N. 140 SENTENZA 5 - 13 giugno 2013

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Reati e pene  -  Furto  in  abitazione  -  Fatto  commesso  su  armi,
  munizioni o esplosivi nelle armerie o in altri locali adibiti  alla
  custodia di armi - Pena della reclusione da cinque a dodici anni  e
  multa da euro 1.032 a euro 3.098 - Trattamento  sanzionatorio  piu'
  grave del furto di armi in abitazione rispetto al furto di armi  in
  armerie - Asserita irrazionalita' e  disparita'  di  trattamento  -
  Asserita violazione del principio della finalita' rieducativa della
  pena - Insussistenza - Erroneita' del presupposto interpretativo  -
  Non fondatezza della questione. 
- Legge 8 agosto 1977, n. 533,  art.  4,  comma  3,  come  sostituito
  dall'art. 10, comma 3, della legge 26 marzo 2001, n. 128. 
- Costituzione, artt. 3 e 27, terzo comma. 
(GU n.25 del 19-6-2013 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Franco GALLO; 
Giudici :Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE,  Giuseppe
  TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe   FRIGO,   Alessandro
  CRISCUOLO, Paolo  GROSSI,  Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta
  CARTABIA,  Sergio  MATTARELLA,  Mario  Rosario  MORELLI,  Giancarlo
  CORAGGIO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'articolo  4,
comma 3, della legge 8 agosto 1977, n. 533 (Disposizioni  in  materia
di ordine pubblico), come sostituito dall'articolo 10, comma 3, della
legge 26 marzo 2001, n. 128 (Interventi  legislativi  in  materia  di
tutela della sicurezza dei cittadini), promosso dal  Giudice  per  le
indagini preliminari del Tribunale di Modena nel procedimento  penale
a carico di M.G. con ordinanza del 18 giugno 2012, iscritta al n. 279
del registro ordinanze 2012 e  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica n. 50, prima serie speciale, dell'anno 2012. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 24  aprile  2013  il  Giudice
relatore Giorgio Lattanzi. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza depositata il 18 giugno 2012 (r.o. n.  279  del
2012), il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Modena
ha sollevato, in riferimento agli articoli 3 e 27, terzo comma, della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale  dell'articolo
4, comma 3, della legge  8  agosto  1977,  n.  533  (Disposizioni  in
materia di ordine pubblico), come sostituito dall'articolo 10,  comma
3, della legge 26 marzo  2001,  n.  128  (Interventi  legislativi  in
materia di tutela della sicurezza dei cittadini), nella parte in  cui
prevede l'applicazione della pena della reclusione da cinque a dodici
anni e della multa da euro 1.032 a euro 3.098 per i  delitti  di  cui
all'articolo 624-bis del codice penale aggravati ai sensi del comma 1
del citato art. 4 della legge n. 533 del 1977. 
    Il giudice rimettente riferisce di procedere, in sede di giudizio
abbreviato, nei confronti di una persona accusata del  reato  di  cui
agli artt. 624-bis e 625, primo comma, numero 2, cod. pen. e all'art.
4 della legge n. 533 del 1977, per  avere  sottratto  dall'abitazione
della persona offesa tre fucili. 
    Ricostruiti gli interventi legislativi  che  hanno  investito  la
norma censurata e la disciplina codicistica del delitto di furto,  il
giudice rimettente sottolinea come l'art. 624-bis cod. pen. punisca a
titolo di  autonoma  fattispecie  incriminatrice  il  furto  mediante
introduzione in luogo destinato ad abitazione, condotta, questa,  che
in precedenza costituiva un'ipotesi aggravata del furto semplice.  La
norma  tutelerebbe  anche  l'inviolabilita'   del   domicilio,   data
l'ampiezza del concetto di privata dimora, secondo  l'interpretazione
giurisprudenziale, concetto in  cui  sarebbero  ricomprese  strutture
tali da far ritenere che  il  titolare  della  facolta'  di  disporne
intenda  garantirsi  la  riservatezza,  con  correlata  facolta'   di
esclusione dei terzi (studi  professionali,  esercizi  commerciali  e
pertinenze dell'abitazione, quali l'autorimessa e la cantina). 
    Secondo il rimettente, l'art. 4  della  legge  n.  533  del  1977
disciplinerebbe  un'ipotesi  di   aggravante   speciale   del   furto
giustificata dalla particolare pericolosita' dell'azione in relazione
all'oggetto della condotta (armi, munizioni ed esplosivi) e al  luogo
di svolgimento  della  stessa;  pero'  l'interpretazione  del  rinvio
operato dal terzo comma  dell'art.  4  citato  sarebbe  problematica.
Infatti, se interpretato come meramente quoad poenam, il  riferimento
all'art. 624-bis cod. pen. sarebbe ambiguo, risultando  difficilmente
ipotizzabile un furto che avvenga in abitazione e, al  tempo  stesso,
anche nei luoghi indicati dal citato  art.  4  (armerie,  depositi  o
altri locali adibiti a custodia di armi); percio',  per  coerenza  di
sistema, tale riferimento dovrebbe riguardare solo le cose  sottratte
(armi, munizioni ed esplosivi), facendo ritenere che «se il furto  in
abitazione ha ad oggetto - come nel caso in esame - armi munizioni  o
esplosivi, il trattamento sanzionatorio dovra'  essere  inasprito  in
ragione della maggiore pericolosita' dell'oggetto della condotta». 
    Cio' posto, secondo il giudice rimettente emergerebbe un  profilo
di irrazionalita' del sistema sanzionatorio, perche' il furto di armi
in abitazione sarebbe punito allo stesso modo del furto  di  armi  in
armeria, «parificando in termini di gravita' (aspetto  escluso  dalla
ratio legis del 1977) l'elemento relativo  al  luogo  di  svolgimento
della condotta». Inoltre, attraverso il richiamo alla pena di cui  al
secondo comma, operato dal terzo comma dell'art. 4 della legge n. 533
del   1977,    si    determinerebbe    «l'irragionevole    asimmetria
sanzionatoria», in ragione della quale il furto di armi in abitazione
sarebbe punito in misura di gran lunga maggiore del furto di armi  in
armeria. Nel 2001 il legislatore, enucleando una fattispecie autonoma
di reato, avrebbe evidenziato una maggiore gravita' della condotta di
chi si introduce in un luogo di privata dimora al fine  di  sottrarre
una cosa mobile altrui, ma, nonostante tale modifica nella  struttura
della fattispecie e nel trattamento  sanzionatorio,  non  si  sarebbe
potuto dubitare che l'ipotesi di cui all'art. 4 della  legge  n.  533
del 1977 avesse conservato intatta la ragione giustificatrice  di  un
inasprimento  sanzionatorio:  «oggetto  della  condotta  e  luogo  di
svolgimento della stessa imponevano  ragionevolmente  una  pena  piu'
alta». 
    Secondo il rimettente, l'«improvvido inserimento» del terzo comma
dell'art. 4 citato avrebbe irragionevolmente  alterato  una  coerente
scala di valori, determinando un trattamento sanzionatorio del  furto
di armi in appartamento piu' grave di quello previsto per il furto di
armi in armerie. La norma impugnata determinerebbe  «una  sostanziale
disparita' di trattamento poiche' punisce il furto in  abitazione  di
armi con pena molto piu' grave della ipotesi  di  furto  di  armi  in
armeria». Tale disparita', osserva ancora il rimettente,  assumerebbe
maggior ampiezza  considerando  che,  nel  caso  di  specie,  sarebbe
preclusa l'applicabilita' delle circostanze attenuanti generiche. 
    La norma censurata si porrebbe in contrasto con l'art.  3  Cost.,
in quanto la rilevante differenza del trattamento  sanzionatorio  non
troverebbe una adeguata giustificazione, perche'  il  bene  giuridico
protetto e' il  medesimo  e  gli  elementi  differenziali  (luogo  di
svolgimento  della  condotta  e  oggetto  della  stessa)   dovrebbero
comportare una pena diversa e meno grave rispetto a  quella  prevista
nelle ipotesi del primo e del secondo comma dell'art. 4  della  legge
n. 533 del 1977. 
    Sarebbe violato anche l'art.  27,  terzo  comma,  Cost.,  perche'
«l'irrogazione di pene sproporzionate al grado di effettivo disvalore
dei fatti comprometterebbe la finalita' rieducativa della pena». 
    2.- E' intervenuto nel giudizio di legittimita' costituzionale il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, e ha chiesto che  la  questione
sia dichiarata non fondata. 
    Secondo l'Avvocatura dello  Stato,  una  coerente  lettura  della
norma impugnata indurrebbe a ricomprendere nell'alveo applicativo del
terzo comma dell'art. 4 della legge n. 533 del 1977  «le  ipotesi  in
cui i furti aventi ad oggetto le res  indicate  dal  legislatore  nel
comma 1 del citato articolo 4 avvengano in luoghi destinati, in tutto
od in parte, a privata abitazione  o  nelle  pertinenze  di  essa»  e
sarebbe  evidente  la  riconducibilita'  dell'opzione   sanzionatoria
nell'ambito  delle  scelte  di   politica   criminale   proprie   del
legislatore; scelte  censurabili  solo  nell'ipotesi  di  illogica  o
irragionevole  disparita'  di  trattamento  tra  condotte  aventi  il
medesimo disvalore giuridico. La condotta sanzionata dal terzo  comma
dell'art. 4 della legge n. 533 del 1977 rappresenterebbe - secondo il
legislatore intervenuto con la legge n. 128 del  2001  -  un  maggior
disvalore rispetto a quella prevista dal primo comma, trattandosi  di
condotta  avente  si'  il  medesimo  oggetto  (armi,   munizioni   od
esplosivi), ma realizzata  in  luoghi  differenti  (ossia  in  luoghi
destinati a privata dimora e non in armerie, depositi o altri  locali
adibiti alla custodia di armi). 
    Come emergerebbe con  chiarezza  dalle  valutazioni  di  politica
criminale  poste  a  fondamento  dell'art.  624-bis  cod.  pen.,   il
legislatore avrebbe inteso proprio colpire con maggiore severita'  le
condotte destinate ad incidere su un  bene  ritenuto  particolarmente
meritevole di tutela, quale l'inviolabilita'  dei  luoghi  adibiti  a
privata dimora. Quanto alla asserita violazione dell'art.  27,  terzo
comma,  Cost.,  l'Avvocatura  dello  Stato  osserva  che  il  giudice
rimettente  non  avrebbe  dato  conto  della   compromissione   della
finalita' rieducativa della pena, il che renderebbe inammissibile  il
profilo di censura. 
    Inoltre,  il  giudice  rimettente   non   avrebbe   operato   una
valutazione bilanciata degli  interessi  costituzionalmente  protetti
implicati  nella  fattispecie.  La  norma  denunciata   costituirebbe
attuazione (e mirerebbe alla tutela)  del  diritto  inviolabile  alla
liberta'   personale   (art.   13   Cost.),   di   cui   il   diritto
all'inviolabilita'   del   domicilio   (art.   14   Cost.)    sarebbe
esplicazione. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Giudice per  le  indagini  preliminari  del  Tribunale  di
Modena ha sollevato, in riferimento  agli  articoli  3  e  27,  terzo
comma, della Costituzione, questione di  legittimita'  costituzionale
dell'articolo  4,  comma  3,  della  legge  8  agosto  1977,  n.  533
(Disposizioni  in  materia  di  ordine  pubblico),  come   sostituito
dall'articolo 10,  comma  3,  della  legge  26  marzo  2001,  n.  128
(Interventi legislativi in materia  di  tutela  della  sicurezza  dei
cittadini), nella parte in  cui  prevede  l'applicazione  della  pena
della reclusione da cinque a dodici anni e della multa da euro  1.032
a euro 3.098 ai delitti di cui all'articolo 624-bis del codice penale
aggravati ai sensi del comma 1 del citato art. 4 della legge  n.  533
del 1977. 
    La norma censurata sarebbe  in  contrasto  con  l'art.  3  Cost.,
determinando  «una  sostanziale  disparita'  di  trattamento  poiche'
punisce il furto in abitazioni di armi  con  pena  molto  piu'  grave
della ipotesi di furto di armi in armeria», e con  l'art.  27,  terzo
comma, Cost., perche' «l'irrogazione di pene sproporzionate al  grado
di  effettivo  disvalore  dei  fatti  comprometterebbe  la  finalita'
rieducativa della pena». 
    2.- La questione non e' fondata. 
    3.- Nella sua versione originaria, l'art. 4, comma 1, della legge
n. 533 del 1977 stabiliva che se il fatto previsto dall'art. 624 cod.
pen. era commesso su  armi,  munizioni  od  esplosivi  nelle  armerie
ovvero in depositi o in altri locali adibiti alla custodia  di  essi,
si applicava la pena della reclusione da tre a  dieci  anni  e  della
multa da lire  centomila  a  lire  quattrocentomila;  se  concorreva,
inoltre, taluna delle circostanze previste dall'art. 61, o  dall'art.
625, numeri 1, 2, 3,  4,  5  e  7,  cod.  pen.,  la  pena  era  della
reclusione da cinque a dodici anni e della multa da lire duecentomila
a lire seicentomila. 
    Dopo alcune modifiche relative alla pena pecuniaria  comminata  e
al regime di procedibilita', l'intero testo dell'art. 4  della  legge
n. 533 del 1977 e' stato sostituito dall'art. 10 della legge  n.  128
del  2001,  in  collegamento  con  la  trasformazione,  ad  opera  di
quest'ultima legge, di due fattispecie di furto  aggravato,  previste
dall'art. 625, primo comma, numeri 1 e  4,  cod.  pen.,  in  autonome
figure di reato - il furto in abitazione e il  furto  con  strappo  -
delineate nel nuovo art. 624-bis cod. pen. 
    Il  citato  art.  4,  comma  1,   nel   testo   precedente   alla
sostituzione, prevedeva, come si e'  visto,  un'ulteriore  aggravante
nel caso di concorso di taluna delle circostanze di cui all'«articolo
625, numeri 1, 2, 3, 4, 5, e 7,  del  codice  penale»  e,  una  volta
sostituite  con  la  nuova  figura  delittuosa  le  due   fattispecie
aggravate  dei  numeri  1  e  4  dell'art.  625,  il  legislatore  ha
interamente riformulato l'impugnato art. 4 riferendo  al  nuovo  art.
624-bis  cod.  pen.  l'aggravamento  originariamente  collegato  alle
soppresse circostanze dell'introduzione  in  un  luogo  destinato  ad
abitazione (art. 625, primo comma,  numero  1,  cod.  pen.)  e  dello
"strappo" (art. 625, primo comma, numero 4, cod.  pen.).  E'  chiaro,
quindi,  che,  per  quanto  riguarda  la  questione  di  legittimita'
costituzionale  in  oggetto,  le  innovazioni   introdotte   con   la
sostituzione dell'art. 4 della  legge  n.  533  del  1977  non  hanno
sostanzialmente modificato le fattispecie originariamente previste, e
di conseguenza non si puo' affermare, come fa il giudice  rimettente,
che «l'improvvido inserimento del  comma  3  del  citato  art.  4  ha
irragionevolmente alterato» la precedente «coerente scala di valori». 
    4.- Nel sollevare la questione, il giudice rimettente  muove  dal
presupposto interpretativo secondo cui, «se vuole darsi  coerenza  al
sistema», il rinvio operato dall'art. 4, comma 3, della legge n.  533
del 1977 «deve ritenersi riferito  al  solo  oggetto  della  condotta
(armi munizioni ed esplosivi)», sicche' «se il furto in abitazione ha
ad oggetto - come nel caso in esame - armi munizioni o  esplosivi  il
trattamento sanzionatorio dovra' essere inasprito  in  ragione  della
maggiore  pericolosita'  dell'oggetto  della  condotta».   In   altri
termini, secondo il giudice a quo, nel caso di furto  in  abitazione,
la pena prevista dal comma 2 dell'art. 4 della legge n. 533 del 1977,
richiamato dal comma 3, troverebbe applicazione in relazione al  solo
oggetto materiale della  condotta  (armi,  munizioni  ed  esplosivi),
quand'anche esso non si trovi collocato nei luoghi indicati nel comma
1. 
    Lo stesso rimettente, tuttavia, non sembra riconoscere nella tesi
prospettata l'unica  praticabile  e,  per  sostenerla,  si  limita  a
rilevare che sarebbe difficilmente ipotizzabile un  furto  che  possa
avvenire al tempo  stesso  in  un'abitazione  e  in  uno  dei  luoghi
indicati dall'art. 4, cioe' in un'armeria, in un  deposito  o  in  un
altro locale adibito a custodia di  armi.  Non  e'  questo  pero'  un
argomento  che  possa  far  superare  le  indicazioni  che  in  senso
contrario si traggono dalla chiara lettera della legge. 
    Il comma 3 dell'art. 4 citato stabilisce che la pena prevista dal
comma 2 del medesimo articolo si applica ai delitti dell'art. 624-bis
cod.  pen.  aggravati  ai  sensi  del  comma  1  e  l'interpretazione
coordinata delle disposizioni richiamate dall'art. 4, comma 3,  della
legge  n.  533  del  1977  impone  la  conclusione   che,   ai   fini
dell'integrazione della fattispecie de  qua,  e'  necessario  che  il
furto sia «commesso su armi, munizioni  od  esplosivi  nelle  armerie
ovvero in depositi o in altri locali adibiti alla custodia  di  armi»
(art.  4,  comma  1,  della  legge  n.  533  del  1977)  e  «mediante
introduzione in un edificio o in altro luogo destinato in tutto o  in
parte a privata dimora o nelle pertinenze di essa» (art. 624-bis cod.
pen.). L'interpretazione del giudice rimettente, che amputa la  norma
dell'elemento previsto - congiuntamente all'indicazione  dell'oggetto
materiale della condotta - dal primo comma dell'art. 4 della legge n.
533 del 1977, non trova  alcun  riscontro  nel  chiaro  tenore  della
disposizione censurata. 
    Ne' in senso diverso puo'  argomentarsi  rilevando,  come  fa  il
rimettente,  che  sarebbero  difficilmente  ipotizzabili  fattispecie
concrete riconducibili alla disposizione in questione. Infatti,  sono
stati prospettati vari esempi  in  cui  la  stessa  potrebbe  trovare
applicazione,  come  quello  del   locale   dell'abitazione   di   un
collezionista destinato  alla  custodia  delle  armi  collezionate  o
quello dell'armeria che  costituisce  anche  dimora  dell'armiere,  o
anche quello della introduzione in un luogo  di  privata  dimora  per
raggiungere  un  locale  adibito  alla  custodia  delle   armi;   ma,
indipendentemente da questo rilievo, e' da aggiungere che  in  nessun
caso l'asserita difficolta' potrebbe giustificare  un'interpretazione
come quella del giudice a quo, che  determina  un  ampliamento  della
portata   della   fattispecie   circostanziale,   incompatibile   con
l'inequivoca lettera del dettato legislativo. 
    L'erroneita' del presupposto interpretativo dal  quale  muove  il
rimettente comporta la non fondatezza della questione  (ex  plurimis,
sentenza n. 310 del 2008; ordinanza n. 321 del 2008). 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara non fondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'articolo  4,  comma  3,  della  legge  8  agosto  1977,  n.  533
(Disposizioni  in  materia  di  ordine  pubblico),  come   sostituito
dall'articolo 10,  comma  3,  della  legge  26  marzo  2001,  n.  128
(Interventi legislativi in materia  di  tutela  della  sicurezza  dei
cittadini), sollevata, in riferimento agli articoli  3  e  27,  terzo
comma, della Costituzione, dal Giudice per  le  indagini  preliminari
del Tribunale di Modena, con l'ordinanza indicata in epigrafe. 
 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 giugno 2013. 
 
                                F.to: 
                      Franco GALLO, Presidente 
                     Giorgio LATTANZI, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 13 giugno 2013. 
 
                           Il Cancelliere 
                        F.to: Roberto MILANA