N. 173 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 novembre 2012

Ordinanza del 28 novembre 2012 emessa  dal  Tribunale  di  Melfi  nei
procedimenti civili riuniti promossi da Fiom - Federazione  impiegati
operai metalmeccanici - Federazione  provinciale  di  Potenza  contro
SATA  -  Societa'  Autoveicoli  Tecnologie  Avanzate   Spa,   Sistemi
Sospensione Spa e Plastic Components & Modules Automotive Spa.. 
 
Lavoro e occupazione - Statuto dei lavoratori - Attivita' sindacale -
  Costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali - Limitazione
  alle  sole  associazioni  sindacali,  firmatarie  di  un  contratto
  collettivo  applicato  nell'unita'  produttiva  -  Violazione   dei
  principi di uguaglianza e di liberta' sindacale per  l'adozione  di
  un criterio che prescinde dall'effettiva  rappresentativita'  delle
  associazioni sindacali e dall'accesso e partecipazione delle stesse
  al negoziato. 
- Legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 19, lett. b). 
- Costituzione, artt. 3 e 39, primo comma. 
(GU n.34 del 21-8-2013 )
 
                            IL TRIBUNALE 
 
    Sciogliendo la riserva dell'udienza del 4 ottobre 2012, letti gli
atti ed i verbali di causa, ha emesso, la  seguente  ordinanza  nelle
controversie, ex art. 28 legge 300/1970, iscritte nel Ruolo  generale
delle controversie in materia di  lavoro,  previdenza  ed  assistenza
obbligatorie per l'anno 2012 sotto i numeri d'ordine 199,  207,  208,
riunite  nel  presente  procedimento,  vertenti   tra   «F.I.O.M.   -
Federazione  Impiegati  Operai  Metalmeccanici»  -   federazione   di
Potenza, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, da  un
lato, e «S.A.T.A. - Societa' Autoveicoli Tecnologie Avanzate»  s.p.a.
a socio unico, in persona  del  suo  procuratore  speciale,  «Sistemi
Sospensioni»  s.p.a.,  in  persona  del  suo  procuratore   speciale,
«Plastic Components & Modules Automotive» s.p.a., in persona del  suo
procuratore speciale, dall'altro. 
    Con i ricorsi depositati in data 5 e 6 aprile 2012 la federazione
provinciale di Potenza della  «F.I.O.M.»  conveniva  in  giudizio  le
societa' resistenti, formulando le seguenti conclusioni: 
        «a) Accertare e dichiarare l'antisindacalita' della condotta»
delle societa' resistenti «consistente: 
          1) nell'aver  negato  la  efficacia  e  legittimita'  delle
nomine dei dirigenti della Rappresentanza  Sindacale  Aziendale  FIOM
presso» le unita' produttive delle societa-resistenti; 
          2) «nell'aver negato il diritto all'esercizio  dei  diritti
di cui agli artt. 27 e  30  St.  Lav.  e  conseguentemente  nell'aver
limitato l'esercizio dell'attivita'  sindacale  presso»  le  societa'
convenute  «della  O.S.  ricorrente  attraverso  le  sue  diramazioni
periferiche e il conseguente uso dei diritti di  cui  al  Titolo  III
dello Statuto dei lavoratori»; 
          3) «nell'avere con la condotta di cui sopra gravemente leso
l'immagine  della  O.S.  ricorrente   quale   soggetto   contrattuale
rappresentativo, in generale  nei  confronti  dei  dipendenti»  delle
societa' convenute «ed in particolare nei  confronti  dei  lavoratori
iscritti alla FIOM che si vedono privati dalla  possibilita'  di  una
loro rappresentanza sindacale nel luogo di lavoro». 
        b) «Ordinare la cessazione della condotta e  comunque,  anche
ai fini della rimozione degli effetti della stessa: 
          1)  intimare  alla  societa'  qui  convenuta  ["S.A.T.A.  -
Societa' Autoveicoli Tecnologie Avanzate" s.p.a.,  n.d.r.]  (...)  di
nominare la RSA Fiom (...), di riconoscere la piena  legittimita'  ed
efficacia della nomina della RSA  Fiom  nelle  persone  di  cui  alle
comunicazioni del 16 gennaio 2012 e del 28 febbraio  2012  (...),  di
riconoscerla attribuendo ad essa  tutti  i  diritti  derivanti  dalla
legge e dal contratto e  di  dare  conferma  di  cio'  con  esplicita
dichiarazione scritta da inviare alla organizzazione  qui  ricorrente
ed a tutti i propri dipendenti»; 
          «intimare   alla   societa'   qui    convenuta    ["Sistemi
Sospensioni" s.p.a., n.d.r.] (...) di nominare la RSA Fiom (...),  di
riconoscere la piena legittimita' ed efficacia della nomina della RSA
Fiom nelle persone di cui alle  comunicazioni  del  10  gennaio  2012
(...), di riconoscerla attribuendo ad essa tutti i diritti  derivanti
dalla legge e dal contratto e di dare conferma di cio' con  esplicita
dichiarazione scritta da inviare alla organizzazione  qui  ricorrente
ed a tutti i propri dipendenti»; 
          «intimare alla societa' qui convenuta ["Plastic  Components
and Modules Automotive" s.p.a., n.d.r.] (...) di nominare la RSA Fiom
(...), di riconoscere la piena legittimita' ed efficacia della nomina
della RSA Fiom nelle persone di cui alle comunicazioni del 10 gennaio
2012 (...), di riconoscerla  attribuendo  ad  essa  tutti  i  diritti
derivanti dalla legge e dal contratto e di dare conferma di cio'  con
esplicita dichiarazione scritta da inviare  alla  organizzazione  qui
ricorrente ed a tutti i propri dipendenti»; 
          2)  «ordinare»  alle  societa'  convenute   «di   affiggere
l'emanando decreto in azienda in luogo accessibile  a  tutti  per  20
giorni, nonche' di pubblicarne copia integrale a  proprie  spese  sui
quotidiani La Repubblica, il Corriere della Sera, il Sole 24 Ore,  il
Manifesto, il Resto del Carlino e l'Unita', in  caratteri  doppi  del
normale e in dimensioni non inferiori a 40 moduli, entro gg. 15 dalla
pubblicazione del provvedimento», a spese delle societa' convenute. 
          3) «Condannare» le societa' convenute «alla refusione delle
spese di lite oltre spese generali ai sensi dell'art.  14  TP,  oltre
IVA e CPA». 
    Le societa' resistenti si costituivano in giudizio  chiedendo  di
«dichiarare inammissibile o  comunque  respingere  il  ricorso  e  le
domande tutte con esso proposte, con vittoria di spese competenze  ed
onorari (...)» di causa. 
    Al fine di decidere sulla domanda proposta, si ritiene  rilevante
e  non  manifestamente  infondata  la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 19 lett. b) della legge n. 300 del 1970, per
le ragioni di seguito esposte. 
    1. Al fine di un compiuto esame della presente controversia ed  a
quello di far emergere la rilevanza della questione  di  legittimita'
costituzionale  per  la  decisione  dei  ricorsi  in  esame,   appare
opportuno esporre sinteticamente gli elementi di  fatto  che  l'hanno
originata e che assumono rilievo. 
    In data 20 gennaio 2008 veniva sottoscritto in Roma il  Contratto
collettivo nazionale di lavoro per le  lavoratrici  ed  i  lavoratori
addetti all'industria metalmeccanica privata ed alla installazione di
impianti (che, all'art. 2  della  sezione  III,  prevedeva  di  avere
vigore dal 1° gennaio  2008  al  31  dicembre  2011),  di  cui  erano
firmatari, tra gli altri, «Federmeccanica - Confindustria» e «FIOM  -
CGIL». 
    In data 15 ottobre 2009 veniva sottoscritto in Roma il  Contratto
collettivo nazionale di lavoro per i lavoratori addetti all'industria
metalmeccanica  privata  ed  alla  installazione  di  impianti  (che,
all'art. 2 della sezione III, prevede di avere vigore dal 1°  gennaio
2010 al 31 dicembre 2012), firmato da «Federmeccanica»  e  «Assistal»
(con l'assistenza della Confindustria), FIM (con  l'assistenza  della
CISL), UILM (con l'assistenza della UIL). 
    Con nota in data 22  settembre  2010,  Federmeccanica  comunicava
alla segreteria nazionale di FIOM la disdetta  del  CCNL  20  gennaio
2008 e  la  propria  volonta'  di  recedere  dallo  stesso  contratto
collettivo,  dal  momento   in   cui   sarebbe   divenuta   operativa
l'ultrattivita' ivi disciplinata, ferme restando la legittimita' e la
validita' dell'Accordo del 15 ottobre 2009  che  aveva  rinnovato  il
CCNL 20 gennaio 2008. 
    In  data  28  giugno  2011,  Confindustria,  CGIL,  CISL  e   UIL
stipulavano un  Accordo  interconfederale  in  cui  si  prevede,  tra
l'altro, che «3. la contrattazione collettiva aziendale  si  esercita
per  le  materie  delegate,  in  tutto  o  in  parte,  dal  contratto
collettivo nazionale di lavoro di categoria o dalla legge»; che «4. i
contratti collettivi aziendali per le parti  economiche  e  normative
sono efficaci per tutto il personale in forza e  vincolano  tutte  le
associazioni sindacali, espressione  delle  Confederazioni  sindacali
firmatarie   del   presente   accordo   interconfederale,    operanti
all'interno  dell'azienda,  se  approvati   dalla   maggioranza   dei
componenti delle rappresentanze sindacali unitarie elette secondo  le
regole interconfederali vigenti»; che «5. In caso di  presenza  delle
rappresentanze sindacali aziendali costituite ex art. 19 della  legge
n. 300/70, i suddetti contratti collettivi aziendali  esplicano  pari
efficacia  se  approvati  dalle  rappresentanze  sindacali  aziendali
costituite   nell'ambito   delle    associazioni    sindacali    che,
singolarmente  o  insieme  ad  altre,  risultino  destinatarie  della
maggioranza delle deleghe relative ai contributi sindacali  conferite
dai lavoratori dell'azienda nell'anno  precedente  a  quello  in  cui
avviene  la  stipulazione,   rilevati   e   comunicati   direttamente
dall'azienda. (...)». 
    In data 30 settembre  2011  «FIAT»  s.p.a.  e  «FIAT  Industrial»
confermavano a «Confindustria» la volonta', gia' preannunciata  nella
lettera del 30 giugno 2011, di uscire da  Confindustria  con  effetto
dal  1°  gennaio  2012  (cfr.  doc.  7  della  produzione  di   parte
resistente). 
    In data 30 settembre 2011 «FIAT»  s.p.a.,  facendo  seguito  alla
lettera del 30 giugno 2011, confermava a «Confindustria - Basilicata»
la  revoca  dell'iscrizione  da  tale  associazione  e  chiedeva   la
cancellazione dall'anagrafica delle societa'  «Plastic  Components  &
Modules  Automotive»  s.p.a.,  «S.A.T.A.»  s.p.a.  «Sistemi   comandi
meccanici» s.p.a., «Sistemi sospensioni» s.p.a., «Sirio» s.c.p.a.. In
data 13 dicembre 2011, in Torino, «FIAT» s.p.a. e «FIAT  Industrial»,
da un lato, e «FIM-CISL», «UILM-UIL», «FISMIC», «UGL  Metalmeccanici»
e «Associazione Quadri e  Capi  FIAT»,  dall'altro,  sottoscrivevano,
nella sua stesura definitiva, il Contratto  Collettivo  Specifico  di
Lavoro (CCSL) di primo livello del 29 dicembre 2010. 
    In data 13 dicembre 2011 «S.A.T.A.» s.p.a.,  da  un  lato,  e  le
articolazioni  territoriali   delle   sopra   indicate   associazioni
sindacali nazionali convenivano che, dal 1° gennaio 2012: 
        a tutti i lavoratori della societa' SATA si sarebbe applicato
il suddetto  CCSL,  in  quanto  del  tutto  idoneo  a  sostituire  il
contratto collettivo nazionale per i lavoratori addetti all'industria
metalmeccanica; 
        la SATA, non aderendo al sistema confindustriale, non avrebbe
applicato la contrattualistica definita nell'ambito dello stesso; 
        l'unica  contrattazione  collettiva   che   avrebbe   trovato
applicazione nella societa' SATA sarebbe stata quella di cui al  CCSL
di primo livello e dei conseguenti specifici accordi  aziendali,  con
espressa  esclusione  di  ogni  altra  possibile  fonte  contrattuale
confederale, nazionale, territoriale e aziendale; 
        la Societa' avrebbe inviato ai lavoratori  una  comunicazione
circa l'applicazione dal 1° gennaio  2012  del  Contratto  Collettivo
Specifico   di   Lavoro   di   primo   livello,   con   l'indicazione
dell'inquadramento professionale e della retribuzione. 
    In data 10 gennaio 2012 FIOM comunicava a «Plastic  Components  &
Modules Automotive» s.p.a.  ed  a  «Sistemi  Sospensioni»  s.p.a.  la
nomina, rispettivamente, di n. 3 e n. 2  lavoratori,  indicati  quali
dirigenti della rappresentanza sindacale  aziendale  della  FIOM-CGIL
presso le relative unita' produttive. 
    In data 12 gennaio 2012 «Plastic Components & Modules Automotive»
s.p.a. e «Sistemi Sospensioni» s.p.a., a mezzo di nota a firma  degli
avvocati Dirutigliano e Ropolo, comunicava di non  poter  considerare
efficaci le nomine suddette, in mancanza  delle  condizioni  previste
dall'art. 19 legge 300/1970, non avendo la FIOM sottoscritto il  CCSL
di primo livello del 29 dicembre 2010 nella  sua  stesura  definitiva
del 13 dicembre 2011. 
    In data 16 gennaio 2012 FIOM comunicava a SATA la  nomina  di  15
lavoratori indicati quali dirigenti  della  rappresentanza  sindacale
aziendale della FIOM-CGIL presso la relativa unita' produttiva. 
    In data 18 gennaio 2012 SATA, a mezzo di nota a  firma  dell'avv.
Francesco Amendolito, comunicava di non poter considerare efficaci le
nomine suddette, in mancanza delle condizioni previste  dall'art.  19
legge 300/1970, non avendo la FIOM  sottoscritto  il  CCSL  di  primo
livello del 29 dicembre 2010 nella  sua  stesura  definitiva  del  13
dicembre 2011. 
    In data 21 febbraio 2012 FIOM chiedeva a  «Plastic  Components  &
Modules Automotive» s.p.a.  ed  a  «Sistemi  Sospensioni»  s.p.a.  la
concessione di un permesso sindacale  retribuito  per  il  giorno  23
febbraio 2012 in  favore  dei  lavoratori  nominati  dirigenti  delle
suddette  rappresentanze  sindacali   aziendali,   in   qualita'   di
componenti del direttivo della FIOM-CGIL della provincia di Potenza. 
    Con nota in  data  22  febbraio  2012,  a  firma  degli  avvocati
Dirutigliano e Ropolo, «Plastic Components Modules Automotive» s.p.a.
e  «Sistemi  Sospensioni»  s.p.a.  negavano  i  permessi   richiesti,
rilevando che  l'art.  30  legge  300/1970  riconosce  il  diritto  a
permessi retribuiti ai componenti degli organi direttivi  provinciali
e  nazionali  delle  sole  associazioni  di  cui  all'art.  19  legge
300/1970. 
    In data 16 febbraio 2012 FIOM chiedeva a SATA la  concessione  di
un permesso sindacale retribuito per il giorno 21  febbraio  2012  in
favore dei suddetti 15 lavoratori (nominati dirigenti della  suddetta
rappresentanza sindacale aziendale), in qualita'  di  componenti  del
direttivo della FIOM-CGIL della provincia di Potenza. 
    Con nota in  data  17  febbraio  2012,  a  firma  degli  avvocati
Francesco Amendolito  e  Maria  Di  Biase,  SATA  negava  i  permessi
richiesti, affermando che non  sussistevano  i  presupposti  previsti
dall'art. 30 legge 300/1970  per  il  riconoscimento  del  diritto  a
permessi retribuiti in favore dei componenti degli  organi  direttivi
provinciali  delle  associazioni  sindacali,  non  avendo   la   FIOM
sottoscritto il CCSL di primo livello del 29 dicembre 2010 nella  sua
stesura definitiva del 13 dicembre 2011. 
    In data  28  febbraio  2012  FIOM  comunicava  a  SATA  di  voler
integrare la nomina della RSA effettuata  precedentemente,  nominando
quali ulteriori dirigenti  della  suddetta  rappresentanza  sindacale
aziendale altri due lavoratori, per un totale complessivo  di  n.  17
lavoratori. 
    2. La questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  19,
lett. b), dello Statuto dei lavoratori e'  rilevante  in  quanto,  se
tale  norma  fosse  dichiarata  costituzionalmente  illegittima,   il
mancato riconoscimento dell'efficacia delle delibere  di  nomina  dei
dirigenti della R.S.A. FIOM - CGIL e, piu' in generale, il rifiuto di
riconoscere ai lavoratori iscritti alla FIOM il diritto di costituire
le  RSA  e  di  godere  dei  diritti   previsti   dal   titolo   III,
integrerebbero il requisito dell'antisindacalita' di cui all'art.  28
della legge n. 300/1970. 
    Peraltro, non pare di ostacolo all'ammissibilita' della questione
di legittimita' costituzionale la natura del  procedimento  ai  sensi
dell'art. 28 dello Statuto dei lavoratori. 
    Come la Corte costituzionale ha avuto modo di  statuire,  poiche'
«(...) l'azione ex art. 28  (...)  e'  diretta  a  (...)  una  tutela
inibitoria di un comportamento continuato con effetti permanenti,  la
prospettazione (...) di  illegittimita'  costituzionale  della  norma
permissiva della condotta denunciata e' idonea a fondare  la  domanda
di pronuncia dell'ordine giudiziale di cessazione del comportamento e
di rimozione degli effetti, subordinatamente  alla  condizione  della
sopravvenienza  di  una  sentenza  costituzionale  che  ne  determini
l'illegittimita'.   Ne'   varrebbe   replicare    che    l'ipotizzata
dichiarazione   di   illegittimita'   costituzionale   dell'art.   19
indurrebbe  presumibilmente  il  datore   di   lavoro   a   desistere
spontaneamente, perche' anche in questa  prospettiva  l'incidente  di
costituzionalita' conserverebbe  rilevanza  per  la  definizione  del
giudizio principale, il quale si chiuderebbe con un provvedimento  di
merito motivato dalla cessazione della materia del contendere» (Corte
cost., n. 244/1996). 
    3. La rilevanza della questione di legittimita' costituzionale e'
confermata  dalla  circostanza  che  non  sussistono,   allo   stato,
contratti collettivi di lavoro applicati nelle unita'  produttive  in
questione e sottoscritti dall'organizzazione sindacale ricorrente. 
    La domanda di dichiarare l'antisindacalita' della condotta tenuta
dalle societa' convenute e di ordinare loro di riconoscere  efficacia
alla nomina della R.S.A.  da  essa  effettuata,  con  il  conseguente
riconoscimento  dei  diritti  attribuiti  dalla   legge,   si   fonda
sull'argomentazione principale della perdurante  efficacia  del  CCNL
del 20 gennaio 2008. 
    Tale  contratto,  sottoscritto   anche   dalla   FIOM,   dovrebbe
considerarsi ancora «applicato» nelle unita' produttive in questione,
con la conseguenza che tale organizzazione sindacale avrebbe  diritto
a costituire una propria rappresentanza sindacale aziendale, ai sensi
dell'art. 19, comma 1, legge 300/1970,  secondo  cui  «Rappresentanze
sindacali aziendali  possono  essere  costituite  ad  iniziativa  dei
lavoratori  in  ogni  unita'  produttiva,   nell'ambito:   b)   delle
associazioni sindacali che siano firmatarie di  contratti  collettivi
di lavoro applicati nell'unita' produttiva». Ne deriverebbe anche  il
diritto ai permessi retribuiti di cui  agli  articoli  23,  comma  1,
(secondo cui «I dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali di
cui all'art. 19 hanno diritto, per l'espletamento del loro mandato, a
permessi retribuiti») e 30 legge 300/1970 (secondo cui «I  componenti
di organi direttivi, provinciali e nazionali, delle  associazioni  di
cui all'art. 19 hanno diritto a permessi retribuiti, secondo le norme
dei contratti di lavoro, per la partecipazione  alle  riunioni  degli
organi suddetti»). 
    Parte ricorrente sostiene che il CCNL 20  gennaio  2008  dovrebbe
continuare a trovare applicazione, almeno per i  lavoratori  iscritti
alla FIOM, in virtu'  della  clausola  contrattuale  contenuta  nella
sezione III, art. 2, comma 3, del CCNL, secondo cui «Il Contratto  si
intendera' rinnovato secondo la durata di  cui  al  primo  comma  [di
quattro anni, n.d.r.] se non disdetto, tre mesi prima della scadenza,
con raccomandata a.r.. In caso  di  disdetta  il  presente  Contratto
restera' in vigore fino a che non sia stato sostituito dal successivo
Contratto nazionale». 
    Giova rammentare, in fatto, che il CCNL del 20 gennaio  2008  era
stato sottoscritto da «Federmeccanica» e «Assistal» (con l'assistenza
della Confindustria), da un lato, e da FIM  (assistita  dalla  CISL),
FIOM (assistita dalla CGIL) e UILM (assistita dalla UIL), dall'altro. 
    Con  la  raccomandata  del  22  settembre  2010,   Federmeccanica
comunicava alla FIOM la disdetta del CCNL 2008 e,  nel  contempo,  di
voler recedere da tale contratto collettivo, con effetto dal  momento
in  cui  sarebbe  divenuta  operativa  l'ultrattivita'  prevista  dal
secondo periodo del comma 3 del suddetto art. 2. 
    Tale nota di Federmeccanica, in sostanza,  conteneva  due  negozi
unilaterali,  quali,  in  primo  luogo,  la  disdetta  del  contratto
collettivo sottoscritto, in modo tale da impedirne il tacito  rinnovo
al momento della scadenza; in secondo luogo  il  recesso  unilaterale
dallo  stesso  contratto  collettivo  per  il   periodo   della   sua
ultrattivita', prevista dal citato art. 2, comma 3, secondo periodo. 
    Si deve ritenere che la disdetta dichiarata da Federmeccanica (in
qualita', per quanto specificamente rileva in relazione alla presente
controversia, di rappresentante, all'epoca, anche delle societa'  del
Gruppo FIAT) sia stata  perfettamente  valida  ed  efficace,  essendo
stata effettuata nel rispetto  delle  regole  previste  dallo  stesso
contratto collettivo, in quanto comunicata a controparte con notevole
anticipo rispetto al termine di tre mesi  prima  della  scadenza  del
contratto stesso, previsto dalla citata clausola contrattuale. 
    Allo stesso modo,  l'atto  di  recesso  unilaterale  compiuto  da
Federmeccanica deve considerarsi  valido  e  produttivo  dell'effetto
estintivo dell'efficacia del CCNL in questione. 
    E'  pacifico,  infatti,  che  la  comunicazione  di  disdetta  ha
impedito che si verificasse il  tacito  rinnovo  del  contratto  alla
prevista scadenza del 31 dicembre 2011. 
    Il citato art. 2, comma 3, secondo periodo, della sezione III del
CCNL 2008 - giova ricordarlo - prevede che «In caso  di  disdetta  il
presente Contratto restera' in  vigore  fino  a  che  non  sia  stato
sostituito dal successivo Contratto nazionale». 
    Si deve ritenere, in primo luogo, che il contratto collettivo del
2008 non sia stato sostituito, nei rapporti tra la  Federmeccanica  e
la FIOM, dal contratto collettivo del 15 ottobre  2009,  sottoscritto
da  Federmeccanica  con  altre   organizzazioni   sindacali   diverse
dall'odierna ricorrente. Cio'  deriva  dalla  considerazione  che  il
contratto  costituisce  in  capo  alle  parti  situazioni  giuridiche
soggettive, attive e passive, per la cui estinzione non  puo'  essere
sufficiente il consenso prestato da altre parti aderenti al  medesimo
contratto. L'eventuale volonta' delle parti contraenti di regolare  i
rapporti contrattuali non piu' base all'accordo raggiunto, bensi'  in
applicazione di diverse norme  contrattuali  concordate  dalle  altre
parti dello stesso contratto plurilaterale,  quindi,  sarebbe  dovuta
essere dichiarata espressamente (1) . 
    Il che non e' avvenuto in relazione alla clausola contrattuale in
esame, operando essa  un  generale  rinvio  al  successivo  contratto
nazionale, senza  specificare  espressamente  che  potesse  trattarsi
anche di un contratto  collettivo  nazionale  non  stipulato  tra  le
stesse parti originariamente contraenti. 
    Pertanto, alla data del 31  dicembre  2011  (momento  in  cui  e'
scaduto il periodo di vigore del contratto originariamente previsto),
il contratto collettivo  del  2008,  e'  divenuto,  in  virtu'  della
clausola di cui al secondo periodo del comma 3  dell'art.  2,  ed  in
mancanza di un nuovo contratto collettivo  stipulato  tra  le  stesse
parti, un contratto a tempo  indeterminato,  prevedendo  la  clausola
contrattuale in esame la coincidenza tra  il  momento  di  cessazione
dell'efficacia del CCNL  e  quello  in  cui  si  fosse  raggiunto  un
successivo accordo, evento incerto sia nell'an che nel quando. 
    Acclarata la natura di contratto a  tempo  indeterminato  propria
del CCNL 2008, a partire dal momento della sua ordinaria scadenza (31
dicembre 2011), ci si deve chiedere se le parti di un tale  contratto
possano  liberamente  recedere  dallo  stesso  per  effetto  di   una
dichiarazione  unilaterale  di  volonta'  (come  quella  espressa  da
Federmeccanica con la nota in data 22 settembre 2010). 
    Soccorre,  in  proposito,  la  giurisprudenza  di   legittimita',
secondo cui «Il contratto collettivo, senza predeterminazione  di  un
termine di efficacia, non puo' vincolare per sempre  tutte  le  parti
contraenti, perche' finirebbe in tal caso per vanificarsi la causa  e
la  funzione  sociale  della  contrattazione   collettiva,   la   cui
disciplina,  da   sempre   modellata   su   termini   temporali   non
eccessivamente dilatati,  deve  parametrarsi  su  una  realta'  socio
economica in continua evoluzione, sicche' a  tale  contrattazione  va
estesa la  regola,  di  generale  applicazione  nei  negozi  privati,
secondo cui il recesso unilaterale rappresenta  una  causa  estintiva
ordinaria di qualsiasi rapporto di durata a tempo indeterminato,  che
risponde all'esigenza di evitare - nel rispetto dei criteri di  buona
fede e correttezza nell'esecuzione del contratto - la perpetuita' del
vincolo obbligatorio» (cosi' Cass., sez.  Lavoro,  n.  18548  del  20
agosto 2009; si confronti, in termini analoghi, Cass. sez. Lavoro, n.
19351 del 18 settembre 2007). 
    Tale affermazione rinviene da una giurisprudenza  piu'  risalente
della Corte di cassazione  -  che  il  rimettente  ritiene  di  dover
condividere   -   secondo   cui   «A   seguito   della   soppressione
dell'ordinamento corporativo e della mancata attuazione dell'art.  39
della  Costituzione,  il  contratto  collettivo  spiega  la   propria
operativita'  nell'area  della  autonomia   privata,   per   cui   la
regolamentazione  ad  esso  applicabile  e'  quella  dettata  per   i
contratti in generale, e non  quella  dei  contratti  collettivi;  ne
consegue che deve ammettersi la possibilita' che  accordi  collettivi
vengano stipulati a tempo indeterminato, ma in questo caso va ammessa
anche  la  facolta'  di  recesso  unilaterale,  in  quanto  essa   e'
rispondente  all'esigenza  di  evitare  la  perpetuita'  del  vincolo
obbligatorio anche in relazione ai contratti  collettivi  di  diritto
comune» (Cass., sez. Lavoro, n. 14827 del 18 ottobre 2002). 
    Si  deve   ritenere,   pertanto,   alla   luce   del   riportato,
condivisibile, orientamento giurisprudenziale, che  il  CCNL  del  20
gennaio 2008 abbia cessato, dalla data della sua ordinaria  scadenza,
di produrre effetti tra le parti stipulanti che non avevano raggiunto
un nuovo accordo nel CCNL del 15 ottobre 2009,  quali  Federmeccanica
(in nome e per conto di tutti i soggetti  da  essa  rappresentati  al
momento della conclusione del contratto) e FIOM. 
    4. Ne' si puo' ritenere di poter individuare contratti collettivi
applicati  nelle  unita'  produttive  in  questione   negli   accordi
«Cometa»,   «Fasifiat»,   «Fondimpresa»   e    «CAE»,    sottoscritti
dall'organizzazione sindacale ricorrente. 
    Quanto all'accordo relativo  al  c.d.  «Fondo  Cometa»,  si  deve
rilevare che, in base all'art. 19 del Contratto collettivo  specifico
di lavoro (attualmente  applicato  presso  le  unita'  produttive  in
argomento e non sottoscritto dall'associazione sindacale ricorrente),
«La   copertura   delle   prestazioni   concernenti   la   previdenza
complementare e' assicurata tramite l'adesione al fondo Cometa (...).
La contribuzione per il fondo  pensione  Cometa  (...)  e'  stabilita
dalla contrattazione aziendale, come da allegato n. 7 e,  in  carenza
di questa, dalle fonti contrattuali dei relativi fondi». 
    La   regolamentazione   del   fondo   aziendale   di   previdenza
complementare,  quindi,  e'  affidata  alla   stessa   contrattazione
aziendale, ed, in particolare, all'accordo aziendale, allegato  n.  7
al  C.C.S.L.,  neppure  sottoscritto  dall'organizzazione   sindacale
ricorrente. Essendo il rinvio alle «fonti contrattuali  dei  relativi
fondi» meramente ipotetico ed eventuale  (riferito,  cioe',  al  caso
della carenza della contrattazione collettiva aziendale in  materia),
si deve ritenere che l'accordo istitutivo del fondo, stipulato  anche
dall'associazione sindacale ricorrente, non sia attualmente applicato
presso le suddette unita' produttive. 
    Per quanto  riguarda,  poi,  il  fondo  di  assistenza  sanitaria
integrativa, c.d. «Fasifiat», si deve rilevare che esso e' richiamato
dall'art. 20 del C.C.S.L., secondo cui  «Le  Parti  concordano  sulla
volonta' di  assicurare  l'assistenza  sanitaria  integrativa:  -  ai
lavoratori con  qualifica  di  operaio  o  di  impiegato,  attraverso
l'adesione al Fondo Integrativo del Servizio Sanitario Nazionale  del
Gruppo Fiat,  in  breve  FASIFIAT,  ferma  restando  la  conferma  di
mantenere la continuita' dell'adesione per i lavoratori gia' iscritti
alla data del 31 dicembre 2011; - (...).  A  questo  scopo  le  Parti
concordano sulla  necessita'  di  adattare  la  struttura  dei  Fondi
FASIFIAT e FASIQ, superando quanto  previsto  in  base  agli  accordi
istitutivi e con il presente Contratto collettivo  stabiliscono  -  a
integrazione e modifica dell'accordo istitutivo - che a decorrere dal
1° gennaio 2012 il  (...)  FASIFIAT  assuma  carattere  di  forma  di
assistenza sanitaria integrativa specifica del presente Contratto,  a
favore di tutte le societa' appartenenti ai Gruppi (...)». 
    Orbene, in disparte la  questione  se  l'accordo  istitutivo  del
fondo di assistenza sanitaria integrativa, sottoscritto  anche  dalla
ricorrente, possa considerarsi «applicato» nelle unita' produttive in
questione,  tenuto  conto  dell'impegno  al  superamento  di   quanto
previsto dagli accordi istitutivi, si deve  rilevare,  svolgendo  una
considerazione valida anche  per  il  suddetto  fondo  di  previdenza
complementare, che, secondo  la  giurisprudenza  della  stessa  Corte
costituzionale, non e' «sufficiente la stipulazione di  un  contratto
qualsiasi, ma deve trattarsi di un contratto normativo che regoli  in
modo organico i rapporti di  lavoro,  almeno  per  un  settore  o  un
istituto importante della loro disciplina, anche in via  integrativa,
a livello aziendale, di un contratto  nazionale  o  provinciale  gia'
applicato nella stessa unita' produttiva» (Corte cost. n. 244 del  12
luglio 1996) (2) . 
    Pare  difficile  sostenere,  quindi,   che   l'accordo   relativo
all'assistenza sanitaria integrativa (cosi' come quello in materia di
previdenza complementare) si configuri come un  contratto  collettivo
di contenuto normativo, destinato a  regolare  in  modo  organico  il
rapporto di lavoro. 
    Quanto, poi, all'accordo istitutivo del  c.d.  «Fondimpresa»,  va
ancora rilevato che tale accordo  non  e'  stato  sottoscritto  dalla
FIOM,  bensi'  dalla  CGIL,  confederazione  sindacale   alla   quale
l'associazione ricorrente aderisce, senza, tuttavia, che  cio'  possa
conferire alcun argomento nel  senso  della  perdurante  applicazione
nelle  unita'  produttive  in  esame  di  un   contratto   collettivo
sottoscritto  dalla  FIOM  stessa,  apparendo  chiaro  che  la  norma
dell'art. 19 richiede la sottoscrizione  del  sindacato  che  intende
costituire la rappresentanza sindacale aziendale, e non quella  della
corrispondente confederazione di appartenenza. 
    Si deve esaminare da ultimo la questione se l'accordo,  istituivo
del Comitato Aziendale Europeo (CAE),  stipulato  da  FIAT  s.p.a.  e
l'Unione Industriali di  Torino,  da  una  parte,  e  la  Federazione
Europea  dei  Metalmeccanici,   FIM-CISL,   UILM-UIL   e   FIOM-CGIL,
dall'altra  parte,  costituisca  un  contratto  collettivo  applicato
presso le unita' produttive, ai sensi dell'art. 19 legge 300/1970. 
    Per risolvere la questione appare  necessario  richiamare  quanto
affermato dalla Corte costituzionale e dalla Corte di  cassazione  in
ordine  alla  necessita',  ai   fini   del   diritto   a   costituire
rappresentanze sindacali aziendali,  che  l'organizzazione  sindacale
abbia sottoscritto un contratto collettivo normativo, che  regoli  in
modo organico i rapporti di lavoro,  «e  non  anche  (...)  contratti
gestionali, che non rientrano nella previsione  di  cui  all'art.  39
Cost.  e  non  sono,  per  loro  natura,   atti   a   comprovare   la
rappresentativita' richiesta dalla norma»  (Cass.,  sez.  Lavoro,  n.
19275 dell'11 luglio 2008). 
    L'accordo in esame, istitutivo del Comitato aziendale europeo, si
configura  come  contratto  collettivo  dal  contenuto  eminentemente
obbligatorio, e non di carattere normativo, con  la  conseguenza  che
esso, pur costituendo una palese attestazione  della  sussistenza  di
un'effettiva  capacita'  rappresentativa  in  capo   all'associazione
sindacale FIOM,  non  rientra  tra  i  contratti  collettivi  di  cui
all'art. 19 legge 300/1970. 
    5. A conferma della  rilevanza  della  questione  ai  fini  della
soluzione  della  controversia,  inoltre,  deve  essere  sottolineata
l'impossibilita'     di     addivenire     ad      un'interpretazione
costituzionalmente  orientata  dell'art.  19  lett.   b).   Qualsiasi
tentativo in tal senso si pone in  contrasto  con  la  lettera  della
norma in esame. 
    La  formulazione  letterale   dell'articolo   e'   frutto   della
consultazione referendaria indetta con decreto del  Presidente  della
Repubblica 5 aprile 1995, n. 312, che  ha  privato  l'art.  19  della
lettera  a)  e  lo  ha  modificato  nella  lettera   b),   attraverso
l'eliminazione del riferimento al carattere nazionale  o  provinciale
della contrattazione sottoscritta dall'associazione sindacale. 
    Non vi e' dubbio che la lettera  della  disposizione,  risultante
dall'ablazione referendaria, miri ad introdurre  una  presunzione  di
maggiore rappresentativita'  ricavata  dall'effettivita'  dell'azione
sindacale espressa dall'unico indice costituito dalla  sottoscrizione
del contratto collettivo applicato nell'unita' produttiva. 
    La Corte costituzionale, nella sentenza n. 492/1995, ha  ribadito
che, a seguito dell'abrogazione dell'espressione di cui alla  lettera
a) dell'art. 19, il criterio  della  maggiore  rappresentativita'  ha
mantenuto inalterata la sua rilevanza  essendo  il  riferimento  alle
associazioni sindacali firmatarie di contratti  collettivi  applicati
nell'unita' produttiva,  di  cui  alla  lettera  b),  null'altro  che
presunzione  della   maggiore   rappresentativita'   ricavata   dalla
effettivita' dell'azione sindacale. 
    Successivamente,  il  Giudice  delle  leggi,  nella  sentenza  n.
244/1996,  prendendo  atto  del  rifiuto,  ad  opera  della  volonta'
popolare,  del  principio  di  rappresentativita'  presunta   sotteso
all'abrogata lettera a), ha  ritenuto  la  permanente  validita'  del
criterio di cui  alla  lettera  b),  esteso  all'intera  gamma  della
contrattazione  collettiva,  perche'  comunque  corrispondente  «allo
strumento di misurazione della forza di un sindacato, e  di  riflesso
della sua rappresentativita',  tipicamente  proprio  dell'ordinamento
sindacale». 
    In  tale  ultima  sentenza,  nel  giudicare  della   legittimita'
dell'art. 19, lett. b), legge 300/19720, in riferimento agli articoli
3  e  39  Cost.,  la  Corte  ha,  da  un  lato,   confermato   quanto
precedentemente  statuito  [l'art.   19   «valorizza   l'effettivita'
dell'azione   sindacale,   desumibile   dalla   partecipazione   alla
formazione della  normativa  contrattuale  collettiva»  (sentenza  n.
492/1995) quale  indicatore  di  rappresentativita'  gia'  apprezzato
dalla sentenza n. 54/1974 come «non  attribuibile  arbitrariamente  o
artificialmente, ma sempre direttamente conseguibile  e  realizzabile
da ogni associazione sindacale in  base  a  propri  atti  concreti  e
oggettivamente accertabili dal giudice»]; dall'altro, ha escluso ogni
vizio di legittimita' costituzionale dell'art. 19,  lett.  b),  legge
300/1970. 
    A parere della Corte, infatti, «(...) la  norma  impugnata  (...)
non viola l'art. 39 Cost perche' le  norme  di  sostegno  dell'azione
sindacale nelle unita' produttive, in quanto sopravanzano la garanzia
costituzionale della liberta' sindacale, ben possono essere riservate
a   certi   sindacati   identificati    mediante    criteri    scelti
discrezionalmente nei limiti della razionalita'; non viola  l'art.  3
Cost. perche', una volta riconosciuto  il  potere  discrezionale  del
legislatore  di  selezionare  i  beneficiari  di  quelle  norme,   le
associazioni   sindacali   rappresentate   nelle   aziende    vengono
differenziate in base  a  (ragionevoli)  criteri  prestabiliti  dalla
legge,  di  guisa  che  la  possibilita'  di  dimostrare  la  propria
rappresentativita' per altre vie  diventa  irrilevante  ai  fini  del
principio di eguaglianza». 
    A  parere  della  Corte,  la  sottoscrizione  di   un   contratto
collettivo applicato nell'unita' produttiva giustifica la presunzione
legale   di   rappresentativita'   del   sindacato   perche'   quella
sottoscrizione da' la misura della forza del sindacato. 
    In altre parole, un sindacato  che  abbia  firmato  un  contratto
collettivo  (anche  di  livello  aziendale)   applicato   nell'unita'
produttiva e', per cio' stesso, forte, al punto tale da poter  essere
considerato rappresentativo e quindi meritevole della maggior  tutela
concessa dal titolo III dello Statuto. 
    Alla luce di queste premesse, si  deve  rilevare  che  il  tenore
letterale  dell'art.  19,  lett.  b),  e'  coerente  con  lo   scopo,
perseguito dal legislatore, di attribuire  valore  alle  associazioni
sindacali  che,  attraverso  la  partecipazione  alla  contrattazione
collettiva applicata nell'unita' produttiva, dimostrino  un'effettiva
capacita' di rappresentanza degli interessi dei lavoratori coinvolti. 
    L'univocita' della disposizione esclude che  il  giudice  comune,
attraverso gli strumenti interpretativi di cui dispone, possa forzare
il dato letterale della norma, sino  ad  attribuirle  un  significato
volto ad ancorare la rappresentativita',  nonche'  la  selezione  dei
soggetti destinatari delle norme di  protezione,  a  criteri  diversi
dalla  partecipazione  al  processo  di  contrattazione   collettiva,
desumibile dalla sottoscrizione del contratto. 
    Eppure,     proprio     l'individuazione      della      maggiore
rappresentativita' attraverso l'esclusivo criterio della stipula  del
contratto collettivo effettivamente applicato nell'unita'  produttiva
potrebbe conferire alla norma un  significato  incompatibile  con  il
dato costituzionale. 
    6. La questione della conformita' della norma dell'art. 19  legge
300/1970 alle disposizioni costituzionali potrebbe costituire oggetto
di una nuova valutazione da parte della  Corte  costituzionale,  alla
luce dei mutamenti intercorsi nelle relazioni sindacali degli  ultimi
anni. 
    Tali  cambiamenti  inducono  a   riproporre   la   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 19, lett. b),  legge  300/1970,
in relazione all'art. 3, comma 2,  Cost.,  nella  parte  in  cui  non
prevede  che  rappresentanze  sindacali  aziendali   possano   essere
costituite ad iniziativa dei lavoratori in  ogni  unita'  produttiva,
nell'ambito    delle    associazioni     sindacali     effettivamente
rappresentative, indipendentemente dalla circostanza che  esse  siano
firmatarie di contratti collettivi di  lavoro  applicati  nell'unita'
produttiva. 
    6.1. La decisione assunta dal Giudice delle leggi nel  1996  deve
essere  considerata  tenendo  presente  il  sistema  delle  relazioni
sindacali in quegli anni. 
    Durante gli anni a cavallo del referendum,  e  per  diversi  anni
successivi, i sindacati maggiormente  rappresentativi  tendevano,  di
norma, a sottoscrivere tutti i contratti collettivi,  nel  senso  che
non  vi  erano,  normalmente,  contratti  collettivi  se  non  quelli
sottoscritti unitariamente dai sindacati aderenti alle confederazioni
maggiormente rappresentative, Cgil, Cisl e Uil. 
    La  coincidenza  indicata  dalla  Corte  costituzionale  tra   la
sottoscrizione  del  contratto  collettivo  di  lavoro  applicato  in
azienda e la rappresentativita' sindacale, lungi dal  costituire  una
tautologia, si  innestava  sul  presupposto  storico  dell'unita'  di
azione dei sindacati maggiormente rappresentativi  e  della  unitaria
sottoscrizione dei contratti collettivi di lavoro. 
    Le questioni di legittimita' costituzionale  dell'art.  19  legge
300/1970,  compresa  quella  decisa  con  la  sentenza  n.  244/1996,
infatti,  furono  sollevate  in  procedimenti  promossi,   ai   sensi
dell'art. 28 legge 300/1970, da associazioni  sindacali  minoritarie,
al fine di contestare la riserva delle prerogative di cui  al  titolo
III ai soli sindacati firmatari di contratti. 
    La Corte respinse tali eccezioni sottolineando, anche  attraverso
il richiamo a precedenti pronunce (quali le  sentenze  nn.  492/1995,
334/1988,  30/1990,  334/1988,  54/1974),  la  duplice  esigenza   di
assicurare  misure  di  sostegno  a   favore   delle   organizzazioni
maggiormente in grado di tutelare gli interessi dei lavoratori  e  di
evitare che un'eccessiva  estensione  della  platea  dei  beneficiari
potesse vanificare gli scopi delle norme di promozione. 
    6.2. Lo scenario delle attuali relazioni sindacali, quale  emerge
dalla ricostruzione fatta nei ricorsi ex art.  28  legge  300/1970  e
nelle memorie di costituzione, e' invece caratterizzato dalla rottura
dell'unita'   di    azione    delle    organizzazioni    maggiormente
rappresentative,  dalla  conclusione  di  contratti  collettivi  c.d.
separati ed, in particolare, da una  serie  di  iniziative  poste  in
essere dal Gruppo FIAT, di cui le societa' convenute fanno parte, che
ha portato alla creazione di un nuovo sistema contrattuale. 
    FIAT s.p.a. e FIAT Industrial, uscite dal sistema confindustriale
con effetto dal 1° gennaio 2012, hanno sottoscritto, per conto  delle
societa'  del  gruppo,   il   c.d.   accordo   applicativo   con   le
organizzazioni    sindacali    «FIM«,    «UILM»,    «FISMIC»,    «UGL
Metalmeccanici» e «Associazione  Quadri  e  Capi  Fiat»,  concordando
l'applicazione, a far data dal gennaio 2012, del Contratto collettivo
specifico di lavoro (c.d.  CCSL)  del  29  ottobre  2010,  nella  sua
stesura definitiva del 13  dicembre  2011,  in  luogo  del  Contratto
collettivo nazionale di lavoro per i lavoratori addetti all'industria
metalmeccanica privata ed alla installazione di impianti. La FIOM non
ha sottoscritto il CCSL,  applicato  nelle  unita'  produttive  delle
convenute. 
    Secondo l'attuale formulazione dell'art.  19  legge  300/1970,  i
lavoratori  iscritti  alla  FIOM  non  hanno  diritto  di  costituire
rappresentanze sindacali aziendali,  non  essendo  tale  associazione
sindacale  firmataria  del  contratto  collettivo   applicato   nelle
suddette unita' produttive, e pur  essendo  essa  uno  dei  sindacati
maggiormente rappresentativi nel settore metalmeccanico. 
    6.3. Preso atto del nuovo  e  differente  scenario  dei  rapporti
sindacali,  occorre  domandarsi  se  il  criterio  selettivo  di  cui
all'attuale art. 19, lett. b), incentrato  sulla  sottoscrizione  del
contratto collettivo applicato, sia tuttora dotato di  ragionevolezza
e   se   possa    costituire    indice    esclusivo    dell'effettiva
rappresentativita' di un sindacato. 
    Dottrina e giurisprudenza hanno piu'  volte  rimarcato  il  ruolo
preminente, quale indice di rappresentativita', della  partecipazione
alla  procedura  di  contrattazione,  rispetto  al  dato  formale   e
terminale della sottoscrizione del contratto collettivo. 
    La  giurisprudenza  sul  testo  originario  dell'art.  19   aveva
rilevato che «il  riferimento  della  norma  in  esame  al  contratto
collettivo  non  e'  relativo   ai   suoi   effetti   giuridici   (la
sottoscrizione in se'), ma e' sempre assunto ad indice della maggiore
rappresentativita'. Quindi, cio' che e'  rilevante  non  e'  il  dato
formale di essere parte  di  un  contratto  collettivo,  ma  il  dato
sostanziale di aver mostrato la propria rappresentativita', prendendo
parte effettiva al processo di contrattazione», (Cass., sez.  Lavoro,
n. 6613 del 5 dicembre 1988). 
    All'indomani  del  referendum,  a  seguito  dell'abrogazione  del
requisito   dell'appartenenza   ad   associazioni    aderenti    alle
confederazioni maggiormente rappresentative sul piano  nazionale,  si
affermo'  in  dottrina  la  necessita'  di  ricercare  un   contenuto
sostanziale per l'unico criterio selettivo rimasto in  vigore,  senza
fermarsi  al  dato  letterale,  costituendo  la  mera  sottoscrizione
dell'accordo un elemento che poteva essere rimesso  alla  valutazione
del datore di lavoro. 
    Occorre poi considerare che le due chiavi di accesso  al  diritto
di costituire rappresentanze sindacali aziendali di cui all'art.  19,
rappresentate  dalle  lettere  a)  e   b)   nella   loro   originaria
formulazione, rispondevano alla medesima esigenza di  selezionare  un
sindacato  che,  in  quanto   maggiormente   rappresentativo,   fosse
meritevole di una  speciale  tutela,  ulteriore  rispetto  alla  mera
garanzia della liberta' sindacale, assicurata dall'art. 39 Cost.. 
    Tale esigenza non puo' dirsi venuta meno a seguito della parziale
abrogazione  referendaria,  ed  anzi  essa  deve  essere  considerata
tuttora immanente al criterio di  rappresentativita'  espresso  dalla
sola lettera b), come  emendata,  in  quanto  espressione  di  valori
costituzionalmente tutelati. 
    La Corte costituzionale, nella sentenza n. 334/1988 evidenzio' la
necessita'  che  il  meccanismo  selettivo  di  sostegno  qualificato
dell'azione sindacale fosse  «funzionale  al  carattere  indivisibile
degli interessi dei lavoratori» e tale da «favorire  un  processo  di
aggregazione e di  coordinamento  degli  interessi  dei  vari  gruppi
professionali, anche al fine di ricomporre, ove possibile, le  spinte
particolaristiche  in  un  quadro   unitario».   Finalita',   questa,
«coerente  al  complessivo  disegno  cui  e'   informata   la   Carta
Costituzionale nel quale anche l'art. 39 va inserito: e cioe', sia al
principio solidaristico (...) enunciato  nell'art.  2  (...)  sia  al
principio consacrato nel secondo comma dell'art. 3  che,  promuovendo
l'eguaglianza sostanziale  tra  i  lavoratori  e  la  loro  effettiva
partecipazione all'organizzazione politica, economica e  sociale  del
Paese, addita anche alle organizzazioni sindacali di rendersi, per la
loro parte, strumenti di tale partecipazione, oltre che di tutela dei
diretti interessi economici dei lavoratori». 
    Il fondamento costituzionale della  meritevolezza  del  sindacato
maggiormente rappresentativo, quindi, deve rinvenirsi negli obiettivi
solidaristici che presuppongono una rappresentazione di interessi non
confinati in categorie o gruppi ristretti, ma appartenenti al  numero
piu' ampio possibile di lavoratori. 
    Occorre poi considerare che la materia in esame e'  informata  ad
inderogabili principi di ordine pubblico, nel senso che i  «requisiti
per  la  costituzione  di  una  rappresentanza  sindacale   aziendale
stabiliti dall'art. 19 della legge n. 300 del 1970 (...) non  possono
essere ritenuti sussistenti in virtu'  del  mero  riconoscimento  del
datore di lavoro» (Cass., sez. Lavoro, n. 6701 del 9 dicembre 1988). 
    Cio'   significa   che   il    riconoscimento    del    carattere
rappresentativo del sindacato e, quindi,  la  sua  meritevolezza,  ai
fini delle prerogative  di  cui  al  titolo  III  dello  Statuto  dei
lavoratori, devono trovare fondamento in un criterio di  razionalita'
che, in base alla  giurisprudenza  costituzionale,  non  puo'  essere
sganciato dalla prospettiva di incentivare l'attivita'  di  sindacati
che riescano a coagulare ed a rappresentare gli interessi del maggior
numero di lavoratori. 
    Anche alla luce dell'attuale condizione  di  rottura  dell'unita'
sindacale, il criterio selettivo di cui all'art. 19  legge  300/1970,
imperniato sul solo dato formale della sottoscrizione  del  contratto
applicato, e sganciato  da  qualsiasi  raccordo  con  la  misura  del
consenso  dei  rappresentati,  potrebbe  rivelarsi  irragionevole   e
contrastante con quella «linea storico-sociologica», che pure,  nella
sentenza n. 244/1996, la Corte aveva  ritenuto  giustificativa  della
«razionalita' pratica» dell'art. 19, lett. b). Tale considerazione si
rivela meritevole di valutazione soprattutto  in  un  sistema,  quale
quello  vigente,  in  cui  difettano  norme  di  legge  in  grado  di
selezionare democraticamente i soggetti legittimati a sottoscrivere i
contratti collettivi. 
    L'applicazione  pratica  dell'art.  19,  lett.  b),   attualmente
vigente, condurrebbe a negare ai lavoratori iscritti all'associazione
sindacale  FIOM  (in  quanto  non  sottoscrittrice  di  un  contratto
collettivo  applicato  nelle   unita'   produttive   delle   societa'
convenute)  il  diritto   a   costituire   rappresentanze   sindacali
aziendali, pur trattandosi di un'organizzazione sindacale  dotata  di
un grado significativo di effettiva rappresentativita'. 
    E'  emerso,  infatti,  dalla   sommaria   attivita'   istruttoria
espletata nel corso del procedimento, che, in base alle dichiarazioni
degli stessi responsabili del personale delle societa'  convenute,  i
lavoratori dipendenti iscritti alla  FIOM  erano  n.  674  presso  la
«SATA» (su  un  totale  di  n.  5.575),  n.  58  presso  la  «Plastic
Components & Modules Automotive» (alla data del 31 dicembre 2011,  su
un  totale  di  n.  525  dipendenti),  n.  32  presso   la   «Sistemi
Sospensioni» (alla data del 31 dicembre 2011, diminuiti a soli  n.  4
nel gennaio 2012, su un totale di n. 150 dipendenti). 
    Dalla mancata sottoscrizione di un contratto collettivo applicato
presso le suddette unita' produttive  deriverebbe  la  negazione  del
diritto a costituire rappresentanze sindacali aziendali  in  capo  ad
un'associazione sindacale che si deve ritenere  dotata  di  effettiva
rappresentativita',  in  considerazione  del  consenso   manifestato,
attraverso  l'adesione  al  sindacato,  da  un  congruo'  numero   di
lavoratori addetti alle unita' produttive. 
    La mancata sottoscrizione di  un  contratto  collettivo  potrebbe
anche essere indice, infatti,  non  della  mancanza  di  un'effettiva
capacita' di rappresentare gli interessi dei lavoratori, bensi' di un
atteggiamento nei confronti della controparte  datoriale  diverso  da
quello collaborativo  delle  associazioni  firmatarie  del  contratto
collettivo applicato, ed espressivo della liberta' di manifestare, in
tal modo, il proprio dissenso. 
    D'altro canto, si deve considerare anche l'astratta  possibilita'
che la negazione del  diritto  alla  costituzione  di  rappresentanze
sindacali aziendali derivi, in applicazione dell'attuale formulazione
dell'art. 19, dall'eventuale atteggiamento del datore di  lavoro  che
si rifiuti di stipulare  per  iscritto  un  contratto  collettivo  di
lavoro con una determinata  associazione  sindacale,  pur  dotata  di
effettiva rappresentativita'. 
    In ipotesi estrema, ove  la  parte  datoriale  decidesse  di  non
firmare  alcun  contratto  collettivo,  non  vi  sarebbe  nell'unita'
produttiva  alcuna  rappresentanza   sindacale,   il   che   conferma
l'assoluto  potere  che  il  criterio  in  esame  attribuirebbe  alle
imprese. 
    Tali considerazioni inducono a ritenere necessaria una  pronuncia
della Corte costituzionale in ordine  alla  ragionevolezza  dell'art.
19, lett. b),  legge  300/1970,  anche  alla  luce  della  precedente
sentenza  n.  244/1996,  in  cui  non  si  poneva  al  centro   della
valutazione circa l'effettiva rappresentativita'  di  un'associazione
sindacale il dato formale dell'adesione ad un contratto collettivo. 
    6.4. Si deve anche  considerare,  sotto  altro  profilo,  che  la
stessa recente evoluzione del quadro  normativo  e  dell'assetto  del
sistema delle relazioni industriali  appare  rendere  necessaria  una
riconsiderazione circa la legittimita' costituzionale della norma  in
questione. 
    I dubbi sulla ragionevolezza di tale disposizione emergono  dalla
sua divergenza sia con il criterio selettivo (pur mai attuato) di cui
all'art. 39, comma 4 Cost., che attribuisce un  rilievo  determinante
al numero degli iscritti ad un sindacato, sia con il parametro  della
maggiore  rappresentativita',  anche   comparativa,   utilizzato   da
un'ampia legislazione che ha elevato la contrattazione  collettiva  a
fonte integrativa, suppletiva o derogatoria delle norme di legge  (il
riferimento e', ad esempio, ai seguenti dati normativi: art. 5  legge
n. 164/1975; art. 1 legge n. 863/1984; art. 4 legge n. 223/1991, art.
1 legge n.  196/1997;  art.  10,  comma  7,  decreto  legislativo  n.
368/2001; artt. 20, comma 4, e 58, comma 2,  decreto  legislativo  n.
276/2003; art. 8 legge n. 148/2011). 
    L'art. 19, nella sua  attuale  configurazione,  appare  porsi  in
antinomia anche rispetto al criterio  di  rappresentativita'  minima,
modulato su di una combinazione dei  dati  associativi  e  di  quelli
elettorali, individuato  sia  dall'art.  43  decreto  legislativo  n.
165/2001 (per il solo settore del pubblico impiego), sia dal  recente
Accordo interconfederale del 28 giugno 2011. 
    I  criteri   citati,   infatti,   pur   essendo   prevalentemente
finalizzati alla selezione dei soggetti abilitati alla contrattazione
collettiva, rivelano la centralita', nell'ordinamento giuridico dello
Stato (ed in  quello  intersindacale),  del  principio  di  effettiva
rappresentativita'. 
    6.  Si  deve  concludere,  quindi,  che  non  e'   manifestamente
infondata la questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  19,
lett. b), legge n. 300/1970. 
    Sussiste, infatti, il dubbio non infondato  che  la  norma  possa
porsi in contrasto, anzitutto, con l'art.  39,  comma  1,  Cost.,  in
quanto l'effetto legale del  riconoscimento  o  della  negazione  dei
diritti sindacali, di cui al titolo III dello Statuto dei lavoratori,
dipendendo esclusivamente dal dato formale della  sottoscrizione  del
contratto  collettivo  applicato  in   azienda,   potrebbe   incidere
sull'esercizio    della    liberta'    sindacale,    limitandola    o
condizionandola. La decisione di un'associazione sindacale in  ordine
alla sottoscrizione di un contratto collettivo, infatti, risulterebbe
condizionata non solo dalla finalita' di tutelare degli interessi dei
lavoratori (in conformita'  alla  funzione  normativa  propria  della
contrattazione collettiva), ma anche dalla prospettiva di ottenere  o
meno la titolarita' di quei diritti, con  il  rischio  che  tali  due
categorie di interessi possano entrare in conflitto tra loro. 
    Sussiste, altresi', il dubbio che tale  norma  possa  violare  il
principio  di  ragionevolezza,  rinveniente  il  proprio   fondamento
nell'art.  3   della   Costituzione,   sia   perche'   essa   prevede
l'attribuzione del diritto  di  costituire  rappresentanze  sindacali
aziendali (e dei  diritti  sindacali  ad  esso  collegati)  anche  in
dipendenza della volonta' del datore di lavoro, a seconda che  questi
sia disponibile a sottoscrivere  il  contratto  con  una  determinata
associazione sindacale; sia perche' essa attribuisce tale  diritto  a
lavoratori iscritti ad associazioni sindacali firmatarie di contratti
collettivi di lavoro applicati nell'unita' produttiva, a  prescindere
dall'effettiva rappresentativita' misurata  attraverso  il  parametro
del numero di lavoratori  aderenti,  mentre  lo  nega  ai  lavoratori
iscritti ad un'associazione sindacale che, pur avendo scelto  di  non
sottoscrivere un contratto collettivo di lavoro, risulti,  in  virtu'
del  numero  di   lavoratori   ad   essa   aderenti,   effettivamente
rappresentativa dei loro interessi. 
    Risulta, in conclusione, rilevante e non manifestamente infondata
la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 19,  lett.  b),
legge n. 300/1970, in relazione agli artt. 3 e 39,  comma  1,  Cost.,
nella parte in cui non prevede che rappresentanze sindacali aziendali
possano essere costituite ad iniziativa dei lavoratori in ogni unita'
produttiva, nell'ambito delle associazioni  sindacali  effettivamente
rappresentative, indipendentemente dalla circostanza che  esse  siano
firmatarie di contratti collettivi di  lavoro  applicati  nell'unita'
produttiva. 

(1) (Si tenga in considerazione, in proposito, la  giurisprudenza  di
    legittimita'  secondo  cui  «Nel  contratto  plurilaterale   deve
    ritenersi valida ed efficace la clausola con la quale  una  delle
    parti presta adesione preventiva  alle  modifiche  che  le  altre
    intendessero  introdurre  nel  contesto   del   contratto   (...)
    rientrando tale facolta' nel potere di  disposizione  dei  propri
    diritti, con la  conseguenza  che  le  modifiche  preventivamente
    consentite vincolano,  una  volta  apportate,  anche  l'aderente,
    dovendosi da questi considerare accettate»  (Cass.,  sez.  I,  n.
    7872 del 27/09/1994), per riflettere  sulla  necessita'  che  una
    simile clausola di adesione preventiva alle  modifiche  apportate
    al contratto dalle altre parti sia enunciata espressamente.). 

(2) (In termini sostanzialmente analoghi si' e' espressa la Corte  di
    cassazione,  secondo  cui   «La   capacita'   dell'organizzazione
    sindacale   di   accreditarsi   come    interlocutrice    stabile
    dell'imprenditore  e'  testimoniata  dalla  stipulazione  di   un
    contratto collettivo, certamente di qualunque livello, ma non  di
    qualunque  natura,  dovendo  trattarsi  di   un   contratto   con
    caratteristiche  tali  da  attestare  l'effettivita'  dell'azione
    sindacale, rappresentando un arco  di  interessi  piu'  vasto  di
    quello dei soli iscritti, e incidendo  su  diversi  istituti  che
    regolino i rapporti di lavoro e non su meri  episodi  contingenti
    della vita dell'azienda. Ne consegue che il riferimento nell'art.
    19 dello  statuto  dei  lavoratori  alle  associazioni  sindacali
    firmatarie di contratti  collettivi  riguarda  le  organizzazioni
    firmatarie di contratti  collettivi  normativi  e  non  anche  di
    contratti gestionali, che non rientrano nella previsione  di  cui
    all'art. 39 Cost. e non sono, per loro natura, atti a  comprovare
    la rappresentativita' richiesta dalla norma» (Cass., sez. Lavoro,
    n. 19275 dell'11 luglio 2008). 
 
                              P. Q. M. 
 
    Visti gli artt. 1 legge n. 1/1948 e 23 legge n. 87/1953, 
    Dichiara non manifestamente infondata e  rilevante  ai  fini  del
giudizio la questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  19
legge 300/1970, nei sensi di cui in motivazione,  per  contrasto  con
gli artt. 3 e 39, comma 1, Cost.; 
    Sospende il giudizio in corso ed ordina la immediata trasmissione
degli atti alla Corte costituzionale; 
    Ordina che, a cura della cancelleria, la presente  ordinanza  sia
notificata alle parti in causa, nonche' al Presidente  del  Consiglio
dei ministri,  e  comunicata  ai  Presidenti  delle  due  Camere  del
Parlamento. 
        Melfi, 26 novembre 2012 
 
                   Il giudice del lavoro: Sciascia