N. 108 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 marzo 2013

Ordinanza del 5 marzo 2013 emessa dal Tribunale di Reggio Emilia  nel
procedimento  civile  promosso  da  Marchio'  Anna  ed  altri  contro
Ministero della giustizia e Ministero dell'economia e finanze. 
 
Bilancio e contabilita' pubblica - Dipendenti pubblici -  Trattamenti
  di fine servizio liquidati prima dell'entrata in vigore del d.l. n.
  185 del 2012 - Prevista abrogazione, a  decorrere  dal  1°  gennaio
  2011, in attuazione della sentenza della  Corte  costituzionale  n.
  223 del  2012,  dell'art.  12,  comma  10,  del  d.l.  n.  78/2010,
  convertito, con modificazioni, in legge n. 122 del 2010 -  Prevista
  riliquidazione d'ufficio dei trattamenti  in  questione,  entro  un
  anno dalla predetta data, ai sensi della disciplina  vigente  prima
  dell'entrata in vigore del citato art. 12, comma 20, senza recupero
  a carico del dipendente  delle  eventuali  somme  gia'  erogate  in
  eccedenza  -  Violazione  del  principio  di  uguaglianza  per   il
  deteriore trattamento dei dipendenti  pubblici  rispetto  a  quelli
  previsti riguardo alla  rivalsa  del  2,50  per  cento  della  base
  contributiva  da  parte  del  datore  di  lavoro  -  Incidenza  sul
  principio della  retribuzione  proporzionale  ed  adeguata  per  il
  deteriore trattamento, a parita' di contribuzione,  dei  dipendenti
  pubblici rispetto a quelli privati. 
- Legge 24 dicembre 2011, n. 228, art, 1, comma 98. 
- Costituzione, artt. 3, 35, comma secondo, e 36, primo comma. 
Bilancio e contabilita' pubblica - Trattamenti  di  fine  servizio  -
  Ricorsi pendenti aventi ad oggetto la restituzione  del  contributo
  previdenziale obbligatorio nella misura del  2,5  per  cento  della
  base contributiva - Prevista estinzione da dichiararsi con  decreto
  anche  d'ufficio  -   Previsione,   altresi',   che   le   sentenze
  eventualmente  emesse,  fatta  eccezione  di  quelle   passate   in
  giudicato, restano prive di effetti - Indebita interferenza con  la
  funzione giurisdizionale - Lesione  del  diritto  di  difesa  e  di
  azione, nonche' del principio di tutela giurisdizionale. 
- Legge 24 dicembre 2011, n. 228, art, 1, comma 99. 
- Costituzione, artt. 24, 101, 102, 104 e 113. 
(GU n.21 del 22-5-2013 )
 
                            IL TRIBUNALE 
 
    Il  Giudice  unico  del  lavoro,  a  scioglimento  della  riserva
formulata  all'udienza  del  25  gennaio  2013  nel  procedimento  n.
1107/2012 R.G. promosso da: Marchio' Anna, Algeri Patrizia,  Andretti
Emilia, Cannamela  Orsola,  Cannizzaro  Claudio,  Capoluongo  Emilio,
Carrara Loredana,  Ciaramella  Giuseppina,  Ciavarella  Ugo,  D'Avino
Rosalba, De Rosa Paola, Di Donato Massimo, Dore  Graziella,  Dughetti
Graziella, Fasano Mara, Ferretti Elisabetta, Fioretti Ilenia, Friello
Franco, Giovannetti Antonella, Guglielmi Grazia, Iandoli  Pellegrino,
Magliulo Maria, Oleari Maria Rosa, Pini Lorena,  Radighieri  Cosetta,
Raele Giuseppe, Ritorto Francesca Lucia, Robles Giusi, Rodino'  Maria
Laura, Romita Pasquale, Rosselli Danila, Simonazzi Cristina,  Suriano
Maria, Vaccaro Giovanni Battista, Vetro Maria  Pia,  Zecchini  Irene,
Zito Barbara - avv. Pasquale Lattari, ricorrenti; 
    Contro: 
        Ministero della giustizia - dr. Pavignani e Di Maio 
        Ministero dell'economia e finanze - dr. Cara' 
    Convenuti. 
    Ha pronunciato la presente ordinanza osservando quanto segue in 
 
                           Fatto e diritto 
 
    Con ricorso del 9 novembre 2012 diretto al Giudice del lavoro  di
Reggio Emilia, la sig.ra Anna Marchio' ed altri 24 suoi  colleghi  di
lavoro piu' sopra indicati, tutti attuali  dipendenti  del  Ministero
della Giustizia ed in servizio presso il Tribunale di Reggio  Emilia,
chiedevano la cessazione dell'applicazione della ritenuta di somme in
conto trattamento di fine servizio, e la condanna  alla  restituzione
delle somme indebitamente trattenute dal 1° gennaio 2011 in avanti. 
    I ricorrenti esponevano che la disciplina applicabile sino al  31
dicembre 2010 ai fini del computo del trattamento di fine servizio e'
stato l'art. 37  del  Decreto  del  Presidente  della  Repubblica  29
dicembre 1973, n. 1032, che  prevede  che,  per  tutti  i  dipendenti
statali,  sia  effettuato  dall'amministrazione  di  appartenenza  un
accantonamento complessivo  del  9,60%  sull'80%  della  retribuzione
lorda, con una trattenuta a titolo di rivalsa a carico del dipendente
pari al 2,50% sempre sull'80% della retribuzione. 
    In particolare  il  citato  articolo  37  dispone  che  "ciascuna
amministrazione si rivale a carico del dipendente iscritto in  misura
pari al 2,50 per cento della base contributiva". 
    La base contributiva e' fissata dall'art. 38 del d.P.R. da ultimo
citato  nell'80%  "dello  stipendio,  paga  o   retribuzione   annui,
considerati al lordo"; in ordine alla percentuale  complessiva  della
ritenuta, l'art. 18 della legge 20 marzo 1980, n. 75 ha poi stabilito
che "Ferma restando la rivalsa  del  2,50  per  cento  a  carico  dei
dipendenti,  la  scala  crescente   della   misura   dei   contributi
previdenziali obbligatori di cui  all'articolo  37  del  decreto  del
Presidente  della  Repubblica  29  dicembre   1973,   n.   1032,   e'
ulteriormente prorogata fino a raggiungere il 9,60 per cento  dal  1°
gennaio 1984". 
    Questa modalita' di  calcolo  e'  stata  parzialmente  modificata
dall'art.12 comma 10 del D.L. n. 78/2010 -  convertito  in  Legge  n.
122/2010 - che prescrive che: 
        "Con  effetto  sulle  anzianita'  contributive   maturate   a
decorrere dal 1 gennaio 2011, per i lavoratori alle dipendenze  delle
amministrazioni pubbliche inserite nel  conto  economico  consolidato
della  pubblica  amministrazione,  come   individuate   dall'Istituto
nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell'articolo  1
della legge 31 dicembre 2009, n. 196, per  i  quali  il  computo  dei
trattamenti di fine servizio,  comunque  denominati,  in  riferimento
alle predette anzianita' contributive non e' gia' regolato in base  a
quanto previsto dall'articolo 2120 del codice civile  in  materia  di
trattamento di fine rapporto, il computo dei predetti trattamenti  di
fine servizio si effettua secondo le regole di cui al citato articolo
2120 del codice civile, con applicazione dell'aliquota del  6,91  per
cento.". 
    Detta norma quindi impone che -  "con  effetto  sulle  anzianita'
contributive maturate a decorrere dal 1 gennaio 2011"  -  il  computo
dei trattamenti di fine servizio, comunque denominati, in riferimento
alle predette anzianita'  contributive,  debba  avvenire  secondo  la
disciplina del Codice Civile (art. 2120),  stabilendo  unicamente  un
accantonamento del 6,91% sull'intera retribuzione; con la conseguenza
che non andrebbe piu' operata, in quanto illegittima,  la  trattenuta
effettuata  dall'amministrazione  a  titolo  di  rivalsa  del   2,50%
sull'80% dei redditi del dipendente che quindi risulta non dovuta. Di
fiato, sin dall'entrata in vigore dell'art.12 cit.  l'amministrazione
di appartenenza ha continuato invece ad operare la citata trattenuta,
oltretutto applicando contemporaneamente anche l'aliquota complessiva
del 6,91% sull'intera retribuzione, con cio' creando un aumento della
trattenuta complessiva a sfavore del dipendente pubblico  rispetto  a
quello privato, e percio' sostanzialmente vanificando l'equiparazione
dei due trattamenti voluta dall'art.2120 codice civile. 
    La norma e' stata per tale  motivo  tacciata  da  piu'  Corti  di
merito di incostituzionalita', e la  questione,  rimessa  alla  Corte
delle Leggi, e' stata accolta con sentenza n. 223 del 2012. 
    In essa decisione la Corte costituzionale ha statuito che: 
        "14 .- Anche  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 12, comma 10, del citalo d.l. n. 78 del 2010, sollevata  in
riferimento agli articoli 3 e 36 Cost. e' fondata. 
    La premessa interpretativa del TAR per l'Umbria e', innanzitutto,
corretta in punto di ricostruzione del quadro normativo,  poiche'  la
mancata espressa esclusione del permanere della trattenuta  a  carico
del lavoratore non  potrebbe  indurre  a  far  uso  dell'argomento  a
silentio    sia    pure     per     perseguire     un'interpretazione
costituzionalmente orientata. Il perdurare del  prelievo  di  cui  si
discute, infatti, oltre a derivare dall'astratta  compatibilita'  fra
il nuovo regime e la disciplina contenuta  nel  d.P.R.  n.  1032  del
1973, e' avvalorato dal  fatto che il citato art. 12, comma  10,  non
contiene  affatto   una   disciplina   organica   sulle   prestazioni
previdenziali in favore dei  dipendenti  dello  Stato,  in  grado  di
sostituirsi, in senso novativo, al d.P.R. n. 1032 del 1973, come  del
resto ritenuto dall'Amministrazione in sede applicativa. 
    Cio' posto,  va  osservato  che  fino  al  31  dicembre  2010  la
normativa imponeva al datore di  lavoro  pubblico  un  accantonamento
complessivo del 9,60% sull'80%  della  retribuzione  lorda,  con  una
trattenuta a carico del dipendente pari al  2,50%,  calcolato  sempre
sull'80%  della  retribuzione.  La  differente  normativa   pregressa
prevedeva dunque un accantonamento determinato su una base di computo
inferiore e, a fronte di un miglior  trattamento  di  fine  rapporto,
esigeva la rivalsa sul dipendente di cui si discute. 
    Nel  nuovo  assetto   dell'istituto   determinato   dalla   norma
impugnata, invece, la percentuale di accantonamento opera sull'intera
retribuzione, con la conseguenza che il  mantenimento  della  rivalsa
sul dipendente, in assenza peraltro della "fascia esente",  determina
una diminuzione della retribuzione e, nel  contempo,  la  diminuzione
della quantita' del TFR maturata nel tempo. 
    La disposizione censurata, a fronte dell'estensione del regime di
cui all'art.  2120  del  codice  civile  (ai  fini  del  computo  dei
trattamenti di fine rapporto) sulle anzianita' contributive  maturate
a  fare  tempo  dal  1°  gennaio  2011,  determina  irragionevolmente
l'applicazione  dell'aliquota  del  6,91%  sull'intera  retribuzione,
senza escludere nel contempo la vigenza della trattenuta a carico del
dipendente pari al 2,50% della base  contributiva  della  buonuscita,
operata a titolo di rivalsa sull'accantonamento per  l'indennita'  di
buonuscita, in combinato con l'art. 37 del d.P.R. 29  dicembre  1973,
n. 1032. 
    Nel consentire  allo  Stato  una  riduzione  dell'accantonamento,
irragionevole perche' non collegata con la qualita' e  quantita'  del
lavoro prestato e perche' - a parita' di retribuzione - determina  un
ingiustificato trattamento deteriore dei dipendenti pubblici rispetto
a quelli privati, non sottoposti a rivalsa da  parte  del  datore  di
lavoro, la disposizione impugnata viola per cio' stesso gli  articoli
3 e 36 della Costituzione. 
    14.1 .- Va, quindi, pronunciata  l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 12, comma 10, del d.l. n. 78 del 2010, nella parte  in  cui
non esclude l'applicazione a carico del dipendente della rivalsa pari
al 2,50% della base contributiva, prevista dall'art. 37, comma l, del
d.P.R. n. 1032 del 1973. 
    per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE 
    5) dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'articolo  12,
comma 10, del d.l. n. 78 del 2010, nella parte  in  cui  non  esclude
l'applicazione a carico del dipendente della rivalsa  pari  al  2,50%
della base contributiva, prevista dall'art. 37, comma 1, del  decreto
del  Presidente  della  Repubblica  29   dicembre   1973,   n.   1032
(Approvazione  del  testo  unico  delle   norme   sulle   prestazioni
previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato); 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  Costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'8 ottobre 2012" 
    A seguito della decisione della Corte costituzionale  come  sopra
rappresentata, pertanto, gli attuali ricorrenti hanno agito  ai  fini
del  recupero,  mediante  condanna   alla   restituzione   da   parte
dell'amministrazione di appartenenza, delle somme  pari  al  prelievo
del 2,50% sulla retribuzione effettuate dal  1°  gennaio  2011  sullo
stipendio mensile di ciascun dipendente. 
    Con decreto legge  n.  185  del  29  ottobre  2012  (disposizioni
urgenti in materia di trattamento di  fine  servizio  dei  dipendenti
pubblici) e' stato abrogato l'art.12 comma 10 del DL 31  maggio  2010
n. 78 a decorrere dal 1° gennaio 2011. 
    Cosi' testualmente: "Al fine di  dare  attuazione  alla  sentenza
della Corte costituzionale n. 223 del 2012  e  di  salvaguardare  gli
obiettivi  di  finanza  pubblica,  l'articolo  12,  comma   10,   del
decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e' abrogato a  decorrere  dal  1°
gennaio 2011 ...". 
    Nello stesso decreto legge 185/2012 e'  stabilito  che  (comma  3
art.1): "I processi pendenti aventi ad oggetto  la  restituzione  del
contributo previdenziale obbligatorio nella misura del 2,5 per  cento
della base contributiva utile prevista dall'articolo 11 della legge 8
marzo 1968, n. 152, e dall'articolo 37 del testo  unico  delle  norme
sulle prestazioni previdenziali a  favore  dei  dipendenti  civili  e
militari  dello  Stato  di  cui  al  decreto  del  Presidente   della
Repubblica 29 dicembre 1973,  n.  1032,  si  estinguono  di  diritto;
l'estinzione e' dichiarata con decreto, anche d'ufficio; le  sentenze
eventualmente  emesse,  fatta  eccezione  per   quelle   passate   in
giudicato, restano prive di effetti". 
    Il decreto di cui sopra e' decaduto per  mancata  conversione  in
legge, ma i suoi effetti  sono  stati  fatti  salvi  dalla  legge  24
dicembre 2012 n. 228 (legge di stabilita' 2013), che  prevede  (commi
98, 99, 100): 
        "98. Al fine di dare attuazione  alla  sentenza  della  Corte
costituzionale n. 223 del 2012 e di salvaguardare  gli  obiettivi  di
finanza pubblica, l'articolo  12,  comma  10,  del  decreto-legge  31
maggio 2010, n. 78, convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  30
luglio 2010, n. 122, e' abrogato a decorrere  dal  1°  gennaio  2011.
[omissis] 
        99. I processi pendenti aventi ad oggetto la restituzione del
contributo previdenziale obbligatorio nella misura del 2,5 per  cento
della base contributiva utile prevista dall'articolo 11 della legge 8
marzo 1968, n. 152, e dall'articolo 37 del testo  unico  delle  norme
sulle prestazioni previdenziali a  favore  dei  dipendenti  civili  e
militari  dello  Stato  di  cui  al  decreto  del  Presidente   della
Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1032, si estinguono di diritto; 
    l'estinzione e'  dichiarata  con  decreto,  anche  d'ufficio;  le
sentenze eventualmente emesse, fatta eccezione per quelle passate  in
giudicato, restano prive di effetti. 
        100. Restano validi gli atti e  i  provvedimenti  adottati  e
sono fatti salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti
sulla base delle norme del decreto-legge 29  ottobre  2012,  n.  185,
recante «Disposizioni urgenti  in  materia  di  trattamento  di  fine
servizio dei dipendenti pubblici» non convertite in legge.". 
    Ritiene  il  giudicante  che   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale sollevate da parte  ricorrente  relativamente  sia  al
comma 98 che al comma 99 dell'art. 1 L.24 dicembre 2012  n.  228  non
sono manifestamente infondate. 
    Ed infatti, dal 1 gennaio 2012 (data di operativita'  del  citato
DL 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla  legge
30 luglio 2010, n. 122), e sino quanto meno alla data della pronuncia
della    Corte    costituzionale    223/2012    che    ne    dichiara
l'incostituzionalita' ai pubblici dipendenti e'  stato  applicato  un
regime  'misto'di   calcolo   che   sommava   quanto   previsto   dal
`vecchio'trattamento di fine servizio (art. 37 del d.P.R. 29 dicembre
1973, n. 1032: accantonamento complessivo del  9,60%  sull'80%  della
retribuzione lorda, con una trattenuta a carico del  dipendente  pari
al 2,50%, calcolato sempre sull'80% della  retribuzione)  con  quanto
disciplinato dal DL 31 Maggio  2010,  n.  78  (prelievo  a  esclusivo
carico del datore di lavoro del 6,91% sull'intera retribuzione),  con
la conseguenza che di fatto al dipendente pubblico e'  continuato  ad
essere applicato il prelievo a  suo  carico  del  2.50%,  oltre  alla
necessita' dell'accantonamento del 6,91% sulla retribuzione. 
    Tuttavia, il ripristino del  precedente  regime  del  TFS  per  i
dipendenti pubblici reintroduce una  disparita'  di  trattamento  tra
costoro (cui continua/riprende ad essere applicato  un  prelievo  del
2,5% sull'80% della retribuzione) ed  i  dipendenti  privati  (per  i
quali non e' previsto nessun prelievo a titolo previdenziale, ma solo
un accantonamento del 6,91 sull'intera retribuzione, non  tassabile);
e tra i dipendenti pubblici assunti prima del 2001 (per  i  quali  e'
stato ripristinato il TFS) e quelli assunti post 2001, per i quali e'
in vigore la disciplina del TFR, ai sensi del Decreto del  Presidente
del Consiglio del Ministri del 20 dicembre 1999. 
    Per altro, gia' la L.335/95, aveva previsto per l'anno successivo
(1996),  la  trasformazione  della   buonuscita   agli   statali   in
trattamento di fine rapporto, atteso quanto previsto nell'art.2 commi
da 5 a 8: "comma 5. Per i lavoratori assunti dall'1 gennaio 1996 alle
dipendenze delle Amministrazioni pubbliche ..., i trattamenti di fine
servizio,  comunque  denominati,  sono  regolati  in  base  a  quanto
previsto  dall'articolo  2120  del  codice  civile  in   materia   di
trattamento  di  fine  rapporto.  6.  La  contrattazione   collettiva
nazionale ..., definisce, nell'ambito dei singoli comparti, entro  il
30 novembre 1995, le modalita' di attuazione di quanto  previsto  dal
comma 5, con riferimento ai conseguenti adeguamenti  della  struttura
retributiva e contributiva del personale di cui  al  medesimo  comma,
anche ai .fini di cui all'articolo 8, comma 4, del dlgvo n. 124/93, e
successive modificazioni  ed  integrazioni,  disciplinante  le  forme
pensionistiche  complementart.  Con  decreto   del   Presidente   del
Consiglio dei ministri, su proposta  del  Ministro  per  la  funzione
pubblica, di concerto con il Ministro del tesoro e  con  il  Ministro
del lavoro  e  della  previdenza  sociale,  entro  trenta  giorni  si
provvede a dettare norme di esecuzione di quanto  definito  ai  sensi
del primo periodo del presente comma. 7. La contrattazione collettiva
nazionale, nell'ambito dei singoli comparti, definisce, altresi',  ai
sensi del comma 6, le modalita' per l'applicazione nei confronti  dei
lavoratori gia' occupati  alla  data  del  31  dicembre  1995,  della
disciplina  in  materia  di  trattamento  di  fine  rapporto.   Trova
applicazione quanto previsto dal  secondo  periodo  del  comma  6  in
materia di disposizioni di esecuzione.  8.  Il  trattamento  di  fine
rapporto, come disciplinato dall'articolo 1  della  legge  29  maggio
1982, n. 297, viene corrisposto dalle  Amministrazioni  ovvero  dagli
enti che  gia'  provvedono  al  pagamento  dei  trattamenti  di  fine
servizio di cui al comma 5. Non trovano applicazione le  disposizioni
sul "Fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto" istituito
con l'articolo 2 della citata legge n. 297 del 1982." 
    Nello stesso senso, l'art.2 comma 2 del Dlgs 165/2001 prevede che
"2.  I  rapporti  di  lavoro  dei  dipendenti  delle  amministrazioni
pubbliche sono disciplinati dalle disposizioni del capo I, titolo II,
del libro V del codice civile e dalle leggi sui  rapporti  di  lavoro
subordinato  nell'impresa,  fatte  salve  le   diverse   disposizioni
contenute nel presente decreto.". 
    Pertanto, il ripristino mediante il citato art.1 comma  98  della
L.228  del  24  dicembre  2012,  appare  viziato  di   illegittimita'
costituzionale nella parte in cui, abrogando l'art. 12  co.10  dl  78
convertito in legge  122/010  reintroduce  il  sistema  pregresso  (e
quindi la rivalsa del 2,50% non prevista per  i  dipendenti  privati)
con la disparita' di trattamento del lavoratore pubblico rispetto  ai
lavoratori privati sotto il profilo indicato. 
    Appaiono dunque violati gli  artt.  3  e  36  della  Costituzione
perche' il sistema precedente, ripristinato  dalla  norma  in  esame,
consente allo Stato una riduzione dell'accantonamento,  irragionevole
perche' non collegata con la qualita' e quantita' del lavoro prestato
e perche' - a parita' di retribuzione - determina  un  ingiustificato
trattamento deteriore  dei  dipendenti  pubblici  rispetto  a  quelli
privati, non sottoposti a rivalsa da parte del datore di lavoro. 
    La norma in oggetto, poi, nel disporre l'estinzione  di  tutti  i
giudizi pendenti,  pare  ledere  anche  gli  artt.  101,  102  e  104
interferendo con  funzioni  costituzionalmente  riservate  al  potere
giudiziario, sia l'art.24 Cost. nel senso  di  creare  un  discrimina
nella tutela giudiziaria riservata a tutti i cittadini. 
    Inoltre, nel fare salve le pronunce giurisdizionali  emesse  alla
data di entrata in vigore della norma e passate  in  giudicato,  crea
una disparita' ingiustificata di trattamento  tra  coloro  che  hanno
gia' adito l'autorita' giudiziaria ottenendo una pronuncia favorevole
alla restituzione  del  prelievo  forzoso  del  2,50  (e  dunque  nel
concreto maggiori emolumenti economici), e coloro che sono sub iudice
in questo momento, ovvero non l'hanno ancora adito. 
    Sotto quest'ultimo aspetto, poi, la normativa sopra menzionata si
pone in  contrasto  con  gli  artt.  3  e  24  Cost.,  poiche'  viene
sostanzialmente vanificato  il  diritto  del  cittadino  alla  tutela
giurisdizionale. 
    In questo caso  infatti  lo  ius  superveniens  non  soddisfa  le
richieste  degli   interessati   e   si   pone   in   contrasto   con
l'interpretazione giurisprudenziale ad essi favorevole, ivi  compresa
quella autorevolissima  della  Corte  Costituzionale,  stabilendo  di
fatto l'estinzione dei processi in corso, e si opera cosi'  da  parte
del   legislatore   una   sostanziale   vanificazione    della    via
giurisdizionale, intesa quale mezzo al  fine  dell'attuazione  di  un
preesistente diritto; e' percio'  da  ravvisarsi  la  violazione  del
diritto di azione, di cui all'art. 24  Cost.  (cfr.  Corte  cost.  n.
123/1987; n. 103/1995, cit. e Cass. 2.5.1996, ord. in G.U. serie  sp.
18.12,1996). 
    Sotto altro profilo, il dubbio di  Costituzionalita'  investe  la
normativa censurata per quanto concerne  l'estinzione  di  fatto  dei
giudizi pendenti, cui deve conseguire la compensazione delle spese. 
    Il contrasto si pone non solo con riguardo  agli  artt.  3  e  24
Cost.;  ma  anche  rispetto  agli  artt.102  e  113  Cost.,   poiche'
l'estinzione necessariamente automatica di tutti i  giudizi  pendenti
con  la  compensazione  delle   spese,   realizza   una   illegittima
interferenza del potere legislativo nella sfera della  giurisdizione,
non potendo il Giudice neanche accertare pur sotto il  profilo  della
soccombenza virtuale, se sussistono i  presupposti  per  la  relativa
declaratoria, tenuto conto che la  dichiarazione  di  estinzione  del
giudizio per cessazione della materia del contendere e'  un  fenomeno
di carattere sostanziale e non meramente processuale che  il  giudice
deve  poter  valutare  anche  sotto  il  profilo  della   soccombenza
virtuale. 
    D'altro lato, non potendo il  giudice  decidere  sulle  spese  in
senso favorevole al ricorrente  (in  quanto  soccombente),  la  legge
finisce col sopprimere il diritto dell'interessato, anche per il caso
di fondatezza  della  sua  domanda,  a  vedersi  tenuto  indenne  dal
pagamento, al proprio difensore, delle spese  processuali  sostenute,
anche se anticipate all'avvocato, con la conseguente  violazione  del
principio che le  spese  non  possano  gravare  sulla  parte  che  ha
ragione, (come nel caso delle spese gia' anticipate)  e  che  non  ha
dato causa al giudizio. 
    Per quanto sopra, non sembra lecito dubitare che la questione  di
legittimita' come sollevata e' rilevante nel presente  giudizio,  sul
quale e' destinata ad operare direttamente. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Visto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87 
    Dichiara non manifestamente infondata e rilevante  per  contrasto
con gli artt. 3, 24, 35 comma 2, 36 comma 1°, 101,  102,  104  e  113
della Costituzione, dell'art. 1 commi 98 e 99 della Legge 25 dicembre
2012 n. 228. 
    Dispone la sospensione  del  presente  giudizio  e  la  immediata
trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale. 
    Ordina che, a cura della Cancelleria, la presente  ordinanza  sia
notificata alle parti e al  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri
nonche' comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
 
        Cosi' deciso, in Reggio Emilia, il 5 marzo 2013 
 
                   Il Giudice del lavoro: Vezzosi