N. 13 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 8 ottobre 2012

Ricorso per conflitto depositato  in  cancelleria  l'8  ottobre  2012
(della Regione autonoma della Sardegna). 
 
Imposte e tasse - Nota del Direttore generale  delle  finanze  e  del
  Ragioniere  generale  dello  Stato  del  20  luglio  2012,  recante
  "Modalita' di  individuazione  del  maggior  gettito  da  riservare
  all'Erario, ai sensi dell'art. 2, comma 36,  del  decreto-legge  n.
  138/2011, convertito, con modificazioni, in  legge  n.  148/2011  e
  dell'art. 48, comma 1, del decreto-legge n.  201/2011,  convertito,
  con modificazioni, in legge n. 214/2011" - Predisposizione  di  una
  tabella recante le  previsioni  degli  incrementi  di  gettito  dei
  tributi  per  l'anno  2012,  distinte  per   capitolo/articolo   di
  imputazione del bilancio dello Stato, derivanti dalle  due  manovre
  di finanza pubblica di agosto e dicembre 2011  -  Assunzione  della
  somma  indicata  nelle  previsioni  quale  divisore  delle  entrate
  complessive di competenza dei medesimi capitoli/articoli di entrata
  del  bilancio  dello  Stato  ai  fini  della  determinazione  delle
  incidenze percentuali degli incrementi di gettito da destinare agli
  appositi capitoli/articoli  di  entrata  sui  quali  devono  essere
  separatamente  contabilizzate   le   maggiori   entrate   riservate
  all'Erario - Applicazione di detto meccanismo di  contabilizzazione
  anche alle Regioni a statuto speciale - Previsione del recupero  da
  parte  dell'Amministrazione   statale   della   percentuale   cosi'
  determinata sulle somme gia' versate  alle  autonomie  speciali  in
  esecuzione dei diversi regimi  di  compartecipazione  alle  entrate
  erariali fissati dagli statuti e dalle relative norme di attuazione
  -  Ricorso  della  Regione  Sardegna  -  Denunciata  illegittimita'
  derivata per illegittimita' costituzionale dell'art. 2,  comma  36,
  del D.L. n. 138/2011, convertito in legge n. 148/2011  e  dell'art.
  46, comma 1, del D.L. n. 201/2011, convertito in legge n. 214/2011,
  gia' impugnati con ricorsi in via principale nn. 160/11 e  47/12  -
  Denunciata violazione dell'autonomia finanziaria regionale, nonche'
  dei principi di ragionevolezza  e  di  leale  collaborazione  sotto
  svariati profili -  Richiesta  alla  Corte  di  dichiarare  la  non
  spettanza allo Stato e per esso al Ministero dell'economia e  delle
  finanze di emanare il decreto del Direttore generale delle  finanze
  e del Ragioniere generale dello Stato 20 luglio 2012 impugnato e di
  annullare lo stesso. 
- Nota del Direttore generale delle finanze e del Ragioniere generale
  dello Stato 20 luglio 2012. 
- Costituzione, artt. 3, 117 e 119; Statuto della  Regione  Sardegna,
  artt.  7,  8  e  54  in  riferimento  all'art.   10   della   legge
  costituzionale 18 ottobre 2001,  n.  3;  decreto-legge  6  dicembre
  2011, n. 201, art. 48, comma 1-bis. 
(GU n.47 del 28-11-2012 )
    Ricorso nell'interesse  della  regione  autonoma  della  Sardegna
(Cod. fisc. 80002870923) in persona del Presidente pro tempore  dott.
Ugo  Cappellacci,  giusta  procura  a  margine  del   presente   atto
rappresentata e  difesa  dagli  avv.ti  Tiziana  Ledda  (cod.  fisc.:
LDDTZN52T59B354Q: fax: 070/6062418;  posta  elettronica  certificata:
tledda@pec.regione.sardegna.it) e prof. Massimo  Luciani  (cod.fisc.:
LCNMSM52L23H501G; fax: 06/90236029;  posta  elettronica  certificata:
massimoluciani@ordineavvocatiroma.org) ed  elettivamente  domiciliata
presso lo studio del secondo in  00153  Roma,  Lungotevere  Raffaello
Sanzio n. 9; 
    Contro il Presidente del Consiglio dei Ministri, in  persona  del
Presidente del Consiglio pro tempore, a seguito e per  l'annullamento
del decreto del direttore generale delle  finanze  e  del  ragioniere
generale  dello  Stato  20  luglio  2012,   recante   «Modalita'   di
individuazione del maggior gettito da riservare all'erario, ai  sensi
dell'art. 2, comma 36 del  decreto-legge  13  agosto  2011,  n.  138,
convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148,
e dell'art. 48, comma 1, del decreto-legge 6 dicembre 2011,  n.  201,
convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214»,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 173 del  26
luglio 2012. 
 
                              F a t t o 
 
    1. - Le vicende sottese alla presente controversia sono in  larga
parte note a codesta  ecc.ma  Corte  costituzionale.  Esse,  infatti,
prendono le mosse dall'art. 2, comma 36, del decreto-legge n. 138 del
2011, conv. con modificazioni in legge n. 148 del 2011,  e  dall'art.
48,  comma  1,  del  decreto-legge  n.  201  del  2011,   conv.   con
modificazioni in legge n. 214 del 2011. 
    La prima disposizione prevede che «le maggiori entrate  derivanti
dal presente decreto sono riservate all'erario,  per  un  periodo  di
cinque anni,  per  essere  destinate  alle  esigenze  prioritarie  di
raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede
europea,  anche  alla  luce  della  eccezionalita'  della  situazione
economica  internazionale.  Con  apposito   decreto   del   Ministero
dell'economia e delle finanze, da emanare entro sessanta giorni dalla
data di entrata in vigore della legge  di  conversione  del  presente
decreto, sono stabilite le modalita' di  individuazione  del  maggior
gettito, attraverso separata contabilizzazione. A  partire  dall'anno
2014, il documento di economia e finanza  conterra'  una  valutazione
delle   maggiori   entrate   derivanti,   in   termini    permanenti,
dall'attivita' di contrasto all'evasione. Dette maggiori entrate,  al
netto di quelle necessarie al mantenimento del pareggio  di  bilancio
ed alla riduzione  del  debito,  confluiranno  in  un  Fondo  per  la
riduzione strutturale della pressione fiscale e  saranno  finalizzate
alla riduzione degli oneri  fiscali  e  contributivi  gravanti  sulle
famiglie e sulle imprese». 
    Del tutto analogamente, la seconda disposizione sopra  menzionata
prevede che «le maggiori  entrate  erariali  derivanti  dal  presente
decreto sono riservate all'erario, per un periodo di cinque anni, per
essere destinate alle esigenze prioritarie  di  raggiungimento  degli
obiettivi di finanza pubblica concordati in sede europea, anche  alla
luce della eccezionalita' della situazione economica  internazionale.
Con apposito decreto del Ministero dell'economia e delle finanze,  da
emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in  vigore  della
legge di conversione del  presente  decreto  e  da  trasmettere  alla
Camera dei deputati e al Senato della Repubblica, sono  stabilite  le
modalita' di individuazione del maggior gettito, attraverso  separata
contabilizzazione». 
    In entrambi i casi, dunque, il legislatore statale ha  introdotto
una clausola di totale riserva all'erario statale del maggior gettito
fiscale derivante dalle manovre di finanza  pubblica  varate  con  lo
strumento della decretazione d'urgenza. 
    Come  e'  noto  a   codesta   ecc.ma   Corte   costituzionale   e
all'Amministrazione  resistente,  sia  l'art.  2,   comma   36,   del
decreto-legge  n.  138  del  2011,  sia  l'art.  48,  comma  1,   del
decreto-legge  n.  201  del  2011  sono  oggetto  di   questioni   di
legittimita' costituzionale in via principale, proposte  con  ricorsi
rubricati rispettivamente ai nn. 160 del Reg. Ric. 2011 e 47 del Reg.
Ric. 2012. Con tali impugnazioni (vi si insistera' piu'  diffusamente
nell'articolazione dei motivi di ricorso) la regione ha lamentato  la
violazione (oltre che degli artt. 3, 117 e 119 Cost.) degli artt. 7 e
8 del proprio Statuto d'autonomia,  i  quali  fissano  il  regime  di
compartecipazione regionale alle entrate erariali (art.  8),  che  e'
strumento cardine dell'autonomia economico-finanziaria della  regione
(art. 7). 
    2. - Ora, con l'impugnato decreto, il Ministero  dell'economia  e
delle finanze disciplina le modalita' di individuazione  del  maggior
gettito da riservare all'erario, ai sensi degli artt.  2,  comma  36,
del decreto-legge 138 del 2011 e 48, comma 1,  del  decreto-legge  n.
201 del 2011. 
    Tali «modalita'» possono essere cosi' brevemente sintetizzate. Il
Ministero ha predisposto una tabella  recante  le  «previsioni  degli
incrementi di gettito dei  tributi  per  l'anno  2012,  distinte  per
capitolo/articolo di imputazione del bilancio  dello  Stato»,  dovute
alle due manovre di finanza pubblica di agosto e dicembre 2011  (art.
1, comma 1, del decreto). La somma indicata nelle previsioni e' stata
assunta a divisore  delle  entrate  «complessive  di  competenza  dei
medesimi capitoli/articoli di  entrata  del  bilancio  dello  Stato»,
cosi' da determinare, in astratto, le  «incidenze  percentuali  degli
incrementi di gettito», incrementi che  saranno  poi  destinati  agli
«appositi  capitoli/articoli  di  entrata  sui  quali  devono  essere
separatamente  contabilizzate   tali   maggiori   entrate   riservate
all'erario» (comma 2). 
    E' sulla base delle percentuali risultanti da questa  operazione,
che i competenti uffici statali,  al  momento  di  contabilizzare  le
entrate erariali, imputeranno, in concreto, le  somme  corrispondenti
alle percentuali derivanti dal maggior gettito («ivi comprese  quelle
afferenti ai territori delle  regioni  a  statuto  speciale  e  delle
provincie autonome di Trento e Bolzano») agli  appositi  capitoli  di
bilancio separati (artt. 2, 3 e 4).  Le  somme  cosi'  contabilizzate
verranno trattenute al bilancio statale, senza entrare  «nel  computo
delle spettanze da attribuire alle regioni a statuto speciale ed alle
provincie  autonome  di  Trento  e  Bolzano,  effettuato  secondo  le
disposizioni dei singoli statuti speciali, delle norme di  attuazione
e dei relativi decreti attuativi» (art. 5). 
    Dato che l'impugnato decreto e' stato adottato  quando  era  gia'
trascorsa piu' della  meta'  dell'anno  solare/fiscale,  in  esso  si
prevede che l'Amministrazione statale provvedera' a recuperare, nella
percentuale determinata  come  sopra,  le  somme  gia'  versate  alle
autonomie   speciali   in   esecuzione   dei   diversi   regimi    di
compartecipazione alle entrate erariali fissati dagli Statuti e dalle
relative norme di attuazione (art. 6). 
    Infine, ad un successivo provvedimento e' demandata  la  gestione
della contabilita' separata per le annualita' 2013 e 2014 (art. 7). 
    In estrema sintesi, dunque, gli uffici ministeriali, in splendida
solitudine e senza l'apporto  conoscitivo  da  parte  delle  regioni,
hanno operato una previsione delle (maggiori) entrate  tributarie  e,
sulla  base  di  essa,  tratterranno  parte  delle  somme   realmente
riscosse, sottraendole al regime  di  compartecipazione  fissato  dai
rispettivi Statuti delle autonomie speciali. 
    Non spettava allo Stato, e per esso al Ministero dell'economia  e
delle  finanze,  adottare  il   provvedimento   impugnato,   che   e'
illegittimo e gravemente lesivo degli interessi e delle  attribuzioni
costituzionali  della  regione  autonoma   della   Sardegna   e,   di
conseguenza, deve essere annullato per i seguenti motivi di, 
 
                            D i r i t t o 
 
    1. - Illegittimita' derivata per l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 2, comma 36, del decreto-legge n. 138 del  2011,  conv.  in
legge n. 148 del 2011, e dell'art. 48, comma 1, del decreto-legge  n.
201 del 2011, conv. in legge n. 214 del 2011,  per  violazione  degli
artt. 7, 8 e 54 della legge cost. n.  3  del  1948,  recante  Statuto
speciale per la Sardegna, e degli artt. 3, 117 e 119 Cost., anche  in
riferimento all'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001. Come  si  e'
detto  in  narrativa,  l'atto  impugnato  ha  dato  attuazione   alle
disposizioni  sulla  riserva  all'erario   delle   maggiori   entrate
derivanti dalle manovre di finanza  pubblica  varate  con  i  decreti
legge nn. 138 del 2011 e 201 del 2011. 
    In particolare, l'art. 2, comma 36, del decreto-legge n. 138  del
2011 prevede che «le maggiori entrate derivanti dal presente  decreto
sono  riservate  all'erario,  per  essere  destinate  alle   esigenze
prioritarie di raggiungimento degli  obiettivi  di  finanza  pubblica
concordati in sede europea,  anche  alla  luce  della  eccezionalita'
della situazione economica internazionale. Con apposito  decreto  del
Ministero dell'economia e delle finanze, da  emanare  entro  sessanta
giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del
presente decreto, sono stabilite le modalita' di  individuazione  del
maggior gettito, attraverso  separata  contabilizzazione.  A  partire
dall'anno 2014, il documento di  economia  e  finanza  conterra'  una
valutazione delle maggiori entrate derivanti, in termini  permanenti,
dall'attivita' di contrasto all'evasione. Dette maggiori entrate,  al
netto di quelle necessarie al mantenimento del pareggio  di  bilancio
ed alla riduzione  del  debito,  confluiranno  in  un  Fondo  per  la
riduzione strutturale della pressione fiscale e  saranno  finalizzate
alla riduzione degli oneri  fiscali  e  contributivi  gravanti  sulle
famiglie e sulle imprese». 
    Similmente, l'art. 48, comma 1, del decreto-legge n. 201 del 2011
prevede quanto segue: «1. Le maggiori entrate erariali derivanti  dal
presente decreto sono riservate all'erario, per un periodo di  cinque
anni,   per   essere   destinate   alle   esigenze   prioritarie   di
raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede
europea,  anche  alla  luce  della  eccezionalita'  della  situazione
economica  internazionale.  Con  apposito   decreto   del   Ministero
dell'economia e delle finanze, da emanare entro sessanta giorni dalla
data di entrata in vigore della legge  di  conversione  del  presente
decreto e da trasmettere alla Camera dei deputati e al  Senato  della
Repubblica, sono stabilite le modalita' di individuazione del maggior
gettito, attraverso separata contabilizzazione. 
    1-bis. Ferme restando le disposizioni previste dagli articoli 13,
14 e 28, nonche' quelle recate dal presente articolo, con le norme di
attuazione statutaria di cui all'art. 27 della legge 5  maggio  2009,
n. 42, e successive modificazioni,  sono  definiti  le  modalita'  di
applicazione e gli effetti finanziari del  presente  decreto  per  le
regioni a statuto speciale e per le province autonome di Trento e  di
Bolzano». 
    I  due  articoli  degli  atti  con  forza  di  legge  ora  citati
rappresentano  l'unica  base  normativa  e  ragione   giustificatrice
dell'impugnato decreto, tanto e' vero che  la  sua  parte  motiva  si
riduce alla ritenuta «necessita' di  contabilizzare  separatamente  e
far affluire all'erario  gli  incrementi  di  imposta  derivanti  dal
decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 e dal decreto-legge  6  dicembre
2011, n. 201, ivi compreso il maggior gettito afferente ai  territori
delle regioni a statuto speciale e delle provincie autonome di Trento
e Bolzano». Data l'inscindibile derivazione dell'atto impugnato dalle
menzionate    disposizioni,    dunque,    appare     evidente     che
l'incostituzionalita'    delle    seconde    comporta    de     plano
l'illegittimita' del primo. 
    Si e' gia'  detto  che  la  regione  ha  ritualmente  chiesto  la
declaratoria d'illegittimita'  costituzionale  dei  dette  previsioni
normative, per violazione degli artt. 7 e 8  dello  Statuto  e  degli
artt. 3, 117 e 119 Cost. (anche  in  riferimento  all'art.  10  della
legge cost. n. 3 del 2001, che, come noto, assicura  alle  regioni  a
statuto  speciale  le  maggiori  forme  di  autonomie   eventualmente
conferite in quella legge costituzionale alle  regioni  ad  autonomia
ordinaria). Cio' considerato, la ricorrente non puo'  qui  far  altro
che ribadire  le  censure  gia'  rivolte  avverso  dette  previsioni.
Valutera' codesta ecc.ma Corte costituzionale, anche in ragione della
pendenza   dei   menzionati   ricorsi   nn.   160/2011   e   47/2012,
l'opportunita' di sollevare innanzi a se  medesima  la  questione  di
legittimita'  costituzionale   degli   artt.   2,   comma   36,   del
decreto-legge n. 138 del 2011 e 48, comma 1, del decreto-legge n. 201
del 2011. 
    1.1. - Il decreto impugnato, nel dare attuazione  agli  artt.  2,
comma 36, del decreto-legge n. 138  del  2011  e  48,  comma  1,  del
decreto-legge n. 201 del 2011 acquisisce  alla  disponibilita'  dello
Stato maggiori entrate che  dovrebbero  essere  di  sicura  spettanza
regionale, quanto meno in misura largamente preponderante. 
    Per quanto concerne  il  decreto-legge  n.  138  del  2011,  sono
entrate  cui  la  regione  avrebbe  diritto  di  beneficiare   quelle
derivanti  dal  contributo  di  solidarieta'  sui  redditi  eccedenti
€ 300.000,00 (art. 2, comma 2, del decreto-legge n.  138  del  2011),
atteso che alle imposte sui redditi  la  regione  compartecipa  nella
misura del 70% (art. 8, comma 1,  lett.  a),  Statuto);  lo  sono  le
maggiori entrate derivanti dall'incremento dell'I.V.A., atteso che  a
tale imposta la regione compartecipa nella misura del  90%  (art.  8,
comma 1, lett. f), Statuto); lo sono le  maggiori  entrate  derivanti
dai giochi pubblici (art. 2, comma 3, del decreto-legge  n.  138  del
2011), atteso che a tali entrate la regione compartecipa nella misura
del 70% (art. 8, comma 1, lett. m), Statuto);  lo  sono  le  maggiori
entrate  derivanti  dal  recupero  dell'evasione   fiscale   previsto
dall'art. 2, commi 5-bis e 5-ter dello stesso  decreto-legge  n.  138
del 2011, atteso che si trattava comunque di entrate  spettanti  alla
regione, che solo per  una  patologia  del  sistema  non  sono  state
acquisite e che ora non possono  essere  distratte  in  favore  dello
Stato (a tutto concedere, lo Stato potrebbe trattenere il  costo  del
recupero dell'evasione, ma non certo le intere somme recuperate);  lo
sono le entrate derivanti dagli aumenti delle aliquote sui redditi da
capitale (art. 2, commi 6 e 9, del decreto-legge n.  138  del  2011),
atteso che a tali entrate la regione compartecipa  nella  misura  del
70% (art. 8,  comma  1,  lett.  m),  Statuto);  lo  sono  le  entrate
derivanti dall'anticipazione delle riduzioni delle esenzioni  fiscali
(art. 1, comma 6, del decreto-legge n. 138 del 2011), alle  quali  la
regione compartecipa nella misura di ciascun tributo, sempre ai sensi
dell'art. 8 dello  Statuto  (per  quanto  riguarda,  in  particolare,
l'IRAP e l'Addizionale regionale IRPEF, la partecipazione e' totale). 
    Per quanto, invece, concerne il decreto-legge n.  201  del  2011,
sarebbero  di  sicura  spettanza  regionale   le   maggiori   entrate
derivanti: 
        i) dall'esclusione e/o rimodulazione  del  credito  d'imposta
per le societa' commerciali (art. 9  del  decreto-legge  n.  201  del
2011, in riferimento all'art. 8, comma 1, lett. a), dello Statuto); 
        ii) dall'emersione di  «base  imponibile»  per  le  attivita'
soggette a IVA (art. 10, commi da 1 a 7 e da 9 a 13, e  art.  11  del
decreto-legge n. 201 del 2011, in riferimento all'art.  8,  comma  1,
lett. f), dello Statuto); 
        iii) dall'applicazione di misure sanzionatone per il recupero
di crediti non  versati  al  fisco  (art.  10,  commi  8,  13-quater,
13-decies, lett. b), e c), del decreto-legge  n.  201  del  2011,  in
riferimento all'art. 8, comma 1, lett. m), dello Statuto); 
        iv)  nella  parte  del  gettito  non  riservato  ai   comuni,
dall'anticipazione sperimentale dell'imposta municipale propria (art.
13 del decreto-legge n. 201 del  2011,  in  riferimento  all'art.  8,
comma 1, lett. m), dello Statuto); 
        v)  nella  parte  del  gettito  non  riservato   ai   comuni,
dall'istituzione del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (art.
14 del decreto-legge n. 201 del  2011,  in  riferimento  all'art.  8,
comma 1, lett. m), dello Statuto); 
        vi) dalla rimodulazione delle aliquote sulle accise  per  gli
idrocarburi  (art.  15  del  decreto-legge  n.  201  del   2011,   in
riferimento all'art. 8, comma 1, lett. d), dello Statuto); 
        vii) dalle disposizioni per la tassazione di auto  di  lusso,
imbarcazioni ed aerei (art. 16 del decreto-legge n. 201 del 2011,  in
riferimento all'art. 8, comma 1, lett. m), dello Statuto); 
        viii)  dall'aumento  delle  aliquote   IVA   (art.   18   del
decreto-legge n. 201 del 2011, in riferimento all'art.  8,  comma  1,
lett. f), dello Statuto); 
        ix) dalle disposizioni in materia  di  imposta  di  bollo  su
conti correnti, titoli, strumenti e prodotti finanziari  nonche'  sui
valori c.d. «scudati» e sulle  attivita'  finanziarie  e  immobiliari
detenute all'estero (art. 19 del decreto-legge n. 201  del  2011,  in
riferimento all'art. 8, comma 1, lett. a) e b), dello Statuto). 
    In  tutti  questi  casi,  dunque,  l'atto  qui  impugnato  e   le
disposizioni legislative  ch'esso  assume  di  attuare  escludono  la
regione da risorse finanziarie che le spetterebbero in forza del  suo
Statuto. 
    1.2. - Il vizio lamentato  trova  conferma  nella  giurisprudenza
costituzionale. Non sono mancate, invero, occasioni  in  cui  codesta
ecc.ma Corte costituzionale ha ritenuto legittima una deroga  operata
con atto avente forza di legge al rigido regime di  compartecipazione
alle entrate delle autonomie speciali, garantito da  fonti  di  rango
costituzionale. In tutti quei casi,  pero',  il  legislatore  statale
aveva  agito  in  stretta  osservanza  di   specifiche   disposizioni
statutarie o  norme  di  attuazione  statutaria,  che  esplicitamente
consentono tale deroga. Nel caso qui in esame, invece, dato  che  non
esiste  alcuna  norma  di  attuazione  dello  Statuto  della  regione
Sardegna  che  preveda  che  lo  Stato  possa  riservarsi,   a   date
condizioni, il maggior gettito derivante da modificazioni del sistema
tributario, e' del tutto evidente che sia l'art.  2,  comma  36,  del
decreto-legge 138 del 2011, sia l'art. 48, comma 1, del decreto-legge
n. 201 del 2011, sia, di  conseguenza,  il  provvedimento  impugnato,
sono violativi di fonti  di  rango  costituzionale  che  tutelano  le
attribuzioni della ricorrente. 
    A questo proposito e' possibile  far  riferimento,  a  titolo  di
esempio, alla sent. n. 182 del 2010. In quel caso, si dubitava  della
legittimita' della  riserva  all'erario  prevista  dall'art.  13-bis,
comma 8, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78,  che  prevedeva  il
trattenimento  all'erario  della  tassazione   sui   c.d.   «capitali
scudati», dato che la questione era stata sollevata in via principale
dalla  provincia  autonoma  di  Trento,  codesta  ecc.ma  Corte,  nel
decidere la questione, fece applicazione delle norme statutarie e  di
attuazione statutaria vigenti per detto ente:  «Per  valutare  se  la
riserva  al  bilancio  statale   dell'imposta   straordinaria   sulle
attivita' finanziarie e patrimoniali disposta dalla  norma  censurata
sia legittima, occorre verificare  se  essa  soddisfi  le  condizioni
previste dall'evocato art. 9 del d.lgs. n. 268 del 1992» si disse  in
quella occasione (par. 4 del «Considerato in diritto»). Il d.lgs.  n.
268 del 1992,  appunto,  reca  «Norme  di  attuazione  dello  statuto
speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e
provinciale», che certamente non si applicano alla regione  Sardegna.
Da questo precedente si desume che, in mancanza di  specifiche  norme
di attuazione  statutaria  che  consentano  la  deroga  all'ordinario
regime di compartecipazione alle entrate erariali e  tributarie,  non
e' possibile per lo Stato  distrarre  fondi  destinati  alla  regione
alterando il regime statutario della riserva. 
    La sent. n. 135 del 2012, poi, ha deciso un ricorso della regione
Siciliana, ove si dubitava  della  legittimita'  costituzionale  «del
combinato disposto degli artt. 23, comma 21, e 40, comma 2  [rectius:
alinea e lettera a)], del decreto-legge 6 luglio  2011,  n.  98»,  in
particolare nella parte in cui stabilisce che l'addizionale  erariale
della tassa  automobilistica  di  cui  all'art.  23,  comma  21,  del
decreto-legge n. 98 del 2011 «deve essere versata "alle  entrate  del
bilancio dello  Stato"».  La  questione  e'  stata  risolta  in  base
all'art. 2, comma 1, del d.P.R. 26  luglio  1965,  n.  1074,  recante
«Norme di attuazione dello Statuto della regione siciliana in materia
finanziaria», a tenor del quale «ai sensi del primo  comma  dell'art.
36 dello  Statuto  della  regione  siciliana  spettano  alla  regione
siciliana,  oltre  le  entrate  tributarie   da   essa   direttamente
deliberate, tutte le entrate tributarie erariali riscosse nell'ambito
del suo territorio, dirette  o  indirette,  comunque  denominate,  ad
eccezione delle nuove entrate tributarie il cui gettito sia destinato
con apposite leggi alla  copertura  di  oneri  diretti  a  soddisfare
particolari  finalita'  contingenti  o   continuative   dello   Stato
specificate  nelle  leggi  medesime».  Solo  in  ragione  di   questa
specifica disposizione, relativa alla sola regione siciliana, codesta
ecc.ma Corte costituzionale ha potuto affermare che «ricorrono  nella
specie tutte le condizioni richieste dalla  normativa  di  attuazione
statutaria per l'attribuzione allo Stato del gettito dell'addizionale
erariale della tassa automobilistica riscossa  nel  territorio  della
regione  siciliana».  Anche  in  questo  caso  vale   l'argomento   a
contrario: non essendoci alcuna disposizione analoga per  la  regione
Sardegna,  il  regime  di  compartecipazione  alle  entrate   fissato
dall'art. 8 dello Statuto non puo' in alcun modo subire deroghe. 
    Non basta. Con la sent. n. 143 del  2012,  che  ha  definito  una
controversia promossa ancora con ricorso della regione Siciliana,  si
e' scrutinata la questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.
37, comma 10, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, «nella parte in
cui  comprende  nella  riserva  a  favore  del  bilancio  statale  il
contributo unificato  di  iscrizione  a  ruolo  dovuto  nei  processi
tributari, senza farne salva, per quelli  celebrati  in  Sicilia,  la
spettanza alla regione nemmeno della quota  sostitutiva  dell'imposta
di bollo» (par. 1 del «Considerato in diritto»). In maniera del tutto
analoga alla sentenza n. 135 del 2012, la questione e' stata  risolta
ancora una volta solo in ragione «dell'art. 2 del d.P.R. n. 1074  del
1965», in base al quale «e' possibile per la legge statale  prevedere
diversamente,  attribuendo  allo  Stato  il  gettito  di  determinati
tributi, solamente se ricorrono due condizioni: a) che si  tratti  di
una entrata tributaria «nuova» e  b)  che  il  relativo  gettito  sia
specificamente destinato dalla legge alla copertura di oneri  diretti
a soddisfare particolari finalita' contingenti o  continuative  dello
Stato specificate nelle leggi medesime». 
    Infine, degna di nota e' la  sent.  n.  142  del  2011,  con  cui
codesta ecc.ma Corte costituzionale ha  dichiarato  «l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 23, comma 21,  del  decreto-legge  6  luglio
2011, n. 98, convertito, con modificazioni,  dalla  legge  15  luglio
2011,  n.  111   (Disposizioni   urgenti   per   la   stabilizzazione
finanziaria), sia nel  testo  originario  sia  in  quello  modificato
dall'art. 16, comma 1, del decreto-legge  6  dicembre  2011,  n.  201
(Disposizioni urgenti per la crescita, l'equita' e il  consolidamento
dei conti pubblici), convertito, con modificazioni,  dalla  legge  22
dicembre  2011,  n.  214,  nella  parte  in  cui  dispone   che   sia
integralmente  versato   al   bilancio   dello   Stato   il   gettito
dell'addizionale erariale  sulla  tassa  automobilistica  provinciale
percetto nei rispettivi territori delle province autonome di Trento e
di Bolzano e non attribuisce a ciascuna di tali province  autonome  i
nove decimi di detto gettito» (cosi' il dispositivo della sentenza). 
    Tanto, in base ad una limpida  argomentazione  (svolta  al  punto
4.2.1. del Considerato in diritto) incentrata sul dato statutario  (e
di attuazione statutaria). Anche in questo caso, la  lezione  che  si
desume de plano dalla  pronuncia  in  commento  e'  la  medesima:  in
mancanza di un esplicita possibilita' di riserva all'erario di  somme
da parte dello Statuto o delle norme  di  attuazione  statutaria,  lo
Stato non puo' operare una riserva come quella qui censurata, pena la
violazione di fonti di rango costituzionale quali  sono  gli  Statuti
delle regioni ad autonomia speciale. 
    Nel caso in esame, dunque, e' solamente il  dato  statutario  che
regola i rapporti finanziari tra Stato e regione Sardegna,  dato  che
il legislatore prima e la P.A. dopo hanno gravemente disatteso. E' in
codesta ecc.ma Corte costituzionale, dunque, che si  confida  perche'
la legalita'  costituzionale  cosi'  palesemente  violata  sia,  ora,
ripristinata. 
    1.3. - Per le ragioni anzidette, dunque, l'atto  impugnato  viola
l'art. 8 dello Statuto, che, come indicato, attribuisce alla  regione
una  partecipazione  maggioritaria  o  addirittura  totalitaria  alle
entrate che lo  Stato  vorrebbe  riservarsi.  E'  parimenti  violato,
pero', anche l'art. 7 dello  Statuto,  che  garantisce  alla  regione
un'adeguata autonomia finanziaria, e sono parimenti violati gli artt.
117 e 119 della Costituzione (anche in riferimento all'art. 10  della
legge  cost.  n.  3  del  2001),  che  confermano  la  tutela   della
particolare   autonomia   economico-finanziaria   della   regione   e
attribuiscono alla Sardegna la competenza concorrente  nella  materia
del coordinamento  della  finanza  pubblica.  Violato,  altresi',  e'
l'art. 3 Cost., ancora in riferimento agli artt. 7 e 8 dello Statuto,
per l'evidente irragionevolezza della scelta di acquisire allo  Stato
risorse che per definizione (in base, cioe', alle  stesse  previsioni
statutarie  e  alla  logica,  visto  che  le  entrate  cui  esse   si
riferiscono erano state destinate a coprire il fabbisogno  regionale)
sono funzionali al soddisfacimento di esigenze che statali non  sono,
tanto piu' che e' parimenti  irragionevole  perseguire  l'intento  di
raggiungere obiettivi di finanza pubblica dello  Stato,  sacrificando
quelli delle regioni, quasi che l'equilibrio  finanziario  non  fosse
affare dell'intera Repubblica. 
    1.4. - Per le medesime  ragioni,  gli  artt.  2,  comma  36,  del
decreto-legge n. 138 del 2011 e 48, comma 1, del decreto-legge n. 201
del 2011, e, di conseguenza, il decreto 20 luglio 2012 violano  anche
l'art. 54 dello Statuto, in quanto la  riserva  di  maggiori  entrate
all'erario, essendo un atto  modificativo  del  regime  di  autonomia
finanziaria  della  regione,  si  risolve  nella  sostanza   in   una
modificazione dello Statuto medesimo  in  elusione  del  procedimento
rafforzato di cui all'art. 54 medesimo, ed in particolare  del  comma
terzo, posto a garanzia delle attribuzioni della regione Sardegna. 
    1.5. -  Ulteriore  motivo  di  illegittimita'  del  provvedimento
impugnato, di nuovo per violazione dei parametri gia'  invocati,  sta
nel fatto che le disposizioni di cui e' attuazione non prevedono  uno
scopo specifico al quale destinare il sacrificio imposto alla regione
(limitandosi ad invocare generiche esigenze di  finanza  pubblica)  e
stabiliscono un  periodo  di  tempo  lunghissimo  (cinque  anni!)  di
applicazione delle penalizzanti  misure  qui  contestate.  E'  bensi'
vero, dunque, che il sacrificio  degli  interessi  regionali  sarebbe
temporalmente delimitato, ma poiche' l'arco di tempo descritto  dalla
norma e' cosi' ampio, gli artt. 2, comma 36, del decreto-legge n. 138
del 2011 e 1, comma 48, del decreto-legge n. 201 del 2011 (e con essi
il provvedimento qui  impugnato)  di  fatto  eludono  ogni  possibile
barriera temporale. 
    A  questo  proposito  si  puo'  ricordare  che  il   dato   della
limitazione temporale delle riserve  all'erario  e'  stato  rilevante
nella cit. sent. n.  142  del  2012.  In  quella  sentenza,  infatti,
codesta ecc.ma Corte  costituzionale  ha  in  rilevato  che  l'allora
censurato «art. 23, comma 21, del decreto-legge n. 98 del 2011  [...]
non soddisfa quantomeno la condizione della  delimitazione  temporale
del gettito, perche' l'addizionale si applica senza limiti di  tempo,
«a partire dal 2011» e, in misura diversa, dal 2012». Di conseguenza,
la Corte ha affermato che «il gettito  dell'addizionale  erariale  in
esame, percetto nel territorio della  provincia  autonoma,  non  puo'
essere attribuito integralmente allo Stato, perche' non e' delimitato
temporalmente.  Tale  gettito,  pertanto,   spetta   alla   provincia
ricorrente nella misura dei nove decimi, ai sensi dell'art. 75, comma
1, alinea e lettera g), dello statuto». 
    Anche nel caso di specie, dunque, si puo' dire che  il  principio
di  delimitazione  temporale  delle  riserve  (comunque   illegittime
perche' non aventi  una  esplicita  base  normativa  nelle  norme  di
attuazione dello Statuto sardo, lo  si  deve  ribadire)  non  risulta
osservato anche perche' il periodo quinquennale  e'  cosi'  ampio  da
eludere, nei fatti, la ratio medesima dell'apposizione di un  termine
ragionevole al sacrificio economico subito dalla regione. 
    In  conclusione,  anche  per  questo  profilo   appare   evidente
l'assoluta irragionevolezza e del  provvedimento  impugnato  e  delle
disposizioni legislative  di  cui  e'  attuazione,  che  non  tengono
minimamente conto delle esigenze regionali e operano come se  esse  -
assieme  alle  norme  di   rango   costituzionale   che,   garantendo
l'autonomia regionale, le tutelano - non esistessero. 
    2. - Violazione del principio di leale collaborazione di cui agli
artt. 5 e 117 sgg. Cost. Violazione degli artt. 7  e  8  della  legge
cost. n. 3 del  1948,  recante  Statuto  speciale  per  la  Sardegna,
nonche' degli artt. 5, 117 e 119 Cost., anche alla luce dell'art.  10
della legge cost. n. 3  del  2001.  Violazione  dell'art.  48,  comma
1-bis, del decreto-legge n. 201 del 2011. In data 3  luglio  2012  il
Ministero dell'economia e delle finanze ha inviato alla ricorrente  e
alle altre autonomie speciali una nota alla quale veniva allegato  lo
schema del decreto oggi impugnato. Con detta nota si richiedeva  alle
autonomie speciali destinatarie, in preteso ossequio al principio  di
leale  collaborazione,  di  formulare  eventuali   osservazioni   che
dovevano pervenire allo stesso MEF entro e non  oltre  il  16  luglio
seguente. 
    Per comodita' d'esposizione conviene riportare il tenore testuale
della nota: «lo schema di decreto allegato e' previsto [...] al  fine
di stabilire le modalita' di individuazione del  maggior  gettito  da
contabilizzare  separatamente  e  per  far  affluire  all'erario  gli
incrementi di imposta derivanti dalle disposizioni contenute sia  nel
decreto-legge n. 138 del 2011 e sia  nel  decreto-legge  n.  201  del
2011, ivi compreso il maggior gettito afferente  ai  territori  delle
regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento  e  di
Bolzano.  In  ossequio  al  principio  di  leale  collaborazione,  le
autonomie speciali in indirizzo sono invitate a  formulare  eventuali
osservazioni che, per consentire di definire  l'istruttoria  ai  fini
del successivo iter procedurale, dovranno  pervenire  alla  scrivente
entro e non oltre il 16 luglio p.v.». 
    A riscontro della  predetta  nota,  nonostante  i  ristrettissimi
tempi imposti dal MEF, la regione Sardegna sollecitamente  rispondeva
con nota  prot.  n.  5697  dell'11  luglio  2012,  rappresentando  la
necessita'  di  ricevere  dagli  uffici  statali  ulteriori  dati   e
informazioni, al fine di poter validamente interloquire con lo  Stato
sulla questione in esame. In particolare si evidenziava che, «al fine
di  poter  effettuare  una  approfondita  valutazione   sui   criteri
utilizzati e sugli effetti in termini quantitativi»,  la  ricorrente,
anche «in qualita' di coordinatrice del  tavolo  tecnico  in  materia
finanziaria, istituito in seno alla conferenza dei  Presidenti  delle
regioni a statuto speciale e delle province autonome, chiede  che  la
tabella allegata al decreto in oggetto venga corredata,  per  ciascun
capitolo/articolo del  bilancio  statale  interessato,  dei  seguenti
elementi informativi e contabili: 
        indicazione delle specifiche disposizioni normative (articolo
e comma) con cui e' stata stabilita la nuova riserva  erariale  e  le
nuove aliquote; 
        indicazione delle nuove aliquote previste  dal  decreto-legge
n. 138/2011 e dal decreto-legge n. 201/2011 e delle aliquote  vigenti
in precedenza». 
    La  ricorrente,  poi,  pur  limitata  nella   propria   attivita'
istruttoria dal contingentamento dei tempi e dall'insufficienza delle
informazioni  rese,  riusciva  a  segnalare  che   «l'art.   21   del
decreto-legge 6  luglio  2012,  n.  95  ha  previsto  la  sospensione
dell'incremento dell'imposta sul valore aggiunto, gia'  disposto  dal
decreto-legge 6  luglio  2011,  n.  98  [...]  e  ne  ha  posticipato
l'entrata in vigore alla data del 1° luglio 2013» e pertanto chiedeva
«di espungere dallo schema di decreto in questione la quota riservata
all'erario e  disciplinarla  eventualmente  quando  se  ne  dovessero
verificare i presupposti». 
    Non basta. La  regione  sottolineava,  cosa  che  e'  ancor  piu'
rilevante nel caso di specie, che i decreti-legge nn. 138 del 2011  e
201 del 2011 «hanno disposto la riduzione delle  aliquote  di  alcuni
tributi erariali che comporteranno la diminuzione del  gettito  degli
stessi anche nelle casse regionali» e,  per  tale  ragione,  chiedeva
«che il maggior gettito da riservare all'erario  ven[isse]  decurtato
dei minori introiti derivanti dagli effetti delle citate disposizioni
legislative». 
    Infine, in ossequio al principio di leale collaborazione e  anche
per interloquire simultaneamente con tutte le parti  interessate,  la
regione chiedeva «quanto prima la convocazione di un incontro tecnico
tra i rappresentanti di codesto Ministero e delle regioni  a  Statuto
speciale al fine di  esaminare  congiuntamente  le  problematiche  in
questione». 
    Il MEF replicava con nota prot. n. 16288 del 25 luglio  2012.  In
tale documento il Ministero segnalava che «l'assoluta urgenza di dare
attuazione alle disposizioni di legge in oggetto ha  reso  necessaria
l'immediata emanazione del provvedimento, allegato in copia,  che  e'
[era gia'] in corso di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale». 
    Precisava il MEF  che  «la  richiesta  di  decurtare  il  maggior
gettito da riservare allo Stato dei minori introiti  derivanti  dagli
effetti della riduzione delle aliquote  di  alcuni  tributi  erariali
[...] non appare  assentibile,  in  quanto  tale  operazione  non  e'
prevista dalle disposizioni legislative  vigenti»,  salvo  ammettere,
contraddittoriamente,  che,  «ai  fini  della  determinazione   delle
percentuali di riserva  si  e'  tenuto  conto  delle  minori  entrate
corrispondenti  ad   effetti   di   gettito   negativi   indotti   da
maggiorazioni di imposta in relazione alle quali la riserva stessa e'
stata apposta». 
    2.1.  -  Alla  luce  di  quanto  ora  riferito,  e'  evidente  la
violazione del principio di leale collaborazione tra Stato e regione. 
    In primo luogo, si deve evidenziare che l'urgenza manifestata dal
MEF   altro    non    e'    che    una    emergenza    auto-procurata
dall'Amministrazione statale. Come si e' gia' visto,  sia  l'art.  2,
comma 36, del decreto-legge n. 138 del 2011 sia l'art. 48,  comma  1,
del decreto-legge n. 201 del 2011 prevedevano un termine di  sessanta
giorni  dalla  conversione  dei  decreti-legge  per  l'adozione   del
provvedimento qui in esame. Solo dopo mesi  dalla  scadenza  di  quel
termine il  Ministero  ha  iniziato  l'iter  di  consultazione  delle
autonomie speciali, riversando sulle regioni,  tra  le  quali  e'  la
ricorrente, gli effetti negativi della propria inerzia. 
    In secondo luogo, la stessa inosservanza  dei  termini  perentori
fissati dall'art. 2, comma 36, del decreto-legge n. 138  del  2011  e
dall'art. 48, comma 1, del  decreto-legge  n.  201  del  2011  e'  un
elemento  sintomatico  della  violazione  del  principio   di   leale
collaborazione, per il semplice motivo che la  ricorrente  (ferme  le
censure  rivolte  all'intero  impianto  normativo  in  esame)   aveva
comunque interesse a definire  nei  tempi  previsti  dalla  legge  le
modalita'  applicative  della  riserva  erariale,  onde  poter   fare
affidamento su un quadro certo nei rapporti finanziari con lo  Stato.
Cio' e' tanto piu' vero in  quanto  il  meccanismo  delle  trattenute
percentuali sulle devoluzioni spettanti alle autonomie speciali,  tra
le quali e' la ricorrente, influisce  immediatamente  e  direttamente
sulle devoluzioni dello Stato e,  dunque,  sulle  risorse  economiche
disponibili per le regioni. 
    In  terzo  luogo,  la  regione  ricorrente,  al  fine  di   poter
validamente interloquire sulle questioni in oggetto, doveva  avere  a
disposizione non solo un arco  di  tempo  adeguato  a  effettuare  le
propria istruttoria, ma anche tutti i documenti utili a questo  fine.
Cosa che non e' avvenuta. 
    2.2. - Quel che conta, in ogni caso, e' che, a prescindere  dagli
assunti prospettati nel carteggio  ora  riportato,  il  Ministero  ha
proceduto in solitudine e senza l'apporto regionale,  necessario  per
l'attuazione del principio di leale collaborazione. 
    Si e' visto che l'oggetto del presente giudizio  e'  l'esercizio,
da parte dello Stato, della  potesta'  di  contabilizzare  e  gestire
risorse che spetterebbero alle autonomie speciali, tra le quali e' la
ricorrente. Si tratta, dunque, di attribuzioni statali  che  incidono
direttamente sulle prerogative regionali e che sono idonee a limitare
l'autonomia finanziaria della ricorrente, restringendo  i  canali  di
finanziamento previsti dall'art. 8 dello Statuto. 
    Per tale ragione e' evidente che lo Stato poteva adottare  l'atto
impugnato solo avendo ottenuto l'intesa con le regioni  che  dovranno
sopportarne gli effetti: dato il vulnus all'autonomia  finanziaria  e
la restrizione delle risorse economiche delle regioni,  nel  caso  in
esame deve essere applicata la medesima ratio che  la  giurisprudenza
costituzionale   ha   elaborato   nel   caso    dell'attrazione    in
sussidiarieta' delle funzioni amministrative (tra le tante, si vedano
le sentt. nn. 383 del 2005, 278 del 2010,  33  del  2011),  la  quale
richiede il coinvolgimento della regione attraverso il modello  della
c.d. «intesa forte». 
    Tale intesa non solo non e' stata raggiunta (come  testimonia  la
cit. nota della regione prot. n. 5697 dell'11 luglio 2012), ma non e'
stata nemmeno ricercata. 
    Questo si deduce da due elementi. Innanzitutto, come si e' visto,
le regioni, con la nota 3 luglio 2012,  non  sono  state  chiamate  a
condividere il provvedimento  nelle  sue  determinazioni  tecniche  e
politico-istituzionali,  bensi'  solamente  a  «formulare   eventuali
osservazioni [...] per consentire di definire l'istruttoria  ai  fini
del  successivo  iter  procedurale».  In  second'ordine,  e'  rimasta
inevasa la  richiesta  della  ricorrente,  espressa  in  qualita'  di
coordinatrice del tavolo tecnico in materia finanziaria, istituito in
seno alla conferenza dei Presidenti delle regioni a statuto  speciale
e delle province autonome,  circa  la  convocazione  di  un  incontro
tecnico tra i rappresentanti del Ministero e delle regioni a  Statuto
speciale per un esame congiunto delle problematiche in questione. 
    2.3. - In ogni caso, quand'anche si ritenesse che l'intesa con la
regione non fosse necessaria,  in  ossequio  al  principio  di  leale
collaborazione   sarebbe    stato    comunque    indispensabile    un
coinvolgimento diretto della regione nel procedimento  in  questione,
specie  nell'istruttoria  propedeutica  all'adozione   dell'impugnato
decreto. Nel caso  di  specie,  invece,  non  sono  state  dispiegate
nemmeno le piu' modeste forme collaborative sul piano istruttorio. 
    A questo proposito, si deve ricordare che il sistema  predisposto
dal MEF per trattenere all'erario le maggiori entrate derivanti dalle
due manovre di finanza pubblica varate con i decreti  legge  nn.  138
del 2011 e 201 del 2011 poggia in massima parte sulla stima di  dette
maggiori entrate, dalla quale si e' ricavato un meccanismo di diversa
computazione  percentuale  dei  tributi  riscossi,  stima   del   cui
fondamento il Ministero non ha dato alcuna dimostrazione. 
    Alle autonomie speciali, tra  le  quali  la  regione  ricorrente,
dovevano invece essere compiutamente esposti tutti  gli  elementi  di
dettaglio necessari per comprendere sia le modalita' di  elaborazione
dei criteri individuati dallo Stato per le predette  previsioni,  sia
il successivo meccanismo di calcolo di attuato. Al contrario, come si
e' gia' detto, la nota del Ministero del 3 luglio 2012 nulla indicava
in merito e recava in allegato solamente lo schema  del  decreto  che
sarebbe poi stato adottato. Cio' significa che la  regione  Sardegna,
come le altre autonomie speciali, e' stata inserita solo  formalmente
nel procedimento, attraverso l'invito a dedurre formulato con la nota
del  3  luglio  2012,  ma,  nella  sostanza,  non  ha  avuto   alcuna
possibilita' di partecipare al procedimento stesso e  di  contribuire
all'istruttoria sulle possibili modalita' applicative degli artt.  2,
comma 36, del decreto-legge n. 138  del  2011  e  48,  comma  1,  del
decreto-legge n. 201 del  2011.  Peraltro  si  deve  evidenziare  che
l'apporto istruttorio  della  regione  poteva  essere  senz'altro  di
considerevole interesse per lo Stato: prova ne sia che  il  Ministero
ha corretto, proprio  su  sollecitazione  della  regione,  i  calcoli
relativi al gettito IVA. Gli uffici  regionali,  che  nel  brevissimo
lasso di tempo e senza alcuna  documentazione  a  disposizione  hanno
potuto formulare questo rilievo, con un maggiore e piu' collaborativo
coinvolgimento  da  parte  dello  Stato  avrebbero   potuto   fornire
ulteriori dati ed elementi istruttori al Ministero. 
    2.4.  -  Quanto  riferito  sinora  comprova  -   si   confida   -
l'illegittimita' del provvedimento  impugnato  per  violazione  delle
competenze della regione Sardegna tutelate  dal  principio  di  leale
collaborazione, dagli artt. 7 e 8 dello Statuto e dagli artt. 5,  117
e 119 Cost., anche in relazione all'art. 10 della legge  cost.  n.  3
del 2001. 
    Del resto, anche la  giurisprudenza  costituzionale  conforta  le
censure sopra formulate. Gia' nella sent.  n.  98  del  2000  codesta
ecc.ma Corte costituzionale ha statuito che  il  principio  di  leale
collaborazione «domina le relazioni fra i livelli di governo la' dove
si verifichino [come accade nel caso in esame]  interferenze  fra  le
rispettive  sfere  e  i  rispettivi  ambiti   finanziari»,   con   la
conseguenza  che  i  provvedimenti  in  questione  devono  seguire  a
«procedimenti non unilaterali, ma che contemplino una  partecipazione
della  regione  direttamente  interessata».   Proseguiva   la   Corte
nell'affermare  che  «proprio  la  necessita'  di  operare  complesse
valutazioni tecnico-finanziarie per la  corretta  applicazione  della
riserva pone, dal punto di vista  costituzionale,  l'esigenza  di  un
procedimento che non escluda  la  partecipazione  della  regione,  in
forme  adeguate  al  caso»  e  che  sono  dunque   costituzionalmente
illegittime  le  disposizioni  di  legge  che,  disciplinando  ambiti
relativi all'autonomia finanziaria regionale, «non prevedono, ai fini
della   loro   attuazione,   un   procedimento   che   contempli   la
partecipazione della regione interessata, la quale deve essere  posta
in grado di interloquire sulle  scelte  tecniche  e  sulle  stime  da
effettuare, e di rappresentare il proprio punto di vista». Cosa  che,
come si e' visto, non e' accaduta nel caso in esame. 
    Piu' di recente, nella sentenza n. 33  del  2011  codesta  ecc.ma
Corte ha affermato che  «chi  richiede  il  parere  deve  mettere  il
soggetto consultato nelle condizioni di esprimersi a  ragion  veduta:
dunque,  trasmettendo  l'atto  oggetto  di  parere  e  concedendo  un
ragionevole lasso di tempo  per  la  formulazione  del  giudizio.  La
ricorrente, come si e' detto, non ha avuto questa possibilita',  dato
che  lo  Stato  ha  fornito   documentazione   insufficiente   e   ha
rappresentato un'urgenza di provvedere maturata a causa della propria
inerzia. 
    2.5. - Da ultimo si deve ricordare che l'art.  48,  comma  1-bis,
del decreto-legge n. 201 del 2011 prevede una specifica procedura  di
attuazione del meccanismo di riserva alle entrate statali,  procedura
che avrebbe dovuto seguire le forme e le modalita' dell'art. 27 della
legge n. 42 del 2009, ossia le modalita'  attuative  del  federalismo
fiscale nelle regioni ad autonomia speciale. Detto  articolo  prevede
che «le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e
di Bolzano,  nel  rispetto  degli  statuti  speciali,  concorrono  al
conseguimento degli obiettivi di perequazione e  di  solidarieta'  ed
all'esercizio dei diritti e doveri  da  essi  derivanti,  nonche'  al
patto di stabilita' interno e all'assolvimento degli  obblighi  posti
dall'ordinamento comunitario, secondo criteri e  modalita'  stabiliti
da norme di attuazione dei rispettivi statuti, da  definire,  con  le
procedure previste dagli statuti medesimi». 
    Come  e'  noto,  le  norme  di  attuazione  dello   Statuto   per
l'attuazione del federalismo fiscale nei rapporti tra Stato e regione
Sardegna non  sono  ancora  state  adottate.  Nell'impossibilita'  di
adottare  la  procedura  prevista  dall'art.  48,  comma  1-bis,  del
decreto-legge n. 201 del 2011 e, soprattutto, tenuto conto del  fatto
che la questione sostanziale concerne il regime di  compartecipazione
alle entrate erariali da parte delle autonomie speciali, tra le quali
la regione Sardegna, lo Stato avrebbe dovuto operare con  particolare
riguardo per  il  principio  di  leale  collaborazione  tra  Stato  e
autonomia, che, come insegna  la  giurisprudenza  costituzionale,  si
attua attraverso lo strumento del coinvolgimento  della  regione  nel
procedimento di  adozione  del  provvedimento  e  nel  raggiungimento
dell'intesa tra tutte le parti istituzionali. Circostanza che, lo  si
ripete ancora una volta, non si e' verificata nel caso di specie. 
    3. - Violazione, per ulteriori profili, del  principio  di  leale
collaborazione di cui agli artt. 3 e 117 Cost. Violazione degli artt.
7 e 8 della legge cost. n. 3 del 1948, recante Statuto  speciale  per
la Sardegna, e degli artt. 117 e 119 Cost., anche in  riferimento  al
principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost. L'atto  impugnato
e' viziato per violazione, per un differente profilo,  del  principio
di leale collaborazione, degli artt. 7 e  8  dello  Statuto  e  degli
artt.  117  e  119  Cost.,  anche  in  riferimento  al  principio  di
ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost. 
    Si e' gia' detto che il meccanismo sotteso al  decreto  impugnato
si fonda su una previsione di  maggiori  entrate,  in  ragione  della
quale l'Amministrazione statale provvedera' a  trattenere  all'erario
parte delle somme realmente riscosse e  a  recuperare  dalle  regioni
parte delle devoluzioni gia' effettuate. 
    Non e' previsto, pero', alcun meccanismo di conguaglio finale, da
attivare nel caso che le stime  degli  aumenti  del  gettito  fiscale
operate dal MEF si dovessero rivelare inesatte.  Un  tale  meccanismo
sarebbe stato ancor piu' necessario alla luce del fatto che lo Stato,
come si e' gia' detto, non ha dato alcuna contezza del metodo che  ha
portato ad effettuare le stime in questione. 
    La determinazione di modalita' di attuazione degli artt. 2, comma
36,  del  decreto-legge  n.  138  del  2011  e  48,  comma   1,   del
decreto-legge n.  201  del  2011  prive  di  un  tale  meccanismo  di
riequilibrio finale tra gettito  previsto  e  gettito  incassato  (o,
quantomeno, gettito  accertato  dagli  uffici  competenti)  rende  il
provvedimento impugnato viziato in primo luogo ancora una  volta  per
violazione del principio di leale collaborazione.  Una  piu'  feconda
interlocuzione con gli uffici della regione ricorrente e delle  altre
autonomie speciali, richiesta proprio  da  detto  principio,  avrebbe
potuto far emergere questo profilo e colmare quantomeno questa lacuna
del provvedimento. 
    Sono parimenti violati gli artt. 7 e 8 dello Statuto, in una  con
gli artt. 117 e 119 Cost., anche in relazione all'art. 10 della legge
cost. n. 3 del 2001, per la semplice ragione che, senza la previsione
di un riequilibrio finale delle rispettive competenze, il  regime  di
compartecipazione  alle  entrate  e  l'intera  autonomia  finanziaria
regionale subisce un'ulteriore alterazione, dalla quale  discende  un
nuovo pregiudizio per gli interessi della regione ricorrente. 
    Infine, violato e' anche il principio di  ragionevolezza  di  cui
all'art. 3 Cost., che nella specie e'  posto  a  presidio  anche  dei
corretti rapporti costituzionali tra Stato e regione, per il semplice
motivo che e' incoerente utilizzare,  come  linee  guida  dell'azione
degli uffici finanziari, una  mera  previsione  di  gettito  fiscale,
senza predisporre al contempo  una  verifica  circa  l'attuazione  di
dette previsioni e, se del caso,  un  assestamento  delle  rispettive
competenze economiche tra Stato e regioni. 
    4. - Violazione, ancora per ulteriori profili, del  principio  di
leale collaborazione di cui agli artt. 3 e 117 Cost. Violazione degli
artt. 7 e 8 della legge cost. n. 3 del 1948, recante Statuto speciale
per la Sardegna, e degli artt. 117 e 119 Cost., anche in  riferimento
al principio  di  ragionevolezza  di  cui  all'art.  3  Cost.  L'atto
impugnato e' viziato per  violazione,  per  un  ulteriore  differente
profilo, del principio di leale collaborazione, degli  artt.  7  e  8
dello Statuto e degli artt. 117 e 119 Cost., anche in riferimento  al
principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost. Si e' gia'  detto
che la regione ricorrente, nel rispondere alla nota  del  MEF  del  3
luglio 2012, invitava il Ministero a considerare «che i decreti-legge
n. 138/2011 e n. 201/2011 hanno disposto la riduzione delle  aliquote
di alcuni tributi  erariali  che  comporteranno  la  diminuzione  del
gettito degli stessi anche nelle casse regionali» e, di  conseguenza,
si chiedeva che «il maggior gettito  da  riservare  all'erario  venga
decurtato dei minori introiti derivanti dagli  effetti  delle  citate
disposizioni legislative». 
    Sottesa alla richiesta della regione era una logica  cristallina:
se e' vero che i due decreti-legge nn. 138 del 2011 e  201  del  2011
hanno in larga parte previsto un aumento del carico  fiscale  e,  con
esso,  le  «maggiori  entrate»  riservate  ai  sensi  delle  clausole
contenute nei piu' volte citati artt. 2, comma 36  del  decreto-legge
n. 138 del 2011 e 48, comma 1, del decreto-legge n. 201 del 2011,  vi
sono altre disposizioni  dei  due  decreti  che  hanno  previsto  una
diminuzione degli oneri fiscali. In particolare e senza ambizione  di
completezza, si segnala che: 
        i) l'art. 1 del decreto-legge  n.  201  del  2011  riduce  il
prelievo IRES commisurato  al  nuovo  capitale  immesso  nell'impresa
sotto forma di  conferimenti  in  denaro  da  parte  dei  soci  o  di
destinazione a riserva di utili. Esclude dalla  base  imponibile  del
reddito d'impresa il c.d. «rendimento nozionale» riferibile ai  nuovi
apporti di capitale di rischio e agli utili reinvestiti in riserve di
capitale; 
        ii) l'art. 2 del decreto-legge n. 201 del  2011  consente  la
deduzione dagli oneri fiscali  e  contributivi  di  un  importo  pari
all'IRAP versata nell'anno relativa alla quota imponibile delle spese
per il personale dipendente e assimilato; 
        iii) l'art. 4 del decreto-legge n. 201 del 2011  proroga  per
il  2012  le  agevolazioni   tributarie   per   gli   interventi   di
riqualificazione energetica e dispone, a far  data  dal  2013,  nuove
agevolazioni tributarie per il recupero del patrimonio edilizio; 
        iv) l'art. 9 del decreto-legge n. 201 del 2011  trasforma  in
credito d'imposta la quota delle  attivita'  per  imposte  anticipate
iscritte in bilancio e relative alle perdite di cui all'art.  84  del
d.P.R. n. 917 del 1976 (T.U. imposte sui redditi). 
    Cio' considerato, la regione chiedeva al Ministero di considerare
le «maggiori entrate» derivanti dai due decreti-legge al netto  delle
minori entrate previste e prevedibili, dovute alle  disposizioni  ora
citate e alle altre aventi simili effetti. Tale richiesta, lo  si  e'
visto, e' rimasta inevasa. 
    Lo Stato, non avendo tenuto  in  debito  conto  i  rilievi  della
regione nella formulazione dei criteri guida per  l'attuazione  delle
clausole di riserva  all'erario,  ha  violato  ancora  una  volta  il
principio di  leale  collaborazione,  che  implica  che  le  evidenze
istruttorie  fornite  dalla  regione   debbano   essere   considerate
dall'amministrazione procedente (quantomeno attraverso un surplus  di
motivazione in senso negativo). Per le medesime ragioni sono  violati
di bel nuovo gli artt. 7 e 8 dello Statuto e  gli  artt.  117  e  119
Cost., anche in relazione all'art. 10 della  legge  cost.  n.  3  del
2001. Questo perche' l'utilizzo delle modalita' fissate  dallo  Stato
per l'attuazione delle clausole di riserva erariale si risolve in  un
ulteriore aggravio  per  la  finanza  regionale  e  in  un  ulteriore
impedimento all'esercizio della competenza legislativa concorrente in
materia di «coordinamento della finanza pubblica». 
    Violato e' anche il principio di ragionevolezza di cui all'art. 3
Cost., ancora in riferimento agli artt. 7 e 8  dello  Statuto  e  gli
artt. 117 e 119 Cost., e in relazione all'art. 10 della  legge  cost.
n. 3 del 2001. Questo perche' la mancata  decurtazione  delle  minori
entrate dal computo  complessivo  degli  effetti  fiscali  delle  due
manovre di finanza pubblica del 2011 e' del tutto incoerente  con  la
stessa  riserva  all'erario  delle  maggiori  entrate.  E'  evidente,
infatti, che tale clausola  (pur  illegittima,  lo  si  ripete),  per
essere ragionevolmente e equamente applicata tra i diversi livelli di
governo,  deve  essere  considerata  sulle  maggiori  entrate   nette
ricavate dalle riforme del fisco e della spesa pubblica. 
    La mancata deduzione delle minori  entrate  si  risolve,  dunque,
nella diretta compromissione dei conti finanziari delle regioni,  ivi
compresi quelli della  ricorrente,  secondo  un  modello  che  imputa
soltanto a queste l'onere delle misure fiscali  di  favore  e,  senza
alcun criterio-guida, riduce la capacita' di spesa delle sole regioni
a vantaggio di quella dello Stato, non certo del  contenimento  della
spesa pubblica (le somme trattenute, infatti, vengono acquisite dallo
Stato che le puo' spendere a piacimento). 
    5. - Come si e' visto in narrativa, il decreto impugnato consente
all'amministrazione ministeriale di trattenere all'erario statale  le
maggiori somme derivanti dalle due manovre pubbliche e di  recuperare
dalle regioni parte delle somme gia' versate alle autonomie  speciali
in esecuzione dei diversi regimi di  compartecipazione  alle  entrate
erariali fissati dagli Statuti e dalle relative norme di  attuazione.
All'esito dell'auspicato accoglimento del presente  ricorso,  dunque,
lo Stato dovra' devolvere alla regione  Sardegna  la  percentuale  di
spettanza delle somme trattenute e restituire le somme  eventualmente
recuperate in ossequio all'art. 6 del decreto impugnato. Tale effetto
conseguira' di  diritto  all'auspicato  annullamento.  Nondimeno,  in
funzione di una piu' evidente certezza dei  rapporti  tra  le  parti,
codesta ecc.ma Corte costituzionale potra' precisare in questo  senso
gli effetti della propria decisione d'accoglimento,  nella  quale  si
confida in ragione di quanto sinora esposto. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Chiede che codesta ecc.ma Corte costituzionale voglia: 
        dichiarare che  non  spettava  allo  Stato,  e  per  esso  al
Ministero dell'economia e delle finanze, adottare, in violazione  del
principio di leale collaborazione di cui agli  artt.  5  e  117  sgg.
Cost.; del principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., degli
artt. 7, 8 e 54 della legge cost. n.  3  del  1948,  recante  Statuto
speciale  per  la  Sardegna;  degli  artt.  3,  117   e   119   della
Costituzione, anche in riferimento all'art. 10 della legge cost. n. 3
del 2001; nonche' dell'art. 48, comma 1-bis, del decreto-legge n. 201
del 2011, il decreto del  direttore  generale  delle  finanze  e  del
ragioniere generale dello Stato 20 luglio 2012, recante «Modalita' di
individuazione del maggior gettito da riservare all'Erario, ai  sensi
dell'art. 2, comma 36 del  decreto-legge  13  agosto  2011,  n.  138,
convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148,
e dell'art. 48, comma 1, del decreto-legge 6 dicembre 2011,  n.  201,
convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214»,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 173 del  26
luglio 2012; 
        conseguentemente e per l'effetto, annullare l'atto impugnato,
con le conseguenze di diritto,  ivi  compresa  la  restituzione  alla
regione autonoma della Sardegna delle somme trattenute  o  recuperate
ai sensi del predetto atto. 
    Si deposita copia conforme  all'originale  della  delibera  della
giunta regionale della regione autonoma della Sardegna n. 38/1 del 18
settembre 2012, con allegato estratto del verbale d'approvazione. 
      Roma-Cagliari, 19 settembre 2012 
 
                   Avv. Ledda - Avv. Prof. Luciani