N. 44 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 dicembre 2012
Ordinanza del 20 dicembre 2012 emessa dalla Corte di cassazione nel procedimento civile promosso da Vacirca Antonino contro Consiglio Notarile di Reggio Emilia e Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d'Appello di Bologna. Notaio - Illecito disciplinare - Prescrizione - Allungamento del relativo termine da quattro a cinque anni e previsione ex novo di cause di interruzione - Disposizioni introdotte dal decreto legislativo sul procedimento disciplinare a carico dei notai, emanato in attuazione della delega per il riassetto ordinamentale del notariato - Esorbitanza dall'oggetto e dai criteri direttivi della delega, che contemplano solo la "previsione della sospensione della prescrizione in caso di procedimento penale" - Eccesso di delega. - Legge 16 febbraio 1913, n. 89, art. 146, commi 1 e 2, come sostituiti dall'art. 29 del decreto legislativo 1° agosto 2006, n. 249. - Costituzione, art. 76, in relazione all'art. 7, comma 1, lett. e), n. 3), della legge 28 novembre 2005, n. 246.(GU n.11 del 13-3-2013 )
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Ha pronunciato la seguente ordinanza interlocutoria sul ricorso 18555-2011 proposto da: Vacirca Antonino VCRNNN62T11C351I, elettivamente domiciliato in Roma, via Giovanni Battista Martini 13, presso lo studio degli avvocati Di Porto Andrea e Pellecchia Antonella, che lo rappresentano e difendono, giusta delega a margine del ricorso - ricorrente - contro Consiglio Notarile di Reggio Emilia in persona del Presidente, elettivamente domiciliato in Roma, via Cosseria 2, presso il dott. Alfredo Placidi, rappresentato e difeso dall'avv. Guglielmo Saporito, giusta procura a margine del controricorso e ricorso incidentale controricorrente e ricorrente incidentale - nonche' contro Pubblico Ministero in persona del Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d'Appello di Bologna - intimati - ricorrenti incidentali - avverso la sentenza n. 17/2011 della Corte d'Appello di Bologna dell'1.4.2011, depositata il 19/04/2011; Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/12/2012 dal Consigliere Relatore dott. Antonio Segreto; Udito per il ricorrente l'avvocato Andrea Di Porto che si riporta agli scritti e deposita n. 2 cartolina A/R. E' presente il Procuratore Generale in persona del dott. Mario Fresa che ha concluso per la remissione del ricorso alla Corte Costituzionale. Ordinanza interlocutoria Osservato in fatto La Commissione regionale di disciplina per l'Emilia Romagna, con decisione del 4.6.2009, riconosceva il notaio Vacirca Antonino con sede in Reggio Emilia colpevole degli addebiti di cui agli artt. 36 e 38 del codice deontologico nel testo approvato con deliberazione del Consiglio Nazionale del Notariato n. 1/62 del 26.1.2007 per aver redatto un gran numero di atti nelle stesse giornate tra 11 giugno ed il 28 dicembre 2007 (da un minimo di 13 ad un massimo di 33), atti rappresentati prevalentemente da compravendite, mutui, cancellazioni o iscrizioni ipotecarie, dimostrando una frettolosita' dell'attivita' ed un mancato rispetto del principio di personalita' della prestazione notarile. La corte di appello di Bologna, adita con reclamo dal notaio, ha confermato la decisione impugnata con sentenza depositata l'1.4.2004. Riteneva la corte di merito che era stata raggiunta la prova, sia pure indiziaria, della violazione dei principi deontologici suddetti, in quanto i molteplici appuntamenti ed il numero di atti raccolti rendeva impossibile che la prestazione del notaio fosse resa personalmente, secondo l'accezione deontologica che differenzia la figura di un notaio rispetto ad altre categorie professionali; che il giudizio di frettolosita' non era smentito dal collegamento fra vari atti, non essendo possibile ipotizzare la lettura completa di tali atti in pochi minuti, come ad esempio il 18 luglio 2007 per gli atti collegati, su un totale di 29, sottoscritti alle ore 19,05, alle ore 19,06 e 19,10. Riteneva, quindi, la Corte congrua la misura inflitta di mesi quattro di sospensione, tenuto anche conto che in precedenza era stata inflitta all'incolpato una sanzione della censura per altra violazione. Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione il notaio Vacirca Antonino. Resiste con controricorso il Consiglio notarile di Reggio Emilia, che ha anche presentato ricorso incidentale. Con memoria presentata a norma dell'art. 380-bis, comma 2, il ricorrente notaio in via preliminare, deduceva l'intervenuta prescrizione dell'illecito disciplinare, prospettando, la non manifesta infondatezza dell'eccezione di illegittimita' costituzionale dell'art. 146 della legge 16 febbraio 1913, n. 89, come sostituito dall'art. 29 del d.lgs. 1° agosto 2006, n. 249, per supposto eccesso di delega della nuova previsione rispetto alla legge delega 28 novembre 2005, n. 246, con violazione dell'art. 76 Cost. Osservazioni in diritto La prospettata questione di legittimita' costituzionale e' - ad avviso del collegio - rilevante nel presente giudizio e non manifestamente infondata, dovendosi far proprie le osservazioni gia' mosse da questa Corte (Sez. Il) con ordinanza n. 17697/2012. L'art. 146, comma 1, della citata legge notarile n. 89 del 1913, nella sua originaria formulazione, prevedeva, per le violazioni disciplinari in essa indicate, un termine prescrizionale di quattro anni, senza contemplare alcuna ipotesi di interruzione ne' di sospensione della prescrizione, neppure per l'eventualita' in cui l'infrazione avesse rilievo penale. Alla stregua di tale dato normativo la giurisprudenza di questa Corte (cfr., tra le tante, Cass. n. 1766 del 1998; Cass. n. 23515 del 2004; Cass. n. 7088 del 2006 e Cass. n. 644 del 2007) era consolidata nel ritenere che la prescrizione dell'azione disciplinare contro i notai, come espressamente previsto dall'art. 146 della legge 16 febbraio 1913, n. 89, si sarebbe compiuta per effetto del decorso di quattro anni dal giorno in cui l'infrazione era stata commessa «ancorche' vi fossero stati atti di procedura», e quindi non avrebbe potuto subire interruzione a causa del procedimento disciplinare, della contestazione delle violazioni, delle pronunce del Consiglio notarile o in sede giurisdizionale, salva la sospensione della prescrizione in conseguenza della pendenza del procedimento penale, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 40 del 2 febbraio 1990. Si era anche statuito che detta prescrizione determinava l'improcedibilita' dell'azione disciplinare, operante «ex lege», e avrebbe dovuto essere rilevata anche d'ufficio ed in sede di legittimita', con conseguente cassazione senza rinvio delle sentenze impugnate, restando precluso ogni esame nel merito dei motivi di ricorso. Si e', inoltre, precisato che la disciplina dettata in materia dalla normativa sopravvenuta di cui al d.lgs. 1° agosto 2006, n. 249, si applica - in virtu' della disposizione di cui al comma 2 dell'art. 54 dello stesso testo normativo - ai fatti commessi anteriormente alla data della sua entrata in vigore solo se quella modificata dell'art. 146 della predetta legge n. 89 del 1913 risulti piu' favorevole (cfr., a questo proposito, la citata Cass. n. 644 del 2007 nonche' la piu' recente Cass. n. 2031 del 2010, ord.). Con la legge 28 novembre 2005, n. 246 il Parlamento ebbe a delegare il Governo, con la disposizione di cui all'art. 7, ad adottare appositi decreti legislativi per il «riassetto normativo in materia di ordinamento del notariato e degli archivi notarili», stabilendo - al n. 3) della lettera e) del comma 1, riferito alla «revisione dell'ordinamento disciplinare» - che si sarebbe dovuto legiferare anche in ordine alla «previsione della sospensione della prescrizione in caso di procedimento penale e revisione dell'istituto della recidiva». In relazione a tale contenuto della legge delega il legislatore delegato, con l'art. 29 del decreto legislativo 1° agosto 2006, n. 249, ha completamente sostituito il precedente art. 146 della legge 16 febbraio 1913, n. 89, con la previsione di quattro commi: il primo comma contempla l'allungamento del termine di prescrizione da quattro a cinque anni, sempre decorrente dal giorno di commissione dell'infrazione (ovvero, per le infrazioni di cui all'art. 128, comma 3, commesse nel biennio, dal primo giorno dell'anno successivo); - il secondo comma prevede una disciplina del tutto nuova in tema di interruzione della prescrizione, risultando stabilito che essa e', per l'appunto, interrotta dalla richiesta di apertura del procedimento disciplinare e dalle decisioni che applicano una sanzione disciplinare, aggiungendosi, altresi', che la prescrizione, se interrotta, ricomincia a decorrere dal giorno dell'interruzione, e con la precisazione che, in caso di esercizio di plurimi atti interruttivi, la prescrizione decorre nuovamente dall'ultimo di essi, prevedendosi, tuttavia, che, pur in caso di piu' interruzioni, non puo' essere superato il limite massimo di dieci anni; - con il terzo comma risulta sancito che, se per il fatto stabilito e' iniziato un procedimento penale, il decorso della prescrizione e' sospeso fino al passaggio in giudicato della sentenza penale; - con il quarto ed ultimo comma e' previsto che l'esecuzione della condanna alla sanzione disciplinare si prescrive nel termine di cinque anni, dal giorno in cui il provvedimento e' divenuto esecutivo. Nell'articolato dello schema del decreto legislativo adottato dal Ministero della Giustizia in attuazione del richiamato art. 7 della legge n. 246 si affermava che, con l'art. 29, era stata appunto prevista la sostituzione dell'art. 146 della legge notarile relativo alla disciplina della prescrizione, evidenziandosi che, poiche' la predetta disposizione aveva dato luogo a gravi problemi applicativi, a causa della brevita' del termine e della mancata previsione di cause di interruzione, la nuova disposizione allungava questo termine e ne prevedeva espressamente l'interruzione e la sospensione, specificandosi che, in particolare, la previsione della sospensione della prescrizione in caso di azione penale era stata correlata alla previsione della sospensione dello stesso procedimento disciplinare, in pendenza di quello penale, in conformita' alla sentenza della Corte costituzionale 2 febbraio 1990, n. 40, che aveva dichiarato, sul punto, l'incostituzionalita' del precedente disposto del medesimo art. 146. Orbene, sulla scorta di questo quadro normativo e del rapporto intercorrente tra legge delega e decreto legislativo delegato, non sembra possa dubitarsi che il legislatore delegato sia incorso in un eccesso di delega, con conseguente violazione dell'art. 76 Cost., dal momento che, a fronte di una cornice di principi e criteri direttivi riferita ad un oggetto definito e ben delimitato, trasparente dall'art. 7 della legge n. 246 del 2005 (rivolto alla regolamentazione dell'istituto della sospensione della prescrizione in correlazione con la pendenza del procedimento penale e alla revisione della recidiva), ha stabilito - nei primi due commi dell'art. 146 della c.d. legge notarile riformato - una nuova disciplina che, pur attenendo all'istituto della prescrizione (anteriormente riferito all'azione disciplinare ed ora correlato propriamente all'illecito disciplinare), ha involto la regolamentazione dell'aspetto della sua interruzione (al comma 2), prima del tutto assente nella predetta legge (e ritenuto assolutamente inoperativo in tale materia dalla consolidata giurisprudenza), con la ulteriore previsione dell'allungamento a cinque anni del relativo termine prescrizionale (al comma 1). In tal senso si reputa che con l'art. 29 del d.lgs. n. 249 del 2006 il Governo delegato abbia violato i principi e criteri direttivi e superato il limite oggettivo presenti nella delega, coinvolgendo altre situazioni che, sia pur connesse, hanno determinato un illegittimo esercizio del potere legislativo discrezionale, siccome svincolato, appunto, dai rigidi criteri direttivi predeterminati dalla legge delega, essendo indubbia la diversa natura e la differente efficacia tra gli istituti della sospensione e della interruzione della prescrizione, i quali non presentano alcun rapporto di progressivita' (cfr. Cass. n. 6901 del 2003 e Cass. 10254 del 2002). Del resto, se e' pur vero che i criteri direttivi della legge delega vanno valutati, al fine di verificare se la norma delegata sia ad essi rispondente, anche alla luce delle finalita' ispiratrici della delega stessa (cfr., ad es., Corte cost. n. 285 del 2006), non puo' dirsi che, nella specie, il legislatore delegato si sia mosso nel solco di tali scopi, poiche' il campo della sua azione normativa era stato oggettivamente limitato ad armonizzare il solo istituto della sospensione con l'eventualita' della contemporanea pendenza del procedimento penale relativo allo stesso fatto rilevante anche come illecito disciplinare, in consonanza con gli effetti (percio' recepiti a livello normativo) discendenti dalla sentenza della Corte costituzionale n. 40 del 1990, in presenza di un contesto complessivo normativo precedente che, nella materia disciplinare notarile, non aveva mai visto regolamentata anche l'interruzione della prescrizione (v., per la rilevanza della legislazione precedente a tal proposito, Corte cost. n. 3 del 1957; Corte cost. n. 31 del 1967; Corte cost. n. 135 del 1967 e Corte cost. n. 28 del 1970). In tal senso, quindi, con il d.lgs. n. 249 del 2006 si e' proceduto alla previsione di un trattamento normativo peggiorativo nella suddetta materia per la categoria notarile in assenza di un esplicito ed inequivoco riferimento nella legge delega (per recenti esempi di ritenuta sussistenza dell'eccesso di delega cfr. Corte cost. n. 503 del 2000; Corte cost. n. 212 del 2003 e Corte cost. n. 71 del 2008). Del resto e' risaputo che tra norma delegata e norma delegante si instaura un «naturale rapporto di riempimento» (v., ad es., Corte cost. n. 308 del 2002 e Corte cost. n. 426 del 2006), ma tale relazione implica che il legislatore delegato debba adottare norme che, in ogni caso, rappresentano un coerente sviluppo della scelta espressa dal legislatore delegante e delle ragioni ad essa sottese, senza, percio', poter pervenire a regolamentare istituti completamente nuovi che, ancorche' connessi con quelli presenti nella legge delega, involgono l'applicabilita' di una disciplina del tutto diversa e basata su presupposti differenti (in un ambito di riassetto ordinamentale riferito, nel caso di specie, a quello del notariato), come tale da considerarsi completamente innovativa, anche in funzione del rispetto del limite di ragionevolezza implicato dai criteri e principi direttivi e dalla delimitazione dell'oggetto trasparenti dalla medesima legge delega. Alla stregua delle riportate argomentazioni il collegio ritiene che la prospettata questione di costituzionalita' involgente l'art. 146, commi 1 e 2, della legge n. 89 del 1913, come sostituito dall'art. 29 del d.lgs. n. 249 del 2006, in relazione all'art. 76 Cost. non sia manifestamente infondata in ordine al ravvisato eccesso di delega da parte del legislatore delegato, con riferimento ai principi e criteri direttivi definiti nell'art. 7 della legge delega 28 novembre 2005, n. 246, con particolare riferimento alla disposizione di cui al comma 1, lettera e), n. 3, riguardante la revisione dell'ordinamento disciplinare notarile mediante la «previsione della sospensione della prescrizione in caso di procedimento penale», che lo vincolavano, percio', a legiferare entro questi ristretti limiti, senza il conferimento di un potere normativo delegato che potesse estendersi fino alla individuazione, in via generale, di una nuova disciplina dell'interruzione della prescrizione e dell'allungamento del termine della prescrizione. La questione di legittimita' costituzionale e' anche rilevante nel giudizio in questione dal momento che, ricadendo l'illecito disciplinare per il quale il ricorrente e' stato sanzionato nell'ambito temporale di applicabilita' del nuovo art. 146 della legge n. 89 del 1913 (essendo stato riportato in atti come commesso entro il dicembre 2007), l'eventuale declaratoria di incostituzionalita' dei primi due commi dello stesso art. 146, come riformato con l'art. 29 del d.lgs. n. 249 del 2006, comporterebbe, non applicandosi ipotesi interruttive e non tenendosi conto dell'allungamento del termine prescrizionale a cinque anni, che l'infrazione disciplinare (in virtu' della reviviscenza del precedente disposto dell'art. 146 della legge n. 89 del 1913, il quale prevedeva la durata della prescrizione in quattro anni senza contemplare ipotesi interruttive) si sarebbe gia' prescritta nel dicembre 2011, con la conseguenza che, nella presente sede di legittimita', dovrebbe pervenirsi (secondo la costante giurisprudenza di questa Corte) alla declaratoria di improcedibilita' dell'azione disciplinare a carico del dott. Antonino Vacirca. Pertanto, ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, bisogna disporre l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, con la conseguente sospensione del presente giudizio e l'assolvimento degli adempimenti notificatori e di comunicazione prescritti dal comma 4 del citato art. 23.
P.Q.M. La Corte, letto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 146, commi l e 2, della legge 16 febbraio 1913, n. 89, come sostituito dall'art. 29 del decreto legislativo 10 agosto 2006, n. 249, in relazione all'art. 76 della Costituzione. Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il presente giudizio. Ordina che, a cura della Cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa ed al Procuratore Generale presso questa Corte, nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri. Ordina, altresi', che l'ordinanza venga comunicata dal Cancelliere anche ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta Sezione civile in data 6 dicembre 2012. Il Presidente: Finocchiaro