N. 149 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 aprile 2013

Ordinanza del 15 aprile 2013 emessa dal  Tribunale  di  Camerino  nel
procedimento civile promosso da  Mancinelli  Elena  ed  altri  contro
Ministero della giustizia.. 
 
Ordinamento giudiziario - Delega legislativa per la  riorganizzazione
  della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari al  fine
  di realizzare risparmi  di  spesa  e  incremento  di  efficienza  -
  Conferimento al Governo mediante disposizione inserita nella  legge
  di conversione del decreto-legge  n.  138  del  2011  -  Denunciata
  eterogeneita'  della  delega  rispetto  alle  norme  contenute  nel
  decreto-legge convertito - Alterazione  dell'omogeneita'  di  fondo
  della  normativa  urgente  nonche'  del  legame  tra   decretazione
  d'urgenza e potere di conversione -  Inosservanza  della  procedura
  normale di esame e di approvazione diretta da parte  della  Camera,
  prevista per i  disegni  di  legge  di  delegazione  legislativa  -
  Mancato esame da parte della  Commissione  referente  -  Violazione
  dell'iter ordinario di  formazione  legislativa  nonche'  dell'iter
  previsto per la decretazione d'urgenza. 
- Legge  14  settembre  2011,  n.  148  (che   ha   convertito,   con
  modificazioni, il decreto-legge 13 agosto 2011, n.  138),  art.  1,
  comma 2. 
- Costituzione, artt. 70, 72, commi  primo  e  quarto,  e  77,  comma
  secondo. 
(GU n.26 del 26-6-2013 )
 
                            IL TRIBUNALE 
 
    Ha pronunciato sul reclamo  proposto  e  depositato  in  data  26
febbraio 2013 per conto di Mancinelli  Elena  +  18,  osserva  quanto
segue. 
a) La domanda cautelare. Gli atti in contestazione. 
    I ricorrenti agiscono contro il Ministero della Giustizia, contro
la Corte d'Appello di Ancona  e  contro  la  Procura  Generale  della
Repubblica, per l'accertamento e la declaratoria  dell'illegittimita'
e/o inefficacia e/o nullita' e/o annullabilita', previa  sospensione,
inaudita altera parte: 
        dell'accordo sindacale  siglato  presso  il  Ministero  della
Giustizia in data 9 ottobre 2012; 
        della Circolare del Ministero di Giustizia  n.  5116  del  15
ottobre 2012, diramata  dalla  Corte  d'Appello  di  Ancona  e  dalla
Procura Generale della Repubblica di Ancona prot. n. 2980/2012; 
        dell'interpello distrettuale del 17 ottobre 2012, finalizzato
alla redistribuzione del personale «perdente posto» ed alla copertura
dei posti vacanti nel distretto della Corte d'Appello  di  Ancona  in
funzione della riorganizzazione degli uffici giudiziari di  cui  alla
legge 14 settembre 2011, n. 148. 
    Si sostiene nel ricorso che tutti i ricorrenti prestano  la  loro
attivita' lavorativa presso gli uffici del Tribunale di Camerino  con
la qualifica specificata a fianco ad ogni nominativo. 
    Con la legge 14 settembre 2011, n. 148 e'  stato  convertito  con
modifiche il decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, recante  ulteriori
misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo. 
    Orbene, il comma 2 dell'art. l di detta legge di conversione,  e'
stato  (in  modo  costituzionalmente  illegittimo,  ad   avviso   dei
ricorrenti) introdotto ex novo non gia' nel corpo  del  decreto-legge
convertito, con modificazioni, ma  con  una  disposizione  del  tutto
nuova, che  aggiungendosi,  a  quella  che  convertiva  in  legge  il
decreto-legge,  ha,  nel  contempo,  anche  delegato  il  Governo   a
legiferare in materia di c.d. «geografia  giudiziaria»,  instaurando,
quindi, un anomalo triplo rapporto Governo - Parlamento - Governo). 
    La delega conferita dalla legge di conversione n. 148 del 2011 e'
stata attuata con il decreto legislativo 7 settembre  2012,  n.  155,
recante la nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici
del pubblico ministero, a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge
14 settembre 2011, n. 148, e con il decreto legislativo  7  settembre
2012, n. 156, recante la revisione delle circoscrizioni  giudiziarie,
Uffici dei giudici di pace, a norma dell'articolo 1, comma  2,  della
legge 14 settembre 2011, n. 148. 
    Ebbene, con il primo dei citati decreti, entrato in vigore il  13
settembre 2012 (art. 1l, comma 1), e' stata prevista la  soppressione
(con decorrenza dal 13 settembre 2013: art. 11 comma 2) dei tribunali
ordinari, delle sezioni distaccate e delle procure  della  Repubblica
(art. 1), indicati nella tabella A allegata al decreto. 
    Per i Giudici di  Pace  aventi  sede  nelle  stesse  province  il
termine e' di dodici mesi. 
    Successivamente ai provvedimenti sopra citati, in data 9  ottobre
2012, viene siglato presso il Ministero della  Giustizia  un  accordo
sindacale  che  all'art.  1  disciplina  le  procedure  relative   al
trasferimento  del  personale  conseguente   alla   revisione   delle
circoscrizioni giudiziarie di cui all'art. 1 co.  2  della  legge  14
settembre 2011. 
    Tale accordo prevede un interpello distrettuale rivolto  a  tutto
il personale assegnato in  pianta  organica  agli  uffici  giudiziari
soppressi del distretto. 
    Con circolare del Ministero di Giustizia n. 5116 del  15  ottobre
2012, diramata dalla  Corte  d'Appello  di  Ancona  e  dalla  Procura
Generale della Repubblica di Ancona prot.  n.  2980  del  17  ottobre
2012), si invitano il Presidente della Corte d'Appello di Ancona e il
Procuratore  Generale  della  Repubblica   di   Ancona   ad   indire,
congiuntamente, nell'ambito del distretto, un interpello tra tutto il
personale in servizio negli Uffici interessati alla soppressione  per
la presentazione della domanda di trasferimento per i  posti  vacanti
negli uffici di cui all'allegato elenco, secondo le  modalita'  ed  i
criteri di cui all'accordo  sulla  mobilita'  interna  del  personale
siglato  in  data  9  ottobre   2012   con   le   OOSS   (destinatari
dell'interpello sono tutti i dipendenti di ruolo che  sono  assegnati
in pianta organica negli uffici soppressi). 
    Con nota del 17 ottobre 2012, prot. n. 2980, il Presidente  della
Corte  d'Appello  ed  il  Procuratore  Generale  davano  seguito   al
contenuto della Circolare sopra citata, pubblicando i posti vacanti e
dando termine fino al 5 novembre  2012  per  la  presentazione  delle
istanze. 
2) Le doglianze mosse dai ricorrenti. 
    2.1 Ad avviso  dei  ricorrenti  la  Circolare  del  Ministero  di
Giustizia n. 5116 del 15 ottobre 2012, a firma del Direttore Generale
e della Formazione, diramata alle  Corti  d'Appello,  e'  palesemente
ingiusta ed infondata per i seguenti motivi. 
    Il dettato dei  decreti  legislativi  n.  155  e  n.  156  del  7
settembre 2012 prevede, quanto al primo, all'art. 6 co.  VI,  che  il
personale amministrativo assegnato  agli  uffici  giudiziari  e  alle
sezioni  distaccate  soppressi  entra  di   diritto   a   far   parte
dell'organico dei Tribunali e delle Procure della  Repubblica  presso
il Tribunale  presso  cui  sono  trasferite  le  funzioni,  anche  in
sovrannumero riassorbibile con le successive vacanze. 
    Il secondo decreto, all'art. 4 co. 2, prevede che con decreto del
Ministro della Giustizia  il  personale  amministrativo  in  servizio
presso gli Uffici soppressi del Giudice di Pace viene riassegnato  in
misura non inferiore al 50% alla  sede  di  Tribunale  o  di  Procura
limitrofa e, nella restante parte, all'ufficio del  giudice  di  pace
presso il quale sono trasferite le relative competenze. 
    Viceversa, si sostiene, i  provvedimenti  che  si  impugnano,  in
palese violazione del dettato legislativo, prevedono uno  spostamento
forzoso sul territorio nazionale dei  ricorrenti  perdenti  posto,  i
quali, invece, in virtu' dei decreti legislativi citati hanno diritto
ad essere riassegnati, anche in soprannumero, alle sedi accorpanti le
competenze di quelle soppresse. 
    In  pratica  i   ricorrenti   sostengono   l'illegittimita'   dei
provvedimenti  impugnati,  invocando  come  parametro  della   stessa
proprio i d.lg. n. 155 e 156 del 2012. 
    Ne',   sostengono,   puo'   considerarsi   atto   particolarmente
favorevole ai dipendenti l'interpello nella parte in  cui  amplia  la
possibilita' di scelta del  luogo  di  trasferimento,  posto  che  la
richiesta di trasferimento da parte  di  un  dipendente  puo'  essere
sempre avanzata ex CCNL, a prescindere da una circolare che  pretende
cosi' di aggirare il contenuto del decreto citato. 
    2.2 Il secondo motivo di censura invocato dai ricorrenti riguarda
il fatto  che  la  circolare  sopra  richiamata  applica  un  accordo
sindacale del 9 ottobre 2012. 
    Orbene, tale accordo risulta essere  (secondo  i  ricorrenti)  in
evidente contrasto con un  Accordo  precedente  sulla  mobilita'  del
personale giudiziario del 27 marzo 2007 il quale, all'art.  2  n.  1,
prevede espressamente che nel bando sono indicati i posti vacanti  da
coprire mediante trasferimento del personale in servizio. 
    Nei provvedimenti  oggetto  del  presente  giudizio,  invece,  si
sostiene, non sono affatto indicati  tutti  posti  vacanti  realmente
disponibili da poter riassegnare  in  sede  di  interpello,  ma  solo
quelli discrezionalmente individuati dall'amministrazione centrale. 
    Non risultano inoltre inseriti neppure i posti non coperti  delle
sedi soppresse. 
    La confusione di cui sono permeati  gli  atti  impugnati  risulta
ancor piu' evidente, sostengono  i  ricorrenti,  laddove  la  mancata
indicazione dei posti non coperti delle sedi  soppresse  implica  una
rappresentazione della realta' non corrispondente al  vero:  i  posti
offerti sono inferiori a quelli reali, con la  probabile  conseguenza
che i posti non conteggiati vadano definitivamente persi dalla pianta
organica frutto dell'interpello, con perdita di occupazione. 
    Ad avviso  dei  ricorrenti,  tale  grave  esito  della  inopinata
manovra, non deve far tacere, comunque, sul fatto che  indicare  meno
posti vacanti vuol  dire  anche  generare  errori  e  confusione  nei
dipendenti, i quali devono operare la scelta nei  tempi  strettissimi
concessi dell'interpello. 
    Ed ancora si sottolinea che tanto l'accordo quanto la  circolare,
di fatto, impediscono ai dipendenti «perdenti posto» di scegliere una
sede diversa da quella del distretto di appartenenza ma, in  realta',
piu'  vicina  tanto  all'ufficio  soppresso  quanto  alla  residenza,
restringendo al solo distretto di  appartenenza  la  possibilita'  di
scelta. 
    Parimenti,  tali  meccanismi  non  consentono  l'assegnazione  in
soprannumero  alla  sede  per  la  quale  si  presenta   domanda   di
trasferimento «se non utilmente collocati in graduatoria», in  totale
spregio della norma richiamata (si sostiene). 
    Ci si chiede a questo punto, dai ricorrenti, che fine  faranno  i
dipendenti in esubero, costretti forse anche a spostarsi  sull'intero
territorio  nazionale  nonostante  i  posti  vacanti  e   a   rischio
sparizione. 
    L'accordo  sindacale  del  9  ottobre  2012,  appare  illegittimo
perche', tra l'altro, non viene  prevista  alcuna  forma  di  ristoro
sotto il profilo economico per i trasferimenti. 
    Si sottolinea, infine, che vi era un  accordo  sindacale  del  27
marzo 2007 circa la mobilita' interna del personale giudiziario. 
    Tale accordo e' stato sottoscritto  da  tutte  le  organizzazioni
sindacali  piu'  rappresentative,  cosa  che  non  e'  accaduta   per
l'accordo sindacale del 9 ottobre 2012. 
    L'accordo sindacale del 27 marzo 2007, prevedeva, tra l'altro, la
facolta' di scelta di 3 uffici dove essere trasferiti. 
    L'interpello non comprende tutte  le  sedi  ma  solo  quelle  che
l'Amministrazione decide di mettere a disposizione. 
    Non sarebbe stato  disposto,  inoltre,  un  interpello  nazionale
contestualmente a quello distrettuale. 
    Cio' sarebbe fonte di grave disparita' in relazione al fatto  che
una delle finalita' dell'interpello  e'  quella  di  stabilizzare  il
personale distaccato; e tale personale e' stato distaccato in  deroga
alle vigenti norme contrattuali che disciplinano la mobilita'. 
    2.3 Altro effetto assai negativo di tale manovra  e'  (secondo  i
ricorrenti) la realizzata  stabilizzazione  nel  posto  occupato  del
personale distaccato a vario titolo, in deroga a qualsiasi  norma  di
legge nonche' alle  specifiche  previsioni  nell'accordo  integrativo
sulla mobilita' del personale giudiziario del  27  marzo  2007,  gia'
richiamato. 
    Lamentano i ricorrenti che tali posti, occupati con  procedure  a
volte  dubbie,  non   sono   stati   inseriti   nella   pubblicazione
dell'interpello e quindi sottratti alla disponibilita' dei  «perdenti
posto» degli uffici soppressi che hanno fatto, tra l'altro,  regolare
concorso. 
    Ne' d'altronde viene consentita al personale «perdente posto» una
mobilita' esterna, cio' verso altri Enti. 
    Il disposto dell'art. 11 dell'accordo  sindacale  del  9  ottobre
2012  presenta  percio'  anche  un  evidente  vizio  di  legittimita'
costituzionale, nel momento in cui introduce una  vistosa  disparita'
di trattamento tra coloro che stabilizzandosi nella  sede  dove  sono
distaccati, non sono sottoposti ad alcuna mobilita'  territoriale,  e
coloro i quali, come i ricorrenti, sol perche' appartenenti ad uffici
soppressi rischiano trasferimenti in uffici posti a notevole distanza
da quelli di provenienza e dalla loro residenza. 
    La  violazione  dell'art.  3  della  Costituzione   risulterebbe,
allora, in tutta la sua evidenza. 
3) Il periculum in mora. 
    I ricorrenti osservano, sul  periculum  in  mora,  che  il  breve
termine concesso (quindici giorni) per la presentazione delle domande
e le decisioni che  devono  adottarsi  entro  il  30  novembre  2012,
comporta il rischio concreto  che,  in  caso  di  inottemperanza,  il
dipendente venga privato delle possibilita' di scegliere  la  sede  e
quindi venga trasferito  chissa'  dove  con  gli  inevitabili  disagi
consequenziali. 
    Tale rischio apparirebbe ancor piu' evidente se si considera che,
diversamente da quanto previsto del decreto legislativo in termini di
trasferimento alla sede accorpante anche del  personale  in  esubero,
gli atti impugnati (circolare) dispongono che i dipendenti in esubero
siano soggetti a mobilita' su tutto il territorio nazionale. 
    Addirittura,  nella  premessa  all'accordo  si  prevede  che   il
personale «perdente posto» possa essere destinato  ad  altro  ufficio
nell'ambito del distretto ove vi siano posti vacanti, anticipatamente
rispetto ai trasferimenti automatici disposti dalla legge. 
    E cio', oltre a costituire un esercizio anticipato della  delega,
comporta in maniera del  tutto  evidente  un  grave  pregiudizio  nei
confronti  degli  attuali   ricorrenti,   tutti   soggetti   a   tale
provvedimento. 
    Da cio' consegue che i ricorrenti, residenti  a  Camerino  o  nei
comuni limitrofi da sempre ed in maniera stabile, in servizio  presso
il Tribunale di Camerino ormai da decenni,  vedrebbero  sconvolta  la
loro esistenza e quella delle loro famiglie in  maniera  irreparabile
da una diversa collocazione sul territorio nazionale,  causa  inoltre
di un danno economico grave ed irreparabile. 
4) Le eccezioni in via subordinata (cenno). 
    In  via  subordinata  i   ricorrenti   sollevano   eccezioni   di
illegittimita' costituzionale ed istanza  di  remissione  degli  atti
alla Corte costituzionale. 
    Secondo la loro prospettazione, i  ricorrenti  domandano  infatti
l'annullamento dei provvedimenti impugnati, previa  loro  preliminare
sospensiva, perche' illegittimi, essendo in contrasto con il  d.  lg.
n. 155 del 2012, e con l'ordinamento giudiziario, oltre  che  con  la
relativa legge delega  n.  148/2011  di  conversione  del  d.  1.  n.
138/2011. 
    Ai fini della decisione  di  merito,  tuttavia,  essendo  a  loro
avviso le questioni  sicuramente  rilevanti  nel  caso  in  esame,  i
ricorrenti propongono incidentalmente le  questioni  di  legittimita'
costituzionale, sotto diversi profili, illustrati nel ricorso. 
5) La decisione del primo giudice (in sintesi). 
    5.1  Il  primo  giudice  ha   ritenuto   non   condivisibili   le
argomentazioni   prospettate   dai   ricorrenti   in   ordine    alla
illegittimita' della Circolare del Ministero di Giustizia n. 5116 del
15 ottobre 2012 a firma del Direttore Generale  e  della  Formazione,
diramata alle Corti d'Appello. 
    A suo avviso, benche' i decreti legislativi n. 155 e n. 156 del 7
settembre   2012   prevedano   rispettivamente   che   il   personale
amministrativo  assegnato  agli  uffici  giudiziari  e  alle  sezioni
distaccate soppressi entra di diritto a far parte  dell'organico  dei
Tribunali e delle Procure della Repubblica presso il Tribunale presso
cui sono trasferite le funzioni, anche in soprannumero  riassorbibile
con le successive vacanze  e  che  con  decreto  del  Ministro  della
Giustizia il personale amministrativo in servizio presso  gli  Uffici
soppressi del  Giudice  di  Pace  viene  riassegnato  in  misura  non
inferiore al 50% alla sede di Tribunale  o  di  Procura  limitrofa  e
nella restante parte, all'ufficio del giudice di pace presso il quale
sono trasferite le  relative  competenze,  tuttavia  i  provvedimenti
impugnati  non  prevedono  uno  spostamento  forzoso  sul  territorio
nazionale dei ricorrenti «perdenti posto». 
    Essi offrono piuttosto agli stessi una ulteriore possibilita'  di
trasferimento, in aggiunta a quella di essere riassegnati,  anche  in
soprannumero, alle sedi accorpanti le competenze di quelle soppresse. 
    Tale interpretazione sarebbe confermata dagli stessi  resistenti,
allorche' evidenziano che  gli  interpelli  distrettuali  hanno  come
unica  finalita'  quella  di  tutelare  gli  interessi  personali   e
familiari dei dipendenti interessati alla soppressione degli  uffici,
offrendo loro la possibilita' di scegliere una sede piu' gradita,  se
ed  in  quanto  lo  desiderino,  rispetto  a   quella   ove   saranno
automaticamente destinati, per espressa previsione di legge, in alcun
modo  condizionabile  dall'amministrazione   con   provvedimenti   di
organizzazione  datoriale  (premessa  dell'accordo  sindacale  del  9
ottobre 2012 e nota del  Direttore  Generale  del  Personale  del  15
ottobre 2012). 
    Quanto  al  precedente  accordo  sulla  mobilita'  del  personale
giudiziario del 27 marzo 2007, esso all'art. 2, n. 1,  prevedeva  che
nel  bando  sono  indicati  i  posti  vacanti  da  coprire   mediante
trasferimento del personale in servizio. 
    Tale accordo disciplina la pubblicazione in ambito nazionale  dei
posti  vacanti  che  l'amministrazione  pubblica  periodicamente  per
assicurare la mobilita' del personale. 
    Dunque, tale accordo non  si  pone  in  contrasto  con  l'accordo
sindacale del 9 ottobre 2012, in base al quale sono stati  pubblicati
dei  posti  vacanti  e  che  si  pone  nel  quadro  delle  iniziative
finalizzate  a  ridurre  i  disagi  dei  dipendenti  perdenti   posto
nell'ambito della  revisione  delle  circoscrizioni  giudiziarie;  e'
stato dunque concordato di procedere al riassetto organizzativo degli
uffici giudiziari di natura  straordinaria,  sulla  base  di  criteri
oggettivi consacrati nelle direttive impartite dal Capo  Dipartimento
O.G. l'11 ottobre 2012. 
    Inoltre, l'amministrazione resistente  ha  evidenziato  che  sono
stati resi disponibili i posti vacanti esistenti negli organici degli
uffici giudiziari accorpanti, includendo anche i posti  occupati  dal
personale distaccato a vario titolo presso altro ufficio giudiziario. 
    Non appare sussistere, osserva il primo giudice, un  obbligo  per
l'amministrazione  di  mettere  a  concorso  tutti  i  posti  vacanti
esistenti nell'organico dei singoli uffici, trattandosi piuttosto  di
una scelta discrezionale insindacabile da parte del giudice. 
    L'accordo  e  la  circolare  offrono  una  ulteriore  chance   ai
dipendenti perdenti posto, i quali potranno aderirvi  solo  allorche'
confacente  alle  esigenze  degli  stessi:  tale  soluzione  non   si
contrappone alla assegnazione in soprannumero alla  sede  accorpante,
allorche' non si effettui tale scelta. 
    Osservava ancora il primo giudice che  non  avrebbe  avuto  senso
pubblicare i posti vacanti presso  gli  uffici  che  sarebbero  stati
soppressi,   e   che   rientra   nell'ambito   della    insindacabile
discrezionalita'  amministrativa   anche   prevedere   l'ipotesi   di
mobilita' esterna,  cioe'  verso  altri  Enti;  che  l'interpello  va
interpretato come una ulteriore  chance,  rispetto  al  trasferimento
automatico, a  cui  aderire  solo  allorche'  sussista  un  effettivo
vantaggio  per  il  dipendente,  senza  che   cio'   pregiudichi   il
trasferimento automatico. 
    In tale prospettiva non doveva essere prevista  alcuna  forma  di
ristoro, per il trasferimento, infatti non  contemplata  dall'accordo
sindacale del 9 ottobre 2012. 
    Quindi il primo giudice ha rigettato  la  domanda  relativa  alla
dichiarazione di illegittimita' del provvedimenti impugnati. 
    5.2   Con    riferimento    all'eccezione    di    illegittimita'
costituzionale e all'istanza di  remissione  degli  atti  alla  Corte
costituzionale,  il  primo  giudice  ha  ritenuto  non  rilevanti  le
questioni di costituzionalita' sollevate dai ricorrenti. 
    Ha osservato che oggetto del presente procedimento non e' ne'  il
trasferimento presso la sede  accorpante,  ne'  la  soppressione  del
Tribunale di Camerino, ma l'eventuale illegittimita'  dell'interpello
emesso in conseguenza dell'accordo sindacale del  9  ottobre  2012  e
della circolare del 15 ottobre 2012, per l'eventuale contrasto con il
d. lg. n. 155/12 che, all'art. 5, c. 6, prevede il riassorbimento del
personale, anche in soprannumero, nella sede accorpante. 
    La  questione  di  legittimita'   costituzionale   eccepita   dai
ricorrenti non avrebbe alcun rilievo nel presente giudizio, in quanto
essa riguarderebbe norme diverse da  quelle  coinvolte  nel  presente
procedimento, che presuppongono scelte di carattere politico  operate
dal Governo in ordine all'opportunita' di procedere alla soppressione
del Tribunale di Camerino. 
    La questione di legittimita' costituzionale potrebbe,  ad  avviso
del primo  giudice,  assumere  rilievo  nel  presente  giudizio  solo
allorche' si consideri  che  demolendo  l'intero  impianto  normativo
venga meno anche la norma di cui si invoca l'applicazione e con  essa
la ragione stessa del contendere. 
    Quindi, il primo giudice rigettava  il  ricorso,  compensando  le
spese di lite. 
6) Decisione. La rilevanza delle questioni di costituzionalita'. 
    Sussiste  il  periculum  in  mora,  per  i  motivi  addotti   dai
ricorrenti. 
    Esso, inoltre, e' ancor piu' corroborato dalla prossima efficacia
di  quelle  modifiche  della  geografia  giudiziaria  che  funge   da
presupposto degli atti impugnati. 
    Il reclamo e'  ammissibile,  dato  il  suo  carattere  totalmente
devolutivo; ed infatti i ricorrenti sostanzialmente  ripropongono  al
collegio gli argomenti gia' vanamente proposti al primo giudice. 
    Cio' posto, pero', e' facile intendere che nella sostanza innanzi
tutto i  ricorrenti  sostengono  l'illegittimita'  dei  provvedimenti
impugnati, invocando come parametro della stessa proprio i  d.lg.  n.
155 e 156 del 2012. 
    E' ugualmente agevole constatare che  i  provvedimenti  impugnati
trovano il loro  presupposto  nei  decreti  legislativi  predetti,  e
quindi nell'art. 1 della l. n. 148 del 2011. 
    Una volta risaliti ai  decreti  legislativi  e  all'art.  1  cit.
(norme-parametro  nel  giudizio  di  legittimita'  dei  provvedimenti
impugnati) ci si dovrebbe avviare al loro esame. 
    Tuttavia, prima di scendere nell'esame di  tali  disposizioni  di
riferimento, occorre decidere se tali medesime  disposizioni  debbano
essere mantenute o espunte dall'ordinamento  in  ragione  della  loro
illegittimita' costituzionale. 
    Infatti, il giudice non puo'  procedere  alla  ricostruzione  del
quadro normativo del quale faccia parte una  norma  incostituzionale,
che in quel quadro come tale non possa essere compresa. 
    In cio' e' la rilevanza delle questioni di costituzionalita'  (v.
art. 23 della l. n. 87 del 1953, comma 2). 
    Nel   giudizio   di   costituzionalita',   infatti,    ai    fini
dell'apprezzamento della rilevanza, cio' che conta e' la  valutazione
che il remittente deve  fare  in  ordine  alla  possibilita'  che  il
procedimento pendente possa o meno essere definito  indipendentemente
dalla soluzione della questione sollevata (v. C.  cost.,  n.  41  del
2011); e nel nostro caso, appunto, il procedimento  non  puo'  essere
definito (perche' in ordine logico la  delibazione  del  giudice  non
puo'  nemmeno  iniziare)  senza  prima  risolvere  la  questione   di
costituzionalita' delle norme - parametro. 
7) La non manifesta infondatezza. 
    7.1 Stabilita la rilevanza della questione di  costituzionalita',
si tratta ora di  esaminare  se  la  stessa  sia  non  manifestamente
infondata (v. 1. cost. n. 1 del 1948, art. 1). 
    Ebbene, nei limiti  che  seguono  la  questione  di  legittimita'
costituzionale appare non manifestamente infondata, per i motivi  che
vengono esposti. 
    Il primo comma dell'art. 1 della legge n. 148  del  2011  prevede
che il decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, recante ulteriori misure
urgenti per la stabilizzazione finanziaria  e  per  lo  sviluppo,  e'
convertito in legge con le modificazioni riportate in  allegato  alla
legge medesima. 
    Il secondo comma prevede quindi che il Governo, anche ai fini del
perseguimento delle finalita' di cui all'art. 9 del  decreto-legge  6
luglio 2011 n. 98, convertito, con mod. dalla legge 15 luglio 2011 n.
111, e' delegato ad  adottare,  entro  dodici  mesi  dall'entrata  in
vigore della legge, uno o piu' decreti legislativi per  riorganizzare
la distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari, al  fine  di
realizzare risparmi di spesa e incremento di efficienza. 
    Orbene, la Corte costituzionale con sentenza n. 29  del  1995  ha
chiarito i rapporti tra decreto-legge e legge di conversione. 
    In quella sentenza la Corte affermo'  il  principio  per  cui  la
legge di conversione non ha efficacia  sanante,  ed  il  difetto  dei
presupposti della straordinaria necessita'  ed  urgenza  concreta  un
vizio formale del procedimento normativo trasmissibile come tale alla
stessa legge di conversione. 
    Ivi si sostenne che la  Corte  costituzionale  ha  il  potere  di
accertare la sussistenza in concreto dei presupposti della necessita'
ed  urgenza  previsti  dall'art.  77   Cost.   per   l'adozione   dei
decreti-legge, configurando l'eventuale mancanza di detti presupposti
tanto un  vizio  di  legittimita'  costituzionale  del  decreto-legge
quanto un vizio «in procedendo» della legge di conversione (in  senso
analogo v. C. cost., n. 171 del 2007, n. 128 del  2008,  n.  355  del
2010 e 22 del 2012). 
    Nella sentenza n. 171 del 2007 la Corte delle leggi affermo'  che
i requisiti della straordinaria necessita' ed urgenza possono  essere
valutati (solo quando il difetto di tali  presupposti  sia  evidente)
per un profilo diverso da quello proprio del Parlamento  in  sede  di
conversione. 
    Infatti, l'attribuzione al Governo della funzione legislativa  ha
carattere derogatorio ed e' quindi compito della Corte costituzionale
tutelare l'assetto delle fonti primarie, verificando  se  il  riparto
delle competenze tra Parlamento e  Governo  sia  stato  eventualmente
alterato. 
    Quindi la legge di conversione non sana i vizi del decreto. 
    Pertanto, la carenza dei requisiti della necessita' ed urgenza si
traduce, dopo l'intervento del Parlamento, in un vizio in  procedendo
della relativa legge (conf. C. cost., n. 128 del 2008). 
    Il principio e' stato esteso, poi, con C. cost. n. 355 del  2010,
anche  agli  emendamenti  aggiunti  in  sede   di   conversione   dal
Parlamento. 
    Con quest'ultima pronuncia la Corte si e' riservato il potere  di
verificare la sussistenza dei presupposti della necessita' ed urgenza
anche riguardo agli emendamenti aggiunti in sede di  conversione  dal
Parlamento, purche' questi siano omogenei rispetto al  contenuto  del
decreto-legge convertito. 
    Sono invece emendamenti  eterogenei  quelli  totalmente  estranei
rispetto al decreto-legge  ed  ai  presupposti  di  necessita'  e  di
urgenza che lo hanno legittimato. 
    A tale proposito la Corte delle leggi non si precluse  il  potere
di  intervenire  e  valutare  la   costituzionalita'   dei   siffatti
emendamenti eterogenei. 
    Si giunge cosi' alla sent. n.  22  del  2012,  la  quale  ritenne
l'incostituzionalita' di talune disposizioni aggiunte  al  testo  del
decreto-legge solo durante la fase della conversione. 
    Alcuni principi di tale pronuncia debbono essere rimarcati: 
    Innanzi tutto, l'art.  77,  secondo  comma,  della  Costituzione,
impone il requisito dell'omogeneita' del decreto-legge. 
    Da questo requisito si evince  la  necessaria  omogeneita'  della
legge di conversione, anch'essa imposta dall'art. 77, secondo  comma,
Cost. 
    Quindi,  dalla  consacrazione  del  principio  della   necessaria
omogeneita' della legge  di  conversione  rispetto  al  decreto-legge
deriva, a seguire, l'incostituzionalita' delle  norme  introdotte  in
sede di conversione quando risultino del tutto eterogenee rispetto  a
quelle originariamente contenute nel decreto-legge. 
    Il pilastro di tale successione argomentativa sta  nel  dire  che
solo quando sussistano i  presupposti  enunciati  nel  secondo  comma
dell'art.  77  Cost.   e'   consentito   derogare   al   procedimento
legislativo ordinario previsto dall'art. 72 della Carta fondamentale. 
    Tornando piu' specificamente alla materia che ci occupa,  occorre
ora rilevare (proprio in relazione all'art. 77, comma 2, Cost.),  che
il  decreto-legge  n.  138  del  2011  vide  la  luce  «ritenuta   la
straordinaria necessita' ed urgenza di emanare  disposizioni  per  la
stabilizzazione  finanziaria  e  per  il  contenimento  della   spesa
pubblica al fine di garantire la stabilita' del Paese con riferimento
all'eccezionale situazione di crisi internazionale e di  instabilita'
dei mercati e per rispettare gli impegni assunti in  sede  di  Unione
Europea, nonche' di adottare misure dirette a favorire lo sviluppo  e
la competitivita' del Paese e il sostegno dell'occupazione». 
    Esso avrebbe  dovuto  esternare  e  porre  a  proprio  fondamento
l'esistenza dei presupposti di cui all'art. 77, comma 2, Cost.  anche
in riferimento alla materia della «geografia giudiziaria». 
    Si tratto'  invece  originariamente  di  una  materia  del  tutto
estranea, la quale venne introdotta  solo  successivamente,  mediante
l'approvazione parlamentare di un emendamento governativo proposto in
sede di conversione del medesimo decreto-legge n. 138 del 2011. 
    In altre  parole,  la  disciplina  contenuta  nel  secondo  comma
dell'art.  1  della  legge  148  del  2011,  in  materia   di   nuova
distribuzione  sul  territorio  degli  uffici  giudiziari,  e'  stata
introdotta  per  la  prima  volta  in   sede   di   conversione   del
decreto-legge, ed in quanto del tutto eterogenea  rispetto  al  corpo
del  decreto-legge  convertito,  appare  qualificabile  come   «norma
intrusa», ovvero  come  norma  che  introduce  una  nuova  disciplina
(addirittura una  delega  al  Governo  a  legiferare  con  successivi
decreti   legislativi   in   materia   di   riorganizzazione    della
distribuzione  degli  uffici  giudiziari  sul  territorio)   estranea
all'insieme delle altre disposizioni normative  che  il  primo  comma
dell'art. 1 provvedeva a convertire. 
    Risulta quindi violata  la  norma  costituzionale  che  autorizza
l'adozione del decreto-legge nei soli casi di necessita' ed urgenza. 
    7.2 Sembrano pertinenti al caso che ci occupa i seguenti passaggi
di C. cost., n. 22 del 2012. 
    Infatti in questa pronuncia la Corte  ribadiva,  tra  gli  indici
alla stregua dei quali verificare  se  risulti  evidente  o  meno  la
carenza del requisito della straordinarieta' del caso di necessita' e
d'urgenza di provvedere, l'evidente estraneita' della norma censurata
rispetto  alla  materia  disciplinata  da  altre   disposizioni   del
decreto-legge in cui e' inserita (conf. C. cost. n. 171 del 2007 e n.
128 del 2008). 
    La giurisprudenza costituzionale collega quindi il riconoscimento
dell'esistenza dei presupposti fattuali di cui all'art.  77,  secondo
comma, Cost., ad una intrinseca coerenza delle norme contenute in  un
decreto-legge, o dal punto di vista  oggettivo  e  materiale,  o  dal
punto di vista funzionale e finalistico. 
    La semplice immissione  di  una  disposizione  nel  corpo  di  un
decreto-legge oggettivamente o teleologicamente unitario non  vale  a
trasmettere, per cio' solo,  alla  stessa  il  carattere  di  urgenza
proprio delle altre disposizioni, legate tra loro dalla comunanza  di
oggetto o di finalita'. 
    Ai sensi del secondo comma dell'art. 77 Cost., i presupposti  per
l'esercizio senza delega della  potesta'  legislativa  da  parte  del
Governo riguardano il decreto-legge nella sua interezza, inteso  come
insieme di disposizioni omogenee per la materia o per lo scopo. 
    L'inserimento di norme eterogenee all'oggetto  o  alla  finalita'
del decreto spezza il  legame  logico-giuridico  tra  la  valutazione
fatta dal Governo dell'urgenza  del  provvedere  ed  i  provvedimenti
provvisori con forza di  legge,  di  cui  alla  norma  costituzionale
citata. 
    Il presupposto del caso straordinario  di  necessita'  e  urgenza
inerisce sempre e soltanto al  provvedimento  inteso  come  un  tutto
unitario, atto normativa fornito di  intrinseca  coerenza,  anche  se
articolato e differenziato al suo interno. 
    L'art.  15,  comma  3,  della  legge  23  agosto  1988,  n.   400
(Disciplina dell'attivita' di Governo e ordinamento della  Presidenza
del Consiglio dei Ministri) la' dove prescrive che il  contenuto  del
decreto-legge deve essere specifico,  omogeneo  e  corrispondente  al
titolo, pur non avendo, in se' e per se', rango costituzionale, e non
potendo quindi assurgere a parametro di legittimita'  costituzionale,
costituisce esplicitazione della ratio implicita  nel  secondo  comma
dell'art. 77 Cost.,  il  quale  impone  il  collegamento  dell'intero
decreto-legge al caso straordinario di necessita' e urgenza,  che  ha
indotto il Governo ad avvalersi dell'eccezionale potere di esercitare
la  funzione  legislativa  senza  previa  delegazione  da  parte  del
Parlamento. 
    La necessaria  omogeneita'  del  decreto-legge,  la  cui  interna
coerenza va valutata in relazione all'apprezzamento politico, operato
dal  Governo  e  controllato  dal  Parlamento,   del   singolo   caso
straordinario di necessita' e urgenza, deve  essere  osservata  dalla
legge di conversione. 
    Il principio della sostanziale omogeneita' delle norme  contenute
nella legge di conversione di un decreto-legge e' pienamente recepito
dall'art. 96-bis, comma 7, del regolamento della Camera dei deputati,
che dispone: «Il Presidente dichiara inammissibili gli emendamenti  e
gli articoli aggiuntivi che non  siano  strettamente  attinenti  alla
materia del decreto-legge». 
    Sulla medesima linea si colloca la lettera  inviata  il  7  marzo
2011 dal  Presidente  del  Senato  ai  Presidenti  delle  Commissioni
parlamentari, nonche', per conoscenza, al Ministro per i rapporti con
il Parlamento, in cui si esprime l'indirizzo di interpretare in  modo
particolarmente rigoroso, in sede di conversione di un decreto-legge,
la  norma   dell'art.   97,   comma   1,   del   regolamento,   sulla
improponibilita'   di   emendamenti   estranei   all'oggetto    della
discussione, ricordando in proposito il parere espresso dalla  Giunta
per il regolamento l'8 novembre 1984, richiamato, a sua volta,  dalla
circolare  sull'istruttoria  legislativa  nelle  Commissioni  del  10
gennaio 1997. 
    Peraltro, il suddetto  principio  della  sostanziale  omogeneita'
delle norme contenute nella legge di conversione di un  decreto-legge
e' stato richiamato nel messaggio del 29 marzo 2002, con il quale  il
Presidente della Repubblica, ai sensi dell'art. 74 Cost., ha rinviato
alle Camere il disegno di legge di conversione del  decreto-legge  25
gennaio 2002, n. 4, e ribadito nella lettera del  22  febbraio  2011,
inviata dal Capo  dello  Stato  ai  Presidenti  delle  Camere  ed  al
Presidente del Consiglio dei ministri. 
    La Corte costituzionale ritenne  quindi  che  l'esclusione  della
possibilita'  di  inserire  nella  legge   di   conversione   di   un
decreto-legge emendamenti  del  tutto  estranei  all'oggetto  e  alle
finalita' del testo originario non risponda soltanto ad  esigenze  di
buona tecnica normativa, ma sia imposta dallo stesso art. 77, secondo
comma, Cost., che istituisce un nesso  di  interrelazione  funzionale
tra decreto-legge, formato dal  Governo  ed  emanato  dal  Presidente
della Repubblica,  e  legge  di  conversione,  caratterizzata  da  un
procedimento di approvazione peculiare rispetto a quello ordinario. 
    In  sintesi:  l'elemento  eterogeneo  (come  nel   nostro   caso)
introdotto con la legge di conversione rileva anche sotto il  profilo
della violazione del procedimento legislativo. 
    Infatti, innanzitutto, il disegno di  legge  di  conversione  del
decreto-legge appartiene alla competenza riservata del  Governo,  che
deve  presentarlo  alle  Camere  il  giorno  stesso   dell'emanazione
dell'atto normativo urgente. 
    Anche i  tempi  del  procedimento  sono  particolarmente  rapidi,
giacche' le Camere, anche se sciolte, sono convocate appositamente  e
si riuniscono entro cinque giorni. 
    In coerenza con la necessaria accelerazione del  procedimento,  i
regolamenti  delle  Camere  prevedono  norme  specifiche,  mirate   a
consentire la conversione in legge entro il termine costituzionale di
sessanta giorni. 
    Il Parlamento e' chiamato a convertire, o non, in legge un  atto,
unitariamente considerato, contenente disposizioni giudicate  urgenti
dal Governo per la natura stessa delle fattispecie regolate o per  la
finalita' che si intende perseguire. 
    In definitiva, l'oggetto del decreto-legge tende a coincidere con
quello della legge di conversione. 
    Non  si  puo'  tuttavia  escludere   che   le   Camere   possano,
nell'esercizio  della   propria   ordinaria   potesta'   legislativa,
apportare emendamenti al  testo  del  decreto-legge,  che  valgano  a
modificare la disciplina normativa in esso contenuta,  a  seguito  di
valutazioni  parlamentari  difformi  nel  merito  della   disciplina,
rispetto agli stessi oggetti o in vista delle medesime finalita'. 
    Il testo  puo'  anche  essere  emendato  per  esigenze  meramente
tecniche o formali. 
    Cio'  che  esorbita  invece  dalla  sequenza   tipica   profilata
dall'art. 77, secondo comma, Cost., e' l'alterazione dell'omogeneita'
di fondo della normativa urgente, quale risulta dal testo originario,
ove questo, a sua volta, possieda tale caratteristica. 
    In definitiva, l'innesto nell'iter di conversione  dell'ordinaria
funzione legislativa puo' certamente essere effettuato,  per  ragioni
di economia  procedimentale,  a  patto  di  non  spezzare  il  legame
essenziale tra decretazione d'urgenza e potere di conversione. 
    Se tale legame viene  interrotto,  la  violazione  dell'art.  77,
secondo comma, Cost., non deriva dalla mancanza  dei  presupposti  di
necessita' e urgenza per le norme eterogenee aggiunte,  che,  proprio
per  essere  estranee  e  inserite   successivamente,   non   possono
collegarsi a tali condizioni preliminari (v.  C.  cost.  n.  355  del
2010), ma per l'uso improprio, da parte del Parlamento, di un  potere
che la  Costituzione  gli  attribuisce,  con  speciali  modalita'  di
procedura, allo scopo tipico  di  convertire,  o  non,  in  legge  un
decreto-legge. 
    La Costituzione italiana disciplina, nelle loro grandi  linee,  i
diversi  procedimenti  legislativi  e  pone  limiti  e   regole,   da
specificarsi nei regolamenti parlamentari. 
    Il rispetto delle norme costituzionali, che dettano tali limiti e
regole, e'  condizione  di  legittimita'  costituzionale  degli  atti
approvati, come la Corte costituzionale ha gia' affermato  a  partire
dalla sentenza n. 9 del 1959, nella quale  ha  stabilito  la  propria
competenza nel controllare se il processo formativo di una  legge  si
e' compiuto in conformita' alle norme con le  quali  la  Costituzione
direttamente regola tale procedimento. 
    Nel caso affrontato da C. cost. n. 22 del 2012,  considerato  che
le  norme  impugnate  in  quel  giudizio,  inserite  nel  corso   del
procedimento di conversione del d.l. n. 225 del 2010, erano del tutto
estranee alla  materia  e  alle  finalita'  del  medesimo,  la  Corte
concludeva che le stesse erano  costituzionalmente  illegittime,  per
violazione dell'art. 77, secondo comma, Cost. 
    7.3 Cio' posto, la norma «intrusa» (art. 1, comma 2, della l.  n.
148 del 2011) non ha direttamente disciplinato la materia,  dato  che
la riorganizzazione territoriale e' stata delegata al Governo. 
    Cio'   rende   ancora   piu'   evidente   quell'alterazione   del
procedimento legislativo censurata da C. cost. n. 22 del 2012. 
    Infatti, l'art. 72, comma 4°, della  Costituzione  impone  per  i
disegni di legge di delegazione legislativa il ricorso alla procedura
normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera che,
ai sensi del 1° comma della  norma,  consiste  nel  previo  esame  in
commissione (sede referente) e successivo passaggio in Aula, dove  il
disegno viene approvato articolo per articolo e con votazione finale. 
    La delega al Governo per la riorganizzazione della  distribuzione
sul territorio degli uffici giudiziari e' stata  approvata  in  prima
lettura dal Senato della Repubblica  il  7  settembre  2011,  durante
l'iter del procedimento di conversione in legge del decreto-legge  n.
138/2011. 
    Il procedimento legislativo di conversione si e' poi concluso con
la successiva deliberazione della Camera dei Deputati. 
    Entrambi i passaggi parlamentari sono  stati  caratterizzati  dal
fatto che il Governo ha posto la questione di fiducia. 
    Dal  resoconto  della  seduta  d'aula  del  Senato   emerge   che
l'emendamento governativo sulla riorganizzazione  territoriale  delle
circoscrizioni giudiziarie e' stato presentato in aula  ed  e'  stato
trasmesso per il parere alla commissione bilancio, per la valutazione
degli aspetti di copertura finanziaria. 
    E' del tutto mancato, dunque, il passaggio necessario  dell'esame
da parte della commissione referente. 
    Si legge, infatti, nel  predetto  resoconto,  che  il  Presidente
della Commissione informava che durante la discussione  in  Assemblea
del disegno di legge n. 2887, recante ulteriori misure urgenti per la
stabilizzazione finanziaria e  per  lo  sviluppo,  il  Governo  aveva
presentato l'emendamento n. 1900, sul quale aveva posto la  questione
di fiducia. 
    L'emendamento stesso e' stato trasmesso dal Presidente del Senato
affinche', in relazione all'art. 81 della Costituzione e nel rispetto
delle prerogative costituzionali del Governo, la commissione bilancio
potesse  informare  l'assemblea  circa   i   profili   di   copertura
finanziaria. 
    Dunque, la sequenza procedimentale delineata  nella  Costituzione
(decreto-legge seguito da legge di conversione) e'  stata  sostituita
con  una  sequenza  diversa  (decreto-legge,  seguito  da  legge   di
conversione, seguita, a sua volta, da decreto legislativo  delegato),
inoltre, in una materia del tutto estranea al decreto convertito,  ma
riferita ad altro e diverso decreto gia' convertito con altra legge. 
    Risultano dunque  violati  sia  l'iter  ordinario  di  formazione
legislativa  (artt.  70  e  72,   primo   e   quarto   comma,   della
Costituzione), sia l'iter  previsto  per  la  decretazione  d'urgenza
(art. 77, secondo comma, della Costituzione). 
 
                               P.Q.M. 
 
    1) Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione
di legittimita' costituzionale  dell'art.  1,  comma  secondo,  della
legge  14  settembre  2011,  n.  148  (in  Gazzetta  Ufficiale  ,  16
settembre, n. 216), recante Conversione in legge, con  modificazioni,
del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138,  recante  ulteriori  misure
urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo e delega
al Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio
degli uffici giudiziari, per contrasto con gli artt. 70, 72, primo  e
quarto comma, e 77, comma secondo, della Costituzione. 
    2) Sospende il presente procedimento e  dispone  la  trasmissione
degli atti alla Corte costituzionale. 
    3) Dispone che la presente ordinanza sia notificata alle parti  e
al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata  ai  Presidenti
della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica. 
    Manda alla Cancelleria in sede per quanto di competenza. 
        Camerino, 3 aprile 2013 
 
                        Il Presidente: Fusaro