N. 173 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 novembre 2012
Ordinanza del 28 novembre 2012 emessa dal Tribunale di Melfi nei procedimenti civili riuniti promossi da Fiom - Federazione impiegati operai metalmeccanici - Federazione provinciale di Potenza contro SATA - Societa' Autoveicoli Tecnologie Avanzate Spa, Sistemi Sospensione Spa e Plastic Components & Modules Automotive Spa.. Lavoro e occupazione - Statuto dei lavoratori - Attivita' sindacale - Costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali - Limitazione alle sole associazioni sindacali, firmatarie di un contratto collettivo applicato nell'unita' produttiva - Violazione dei principi di uguaglianza e di liberta' sindacale per l'adozione di un criterio che prescinde dall'effettiva rappresentativita' delle associazioni sindacali e dall'accesso e partecipazione delle stesse al negoziato. - Legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 19, lett. b). - Costituzione, artt. 3 e 39, primo comma.(GU n.34 del 21-8-2013 )
IL TRIBUNALE Sciogliendo la riserva dell'udienza del 4 ottobre 2012, letti gli atti ed i verbali di causa, ha emesso, la seguente ordinanza nelle controversie, ex art. 28 legge 300/1970, iscritte nel Ruolo generale delle controversie in materia di lavoro, previdenza ed assistenza obbligatorie per l'anno 2012 sotto i numeri d'ordine 199, 207, 208, riunite nel presente procedimento, vertenti tra «F.I.O.M. - Federazione Impiegati Operai Metalmeccanici» - federazione di Potenza, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, da un lato, e «S.A.T.A. - Societa' Autoveicoli Tecnologie Avanzate» s.p.a. a socio unico, in persona del suo procuratore speciale, «Sistemi Sospensioni» s.p.a., in persona del suo procuratore speciale, «Plastic Components & Modules Automotive» s.p.a., in persona del suo procuratore speciale, dall'altro. Con i ricorsi depositati in data 5 e 6 aprile 2012 la federazione provinciale di Potenza della «F.I.O.M.» conveniva in giudizio le societa' resistenti, formulando le seguenti conclusioni: «a) Accertare e dichiarare l'antisindacalita' della condotta» delle societa' resistenti «consistente: 1) nell'aver negato la efficacia e legittimita' delle nomine dei dirigenti della Rappresentanza Sindacale Aziendale FIOM presso» le unita' produttive delle societa-resistenti; 2) «nell'aver negato il diritto all'esercizio dei diritti di cui agli artt. 27 e 30 St. Lav. e conseguentemente nell'aver limitato l'esercizio dell'attivita' sindacale presso» le societa' convenute «della O.S. ricorrente attraverso le sue diramazioni periferiche e il conseguente uso dei diritti di cui al Titolo III dello Statuto dei lavoratori»; 3) «nell'avere con la condotta di cui sopra gravemente leso l'immagine della O.S. ricorrente quale soggetto contrattuale rappresentativo, in generale nei confronti dei dipendenti» delle societa' convenute «ed in particolare nei confronti dei lavoratori iscritti alla FIOM che si vedono privati dalla possibilita' di una loro rappresentanza sindacale nel luogo di lavoro». b) «Ordinare la cessazione della condotta e comunque, anche ai fini della rimozione degli effetti della stessa: 1) intimare alla societa' qui convenuta ["S.A.T.A. - Societa' Autoveicoli Tecnologie Avanzate" s.p.a., n.d.r.] (...) di nominare la RSA Fiom (...), di riconoscere la piena legittimita' ed efficacia della nomina della RSA Fiom nelle persone di cui alle comunicazioni del 16 gennaio 2012 e del 28 febbraio 2012 (...), di riconoscerla attribuendo ad essa tutti i diritti derivanti dalla legge e dal contratto e di dare conferma di cio' con esplicita dichiarazione scritta da inviare alla organizzazione qui ricorrente ed a tutti i propri dipendenti»; «intimare alla societa' qui convenuta ["Sistemi Sospensioni" s.p.a., n.d.r.] (...) di nominare la RSA Fiom (...), di riconoscere la piena legittimita' ed efficacia della nomina della RSA Fiom nelle persone di cui alle comunicazioni del 10 gennaio 2012 (...), di riconoscerla attribuendo ad essa tutti i diritti derivanti dalla legge e dal contratto e di dare conferma di cio' con esplicita dichiarazione scritta da inviare alla organizzazione qui ricorrente ed a tutti i propri dipendenti»; «intimare alla societa' qui convenuta ["Plastic Components and Modules Automotive" s.p.a., n.d.r.] (...) di nominare la RSA Fiom (...), di riconoscere la piena legittimita' ed efficacia della nomina della RSA Fiom nelle persone di cui alle comunicazioni del 10 gennaio 2012 (...), di riconoscerla attribuendo ad essa tutti i diritti derivanti dalla legge e dal contratto e di dare conferma di cio' con esplicita dichiarazione scritta da inviare alla organizzazione qui ricorrente ed a tutti i propri dipendenti»; 2) «ordinare» alle societa' convenute «di affiggere l'emanando decreto in azienda in luogo accessibile a tutti per 20 giorni, nonche' di pubblicarne copia integrale a proprie spese sui quotidiani La Repubblica, il Corriere della Sera, il Sole 24 Ore, il Manifesto, il Resto del Carlino e l'Unita', in caratteri doppi del normale e in dimensioni non inferiori a 40 moduli, entro gg. 15 dalla pubblicazione del provvedimento», a spese delle societa' convenute. 3) «Condannare» le societa' convenute «alla refusione delle spese di lite oltre spese generali ai sensi dell'art. 14 TP, oltre IVA e CPA». Le societa' resistenti si costituivano in giudizio chiedendo di «dichiarare inammissibile o comunque respingere il ricorso e le domande tutte con esso proposte, con vittoria di spese competenze ed onorari (...)» di causa. Al fine di decidere sulla domanda proposta, si ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 19 lett. b) della legge n. 300 del 1970, per le ragioni di seguito esposte. 1. Al fine di un compiuto esame della presente controversia ed a quello di far emergere la rilevanza della questione di legittimita' costituzionale per la decisione dei ricorsi in esame, appare opportuno esporre sinteticamente gli elementi di fatto che l'hanno originata e che assumono rilievo. In data 20 gennaio 2008 veniva sottoscritto in Roma il Contratto collettivo nazionale di lavoro per le lavoratrici ed i lavoratori addetti all'industria metalmeccanica privata ed alla installazione di impianti (che, all'art. 2 della sezione III, prevedeva di avere vigore dal 1° gennaio 2008 al 31 dicembre 2011), di cui erano firmatari, tra gli altri, «Federmeccanica - Confindustria» e «FIOM - CGIL». In data 15 ottobre 2009 veniva sottoscritto in Roma il Contratto collettivo nazionale di lavoro per i lavoratori addetti all'industria metalmeccanica privata ed alla installazione di impianti (che, all'art. 2 della sezione III, prevede di avere vigore dal 1° gennaio 2010 al 31 dicembre 2012), firmato da «Federmeccanica» e «Assistal» (con l'assistenza della Confindustria), FIM (con l'assistenza della CISL), UILM (con l'assistenza della UIL). Con nota in data 22 settembre 2010, Federmeccanica comunicava alla segreteria nazionale di FIOM la disdetta del CCNL 20 gennaio 2008 e la propria volonta' di recedere dallo stesso contratto collettivo, dal momento in cui sarebbe divenuta operativa l'ultrattivita' ivi disciplinata, ferme restando la legittimita' e la validita' dell'Accordo del 15 ottobre 2009 che aveva rinnovato il CCNL 20 gennaio 2008. In data 28 giugno 2011, Confindustria, CGIL, CISL e UIL stipulavano un Accordo interconfederale in cui si prevede, tra l'altro, che «3. la contrattazione collettiva aziendale si esercita per le materie delegate, in tutto o in parte, dal contratto collettivo nazionale di lavoro di categoria o dalla legge»; che «4. i contratti collettivi aziendali per le parti economiche e normative sono efficaci per tutto il personale in forza e vincolano tutte le associazioni sindacali, espressione delle Confederazioni sindacali firmatarie del presente accordo interconfederale, operanti all'interno dell'azienda, se approvati dalla maggioranza dei componenti delle rappresentanze sindacali unitarie elette secondo le regole interconfederali vigenti»; che «5. In caso di presenza delle rappresentanze sindacali aziendali costituite ex art. 19 della legge n. 300/70, i suddetti contratti collettivi aziendali esplicano pari efficacia se approvati dalle rappresentanze sindacali aziendali costituite nell'ambito delle associazioni sindacali che, singolarmente o insieme ad altre, risultino destinatarie della maggioranza delle deleghe relative ai contributi sindacali conferite dai lavoratori dell'azienda nell'anno precedente a quello in cui avviene la stipulazione, rilevati e comunicati direttamente dall'azienda. (...)». In data 30 settembre 2011 «FIAT» s.p.a. e «FIAT Industrial» confermavano a «Confindustria» la volonta', gia' preannunciata nella lettera del 30 giugno 2011, di uscire da Confindustria con effetto dal 1° gennaio 2012 (cfr. doc. 7 della produzione di parte resistente). In data 30 settembre 2011 «FIAT» s.p.a., facendo seguito alla lettera del 30 giugno 2011, confermava a «Confindustria - Basilicata» la revoca dell'iscrizione da tale associazione e chiedeva la cancellazione dall'anagrafica delle societa' «Plastic Components & Modules Automotive» s.p.a., «S.A.T.A.» s.p.a. «Sistemi comandi meccanici» s.p.a., «Sistemi sospensioni» s.p.a., «Sirio» s.c.p.a.. In data 13 dicembre 2011, in Torino, «FIAT» s.p.a. e «FIAT Industrial», da un lato, e «FIM-CISL», «UILM-UIL», «FISMIC», «UGL Metalmeccanici» e «Associazione Quadri e Capi FIAT», dall'altro, sottoscrivevano, nella sua stesura definitiva, il Contratto Collettivo Specifico di Lavoro (CCSL) di primo livello del 29 dicembre 2010. In data 13 dicembre 2011 «S.A.T.A.» s.p.a., da un lato, e le articolazioni territoriali delle sopra indicate associazioni sindacali nazionali convenivano che, dal 1° gennaio 2012: a tutti i lavoratori della societa' SATA si sarebbe applicato il suddetto CCSL, in quanto del tutto idoneo a sostituire il contratto collettivo nazionale per i lavoratori addetti all'industria metalmeccanica; la SATA, non aderendo al sistema confindustriale, non avrebbe applicato la contrattualistica definita nell'ambito dello stesso; l'unica contrattazione collettiva che avrebbe trovato applicazione nella societa' SATA sarebbe stata quella di cui al CCSL di primo livello e dei conseguenti specifici accordi aziendali, con espressa esclusione di ogni altra possibile fonte contrattuale confederale, nazionale, territoriale e aziendale; la Societa' avrebbe inviato ai lavoratori una comunicazione circa l'applicazione dal 1° gennaio 2012 del Contratto Collettivo Specifico di Lavoro di primo livello, con l'indicazione dell'inquadramento professionale e della retribuzione. In data 10 gennaio 2012 FIOM comunicava a «Plastic Components & Modules Automotive» s.p.a. ed a «Sistemi Sospensioni» s.p.a. la nomina, rispettivamente, di n. 3 e n. 2 lavoratori, indicati quali dirigenti della rappresentanza sindacale aziendale della FIOM-CGIL presso le relative unita' produttive. In data 12 gennaio 2012 «Plastic Components & Modules Automotive» s.p.a. e «Sistemi Sospensioni» s.p.a., a mezzo di nota a firma degli avvocati Dirutigliano e Ropolo, comunicava di non poter considerare efficaci le nomine suddette, in mancanza delle condizioni previste dall'art. 19 legge 300/1970, non avendo la FIOM sottoscritto il CCSL di primo livello del 29 dicembre 2010 nella sua stesura definitiva del 13 dicembre 2011. In data 16 gennaio 2012 FIOM comunicava a SATA la nomina di 15 lavoratori indicati quali dirigenti della rappresentanza sindacale aziendale della FIOM-CGIL presso la relativa unita' produttiva. In data 18 gennaio 2012 SATA, a mezzo di nota a firma dell'avv. Francesco Amendolito, comunicava di non poter considerare efficaci le nomine suddette, in mancanza delle condizioni previste dall'art. 19 legge 300/1970, non avendo la FIOM sottoscritto il CCSL di primo livello del 29 dicembre 2010 nella sua stesura definitiva del 13 dicembre 2011. In data 21 febbraio 2012 FIOM chiedeva a «Plastic Components & Modules Automotive» s.p.a. ed a «Sistemi Sospensioni» s.p.a. la concessione di un permesso sindacale retribuito per il giorno 23 febbraio 2012 in favore dei lavoratori nominati dirigenti delle suddette rappresentanze sindacali aziendali, in qualita' di componenti del direttivo della FIOM-CGIL della provincia di Potenza. Con nota in data 22 febbraio 2012, a firma degli avvocati Dirutigliano e Ropolo, «Plastic Components Modules Automotive» s.p.a. e «Sistemi Sospensioni» s.p.a. negavano i permessi richiesti, rilevando che l'art. 30 legge 300/1970 riconosce il diritto a permessi retribuiti ai componenti degli organi direttivi provinciali e nazionali delle sole associazioni di cui all'art. 19 legge 300/1970. In data 16 febbraio 2012 FIOM chiedeva a SATA la concessione di un permesso sindacale retribuito per il giorno 21 febbraio 2012 in favore dei suddetti 15 lavoratori (nominati dirigenti della suddetta rappresentanza sindacale aziendale), in qualita' di componenti del direttivo della FIOM-CGIL della provincia di Potenza. Con nota in data 17 febbraio 2012, a firma degli avvocati Francesco Amendolito e Maria Di Biase, SATA negava i permessi richiesti, affermando che non sussistevano i presupposti previsti dall'art. 30 legge 300/1970 per il riconoscimento del diritto a permessi retribuiti in favore dei componenti degli organi direttivi provinciali delle associazioni sindacali, non avendo la FIOM sottoscritto il CCSL di primo livello del 29 dicembre 2010 nella sua stesura definitiva del 13 dicembre 2011. In data 28 febbraio 2012 FIOM comunicava a SATA di voler integrare la nomina della RSA effettuata precedentemente, nominando quali ulteriori dirigenti della suddetta rappresentanza sindacale aziendale altri due lavoratori, per un totale complessivo di n. 17 lavoratori. 2. La questione di legittimita' costituzionale dell'art. 19, lett. b), dello Statuto dei lavoratori e' rilevante in quanto, se tale norma fosse dichiarata costituzionalmente illegittima, il mancato riconoscimento dell'efficacia delle delibere di nomina dei dirigenti della R.S.A. FIOM - CGIL e, piu' in generale, il rifiuto di riconoscere ai lavoratori iscritti alla FIOM il diritto di costituire le RSA e di godere dei diritti previsti dal titolo III, integrerebbero il requisito dell'antisindacalita' di cui all'art. 28 della legge n. 300/1970. Peraltro, non pare di ostacolo all'ammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale la natura del procedimento ai sensi dell'art. 28 dello Statuto dei lavoratori. Come la Corte costituzionale ha avuto modo di statuire, poiche' «(...) l'azione ex art. 28 (...) e' diretta a (...) una tutela inibitoria di un comportamento continuato con effetti permanenti, la prospettazione (...) di illegittimita' costituzionale della norma permissiva della condotta denunciata e' idonea a fondare la domanda di pronuncia dell'ordine giudiziale di cessazione del comportamento e di rimozione degli effetti, subordinatamente alla condizione della sopravvenienza di una sentenza costituzionale che ne determini l'illegittimita'. Ne' varrebbe replicare che l'ipotizzata dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 19 indurrebbe presumibilmente il datore di lavoro a desistere spontaneamente, perche' anche in questa prospettiva l'incidente di costituzionalita' conserverebbe rilevanza per la definizione del giudizio principale, il quale si chiuderebbe con un provvedimento di merito motivato dalla cessazione della materia del contendere» (Corte cost., n. 244/1996). 3. La rilevanza della questione di legittimita' costituzionale e' confermata dalla circostanza che non sussistono, allo stato, contratti collettivi di lavoro applicati nelle unita' produttive in questione e sottoscritti dall'organizzazione sindacale ricorrente. La domanda di dichiarare l'antisindacalita' della condotta tenuta dalle societa' convenute e di ordinare loro di riconoscere efficacia alla nomina della R.S.A. da essa effettuata, con il conseguente riconoscimento dei diritti attribuiti dalla legge, si fonda sull'argomentazione principale della perdurante efficacia del CCNL del 20 gennaio 2008. Tale contratto, sottoscritto anche dalla FIOM, dovrebbe considerarsi ancora «applicato» nelle unita' produttive in questione, con la conseguenza che tale organizzazione sindacale avrebbe diritto a costituire una propria rappresentanza sindacale aziendale, ai sensi dell'art. 19, comma 1, legge 300/1970, secondo cui «Rappresentanze sindacali aziendali possono essere costituite ad iniziativa dei lavoratori in ogni unita' produttiva, nell'ambito: b) delle associazioni sindacali che siano firmatarie di contratti collettivi di lavoro applicati nell'unita' produttiva». Ne deriverebbe anche il diritto ai permessi retribuiti di cui agli articoli 23, comma 1, (secondo cui «I dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali di cui all'art. 19 hanno diritto, per l'espletamento del loro mandato, a permessi retribuiti») e 30 legge 300/1970 (secondo cui «I componenti di organi direttivi, provinciali e nazionali, delle associazioni di cui all'art. 19 hanno diritto a permessi retribuiti, secondo le norme dei contratti di lavoro, per la partecipazione alle riunioni degli organi suddetti»). Parte ricorrente sostiene che il CCNL 20 gennaio 2008 dovrebbe continuare a trovare applicazione, almeno per i lavoratori iscritti alla FIOM, in virtu' della clausola contrattuale contenuta nella sezione III, art. 2, comma 3, del CCNL, secondo cui «Il Contratto si intendera' rinnovato secondo la durata di cui al primo comma [di quattro anni, n.d.r.] se non disdetto, tre mesi prima della scadenza, con raccomandata a.r.. In caso di disdetta il presente Contratto restera' in vigore fino a che non sia stato sostituito dal successivo Contratto nazionale». Giova rammentare, in fatto, che il CCNL del 20 gennaio 2008 era stato sottoscritto da «Federmeccanica» e «Assistal» (con l'assistenza della Confindustria), da un lato, e da FIM (assistita dalla CISL), FIOM (assistita dalla CGIL) e UILM (assistita dalla UIL), dall'altro. Con la raccomandata del 22 settembre 2010, Federmeccanica comunicava alla FIOM la disdetta del CCNL 2008 e, nel contempo, di voler recedere da tale contratto collettivo, con effetto dal momento in cui sarebbe divenuta operativa l'ultrattivita' prevista dal secondo periodo del comma 3 del suddetto art. 2. Tale nota di Federmeccanica, in sostanza, conteneva due negozi unilaterali, quali, in primo luogo, la disdetta del contratto collettivo sottoscritto, in modo tale da impedirne il tacito rinnovo al momento della scadenza; in secondo luogo il recesso unilaterale dallo stesso contratto collettivo per il periodo della sua ultrattivita', prevista dal citato art. 2, comma 3, secondo periodo. Si deve ritenere che la disdetta dichiarata da Federmeccanica (in qualita', per quanto specificamente rileva in relazione alla presente controversia, di rappresentante, all'epoca, anche delle societa' del Gruppo FIAT) sia stata perfettamente valida ed efficace, essendo stata effettuata nel rispetto delle regole previste dallo stesso contratto collettivo, in quanto comunicata a controparte con notevole anticipo rispetto al termine di tre mesi prima della scadenza del contratto stesso, previsto dalla citata clausola contrattuale. Allo stesso modo, l'atto di recesso unilaterale compiuto da Federmeccanica deve considerarsi valido e produttivo dell'effetto estintivo dell'efficacia del CCNL in questione. E' pacifico, infatti, che la comunicazione di disdetta ha impedito che si verificasse il tacito rinnovo del contratto alla prevista scadenza del 31 dicembre 2011. Il citato art. 2, comma 3, secondo periodo, della sezione III del CCNL 2008 - giova ricordarlo - prevede che «In caso di disdetta il presente Contratto restera' in vigore fino a che non sia stato sostituito dal successivo Contratto nazionale». Si deve ritenere, in primo luogo, che il contratto collettivo del 2008 non sia stato sostituito, nei rapporti tra la Federmeccanica e la FIOM, dal contratto collettivo del 15 ottobre 2009, sottoscritto da Federmeccanica con altre organizzazioni sindacali diverse dall'odierna ricorrente. Cio' deriva dalla considerazione che il contratto costituisce in capo alle parti situazioni giuridiche soggettive, attive e passive, per la cui estinzione non puo' essere sufficiente il consenso prestato da altre parti aderenti al medesimo contratto. L'eventuale volonta' delle parti contraenti di regolare i rapporti contrattuali non piu' base all'accordo raggiunto, bensi' in applicazione di diverse norme contrattuali concordate dalle altre parti dello stesso contratto plurilaterale, quindi, sarebbe dovuta essere dichiarata espressamente (1) . Il che non e' avvenuto in relazione alla clausola contrattuale in esame, operando essa un generale rinvio al successivo contratto nazionale, senza specificare espressamente che potesse trattarsi anche di un contratto collettivo nazionale non stipulato tra le stesse parti originariamente contraenti. Pertanto, alla data del 31 dicembre 2011 (momento in cui e' scaduto il periodo di vigore del contratto originariamente previsto), il contratto collettivo del 2008, e' divenuto, in virtu' della clausola di cui al secondo periodo del comma 3 dell'art. 2, ed in mancanza di un nuovo contratto collettivo stipulato tra le stesse parti, un contratto a tempo indeterminato, prevedendo la clausola contrattuale in esame la coincidenza tra il momento di cessazione dell'efficacia del CCNL e quello in cui si fosse raggiunto un successivo accordo, evento incerto sia nell'an che nel quando. Acclarata la natura di contratto a tempo indeterminato propria del CCNL 2008, a partire dal momento della sua ordinaria scadenza (31 dicembre 2011), ci si deve chiedere se le parti di un tale contratto possano liberamente recedere dallo stesso per effetto di una dichiarazione unilaterale di volonta' (come quella espressa da Federmeccanica con la nota in data 22 settembre 2010). Soccorre, in proposito, la giurisprudenza di legittimita', secondo cui «Il contratto collettivo, senza predeterminazione di un termine di efficacia, non puo' vincolare per sempre tutte le parti contraenti, perche' finirebbe in tal caso per vanificarsi la causa e la funzione sociale della contrattazione collettiva, la cui disciplina, da sempre modellata su termini temporali non eccessivamente dilatati, deve parametrarsi su una realta' socio economica in continua evoluzione, sicche' a tale contrattazione va estesa la regola, di generale applicazione nei negozi privati, secondo cui il recesso unilaterale rappresenta una causa estintiva ordinaria di qualsiasi rapporto di durata a tempo indeterminato, che risponde all'esigenza di evitare - nel rispetto dei criteri di buona fede e correttezza nell'esecuzione del contratto - la perpetuita' del vincolo obbligatorio» (cosi' Cass., sez. Lavoro, n. 18548 del 20 agosto 2009; si confronti, in termini analoghi, Cass. sez. Lavoro, n. 19351 del 18 settembre 2007). Tale affermazione rinviene da una giurisprudenza piu' risalente della Corte di cassazione - che il rimettente ritiene di dover condividere - secondo cui «A seguito della soppressione dell'ordinamento corporativo e della mancata attuazione dell'art. 39 della Costituzione, il contratto collettivo spiega la propria operativita' nell'area della autonomia privata, per cui la regolamentazione ad esso applicabile e' quella dettata per i contratti in generale, e non quella dei contratti collettivi; ne consegue che deve ammettersi la possibilita' che accordi collettivi vengano stipulati a tempo indeterminato, ma in questo caso va ammessa anche la facolta' di recesso unilaterale, in quanto essa e' rispondente all'esigenza di evitare la perpetuita' del vincolo obbligatorio anche in relazione ai contratti collettivi di diritto comune» (Cass., sez. Lavoro, n. 14827 del 18 ottobre 2002). Si deve ritenere, pertanto, alla luce del riportato, condivisibile, orientamento giurisprudenziale, che il CCNL del 20 gennaio 2008 abbia cessato, dalla data della sua ordinaria scadenza, di produrre effetti tra le parti stipulanti che non avevano raggiunto un nuovo accordo nel CCNL del 15 ottobre 2009, quali Federmeccanica (in nome e per conto di tutti i soggetti da essa rappresentati al momento della conclusione del contratto) e FIOM. 4. Ne' si puo' ritenere di poter individuare contratti collettivi applicati nelle unita' produttive in questione negli accordi «Cometa», «Fasifiat», «Fondimpresa» e «CAE», sottoscritti dall'organizzazione sindacale ricorrente. Quanto all'accordo relativo al c.d. «Fondo Cometa», si deve rilevare che, in base all'art. 19 del Contratto collettivo specifico di lavoro (attualmente applicato presso le unita' produttive in argomento e non sottoscritto dall'associazione sindacale ricorrente), «La copertura delle prestazioni concernenti la previdenza complementare e' assicurata tramite l'adesione al fondo Cometa (...). La contribuzione per il fondo pensione Cometa (...) e' stabilita dalla contrattazione aziendale, come da allegato n. 7 e, in carenza di questa, dalle fonti contrattuali dei relativi fondi». La regolamentazione del fondo aziendale di previdenza complementare, quindi, e' affidata alla stessa contrattazione aziendale, ed, in particolare, all'accordo aziendale, allegato n. 7 al C.C.S.L., neppure sottoscritto dall'organizzazione sindacale ricorrente. Essendo il rinvio alle «fonti contrattuali dei relativi fondi» meramente ipotetico ed eventuale (riferito, cioe', al caso della carenza della contrattazione collettiva aziendale in materia), si deve ritenere che l'accordo istitutivo del fondo, stipulato anche dall'associazione sindacale ricorrente, non sia attualmente applicato presso le suddette unita' produttive. Per quanto riguarda, poi, il fondo di assistenza sanitaria integrativa, c.d. «Fasifiat», si deve rilevare che esso e' richiamato dall'art. 20 del C.C.S.L., secondo cui «Le Parti concordano sulla volonta' di assicurare l'assistenza sanitaria integrativa: - ai lavoratori con qualifica di operaio o di impiegato, attraverso l'adesione al Fondo Integrativo del Servizio Sanitario Nazionale del Gruppo Fiat, in breve FASIFIAT, ferma restando la conferma di mantenere la continuita' dell'adesione per i lavoratori gia' iscritti alla data del 31 dicembre 2011; - (...). A questo scopo le Parti concordano sulla necessita' di adattare la struttura dei Fondi FASIFIAT e FASIQ, superando quanto previsto in base agli accordi istitutivi e con il presente Contratto collettivo stabiliscono - a integrazione e modifica dell'accordo istitutivo - che a decorrere dal 1° gennaio 2012 il (...) FASIFIAT assuma carattere di forma di assistenza sanitaria integrativa specifica del presente Contratto, a favore di tutte le societa' appartenenti ai Gruppi (...)». Orbene, in disparte la questione se l'accordo istitutivo del fondo di assistenza sanitaria integrativa, sottoscritto anche dalla ricorrente, possa considerarsi «applicato» nelle unita' produttive in questione, tenuto conto dell'impegno al superamento di quanto previsto dagli accordi istitutivi, si deve rilevare, svolgendo una considerazione valida anche per il suddetto fondo di previdenza complementare, che, secondo la giurisprudenza della stessa Corte costituzionale, non e' «sufficiente la stipulazione di un contratto qualsiasi, ma deve trattarsi di un contratto normativo che regoli in modo organico i rapporti di lavoro, almeno per un settore o un istituto importante della loro disciplina, anche in via integrativa, a livello aziendale, di un contratto nazionale o provinciale gia' applicato nella stessa unita' produttiva» (Corte cost. n. 244 del 12 luglio 1996) (2) . Pare difficile sostenere, quindi, che l'accordo relativo all'assistenza sanitaria integrativa (cosi' come quello in materia di previdenza complementare) si configuri come un contratto collettivo di contenuto normativo, destinato a regolare in modo organico il rapporto di lavoro. Quanto, poi, all'accordo istitutivo del c.d. «Fondimpresa», va ancora rilevato che tale accordo non e' stato sottoscritto dalla FIOM, bensi' dalla CGIL, confederazione sindacale alla quale l'associazione ricorrente aderisce, senza, tuttavia, che cio' possa conferire alcun argomento nel senso della perdurante applicazione nelle unita' produttive in esame di un contratto collettivo sottoscritto dalla FIOM stessa, apparendo chiaro che la norma dell'art. 19 richiede la sottoscrizione del sindacato che intende costituire la rappresentanza sindacale aziendale, e non quella della corrispondente confederazione di appartenenza. Si deve esaminare da ultimo la questione se l'accordo, istituivo del Comitato Aziendale Europeo (CAE), stipulato da FIAT s.p.a. e l'Unione Industriali di Torino, da una parte, e la Federazione Europea dei Metalmeccanici, FIM-CISL, UILM-UIL e FIOM-CGIL, dall'altra parte, costituisca un contratto collettivo applicato presso le unita' produttive, ai sensi dell'art. 19 legge 300/1970. Per risolvere la questione appare necessario richiamare quanto affermato dalla Corte costituzionale e dalla Corte di cassazione in ordine alla necessita', ai fini del diritto a costituire rappresentanze sindacali aziendali, che l'organizzazione sindacale abbia sottoscritto un contratto collettivo normativo, che regoli in modo organico i rapporti di lavoro, «e non anche (...) contratti gestionali, che non rientrano nella previsione di cui all'art. 39 Cost. e non sono, per loro natura, atti a comprovare la rappresentativita' richiesta dalla norma» (Cass., sez. Lavoro, n. 19275 dell'11 luglio 2008). L'accordo in esame, istitutivo del Comitato aziendale europeo, si configura come contratto collettivo dal contenuto eminentemente obbligatorio, e non di carattere normativo, con la conseguenza che esso, pur costituendo una palese attestazione della sussistenza di un'effettiva capacita' rappresentativa in capo all'associazione sindacale FIOM, non rientra tra i contratti collettivi di cui all'art. 19 legge 300/1970. 5. A conferma della rilevanza della questione ai fini della soluzione della controversia, inoltre, deve essere sottolineata l'impossibilita' di addivenire ad un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 19 lett. b). Qualsiasi tentativo in tal senso si pone in contrasto con la lettera della norma in esame. La formulazione letterale dell'articolo e' frutto della consultazione referendaria indetta con decreto del Presidente della Repubblica 5 aprile 1995, n. 312, che ha privato l'art. 19 della lettera a) e lo ha modificato nella lettera b), attraverso l'eliminazione del riferimento al carattere nazionale o provinciale della contrattazione sottoscritta dall'associazione sindacale. Non vi e' dubbio che la lettera della disposizione, risultante dall'ablazione referendaria, miri ad introdurre una presunzione di maggiore rappresentativita' ricavata dall'effettivita' dell'azione sindacale espressa dall'unico indice costituito dalla sottoscrizione del contratto collettivo applicato nell'unita' produttiva. La Corte costituzionale, nella sentenza n. 492/1995, ha ribadito che, a seguito dell'abrogazione dell'espressione di cui alla lettera a) dell'art. 19, il criterio della maggiore rappresentativita' ha mantenuto inalterata la sua rilevanza essendo il riferimento alle associazioni sindacali firmatarie di contratti collettivi applicati nell'unita' produttiva, di cui alla lettera b), null'altro che presunzione della maggiore rappresentativita' ricavata dalla effettivita' dell'azione sindacale. Successivamente, il Giudice delle leggi, nella sentenza n. 244/1996, prendendo atto del rifiuto, ad opera della volonta' popolare, del principio di rappresentativita' presunta sotteso all'abrogata lettera a), ha ritenuto la permanente validita' del criterio di cui alla lettera b), esteso all'intera gamma della contrattazione collettiva, perche' comunque corrispondente «allo strumento di misurazione della forza di un sindacato, e di riflesso della sua rappresentativita', tipicamente proprio dell'ordinamento sindacale». In tale ultima sentenza, nel giudicare della legittimita' dell'art. 19, lett. b), legge 300/19720, in riferimento agli articoli 3 e 39 Cost., la Corte ha, da un lato, confermato quanto precedentemente statuito [l'art. 19 «valorizza l'effettivita' dell'azione sindacale, desumibile dalla partecipazione alla formazione della normativa contrattuale collettiva» (sentenza n. 492/1995) quale indicatore di rappresentativita' gia' apprezzato dalla sentenza n. 54/1974 come «non attribuibile arbitrariamente o artificialmente, ma sempre direttamente conseguibile e realizzabile da ogni associazione sindacale in base a propri atti concreti e oggettivamente accertabili dal giudice»]; dall'altro, ha escluso ogni vizio di legittimita' costituzionale dell'art. 19, lett. b), legge 300/1970. A parere della Corte, infatti, «(...) la norma impugnata (...) non viola l'art. 39 Cost perche' le norme di sostegno dell'azione sindacale nelle unita' produttive, in quanto sopravanzano la garanzia costituzionale della liberta' sindacale, ben possono essere riservate a certi sindacati identificati mediante criteri scelti discrezionalmente nei limiti della razionalita'; non viola l'art. 3 Cost. perche', una volta riconosciuto il potere discrezionale del legislatore di selezionare i beneficiari di quelle norme, le associazioni sindacali rappresentate nelle aziende vengono differenziate in base a (ragionevoli) criteri prestabiliti dalla legge, di guisa che la possibilita' di dimostrare la propria rappresentativita' per altre vie diventa irrilevante ai fini del principio di eguaglianza». A parere della Corte, la sottoscrizione di un contratto collettivo applicato nell'unita' produttiva giustifica la presunzione legale di rappresentativita' del sindacato perche' quella sottoscrizione da' la misura della forza del sindacato. In altre parole, un sindacato che abbia firmato un contratto collettivo (anche di livello aziendale) applicato nell'unita' produttiva e', per cio' stesso, forte, al punto tale da poter essere considerato rappresentativo e quindi meritevole della maggior tutela concessa dal titolo III dello Statuto. Alla luce di queste premesse, si deve rilevare che il tenore letterale dell'art. 19, lett. b), e' coerente con lo scopo, perseguito dal legislatore, di attribuire valore alle associazioni sindacali che, attraverso la partecipazione alla contrattazione collettiva applicata nell'unita' produttiva, dimostrino un'effettiva capacita' di rappresentanza degli interessi dei lavoratori coinvolti. L'univocita' della disposizione esclude che il giudice comune, attraverso gli strumenti interpretativi di cui dispone, possa forzare il dato letterale della norma, sino ad attribuirle un significato volto ad ancorare la rappresentativita', nonche' la selezione dei soggetti destinatari delle norme di protezione, a criteri diversi dalla partecipazione al processo di contrattazione collettiva, desumibile dalla sottoscrizione del contratto. Eppure, proprio l'individuazione della maggiore rappresentativita' attraverso l'esclusivo criterio della stipula del contratto collettivo effettivamente applicato nell'unita' produttiva potrebbe conferire alla norma un significato incompatibile con il dato costituzionale. 6. La questione della conformita' della norma dell'art. 19 legge 300/1970 alle disposizioni costituzionali potrebbe costituire oggetto di una nuova valutazione da parte della Corte costituzionale, alla luce dei mutamenti intercorsi nelle relazioni sindacali degli ultimi anni. Tali cambiamenti inducono a riproporre la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 19, lett. b), legge 300/1970, in relazione all'art. 3, comma 2, Cost., nella parte in cui non prevede che rappresentanze sindacali aziendali possano essere costituite ad iniziativa dei lavoratori in ogni unita' produttiva, nell'ambito delle associazioni sindacali effettivamente rappresentative, indipendentemente dalla circostanza che esse siano firmatarie di contratti collettivi di lavoro applicati nell'unita' produttiva. 6.1. La decisione assunta dal Giudice delle leggi nel 1996 deve essere considerata tenendo presente il sistema delle relazioni sindacali in quegli anni. Durante gli anni a cavallo del referendum, e per diversi anni successivi, i sindacati maggiormente rappresentativi tendevano, di norma, a sottoscrivere tutti i contratti collettivi, nel senso che non vi erano, normalmente, contratti collettivi se non quelli sottoscritti unitariamente dai sindacati aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative, Cgil, Cisl e Uil. La coincidenza indicata dalla Corte costituzionale tra la sottoscrizione del contratto collettivo di lavoro applicato in azienda e la rappresentativita' sindacale, lungi dal costituire una tautologia, si innestava sul presupposto storico dell'unita' di azione dei sindacati maggiormente rappresentativi e della unitaria sottoscrizione dei contratti collettivi di lavoro. Le questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 19 legge 300/1970, compresa quella decisa con la sentenza n. 244/1996, infatti, furono sollevate in procedimenti promossi, ai sensi dell'art. 28 legge 300/1970, da associazioni sindacali minoritarie, al fine di contestare la riserva delle prerogative di cui al titolo III ai soli sindacati firmatari di contratti. La Corte respinse tali eccezioni sottolineando, anche attraverso il richiamo a precedenti pronunce (quali le sentenze nn. 492/1995, 334/1988, 30/1990, 334/1988, 54/1974), la duplice esigenza di assicurare misure di sostegno a favore delle organizzazioni maggiormente in grado di tutelare gli interessi dei lavoratori e di evitare che un'eccessiva estensione della platea dei beneficiari potesse vanificare gli scopi delle norme di promozione. 6.2. Lo scenario delle attuali relazioni sindacali, quale emerge dalla ricostruzione fatta nei ricorsi ex art. 28 legge 300/1970 e nelle memorie di costituzione, e' invece caratterizzato dalla rottura dell'unita' di azione delle organizzazioni maggiormente rappresentative, dalla conclusione di contratti collettivi c.d. separati ed, in particolare, da una serie di iniziative poste in essere dal Gruppo FIAT, di cui le societa' convenute fanno parte, che ha portato alla creazione di un nuovo sistema contrattuale. FIAT s.p.a. e FIAT Industrial, uscite dal sistema confindustriale con effetto dal 1° gennaio 2012, hanno sottoscritto, per conto delle societa' del gruppo, il c.d. accordo applicativo con le organizzazioni sindacali «FIM«, «UILM», «FISMIC», «UGL Metalmeccanici» e «Associazione Quadri e Capi Fiat», concordando l'applicazione, a far data dal gennaio 2012, del Contratto collettivo specifico di lavoro (c.d. CCSL) del 29 ottobre 2010, nella sua stesura definitiva del 13 dicembre 2011, in luogo del Contratto collettivo nazionale di lavoro per i lavoratori addetti all'industria metalmeccanica privata ed alla installazione di impianti. La FIOM non ha sottoscritto il CCSL, applicato nelle unita' produttive delle convenute. Secondo l'attuale formulazione dell'art. 19 legge 300/1970, i lavoratori iscritti alla FIOM non hanno diritto di costituire rappresentanze sindacali aziendali, non essendo tale associazione sindacale firmataria del contratto collettivo applicato nelle suddette unita' produttive, e pur essendo essa uno dei sindacati maggiormente rappresentativi nel settore metalmeccanico. 6.3. Preso atto del nuovo e differente scenario dei rapporti sindacali, occorre domandarsi se il criterio selettivo di cui all'attuale art. 19, lett. b), incentrato sulla sottoscrizione del contratto collettivo applicato, sia tuttora dotato di ragionevolezza e se possa costituire indice esclusivo dell'effettiva rappresentativita' di un sindacato. Dottrina e giurisprudenza hanno piu' volte rimarcato il ruolo preminente, quale indice di rappresentativita', della partecipazione alla procedura di contrattazione, rispetto al dato formale e terminale della sottoscrizione del contratto collettivo. La giurisprudenza sul testo originario dell'art. 19 aveva rilevato che «il riferimento della norma in esame al contratto collettivo non e' relativo ai suoi effetti giuridici (la sottoscrizione in se'), ma e' sempre assunto ad indice della maggiore rappresentativita'. Quindi, cio' che e' rilevante non e' il dato formale di essere parte di un contratto collettivo, ma il dato sostanziale di aver mostrato la propria rappresentativita', prendendo parte effettiva al processo di contrattazione», (Cass., sez. Lavoro, n. 6613 del 5 dicembre 1988). All'indomani del referendum, a seguito dell'abrogazione del requisito dell'appartenenza ad associazioni aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale, si affermo' in dottrina la necessita' di ricercare un contenuto sostanziale per l'unico criterio selettivo rimasto in vigore, senza fermarsi al dato letterale, costituendo la mera sottoscrizione dell'accordo un elemento che poteva essere rimesso alla valutazione del datore di lavoro. Occorre poi considerare che le due chiavi di accesso al diritto di costituire rappresentanze sindacali aziendali di cui all'art. 19, rappresentate dalle lettere a) e b) nella loro originaria formulazione, rispondevano alla medesima esigenza di selezionare un sindacato che, in quanto maggiormente rappresentativo, fosse meritevole di una speciale tutela, ulteriore rispetto alla mera garanzia della liberta' sindacale, assicurata dall'art. 39 Cost.. Tale esigenza non puo' dirsi venuta meno a seguito della parziale abrogazione referendaria, ed anzi essa deve essere considerata tuttora immanente al criterio di rappresentativita' espresso dalla sola lettera b), come emendata, in quanto espressione di valori costituzionalmente tutelati. La Corte costituzionale, nella sentenza n. 334/1988 evidenzio' la necessita' che il meccanismo selettivo di sostegno qualificato dell'azione sindacale fosse «funzionale al carattere indivisibile degli interessi dei lavoratori» e tale da «favorire un processo di aggregazione e di coordinamento degli interessi dei vari gruppi professionali, anche al fine di ricomporre, ove possibile, le spinte particolaristiche in un quadro unitario». Finalita', questa, «coerente al complessivo disegno cui e' informata la Carta Costituzionale nel quale anche l'art. 39 va inserito: e cioe', sia al principio solidaristico (...) enunciato nell'art. 2 (...) sia al principio consacrato nel secondo comma dell'art. 3 che, promuovendo l'eguaglianza sostanziale tra i lavoratori e la loro effettiva partecipazione all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese, addita anche alle organizzazioni sindacali di rendersi, per la loro parte, strumenti di tale partecipazione, oltre che di tutela dei diretti interessi economici dei lavoratori». Il fondamento costituzionale della meritevolezza del sindacato maggiormente rappresentativo, quindi, deve rinvenirsi negli obiettivi solidaristici che presuppongono una rappresentazione di interessi non confinati in categorie o gruppi ristretti, ma appartenenti al numero piu' ampio possibile di lavoratori. Occorre poi considerare che la materia in esame e' informata ad inderogabili principi di ordine pubblico, nel senso che i «requisiti per la costituzione di una rappresentanza sindacale aziendale stabiliti dall'art. 19 della legge n. 300 del 1970 (...) non possono essere ritenuti sussistenti in virtu' del mero riconoscimento del datore di lavoro» (Cass., sez. Lavoro, n. 6701 del 9 dicembre 1988). Cio' significa che il riconoscimento del carattere rappresentativo del sindacato e, quindi, la sua meritevolezza, ai fini delle prerogative di cui al titolo III dello Statuto dei lavoratori, devono trovare fondamento in un criterio di razionalita' che, in base alla giurisprudenza costituzionale, non puo' essere sganciato dalla prospettiva di incentivare l'attivita' di sindacati che riescano a coagulare ed a rappresentare gli interessi del maggior numero di lavoratori. Anche alla luce dell'attuale condizione di rottura dell'unita' sindacale, il criterio selettivo di cui all'art. 19 legge 300/1970, imperniato sul solo dato formale della sottoscrizione del contratto applicato, e sganciato da qualsiasi raccordo con la misura del consenso dei rappresentati, potrebbe rivelarsi irragionevole e contrastante con quella «linea storico-sociologica», che pure, nella sentenza n. 244/1996, la Corte aveva ritenuto giustificativa della «razionalita' pratica» dell'art. 19, lett. b). Tale considerazione si rivela meritevole di valutazione soprattutto in un sistema, quale quello vigente, in cui difettano norme di legge in grado di selezionare democraticamente i soggetti legittimati a sottoscrivere i contratti collettivi. L'applicazione pratica dell'art. 19, lett. b), attualmente vigente, condurrebbe a negare ai lavoratori iscritti all'associazione sindacale FIOM (in quanto non sottoscrittrice di un contratto collettivo applicato nelle unita' produttive delle societa' convenute) il diritto a costituire rappresentanze sindacali aziendali, pur trattandosi di un'organizzazione sindacale dotata di un grado significativo di effettiva rappresentativita'. E' emerso, infatti, dalla sommaria attivita' istruttoria espletata nel corso del procedimento, che, in base alle dichiarazioni degli stessi responsabili del personale delle societa' convenute, i lavoratori dipendenti iscritti alla FIOM erano n. 674 presso la «SATA» (su un totale di n. 5.575), n. 58 presso la «Plastic Components & Modules Automotive» (alla data del 31 dicembre 2011, su un totale di n. 525 dipendenti), n. 32 presso la «Sistemi Sospensioni» (alla data del 31 dicembre 2011, diminuiti a soli n. 4 nel gennaio 2012, su un totale di n. 150 dipendenti). Dalla mancata sottoscrizione di un contratto collettivo applicato presso le suddette unita' produttive deriverebbe la negazione del diritto a costituire rappresentanze sindacali aziendali in capo ad un'associazione sindacale che si deve ritenere dotata di effettiva rappresentativita', in considerazione del consenso manifestato, attraverso l'adesione al sindacato, da un congruo' numero di lavoratori addetti alle unita' produttive. La mancata sottoscrizione di un contratto collettivo potrebbe anche essere indice, infatti, non della mancanza di un'effettiva capacita' di rappresentare gli interessi dei lavoratori, bensi' di un atteggiamento nei confronti della controparte datoriale diverso da quello collaborativo delle associazioni firmatarie del contratto collettivo applicato, ed espressivo della liberta' di manifestare, in tal modo, il proprio dissenso. D'altro canto, si deve considerare anche l'astratta possibilita' che la negazione del diritto alla costituzione di rappresentanze sindacali aziendali derivi, in applicazione dell'attuale formulazione dell'art. 19, dall'eventuale atteggiamento del datore di lavoro che si rifiuti di stipulare per iscritto un contratto collettivo di lavoro con una determinata associazione sindacale, pur dotata di effettiva rappresentativita'. In ipotesi estrema, ove la parte datoriale decidesse di non firmare alcun contratto collettivo, non vi sarebbe nell'unita' produttiva alcuna rappresentanza sindacale, il che conferma l'assoluto potere che il criterio in esame attribuirebbe alle imprese. Tali considerazioni inducono a ritenere necessaria una pronuncia della Corte costituzionale in ordine alla ragionevolezza dell'art. 19, lett. b), legge 300/1970, anche alla luce della precedente sentenza n. 244/1996, in cui non si poneva al centro della valutazione circa l'effettiva rappresentativita' di un'associazione sindacale il dato formale dell'adesione ad un contratto collettivo. 6.4. Si deve anche considerare, sotto altro profilo, che la stessa recente evoluzione del quadro normativo e dell'assetto del sistema delle relazioni industriali appare rendere necessaria una riconsiderazione circa la legittimita' costituzionale della norma in questione. I dubbi sulla ragionevolezza di tale disposizione emergono dalla sua divergenza sia con il criterio selettivo (pur mai attuato) di cui all'art. 39, comma 4 Cost., che attribuisce un rilievo determinante al numero degli iscritti ad un sindacato, sia con il parametro della maggiore rappresentativita', anche comparativa, utilizzato da un'ampia legislazione che ha elevato la contrattazione collettiva a fonte integrativa, suppletiva o derogatoria delle norme di legge (il riferimento e', ad esempio, ai seguenti dati normativi: art. 5 legge n. 164/1975; art. 1 legge n. 863/1984; art. 4 legge n. 223/1991, art. 1 legge n. 196/1997; art. 10, comma 7, decreto legislativo n. 368/2001; artt. 20, comma 4, e 58, comma 2, decreto legislativo n. 276/2003; art. 8 legge n. 148/2011). L'art. 19, nella sua attuale configurazione, appare porsi in antinomia anche rispetto al criterio di rappresentativita' minima, modulato su di una combinazione dei dati associativi e di quelli elettorali, individuato sia dall'art. 43 decreto legislativo n. 165/2001 (per il solo settore del pubblico impiego), sia dal recente Accordo interconfederale del 28 giugno 2011. I criteri citati, infatti, pur essendo prevalentemente finalizzati alla selezione dei soggetti abilitati alla contrattazione collettiva, rivelano la centralita', nell'ordinamento giuridico dello Stato (ed in quello intersindacale), del principio di effettiva rappresentativita'. 6. Si deve concludere, quindi, che non e' manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 19, lett. b), legge n. 300/1970. Sussiste, infatti, il dubbio non infondato che la norma possa porsi in contrasto, anzitutto, con l'art. 39, comma 1, Cost., in quanto l'effetto legale del riconoscimento o della negazione dei diritti sindacali, di cui al titolo III dello Statuto dei lavoratori, dipendendo esclusivamente dal dato formale della sottoscrizione del contratto collettivo applicato in azienda, potrebbe incidere sull'esercizio della liberta' sindacale, limitandola o condizionandola. La decisione di un'associazione sindacale in ordine alla sottoscrizione di un contratto collettivo, infatti, risulterebbe condizionata non solo dalla finalita' di tutelare degli interessi dei lavoratori (in conformita' alla funzione normativa propria della contrattazione collettiva), ma anche dalla prospettiva di ottenere o meno la titolarita' di quei diritti, con il rischio che tali due categorie di interessi possano entrare in conflitto tra loro. Sussiste, altresi', il dubbio che tale norma possa violare il principio di ragionevolezza, rinveniente il proprio fondamento nell'art. 3 della Costituzione, sia perche' essa prevede l'attribuzione del diritto di costituire rappresentanze sindacali aziendali (e dei diritti sindacali ad esso collegati) anche in dipendenza della volonta' del datore di lavoro, a seconda che questi sia disponibile a sottoscrivere il contratto con una determinata associazione sindacale; sia perche' essa attribuisce tale diritto a lavoratori iscritti ad associazioni sindacali firmatarie di contratti collettivi di lavoro applicati nell'unita' produttiva, a prescindere dall'effettiva rappresentativita' misurata attraverso il parametro del numero di lavoratori aderenti, mentre lo nega ai lavoratori iscritti ad un'associazione sindacale che, pur avendo scelto di non sottoscrivere un contratto collettivo di lavoro, risulti, in virtu' del numero di lavoratori ad essa aderenti, effettivamente rappresentativa dei loro interessi. Risulta, in conclusione, rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 19, lett. b), legge n. 300/1970, in relazione agli artt. 3 e 39, comma 1, Cost., nella parte in cui non prevede che rappresentanze sindacali aziendali possano essere costituite ad iniziativa dei lavoratori in ogni unita' produttiva, nell'ambito delle associazioni sindacali effettivamente rappresentative, indipendentemente dalla circostanza che esse siano firmatarie di contratti collettivi di lavoro applicati nell'unita' produttiva. (1) (Si tenga in considerazione, in proposito, la giurisprudenza di legittimita' secondo cui «Nel contratto plurilaterale deve ritenersi valida ed efficace la clausola con la quale una delle parti presta adesione preventiva alle modifiche che le altre intendessero introdurre nel contesto del contratto (...) rientrando tale facolta' nel potere di disposizione dei propri diritti, con la conseguenza che le modifiche preventivamente consentite vincolano, una volta apportate, anche l'aderente, dovendosi da questi considerare accettate» (Cass., sez. I, n. 7872 del 27/09/1994), per riflettere sulla necessita' che una simile clausola di adesione preventiva alle modifiche apportate al contratto dalle altre parti sia enunciata espressamente.). (2) (In termini sostanzialmente analoghi si' e' espressa la Corte di cassazione, secondo cui «La capacita' dell'organizzazione sindacale di accreditarsi come interlocutrice stabile dell'imprenditore e' testimoniata dalla stipulazione di un contratto collettivo, certamente di qualunque livello, ma non di qualunque natura, dovendo trattarsi di un contratto con caratteristiche tali da attestare l'effettivita' dell'azione sindacale, rappresentando un arco di interessi piu' vasto di quello dei soli iscritti, e incidendo su diversi istituti che regolino i rapporti di lavoro e non su meri episodi contingenti della vita dell'azienda. Ne consegue che il riferimento nell'art. 19 dello statuto dei lavoratori alle associazioni sindacali firmatarie di contratti collettivi riguarda le organizzazioni firmatarie di contratti collettivi normativi e non anche di contratti gestionali, che non rientrano nella previsione di cui all'art. 39 Cost. e non sono, per loro natura, atti a comprovare la rappresentativita' richiesta dalla norma» (Cass., sez. Lavoro, n. 19275 dell'11 luglio 2008).
P. Q. M. Visti gli artt. 1 legge n. 1/1948 e 23 legge n. 87/1953, Dichiara non manifestamente infondata e rilevante ai fini del giudizio la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 19 legge 300/1970, nei sensi di cui in motivazione, per contrasto con gli artt. 3 e 39, comma 1, Cost.; Sospende il giudizio in corso ed ordina la immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa, nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri, e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Melfi, 26 novembre 2012 Il giudice del lavoro: Sciascia