire ulteriori dati ed elementi istruttori al Ministero. 2.4. - Quanto riferito sinora comprova - si confida - l'illegittimita' del provvedimento impugnato per violazione delle competenze della regione Sardegna tutelate dal principio di leale collaborazione, dagli artt. 7 e 8 dello Statuto e dagli artt. 5, 117 e 119 Cost., anche in relazione all'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001. Del resto, anche la giurisprudenza costituzionale conforta le censure sopra formulate. Gia' nella sent. n. 98 del 2000 codesta ecc.ma Corte costituzionale ha statuito che il principio di leale collaborazione «domina le relazioni fra i livelli di governo la' dove si verifichino [come accade nel caso in esame] interferenze fra le rispettive sfere e i rispettivi ambiti finanziari», con la conseguenza che i provvedimenti in questione devono seguire a «procedimenti non unilaterali, ma che contemplino una partecipazione della regione direttamente interessata». Proseguiva la Corte nell'affermare che «proprio la necessita' di operare complesse valutazioni tecnico-finanziarie per la corretta applicazione della riserva pone, dal punto di vista costituzionale, l'esigenza di un procedimento che non escluda la partecipazione della regione, in forme adeguate al caso» e che sono dunque costituzionalmente illegittime le disposizioni di legge che, disciplinando ambiti relativi all'autonomia finanziaria regionale, «non prevedono, ai fini della loro attuazione, un procedimento che contempli la partecipazione della regione interessata, la quale deve essere posta in grado di interloquire sulle scelte tecniche e sulle stime da effettuare, e di rappresentare il proprio punto di vista». Cosa che, come si e' visto, non e' accaduta nel caso in esame. Piu' di recente, nella sentenza n. 33 del 2011 codesta ecc.ma Corte ha affermato che «chi richiede il parere deve mettere il soggetto consultato nelle condizioni di esprimersi a ragion veduta: dunque, trasmettendo l'atto oggetto di parere e concedendo un ragionevole lasso di tempo per la formulazione del giudizio. La ricorrente, come si e' detto, non ha avuto questa possibilita', dato che lo Stato ha fornito documentazione insufficiente e ha rappresentato un'urgenza di provvedere maturata a causa della propria inerzia. 2.5. - Da ultimo si deve ricordare che l'art. 48, comma 1-bis, del decreto-legge n. 201 del 2011 prevede una specifica procedura di attuazione del meccanismo di riserva alle entrate statali, procedura che avrebbe dovuto seguire le forme e le modalita' dell'art. 27 della legge n. 42 del 2009, ossia le modalita' attuative del federalismo fiscale nelle regioni ad autonomia speciale. Detto articolo prevede che «le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano, nel rispetto degli statuti speciali, concorrono al conseguimento degli obiettivi di perequazione e di solidarieta' ed all'esercizio dei diritti e doveri da essi derivanti, nonche' al patto di stabilita' interno e all'assolvimento degli obblighi posti dall'ordinamento comunitario, secondo criteri e modalita' stabiliti da norme di attuazione dei rispettivi statuti, da definire, con le procedure previste dagli statuti medesimi». Come e' noto, le norme di attuazione dello Statuto per l'attuazione del federalismo fiscale nei rapporti tra Stato e regione Sardegna non sono ancora state adottate. Nell'impossibilita' di adottare la procedura prevista dall'art. 48, comma 1-bis, del decreto-legge n. 201 del 2011 e, soprattutto, tenuto conto del fatto che la questione sostanziale concerne il regime di compartecipazione alle entrate erariali da parte delle autonomie speciali, tra le quali la regione Sardegna, lo Stato avrebbe dovuto operare con particolare riguardo per il principio di leale collaborazione tra Stato e autonomia, che, come insegna la giurisprudenza costituzionale, si attua attraverso lo strumento del coinvolgimento della regione nel procedimento di adozione del provvedimento e nel raggiungimento dell'intesa tra tutte le parti istituzionali. Circostanza che, lo si ripete ancora una volta, non si e' verificata nel caso di specie. 3. - Violazione, per ulteriori profili, del principio di leale collaborazione di cui agli artt. 3 e 117 Cost. Violazione degli artt. 7 e 8 della legge cost. n. 3 del 1948, recante Statuto speciale per la Sardegna, e degli artt. 117 e 119 Cost., anche in riferimento al principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost. L'atto impugnato e' viziato per violazione, per un differente profilo, del principio di leale collaborazione, degli artt. 7 e 8 dello Statuto e degli artt. 117 e 119 Cost., anche in riferimento al principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost. Si e' gia' detto che il meccanismo sotteso al decreto impugnato si fonda su una previsione di maggiori entrate, in ragione della quale l'Amministrazione statale provvedera' a trattenere all'erario parte delle somme realmente riscosse e a recuperare dalle regioni parte delle devoluzioni gia' effettuate. Non e' previsto, pero', alcun meccanismo di conguaglio finale, da attivare nel caso che le stime degli aumenti del gettito fiscale operate dal MEF si dovessero rivelare inesatte. Un tale meccanismo sarebbe stato ancor piu' necessario alla luce del fatto che lo Stato, come si e' gia' detto, non ha dato alcuna contezza del metodo che ha portato ad effettuare le stime in questione. La determinazione di modalita' di attuazione degli artt. 2, comma 36, del decreto-legge n. 138 del 2011 e 48, comma 1, del decreto-legge n. 201 del 2011 prive di un tale meccanismo di riequilibrio finale tra gettito previsto e gettito incassato (o, quantomeno, gettito accertato dagli uffici competenti) rende il provvedimento impugnato viziato in primo luogo ancora una volta per violazione del principio di leale collaborazione. Una piu' feconda interlocuzione con gli uffici della regione ricorrente e delle altre autonomie speciali, richiesta proprio da detto principio, avrebbe potuto far emergere questo profilo e colmare quantomeno questa lacuna del provvedimento. Sono parimenti violati gli artt. 7 e 8 dello Statuto, in una con gli artt. 117 e 119 Cost., anche in relazione all'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, per la semplice ragione che, senza la previsione di un riequilibrio finale delle rispettive competenze, il regime di compartecipazione alle entrate e l'intera autonomia finanziaria regionale subisce un'ulteriore alterazione, dalla quale discende un nuovo pregiudizio per gli interessi della regione ricorrente. Infine, violato e' anche il principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., che nella specie e' posto a presidio anche dei corretti rapporti costituzionali tra Stato e regione, per il semplice motivo che e' incoerente utilizzare, come linee guida dell'azione degli uffici finanziari, una mera previsione di gettito fiscale, senza predisporre al contempo una verifica circa l'attuazione di dette previsioni e, se del caso, un assestamento delle rispettive competenze economiche tra Stato e regioni. 4. - Violazione, ancora per ulteriori profili, del principio di leale collaborazione di cui agli artt. 3 e 117 Cost. Violazione degli artt. 7 e 8 della legge cost. n. 3 del 1948, recante Statuto speciale per la Sardegna, e degli artt. 117 e 119 Cost., anche in riferimento al principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost. L'atto impugnato e' viziato per violazione, per un ulteriore differente profilo, del principio di leale collaborazione, degli artt. 7 e 8 dello Statuto e degli artt. 117 e 119 Cost., anche in riferimento al principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost. Si e' gia' detto che la regione ricorrente, nel rispondere alla nota del MEF del 3 luglio 2012, invitava il Ministero a considerare «che i decreti-legge n. 138/2011 e n. 201/2011 hanno disposto la riduzione delle aliquote di alcuni tributi erariali che comporteranno la diminuzione del gettito degli stessi anche nelle casse regionali» e, di conseguenza, si chiedeva che «il maggior gettito da riservare all'erario venga decurtato dei minori introiti derivanti dagli effetti delle citate disposizioni legislative». Sottesa alla richiesta della regione era una logica cristallina: se e' vero che i due decreti-legge nn. 138 del 2011 e 201 del 2011 hanno in larga parte previsto un aumento del carico fiscale e, con esso, le «maggiori entrate» riservate ai sensi delle clausole contenute nei piu' volte citati artt. 2, comma 36 del decreto-legge n. 138 del 2011 e 48, comma 1, del decreto-legge n. 201 del 2011, vi sono altre disposizioni dei due decreti che hanno previsto una diminuzione degli oneri fiscali. In particolare e senza ambizione di completezza, si segnala che: i) l'art. 1 del decreto-legge n. 201 del 2011 riduce il prelievo IRES commisurato al nuovo capitale immesso nell'impresa sotto forma di conferimenti in denaro da parte dei soci o di destinazione a riserva di utili. Esclude dalla base imponibile del reddito d'impresa il c.d. «rendimento nozionale» riferibile ai nuovi apporti di capitale di rischio e agli utili reinvestiti in riserve di capitale; ii) l'art. 2 del decreto-legge n. 201 del 2011 consente la deduzione dagli oneri fiscali e contributivi di un importo pari all'IRAP versata nell'anno relativa alla quota imponibile delle spese per il personale dipendente e assimilato; iii) l'art. 4 del decreto-legge n. 201 del 2011 proroga per il 2012 le agevolazioni tributarie per gli interventi di riqualificazione energetica e dispone, a far data dal 2013, nuove agevolazioni tributarie per il recupero del patrimonio edilizio; iv) l'art. 9 del decreto-legge n. 201 del 2011 trasforma in credito d'imposta la quota delle attivita' per imposte anticipate iscritte in bilancio e relative alle perdite di cui all'art. 84 del d.P.R. n. 917 del 1976 (T.U. imposte sui redditi). Cio' considerato, la regione chiedeva al Ministero di considerare le «maggiori entrate» derivanti dai due decreti-legge al netto delle minori entrate previste e prevedibili, dovute alle disposizioni ora citate e alle altre aventi simili effetti. Tale richiesta, lo si e' visto, e' rimasta inevasa. Lo Stato, non avendo tenuto in debito conto i rilievi della regione nella formulazione dei criteri guida per l'attuazione delle clausole di riserva all'erario, ha violato ancora una volta il principio di leale collaborazione, che implica che le evidenze istruttorie fornite dalla regione debbano essere considerate dall'amministrazione procedente (quantomeno attraverso un surplus di motivazione in senso negativo). Per le medesime ragioni sono violati di bel nuovo gli artt. 7 e 8 dello Statuto e gli artt. 117 e 119 Cost., anche in relazione all'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001. Questo perche' l'utilizzo delle modalita' fissate dallo Stato per l'attuazione delle clausole di riserva erariale si risolve in un ulteriore aggravio per la finanza regionale e in un ulteriore impedimento all'esercizio della competenza legislativa concorrente in materia di «coordinamento della finanza pubblica». Violato e' anche il principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., ancora in riferimento agli artt. 7 e 8 dello Statuto e gli artt. 117 e 119 Cost., e in relazione all'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001. Questo perche' la mancata decurtazione delle minori entrate dal computo complessivo degli effetti fiscali delle due manovre di finanza pubblica del 2011 e' del tutto incoerente con la stessa riserva all'erario delle maggiori entrate. E' evidente, infatti, che tale clausola (pur illegittima, lo si ripete), per essere ragionevolmente e equamente applicata tra i diversi livelli di governo, deve essere considerata sulle maggiori entrate nette ricavate dalle riforme del fisco e della spesa pubblica. La mancata deduzione delle minori entrate si risolve, dunque, nella diretta compromissione dei conti finanziari delle regioni, ivi compresi quelli della ricorrente, secondo un modello che imputa soltanto a queste l'onere delle misure fiscali di favore e, senza alcun criterio-guida, riduce la capacita' di spesa delle sole regioni a vantaggio di quella dello Stato, non certo del contenimento della spesa pubblica (le somme trattenute, infatti, vengono acquisite dallo Stato che le puo' spendere a piacimento). 5. - Come si e' visto in narrativa, il decreto impugnato consente all'amministrazione ministeriale di trattenere all'erario statale le maggiori somme derivanti dalle due manovre pubbliche e di recuperare dalle regioni parte delle somme gia' versate alle autonomie speciali in esecuzione dei diversi regimi di compartecipazione alle entrate erariali fissati dagli Statuti e dalle relative norme di attuazione. All'esito dell'auspicato accoglimento del presente ricorso, dunque, lo Stato dovra' devolvere alla regione Sardegna la percentuale di spettanza delle somme trattenute e restituire le somme eventualmente recuperate in ossequio all'art. 6 del decreto impugnato. Tale effetto conseguira' di diritto all'auspicato annullamento. Nondimeno, in funzione di una piu' evidente certezza dei rapporti tra le parti, codesta ecc.ma Corte costituzionale potra' precisare in questo senso gli effetti della propria decisione d'accoglimento, nella quale si confida in ragione di quanto sinora esposto.
P. Q. M. Chiede che codesta ecc.ma Corte costituzionale voglia: dichiarare che non spettava allo Stato, e per esso al Ministero dell'economia e delle finanze, adottare, in violazione del principio di leale collaborazione di cui agli artt. 5 e 117 sgg. Cost.; del principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., degli artt. 7, 8 e 54 della legge cost. n. 3 del 1948, recante Statuto speciale per la Sardegna; degli artt. 3, 117 e 119 della Costituzione, anche in riferimento all'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001; nonche' dell'art. 48, comma 1-bis, del decreto-legge n. 201 del 2011, il decreto del direttore generale delle finanze e del ragioniere generale dello Stato 20 luglio 2012, recante «Modalita' di individuazione del maggior gettito da riservare all'Erario, ai sensi dell'art. 2, comma 36 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, e dell'art. 48, comma 1, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 173 del 26 luglio 2012; conseguentemente e per l'effetto, annullare l'atto impugnato, con le conseguenze di diritto, ivi compresa la restituzione alla regione autonoma della Sardegna delle somme trattenute o recuperate ai sensi del predetto atto. Si deposita copia conforme all'originale della delibera della giunta regionale della regione autonoma della Sardegna n. 38/1 del 18 settembre 2012, con allegato estratto del verbale d'approvazione. Roma-Cagliari, 19 settembre 2012 Avv. Ledda - Avv. Prof. Luciani