N. 6 ORDINANZA (Atto di promovimento) 19 novembre 2012
Ordinanza emessa dal Tribunale amministrativo regionale della Calabria - sez. staccata di Reggio Calabria sul ricorso proposto da Saaid Elfalhi c/Ministero dell'interno. Straniero - Ingresso e permanenza nel territorio dello Stato - Divieto di rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno in caso di condanna con provvedimento irrevocabile per uno dei reati di cui alla legge n. 633 del 1941, relativa alla tutela del diritto d'autore, e dagli artt. 473 e 474 del c.p., nonche' in caso di condanna anche non definitiva per delitti di cui all'art. 381 c.p.p. - Mancata previsione della preventiva valutazione concreta della pericolosita' sociale, di volta in volta, da parte della pubblica amministrazione - Irragionevolezza - Richiamo alla sentenza della Corte costituzionale n. 172 del 2012. - Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, artt. 4, comma 3, 9, comma 4, e 26, comma 7-bis. - Costituzione, art. 3.(GU n.5 del 30-1-2013 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 514 del 2012, proposto da: Saaid Elfalhi, rappresentato e difeso dall'avv. Saverio Casile, con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R. in Reggio Calabria, viale Amendola, 8/B, contro Ministero dell'interno, Questura di Reggio Calabria, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Reggio Calabria, via del Plebiscito, 15, per l'annullamento previa sospensione dell'atto di rigetto dell'istanza volta ad ottenere il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, avente identificativo Cat. A12/2012/Imm./II Sez., datato 23 febbraio 2012, notificato a mani proprie il 16 luglio 2012, con cui veniva rifiutata l'istanza volta al rilascio/rinnovo di titolo di soggiorno. Visti il ricorso e i relativi allegati; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e della Questura di Reggio Calabria; Relatore nella camera di consiglio del giorno 24 ottobre 2012 il dott. Ettore Leotta e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue: 1) Con istanza del 3 dicembre 2010, trasmessa a mezzo kit Poste Italiane - assicurata n. 06074990891 - 2, il cittadino extracomunitario El Falhi Saaid, nato a Kasba Tadla (Marocco) il 12 gennaio 1961, ha chiesto il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo. Previa comunicazione di avvio del procedimento pervenuta il 12 dicembre 2011, riscontrata dall'interessato con memoria di replica del 4 gennaio 2012, il Questore della Provincia di Reggio Calabria ha rigettato l'istanza di cui trattasi con provvedimento Cat. A12/2012/Imm./II Sez. del 23 febbraio 2012, notificato a mani proprie il 16 luglio 2012, evidenziando che: con sentenza del Tribunale di Locri in composizione monocratica del 12 febbraio 2007, confermata con sentenza della Corte di Appello di Reggio Calabria del 28 ottobre 2008, divenuta irrevocabile il 13 gennaio 2009, il cittadino extracomunitario era stato condannato alla pena di mesi quattro di reclusione ed alla multa di Euro 1.200,00 (pena sospesa), per il reato di cui all'art. 171-ter della legge n. 633/1941; con sentenza del Tribunale di Locri in composizione monocratica del 6 aprile 2007 lo stesso cittadino extracomunitario era stato condannato alla pena, ridotta per il rito, di anni uno di reclusione ed alla multa di Euro 400,00 per il reato di cui agli artt. 81 cpv c.p. e 171-ter della legge n. 633/1941; in base all'art. 26, comma 7-bis, all'art. 4, comma 3, ed all'art. 5, comma 5, del decreto legislativo n. 286/1998, le condanne con provvedimenti irrevocabili per uno dei reati previsti dalle disposizioni del Titolo III, Capo III, Sezione II, della legge 22 aprile 1941, n. 633, e successive modificazioni, relativi alla tutela del diritto di autore, e dagli articoli 473 e 474 del codice penale, erano ostative al rilascio del permesso di soggiorno per soggiornanti CE di lungo periodo. Con ricorso notificato il 15 settembre 2012, depositato il 10 ottobre 2012, El Falhi Saaid ha impugnato il provvedimento di rigetto dell'istanza di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, deducendo a sostegno delle proprie ragioni le seguenti censure: I - Violazione dell'art. 3 della legge n. 241/90 e degli artt. 9 e 26 comma 7-bis del decreto legislativo n. 286/98. Nel caso in cui sia stato richiesto il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, le disposizioni invocate dall'Amministrazione non potrebbero essere applicate automaticamente, dovendo essere effettuata in ogni caso una valutazione discrezionale sulla pericolosita' sociale dello straniero e sulla sua personalita', tenendo anche conto della durata della permanenza nel territorio dello Stato. Nella specie, il ricorrente sarebbe presente nel territorio nazionale da anni, unitamente al proprio nucleo familiare, composto anche da due bambini piccoli, nati in Italia e frequentanti le scuole italiane. L'Amministrazione avrebbe dovuto tenere conto non soltanto degli elementi negativi, idonei in ipotesi a ritenerlo proclive a reiterare i reati a suo tempo commessi e quindi socialmente pericoloso, ma anche degli elementi positivi, ossia dell'eventuale inserimento o radicamento nel tessuto sociale (famiglia e lavoro); II - Minimo disvalore sociale del reato commesso. I reati considerati impeditivi (relativi alla vendita di CD chiaramente contraffatti) avrebbero un minimo disvalore sociale; III - Erronea e falsa applicazione di provvedimenti penali. Per il procedimento penale definito con sentenza emessa il 28 ottobre 2008 dalla Corte d'Appello di Reggio Calabria sarebbe stata applicata la sospensione condizionale della pena e non risulterebbero procedimenti penali pendenti alla data del 26 ottobre 2010. L'Amministrazione intimata si e' costituita in giudizio per avversare il gravame, chiedendone il rigetto. Nella Camera di consiglio del 24 ottobre 2012, con coeva ordinanza, in accoglimento temporaneo della domanda cautelare, il Tribunale ha disposto la sospensione dell'esecuzione del provvedimento impugnato, rinviando l'ulteriore trattazione della domanda cautelare alla prima Camera di consiglio successiva alla restituzione degli atti da parte della Corte costituzionale, a seguito della decisione dell'incidente di costituzionalita' sollevato con la presente ordinanza. 2) L'art. 4, comma 3, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 e successive modificazioni dispone testualmente: «Non e' ammesso in Italia lo straniero ... che risulti condannato, anche con sentenza non definitiva, compresa quella adottata a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell'art. 444 del codice di procedura penale, per reati previsti dall'art. 380, commi 1 e 2, del codice di procedura penale ovvero per reati inerenti gli stupefacenti, la liberta' sessuale, il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina verso l'Italia e dell'emigrazione clandestina dall'Italia verso altri Stati o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attivita' illecite. Impedisce l'ingresso dello straniero in Italia anche la condanna, con sentenza irrevocabile, per uno dei reati previsti dalle disposizioni del titolo III, capo III, sezione II, della legge 22 aprile 1941, n. 633, relativi alla tutela del diritto di autore, e degli articoli 473 e 474 del codice penale». Secondo il successivo art. 5, comma 5, «Il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno e' stato rilasciato, esso e' revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l'ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato, fatto salvo quanto previsto dall'art. 22, comma 9, e sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio e che non si tratti di irregolarita' amministrative sanabili. Nell'adottare il provvedimento di rifiuto del rilascio, di revoca o di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto, ai sensi dell'art. 29, si tiene anche conto della natura e della effettivita' dei vincoli familiari dell'interessato e dell'esistenza di legami familiari e sociali con il suo Paese d'origine, nonche', per lo straniero gia' presente sul territorio nazionale, anche della durata del suo soggiorno nel medesimo territorio nazionale». Per quanto riguarda il lavoro autonomo, va poi richiamato l'art. 26, comma 7-bis dello stesso decreto legislativo n. 286/1998, in base al quale «La condanna con provvedimento irrevocabile per alcuno dei reati previsti dalle disposizioni del Titolo III, Capo III, Sezione II, della legge 22 aprile 1941, n. 633, e successive modificazioni, relativi alla tutela del diritto di aiutare, e dagli articoli 473 e 474 del codice penale comporta la revoca del permesso di soggiorno rilasciato allo straniero e l'espulsione del medesimo con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica». Come precisato dalla giurisprudenza amministrativa (Cfr. Cons. Stato, VI, 4 agosto 2008, n. 3885; Tar Veneto, Sezione Terza, 5 febbraio 2009, n. 286; Cons. Stato, VI, 17 gennaio 2011, n. 260): in base all'art. 26, comma 7-bis del decreto legislativo n. 286/1998, per i lavoratori autonomi la condanna per svolgimento di attivita' di contraffazione, o vendita di merci contraffatte, o altri reati inerenti la violazione del diritto d'autore implica automaticamente la perdita del permesso di soggiorno gia' conseguito, ovvero un impedimento assoluto al rinnovo dello stesso permesso di soggiorno; per tutti gli altri reati riguardanti i lavoratori autonomi, la normativa di riferimento e' quella contenuta nell'art. 5, comma 5 del medesimo decreto legislativo n. 286/1998 (che rinvia all'art. 4, comma 3), onde il venir meno dei requisiti richiesti per l'ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato ha effetti automatici ostativi, con specifiche deroghe riguardanti: l'esistenza di eventuali elementi sopravvenuti, idonei a consentire il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno; la natura ed effettivita' dei vincoli familiari, l'esistenza di legami familiari e sociali con il Paese d'origine, nonche', per lo straniero gia' presente sul territorio nazionale, anche la durata del soggiorno nel territorio nazionale, ipotesi tutte da valutare nei soli casi in cui sia esercitato il diritto al ricongiungimento familiare. Ancora, agli stranieri «in possesso, da almeno cinque anni, di un permesso di soggiorno in corso di validita'», che dimostrino la disponibilita' di un reddito non inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale, e' poi consentito chiedere il rilascio di un permesso di soggiorno per soggiornanti CE di lungo periodo, ai sensi dell'art. 9 del decreto legislativo n. 286/1998, che al comma 4 cosi' dispone: «Il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo non puo' essere rilasciato agli stranieri pericolosi per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato. Nel valutare la pericolosita' si tiene conto anche dell'appartenenza dello straniero ad una delle categorie indicate nell'art. 1 della legge 27 dicembre 1936, n. 1423, come sostituito dall'art. 2 della legge 3 agosto 1988, n. 327, o nell'art. 1 della legge 31 maggio 1965, n. 375, come sostituito dall'art. 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646, ovvero di eventuali condanne anche non definitive, per i reati previsti dall'art. 380 del codice di procedura penale, nonche', limitatamente ai delitti non colposi, dall'art. 381 del medesimo codice. Ai fini dell'adozione di un provvedimento di diniego di rilascio del permesso di soggiorno di cui al presente comma il questore tiene conto altresi' della durata del soggiorno nel territorio nazionale e dell'inserimento sociale, familiare e lavorativo dello straniero». Nella fattispecie sottoposta all'esame del Collegio il ricorrente, lavoratore autonomo, ha chiesto il rilascio del permesso di soggiorno per soggiornanti CE di lungo periodo, che l'Amministrazione gli ha rifiutato facendo riferimento all'art. 26, comma 7-bis, all'art. 4, comma 3, ed all'art. 5, comma 5, del decreto legislativo n. 286/1998, in base ai quali le condanne con provvedimenti irrevocabili per uno dei reati previsti dalle disposizioni del Titolo III, Capo III, Sezione II, della legge 22 aprile 1941, n. 633, e successive modificazioni, relativi alla tutela del diritto di autore, e dagli articoli 473 e 474 del codice penale, devono essere considerate ostative al rilascio del permesso di soggiorno, ivi compreso quello per soggiornanti CE di lungo periodo. L'Amministrazione e' pervenuta a tale conclusione, ritenendo (implicitamente) che le condanne in questione, come sono ostative al rilascio del permesso di soggiorno (ordinario) di cui all'art. 5 del decreto legislativo n. 286/1998, allo stesso modo sono ostative al rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, atteso che quest'ultimo puo' essere accordato soltanto a coloro che siano in possesso di un regolare permesso di soggiorno (ordinario) da almeno cinque anni. Infatti, in presenza delle suddette condanne, l'Amministrazione e' tenuta anzitutto a revocare il permesso di soggiorno (ordinario), il che, ai sensi dell'art. 9, comma 1, del decreto legislativo n. 286/1998, impedisce al cittadino extracomunitario di richiedere il permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo CE, essendo venuto meno uno dei presupposti legittimanti la richiesta. Tale essendo il quadro normativo di riferimento, poiche' il ricorrente ha subito due condanne con provvedimenti irrevocabili per uno dei reati previsti dalle disposizioni del Titolo III, Capo III, Sezione II, della legge 22 aprile 1941, n. 633, e successive modificazioni, relativi alla tutela del diritto di autore, il Questore di Reggio Calabria ha legittimamente adottato il provvedimento impugnato, che costituisce per l'Amministrazione un vero e proprio atto dovuto. Conseguentemente il Collegio, chiamato a delibare in sede cautelare il fumus boni juris del ricorso in esame, dovrebbe, allo stato, rigettare la richiesta di inibitoria; 3) Sennonche', dopo l'adozione del provvedimento impugnato, avvenuta il 23 febbraio 2012, e' intervenuta la sentenza della Corte costituzionale 6 luglio 2012, n. 172, con la quale e' stata dichiarata «l'illegittimita' costituzionale, per contrasto con l'art. 3 Cost., dell'art. 1-ter, comma 13, lettera c), del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonche' proroga di termini), introdotto dalla legge di conversione 3 agosto 2009, n. 102, nella parte in cui fa derivare automaticamente il rigetto dell'istanza di regolarizzazione del lavoratore extracomunitario dalla pronuncia nei suoi confronti di una sentenza di condanna, ancorche' non definitiva, per uno dei reati previsti dall'art. 381 c.p.p., senza prevedere che la pubblica amministrazione provveda ad accertare che il medesimo rappresenti una minaccia per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato». Con la suddetta sentenza e' stata presa in esame dalla Corte una disposizione riguardante la regolarizzazione della posizione lavorativa dei lavoratori extracomunitari (definita «emersione») i quali, alla data del 30 giugno 2009, svolgevano attivita' di assistenza in favore del datore di lavoro o di componenti della famiglia del predetto, ancorche' non conviventi, affetti da patologie o handicap limitativi dell'autosufficienza, ovvero espletavano attivita' di lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare. In tale occasione la Corte ha rilevato l'irragionevolezza del diniego di regolarizzazione, automaticamente correlato alla pronuncia di una sentenza di condanna - ancorche' non definitiva - per uno dei reati di cui all'art. 381 cod. proc. pen., senza che sia consentito all'Amministrazione di apprezzare al giusto grado gli interessi coinvolti e di accertare se il lavoratore extracomunitario sia o meno pericoloso per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato. Con recentissime decisioni (Cfr. Tar Reggio Calabria, 10 settembre 2012, n. 565; idem, 9 ottobre 2012, n. 606) questo Tribunale ha ritenuto che al principio di diritto individuato dalla Corte debba essere riconosciuta portata generale e che esso debba essere applicato non soltanto nelle ipotesi contemplate dall'art. 1-ter del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, introdotto dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, ma anche in tutti i casi in cui, in base al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, l'esistenza di una condanna (definitiva o non definitiva) per uno dei reati contemplati dall'art. 381 c.p.p. comporti automaticamente il venir meno dei requisiti richiesti per l'ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato, senza che l'effettiva pericolosita' per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato del cittadino extracomunitario possa essere concretamente valutata dall'Amministrazione. Con le stesse decisioni e' stato affermato che il principio enucleato dalla Corte per i reati che contemplano l'arresto facoltativo in flagranza ex art. 381 c.p.p. deve essere esteso - a maggior ragione - alle condanne (definitive) per uno dei reati per i quali l'arresto in flagranza addirittura non e' consentito (perche' con pena non superiore nel massimo a tre anni), tra i quali vanno ricomprese le ipotesi di cui agli artt. 473 e 474 del codice penale ed al titolo III, capo III, sezione II, della legge 22 aprile 1941, n. 633, relative alla tutela del diritto di autore (fatto salvo il caso di cui all'art. 171-ter, comma 2, della legge citata, per il quale e' prevista la reclusione fino a quattro anni, e quindi l'arresto facoltativo in flagranza, ai sensi dell'art. 381 c.p.p.). Il Tribunale e' pervenuto a tale conclusione rilevando che, contrariamente a quanto sostenuto da taluni giudici di primo grado (Cfr. Tar Perugia, 4 settembre 2012, n. 350), sia i clandestini che hanno presentato domanda di emersione ex art. 1-ter, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, sia - a maggior ragione - coloro che, gia' muniti di permesso di soggiorno, ne chiedono il rinnovo, debbono essere considerati a tutti gli effetti quali «individui gia' da tempo presenti in Italia e dediti al lavoro», e quindi meritevoli di tutela in pari misura. Tuttavia, ad un piu' approfondito esame, l'interpretazione «costituzionalmente orientata» seguita dal Tribunale con le suddette decisioni non risulta persuasiva, in quanto, in effetti, con la citata sentenza n. 172/2012 la Corte costituzionale si e' limitata a dichiarare la parziale illegittimita' costituzionale dell'art. 1-ter, comma 13, lettera c), del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, introdotto dalla legge di conversione 3 agosto 2009, n. 102, in materia di emersione dal lavoro irregolare dei cittadini extracomunitari, ma non si e' pronunciata in ordine alle norme che disciplinano la posizione di quanti chiedono il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno (ordinario), ovvero il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo. Per tali ipotesi, non direttamente incise dalla sentenza della Corte costituzionale n. 172/2012, si rende necessaria una verifica della conformita' ai precetti costituzionali dell'art. 4, comma 3 (applicato in correlazione con il successivo art. 5, comma 5), dell'art. 26, comma 7-bis, e dell'art. 9, comma 4, del decreto legislativo n. 286/1998, da affidare al Giudice delle leggi, al fine di accertare se ed in quale misura le condanne con provvedimenti irrevocabili per uno dei reati previsti dalle disposizioni del Titolo III, Capo III, Sezione II, della legge 22 aprile 1941, n. 633, e successive modificazioni, relativi alla tutela del diritto di autore, e dagli articoli 473 e 474 del codice penale, nonche' le condanne, anche non definitive, per delitti non colposi di cui all'art. 381 c.p.p. debbano essere considerate automaticamente ostative al rilascio del permesso di soggiorno, ivi compreso quello per soggiornanti CE di lungo periodo, senza che l'effettiva pericolosita' per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato del cittadino extracomunitario sia concretamente valutata - di volta in volta - dall'Amministrazione. Appare utile, a tal fine, riproporre le argomentazioni sviluppate dalla Corte costituzionale con la citata sentenza n. 172/2012, che, ancorche' riguardanti la particolare ipotesi dell'emersione dal lavoro irregolare dei cittadini extracomunitari che hanno svolto «, sia pure in una situazione di irregolarita', attivita' di assistenza in favore del datore di lavoro o di componenti della famiglia del predetto, ancorche' non conviventi, affetti da patologie o disabilita' che ne limitano l'autosufficienza, ovvero attivita' di lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare», sono espressione di principi ai quali, per il Collegio, deve essere riconosciuta portata generale. Secondo la Corte, «La regolamentazione dell'ingresso e del soggiorno dello straniero nel territorio nazionale... e' collegata al bilanciamento di molteplici interessi pubblici, che spetta in via primaria al legislatore ordinario, il quale possiede in materia un'ampia discrezionalita' (sentenze n. 206 del 2006 e n. 62 del 1994). In essa rientrano la fissazione dei requisiti necessari per le autorizzazioni che consentono ai cittadini extracomunitari di trattenersi e lavorare nel territorio della Repubblica (sent. n. 78 del 2005) ed il c.d. automatismo che caratterizza taluni profili della disciplina del rilascio o del rinnovo del permesso di soggiorno (sentenza n. 148 del 2008), oppure dell'espulsione (ordinanze n. 463 del 2005, n. 146 del 2002) e che, per alcuni aspetti, connotava anche la legalizzazione del lavoro irregolare dei predetti, stabilita dalla disciplina anteriore a quella fissata dalla norma censurata (sentenza n. 206 del 2006; ordinanze n. 218 del 2007, n. 44 del 2007), ferma l'esigenza di uno specifico giudizio di pericolosita' sociale, nel caso in cui l'espulsione dal territorio nazionale sia disposta come misura di sicurezza (sentenze n. 148 del 2008, n. 58 del 1995). In particolare, siffatto automatismo costituisce «un riflesso del principio di stretta legalita' che permea l'intera disciplina dell'immigrazione» ed e' «anche per gli stranieri, presidio ineliminabile dei loro diritti, consentendo di scongiurare possibili arbitri da parte dell'autorita' amministrativa» (tra le molte, sentenza n. 148 del 2008; ordinanza n. 146 del 2002). L'esercizio di tale discrezionalita', come pure e' stato piu' volte ribadito, incontra, tuttavia, i limiti segnati dai precetti costituzionali e, per essere in armonia con l'art. 3 Cost., occorre che sia conforme a criteri di intrinseca ragionevolezza (sentenze n. 206 del 2006 e n. 62 del 1994). Questa Corte ha, quindi, escluso che violi tale parametro costituzionale la previsione del diniego della regolarizzazione del lavoratore extracomunitario conseguente alla pronuncia di un provvedimento di espulsione da eseguire mediante accompagnamento alla frontiera, ma ha espressamente valorizzato a detto fine la peculiare rilevanza di tale provvedimento, in quanto «non era correlato a lievi irregolarita' amministrative ma alla situazione di coloro che avessero gia' dimostrato la pervicace volonta' di rimanere in Italia in una posizione di irregolarita' tale da sottrarli ad ogni normale controllo o di coloro che tale volonta' lasciassero presumere all'esito di una valutazione dei singoli casi condotta sulla base di specifici elementi» (sentenza n. 206 del 2006; ordinanze n. 44 del 2007, n. 218 del 2007). Analogamente, ha giudicato non in contrasto con l'art. 3 Cost., l'automatismo del rifiuto del rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno, qualora lo straniero extracomunitario abbia riportato una condanna per un reato inerente agli stupefacenti, ma avendo cura di sottolineare la non manifesta irragionevolezza di tale previsione anche perche' detta ipotesi delittuosa, tra l'altro, spesso implica «contatti, a diversi livelli, con appartenenti ad orgnanizzazioni criminali» (sentenza n. 148 del 2008). L'inesistenza di un'incompatibilita', in linea di principio, del citato automatismo con l'art. 3 Cost. non implica, quindi, che le fattispecie nelle quali esso e' previsto siano sottratte al controllo di non manifesta arbitrarieta'. Il legislatore puo', pertanto, subordinare la regolarizzazione del rapporto di lavoro al fatto che la permanenza nel territorio dello Stato non sia di pregiudizio ad alcuno degli interessi coinvolti dalla disciplina dell'immigrazione, ma la relativa scelta deve costituire il risultato di un ragionevole e proporzionato bilanciamento degli stessi, soprattutto quando sia suscettibile di incidere sul godimento dei diritti fondamentali dei quali e' titolare anche lo straniero extracomunitario (sentenze n. 245 del 2011, n. 299 e n. 249 del 2010), perche' la condizione giuridica dello straniero non deve essere «considerata - per quanto riguarda la tutela di tali diritti - come causa ammissibile di trattamenti diversificati o peggiorativi» (sentenza n. 245 del 2011). Inoltre, questa Corte ha anche affermato il principio - qui richiamabile, benche' sia stato enunciato in riferimento ad una differente materia - in virtu' del quale «le presunzioni assolute, specie quando limitano un diritto fondamentale della persona, violano il principio di eguaglianza, se sono arbitrarie e irrazionali, cioe' se non rispondono a dati di esperienza generalizzati, riassunti nella formula dell'id quod plerumque accidit», sussistendo l'irragionevolezza della presunzione assoluta «tutte le volte in cui sia "agevole" formulare ipotesi di accadimenti reali contrari alla generalizzazione posta a base della presunzione stessa» (sentenze n. 231 e n. 164 del 2011; n. 263 e n. 139 del 2010). ... Nel quadro di tali principi, a conforto della manifesta irragionevolezza della norma censurata assume anzitutto rilievo la considerazione che il diniego della regolarizzazione consegue automaticamente alla pronuncia di una sentenza di condanna anche per uno dei reati di cui all'art. 381 cod. proc. pen., nonostante che gli stessi non siano necessariamente sintomatici della pericolosita' di colui che li ha commessi. In tal senso e', infitti, significativo che, essendo possibile procedere per detti reati «all'arresto in flagranza soltanto se la misura e' giustificata dalla gravita' del fatto ovvero dalla pericolosita' del soggetto desunta dalla sua personalita' o dalle circostanze del fatto» (art. 381, comma 4, cod. proc. pen.), e' gia' l'applicabilita' di detta misura ad essere subordinata ad una specifica valutazione di elementi ulteriori rispetto a quelli consistenti nella mera prova della commissione del fatto». Quanto affermato dalla Corte a proposito dell'irragionevolezza della prescrizione di cui all'art. 1-ter, comma 13, lettera c), del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, introdotto dalla legge di conversione 3 agosto 2009, n. 102 (nella parte in cui fa derivare automaticamente il rigetto dell'istanza di regolarizzazione del lavoratore extracomunitario dalla pronuncia nei suoi confronti di una sentenza di condanna, ancorche' non definitiva, per uno dei reati previsti dall'art. 381 c.p.p., senza prevedere che la pubblica amministrazione debba accertare che il medesimo rappresenti una minaccia per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato), puo' essere riproposto, ad avviso del Tribunale: A - per l'ipotesi di cui all'art. 9, comma 4, del decreto legislativo n. 286/1998, laddove, nel caso di richiesta di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, nella valutazione della pericolosita' del soggetto richiedente deve tenersi conto automaticamente «di eventuali condanne anche non definitive, per i reati previsti... limitatamente ai delitti non colposi, dall'art. 381 c.p.p.»; B - per le ipotesi di cui all'art. 4, comma 3, (applicato in correlazione con il successivo art. 5, comma 5) ed all'art. 26, comma 7-bis del decreto legislativo n. 286/1998, laddove, nel caso di richiesta e/o di rinnovo di permesso di soggiorno (ordinario) e per lavoro autonomo, nella valutazione della pericolosita' del soggetto richiedente deve tenersi conto automaticamente delle condanne, con sentenza (o provvedimento) irrevocabile, per uno dei reati previsti dalle disposizioni del Titolo III, Capo III, Sezione II, della legge 22 aprile 1941, n. 633, e successive modificazioni, relativi alla tutela del diritto di autore, e dagli articoli 473 e 474 del codice penale (condanne da ritenere ostative anche al rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, per le ragioni diffusamente illustrate al superiore punto 2). Il Collegio perviene a tale conclusione, rilevando che: I - Coloro che, gia' muniti di permesso di soggiorno, ne chiedono il rinnovo, ovvero chiedono (come il ricorrente) il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, sono a tutti gli effetti «individui gia' da tempo presenti in Italia e dediti al lavoro», e quindi meritevoli di tutela, alla pari dei clandestini che hanno presentato domanda di emersione ex art. 1-ter, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78. Pertanto, in presenza di condanne per reati non particolarmente gravi, l'Amministrazione deve valutare, di volta in volta, se il richiedente rappresenti o meno una minaccia per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato, al di fuori di qualsiasi automatismo, non giustificato dalla tenuita' delle ipotesi delittuose, come enucleate alle superiori lettere A e B. In atto, grazie alla sentenza della Corte costituzionale n. 172/2012, viene garantito un trattamento di favore soltanto nei casi di emersione dal lavoro irregolare dei cittadini extracomunitari, mentre lo stesso trattamento non e' previsto in tutte le ipotesi di richiesta o di rinnovo del permesso di soggiorno (ordinario e di lungo periodo), che da esse sostanzialmente non si discostano, con palese violazione del principio di eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione. In sostanza, di fronte a situazioni sostanzialmente uguali, l'ordinamento giuridico non garantisce trattamenti uguali; II - Ancora, e' del tutto contrario al parametro costituzionale dell'intrinseca ragionevolezza (che rappresenta una delle espressioni piu' rilevanti del principio di eguaglianza di cui all'art. 3 Costituzione) ritenere che delle condanne - con sentenza (o provvedimento) irrevocabile - per uno dei reati previsti dalle disposizioni del Titolo III, Capo III, Sezione II, della legge 22 aprile 1941, n. 633, e successive modificazioni, relativi alla tutela del diritto di autore, e dagli articoli 473 e 474 del codice penale, siano «automaticamente» ostative al rilascio e/o al rinnovo del permesso di soggiorno ordinario e per lavoro autonomo, e quindi facciano venir meno un requisito per poter richiedere il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornati di lungo periodo (costituito dal possesso del permesso di soggiorno «ordinario» da almeno cinque anni,), nonostante per tali reati non sia previsto neppure l'arresto facoltativo in flagranza, ai sensi dell'art. 381 c.p.p. (eccezion fatta per l'ipotesi di cui all'art. 171-ter, comma 2, della legge citata) e le relative condanne addirittura non siano considerate ostative all'emersione dal lavoro irregolare ex art. 1-ter, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78. L'irragionevolezza della disciplina risiede nel fatto che il diniego del rilascio e/o al rinnovo del permesso di soggiorno ordinario e per lavoro autonomo, e quindi il venir meno di un requisito per richiedere il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornati di lungo periodo, scaturisce «automaticamente» dall'esistenza di condanne irrevocabili in materia di tutela del diritto di autore, di contraffazione ed alterazione di opere dell'ingegno e di commercio di prodotti con segni falsi, e quindi per ipotesi delittuose non necessariamente sintomatiche della pericolosita' di chi le ha poste in essere, senza che sia consentito all'Amministrazione di valutare di volta in volta se il richiedente rappresenti o meno una minaccia per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato; III - In conclusione, il sospetto di incostituzionalita' dell'art. 4, comma 3 (applicato in correlazione con il successivo art. 5, comma 5), dell'art. 26, comma 7-bis, e dell'art. 9, comma 4, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 e successive modificazioni, nelle parti in cui le condanne con provvedimenti irrevocabili per uno dei reati previsti dalle disposizioni del Titolo III, Capo III, Sezione II, della legge 22 aprile 1941, n. 633, e successive modificazioni, relativi alla tutela del diritto di autore, e dagli articoli 473 e 474 del codice penale, nonche' le condanne, anche non definitive, per delitti non colposi, di cui all'art. 381 c.p.p. sono considerate «automaticamente» ostative al rilascio del permesso di soggiorno, ivi compreso quello per soggiornanti CE di lungo periodo, senza che l'effettiva pericolosita' per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato del cittadino extracomunitario sia concretamente valutata di volta in volta dall'Amministrazione, appare non manifestamente infondato e rilevante ai fini della decisione. Circa la rilevanza della questione prospettata, va evidenziato infatti che la sorte del ricorso e' indissolubilmente legata all'esito del giudizio di costituzionalita' delle norme citate, dal momento che la domanda del ricorrente puo' essere accolta solo in quanto risulti fondata la prospettata questione di legittimita' costituzionale.
P. Q. M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria Sezione Staccata di Reggio Calabria, visti l'art. 134 della Costituzione e l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Ritenuta la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 3 (applicato in correlazione con il successivo art. 5, comma 5), dell'art. 26, comma 7-bis, e dell'art. 9, comma 4, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 e successive modificazioni, in relazione all'art. 3 della Costituzione, secondo quanto specificato in motivazione; Dispone la sospensione del giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che a cura della Segreteria la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa, al Presidente del Consiglio dei Ministri e sia comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati. Cosi' deciso in Reggio Calabria, in data 24 ottobre 2012. Il Presidente: Leotta