N. 78 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 gennaio 2013
Ordinanza del 15 gennaio 2013 emessa dal Tribunale di Firenze nel procedimento civile promosso da Muntoni Luigi e Marcabi Gioia contro Bianucci Pierluigi. Locazione di immobili urbani - Contratti di locazione ad uso abitativo, comunque stipulati, non registrati entro il termine stabilito dalla legge - Disciplina applicabile a decorrere dalla (tardiva) registrazione - Fissazione del canone annuo in misura pari al triplo della rendita catastale (con adeguamento ISTAT dal secondo anno) in sostituzione del maggior importo eventualmente convenuto dalle parti - Previsione introdotta [contestualmente al regime della cedolare secca sugli affitti] da decreto legislativo in materia di federalismo fiscale - Denunciata estraneita' ai principi e criteri direttivi della legge n. 42 del 2009 - Eccesso di delega. - Decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, art. 3, comma 8, lett. c). - Costituzione, art. 76, in relazione agli artt. 2, comma 2, 11, 12, 13, 21 e 26 della legge 5 maggio 2009, n. 42.(GU n.17 del 24-4-2013 )
IL TRIBUNALE Nel procedimento n. 2939/2012 r.g.a.c. promosso da Muntoni Luigi, Marcabi Gioia (Avv.to Marco Gaito); contro Bianucci Pierluigi (Avv. Filippo Tagliaferri). A scioglimento della riserva assunta all'udienza del 12 dicembre 2012 ha pronunciato la seguente ordinanza. Luigi Muntoni e Marcabi Gioia hanno intimato al conduttore Pierluigi Bianucci sfratto per morosita' in relazione ad immobile ad uso abitativo concesso in locazione (secondo il tipo delineato dall'art. 2 c. 3 legge n. 431/98) con contratto del 10 aprile 2010 e sottoposto a registrazione nel dicembre 2011. Piu' precisamente la registrazione del contratto avvenne su richiesta del conduttore il giorno 2, mentre il locatore la effettuo' il giorno 6. A sostegno della domanda risolutiva i locatori hanno esposto che il conduttore ha corrisposto - a partire dal mese di dicembre del 2011 - canone nettamente inferiore a quello pattuito (cosi' accumulando nel tempo rilevante debito). Il conduttore si e' opposto alla convalida assumendo che non e' inadempiente. Infatti, cosi' sostiene, essendo stato registrato il contratto solo il 2 dicembre 2011 da quel mese ha iniziato a corrispondere il canone nella misura stabilita dal comma 8 dell'art. 3 del d.lgs. n. 23/2011 (canone annuo pari al triplo della rendita catastale). Esaurita la fase sommaria, si e' dato modo di esperire l'(allora) obbligatoria procedura di mediazione, che pero' non ha avuto esito positivo. Gli attori, ora, in fase cognitiva piena, insistono nella domanda di risoluzione del contratto di locazione per inadempimento del conduttore e per il pagamento delle differenze dovute tra il canone pattuito e quello corrisposto dal conduttore. Il convenuto resiste riportandosi a quanto sopra sommariamente esposto. Parte attrice ha avanzato eccezioni di costituzionalita' delle disposizioni contenute negli artt. 3 comma 8 e 9 del d.lgs. n. 23/2011 per violazione degli artt. 3, 42, 55 e 76 della Carta. La questione rilevante nel presente giudizio riguarda al disposto dell'art. 3 comma 8 lett. c del d.lgs. n. 23/2011. Con esso si prevede che «Ai contratti di locazione degli immobili ad uso abitativo, comunque stipulati, che, ricorrendone i presupposti, non sono registrati entro il termine stabilito dalla legge, si applica la seguente disciplina:... c) a decorrere dalla registrazione il canone annuo di locazione e' fissato in misura pari al triplo della rendita catastale, oltre l'adeguamento, dal secondo anno, in base al 75 per cento dell'aumento degli indici ISTAT del prezzi al consumo per le famiglie degli impiegati ed operai. Se il contratto prevede un canone inferiore, si applica comunque il canone stabilito dalle parti.». Nella controversia non vengono in rilevo gli effetti della tardiva registrazione sulla durata del contratto o sulla disciplina della sua rinnovazione (considerati dalle lett. a) e b) dello stesso comma 8.) Non rileva neppure per la decisione che questo giudice e' chiamato a pronunciare l'applicazione del comma 9 del medesimo art. 3 poiche' nella specie non si e' registrato un contratto con canone inferiore a quello effettivo o di «comodato fittizio», per usare la terminologia del legislatore. E' invece rilevante nella definizione della controversia la previsione della lett. c) del comma 8, poiche' la riduzione del canone operata dal conduttore a partire dalla registrazione (tardiva) incide per la sussistenza, consistenza e gravita' dell'inadempimento dedotto come risolutivo ed anche per la domanda di pagamento delle differenze tra il pattuito ed il versato, formulata in giudizio dai locatori. Sempre sotto il profilo della rilevanza della questione, non puo' convenirsi con l'interpretazione - cui pure fanno riferimento gli attori - secondo cui la disposizione in parola si riferisce esclusivamente ai contratti conclusi dopo l'entrata in vigore del d.lgs. n. 23/2011. Il comma 10 del solito art. 3: «La disciplina di cui ai commi 8 e 9 non si applica ove la registrazione sia effettuata entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto», si riferisce proprio ai contratti stipulati anteriormente al 7 aprile 2011 (data di entrata in vigore del d.lgs. n. 23/2011) rimettendo «in termini» - per la utile registrazione ai fini che interessano - anche quelle locazioni per le quali era gia' spirato il termine per la tempestiva registrazione (30 giorni dalla stipula). Nella specie la registrazione e' avvenuta dopo il sessantesimo giorno successivo all'entrata in vigore del d.lgs. n. 23/2011 e dunque, l'applicazione del comma 8 lett. c dell'art. 3 del d.lgs. n. 23/2011 appare certa e da essa non puo' prescindersi per la decisione. Ritiene questo giudice siano manifestamente infondate le questioni sollevate dall'attore in riferimento ai parametri degli art. 41 e 42 Cost. (compressione dell'attivita' economica dei privati, tutela costituzionale della proprieta'), poiche' non e' affatto limitata la possibilita' di disporre redditiziamente dei propri beni, salva l'imposizione degli oneri tributari (in questo caso la registrazione) che ne possono condizionare l'efficacia. Il dubbio circa la violazione dell'art. 3 Cost. genericamente sollevata dagli attori, appare per come esposta manifestamente infondata non essendo prospettata la omogenea situazione diversamente disciplinata. Parimenti appare manifestamente infondato il dubbio circa la violazione dell'art. 53 Cost. La norma in questione non impone retroattivamente alcuna tassa o imposta e tanto meno per fatti che non evidenzino la capacita' contributiva del cittadino. Il dubbio di costituzionalita' che questo giudice ritiene - invece - sussistere e' il seguente: la norma in questione costituisce eccesso di delega rispetto ai limiti che derivano dall'art. 76 Cost. alla legge delegata al Governo? Il decreto legislativo 14 marzo 2011 n. 23 (Disposizioni in materia di federalismo Fiscale Municipale) costituisce attuazione della delega legislativa contenuta nella legge 5 maggio 2009 n. 42, (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'art. 119 della Costituzione). Nel preambolo del decreto delegato si specifica che si tratta, in particolare, dell'attuazione degli artt. 2, comma 2, 11, 12, 13, 21, e 26». E dunque le norme contenute nel decreto delegato - giusto l'art. 76 Cost. - devono rispettare la determinazione dei criteri direttivi e gli oggetti definiti contenuti nella legge delegante. Il Giudice delle Leggi afferma: il controllo della conformita' della norma delegata alla norma delegante richiede un confronto tra gli esiti di due processi ermeneutici paralleli: l'uno relativo alla disposizione che determina l'oggetto, i principi e i criteri direttivi della delega; l'altro relativo alla norma delegata da interpretare nel significato compatibile con questi ultimi. Il contenuto della delega deve essere identificato tenendo conto del complessivo contesto normativo nel quale si inseriscono la legge delega ed i relativi principi e criteri direttivi, nonche' delle finalita' che la ispirano, verificando, nel silenzio del legislatore delegante sullo specifico tema, che le scelte del legislatore delegato non siano in contrasto con gli indirizzi generali della medesima. I principi posti dal legislatore delegante costituiscono, poi, non soltanto base e limite delle norme delegate, ma anche strumenti per l'interpretazione della loro portata; e tali disposizioni devono essere lette, fintanto che sia possibile, nel significato compatibile con detti principi, i quali, a loro volta, vanno interpretati alla luce della ratio della legge delega. La delega legislativa non esclude ogni discrezionalita' del legislatore delegato, che puo' essere piu' o meno ampia, in relazione al grado di specificita' dei criteri fissati nella legge delega. Pertanto, per valutare se il legislatore abbia ecceduto tali - piu' o meno ampi - margini di discrezionalita', occorre individuare la ratio della delega, per verificare se la norma delegata sia con questa coerente. L'art. 76 Cost. non osta, infatti, all'emanazione di norme che rappresentino un ordinario sviluppo e, se del caso, un completamento delle scelte espresse dal legislatore delegante, poiche' deve escludersi che la funzione del legislatore delegato sia limitata ad una mera scansione linguistica delle previsioni stabilite dal primo; dunque, nell'attuazione della delega, e' possibile valutare le situazioni giuridiche da regolamentare ed effettuare le conseguenti scelte, nella fisiologica attivita' di riempimento che lega i due livelli normativi. Il comma 8 del d.lgs. n. 23/2011 prevede - per quel che qui interessa - la sostituzione della pattuzione tra le parti della misura convenuta del corrispettivo locativo con altra misura imperativamente «stabilita». Sostituzione che opera nei rapporti tra le parti solo in senso favorevole al conduttore, giacche' secondo l'ultimo inciso della lettera c) se il «contratto» (che quindi non viene costituito dalla registrazione, ma vi preesiste) prevede un canone inferiore a quello che deriva dalla triplicazione della rendita catastale «minimo», resta valido tra le parti quello pattuito. In altri termini il legislatore pare aver previsto una sorta di inserzione (ex art. 1339 c.c.) di clausola legale (sulla misura del canone) conseguente alla tardiva registrazione, che determina la caducazione dei patti sul punto difformi (se il corrispettivo e' superiore al triplo della rendita catastale). La finalita' della norma in questione appare evidente. Il legislatore delegato ha inteso predisporre un meccanismo che scoraggia il locatore dall'omettere la registrazione del contratto (e con questo evidenziare il cespite reddituale che percepisce), rafforzando l'interesse del conduttore alla registrazione (ancorche' tardiva) con il «premio» della riduzione del canone. La riconduzione del canone pattuito a quello «stabilito» con il triplo della rendita catastale, in questa prospettiva appare come una sorta di «sanzione civile» (nullita'/inefficacia del patto relativo alla misura del canone) che consegue comportamento fiscalmente omissivo o negligente del locatore. E questo benche' secondo la disciplina sull'imposta di registro entrambe le parti siano obbligate a provvedere tempestivamente alla registrazione dell'atto cui partecipano. L'emersione del «nero» e' cosi' realizzata ponendo, per cosi', dire, «in conflitto» gli interessi economici delle parti, seppur con l'effetto in qualche modo paradossale, che dal momento della registrazione, il reddito tassabile per il locatore non sara' quello pur emerso (ed ipoteticamente non dichiarato ai fini dell'imposizione diretta), ma quello minore del triplo della rendita catastale. Tutto questo, va pure detto, in un panorama normativo (art. 10 legge n. 212/2000 c.d. «Statuto del contribuente») che nel definire quale principio generale dell'ambito di tutela dell'affidamento e buona fede del contribuente, prevede che le violazioni di disposizioni di rilievo esclusivamente tributario non possono determinare la nullita' del negozio privato. Dubita questo giudice che l'esito dell'interpretazione della norma delegata con quanto previsto dalla legge delegante possa considerarsi coerente e/o conseguente con i principi e criteri direttivi della seconda. Se si passano in rassegna le disposizioni della legge delegante (art. 2, 11, 12, 13, 21 e 26), questo giudice dubita possano ravvisarsi in esse direttive o principi da cui derivi la possibilita' di sanzionare (solo a causa della omessa o tardiva registrazione) con la sua nullita'/inefficacia, la clausola sulla misura del canone, altrimenti lecita, sostituendola d'imperio con la previsione di una misura legale. In particolare, appaiono del tutto estranee a tale correlazione le disposizioni contenute negli artt. 11, 12, 13, 21 del legge n. 42/2009. L'art. 2 (comma secondo) se pur ispirato complessivamente a garantire agli enti locali un adeguato e piu' proporzionato livello di entrata tributaria (anche mediante l'attribuzione a loro del gettito di imposte che derivano da cespiti immobiliari posti nel loro territorio, ad esempio l'imposta di registro sui contratti immobiliari relativi a tali beni), si dubita possa dirigere l'attivita' legislativa delegata fino a modificare il regolamento degli interessi privati, essendo comunque assicurata l'entrata tributaria con il pagamento dell'imposta e relative soprattasse e sanzioni al momento della registrazione tardiva. Infine, l'art. 26 della legge-delega che porta in rubrica «contrasto dell'evasione fiscale», pare demandare al Governo il potere legislativo secondo criteri e principi che organizzano le fonti informative in possesso delle varie articolazioni degli Enti pubblici utili per le attivita' di contrasto all'evasione o regole di forme premiali per gli Enti (e non per i privati) che realizzano determinati obiettivi di contenimento o razionalizzazione della finanza pubblica. Dubita questo giudice che da tali direttive e principi possa farsi discendere la facolta' di regolare il rapporto privato di locazione sostituendo clausole volute con quelle imperativamente imposte. Anche perche' se veramente l'art. 26 (contrasto all'evasione fiscale) costituisse l'ambito della legislazione delegata in cui si esplica l'art. 3 comma 8, non si capirebbe razionalmente (art. 3 Cost.) il motivo per cui questa disposizione debba valere per le sole locazioni abitative, e non anche per le locazioni non abitative e parimenti rilevanti fiscalmente.
P.Q.M. Visti gli artt. 134 e 137 Cost., 1 legge cost. 9 febbraio 1948 n. 1 e 23 legge 11 marzo 1953, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3 comma 8 lett. c) del decreto legislativo 14 marzo 2011 n. 23 attuativo della legge-delega 5 maggio 2009 n. 42 nella parte in cui prevede che «Ai contratti di locazione degli immobili ad uso abitativo, comunque stipulati, che, ricorrendone i presupposti, non sono registrati entro il termine stabilito dalla legge, si applica la seguente disciplina:... c) a decorrere dalla registrazione il canone annuo di locazione e' fissato in misura pari al triplo della rendita catastale, oltre l'adeguamento, dal secondo anno, in base al 75 per cento dell'aumento degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli impiegati ed operai. Se il contratto prevede un canone inferiore, si applica comunque il canone stabilito dalle parti.» per violazione dell'art. 76 Cost. Ordina che il presente provvedimento, a cura della Cancelleria, sia notificato alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei Ministri nonche' comunicato al Presidente del Senato e al Presidente della Camera dei deputati e, all'esito, sia trasmesso alla Corte Costituzionale insieme al fascicolo processuale e con la prova delle avvenute regolari predette notificazione e comunicazioni. Dichiara sospeso il presente giudizio. Firenze, 7 gennaio 2013 Il Giudice