N. 65 SENTENZA 8 - 12 aprile 2013

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Commercio - Norme della Regione Veneto -  Esercizi  di  commercio  al
  dettaglio in sede fissa - Introduzione di nuovi limiti agli orari e
  dell'obbligo di chiusura domenicale e festiva -  Contrasto  con  la
  normativa statale di settore, che ha  eliminato  vincoli  e  limiti
  agli  orari  e  alle  giornate  di  chiusura  -  Violazione   della
  competenza legislativa esclusiva statale in materia di tutela della
  concorrenza - Illegittimita' costituzionale. 
- Legge della Regione Veneto 27 dicembre 2011, n. 30, art. 3. 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lettera e); decreto-legge  6
  dicembre 2011, n. 201 (convertito nella legge 22 dicembre 2011,  n.
  214), art. 31, comma 1. 
Commercio -  Norme  della  Regione  Veneto  -  Adozione  della  nuova
  normativa regionale in materia di commercio al  dettaglio  su  area
  privata - Prevista sospensione, nelle more dell'approvazione  e  al
  massimo  per  un  anno,  dei  procedimenti  amministrativi  per  il
  rilascio di autorizzazioni commerciali relativi a grandi  strutture
  di vendita e parchi commerciali - Ricorso del  Governo  -  Asserito
  contrasto con la normativa  europea  e  nazionale,  che  consentono
  limitazioni all'accesso  ad  un'attivita'  di  servizio,  solo  per
  motivi imperativi di interesse generale e ove non  sia  applicabile
  una misura meno restrittiva - Asserita violazione del principio  di
  proporzionalita' - Insussistenza  -  Sussistenza  di  un  interesse
  generale alla salvaguardia  di  altri  interessi  coinvolti,  quali
  quelli  urbanistici,  edilizi,  di  viabilita'   e   ambientali   -
  Ragionevolezza della limitazione all'iniziativa  economica  privata
  per  un  tempo  certo  e  proporzionato  -  Non  fondatezza   della
  questione. 
- Legge della Regione Veneto 27 dicembre 2011, n. 30, art. 4. 
- Costituzione,  art.  117,  primo  e  secondo  comma,  lettera   e);
  direttiva 2006/123/CE del  12  dicembre  2006,  art.  9,  comma  1;
  decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, art. 14. 
(GU n.16 del 17-4-2013 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Luigi MAZZELLA; 
Giudici :Gaetano SILVESTRI, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO,
  Giuseppe  FRIGO,  Alessandro  CRISCUOLO,  Paolo   GROSSI,   Giorgio
  LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta  CARTABIA,  Sergio  MATTARELLA,  Mario
  Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli articoli 3 e  4
della  legge  della  Regione  Veneto  27   dicembre   2011,   n.   30
(Disposizioni urgenti in materia di  orari  di  apertura  e  chiusura
delle attivita' di commercio al dettaglio e disposizioni  transitorie
in materia di autorizzazioni commerciali relative a grandi  strutture
di  vendita  e  parchi  commerciali),  promosso  dal  Presidente  del
Consiglio dei ministri, con  ricorso  notificato  il  28  febbraio-1°
marzo 2012, depositato in cancelleria il 1° marzo 2012 ed iscritto al
n. 43 del registro ricorsi 2012. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Veneto; 
    udito nell'udienza pubblica del 12 marzo 2013 il Giudice relatore
Paolo Maria Napolitano; 
    uditi l'avvocato dello Stato Giuseppe Albenzio per il  Presidente
del Consiglio dei ministri e gli avvocati Luigi Manzi e  Bruno  Barel
per la Regione Veneto. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 28 febbraio 2012  e  depositato  il
successivo 1° marzo il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha
impugnato gli articoli 3 e 4 della  legge  della  Regione  Veneto  27
dicembre 2011, n. 30 (Disposizioni urgenti in  materia  di  orari  di
apertura e chiusura delle  attivita'  di  commercio  al  dettaglio  e
disposizioni transitorie in  materia  di  autorizzazioni  commerciali
relative a grandi strutture di  vendita  e  parchi  commerciali),  in
relazione agli articoli 117, primo e secondo comma, lettera e), della
Costituzione. 
    1.1.- Il ricorrente premette, con riferimento  all'art.  3  della
legge reg. n. 30 del 2011, che tale norma,  dopo  aver  previsto  che
«gli orari di apertura e di chiusura al pubblico delle  attivita'  di
commercio al dettaglio sono rimessi alla libera determinazione  degli
esercenti nel rispetto delle disposizioni di cui al presente articolo
e dei criteri emanati dai comuni [...]»,  detta  poi,  ai  successivi
commi, una serie di rilevanti limitazioni e  restrizioni  quali:  «Le
attivita'  di  commercio  al  dettaglio  possono  restare  aperte  al
pubblico in tutti i giorni della settimana dalle ore sette  alle  ore
ventidue e osservano la chiusura domenicale e festiva.  Nel  rispetto
di tali limiti, l'esercente puo' liberamente determinare l'orario  di
apertura  e  di  chiusura  del  proprio  esercizio»  (comma  2);  «Le
attivita' di commercio al dettaglio derogano all'obbligo di  chiusura
settimanale e festiva di  cui  al  comma  2  nel  mese  di  dicembre,
nonche', in via sperimentale, in ulteriori sedici giornate nel  corso
dell'anno,  scelte  dai  comuni  interessati  entro  il  30  novembre
dell'anno precedente, sentite le organizzazioni di cui al comma  1  e
favorendo la  promozione  di  iniziative  di  marketing  territoriale
concertate con la piccola, media e grande distribuzione,  finalizzate
alla valorizzazione del tessuto commerciale urbano» (comma 4). 
    Ulteriori norme vincolistiche sono poi dettate con riferimento ai
comuni a prevalente economia turistica e alle  citta'  d'arte  per  i
quali si prevede che «gli esercenti determinano liberamente gli orari
di apertura e di chiusura e possono derogare all'obbligo di  chiusura
domenicale e festiva.  I  comuni  possono  individuare  le  zone  del
territorio e i periodi di maggiore afflusso turistico, nei quali  gli
esercenti possono esercitare la facolta' di cui  al  presente  comma,
secondo le modalita'  definite  dalla  medesima  legge  regionale  28
dicembre 1999, n. 62» (comma 6). 
    E' stabilito altresi'  che  «Fatta  eccezione  per  le  zone  del
territorio e i periodi di maggiore afflusso turistico  dei  comuni  a
prevalente economia turistica e delle citta' d'arte,  individuati  ai
sensi della legge regionale 28 dicembre 1999, n. 62, e'  prevista  la
chiusura obbligatoria degli esercizi di vendita  al  dettaglio  nelle
seguenti festivita': 1° gennaio, Pasqua,  25  aprile,  1°  maggio,  2
giugno, 25 dicembre» (comma 7). 
    Secondo il ricorrente l'art. 3, ora  descritto,  si  porrebbe  in
contrasto con il quadro normativo vigente, risultante  dall'art.  31,
comma 1, del decreto-legge 6  dicembre  2011,  n.  201  (Disposizioni
urgenti per la crescita, l'equita'  e  il  consolidamento  dei  conti
pubblici), convertito, con modificazioni,  dalla  legge  22  dicembre
2011, n. 214. 
    La norma ora citata,  intervenendo  sull'art.  3,  comma  1,  del
decreto-legge 14 luglio 2006, n. 223  (Disposizioni  urgenti  per  il
rilancio  economico   e   sociale,   per   il   contenimento   e   la
razionalizzazione della spesa pubblica, nonche' interventi in materia
di entrate e di  contrasto  all'evasione  fiscale),  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, ha stabilito che le
attivita' commerciali e di somministrazione  di  alimenti  e  bevande
siano svolte senza il limite del rispetto degli orari di  apertura  e
di chiusura, l'obbligo della chiusura domenicale e  festiva,  nonche'
quello   della   mezza   giornata   di   chiusura    infrasettimanale
dell'esercizio. Tale modifica normativa, introdotta dal d.l.  n.  201
del  2011,  si  qualifica  come  norma  di  liberalizzazione  ed   e'
direttamente  vincolante  anche   nei   confronti   dei   legislatori
regionali. 
    Il ricorrente evidenzia che la materia «tutela della concorrenza»
riservata dall'art. 117, comma 2, lettera  e),  Cost.  alla  potesta'
legislativa  esclusiva  dello  Stato  comprende   anche   le   misure
legislative promozionali  «che  mirano  ad  aprire  un  mercato  o  a
consolidarne l'apertura, eliminando barriere all'entrata, riducendo o
eliminando   vincoli   al   libero   esplicarsi    della    capacita'
imprenditoriale e della competizione tra imprese»  (sentenza  n.  401
del 2007). 
    La norma regionale in esame, dunque, introducendo  una  serie  di
vincoli e restrizioni in termini di orari di apertura e  di  giornate
di chiusura degli esercizi commerciali, lungi  dal  produrre  effetti
pro-concorrenziali, si porrebbe in aperto contrasto con la disciplina
nazionale di liberalizzazione, e quindi violerebbe l'art. 117,  comma
2, lettera e), Cost. 
    1.2.- Anche con riferimento all'art. 4 della legge reg. n.30  del
2011, il Presidente del Consiglio dei ministri lamenta la  violazione
dell'art. 117, primo e secondo comma, lettera e), Cost. 
    La  norma  oggetto   di   censura   prevede   che,   nelle   more
dell'approvazione della  nuova  normativa  regionale  in  materia  di
commercio al dettaglio su area privata e, comunque, entro e non oltre
il  termine  di  un  anno  dalla  sua  entrata  in  vigore,  tutti  i
procedimenti  amministrativi  per  il  rilascio   di   autorizzazioni
commerciali  relative  a  grandi  strutture  di  vendita   e   parchi
commerciali sono sospesi,  compresi  quelli  pendenti  alla  data  di
entrata in vigore della legge. 
    Secondo  il  ricorrente,  la  norma   regionale   determina   una
ingiustificata  restrizione   della   concorrenza,   posto   che   la
sospensione del rilascio di nuovi provvedimenti autorizzatori  ha  il
chiaro effetto di cristallizzare il mercato nel suo assetto esistente
e  si  traduce  nella  sospensione  per  un  anno   della   liberta',
costituzionalmente garantita, di accesso al mercato. 
    L'illegittimita' della norma discenderebbe  anche  dal  contrasto
con gli obiettivi e le previsioni della direttiva 2006/123/CE del  12
dicembre 2006 relativa ai servizi  nel  mercato  interno,  la  quale,
proprio al fine di garantire un mercato interno dei servizi realmente
integrato e funzionante, ha sottoposto a condizioni assai  stringenti
la  possibilita'  per  i  legislatori  di  subordinare  l'accesso  ad
un'attivita'  di  servizio  e  il  suo  esercizio  ad  un  regime  di
autorizzazione. 
    In particolare l'art. 9, par. 1, della direttiva  citata  dispone
che: «gli Stati membri possono subordinare l'accesso ad una attivita'
di servizio e  il  suo  esercizio  ad  un  regime  di  autorizzazione
soltanto  se  la  necessita'  di  un  regime  di  autorizzazione   e'
giustificata da un motivo  imperativo  di  interesse  generale  e  se
l'obiettivo perseguito non puo' essere conseguito tramite una  misura
meno restrittiva». 
    Secondo il  ricorrente,  la  normativa  regionale  violerebbe  le
disposizioni  della  citata  direttiva,   recepita   nell'ordinamento
italiano con decreto legislativo 26 marzo  2010,  n.  59  (Attuazione
della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno),
in quanto introdurrebbe una limitazione all'accesso  ad  un'attivita'
di servizio che non si  fonda  sui  motivi  imperativi  di  interesse
generale, cosi  come  disposto  dall'art.  14  del  suddetto  decreto
legislativo  e,  in  ogni  caso,  non  rispettosa  del  principio  di
proporzionalita'. 
    In conclusione, la norma in esame, frapponendo un  ostacolo  alla
libera esplicazione delle forze economiche nel mercato  dei  servizi,
si porrebbe in contrasto con gli  obiettivi  e  le  previsioni  della
direttiva 2006/123/CE, e violerebbe,  conseguentemente,  l'art.  117,
primo comma, Cost. che impone anche  alle  Regioni  l'osservanza  dei
vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario, oltre ad  interferire
con la potesta' legislativa  esclusiva  dello  Stato  in  materia  di
concorrenza riconosciuta dall'art. 117, secondo  comma,  lettera  e),
Cost. 
    2.- In data 6 aprile 2012 si e'  costituita  la  Regione  Veneto,
concludendo nel senso dell'inammissibilita' o dell'infondatezza delle
questioni sollevate dal Presidente del Consiglio dei ministri. 
    La Regione effettua, innanzitutto, una ricostruzione  del  quadro
normativo nella materia del commercio, al fine di chiarire i principi
e le finalita' che hanno ispirato il legislatore regionale e che sono
esplicitamente richiamati all'art. 2 della legge impugnata. 
    La Regione precisa che, in attesa dell'approvazione di una  legge
organica nella materia del commercio, sono state  approvate,  in  via
sperimentale e transitoria, alcune misure urgenti relativamente a due
specifici aspetti della materia, di particolare importanza sia per  i
consumatori che  per  gli  operatori  economici,  come  pure  per  il
pubblico interesse, per  eliminare  un  diffuso  disorientamento  che
incide negativamente sull'efficienza del mercato e pregiudica  valori
meritevoli di tutela. 
    Di qui l'emanazione della legge n. 30 del 2011, in vigore dal  31
dicembre 2011. 
    2.1.-    Preliminarmente,    la    Regione    Veneto    eccepisce
l'inammissibilita' del ricorso per carenza di interesse,  perche'  il
Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato gli artt.  3  e  4
della legge reg. del Veneto n. 30  del  2011  senza  impugnare  anche
l'art.  5,  che  cosi'  dispone:  «Per   quanto   non   espressamente
disciplinato   dalla   presente   legge   trovano   applicazione   le
disposizioni in  materia  di  orari  di  apertura  e  chiusura  degli
esercizi commerciali di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998,  n.
114, come attuato dalla legge regionale 28 dicembre 1999,  n.  62,  e
alla legge regionale 13 agosto 2004, n. 15». 
    Ne conseguirebbe che l'eventuale accoglimento  del  ricorso,  con
dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli  artt.  3  e  4,
avrebbe l'effetto di espandere la portata dell'art. 5 e cosi' di  far
rivivere integralmente tutta la originaria disciplina, che e', pero',
piu'  restrittiva  di  quella  censurata  e   maggiormente   difforme
dall'obiettivo enunciato dal ricorrente. 
    2.2.- Nel merito, la Regione evidenzia  che  l'art.  3  impugnato
riguarda la disciplina degli  orari  di  apertura  e  chiusura  delle
attivita' commerciali al dettaglio, rimessa in un primo momento  alla
disciplina dettata dal legislatore statale di cui al d.lgs. 31  marzo
1998, n. 114  (Riforma  della  disciplina  relativa  al  settore  del
commercio, a norma dell'articolo 4, comma 4, della L. 15 marzo  1997,
n. 59), normativa richiamata anche dalla  Regione  Veneto  allorche',
dopo la riforma costituzionale del 2001, aveva esercitato la  propria
competenza legislativa in materia di commercio con la legge  reg.  13
agosto 2004, n. 15 (Norme di  programmazione  per  l'insediamento  di
attivita' commerciali nel Veneto). 
    Successivamente, il legislatore statale, con l'art. 3 del d.l. n.
223 del 2006, stabiliva quali fossero i limiti e le prescrizioni alle
quali  non  dovevano  piu'   considerarsi   soggette   le   attivita'
commerciali, non menzionando l'obbligo della  chiusura  domenicale  e
festiva. 
    La norma ora citata ha subito nel corso del 2011  due  modifiche.
Con la prima, introdotta dall'art. 35, comma 6, del  decreto-legge  6
luglio 2011, n.  98  (Disposizioni  urgenti  per  la  stabilizzazione
finanziaria convertito con modifiche dalla legge 15  luglio  2011  n.
111), convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n.
216, l'obbligo  e'  stato  eliminato  per  le  attivita'  commerciali
situate «nei comuni inclusi negli elenchi regionali  delle  localita'
turistiche o citta' d'arte». Con la seconda, introdotta dall'art. 31,
comma  l,  del  d.l.  n.201  del  2011,  e'  stata  eliminata   anche
quest'ultima restrizione, sopprimendo del tutto l'obbligo di chiusura
domenicale e festiva. 
    Secondo la Regione, l'art. 3 della legge reg. n. 30 del  2011  si
limita ad introdurre alcuni elementi di flessibilita' e  di  maggiore
concorrenzialita' nella vigente disciplina. 
    Tale disposizione fa proprio il principio generale  della  libera
determinazione degli orari da  parte  degli  operatori  economici  ed
innova rispetto al passato col sopprimere due limiti:  la  fissazione
dell'orario massimo giornaliero di  tredici  ore  e  l'obbligo  della
chiusura infrasettimanale. L'unico limite non soppresso  riguarda  la
fascia oraria di apertura, tra le  sette  e  le  ventidue,  e  quindi
l'obbligo  di  chiusura  notturna  legato  anche  a  valutazioni   di
sicurezza pubblica e di tutela della pubblica quiete. 
    Anche per quanto  concerne  la  regolamentazione  delle  aperture
domenicali e festive, l'art. 3 avrebbe accresciuto  la  flessibilita'
rispetto al passato, avviando una fase sperimentale della  durata  di
un anno, nella quale si passa da otto giornate di apertura,  oltre  a
quelle del mese di dicembre, a sedici giornate, sempre in aggiunta  a
quelle di dicembre. Decorsa la suddetta  fase  sperimentale  e  sulla
base degli esiti della  stessa,  l'individuazione  del  numero  delle
giornate di apertura domenicale e festiva e'  demandata  alla  Giunta
regionale, sentita la competente Commissione consiliare. 
    Nell'ambito di tale  fase  sperimentale,  l'individuazione  delle
giornate di apertura domenicale e festiva  e'  demandata  ai  Comuni,
sentite  le  organizzazioni  di  categoria,  dei  consumatori  e  dei
lavoratori dipendenti, conformemente al criterio generale di favorire
iniziative   di   promozione   di   marketing   territoriale   e   la
rivitalizzazione delle attivita' commerciali  inserite  nel  contesto
urbano. 
    Viene poi sostanzialmente confermato, per i Comuni  a  prevalente
economia turistica e per le citta' d'arte, il regime di favore per le
aperture anche  domenicali  e  festive,  secondo  le  modalita'  gia'
individuate dalla legge della Regione Veneto 28 dicembre 1999, n.  62
(Individuazione dei comuni a prevalente economia  turistica  e  delle
citta' d'arte ai fini delle deroghe agli orari di vendita). 
    La disciplina regionale viene censurata sotto un  unico  profilo,
rappresentato dal presunto  contrasto  con  la  legislazione  statale
sulla tutela della concorrenza, identificata nella  specie  nell'art.
3, comma l, del d.l. n. 223  del  2006,  come  da  ultimo  modificato
dall'art. 31, comma l, del d.l. n. 201 del 2011. 
    Secondo questa prospettazione, l'invocata novella statale assunta
a  parametro  di  legittimita'  costituzionale   della   legislazione
regionale  costituirebbe  una   norma   direttamente   e   totalmente
vincolante  nei  confronti  del   legislatore   regionale   che   non
ammetterebbe alcun margine di intervento regionale. 
    La Regione Veneto contesta una tale interpretazione dell'art. 31,
comma l, del d.l. n. 201 del 2011 affermando che  la  stessa  non  e'
l'unica possibile, ne' la piu' coerente con  l'assetto  ordinamentale
attuale.  In  tal  modo,  infatti,  si  finirebbe  con   l'attribuire
all'iniziativa legislativa  statale,  nel  nome  della  tutela  della
concorrenza, una  portata  talmente  ampia  e  radicale  da  svuotare
totalmente la competenza regionale esclusiva in materia di commercio,
relativamente ad uno degli aspetti piu' rilevanti come  quello  della
disciplina degli orari e giorni di apertura. Di fronte  alla  portata
perentoria  e  assoluta  attribuita  alla  disposizione  statale,  le
Regioni verrebbero ad essere private di ogni  competenza  perfino  in
ordine  all'adozione  di  eventuali  misure  di   contemperamento   a
salvaguardia di altri valori primari. 
    Secondo la resistente, la materia «tutela della concorrenza», pur
configurandosi come trasversale, non puo' essere  intesa  in  maniera
tanto ampia da  esaurire  il  contenuto  della  materia  «commercio»,
vanificando cosi' la potesta'  legislativa  esclusiva  regionale,  di
talche' ben possono le Regioni  dettare  norme  che,  indirettamente,
producano effetti pro-concorrenziali (Corte cost. sent.  n.  150  del
2011). Sarebbero, dunque, consentite  alla  regione  non  solo  norme
pro-concorrenziali ma anche norme che garantiscano il contemperamento
con altri valori qualificabili come motivi  imperativi  di  interesse
generale, tanto piu' allorche' l'intervento statale abbia  omesso  di
dettare al medesimo scopo una propria disciplina. 
    La disciplina introdotta dall'art. 3 della legge reg. n.  30  del
2011, malgrado riduca la portata della liberalizzazione degli orari e
giorni di apertura, in realta'  costituirebbe  una  misura  volta  ad
assicurare  uno  sviluppo   equilibrato   delle   diverse   tipologie
distributive presenti nel  territorio,  evitando  effetti  distorsivi
della  concorrenza  causati  dalla  forza  economica   della   grande
distribuzione, tanto piu' incisivi e pregiudizievoli  a  causa  della
improvvisa accelerazione del processo di liberalizzazione. 
    Alla finalita'  di  porre  rimedio  a  situazioni  di  squilibrio
economico e sociale si aggiungono quelle, parimenti  imprescindibili,
della tutela del consumatore, con speciale riguardo alla possibilita'
di approvvigionamento, della  salvaguardia  del  territorio  e  della
funzione sociale svolta dai servizi commerciali  di  prossimita',  in
modo particolare i piccoli negozi nei centri storici  e  nel  tessuto
urbano consolidato. 
    La  Regione  propone,  dunque,   una   diversa   interpretazione,
costituzionalmente orientata, dell'art. 31, comma l, del d.l. n.  201
del 2011, nel senso di ravvisarvi un principio generale, suscettibile
di   differenti   declinazioni   a   livello   regionale    a    fini
pro-concorrenziali  e  che  sia  contemperabile  con   altri   valori
meritevoli anch'essi di tutela, in presenza di motivi  imperativi  di
interesse generale. 
    In   alternativa   la   Regione   Veneto,   ove   si    condivida
l'interpretazione  data  alla  disposizione   statale   dalla   parte
ricorrente,  ripropone  in  questa  sede,  in  via  pregiudiziale   e
incidentale, le medesime  questioni  di  legittimita'  costituzionale
dell'art.  31,  comma  l,  sopra  citato,  gia'  sollevata   in   via
principale. 
    2.3.- Con riferimento alla seconda questione, relativa all'art. 4
della legge reg. n. 30 del 2011, la  Regione  precisa  che  la  norma
affronta il tema dell'apertura di nuove grandi strutture di vendita e
parchi commerciali (assimilati alle prime dalla legge reg. n. 15  del
2004). 
    Piu'  precisamente,  la  Regione,  nell'accingersi  a   riformare
strutturalmente  la  vigente  legge  reg.  n.  15  del   2004   sulla
distribuzione commerciale,  in  coerenza  con  le  indicazioni  della
direttiva servizi, si sarebbe limitata ad introdurre una norma-ponte,
di carattere esplicitamente transitorio - rafforzata dalla previsione
di un termine finale massimo di operativita' -  in  modo  da  evitare
che, nella fase di transizione,  si  potessero  determinare  fenomeni
distorsivi del mercato, irreversibili e pregiudizievoli tanto per  il
pubblico interesse quanto per consumatori e operatori economici. 
    La Regione  precisa  che  la  misura  adottata:  a)  e'  di  mera
sospensione dei procedimenti, non di diniego ex  lege  delle  istanze
private; b) riguarda solo  nuove  aperture  di  grandi  strutture  di
vendita  e  parchi  commerciali,  ossia  quelle  a  maggiore  impatto
ambientale, mentre non pregiudica ne' l'apertura di  nuove  strutture
di minori  dimensioni,  ne'  trasferimenti  di  sede,  ne'  modifiche
strutturali e di ripartizione interna di strutture  operanti;  c)  e'
finalizzata  a  contemperare  diversi  interessi,  evitando  che  una
liberalizzazione istantanea,  non  accompagnata  da  una  contestuale
considerazione anche delle altre esigenze da  salvaguardare,  finisca
col restringere o falsare il mercato  pregiudicando  un'articolazione
della rete distributiva funzionale al soddisfacimento dei  differenti
bisogni delle varie tipologie di consumatori. 
    Si  tratterebbe  di  una  moratoria   assolutamente   temporanea,
limitata ad una sola tipologia di strutture  di  vendita,  quella  di
maggiore impatto  ambientale,  e  circoscritta  soltanto  alle  nuove
aperture. 
    Inoltre non vi sarebbe  un  rigetto  delle  domande,  ne'  alcuna
anticipazione   del   nuovo   regime,   neppure   sul   punto   della
subordinazione  dell'accesso  al  mercato  ad  un  regime  di  previa
autorizzazione che peraltro e' ammesso ove risulti giustificato. 
    La Regione cita la sentenza n. 176 del 2004 con la  quale  si  e'
ritenuta compatibile con la Costituzione una  disposizione  regionale
che sospendeva il rilascio di nuove autorizzazioni per l'apertura  di
grandi  strutture  di  vendita  fino  all'adozione  di  un  piano  di
coordinamento territoriale. 
    In conformita' con quanto stabilito  nel  precedente  citato,  la
norma impugnata pone un  termine  massimo  preciso  e  certo  per  la
sospensione dei procedimenti, finalizzato proprio all'introduzione di
una riforma organica che  contemperi  il  valore  della  liberta'  di
iniziativa economica privata e della liberalizzazione delle  aperture
degli esercizi commerciali, di giorno e di  notte,  nelle  festivita'
religiose e civili, con altri valori non meno rilevanti. 
    3.- Con memoria depositata in prossimita' dell'udienza la Regione
Veneto ribadisce le proprie argomentazioni e insiste per  il  rigetto
del ricorso. 
    In particolare, quanto all'art. 3 della legge reg. n. 30 del 2011
la Regione ribadisce le proprie argomentazioni affermando  che  anche
dopo la sentenza n. 299  del  2012,  con  la  quale  si  e'  ritenuta
infondata la censura della norma statale di liberalizzazione,  rimane
comunque  possibile  l'interpretazione  costituzionalmente  orientata
prospettata nell'atto di costituzione, secondo la quale alla  Regione
e' permesso mitigare la portata liberalizzatrice della norma  statale
per la tutela di  altri  interessi  costituzionalmente  rilevanti  in
assenza di un contemperamento a livello centrale. 
    Con riferimento all'art. 4 della legge reg. n. 30  del  2011,  la
Regione evidenzia che la norma e' stata abrogata dall'art. 30,  comma
1, lettera f), della legge reg. 28 dicembre 2012,  n.  50  (Politiche
per lo sviluppo del sistema commerciale nelle Regione del Veneto). 
    Secondo la parte resistente, l'abrogazione  avrebbe  fatto  venir
meno l'interesse al ricorso. 
    In ogni caso la breve durata della sospensione  dei  procedimenti
amministrativi, i quali dal 1° gennaio 2013  hanno  ripreso  il  loro
corso, dimostrerebbe l'infondatezza della censura in conformita'  con
quanto affermato nella sentenza n. 176 del 2006. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato, in via
principale, questione di legittimita' costituzionale degli articoli 3
e 4 della legge  della  Regione  Veneto  27  dicembre  2011,  n.  30,
(Disposizioni urgenti in materia di  orari  di  apertura  e  chiusura
delle attivita' di commercio al dettaglio e disposizioni  transitorie
in materia di autorizzazioni commerciali relative a grandi  strutture
di vendita e parchi commerciali), in relazione all'art. 117, primo  e
secondo comma, lettera e), della Costituzione. 
    In particolare, il ricorrente ritiene che l'art. 3,  nella  parte
in cui introduce nuovi limiti agli orari degli esercizi di  commercio
al dettaglio in  sede  fissa  e  reintroduce  l'obbligo  di  chiusura
domenicale e festiva, violi l'art. 117, secondo  comma,  lettera  e),
Cost., che riserva alla competenza legislativa esclusiva dello  Stato
la materia della  tutela  della  concorrenza,  competenza  esercitata
mediante l'approvazione dell'art. 31, comma 1,  del  decreto-legge  6
dicembre  2011,  n.  201  (Disposizioni  urgenti  per  la   crescita,
l'equita' e il consolidamento dei conti  pubblici),  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, che ha eliminato
i limiti e le prescrizioni agli orari e  alle  giornate  di  apertura
degli esercizi commerciali. 
    L'art. 4, invece, e' impugnato nella parte  in  cui,  nelle  more
dell'approvazione della  nuova  normativa  regionale  in  materia  di
commercio al dettaglio su area privata e comunque entro e  non  oltre
il termine di un anno dall'entrata in vigore della legge, sospende  i
procedimenti  amministrativi  per  il  rilascio   di   autorizzazioni
commerciali  relativi  a  grandi  strutture  di  vendita   e   parchi
commerciali, ivi compresi quelli pendenti alla  data  di  entrata  in
vigore della presente  legge,  fatta  eccezione  per  le  ipotesi  di
trasferimento  di  sede  e  di  modificazione  delle   autorizzazioni
rilasciate. 
    Secondo  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  la  norma
violerebbe l'art.117, primo  e  secondo  comma,  lettera  e),  Cost.,
ponendosi in contrasto con la direttiva 2006/123/CE del  12  dicembre
2006   relativa   ai   servizi   nel   mercato   interno,    recepita
nell'ordinamento italiano con decreto legislativo 26 marzo  2010,  n.
59 (Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa  ai  servizi  nel
mercato interno), in quanto introdurrebbe una limitazione all'accesso
ad un'attivita' di servizio che non si fonda sui  motivi,  imperativi
di interesse generale, cosi come disposto dall'art. 9, comma 1, della
citata direttiva e dall'art. 14 del suddetto decreto  legislativo  di
recepimento  e,  in  ogni  caso,  non  rispettosa  del  principio  di
proporzionalita'. 
    1.1.- Preliminarmente la Regione  Veneto,  con  riferimento  alla
questione di legittimita' costituzionale relativa  all'art.  3  della
legge reg. n. 30 del 2011, eccepisce l'inammissibilita'  del  ricorso
per carenza di interesse perche'  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri non ha impugnato anche l'art. 5  della  medesima  legge  che
cosi' dispone:  «Per  quanto  non  espressamente  disciplinato  dalla
presente legge trovano applicazione le  disposizioni  in  materia  di
orari di apertura e chiusura degli esercizi  commerciali  di  cui  al
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, come attuato  dalla  legge
regionale 28 dicembre 1999, n. 62, e alla legge regionale  13  agosto
2004, n. 15». 
    Secondo  la  parte  resistente,  nell'ipotesi  di  un   eventuale
accoglimento del ricorso, a causa della mancata impugnativa dell'art.
5, si determinerebbe  l'effetto  di  far  rivivere  integralmente  la
originaria disciplina, piu' restrittiva della concorrenza  di  quella
censurata. 
    L'eccezione non e' fondata perche', quanto  alla  legge  reg.  13
agosto 2004, n. 15 (Norme di  programmazione  per  l'insediamento  di
attivita' commerciali nel  Veneto),  si  rileva  che  essa  e'  stata
abrogata dall'art. 30, comma 1,  lettera  a),  della  legge  reg.  28
dicembre  2012,  n.  50  (Politiche  per  lo  sviluppo  del   sistema
commerciale nella Regione del Veneto),  mentre  l'ulteriore  richiamo
alla legge reg. 28 dicembre 1999, n. 62 (Individuazione dei comuni  a
prevalente economia turistica e delle citta'  d'arte  ai  fini  delle
deroghe agli orari  di  vendita),  non  ha  piu'  alcuna  significato
residuo, in quanto tale legge  aveva  ad  oggetto  esclusivamente  la
delega alle province  dell'individuazione  dei  comuni  a  prevalente
economia turistica e delle citta' d'arte ai fini delle  deroghe  agli
orari di vendita, con la contemporanea  fissazione  dei  criteri  per
l'esercizio della delega. 
    1.2.- Sempre in via preliminare, con riferimento  alla  questione
di legittimita' costituzionale dell'art. 4 della legge reg. n. 30 del
2011,  la  Regione  eccepisce  l'inammissibilita'  del  ricorso   per
sopravvenuta carenza di interesse, perche' la norma e' stata abrogata
dall'art. 30, comma 1, lettera f), della legge reg. n. 50  del  2012,
cosi'  che  i  procedimenti  amministrativi  volti  al  rilascio   di
autorizzazioni commerciali per grandi strutture di vendita  e  parchi
commerciali hanno ripreso il loro corso. 
    Anche in questo caso l'eccezione non e' fondata perche' la  norma
in oggetto e' stata in vigore per circa un anno e non puo' affermarsi
che essa non abbia avuto applicazione, trattandosi di  una  norma  di
sospensione dei  procedimenti  amministrativi,  per  il  rilascio  di
autorizzazioni commerciali, relativi a grandi strutture di vendita  e
parchi commerciali che non necessitava di  alcun  ulteriore  atto  di
esecuzione. 
    2.- La questione relativa all'art. 3 della legge reg. n.  30  del
2011 e' fondata. 
    La norma impugnata detta una serie  di  rilevanti  limitazioni  e
restrizioni degli orari e delle giornate di apertura e di chiusura al
pubblico delle attivita' di commercio al  dettaglio.  Essa,  infatti,
prevede che «Le attivita' di commercio al dettaglio  possono  restare
aperte al pubblico in tutti i giorni della settimana dalle ore  sette
alle ore ventidue e osservano la chiusura domenicale e  festiva.  Nel
rispetto di tali limiti,  l'esercente  puo'  liberamente  determinare
l'orario di apertura e di chiusura del proprio esercizio» (comma  2);
«Le attivita' di  commercio  al  dettaglio  derogano  all'obbligo  di
chiusura settimanale e  festiva  di  cui  al  comma  2  nel  mese  di
dicembre, nonche', in via sperimentale, in ulteriori sedici  giornate
nel corso dell'anno,  scelte  dai  comuni  interessati  entro  il  30
novembre dell'anno precedente, sentite le organizzazioni  di  cui  al
comma  1  e  favorendo  la  promozione  di  iniziative  di  marketing
territoriale concertate con la piccola, media e grande distribuzione,
finalizzate  alla  valorizzazione  del  tessuto  commerciale  urbano»
(comma 4). 
    Tali disposizioni si  pongono  in  contrasto  con  la  disciplina
statale in materia di orari e giornate di apertura e  chiusura  degli
esercizi commerciali e,  in  particolare,  con  l'art.  3,  comma  1,
lettera d-bis), del d.l. 14 luglio 2006, n. 223 (Disposizioni urgenti
per il rilancio  economico  e  sociale,  per  il  contenimento  e  la
razionalizzazione della spesa pubblica, nonche' interventi in materia
di entrate e di  contrasto  all'evasione  fiscale),  convertito,  con
modificazioni,  dalla  legge  4  agosto  2006,  n.  248,  cosi'  come
modificato dall'art. 31, comma 1, del d.l. n. 201 del  2011,  che  ha
stabilito che le attivita' commerciali, come individuate dal  decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 114 (Riforma della disciplina  relativa
al settore del commercio, a norma dell'articolo  4,  comma  4,  della
legge 15 marzo 1997, n. 59), e  di  somministrazione  di  alimenti  e
bevande siano svolte senza il limite  del  rispetto  degli  orari  di
apertura  e  di  chiusura,  l'obbligo  della  chiusura  domenicale  e
festiva,  nonche'   quello   della   mezza   giornata   di   chiusura
infrasettimanale dell'esercizio. 
    Tale ultima modifica e' stata oggetto di impugnazione da parte di
numerose Regioni che hanno lamentato la violazione  della  competenza
legislativa residuale in materia di commercio ai sensi dell'art. 117,
quarto comma, Cost. 
    Questa Corte, con sentenza n.  299  del  2012,  ha  ritenuto  non
fondate le questioni di  costituzionalita'  sollevate  dalle  Regioni
ricorrenti, dovendosi inquadrare l'art. 31, comma 1, del d.l. n.  201
del 2011 nella materia «tutela della concorrenza». 
    Ne consegue che l'art. 3 della legge reg. n. 30  del  2011  viola
l'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. 
    3.- La questione relativa all'art. 4 della legge reg. n.  30  del
2011 non e' fondata. 
    Le  censure  del  Presidente  del  Consiglio,  che   lamenta   la
violazione del primo e del secondo comma, lettera e),  dell'art.  117
Cost. attengono, in realta', non solo a due diversi parametri,  ma  a
due diverse prospettazioni, una di competenza ed una di merito. 
    3.1.- Per cio' che riguarda l'aspetto della  competenza,  vale  a
dire la ritenuta violazione del secondo comma, lettera e),  dell'art.
117 Cost., occorre precisare che e' stata la stessa legge statale che
ha previsto, con l'art. 3 del decreto-legge 13 agosto  2011,  n.  138
(Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo
sviluppo), convertito, con modificazioni, dalla  legge  14  settembre
2011, n. 148, il termine del 30 settembre 2012 per  l'adeguamento  da
parte  di  Comuni,  Province,  Regioni  e   Stato,   dei   rispettivi
ordinamenti, al principio  secondo  cui  l'iniziativa  e  l'attivita'
economica privata sono libere ed e' permesso tutto cio'  che  non  e'
espressamente vietato dalla  legge.  Successivamente,  l'art.  1  del
decreto-legge 24 gennaio 2012, n.  1  (Disposizioni  urgenti  per  la
concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e  la  competitivita'),
convertito, con modificazioni, dalla legge  24  marzo  2012,  n.  27,
nell'introdurre norme di liberalizzazione delle attivita'  economiche
e di riduzione degli oneri amministrativi per le imprese, ha disposto
che: «I Comuni, le Province, le Citta' metropolitane e le Regioni  si
adeguano ai principi e alle regole di cui ai commi1, 2 e 3  entro  il
31 dicembre 2012, fermi restando i poteri sostitutivi dello Stato  ai
sensi dell'articolo 120 della Costituzione». 
    Quindi e'  la  stessa  normativa  statale  a  rendere  necessario
l'intervento del legislatore regionale in materia. Mentre,  per  cio'
che riguarda la questione innanzi esaminata del  contenuto  dell'art.
3, il legislatore statale ha, successivamente  al  d.l.  n.  138  del
2011, disposto, con l'art. 31, comma 1, del d.l. n. 201 del 2011, una
disciplina  di  immediata  applicazione  che  veniva  a  superare  la
precedente normativa, cio' non e' avvenuto per il contenuto dell'art.
4 della legge regionale in cui, anzi, l'obbligo  dell'adeguamento  e'
stato ribadito dal d.l. n. 1 del  2012.  Quindi  non  e'  fondata  la
censura relativa alla  competenza  in  quanto  non  tiene  conto  che
l'intervento legislativo regionale avviene  (prescindendo,  per  cio'
che  riguarda  questo  tipo  di  censura,  dal  suo   contenuto)   in
adempimento di quanto previsto dalla normativa statale. 
    3.2.- La seconda censura e', invece, di carattere sostanziale, in
quanto  la  sospensione   del   rilascio   di   nuovi   provvedimenti
autorizzatori cristallizzerebbe il mercato nel suo assetto  esistente
e contrasterebbe anche  con  gli  obiettivi  e  le  previsioni  della
direttiva 2006/123/CE del 12 dicembre 2006 relativa  ai  servizi  nel
mercato interno. 
    In particolare,  contrasterebbe  con  l'art.  9,  par.  1,  della
direttiva citata,  recepita  nell'ordinamento  italiano  con  decreto
legislativo  26  marzo  2010,  n.  59  (Attuazione  della   direttiva
2006/123/CE relativa  ai  servizi  nel  mercato  interno),  la  quale
dispone che: «gli Stati membri possono subordinare l'accesso  ad  una
attivita'  di  servizio  e  il  suo  esercizio  ad   un   regime   di
autorizzazione  soltanto  se  la   necessita'   di   un   regime   di
autorizzazione e' giustificata da un motivo imperativo  di  interesse
generale e se  l'obiettivo  perseguito  non  puo'  essere  conseguito
tramite una misura meno restrittiva». 
    Come si e' detto, la  norma  impugnata  ha  sospeso,  nelle  more
dell'approvazione della nuova  disciplina  regionale  in  materia  di
commercio al dettaglio su area privata e, comunque, entro e non oltre
il  termine  di  un  anno  dall'entrata  in  vigore  della  legge,  i
procedimenti  amministrativi,  per  il  rilascio  di   autorizzazioni
commerciali,  relativi  a  grandi  strutture  di  vendita  e   parchi
commerciali, ivi  compresi  i  procedimenti  pendenti  alla  data  di
entrata in vigore della legge in questione, fatta  eccezione  per  le
ipotesi  di  trasferimento  di  sede   e   di   modificazione   delle
autorizzazioni rilasciate. 
    La  nuova  normativa  regionale  di  riforma  del  commercio   al
dettaglio e' stata successivamente approvata con la legge reg. n.  50
del 2012 e la norma impugnata e' stata abrogata dall'art.  30,  comma
1, lettera f), della legge citata. 
    Occorre,  quindi,  valutare,  nel  concreto,  se  tale  normativa
risponda ai requisiti che, alla luce del contenuto  della  direttiva,
giustificano la sospensione, per il limite massimo di  un  anno,  del
rilascio di nuove autorizzazioni commerciali per le grandi  strutture
di vendita e per i parchi commerciali. 
    Questa  Corte  ha  gia'  ritenuto  infondata  la   questione   di
legittimita' costituzionale di  una  disposizione  regionale  con  la
quale venivano sospesi  i  procedimenti  per  il  rilascio  di  nuove
autorizzazioni per l'apertura di grandi  strutture  di  vendita  fino
alla conclusione  dei  procedimenti  di  pianificazione  territoriale
previsti dalla medesima legge regionale allora impugnata (sentenza n.
176 del 2004). In tale occasione si e' ritenuto che la presenza di un
termine finale certo entro il quale veniva a cessare  il  periodo  di
sospensione  rendeva  non  irragionevole  il  limite   all'iniziativa
economica  privata  per  la  salvaguardia  di  un  bene  di   rilievo
costituzionale (in quel caso il governo del territorio). 
    Orbene,  nel  caso  in  esame  la  sospensione  dei  procedimenti
autorizzatori   e'   funzionalmente   e    temporalmente    collegata
all'esigenza di adeguare la normativa regionale ai  principi  dettati
dal  legislatore  statale  con   le   riforme   di   liberalizzazione
succedutesi in un arco temporale molto limitato. 
    L'adozione  di  una  misura  meno  restrittiva   avrebbe   potuto
determinare il rischio di autorizzare grandi strutture di vendita, in
contrasto con le successive misure che sarebbero state approvate. 
    Deve sottolinearsi, d'altra parte, che la norma impugnata  ha  ad
oggetto  i  soli  procedimenti  relativi  alle  grandi  strutture  di
vendita, ovvero quei procedimenti  autorizzatori  che,  in  relazione
alla  particolare  tipologia  di  esercizi  commerciali   di   grandi
dimensioni, vedono coinvolti  in  modo  piu'  rilevante  anche  altri
interessi  quali  quelli  urbanistici,  edilizi,  di  impatto   sulla
viabilita' e, in alcuni casi, anche ambientali. 
    Ne consegue che la sospensione dei procedimenti, limitatamente al
rilascio di autorizzazioni relative a grandi strutture di  vendita  e
parchi commerciali nelle more di una riforma organica della  materia,
stante, in ogni caso, la previsione del termine massimo di un anno di
operativita'   della   sospensione   stessa,   non   costituisce   un
irragionevole limite all'iniziativa economica privata. 
    In definitiva, l'art. 4 della legge reg. n. 30 del 2012 non viola
ne' l'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. per il  motivo  gia'
precisato, ne' l'art. 117, primo comma, Cost., perche' la  previsione
di un termine finale  certo  e  proporzionato  giustifica,  sotto  il
profilo dell'interesse  generale,  la  necessita'  di  sospendere  il
rilascio di autorizzazioni per le grandi strutture di vendita  e  per
gli esercizi ad esse equiparati. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'articolo 3 della
legge della Regione Veneto 27  dicembre  2011,  n.  30  (Disposizioni
urgenti in materia di orari di apertura e chiusura delle attivita' di
commercio al dettaglio  e  disposizioni  transitorie  in  materia  di
autorizzazioni commerciali relative a grandi strutture di  vendita  e
parchi commerciali); 
    2)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'articolo 4 della legge della Regione Veneto n. 30
del 2011 sollevata, in riferimento all'articolo 117, primo e  secondo
comma, lettera e), della Costituzione, dal Presidente  del  Consiglio
dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'8 aprile 2013. 
 
                                F.to: 
                     Luigi MAZZELLA, Presidente 
                  Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 12 aprile 2013. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI