N. 6 ORDINANZA (Atto di promovimento) 19 novembre 2012

Ordinanza  emessa  dal  Tribunale  amministrativo   regionale   della
Calabria - sez. staccata di Reggio Calabria sul ricorso  proposto  da
Saaid Elfalhi c/Ministero dell'interno. 
 
Straniero - Ingresso  e  permanenza  nel  territorio  dello  Stato  -
  Divieto di rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno in caso  di
  condanna con provvedimento irrevocabile per uno dei  reati  di  cui
  alla legge n. 633  del  1941,  relativa  alla  tutela  del  diritto
  d'autore, e dagli artt. 473 e 474 del  c.p.,  nonche'  in  caso  di
  condanna anche non definitiva  per  delitti  di  cui  all'art.  381
  c.p.p. - Mancata previsione della preventiva  valutazione  concreta
  della pericolosita' sociale, di volta  in  volta,  da  parte  della
  pubblica  amministrazione  -  Irragionevolezza  -   Richiamo   alla
  sentenza della Corte costituzionale n. 172 del 2012. 
- Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, artt. 4,  comma  3,  9,
  comma 4, e 26, comma 7-bis. 
- Costituzione, art. 3. 
(GU n.5 del 30-1-2013 )
 
                            IL TRIBUNALE 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro  generale  514  del  2012,  proposto  da:   Saaid   Elfalhi,
rappresentato e difeso dall'avv. Saverio Casile, con domicilio eletto
presso la Segreteria del T.A.R. in Reggio Calabria,  viale  Amendola,
8/B, contro Ministero  dell'interno,  Questura  di  Reggio  Calabria,
rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura  Distrettuale  dello
Stato, domiciliata in Reggio Calabria, via del  Plebiscito,  15,  per
l'annullamento previa sospensione dell'atto di  rigetto  dell'istanza
volta ad ottenere il  rilascio  del  permesso  di  soggiorno  CE  per
soggiornanti   di   lungo   periodo,   avente   identificativo   Cat.
A12/2012/Imm./II Sez., datato 23 febbraio  2012,  notificato  a  mani
proprie il 16 luglio 2012, con cui veniva rifiutata  l'istanza  volta
al rilascio/rinnovo di titolo di soggiorno. 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visti  gli  atti  di  costituzione  in  giudizio  del   Ministero
dell'Interno e della Questura di Reggio Calabria; 
    Relatore nella camera di consiglio del giorno 24 ottobre 2012  il
dott. Ettore Leotta e uditi per le parti i difensori come specificato
nel verbale; 
    Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue: 
        1) Con istanza del 3 dicembre 2010,  trasmessa  a  mezzo  kit
Poste  Italiane  -  assicurata  n.  06074990891  -  2,  il  cittadino
extracomunitario El Falhi Saaid, nato a Kasba Tadla (Marocco)  il  12
gennaio 1961, ha chiesto il rilascio del permesso di soggiorno CE per
soggiornanti di lungo periodo. 
    Previa comunicazione di avvio del procedimento  pervenuta  il  12
dicembre 2011, riscontrata dall'interessato con  memoria  di  replica
del 4 gennaio 2012, il Questore della Provincia di Reggio Calabria ha
rigettato  l'istanza  di  cui   trattasi   con   provvedimento   Cat.
A12/2012/Imm./II Sez. del 23 febbraio 2012, notificato a mani proprie
il 16 luglio 2012, evidenziando che: 
        con  sentenza  del  Tribunale  di   Locri   in   composizione
monocratica del 12 febbraio 2007, confermata con sentenza della Corte
di  Appello  di  Reggio  Calabria  del  28  ottobre  2008,   divenuta
irrevocabile il 13 gennaio 2009, il  cittadino  extracomunitario  era
stato condannato alla pena di mesi  quattro  di  reclusione  ed  alla
multa di Euro 1.200,00 (pena sospesa), per il reato di  cui  all'art.
171-ter della legge n. 633/1941; con sentenza del Tribunale di  Locri
in composizione monocratica del 6 aprile  2007  lo  stesso  cittadino
extracomunitario era stato condannato alla pena, ridotta per il rito,
di anni uno di reclusione ed alla multa di Euro 400,00 per  il  reato
di cui agli artt. 81 cpv c.p. e 171-ter della legge n. 633/1941; 
        in base all'art. 26, comma 7-bis, all'art.  4,  comma  3,  ed
all'art. 5, comma 5, del decreto legislativo n. 286/1998, le condanne
con provvedimenti irrevocabili  per  uno  dei  reati  previsti  dalle
disposizioni del Titolo III, Capo III, Sezione  II,  della  legge  22
aprile 1941, n. 633, e successive modificazioni, relativi alla tutela
del diritto di autore, e dagli articoli 473 e 474 del codice  penale,
erano ostative al rilascio del permesso di soggiorno per soggiornanti
CE di lungo periodo. 
    Con ricorso notificato il 15 settembre  2012,  depositato  il  10
ottobre 2012, El Falhi Saaid ha impugnato il provvedimento di rigetto
dell'istanza di permesso di soggiorno CE per  soggiornanti  di  lungo
periodo, deducendo a  sostegno  delle  proprie  ragioni  le  seguenti
censure: 
        I - Violazione dell'art. 3 della  legge  n.  241/90  e  degli
artt. 9 e 26 comma 7-bis del decreto legislativo n. 286/98. 
    Nel caso in cui sia stato richiesto il permesso di  soggiorno  CE
per  soggiornanti  di  lungo  periodo,   le   disposizioni   invocate
dall'Amministrazione non potrebbero essere applicate automaticamente,
dovendo essere effettuata in ogni caso una valutazione  discrezionale
sulla pericolosita' sociale dello straniero e sulla sua personalita',
tenendo anche conto della  durata  della  permanenza  nel  territorio
dello Stato. 
    Nella specie,  il  ricorrente  sarebbe  presente  nel  territorio
nazionale da anni, unitamente al proprio nucleo  familiare,  composto
anche da due bambini piccoli, nati in Italia e frequentanti le scuole
italiane. L'Amministrazione avrebbe dovuto tenere conto non  soltanto
degli elementi negativi, idonei in ipotesi  a  ritenerlo  proclive  a
reiterare  i  reati  a  suo  tempo  commessi  e  quindi   socialmente
pericoloso, ma anche degli elementi  positivi,  ossia  dell'eventuale
inserimento o radicamento nel tessuto sociale (famiglia e lavoro); 
        II - Minimo disvalore sociale del reato commesso. 
    I reati considerati  impeditivi  (relativi  alla  vendita  di  CD
chiaramente contraffatti) avrebbero un minimo disvalore sociale; 
        III - Erronea e falsa applicazione di provvedimenti penali. 
    Per il procedimento penale definito con  sentenza  emessa  il  28
ottobre 2008 dalla Corte d'Appello di Reggio Calabria  sarebbe  stata
applicata la sospensione condizionale della pena e non risulterebbero
procedimenti penali pendenti alla data del 26 ottobre 2010. 
    L'Amministrazione intimata  si  e'  costituita  in  giudizio  per
avversare il gravame, chiedendone il rigetto. 
    Nella  Camera  di  consiglio  del  24  ottobre  2012,  con  coeva
ordinanza, in accoglimento temporaneo  della  domanda  cautelare,  il
Tribunale   ha   disposto   la   sospensione   dell'esecuzione    del
provvedimento  impugnato,  rinviando  l'ulteriore  trattazione  della
domanda cautelare alla prima  Camera  di  consiglio  successiva  alla
restituzione degli  atti  da  parte  della  Corte  costituzionale,  a
seguito della decisione dell'incidente di costituzionalita' sollevato
con la presente ordinanza. 
        2) L'art. 4, comma 3, del decreto legislativo 25 luglio 1998,
n. 286 e  successive  modificazioni  dispone  testualmente:  «Non  e'
ammesso in Italia lo straniero ... che risulti condannato, anche  con
sentenza non  definitiva,  compresa  quella  adottata  a  seguito  di
applicazione della pena su  richiesta  ai  sensi  dell'art.  444  del
codice di procedura penale, per reati previsti dall'art. 380, commi 1
e 2, del codice di procedura penale ovvero  per  reati  inerenti  gli
stupefacenti,    la    liberta'    sessuale,    il    favoreggiamento
dell'immigrazione  clandestina  verso  l'Italia  e   dell'emigrazione
clandestina dall'Italia verso altri Stati  o  per  reati  diretti  al
reclutamento di  persone  da  destinare  alla  prostituzione  o  allo
sfruttamento  della  prostituzione  o  di  minori  da  impiegare   in
attivita' illecite. Impedisce l'ingresso dello  straniero  in  Italia
anche la condanna, con  sentenza  irrevocabile,  per  uno  dei  reati
previsti dalle disposizioni del titolo III,  capo  III,  sezione  II,
della legge 22 aprile 1941, n. 633, relativi alla tutela del  diritto
di autore, e degli articoli 473 e 474 del codice penale». 
    Secondo il successivo art. 5, comma 5, «Il permesso di  soggiorno
o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il  permesso  di  soggiorno  e'
stato rilasciato, esso  e'  revocato,  quando  mancano  o  vengono  a
mancare i requisiti richiesti  per  l'ingresso  e  il  soggiorno  nel
territorio dello Stato, fatto salvo  quanto  previsto  dall'art.  22,
comma 9, e sempre che non siano sopraggiunti nuovi  elementi  che  ne
consentano  il  rilascio  e  che  non  si  tratti  di   irregolarita'
amministrative sanabili. Nell'adottare il  provvedimento  di  rifiuto
del rilascio, di revoca o di  diniego  di  rinnovo  del  permesso  di
soggiorno  dello  straniero  che  ha   esercitato   il   diritto   al
ricongiungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto, ai sensi
dell'art. 29, si tiene anche conto della natura e della  effettivita'
dei vincoli familiari dell'interessato  e  dell'esistenza  di  legami
familiari e sociali con il  suo  Paese  d'origine,  nonche',  per  lo
straniero gia' presente sul territorio nazionale, anche della  durata
del suo soggiorno nel medesimo territorio nazionale». 
    Per quanto riguarda il lavoro autonomo, va poi richiamato  l'art.
26, comma 7-bis dello stesso decreto legislativo n. 286/1998, in base
al quale «La condanna con provvedimento irrevocabile per  alcuno  dei
reati previsti dalle disposizioni del Titolo III, Capo  III,  Sezione
II, della legge 22 aprile 1941, n. 633, e  successive  modificazioni,
relativi alla tutela del diritto di aiutare, e dagli articoli  473  e
474 del codice penale comporta la revoca del  permesso  di  soggiorno
rilasciato  allo  straniero   e   l'espulsione   del   medesimo   con
accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica». 
    Come precisato dalla giurisprudenza  amministrativa  (Cfr.  Cons.
Stato, VI, 4 agosto 2008, n.  3885;  Tar  Veneto,  Sezione  Terza,  5
febbraio 2009, n. 286; Cons. Stato, VI, 17 gennaio 2011, n. 260): 
        in base all'art. 26, comma 7-bis del decreto  legislativo  n.
286/1998, per i lavoratori autonomi la condanna  per  svolgimento  di
attivita' di contraffazione, o vendita di merci contraffatte, o altri
reati  inerenti  la   violazione   del   diritto   d'autore   implica
automaticamente la perdita del permesso di soggiorno gia' conseguito,
ovvero un impedimento assoluto al rinnovo dello  stesso  permesso  di
soggiorno; 
        per tutti gli altri reati riguardanti i lavoratori  autonomi,
la normativa di riferimento e' quella contenuta nell'art. 5, comma  5
del medesimo decreto legislativo n. 286/1998 (che rinvia all'art.  4,
comma 3), onde il venir meno dei requisiti richiesti per l'ingresso e
il  soggiorno  nel  territorio  dello  Stato  ha  effetti  automatici
ostativi, con specifiche deroghe riguardanti: 
        l'esistenza di  eventuali  elementi  sopravvenuti,  idonei  a
consentire il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno; 
        la natura ed effettivita' dei vincoli familiari,  l'esistenza
di legami familiari e sociali con il Paese d'origine, nonche', per lo
straniero gia' presente sul territorio nazionale, anche la durata del
soggiorno nel territorio nazionale, ipotesi  tutte  da  valutare  nei
soli casi in  cui  sia  esercitato  il  diritto  al  ricongiungimento
familiare. 
    Ancora, agli stranieri «in possesso, da almeno cinque anni, di un
permesso di soggiorno in  corso  di  validita'»,  che  dimostrino  la
disponibilita'  di  un  reddito  non  inferiore   all'importo   annuo
dell'assegno sociale, e' poi consentito chiedere il  rilascio  di  un
permesso di soggiorno per soggiornanti CE di lungo periodo, ai  sensi
dell'art. 9 del decreto legislativo n. 286/1998, che al comma 4 cosi'
dispone: 
    «Il permesso di soggiorno CE per soggiornanti  di  lungo  periodo
non puo' essere rilasciato agli  stranieri  pericolosi  per  l'ordine
pubblico o la sicurezza dello Stato. Nel valutare la pericolosita' si
tiene conto anche dell'appartenenza  dello  straniero  ad  una  delle
categorie indicate nell'art. 1 della legge 27 dicembre 1936, n. 1423,
come sostituito dall'art. 2 della legge 3  agosto  1988,  n.  327,  o
nell'art. 1 della legge 31  maggio  1965,  n.  375,  come  sostituito
dall'art. 13 della  legge  13  settembre  1982,  n.  646,  ovvero  di
eventuali  condanne  anche  non  definitive,  per  i  reati  previsti
dall'art. 380 del codice di procedura penale, nonche',  limitatamente
ai delitti non colposi, dall'art. 381 del medesimo  codice.  Ai  fini
dell'adozione di un provvedimento di diniego di rilascio del permesso
di soggiorno di  cui  al  presente  comma  il  questore  tiene  conto
altresi' della  durata  del  soggiorno  nel  territorio  nazionale  e
dell'inserimento sociale, familiare e lavorativo dello straniero». 
    Nella  fattispecie   sottoposta   all'esame   del   Collegio   il
ricorrente, lavoratore autonomo, ha chiesto il rilascio del  permesso
di  soggiorno   per   soggiornanti   CE   di   lungo   periodo,   che
l'Amministrazione gli ha rifiutato facendo riferimento  all'art.  26,
comma 7-bis, all'art. 4, comma 3, ed all'art. 5, comma 5, del decreto
legislativo  n.  286/1998,  in  base  ai  quali   le   condanne   con
provvedimenti  irrevocabili  per  uno  dei   reati   previsti   dalle
disposizioni del Titolo III, Capo III, Sezione  II,  della  legge  22
aprile 1941, n. 633, e successive modificazioni, relativi alla tutela
del diritto di autore, e dagli articoli 473 e 474 del codice  penale,
devono essere  considerate  ostative  al  rilascio  del  permesso  di
soggiorno, ivi compreso quello per soggiornanti CE di lungo  periodo.
L'Amministrazione  e'  pervenuta  a   tale   conclusione,   ritenendo
(implicitamente) che le condanne in questione, come sono ostative  al
rilascio del permesso di soggiorno (ordinario) di cui all'art. 5  del
decreto legislativo n. 286/1998, allo stesso modo  sono  ostative  al
rilascio del permesso di  soggiorno  CE  per  soggiornanti  di  lungo
periodo, atteso che quest'ultimo puo'  essere  accordato  soltanto  a
coloro che siano in possesso di un  regolare  permesso  di  soggiorno
(ordinario) da almeno cinque anni. 
    Infatti, in presenza delle suddette  condanne,  l'Amministrazione
e' tenuta anzitutto a revocare il permesso di soggiorno  (ordinario),
il che, ai sensi dell'art. 9, comma 1,  del  decreto  legislativo  n.
286/1998, impedisce al cittadino extracomunitario  di  richiedere  il
permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo  CE,  essendo
venuto meno uno dei presupposti legittimanti la richiesta. 
    Tale essendo il  quadro  normativo  di  riferimento,  poiche'  il
ricorrente ha subito due condanne con provvedimenti irrevocabili  per
uno dei reati previsti dalle disposizioni del Titolo III,  Capo  III,
Sezione II,  della  legge  22  aprile  1941,  n.  633,  e  successive
modificazioni,  relativi  alla  tutela  del  diritto  di  autore,  il
Questore  di  Reggio   Calabria   ha   legittimamente   adottato   il
provvedimento impugnato, che  costituisce  per  l'Amministrazione  un
vero e proprio atto dovuto. 
    Conseguentemente  il  Collegio,  chiamato  a  delibare  in   sede
cautelare il fumus boni juris del ricorso in  esame,  dovrebbe,  allo
stato, rigettare la richiesta di inibitoria; 
        3) Sennonche', dopo l'adozione del  provvedimento  impugnato,
avvenuta il 23 febbraio 2012, e' intervenuta la sentenza della  Corte
costituzionale  6  luglio  2012,  n.  172,  con  la  quale  e'  stata
dichiarata «l'illegittimita' costituzionale, per contrasto con l'art.
3 Cost., dell'art. 1-ter, comma 13, lettera c), del decreto-legge  1°
luglio 2009, n.  78  (Provvedimenti  anticrisi,  nonche'  proroga  di
termini), introdotto dalla legge di conversione  3  agosto  2009,  n.
102, nella parte  in  cui  fa  derivare  automaticamente  il  rigetto
dell'istanza  di  regolarizzazione  del  lavoratore  extracomunitario
dalla pronuncia nei suoi  confronti  di  una  sentenza  di  condanna,
ancorche' non definitiva, per uno dei reati  previsti  dall'art.  381
c.p.p., senza prevedere che la pubblica amministrazione  provveda  ad
accertare che il  medesimo  rappresenti  una  minaccia  per  l'ordine
pubblico o la sicurezza dello Stato». 
    Con la suddetta sentenza e' stata presa in esame dalla Corte  una
disposizione  riguardante   la   regolarizzazione   della   posizione
lavorativa dei lavoratori extracomunitari  (definita  «emersione»)  i
quali,  alla  data  del  30  giugno  2009,  svolgevano  attivita'  di
assistenza in favore del datore  di  lavoro  o  di  componenti  della
famiglia del predetto, ancorche' non conviventi, affetti da patologie
o  handicap  limitativi  dell'autosufficienza,   ovvero   espletavano
attivita' di lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare. 
    In tale occasione la Corte  ha  rilevato  l'irragionevolezza  del
diniego di regolarizzazione, automaticamente correlato alla pronuncia
di una sentenza di condanna - ancorche' non definitiva - per uno  dei
reati di cui all'art. 381 cod. proc. pen., senza che  sia  consentito
all'Amministrazione di  apprezzare  al  giusto  grado  gli  interessi
coinvolti e di accertare se il lavoratore extracomunitario sia o meno
pericoloso per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato. 
    Con  recentissime  decisioni  (Cfr.  Tar  Reggio   Calabria,   10
settembre 2012,  n.  565;  idem,  9  ottobre  2012,  n.  606)  questo
Tribunale ha ritenuto che al principio di diritto  individuato  dalla
Corte debba essere riconosciuta portata generale  e  che  esso  debba
essere applicato non soltanto  nelle  ipotesi  contemplate  dall'art.
1-ter del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, introdotto dalla legge
3 agosto 2009, n. 102, ma anche in tutti i casi in cui,  in  base  al
decreto legislativo 25  luglio  1998,  n.  286,  l'esistenza  di  una
condanna (definitiva o non definitiva) per uno dei reati  contemplati
dall'art. 381 c.p.p.  comporti  automaticamente  il  venir  meno  dei
requisiti richiesti per l'ingresso  e  il  soggiorno  nel  territorio
dello  Stato,  senza  che  l'effettiva  pericolosita'  per   l'ordine
pubblico o la sicurezza dello Stato  del  cittadino  extracomunitario
possa essere concretamente valutata dall'Amministrazione. 
    Con le stesse decisioni  e'  stato  affermato  che  il  principio
enucleato  dalla  Corte  per  i  reati  che   contemplano   l'arresto
facoltativo in flagranza ex art. 381 c.p.p. deve essere  esteso  -  a
maggior ragione - alle condanne (definitive) per uno dei reati per  i
quali l'arresto in flagranza addirittura non e'  consentito  (perche'
con pena non superiore nel massimo a tre anni),  tra  i  quali  vanno
ricomprese le ipotesi di cui agli artt. 473 e 474 del  codice  penale
ed al titolo III, capo III, sezione II, della legge 22  aprile  1941,
n. 633, relative alla tutela del diritto di autore  (fatto  salvo  il
caso di cui all'art. 171-ter, comma 2, della  legge  citata,  per  il
quale e' prevista  la  reclusione  fino  a  quattro  anni,  e  quindi
l'arresto facoltativo in flagranza, ai sensi dell'art. 381 c.p.p.). 
    Il Tribunale e'  pervenuto  a  tale  conclusione  rilevando  che,
contrariamente a quanto sostenuto da taluni giudici  di  primo  grado
(Cfr. Tar Perugia, 4 settembre 2012, n. 350), sia i  clandestini  che
hanno  presentato  domanda  di   emersione   ex   art.   1-ter,   del
decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, sia - a maggior ragione - coloro
che, gia' muniti di permesso di soggiorno, ne  chiedono  il  rinnovo,
debbono essere considerati a tutti gli effetti quali «individui  gia'
da tempo presenti in Italia e dediti al lavoro», e quindi  meritevoli
di tutela in pari misura. 
    Tuttavia,  ad  un  piu'  approfondito  esame,   l'interpretazione
«costituzionalmente orientata» seguita dal Tribunale con le  suddette
decisioni non risulta persuasiva,  in  quanto,  in  effetti,  con  la
citata sentenza n. 172/2012 la Corte costituzionale si e' limitata  a
dichiarare la parziale illegittimita' costituzionale dell'art. 1-ter,
comma 13, lettera c),  del  decreto-legge  1°  luglio  2009,  n.  78,
introdotto dalla legge di conversione  3  agosto  2009,  n.  102,  in
materia  di   emersione   dal   lavoro   irregolare   dei   cittadini
extracomunitari, ma non si e' pronunciata in ordine  alle  norme  che
disciplinano la posizione di quanti chiedono il rilascio o il rinnovo
del  permesso  di  soggiorno  (ordinario),  ovvero  il  rilascio  del
permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo. 
    Per tali ipotesi, non direttamente incise  dalla  sentenza  della
Corte costituzionale n. 172/2012, si rende  necessaria  una  verifica
della conformita' ai precetti costituzionali  dell'art.  4,  comma  3
(applicato in correlazione  con  il  successivo  art.  5,  comma  5),
dell'art. 26, comma 7-bis,  e  dell'art.  9,  comma  4,  del  decreto
legislativo n. 286/1998, da affidare al Giudice delle leggi, al  fine
di accertare se ed in quale  misura  le  condanne  con  provvedimenti
irrevocabili per uno dei reati previsti dalle disposizioni del Titolo
III, Capo III, Sezione II, della legge 22  aprile  1941,  n.  633,  e
successive modificazioni, relativi alla tutela del diritto di autore,
e dagli articoli 473 e 474 del codice penale,  nonche'  le  condanne,
anche non definitive, per delitti non colposi  di  cui  all'art.  381
c.p.p.  debbano  essere  considerate  automaticamente   ostative   al
rilascio  del  permesso  di  soggiorno,  ivi  compreso   quello   per
soggiornanti CE di lungo periodo, senza che l'effettiva pericolosita'
per l'ordine pubblico  o  la  sicurezza  dello  Stato  del  cittadino
extracomunitario sia concretamente valutata - di  volta  in  volta  -
dall'Amministrazione. 
    Appare utile, a tal fine, riproporre le argomentazioni sviluppate
dalla Corte costituzionale con la citata sentenza n.  172/2012,  che,
ancorche'  riguardanti  la  particolare  ipotesi  dell'emersione  dal
lavoro irregolare dei cittadini extracomunitari che hanno  svolto  «,
sia pure in una situazione di irregolarita', attivita' di  assistenza
in favore del datore di lavoro o di  componenti  della  famiglia  del
predetto,  ancorche'  non  conviventi,   affetti   da   patologie   o
disabilita' che ne limitano l'autosufficienza,  ovvero  attivita'  di
lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare», sono  espressione
di principi ai quali,  per  il  Collegio,  deve  essere  riconosciuta
portata generale. 
    Secondo  la  Corte,  «La  regolamentazione  dell'ingresso  e  del
soggiorno dello straniero nel territorio nazionale... e' collegata al
bilanciamento di molteplici interessi pubblici,  che  spetta  in  via
primaria al legislatore  ordinario,  il  quale  possiede  in  materia
un'ampia discrezionalita' (sentenze n. 206  del  2006  e  n.  62  del
1994). In essa rientrano la fissazione dei requisiti necessari per le
autorizzazioni  che  consentono  ai  cittadini   extracomunitari   di
trattenersi e lavorare nel territorio della Repubblica (sent.  n.  78
del 2005) ed il c.d.  automatismo  che  caratterizza  taluni  profili
della disciplina del rilascio o del rinnovo del permesso di soggiorno
(sentenza n. 148 del 2008), oppure dell'espulsione (ordinanze n.  463
del 2005, n. 146 del 2002) e che, per alcuni aspetti, connotava anche
la legalizzazione del lavoro irregolare dei predetti, stabilita dalla
disciplina anteriore a quella fissata dalla norma censurata (sentenza
n. 206 del 2006; ordinanze n. 218 del 2007, n. 44  del  2007),  ferma
l'esigenza di uno specifico giudizio di  pericolosita'  sociale,  nel
caso in cui l'espulsione dal territorio nazionale sia  disposta  come
misura di sicurezza (sentenze n. 148 del 2008, n. 58  del  1995).  In
particolare,  siffatto  automatismo  costituisce  «un  riflesso   del
principio  di  stretta  legalita'  che  permea  l'intera   disciplina
dell'immigrazione»  ed  e'  «anche  per   gli   stranieri,   presidio
ineliminabile dei loro diritti, consentendo di scongiurare  possibili
arbitri  da  parte  dell'autorita'  amministrativa»  (tra  le  molte,
sentenza n. 148 del 2008; ordinanza n. 146 del 2002). 
    L'esercizio di tale discrezionalita', come  pure  e'  stato  piu'
volte ribadito, incontra, tuttavia, i  limiti  segnati  dai  precetti
costituzionali e, per essere in armonia con l'art. 3  Cost.,  occorre
che sia conforme a criteri di intrinseca ragionevolezza (sentenze  n.
206 del 2006 e n. 62 del 1994). Questa Corte ha, quindi, escluso  che
violi tale parametro costituzionale la previsione del  diniego  della
regolarizzazione del  lavoratore  extracomunitario  conseguente  alla
pronuncia di un provvedimento  di  espulsione  da  eseguire  mediante
accompagnamento alla frontiera, ma  ha  espressamente  valorizzato  a
detto fine la peculiare rilevanza di tale  provvedimento,  in  quanto
«non era correlato  a  lievi  irregolarita'  amministrative  ma  alla
situazione di  coloro  che  avessero  gia'  dimostrato  la  pervicace
volonta' di rimanere in Italia in una posizione di irregolarita' tale
da sottrarli ad ogni normale controllo o di coloro che tale  volonta'
lasciassero presumere all'esito di una valutazione dei  singoli  casi
condotta sulla base di specifici elementi» (sentenza n. 206 del 2006;
ordinanze n.  44  del  2007,  n.  218  del  2007).  Analogamente,  ha
giudicato non in contrasto con  l'art.  3  Cost.,  l'automatismo  del
rifiuto del rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno, qualora  lo
straniero extracomunitario abbia riportato una condanna per un  reato
inerente agli stupefacenti, ma avendo cura  di  sottolineare  la  non
manifesta irragionevolezza di tale  previsione  anche  perche'  detta
ipotesi delittuosa, tra l'altro, spesso implica «contatti, a  diversi
livelli, con appartenenti ad orgnanizzazioni criminali» (sentenza  n.
148 del 2008). 
    L'inesistenza di un'incompatibilita', in linea di principio,  del
citato automatismo con l'art. 3 Cost. non  implica,  quindi,  che  le
fattispecie nelle quali esso e' previsto siano sottratte al controllo
di  non  manifesta  arbitrarieta'.  Il  legislatore  puo',  pertanto,
subordinare la regolarizzazione del rapporto di lavoro al  fatto  che
la permanenza nel territorio dello Stato non sia  di  pregiudizio  ad
alcuno degli interessi coinvolti dalla disciplina  dell'immigrazione,
ma la relativa scelta deve costituire il risultato di un  ragionevole
e proporzionato bilanciamento degli stessi,  soprattutto  quando  sia
suscettibile di incidere sul godimento dei diritti  fondamentali  dei
quali e' titolare anche lo straniero  extracomunitario  (sentenze  n.
245 del 2011, n. 299 e  n.  249  del  2010),  perche'  la  condizione
giuridica dello straniero non deve essere «considerata -  per  quanto
riguarda la tutela di  tali  diritti  -  come  causa  ammissibile  di
trattamenti diversificati o peggiorativi» (sentenza n. 245 del 2011).
Inoltre,  questa  Corte  ha  anche  affermato  il  principio  -   qui
richiamabile, benche' sia  stato  enunciato  in  riferimento  ad  una
differente materia - in virtu' del quale  «le  presunzioni  assolute,
specie quando limitano un diritto fondamentale della persona, violano
il principio di eguaglianza, se sono arbitrarie e irrazionali,  cioe'
se non rispondono a dati di esperienza generalizzati, riassunti nella
formula    dell'id    quod    plerumque     accidit»,     sussistendo
l'irragionevolezza della presunzione assoluta «tutte le volte in  cui
sia "agevole" formulare ipotesi di accadimenti  reali  contrari  alla
generalizzazione posta a base della presunzione stessa» (sentenze  n.
231 e n. 164 del 2011; n. 263 e n. 139 del 2010). 
    ... Nel quadro di  tali  principi,  a  conforto  della  manifesta
irragionevolezza della norma censurata assume  anzitutto  rilievo  la
considerazione  che  il  diniego  della   regolarizzazione   consegue
automaticamente alla pronuncia di una sentenza di condanna anche  per
uno dei reati di cui all'art. 381 cod. proc. pen., nonostante che gli
stessi non siano necessariamente sintomatici della  pericolosita'  di
colui che li ha commessi. In tal  senso  e',  infitti,  significativo
che, essendo possibile procedere  per  detti  reati  «all'arresto  in
flagranza soltanto se la misura e' giustificata  dalla  gravita'  del
fatto ovvero dalla  pericolosita'  del  soggetto  desunta  dalla  sua
personalita' o dalle circostanze del fatto» (art. 381, comma 4,  cod.
proc. pen.), e' gia'  l'applicabilita'  di  detta  misura  ad  essere
subordinata  ad  una  specifica  valutazione  di  elementi  ulteriori
rispetto a quelli consistenti nella mera prova della commissione  del
fatto». 
    Quanto affermato dalla Corte  a  proposito  dell'irragionevolezza
della prescrizione di cui all'art. 1-ter, comma 13, lettera  c),  del
decreto-legge 1° luglio  2009,  n.  78,  introdotto  dalla  legge  di
conversione 3 agosto 2009, n. 102 (nella parte  in  cui  fa  derivare
automaticamente  il  rigetto  dell'istanza  di  regolarizzazione  del
lavoratore extracomunitario dalla pronuncia nei suoi confronti di una
sentenza di condanna, ancorche' non definitiva,  per  uno  dei  reati
previsti dall'art.  381  c.p.p.,  senza  prevedere  che  la  pubblica
amministrazione debba  accertare  che  il  medesimo  rappresenti  una
minaccia per l'ordine pubblico o  la  sicurezza  dello  Stato),  puo'
essere riproposto, ad avviso del Tribunale: A - per l'ipotesi di  cui
all'art. 9, comma 4, del decreto legislativo  n.  286/1998,  laddove,
nel caso di richiesta di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di
lungo periodo, nella valutazione  della  pericolosita'  del  soggetto
richiedente deve tenersi conto automaticamente «di eventuali condanne
anche non  definitive,  per  i  reati  previsti...  limitatamente  ai
delitti non colposi, dall'art. 381 c.p.p.»; 
        B - per le ipotesi di cui all'art. 4, comma 3, (applicato  in
correlazione con il successivo art. 5, comma 5) ed all'art. 26, comma
7-bis del decreto legislativo  n.  286/1998,  laddove,  nel  caso  di
richiesta e/o di rinnovo di permesso di soggiorno (ordinario)  e  per
lavoro autonomo, nella valutazione della pericolosita'  del  soggetto
richiedente deve tenersi conto automaticamente  delle  condanne,  con
sentenza (o provvedimento) irrevocabile, per uno dei  reati  previsti
dalle disposizioni del Titolo III, Capo III, Sezione II, della  legge
22 aprile 1941, n. 633, e  successive  modificazioni,  relativi  alla
tutela del diritto di autore, e dagli articoli 473 e 474  del  codice
penale (condanne da ritenere ostative anche al rilascio del  permesso
di soggiorno CE per soggiornanti di lungo  periodo,  per  le  ragioni
diffusamente illustrate al superiore punto 2). 
    Il Collegio perviene a tale conclusione, rilevando che: 
        I - Coloro che, gia' muniti  di  permesso  di  soggiorno,  ne
chiedono il rinnovo, ovvero chiedono (come il ricorrente) il rilascio
del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo,  sono
a tutti gli effetti «individui gia' da tempo  presenti  in  Italia  e
dediti al lavoro», e quindi  meritevoli  di  tutela,  alla  pari  dei
clandestini che hanno presentato domanda di emersione ex art.  1-ter,
del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78. 
    Pertanto, in presenza di condanne per reati  non  particolarmente
gravi, l'Amministrazione deve valutare, di  volta  in  volta,  se  il
richiedente rappresenti o meno una minaccia per l'ordine  pubblico  o
la sicurezza dello Stato, al di fuori di qualsiasi  automatismo,  non
giustificato dalla tenuita' delle ipotesi delittuose, come  enucleate
alle superiori lettere A e B. 
    In atto, grazie  alla  sentenza  della  Corte  costituzionale  n.
172/2012, viene garantito un trattamento di favore soltanto nei  casi
di emersione dal lavoro  irregolare  dei  cittadini  extracomunitari,
mentre lo stesso trattamento non e' previsto in tutte le  ipotesi  di
richiesta o di rinnovo del permesso  di  soggiorno  (ordinario  e  di
lungo periodo), che da esse sostanzialmente non  si  discostano,  con
palese violazione del principio di  eguaglianza  di  cui  all'art.  3
della Costituzione. 
    In sostanza,  di  fronte  a  situazioni  sostanzialmente  uguali,
l'ordinamento giuridico non garantisce trattamenti uguali; 
        II  -  Ancora,  e'   del   tutto   contrario   al   parametro
costituzionale dell'intrinseca ragionevolezza  (che  rappresenta  una
delle espressioni piu' rilevanti del principio di eguaglianza di  cui
all'art. 3 Costituzione) ritenere che delle condanne -  con  sentenza
(o provvedimento) irrevocabile - per uno  dei  reati  previsti  dalle
disposizioni del Titolo III, Capo III, Sezione  II,  della  legge  22
aprile 1941, n. 633, e successive modificazioni, relativi alla tutela
del diritto di autore, e dagli articoli 473 e 474 del codice  penale,
siano «automaticamente» ostative  al  rilascio  e/o  al  rinnovo  del
permesso di soggiorno ordinario  e  per  lavoro  autonomo,  e  quindi
facciano venir meno un requisito per poter richiedere il rilascio del
permesso di soggiorno CE per soggiornati di lungo periodo (costituito
dal possesso del permesso di soggiorno «ordinario» da  almeno  cinque
anni,), nonostante per tali reati non sia previsto neppure  l'arresto
facoltativo in flagranza, ai sensi  dell'art.  381  c.p.p.  (eccezion
fatta per l'ipotesi di cui all'art. 171-ter,  comma  2,  della  legge
citata) e le relative  condanne  addirittura  non  siano  considerate
ostative all'emersione dal  lavoro  irregolare  ex  art.  1-ter,  del
decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78. 
    L'irragionevolezza della disciplina  risiede  nel  fatto  che  il
diniego del  rilascio  e/o  al  rinnovo  del  permesso  di  soggiorno
ordinario e per lavoro  autonomo,  e  quindi  il  venir  meno  di  un
requisito per richiedere il rilascio del permesso di soggiorno CE per
soggiornati   di   lungo   periodo,   scaturisce    «automaticamente»
dall'esistenza di condanne irrevocabili  in  materia  di  tutela  del
diritto  di  autore,  di  contraffazione  ed  alterazione  di   opere
dell'ingegno e di commercio di prodotti con segni falsi, e quindi per
ipotesi   delittuose   non   necessariamente    sintomatiche    della
pericolosita' di chi le ha poste in essere, senza che sia  consentito
all'Amministrazione di valutare di volta in volta se  il  richiedente
rappresenti o meno una minaccia per l'ordine pubblico o la  sicurezza
dello Stato; 
        III - In  conclusione,  il  sospetto  di  incostituzionalita'
dell'art. 4, comma 3 (applicato in  correlazione  con  il  successivo
art. 5, comma 5), dell'art. 26, comma 7-bis, e dell'art. 9, comma  4,
del  decreto  legislativo  25  luglio  1998,  n.  286  e   successive
modificazioni, nelle parti  in  cui  le  condanne  con  provvedimenti
irrevocabili per uno dei reati previsti dalle disposizioni del Titolo
III, Capo III, Sezione II, della legge 22  aprile  1941,  n.  633,  e
successive modificazioni, relativi alla tutela del diritto di autore,
e dagli articoli 473 e 474 del codice penale,  nonche'  le  condanne,
anche non definitive, per delitti non colposi, di  cui  all'art.  381
c.p.p. sono considerate «automaticamente» ostative  al  rilascio  del
permesso di soggiorno, ivi compreso quello  per  soggiornanti  CE  di
lungo periodo,  senza  che  l'effettiva  pericolosita'  per  l'ordine
pubblico o la sicurezza dello Stato  del  cittadino  extracomunitario
sia concretamente valutata di volta  in  volta  dall'Amministrazione,
appare  non  manifestamente  infondato  e  rilevante  ai  fini  della
decisione. 
    Circa la rilevanza della questione  prospettata,  va  evidenziato
infatti  che  la  sorte  del  ricorso  e'  indissolubilmente   legata
all'esito del giudizio di costituzionalita' delle norme  citate,  dal
momento che la domanda del ricorrente puo'  essere  accolta  solo  in
quanto risulti  fondata  la  prospettata  questione  di  legittimita'
costituzionale. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Il Tribunale Amministrativo Regionale  per  la  Calabria  Sezione
Staccata di Reggio Calabria, visti l'art. 134  della  Costituzione  e
l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; 
    Ritenuta la rilevanza  e  la  non  manifesta  infondatezza  della
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  4,  comma   3
(applicato in correlazione  con  il  successivo  art.  5,  comma  5),
dell'art. 26, comma 7-bis,  e  dell'art.  9,  comma  4,  del  decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286  e  successive  modificazioni,  in
relazione all'art. 3 della Costituzione, secondo  quanto  specificato
in motivazione; 
    Dispone la sospensione del giudizio e la trasmissione degli  atti
alla Corte costituzionale; 
    Ordina che a cura della  Segreteria  la  presente  ordinanza  sia
notificata alle parti in  causa,  al  Presidente  del  Consiglio  dei
Ministri e sia comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e
della Camera dei Deputati. 
 
      Cosi' deciso in Reggio Calabria, in data 24 ottobre 2012. 
 
                        Il Presidente: Leotta