N. 83 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 26 agosto 2013
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 26 agosto 2013 (del Commissario dello Stato per la Regione Siciliana). Elezioni - Norme della Regione Siciliana - Disposizioni in materia di ineleggibilita' dei deputati regionali e di incompatibilita' con la carica di deputato regionale e di componente della Giunta regionale - Previsione della ineleggibilita' alla carica di deputato regionale del rappresentante legale, del dirigente o funzionario delle societa' ed enti di diritto privato ai quali la Regione partecipa - Estensione delle ineleggibilita' previste ai rappresentanti, agli amministratori, ai dirigenti ed ai funzionari di enti non territoriali, anche senza scopo di lucro, di societa' o imprese private che godono di contributi da parte della Regione, nonche' ai dirigenti e funzionari dipendenti della Regione - Previsione della ineleggibilita' e della incompatibilita' dei soci, dei legali rappresentanti, degli amministratori, dei dirigenti, dei funzionari e dei consulenti di societa' o enti di formazione professionale, anche senza scopo di lucro, che fruiscono di finanziamenti o contributi, a qualsiasi titolo, per lo svolgimento di attivita' formative per conto della Regione o che siano titolari di appalti per forniture e servizi per lo svolgimento di attivita' formative per conto della Regione - Ricorso del Commissario dello Stato per la Regione Siciliana - Denunciato inserimento tra i soggetti destinatari delle cause di ineleggibilita' e incompatibilita' dei funzionari degli enti di diritto privato - Violazione del principio di tassativita' prescritto per le cause limitative dell'elettorato passivo - Introduzione di una disciplina differenziata rispetto a quella vigente nel resto del territorio nazionale che limita le cause di ineleggibilita' o di incompatibilita' al fatto di ricoprire esclusivamente cariche direttive in enti pubblici o privati partecipati o controllati dalla Regione e, nel caso di societa', alla titolarita' di cariche direttive e non anche alla semplice qualita' di socio, avendo rilevanza, per quanto attiene al rapporto di lavoro con i predetti enti e societa', solo quello con poteri di rappresentanza o di organizzazione e coordinamento del personale - Violazione del principio di razionalita' sia sotto il profilo del principio di uguaglianza che sotto quello del principio di buon andamento della pubblica amministrazione - Lesione del diritto all'elettorato passivo. - Delibera legislativa della Regione Siciliana 12 agosto 2013, n. 70 (disegno di legge n. 51-38-bis), art. 1, commi 1, lett. c), 2, punti 1-bis e 1-ter, e 3. - Costituzione, artt. 3, 51 e 97.(GU n.41 del 9-10-2013 )
L'Assemblea Regionale Siciliana, nella seduta n. 70 del 12 agosto 2013, ha approvato il disegno di legge n. 51-38-bis - Norme stralciate I stralcio dal titolo «Norme in materia di ineleggibilita' dei deputati regionali e di incompatibilita' con la carica di deputato regionale e di componente della Giunta regionale.», pervenuto a questo Commissariato dello Stato per la Regione Siciliana, ai sensi e per gli effetti dell'art. 28 dello Statuto speciale, il 13 agosto 2013. Il provvedimento legislativo, che ha avuto un lungo e controverso iter parlamentare, secondo quanto emerge dai lavori d'aula, perseguirebbe l'intento di soddisfare le molteplici istanze di moralizzazione della politica e della vita pubblica provenienti dalla societa' civile, eliminando potenziali cause del condizionamento del consenso per garantire il libero esercizio del diritto di voto nonche' assicurare il rispetto dei principi di imparzialita', buon andamento e trasparenza della Pubblica Amministrazione. Il disegno di legge contiene alcune modifiche alla legge regionale 20 marzo 1951 n. 29 in tema di ineleggibilita' e di incompatibilita' alla carica di deputato regionale e, in conformita' agli articoli 9 e 17-bis dello Statuto siciliano, sara' soggetto a pubblicazione senza numero d'ordine e senza formula di promulgazione ai sensi e per gli effetti dell'art. 1 della L.R. 23 ottobre 2001 n. 14 ai fini di una possibile sottoposizione a referendum popolare. L'iniziativa legislativa adottata nell'esercizio della competenza legislativa primaria prevista dall'art. 3 dello Statuto speciale, seppure apprezzabile nell'intento, non e', ad avviso del ricorrente, esente da censure di ordine costituzionale per le motivazioni che di seguito si espongono. In proposito si ritiene opportuno succintamente evidenziare quanto acclarato da codesta eccellentissima Corte con costante e consolidata giurisprudenza in materia di elettorato passivo e di limitazione allo stesso. Il precetto di cui all'art. 51 della Costituzione deve essere inteso nel senso che l'eleggibilita' e' la regola e l'ineleggibilita' l'eccezione. Questo principio interpretativo, contenuto gia' nella sentenza di codesta Corte n. 46 del 1969, e' stato infatti ulteriormente ripreso ed approfondito orientando tutta la giurisprudenza successiva, in quanto rappresenta il criterio che condiziona sia i presupposti sostanziali della disciplina positiva della ineleggibilita', sotto il profilo della tipizzazione della fattispecie e della ragionevolezza del contenuto, che della sua interpretazione (sentenze C.C. n. 162/1985; n. 43/1987; n. 1020/1988 e n. 141/1996). Codesta Corte ha invero ricondotto il diritto di elettorato passivo di cui all'art. 51 della Costituzione alla sfera dei diritti inviolabili sanciti dall'art. 2 della Carta (sentenze C.C. n. 571/1989 e n. 235/1988). Pertanto, le restrizioni del contenuto di tale diritto inviolabile sono ammissibili solo nei limiti indispensabili alla tutela di altri interessi di rango costituzionale in base alle regole della necessita' e della ragionevole proporzionalita' di tale limitazione. Sicche', per stabilire se l'ipotesi di ineleggibilita' o incandidabilita' e' legittima, occorre valutare se essa sia indispensabile per assicurare la salvaguardia di detti valori, se sia proporzionata al fine perseguito o se, invero, essa non finisca piuttosto per alterare i meccanismi di partecipazione dei cittadini alla vita politica delineati dal Titolo IV parte Iª della Costituzione, comprimendo un diritto inviolabile senza adeguata giustificazione di rilievo costituzionale. Codesta Corte ha costantemente affermato che le cause di ineleggibilita' in quanto costituiscono eccezione al generale e fondamentale principio del libero accesso in condizione di eguaglianza di tutti i cittadini alle cariche elettive devono essere tipizzate dalla legge con determinatezza e precisione sufficienti ad evitare situazioni di incertezza, frequenti contestazioni e soluzioni giurisprudenziali contraddittorie che potrebbero incrinare gravemente le pari capacita' elettorali passive dei cittadini (ex plurimis sentenze C.C. n. 46/1969; n 166/1962; n. 129/1975 e n. 364/1996). Siffatta regola, volta ad evitare clausole di ineleggibilita' in bianco o dai confini alquanto indeterminati ed ambigui, e' stata sostanzialmente tradotta da codesta Corte nei due criteri operativi della determinatezza della fattispecie che da luogo alle cause di ineleggibilita' e della specificita' del linguaggio impiegato nella formulazione della restrizione all'elettorato passivo. Codesta Corte, con costante giurisprudenza, ha infatti affermato in piu' occasioni che non puo' giustificare ragionevolmente la ineleggibilita' una causa dai confini generici ed elastici tale da far ricomprendere in sede interpretativa le situazioni piu' diverse. La norma deve avere i caratteri dell'astrattezza e della generalita', che costituiscono la garanzia dell'uguaglianza e dell'imparzialita' ma, sulla base della norma astratta, in attuazione ed entro i limiti della stessa, vi devono essere nell'ordinamento norme concrete per regolamentare i singoli casi (sentenza C.C. n. 364/1996). Inoltre, per evitare problemi di genericita', polivalenza e mancanza di tipicizzazione della decisione, che potrebbero indurre a perplessita' circa il suo significato, con conseguenti errori di interpretazione, i termini usati dal legislatore devono esprimere concetti precisi e di contenuto delimitato per evitare erronee applicazioni e valutazioni discrezionali da parte di qualsivoglia organo o autorita' (sentenza C.C. n. 295/1994). Un ulteriore parametro di giudizio per valutare la conformita' alla Costituzione del sistema di ineleggibilita' ed incandidabilita' disciplinato dal legislatore e' rappresentato dai principi di eguaglianza e ragionevolezza ex articoli 3 e 97 Cost. L'osservanza del precetto fondamentale di eguaglianza non esclude che il legislatore possa disciplinare con norme diverse situazioni che egli considera differenziate, purche' la diversita' di trattamento, oltre ad obbedire a criteri di razionalita', riguardi categorie e non singoli cittadini, per non creare ne' privilegi ne' ingiuste sperequazioni (sentenza C.C. n. 42/1971). Le ipotesi di ineleggibilita' disciplinate per legge rispondono a due diverse e non sovrapponibili esigenze: quelle che rischiano di condizionare la liberta' di manifestazione del voto da parte degli elettori e quelle che rischiano di produrre conflitti di interessi nell'esercizio delle cariche elettive. Sul punto codesta Corte, tutelando la presenza di queste due diverse finalita' della disciplina in materia di ineleggibilita', ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale per violazione del principio di uguaglianza di quelle norme che, accomunando in un'uniformita' di disciplina le varie ipotesi rispondenti ai diversi obiettivi di tutela delle elezioni, tendono ad ignorare la distinta «ratio» ispiratrice delle medesime (sent. n. 58/1972). Alla luce dei sovraesposti principi emergenti dalla giurisprudenza costituzionale, talune norme, ad avviso del ricorrente, suscitano perplessita' per violazione degli artt. 3 e 51 Cost., tali da ritenere necessario l'intervento di codesta Corte riguardo la valutazione della conformita' delle stesse alla Carta costituzionale. La lettera c) del comma 1 dell'art. 1 del disegno di legge in questione, integrando la lettera e) del comma 1 dell'art. 10 della L.R. 29/1951, prevede l'ineleggibilita' alla carica di deputato regionale per chi abbia un ruolo di rappresentante legale, dirigente o funzionario delle societa' ed enti di diritto privato ai quali la Regione partecipa. Il comma 2, inoltre, introduce un comma 1-bis al medesimo art. 10 della L.R. 29/1951 che estende l'ineleggibilita' a rappresentanti, amministratori, dirigenti o funzionari di enti non territoriali, anche senza scopo di lucro, di societa' o imprese private che godano di contributi da parte della Regione, nonche' a dirigenti o funzionari dipendenti della Regione. Il medesimo comma introduce, altresi', un'ulteriore specifica causa di ineleggibilita' ed incompatibilita', limitata al settore della formazione professionale, riguardante soci, legali rappresentanti, amministratori, dirigenti, funzionari e consulenti di societa' od enti che fruiscono di fmanziamenti o contributi a qualsiasi titolo per lo svolgimento di attivita' formative o che siano titolari di appalti per forniture e servizi per lo svolgimento di attivita' formative per conto della Regione. In proposito si rileva che il vigente art. 10 della piu' volte menzionata L.R. n. 29/51, alle lettere a), b), e) e f) del 1° comma gia' prevede l'ineleggibilita' alla carica di deputato regionale per i soggetti che in proprio o in qualita' di titolari di cariche (rappresentanti, amministratori o dirigenti) in enti pubblici o privati, anche societari, siano titolari di contratti di opere o di somministrazioni, concessioni e autorizzazioni amministrative o che godano di contributi, concorsi, sussidi o garanzie da parte della Regione o dello Stato, o ancora, abbiano cariche all'interno di enti sottoposti a tutela o vigilanza della Regione o in societa' da questa partecipate. Gli articoli 10-ter e 10-quater, inoltre, gia' prevedono l'incompatibilita' tra le cariche di deputato e cariche di qualsiasi specie in enti pubblici e privati dipendenti dalla Regione o soggetti a tutela o vigilanza ovvero in enti che gestiscono servizi per conto della Regione o ai quali la Regione contribuisce in via ordinaria. Siffatte cause di ineleggibilita' e di incompatibilita' corrispondono a quanto previsto nel resto del territorio nazionale dalla legge 154/1981 agli articoli 2 e 3. Orbene, le nuove cause di ineleggibilita' ed incompatibilita' prima riportate sarebbero riconducibili all'ambito dell'ineleggibilita' in atto vigente, ma se ne discostano per la specificita' del settore e per l'ampliamento del numero dei destinatari e proprio su questi due aspetti danno adito alla prospettata violazione degli articoli 3 e 51 Cost., innanzitutto per l'inserimento fra i soggetti destinatari dei funzionari degli enti di diritto privato. L'estrema genericita' della dizione «funzionari» non risponde al principio di tassativita' prescritto per le cause di ineleggibilita'. Essa infatti e' estremamente generica, non circoscritta e polivalente e potrebbe dar luogo verosimilmente a perplessita' circa il suo significato, con conseguenti errori di applicazione. La norma, infatti, di contenuto generale ed astratto, indica una categoria astratta di soggetti, oltremodo vasta, in assenza di disposizioni concrete che possano regolamentare i singoli casi di attuazione entro ben precisi limiti. Oltretutto, non apparirebbe sufficientemente giustificata la ratio ispiratrice della norma, ovverossia la possibilita' che funzionari preposti a qualsiasi ramo dell'ente o della societa' e indipendentemente dalla sfera di azione di quest'ultima, possano operare una «captatio benevolentiae» o un «metus potestatis» ovverossia influenzare la libera espressione del voto. Non e' parimenti facilmente ravvisabile il potenziale conflitto di interesse tra la carica di deputato e semplice funzionario di enti o societa' partecipate dalla Regione, non avendo il funzionario, a differenza del legale rappresentante e del dirigente, alcuna capacita' di determinare ed esprimere la volonta' ed orientare l'attivita' dell'ente presso il quale presta servizio nella generalita' dei casi. Analoga difficolta' interpretativa e conseguenti possibili valutazioni discrezionali, in contrasto con il principio di tassativita' prescritto per le cause limitative dell'elettorato passivo, potrebbero derivare dall'anodina locuzione «enti di diritto privato» cui la Regione partecipa. Infatti, mentre sono chiare ed inequivocabili le modalita' con le quali la Regione partecipa alle societa' attraverso il conferimento di quote di capitale sociale, non altrettanto puo' dirsi per gli enti di diritto privato nei quali l'apporto della Regione potrebbe comportare diverse forme di partecipazione. L'intervento regionale potrebbe infatti estrinsecarsi con il finanziamento continuativo o saltuario o con l'apporto di personale retribuito a carico del bilancio regionale o ancora con la nomina o partecipazione agli organi rappresentativi, di gestione o di controllo. La compressione del diritto fondamentale all'elettorato passivo sarebbe quindi sottoposta al vaglio discrezionale di organi o autorita' senza che sia al contempo rinvenibile in forma palese, anche in questo caso, la ratio ispiratrice ovverossia il potenziale conflitto di interesse o il turbamento del libero consenso popolare e, conseguentemente, la ragionevole proporzionalita' della limitazione introdotta. Inoltre, le cennate cause di ineleggibilita' teste' introdotte si discostano dalla normativa vigente nel resto del territorio nazionale che limita le cause di ineleggibilita' o di incompatibilita' al fatto di ricoprire esclusivamente cariche direttive in enti pubblici o privati partecipati o controllati dalla Regione e, nel caso di societa', alla titolarita' di cariche direttive e non anche alla semplice qualita' di socio. Per quanto attiene poi al rapporto di lavoro con i predetti enti e societa' viene in rilievo soltanto quello con poteri di rappresentanza o di organizzazione e coordinamento del personale (art. 2 n. 11 e art. 3 nn.rr. 1 e 2 L. n. 154/1981). Orbene, l'introduzione di una disciplina regionale differenziata in materia di elettorato passivo rispetto a quella vigente nel restante territorio nazionale, quale quella ora approvata, e' soggetta a limiti e condizioni oltremodo cogenti. Codesta Corte, invero, con giurisprudenza costante ha acclarato che «l'esercizio del potere legislativo da parte delle regioni in ambiti, pur ad esse affidati in via primaria, che concernano la ineleggibilita' e la incompatibilita' alle cariche elettive, incontra necessariamente il limite del rispetto del principio di uguaglianza specificamente sancito in materia dall'art. 51 Cost.» e, benche' la potesta' legislativa della Regione siciliana in tema di elezione dell'Assemblea regionale sia riconducibile direttamente all'art. 3 dello Statuto e sia piu' ampia rispetto a quella relativa alla elezione degli enti locali, anch'essa, tuttavia, incontra un limite nell'esigenza di garantire che sia rispettato il diritto di elettorato passivo in condizioni di sostanziale uguaglianza su tutto il territorio nazionale. Invero, nell'esercizio di siffatta competenza legislativa si possono diversificare le cause di ineleggibilita' ed incompatibilita', ma e' necessario che cio' avvenga sulla base di «condizioni peculiari locali» che devono essere congruamente e ragionevolmente apprezzate dal legislatore siciliano (sent. C.C. n. 143/2010). Il legislatore siciliano dovrebbe dimostrare che le introdotte difformita' di trattamento rispetto alla legislazione nazionale, corrispondano a peculiari condizioni locali non esistenti nel rimanente territorio nazionale e che giustifichino una disciplina difforme da quella vigente nel resto del Paese in materia di diritti fondamentali del cittadino. Orbene, nella relazione illustrativa all'emendamento sostitutivo al disegno di legge 51-38-bis norme stralciate I stralcio, le peculiarita' locali sono ricondotte al connubio tra rappresentanza politica ed amministrazione che ha prodotto un impiego improprio e distorto delle risorse pubbliche per procurare illeciti arricchimenti a vantaggio di una ristretta cerchia di soggetti, episodi di «mala gestio» connessi alla presenza della politica nel settore che sono stati oggetto di inchieste giudiziarie in corso. Tale situazione non e' tuttavia, ad avviso del ricorrente, esclusiva della Regione siciliana, tant'e' che il legislatore statale, per prevenire e reprimere il fenomeno corruzione e dell'illegalita' nella Pubblica Amministrazione, in attuazione dell' art. 6 della convenzione della Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, ha approvato la legge n. 190/2012, contenente cogenti e pressanti misure sia per prevenire che per reprimere il fenomeno ed ha introdotto, con il decreto legislativo 31/12/2012 n. 235, nuove cause di incandidabilita' e decadenza, operanti sull'intero territorio nazionale, per le cariche elettive di tutti i livelli di governo. Per di piu' con il decreto legislativo n. 39/2013, emanato in attuazione della legge n. 190/2012, sono state introdotte nuove cause di incompatibilita' ed inconferibilita' di incarichi presso le Pubbliche Amministrazioni per i componenti degli organi di indirizzo politico e per i dirigenti, che prevalgono sulle diverse disposizioni di legge regionali, in quanto attuative degli articoli 54 e 97 della Costituzione (art. 22 del decreto legislativo). A fronte di un sistema normativo esaustivo di tutte le possibili forme di intervento per prevenire e reprimere il fenomeno della corruzione ed anche del potenziale conflitto di interessi per coloro i quali ricoprono cariche pubbliche, non si rinvengono allo stato degli atti a conoscenza di questo Commissariato dello Stato, peculiarita' dell'ordinamento giuridico regionale, anche nello specifico settore della formazione professionale disciplinata dalla L.R. n. 24/1976, tali da giustificare una disciplina difforme in materia di compressione dell'elettorato passivo, per quanto concerne i lavoratori dipendenti con funzioni non dirigenziali ed i semplici soci a prescindere dalla titolarita' di cariche direttive e/o di rappresentanza dell'ente. Non vi e' infatti ombra di dubbio che coloro che rivestono uffici direttivi e/o rappresentativi dell'ente o societa' detengono una posizione ben diversa dai semplici dipendenti «funzionari» e dai meri soci senza cariche sociali e che soltanto nei confronti dei primi si puo' ravvisare la possibilita' di condizionare istituzionalmente il voto di settori significativi dell'elettorato. L'estensione delle cause di ineleggibilita' a soggetti privi di poteri significativi all'interno dell'ente e/o societa' e di influenza all'esterno non rispetterebbe, ad avviso del ricorrente, il principio di razionalita' della norma tanto sotto il profilo dell'art. 3 quanto sotto quello previsto nell'art. 97 della Costituzione.
P.Q.M. Il sottoscritto Prefetto Carmelo Aronica, Commissario dello Stato per la Regione Siciliana, ai sensi dell'art. 28 dello Statuto Speciale, con il presente atto impugna: l'art. 1, comma 1 lettera c); il comma 2, punto 1-bis limitatamente all'inciso «ed ai funzionari» e punto 1-ter limitatamente alle parole «soci» e «funzionari»; il comma 3 limitatamente alle parole «socio», «funzionario», «dipendente», del disegno di legge n. 51-38 bis - Norme stralciate I stralcio dal titolo «Norme in materia di ineleggibilita' dei deputati regionali e di incompatibilita' con la carica di deputato regionale e di componente della Giunta regionale.», approvato dall'Assemblea Regionale Siciliana il 12 agosto 2013, per violazione degli articoli 3, 51 e 97 della Costituzione. Palermo, 16 agosto 2013 Il Commissario dello Stato per la Regione Siciliana Aronica