N. 75 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 11 luglio 2013

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria l'11  luglio  2013  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Bilancio e contabilita'  pubblica  -  Legge  finanziaria  2013  della
  Regione Campania  -  Norme  finanziarie  sul  demanio  marittimo  -
  Utilizzazione dei beni demaniali marittimi senza titolo  ovvero  in
  modo difforme dal titolo  abilitativo  -  Obbligo  per  l'occupante
  abusivo di pagare un indennizzo alla Regione Campania - Ricorso del
  Governo - Denunciata duplicazione dell'indennizzo dovuto allo Stato
  - Violazione della  competenza  statale  esclusiva  in  materia  di
  ordinamento civile e di sistema tributario - Violazione del  dovere
  della Regione di  stabilire  e  applicare  le  proprie  entrate  in
  armonia con la Costituzione e secondo i principi  di  coordinamento
  della finanza pubblica. 
- Legge della Regione Campania 6 maggio 2013, n.  5,  art.  1,  comma
  127, lett. b) e c) (modificative dell'art. 12, comma 2, della legge
  regionale 27 gennaio 2012, n. 1). 
- Costituzione, artt. 117, comma secondo, lett.  e)  ed  l),  e  119,
  comma secondo; legge [recte: decreto-legge] 5 ottobre 1993, n.  400
  [convertito, con modificazioni, nella legge  4  dicembre  1993,  n.
  494], art. 8; legge 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 257. 
Ambiente  -  Legge  finanziaria  2013  della   Regione   Campania   -
  Realizzazione di un'opera o  intervento  in  assenza  della  previa
  verifica di assoggettabilita' o del provvedimento di valutazione di
  impatto ambientale (VIA) - Possibilita' di sospensione  dei  lavori
  in base a scelta discrezionale dell'autorita' competente -  Ricorso
  del  Governo  -  Denunciata  difformita'  dalla  normativa  statale
  (secondo cui la sospensione e' obbligatoria  per  le  opere  e  gli
  interventi non sottoposti  a  verifica  di  assoggettabilita'  o  a
  valutazione di impatto  ambientale,  e  discrezionale  in  caso  di
  violazione delle prescrizioni impartite in tali fasi) -  Violazione
  della  competenza  statale   esclusiva   in   materia   di   tutela
  dell'ambiente e dell'ecosistema. 
- Legge della Regione Campania 6 maggio 2013, n.  5,  art.  1,  comma
  140. 
- Costituzione, art. 117, comma secondo, lett. s);  d.lgs.  3  aprile
  2006, n. 152, art. 29, commi 3 e 4. 
Bilancio e contabilita'  pubblica  -  Legge  finanziaria  2013  della
  Regione Campania - Revisione dei prezzi contrattuali per l'acquisto
  di beni e servizi, con adeguamento ai parametri di  prezzo-qualita'
  stabiliti dalle convenzioni Consip,  ove  migliorativi  -  Prevista
  effettuazione a partire dal primo rinnovo  contrattuale  successivo
  all'entrata in vigore della legge regionale - Ricorso del Governo -
  Denunciato contrasto con le prescrizioni di riduzione  della  spesa
  per l'acquisto di beni e servizi dettate dalla normativa statale  e
  costituenti principi di coordinamento della finanza pubblica. 
- Legge della Regione Campania 6 maggio 2013, n.  5,  art.  1,  comma
  183. 
- Costituzione, art. 117, comma terzo; d.l. 6  luglio  2012,  n.  95,
  convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012,  n.  135,
  art. 1. 
Sanita' pubblica - Legge finanziaria 2013 della  Regione  Campania  -
  Accreditamento delle strutture private con  il  servizio  sanitario
  regionale  -  Applicabilita'  in   via   transitoria   del   regime
  dell'accreditamento provvisorio, vigente al 31 dicembre 2010,  alle
  strutture  che   hanno   presentato   domanda   di   accreditamento
  istituzionale definitivo e hanno dichiarato di essere  in  possesso
  dei requisiti all'uopo richiesti - Ricorso del Governo - Denunciata
  protrazione del procedimento di  accreditamento  definitivo  e  del
  regime dell'accreditamento provvisorio  oltre  i  limiti  temporali
  stabiliti dalla  legislazione  statale  -  Contrasto  con  principi
  fondamentali in materia di tutela  della  salute  -  Richiamo  alla
  sentenza n. 292 del 2012 della Corte costituzionale. 
- Legge della Regione Campania 6 maggio 2013, n. 5, art. 1, comma 36,
  lett. c), sostitutivo dell'art. 1, comma  237-decies,  della  legge
  regionale 15 marzo 2011, n. 4. 
- Costituzione, art. 117, comma terzo; legge  27  dicembre  2006,  n.
  296, art. 1, comma 796, lett.  t);  d.l.  6  luglio  2012,  n.  95,
  convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012,  n.  135,
  art. 1. 
Sanita' pubblica - Legge finanziaria 2013 della  Regione  Campania  -
  Accreditamento delle strutture private con  il  servizio  sanitario
  regionale   -   Verifiche   del   possesso   dei   requisiti    per
  l'accreditamento   definitivo   delle   strutture   richiedenti   -
  Previsione che siano  effettuate  entro  centoquaranta  giorni  dal
  decreto di ricognizione delle istanze, che il Commissario  ad  acta
  deve adottare entro dieci giorni dall'entrata in vigore della legge
  regionale - Ricorso del Governo - Denunciata  introduzione  di  una
  nuova procedura di verifica  con  riapertura  dei  termini  per  la
  conclusione della  stessa  -  Contrasto  con  il  limite  temporale
  stabilito  dalla  legislazione  statale   per   la   procedura   di
  accreditamento definitivo - Violazione di principi fondamentali  in
  materia di tutela della salute. 
- Legge della Regione Campania 6 maggio 2013, n. 5, art. 1, comma 36,
  lett. e), sostitutivo dell'art. 1, comma 237-duodecies, della legge
  regionale 15 marzo 2011, n. 4. 
- Costituzione, art. 117, comma terzo; legge  27  dicembre  2006,  n.
  296, art. 1, comma 796, lett. t). 
Sanita' pubblica - Legge finanziaria 2013 della  Regione  Campania  -
  Accreditamento delle strutture private con  il  servizio  sanitario
  regionale -  Mancanza,  all'esito  della  verifica,  dei  requisiti
  necessari   per   l'accreditamento   definitivo   della   struttura
  richiedente - Previsione del rigetto della domanda con decreto  del
  Commissario ad acta, senza alcun  riferimento  alla  sospensione  o
  alla revoca dell'accreditamento provvisorio - Ricorso del Governo -
  Denunciato  contrasto  con  la  normativa  statale   in   tema   di
  accreditamento - Violazione di principi fondamentali in materia  di
  tutela della salute. 
- Legge della Regione Campania 6 maggio 2013, n. 5, art. 1, comma 36,
  lett. e), sostitutivo dell'art. 1, comma 237-duodecies, della legge
  regionale 15 marzo 2011, n. 4. 
- Costituzione, art. 117, comma terzo; legge  27  dicembre  2006,  n.
  296, art. 1, comma 796, lett. 7) [recte: lett.  s)],  e  d.lgs.  30
  dicembre 1992,  n.  502,  art.  8-quater,  comma  7  (in  combinato
  disposto). 
Sanita' pubblica - Legge finanziaria 2013 della  Regione  Campania  -
  Accreditamento delle strutture private con  il  servizio  sanitario
  regionale   -   Verifiche   del   possesso   dei   requisiti    per
  l'accreditamento   definitivo   delle   strutture   richiedenti   -
  Previsione della sola valutazione degli  atti  documentali,  e  non
  anche degli accessi  diretti  in  loco  -  Ricorso  del  Governo  -
  Denunciato  contrasto  con  la  normativa  statale   in   tema   di
  accreditamento - Violazione di principi fondamentali in materia  di
  tutela della salute. 
- Legge della Regione Campania 6 maggio 2013, n. 5, art. 1, comma 36,
  lett. e), sostitutivo dell'art. 1, comma 237-duodecies, della legge
  regionale 15 marzo 2011, n. 4. 
- Costituzione, art. 117, comma terzo; d.lgs. 30  dicembre  1992,  n.
  502, art. 8-quater, comma 4. 
Sanita' pubblica - Legge finanziaria 2013 della  Regione  Campania  -
  Accreditamento  istituzionale  delle  strutture  private   con   il
  servizio sanitario regionale -  Prevista  decadenza  dei  direttori
  generali  delle  aziende  sanitarie  campane  in  caso  di  mancato
  rispetto del termine di centoquaranta giorni per  la  verifica  dei
  requisiti - Ricorso del  Governo  -  Denunciato  contrasto  con  la
  normativa statale sulle cause  di  decadenza  dei  direttori  delle
  aziende sanitarie - Irragionevolezza (trattandosi  di  inadempienza
  non  imputabile  ad  essi,  bensi'  alle  commissioni   locali)   -
  Violazione di principi fondamentali  in  materia  di  tutela  della
  salute. 
- Legge della Regione Campania 6 maggio 2013, n. 5, art. 1, comma 36,
  lett. e), sostitutivo dell'art. 1, comma 237-duodecies, della legge
  regionale 15 marzo 2011, n. 4. 
- Costituzione, art. 117, comma terzo; d.lgs. 30  dicembre  1992,  n.
  502, art. 3-bis, comma 7. 
Sanita' pubblica - Legge finanziaria 2013 della  Regione  Campania  -
  Adozione  di  un   regolamento   regionale   per   l'organizzazione
  dell'Agenzia regionale sanitaria (ARSAN) quale struttura tecnica di
  supporto all'attivita'  della  Giunta  regionale  e  del  Consiglio
  regionale in materia sanitaria - Ricorso del Governo  -  Denunciata
  interferenza con le funzioni attribuite al Commissario ad acta  per
  il rientro dal disavanzo sanitario - Violazione  del  principio  di
  leale collaborazione -  Contrasto  con  il  piano  di  rientro  dal
  disavanzo sanitario - Violazione di principi di coordinamento della
  finanza pubblica. 
- Legge della Regione Campania 6 maggio 2013, n. 5, art. 1, comma 44,
  lett.  a),  modificativa  dell'art.  1,  comma  244,  della   legge
  regionale 15 marzo 2011, n. 4. 
- Costituzione, artt. 117, comma terzo, 118  e  120,  comma  secondo;
  decreto-legge   1   ottobre   2007,   n.   159,   convertito,   con
  modificazioni, nella legge 29 novembre 2007, n. 222, art. 4,  commi
  1 e 2; legge 23 dicembre 2009, n. 191, art. 2, commi 80 e 95. 
Sanita' pubblica - Legge finanziaria 2013 della  Regione  Campania  -
  Attivita' assistenziali del CEINGE (Biotecnologie avanzate societa'
  consortile s.r.l.) - Finanziamento con decreto del  Commissario  ad
  acta sulla base del tariffario regionale - Ricorso  del  Governo  -
  Denunciata mancanza di accreditamento istituzionale  del  CEINGE  -
  Contrasto con la disciplina statale  secondo  cui  l'accreditamento
  deve precedere l'erogazione delle prestazioni poste  a  carico  del
  servizio sanitario nazionale - Violazione di principi  fondamentali
  della legislazione statale in materia di tutela della salute. 
- Legge della Regione Campania 6 maggio 2013, n. 5, art. 1, comma 51. 
- Costituzione, art. 117, comma terzo; d.lgs. 30  dicembre  1992,  n.
  502, artt. da 8-bis ad 8-sexies. 
(GU n.37 del 11-9-2013 )
    Ricorso della  Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri  (codice
fiscale 80213330584), in persona del Presidente del  Consiglio  p.t.,
con  il  patrocinio  dell'Avvocatura  Generale  dello  Stato  (codice
fiscale     80224030587)     -     fax:     0696514000     -     PEC:
ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it - presso cui domicilia ex lege  in
Roma, via dei Portoghesi n. 12 per l'annullamento in parte qua, della
legge della regione Campania n. 5 del 6 maggio  2013  pubblicata  sul
BUR n. 24 del 7 maggio 2013. 
    La  legge  regionale  epigrafata  recante  disposizioni  per   la
formazione del bilancio annuale 2013 e  pluriennale  2013-2015  della
regione Campania (legge finanziaria regionale 2013) all'art. 1, comma
127, lettere b) e c), nell'integrare la  legge  regionale  n.  1/2012
cosi' dispone: 
    «b) al comma 2, dopo le parole: "e' tenuto  al  pagamento  di  un
indennizzo" sono inserite le seguenti: "alla regione Campania"; 
    c) alla fine del comma 2 sono aggiunte le seguenti parole: "Il 50
per cento degli importi riscossi dai comuni sul demanio marittimo  di
propria competenza e' assegnato ai medesimi  comuni  territorialmente
competenti e da essi direttamente trattenuto.".». 
    Il nuovo testo del comma 2 dell'art. 12 della legge regionale  n.
1/2012 integrato con le modifiche sopra descritte,  introdotte  dalla
legge in esame, cosi' statuisce: 
    «2. Nel caso di utilizzazioni  senza  titolo  di  beni  demaniali
marittimi, di zone del  mare  territoriale  e  delle  pertinenze  del
demanio marittimo che comportano mera occupazione di  beni  demaniali
marittimi e relative pertinenze,  o  la  realizzazione  di  opere  di
facile rimozione, l'occupante abusivo e' tenuto al  pagamento  di  un
indennizzo alla regione Campania pari al tributo regionale dovuto, se
in possesso di legittimo provvedimento abilitativo, aumentato del 200
per cento. Nel  caso  di  utilizzazioni  difformi  dal  provvedimento
abilitativo, l'indennizzo e' pari al tributo regionale aumentato  del
100 per cento. Nel caso di utilizzazioni senza titolo o difformi  dal
titolo, che comportano la  realizzazione  di  opere  inamovibili  non
legittimate, l'indennizzo da pagare e' pari al valore di mercato  del
manufatto, aumentato nella misura indicate dai periodi 1 e 2.  Rimane
ferma l'applicazione delle misure sanzionatorie vigenti, ivi compreso
il pagamento dell'indennizzo da corrispondere  allo  Stato  al  sensi
dell'art. 8 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con
modificazioni, in legge 4 dicembre 1993, n. 494 (Disposizioni per  la
determinazione  dei   canoni   relativi   a   concessioni   demaniali
marittime), nonche' il ripristino dello stato dei luoghi. Il  50  per
cento degli importi riscossi dai  comuni  sul  demanio  marittimo  di
propria competenza e' assegnato ai medesimi  comuni  territorialmente
competenti e da essi direttamente trattenuto». 
    Orbene, la suddetta  disposizione  regionale,  che  destina  alla
regione un indennizzo per i casi di utilizzazione dei beni  demaniali
marittimi in  modo  difforme  dal  titolo  abilitativo  ovvero  senza
titolo, introduce un indennizzo da  parte  dell'occupante  abusivo  a
favore della regione che costituisce una duplicazione dell'indennizzo
dovuto allo Stato ai sensi dell'art. 8 della legge n. 400/1993.  Tale
previsione regionale si pone pertanto in contrasto con il  menzionato
art. 8 della legge n. 400/1993, nonche'  con  l'art.  1,  comma  257,
della legge n. 296/2006, e  con  le  disposizioni  del  codice  della
navigazione (articoli 32 e seguenti)  che  riservano  allo  Stato  la
potesta' di imposizione e  riscossione  degli  indennizzi  in  quanto
inerenti alle  funzioni  dominicali  spettanti  allo  Stato  in  base
all'art. 822 del codice civile. Anche la Corte costituzionale (con le
sentenze n. 343 del 1995 e n.  150  del  2003)  ha  chiarito  che  la
spettanza degli introiti delle occupazioni del demanio  marittimo  e'
attribuita unicamente allo Stato, nella sua qualita' di  proprietario
dei beni. 
    Si  segnala  inoltre  che  la  circostanza  che   la   previgente
formulazione dell'art. 12, comma 2, contenente gia' la previsione  di
un indennizzo, non sia stata impugnata da parte  del  Presidente  del
Consiglio dei  ministri,  non  ha  alcun  rilievo  poiche'  la  Corte
costituzionale,  con  la  sentenza  n.  139/2013,  ha  affermato  che
«l'istituto dell'acquiescenza non  e'  applicabile  nel  giudizio  di
legittimita'  costituzionale  in  via  principale».  La  disposizione
regionale in esame viola pertanto la competenza esclusiva dello Stato
in materia di ordinamento civile  e  di  sistema  tributario  di  cui
all'art. 117, secondo comma, lettere l) ed  e),  della  Costituzione,
nonche' l'art. 119, secondo comma,  della  Costituzione,  secondo  il
quale le regioni debbono stabilire e  applicare  entrate  proprie  in
armonia con la Costituzione  e  i  principi  di  coordinamento  della
finanza pubblica. 
    L'art. 1, comma 140, stabilisce che «Se sono state  accertate  le
violazioni di cui ai commi  138  e  139,  l'autorita'  competente  in
materia di VIA, come  individuate  della  normative  regionale,  puo'
disporre  la  sospensione  dei  lavori  e,  valutata  l'entita'   del
pregiudizio ambientale arrecato e  quello  eventualmente  conseguente
all'applicazione delle relative sanzioni,  puo'  disporre  a  cura  e
spese del proponente, definendone i termini e le modalita': 
    a) nel caso previsto dal comma 138, la demolizione  e  ripristino
dello stato del luoghi e della situazione ambientale; 
    b) nel caso previsto dal comma 139,  l'adeguamento  dell'opera  o
dell'intervento alle prescrizioni impartite». 
    I commi 138 e 139 sopracitati prevedono, altresi', che: 
    «138. Chiunque realizza un'opera o un intervento cui si applicano
le disposizioni del titolo III del decreto legislativo  n.  152/2006,
in assenza della verifica di assoggettabilita' di cui all'art. 20 del
medesimo decreto oppure del provvedimento di valutazione  di  impatto
ambientale, e' soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di
una  somma  di  denaro  compresa,  in  ragione  della  gravita  della
violazione, tra un minimo dell'1 per cento e un massimo  del  20  per
cento del costo di realizzazione del progetto. 
    139.  Chiunque,  nella  realizzazione  di  un'opera   o   di   un
intervento, viola le prescrizioni impartite in sede  di  verifica  di
assoggettabilita' di cui  all'art.  20  del  decreto  legislativo  n.
152/2006 oppure del provvedimento di  via,  nonche'  le  prescrizioni
impartite  dalle  misure  correttive  in  fase  di  monitoraggio,  e'
soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una  somma  di
denaro compresa, in ragione della gravita' della violazione,  tra  un
minimo dell'1 per cento e un massimo del 20 per cento  del  costo  di
realizzazione del progetto». 
    La  normative  regionale  in  questione  nel  disporre   che   la
sospensione dei  lavori  sia  rimessa  ad  una  scelta  discrezionale
dell'autorita' competente, sia nel caso in cui si realizza un'opera o
un intervento in assenza della verifica di  assoggettabilita'  oppure
del provvedimento di valutazione di impatto ambientale, sia nel  caso
in cui si realizza un'opera o un intervento che viola le prescrizioni
impartite  in  sede  di  verifica  di  assoggettabilita'  oppure  del
provvedimento di VIA, nonche' le prescrizioni impartite dalle  misure
correttive in fase di monitoraggio,  si  pone  in  contrasto  con  la
normativa  statale  in  materia  di  VIA  disciplinata  dal   decreto
legislativo n. 152/2006. 
    Infatti l'art. 29 di detto decreto legislativo, ai commi 3  e  4,
cosi' dispone: 
    «3. Qualora si accertino violazioni delle prescrizioni  impartite
o  modifiche  progettuali  tali  da  incidere  sugli  esiti  e  suite
risultanze finali delle fasi di verifica di  assoggettabilita'  e  di
valutazione, l'autorita' competente, previa eventuale sospensione dei
lavori, impone al proponente l'adeguamento dell'opera  o  intervento,
stabilendone i termini e le modalita', (...). 
    4. Nel caso di opere ed interventi  realizzati  senza  la  previa
sottoposizione alle  fasi  di  verifica  di  assoggettabilita'  o  di
valutazione in violazione  delle  disposizioni  di  cui  al  presente
Titolo III, nonche' nel caso di  difformita'  sostanziali  da  quanto
disposto dai provvedimenti finali, l'autorita'  competente,  valutata
l'entita' del pregiudizio ambientale arrecato  e  quello  conseguente
alla applicazione della sanzione, dispone la sospensione dei lavori e
puo' disporre la demolizione ed ripristino dello stato dei  luoghi  e
della  situazione  ambientale  a  cura  e  spese  del   responsabile,
definendone i termini e le modalita'. (...)». 
    Il legislatore  nazionale,  pertanto,  ha  rimesso  all'autorita'
competente la possibilita' e non l'obbligo  di  sospendere  i  lavori
solo nel caso in cui le opere  e  gli  interventi  siano  gia'  stati
sottoposti  alle  fasi  di  verifica  di   assoggettabilita'   e   di
valutazione di impatto ambientale ma si  accertino  violazioni  delle
prescrizioni impartite o modifiche sugli  esiti  e  sulle  risultante
finali delle suddette fasi. 
    Al contrario, nel caso di realizzazione di  opere  ed  interventi
realizzati senza previa  sottoposizione  alle  fasi  di  verifica  di
assoggettabilita' o di valutazione, l'autorita' competente,  valutata
l'entita' del pregiudizio ambientale arrecato  e  quello  conseguente
alla  applicazione  della  sanzione,  ha  l'obbligo  di  disporre  la
sospensione dei lavori, eventualmente prevedendo la demolizione ed il
ripristino dello stato dei luoghi e della situazione ambientale. 
    Alla luce delle suddette considerazioni, la  legge  regionale  in
esame, dettando disposizioni  difformi  dalla  normativa  statale  di
riferimento viola il principio costituzionale di  cui  all'art.  117,
comma  2,  lettera  s),  che  riserva  alla  competenza   legislativa
esclusiva dello  Stato  la  materia  della  «tutela  dell'ambiente  e
dell'ecosistema». 
    L'art.  1,  comma  183,  concernente  la  revisione  dei   prezzi
contrattuali per l'acquisto di beni e servizi, prevede  l'adeguamento
dei prezzi ai parametri di prezzo-qualita' delle convenzioni  Consip,
ove migliorativi, soltanto a partire dal primo  rinnovo  contrattuale
successivo alla data di entrata in vigore della legge regionale. 
    Al riguardo, si rileva  che  la  disposizione  in  rassegna,  nel
differire alla data di scadenza dei contratti in essere  il  predetto
adeguamento, non appare in linea con  le  prescrizioni  di  riduzione
della spesa per l'acquisto di' beni e  servizi  e  trasparenza  delle
procedure introdotte dall'art. 1 del decreto-legge 6 luglio 2012,  n.
95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135,
costituenti principi  fondamentali  di  coordinamento  della  finanza
pubblica, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione. 
    Infatti, per ottenere le predette riduzioni  di  spesa  in  tempi
brevi, il comma 13 del richiamato art. i introduce,  con  effetti  di
automatica inserzione nei contratti in essere, il diritto di  recesso
della pubblica amministrazione contraente, da esercitarsi prima della
scadenza contrattuale nel caso in cui i parametri  delle  convenzioni
stipulate da Consip successivamente alla sottoscrizione del contratto
siano migliorativi e l'appaltatore non  acconsenta  ad  una  modifica
delle condizioni economiche tale da adeguare l'onere contrattuale  ai
citati parametri. 
    Inoltre  sono  illegittime  ulteriori  disposizioni  in   materia
sanitaria. 
    Si premette che la regione Campania ha stipulato in data 13 marzo
2007, ai sensi di quanto previsto dall'art. 1, comma 180, della legge
n. 311/2004, l'Accordo sul Piano di rientro  dai  disavanzi  sanitari
2007-2009. 
    Successivamente, a luglio 2009, essendo stato disatteso l'Accordo
stipulato  dalla  regione,  il  Governo  ha   esercitato   i   poteri
sostitutivi previsti  dall'art.  4,  comma  2  del  decreto-legge  10
ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla  legge  29
novembre 2007, n. 222, procedendo alla nomina  del  presidente  della
regione quale commissario ad acta per la realizzazione del  piano  di
rientro. 
    Con la legge  finanziaria  2010  e'  stata,  poi,  concessa  alle
regioni che si trovavano in gestione commissariale, come  la  regione
Campania, la possibilita' a proseguire il Piano di rientro attraverso
programmi operativi, precisandosi ai commi 80 e 95 dell'art. 2  della
legge n. 191/2009, che «gli interventi  individuati  dal  Piano  sono
vincolanti  per  la  regione,  che  e'  obbligata   a   rimuovere   i
provvedimenti, anche legislativi, e a  non  adottarne  di  nuovi  che
siano di ostacolo alla  piena  attuazione  del  richiamato  Piano  di
rientro». Con l'approvazione del citato Accordo,  la  regione  si  e'
impegnata all'attuazione del suddetto Piano di rientro ed al rispetto
della legislazione  vigente  con  particolare  riferimento  a  quanto
disposto dall'art. 1, comma 796, lettera b), della legge 27  dicembre
2006, n. 296. In attuazione delle previsioni della legge  finanziaria
il commissario ad acta per la regione Campania ha adottato il decreto
n. 41 del 14 luglio 2010 avente ad oggetto  «Approvazione  del  nuovo
Programma operativo per l'anno 2010». 
    Successivamente,  con  decreto  n.  22  del  22  marzo  2011,  in
attuazione del punto t)  del  mandato  commissariale,  conferito  con
delibera del Consiglio dei Ministri del 24 aprile 2010, ha  approvato
il Piano sanitario regionale 2011-2013 in coerenza con il decreto  n.
49 del 29 settembre 2010, adottato in attuazione  del  punto  c)  del
mandato commissariale. Il Tavolo per la verifica degli adempimenti ed
il Comitato LEA nella riunione del 26 ottobre 2010 hanno  prospettato
un forte disavanzo non coperto per l'anno  2010  a  causa  della  non
completa attuazione del Programma operativo 2010 ed hanno invitato il
commissario  ad  approvare  entro  l'anno  il   Programma   operativo
2011-2012. Il commissario ha trasmesso il 6 aprile 2011 il  Programma
operativo 2011-2012. Nelle more, il risultato di gestione per  l'anno
2010 ha registrato, nella riunione dei Tavoli tecnici del  14  aprile
2011, un disavanzo non  coperto  di  248,888  mil.  di  euro.  Questo
disavanzo ha determinato, per  la  regione  Campania,  l'applicazione
degli automatismi fiscali previsti  dall'art.  1,  comma  174,  della
legge n. 311 del 2004, vale  a  dire  «l'ulteriore  incremento  delle
aliquote fiscali di IRAP e addizionale regionale all'IRPEF per l'anno
d'imposta in corso, rispettivamente  nelle  misure  di  0,15  e  0,30
punti,  l'applicazione  del  blocco  automatico  del  turn  over  del
personale del servizio sanitario regionale fino al  31  dicembre  del
secondo anno successivo  a  quello  in  corso  e  l'applicazione  del
divieto  di  effettuare  spese  non  obbligatorie  per  il   medesimo
periodo». 
    La suddetta norma  statale  stabilisce,  inoltre,  che  gli  atti
emanati e i contratti stipulati in violazione  dei  predetti  vincoli
sono nulli. Dispone altresi' che in sede di  verifica  annuale  degli
adempimenti la regione certifichi il rispetto dei vincoli medesimi. 
    La Corte costituzionale ha gia' avuto  modo  di  pronunciarsi  in
materia di piani di rientro dal disavanzo  sanitario  e  di  gestione
commissariale degli  stessi.  In  particolare,  con  la  sentenza  n.
100/2010 nel giudizio  di  legittimita'  costituzionale  della  legge
della regione Campania 28  novembre  2008,  n.  16,  recante  «Misure
straordinarie di razionalizzazione  e  riqualificazione  del  sistema
sanitario regionale per il rientro dal disavanzo», ha  affermato  che
una norma statale (vedasi l'allora vigente art. 1, comma 796, lettera
b) della legge n. 296 del 2006) ha reso vincolanti,  per  le  regioni
che li abbiano sottoscritti, gli interventi individuati negli atti di
programmazione  «necessari  per  il   perseguimento   dell'equilibrio
economico, oggetto degli accordi di cui all'art. 1, comma 180,  della
legge 30 dicembre 2004, n. 311, ivi compreso l'Accordo intercorso tra
lo Stato e la regione Campania». La Corte ha affermato, inoltre,  che
la suddetta norma  statale  che  assegna  a  tale  Accordo  carattere
vincolante, per le parti tra le quali  e'  intervenuto,  puo'  essere
qualificata come espressione di un principio fondamentale diretto  al
contenimento della spesa pubblica sanitaria e, dunque, espressione di
un correlato principio di coordinamento della finanza pubblica. 
    La Corte costituzionale inoltre, con la sentenza n.  78/2011,  ha
avuto modo di «rammentare - come gia' sottolineato in passato con  la
sentenza n. 193 del 2007 - che l'operato  del  commissario  ad  acta,
incaricato  dell'attuazione  del  piano  di  rientro  dal   disavanzo
sanitario  previamente  concordato  tra  lo  Stato   e   la   regione
interessata, sopraggiunge all'esito di una persistente inerzia  degli
organi regionali, essendosi questi ultimi  sottratti  -  malgrado  il
carattere  vincolante  dell'accordo  concluso  dal  presidente  della
regione - ad un'attivita' che pure e' imposta  dalle  esigenze  della
finanza pubblica (art. 1, comma  796,  lettera  b),  della  legge  27
dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per  la  formazione  del
bilancio annuale  e  pluriennale  dello  Stato  -  legge  finanziaria
2007)». 
    E', dunque, proprio tale dato - in uno con la  constatazione  che
l'esercizio del potere sostitutivo e', nella  specie,  imposto  dalla
necessita'  di  assicurare  la  tutela  dell'unita'  economica  della
Repubblica,  oltre  che  dei  livelli  essenziali  delle  prestazioni
concernenti un diritto fondamentale qual'e' quello alla salute  (art.
32 Cost.) - a legittimare la conclusione secondo la quale le funzioni
amministrative   del   commissario   ad   acta,    ovviamente    fino
all'esaurimento dei suoi compiti di attuazione del piano di  rientro,
devono essere poste al  riparo  da  ogni  interferenza  degli  organi
regionali. 
    Cio' premesso, la legge in esame, dal punto di  vista  sanitario,
presenta i seguenti profili di illegittimita' costituzionale: 
    L'art. 1, comma 36, lettera c): sostituisce il  comma  237-decies
del predetto art. 1  della  legge  regionale  n.  4/2011,  prevedendo
quanto segue: «Alle strutture sanitarie e socio-sanitarie private che
hanno presentato domanda di accreditamento  istituzionale  definitivo
ai sensi del comma 237-quinquies e  hanno  dichiarato  di  essere  in
possesso dei requisiti  di  cui  al  comma  237-sexies,  al  fine  di
assicurare i livelli essenziali e uniformi di assistenza definiti dal
piano sanitario nazionale e il rispetto dei principi fondamentali  in
materia di prestazioni sanitarie e socio-sanitarie di cui  al  Titolo
II  del  decreto  legislativo  n.  502/1992,  si  applica,   in   via
transitoria, il regime vigente alla data del 31 dicembre  2010,  fino
all'adozione  ai  sensi   del   comma   237-duodecies   dei   decreti
commissariali  di   rilascio   o   di   rigetto   dell'accreditamento
istituzionale definitivo». 
    Tale disposizione si pone in netto  contrasto  con  la  normativa
statale in materia di accreditamento. Occorre  infatti  rilevare  che
essa,   prorogando,   di   fatto,   il   regime   dell'accreditamento
provvisorio, procrastina - peraltro in maniera indefinita - i termini
per  la  conclusione  del  processo  di  accreditamento   definitivo,
previsti dall'art. 1, comma 796, lettera t) della legge n.  296/2006,
secondo  cui  «le  regioni  provvedono  ad   adottare   provvedimenti
finalizzati  a  garantire  che  dal  10  gennaio  2011  cessino   gli
accreditamenti  provvisori  delle  strutture  private  ospedaliere  e
ambulatoriali,  di  cui  all'art.  8-quater,  comma  7,  del  decreto
legislativo  30  dicembre  1992,  n.  502,   non   confermati   dagli
accreditamenti definitivi di cui  all'art.  8-quater,  comma  1,  del
medesimo decreto legislativo n. 502 del 1992; le  regioni  provvedono
ad adottare provvedimenti finalizzati a garantire che dal 10  gennaio
2013  cessino  gli  accreditamenti  provvisori  di  tutte  le   altre
strutture  sanitarie  e  socio-sanitarie   private,   nonche'   degli
stabilimenti termali come individuati dalla legge 24 ottobre 2000, n.
323, non confermati dagli accreditamenti definitivi di  cui  all'art.
8-quater, comma 1, del decreto legislativo n. 502 del 1992». 
    A tal riguardo,  si  osserva  che  la  Corte  costituzionale,  ha
chiarito che tali termini, definiti dalla legislazione statale per il
passaggio    dall'accreditamento    provvisorio    all'accreditamento
definitivo, sono «espressione di un  principio  fondamentale  che  le
regioni sono tenute a rispettare» (sent. n. 292/2012),  peraltro,  la
norma regionale in questione, non chiarendo le modalita' con  cui  il
titolo di accreditamento verra'  poi  concesso  alle  strutture,  ne'
definendo il termine ultimo entro il quale dovranno essere emanati  i
decreti commissariali di rilascio o  di  rigetto  dell'accreditamento
istituzionale definitivo,  vanifica  le  finalita'  di  tutela  della
salute   dei   cittadini,   che   sono   insite   nella    disciplina
dell'accreditamento, cosi' come  previsto  dalla  normativa  statale.
Essa prevede infatti, che l'accreditamento  definitivo  possa  essere
rilasciato  dalla  regione  alle  strutture  che  siano  gia'   state
precedentemente  autorizzate,  solo   «subordinatamente   alla   loro
rispondenza ai  requisiti  ulteriori  di  qualificazione,  alla  loro
funzionalita' rispetto agli indirizzi di programmazione  regionale  e
alla  verifica  positiva  dell'attivita'  svolta  e   dei   risultati
raggiunti» (art.  8-quater,  comma  1,  del  decreto  legislativo  n.
502/1992). 
    Come efficacemente ricostruito dalla Corte costituzionale, con la
sentenza  n.  292/2012,  il  legislatore  statale  ha  previsto   «un
passaggio graduale dal sistema precedente (convenzionale, basato  sul
pagamento  dei  fattori  produttivi)  a  quello  nuovo  (basato   sul
pagamento delle prestazioni, previo accreditamento delle  strutture).
Si e' cosi' previsto un «accreditamento temporaneo» (art. 6, comma 6,
della  legge  23  dicembre  1994,  n.   724,   recante   «Misure   di
razionalizzazione  della   finanza   pubblica)   per   le   strutture
precedentemente convenzionate che avessero accettato  il  sistema  di
pagamento a prestazione, nonche' un "accreditamento provvisorio"  per
le strutture nuove, o per attivita' nuove  in  strutture  accreditate
per altre attivita', in attesa della  verifica  del  volume  e  della
quantita' delle prestazioni (art.  8-quater,  comma  7,  del  decreto
legislativo n. 502 del 1992)». 
    Il giudice delle leggi ha quindi rilevato che «conseguenza  della
discipline transitoria di cui sopra [...] e' il fatto che, in  attesa
che si perfezioni il procedimento di  verifica,  potrebbero  operare,
addirittura in regime di accreditamento (temporaneo  o  provvisorio),
strutture che poi si  vedano  negare,  per  mancanza  dei  requisiti,
l'accreditamento  definitivo  o  l'autorizzazione  all'esercizio   di
ulteriori  attivita'  sanitarie;  cio'  sia  in  ragione  di  difetti
strutturali, sia in conseguenza di eventuali violazioni del tetti  di
spesa. 
    Per questo, il legislatore statale ha  previsto  che  le  regioni
avviino una procedure di accreditamento (definitivo o  istituzionale)
anche per le strutture temporaneamente  accreditate  [oltre  che  per
quelle provvisoriamente accreditate] (art.  8-quater,  comma  6,  del
decreto legislativo n. 502 del 1992), da concludersi inderogabilmente
entro un termine finale stabilito della legge». 
    Tutta la discipline dell'accreditamento e' infatti strumentale  a
far si  che  possano  operare  «per  conto»  del  Servizio  sanitario
nazionale solo quelle strutture  che,  in  ragione  del  possesso  di
determinati  requisiti,  garantiscano,  a  tutela  della  salute  del
cittadini, un'assistenza di qualita', in condizioni di sicurezza e in
coerenza con gli indirizzi di programmazione. 
    La  norma  regionale   in   questione,   invece,   procrastinando
ulteriormente il regime dell'accreditamento provvisorio, non rispetta
i  limiti  temporali  previsti  della  legislazione  statale  per  la
conclusione del processo di accreditamento definitive, cosi' violando
l'art. 117, comma 3 della Costituzione per contrasto con  i  principi
fondamentali della legislazione statale in materia  di  tutela  della
salute. 
    L'art. 1, comma 36, lettera e), sostituisce il precedente art. 1,
comma 237-duodecies della legge regionale n. 4/2011, disciplinando le
azioni  di   verifica   circa   il   possesso   dei   requisiti   per
l'accreditamento definitivo, da parte  delle  strutture  interessate.
Tale norma presenta diversi profili di illegittimita'. 
    In primo luogo, essa dispone che le procedure di  verifica  cosi'
disciplinate debbano effettuarsi entro  «centoquaranta  giorni  della
adozione del decreto commissariale previsto dal  comma  237-undecies»
dell'art. 1, della predetta legge regionale n.  4/2011.  Quest'ultimo
comma, che e' stato a sua volta modificato  dall'art.  1,  comma  36,
lettera d) della legge regionale  in  esame,  dispone  ora  che  «Con
decreto del commissario ad acta per  la  prosecuzione  del  Piano  di
rientro del settore sanitario, che e'  adottato  entro  dieci  giorni
dalla data di entrata in vigore della  presente  legge,  si  provvede
alla ricognizione delle istanze regolarmente presentate al sensi  del
comma 237-quinquies». 
    Appare chiaro che il legislatore regionale, nel dettare una nuova
procedura per la verifica dei requisiti (attraverso la  modifica  del
comma  237-duodeciesm),  abbia  voluto  riaprire  i  termini  per  la
conclusione della stessa (prevedendo, infatti, che  la  stessa  debba
concludersi entro  centoquaranta  giorni  dall'adozione  del  decreto
commissariale di cui al comma 237-undecies, il quale prevede,  a  sua
volta, che quest'ultimo debba  essere  adottato  entro  dieci  giorni
dalla «data di entrata in vigore della presente legge (da  intendersi
«disposizione»). Stando cosi' le cose,  non  si  puo'  non  rilevare,
anche in questo  caso,  la  violazione  dei  termini  previsti  dalla
legislazione   statale   per   la   conclusione   del   processo   di
accreditamento definitivo (di cui al  predetto  art.  1,  comma  796,
lettera t) della legge n. 296/2006). 
    Gia' solo per questo, quindi,  si  deve  rilevare  la  violazione
dell'art. 117, comma  3  della  Costituzione,  per  contrasto  con  i
principi fondamentali in materia di «tutela della salute». In secondo
luogo,  la  disposizione  in  esame  presenta  ulteriori  profili  di
illegittimita', in quanto essa si limita a prevedere  che,  all'esito
negativo delle verifiche, il commissario ad acta rigetta, con proprio
decreto,  la  domanda  di  accreditamento  definitivo,  senza   alcun
riferimento  alla  sospensione  o  alla  revoca   dell'accreditamento
provvisorio, come invece previsto dal  combinato  disposto  dell'art.
8-quater, comma 7 del decreto legislativo n. 502/1992 e dal  predetto
art. 1, comma 796, lettera 7) della legge n. 296/2006. 
    Infine si osserva  che  le  azioni  di  verifica  previste  dalla
disposizione  regionale  in  esame  non  appaiono  adeguate   poiche'
limitate  alla  valutazione  dei  soli  atti  documentali,  mentre  i
requisiti autorizzativi e di accreditamento devono essere  verificati
anche mediante accessi diretti in loco come si desume dai criteri cui
la regione deve conformarsi,  ex  art.  8-quater,  comma  4,  decreto
legislativo n. 502/1992, nel definire il procedimento per la verifica
dei requisiti. 
    Sempre nel merito della disciplina cosi' dettata dal  legislatore
regionale, occorre rilevare un ulteriore  profilo  di  illegittimita'
dell'art. 1, comma 36, lettera e), nella parte  in  cui  prevede  che
«nel caso di mancato rispetto del termine di centoquaranta giorni per
la verifica del  possesso  dei  requisiti  ulteriori  previsti  dalla
normativa vigente e richiesti per l'accreditamento  istituzionale,  i
direttori generali delle aziende  sanitarie  della  regione  Campania
decadono». Tale norma contrasta con l'art. 3-bis, comma 7 del decreto
legislativo n. 502/1992 e  successive  modificazioni,  che  individua
specifiche cause di decadenza del direttore  generale,  quali:  gravi
motivi, la situazione di grave disavanzo, la violazione dileggi e del
principio di buon andamento e di imparzialita'  dell'amministrazione.
In tal caso, ai sensi dell'articolo citato,  la  regione  risolve  il
contratto  dichiarando  la  decadenza  del   direttore   generale   e
provvedendo  alla  sue  sostituzione,  peraltro  nel  rispetto  della
procedura ivi prevista (es. acquisizione del parere della  Conferenza
permanente  per  la  programmazione   sanitaria   e   socio-sanitaria
regionale).  Inoltre  la  disposizione  regionale  in  esame   appare
irragionevole,  in  quanto  sanziona   i   direttori   generali   per
inadempienze  che  non  sono  imputabili  agli  stessi,  bensi'  alle
commissioni locali che, ai  sensi  della  medesima  norma  regionale,
devono effettuare le verifiche. 
    Per tutti questi motivi e' da ritenere che anche le lettere d) ed
e) dell'art. 1, comma 36, della legge  regionale  in  esame,  violino
l'art. 117, comma 3 della Costituzione, per contrasto con i  principi
fondamentali della legislazione statale in materia  di  tutela  della
salute e,  in  particolare,  di  accreditamento  e  di  requisiti  di
decadenza del direttori generali. 
    L'art. 1, comma 44, lettera a) della legge in esame, che modifica
il comma 244 dell' art. 1 della legge regionale  n.  4/2011,  prevede
l'adozione  di  un   regolamento   regionale   per   l'organizzazione
dell'ARSAN, quale struttura tecnica di supporto  all'attivita'  della
giunta stessa e del consiglio regionale in materia sanitaria. 
    Si segnala,  preliminarmente,  che  l'articolo  in  esame,  nella
formulazione introdotta dall'art. 1, comma 244,  legge  regionale  n.
4/2011, che gia' prevedeva l'adozione di un regolamento regionale per
l'organizzazione dell'ARSAN,  quale  struttura  tecnica  di  supporto
all'attivita' della giunta stessa oggetto  di  impugnazione  pendente
dinanzi alla Corte costituzionale per violazione degli articoli  117,
terzo comma, 118, e 120, secondo comma, della Costituzione. 
    Pertanto, la disposizione regionale in esame e'  censurabile  per
le stesse motivazioni deliberate in riferimento  al  citato  art.  1,
comma 244, della legge regionale n. 4/2011 di seguito riportate: 
    «Il configurarsi dell'ARSAN, che e'  un  ufficio  strumentale  al
fini dell'attuazione del Piano di rientro dal disavanzo  sanitario  e
dei programmi operativi di prosecuzione dello stesso,  esclusivamente
quale  struttura  tecnica  di  supporto  all'attivita'  degli  organi
regionali interferiscono con le funzioni attribuite al commissario ad
acta dall'art. 4, commi 1 e 2,  del  decreto-legge  n.  159/2007,  in
violazione dell'art. 120, comma 2, della Costituzione e del principio
di leale  collaborazione  di  cui  agli  articoli  117  e  118  della
Costituzione.  Inoltre  ponendo  in  capo   alla   giunta   regionale
interventi in materia sanitaria che  contrastano  con  le  previsioni
contenute nell'Accordo del 13 marzo 2007  e  nel  relativo  Piano  di
rientro dal disavanzo sanitario, violano i principi di  coordinamento
della finanza pubblica di cui all'art. 117, comma 3, Cost., contenuti
nei commi 80 e 95 dell'art. 2 della legge n. 191/2009». 
    L'art. 1,  comma  51,  prevede  che:  «il  Ceinge  (Biotecnologie
avanzate societa' consortile srl), organismo di diritto  pubblico  ai
sensi del decreto legislativo 12 aprile  2006,  n.  163  (Codice  dei
contratti  pubblici  relativi  a  lavori,  servizi  e  forniture   in
attuazione alla direttiva 2004/17/CE e alla  direttiva  2004/18/CE  -
Codice degli appalti), e' centro  regionale  di  riferimento  per  la
diagnostica di biologia molecolare clinica e delle malattie congenite
del metabolismo e delle malattie rare. Con decreto del commissario ad
acta per il piano di rientro dal disavanzo sanitario, e' stabilito il
finanziamento alle attivita' assistenziali sulla base del  tariffario
regionale. Il finanziamento,  modificabile  annualmente  in  base  ad
eventuali e motivati fabbisogni integrativi,  e'  erogato  a  partire
dall'anno 2013, mediante  convenzioni  quinquennali  con  la  regione
Campania.  Per   colmare   la   carenza   dell'offerta   della   rete
laboratoristica regionale,  il  Ceinge  puo'  presentare  domanda  di
accreditamento  istituzionale,  previa  verifica  di  rispondenza  ai
requisiti di qualificazione richiesti. I contratti sono stipulati nei
limiti fissati da appositi provvedimenti commissariali.  Il  predetto
istituto opera sulla base di accordi istituzionali in coerenza e  nei
limiti dei  vincoli  finanziari  previsti  dal  piano  di  rientro  e
connessi programmi operativi e comunque fatte salve le  spettanza  di
cui alle poste dei bilanci regionali degli anni 2009,  2010,  2011  e
2012.». 
    A tal riguardo si  osserva  che  la  predetta  disposizione,  nel
prevedere il finanziamento alle attivita'  assistenziali  sulla  base
del tariffario regionale, di una struttura quale il CEINGE che,  come
reso evidente dalla stessa norma, non e' ancora accreditato  (tant'e'
che il legislatore regionale si fa carico di precisare che esso «puo'
presentare domanda di accreditamento istituzionale previa verifica di
rispondenza ai requisiti di qualificazione richiesti»), contrasta con
la normativa statale di cui agli articoli da 8-bis  ad  8-sexies  del
citato decreto legislativo n.  502/1992,  dai  quali  emerge  che  le
strutture che erogano prestazioni sanitarie possono essere  poste  «a
carico» del Servizio sanitario nazionale solo  dopo  stipulazione  di
appositi accordi contrattuali con le strutture interessate, i  quali,
a loro volta, presuppongono che le  stesse  siano  state  previamente
accreditate. In altri termini, l'accreditamento (che,  a  sua  volta,
implica la previa autorizzazione) consente alla struttura accreditata
di operare «per conto» del Servizio sanitario  nazionale.  Per  poter
operare anche «a carico»  dello  stesso,  invece,  e'  necessaria  la
stipulazione di un apposito «accordo contrattuale», il quale,  pero',
non puo' intervenire in  assenza  dell'accreditamento,  che  pertanto
deve necessariamente precedere, temporalmente parlando,  l'erogazione
delle prestazioni poste a carico del Servizio sanitario nazionale. 
    Per questi motivi e' da ritenere che l'art.  51,  comma  1  della
legge  regionale  in  esame  violi  l'art.   117,   comma   3   della
Costituzione,  per  contrasto  con  i  principi  fondamentali   della
legislazione statale in materia di tutela della salute. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Si  conclude  pertanto  perche'  codesta  ecc.ma   Corte   voglia
dichiarare la incostituzionalita' della disposizioni censurate  della
legge regionale epigrafata, con ogni conseguente statuizione. 
 
        Roma, 1° luglio 2013 
 
                  L'avvocato dello Stato: Figliolia