N. 83 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 26 agosto 2013

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 26 agosto 2013 (del Commissario  dello  Stato  per  la
Regione Siciliana). 
 
Elezioni - Norme della Regione Siciliana - Disposizioni in materia di
  ineleggibilita' dei deputati regionali e di incompatibilita' con la
  carica di deputato regionale e di componente della Giunta regionale
  -  Previsione  della  ineleggibilita'  alla  carica   di   deputato
  regionale del rappresentante legale, del  dirigente  o  funzionario
  delle societa' ed enti di  diritto  privato  ai  quali  la  Regione
  partecipa  -   Estensione   delle   ineleggibilita'   previste   ai
  rappresentanti, agli amministratori, ai dirigenti ed ai  funzionari
  di enti non territoriali, anche senza scopo di lucro, di societa' o
  imprese private che godono di contributi da  parte  della  Regione,
  nonche' ai  dirigenti  e  funzionari  dipendenti  della  Regione  -
  Previsione della ineleggibilita' e della incompatibilita' dei soci,
  dei legali rappresentanti, degli amministratori, dei dirigenti, dei
  funzionari e dei  consulenti  di  societa'  o  enti  di  formazione
  professionale,  anche  senza  scopo  di  lucro,  che  fruiscono  di
  finanziamenti o contributi, a qualsiasi titolo, per lo  svolgimento
  di attivita' formative per conto della Regione o che siano titolari
  di appalti per forniture e servizi per lo svolgimento di  attivita'
  formative per conto della Regione - Ricorso del  Commissario  dello
  Stato per la Regione  Siciliana  -  Denunciato  inserimento  tra  i
  soggetti   destinatari   delle   cause   di    ineleggibilita'    e
  incompatibilita' dei funzionari degli enti  di  diritto  privato  -
  Violazione del principio di tassativita' prescritto  per  le  cause
  limitative dell'elettorato passivo - Introduzione di una disciplina
  differenziata rispetto a quella vigente nel  resto  del  territorio
  nazionale  che  limita   le   cause   di   ineleggibilita'   o   di
  incompatibilita'  al  fatto  di  ricoprire  esclusivamente  cariche
  direttive in enti pubblici  o  privati  partecipati  o  controllati
  dalla Regione e, nel caso di societa', alla titolarita' di  cariche
  direttive e non anche  alla  semplice  qualita'  di  socio,  avendo
  rilevanza, per quanto attiene al rapporto di lavoro con i  predetti
  enti e societa', solo quello con  poteri  di  rappresentanza  o  di
  organizzazione e  coordinamento  del  personale  -  Violazione  del
  principio di razionalita' sia sotto il  profilo  del  principio  di
  uguaglianza che sotto quello del principio di buon andamento  della
  pubblica  amministrazione  -  Lesione  del  diritto  all'elettorato
  passivo. 
- Delibera legislativa della Regione Siciliana 12 agosto 2013, n.  70
  (disegno di legge n. 51-38-bis), art. 1,  commi  1,  lett.  c),  2,
  punti 1-bis e 1-ter, e 3. 
- Costituzione, artt. 3, 51 e 97. 
(GU n.41 del 9-10-2013 )
    L'Assemblea Regionale Siciliana, nella seduta n. 70 del 12 agosto
2013,  ha  approvato  il  disegno  di  legge  n.  51-38-bis  -  Norme
stralciate I stralcio dal titolo «Norme in materia di ineleggibilita'
dei deputati  regionali  e  di  incompatibilita'  con  la  carica  di
deputato  regionale  e  di  componente  della   Giunta   regionale.»,
pervenuto  a  questo  Commissariato  dello  Stato  per   la   Regione
Siciliana, ai sensi e per gli  effetti  dell'art.  28  dello  Statuto
speciale, il 13 agosto 2013. 
    Il provvedimento legislativo, che ha avuto un lungo e controverso
iter  parlamentare,  secondo  quanto  emerge   dai   lavori   d'aula,
perseguirebbe  l'intento  di  soddisfare  le  molteplici  istanze  di
moralizzazione della politica e della vita pubblica provenienti dalla
societa' civile, eliminando potenziali cause del condizionamento  del
consenso per garantire  il  libero  esercizio  del  diritto  di  voto
nonche' assicurare il rispetto dei principi  di  imparzialita',  buon
andamento e trasparenza della Pubblica Amministrazione. 
    Il  disegno  di  legge  contiene  alcune  modifiche  alla   legge
regionale 20 marzo 1951  n.  29  in  tema  di  ineleggibilita'  e  di
incompatibilita' alla carica di deputato regionale e, in  conformita'
agli articoli 9 e 17-bis dello Statuto siciliano,  sara'  soggetto  a
pubblicazione senza numero d'ordine e senza formula di  promulgazione
ai sensi e per gli effetti dell'art. 1 della L.R. 23 ottobre 2001  n.
14 ai fini di una possibile sottoposizione a referendum popolare. 
    L'iniziativa legislativa adottata nell'esercizio della competenza
legislativa primaria prevista dall'art.  3  dello  Statuto  speciale,
seppure apprezzabile nell'intento, non e', ad avviso del  ricorrente,
esente da censure di ordine costituzionale per le motivazioni che  di
seguito si espongono. 
    In  proposito  si  ritiene  opportuno  succintamente  evidenziare
quanto acclarato da codesta  eccellentissima  Corte  con  costante  e
consolidata giurisprudenza in materia  di  elettorato  passivo  e  di
limitazione allo stesso. 
    Il precetto di cui all'art. 51  della  Costituzione  deve  essere
inteso nel senso che l'eleggibilita' e' la regola e l'ineleggibilita'
l'eccezione. 
    Questo principio interpretativo, contenuto gia' nella sentenza di
codesta Corte n. 46 del 1969, e' stato infatti ulteriormente  ripreso
ed approfondito orientando tutta  la  giurisprudenza  successiva,  in
quanto rappresenta il  criterio  che  condiziona  sia  i  presupposti
sostanziali della disciplina positiva della ineleggibilita', sotto il
profilo della tipizzazione della fattispecie e  della  ragionevolezza
del contenuto,  che  della  sua  interpretazione  (sentenze  C.C.  n.
162/1985; n. 43/1987; n. 1020/1988 e n. 141/1996). 
    Codesta Corte ha  invero  ricondotto  il  diritto  di  elettorato
passivo di cui all'art. 51 della Costituzione alla sfera dei  diritti
inviolabili  sanciti  dall'art.  2  della  Carta  (sentenze  C.C.  n.
571/1989 e n. 235/1988). 
    Pertanto,  le  restrizioni  del   contenuto   di   tale   diritto
inviolabile sono ammissibili  solo  nei  limiti  indispensabili  alla
tutela di altri interessi di rango costituzionale in base alle regole
della  necessita'  e  della  ragionevole  proporzionalita'  di   tale
limitazione. 
    Sicche',  per  stabilire  se  l'ipotesi  di   ineleggibilita'   o
incandidabilita'  e'  legittima,  occorre  valutare   se   essa   sia
indispensabile per assicurare la salvaguardia di detti valori, se sia
proporzionata al fine perseguito  o  se,  invero,  essa  non  finisca
piuttosto per alterare i meccanismi di partecipazione  dei  cittadini
alla  vita  politica  delineati  dal  Titolo  IV   parte   Iª   della
Costituzione,  comprimendo  un  diritto  inviolabile  senza  adeguata
giustificazione di rilievo costituzionale. 
    Codesta  Corte  ha  costantemente  affermato  che  le  cause   di
ineleggibilita' in  quanto  costituiscono  eccezione  al  generale  e
fondamentale  principio  del  libero   accesso   in   condizione   di
eguaglianza di tutti i cittadini alle cariche elettive devono  essere
tipizzate dalla legge con determinatezza e precisione sufficienti  ad
evitare situazioni di incertezza, frequenti contestazioni e soluzioni
giurisprudenziali contraddittorie che potrebbero incrinare gravemente
le pari capacita'  elettorali  passive  dei  cittadini  (ex  plurimis
sentenze C.C. n. 46/1969; n 166/1962; n. 129/1975 e n. 364/1996). 
    Siffatta regola, volta ad evitare clausole di ineleggibilita'  in
bianco o dai confini alquanto  indeterminati  ed  ambigui,  e'  stata
sostanzialmente tradotta da codesta Corte nei due  criteri  operativi
della determinatezza della fattispecie che da  luogo  alle  cause  di
ineleggibilita' e della specificita' del linguaggio  impiegato  nella
formulazione della restrizione all'elettorato passivo. 
    Codesta Corte, con costante giurisprudenza, ha infatti  affermato
in piu'  occasioni  che  non  puo'  giustificare  ragionevolmente  la
ineleggibilita' una causa dai confini generici ed  elastici  tale  da
far ricomprendere in sede interpretativa le situazioni piu' diverse. 
    La  norma  deve  avere  i  caratteri  dell'astrattezza  e   della
generalita',  che  costituiscono  la  garanzia   dell'uguaglianza   e
dell'imparzialita' ma, sulla base della norma astratta, in attuazione
ed entro i limiti della stessa,  vi  devono  essere  nell'ordinamento
norme concrete per regolamentare i singoli  casi  (sentenza  C.C.  n.
364/1996). 
    Inoltre, per  evitare  problemi  di  genericita',  polivalenza  e
mancanza di tipicizzazione della decisione, che potrebbero indurre  a
perplessita' circa il suo  significato,  con  conseguenti  errori  di
interpretazione, i termini usati  dal  legislatore  devono  esprimere
concetti precisi  e  di  contenuto  delimitato  per  evitare  erronee
applicazioni e valutazioni discrezionali  da  parte  di  qualsivoglia
organo o autorita' (sentenza C.C. n. 295/1994). 
    Un ulteriore parametro di giudizio per  valutare  la  conformita'
alla Costituzione del sistema di ineleggibilita' ed  incandidabilita'
disciplinato  dal  legislatore  e'  rappresentato  dai  principi   di
eguaglianza e ragionevolezza ex articoli 3 e 97 Cost. 
    L'osservanza del precetto fondamentale di eguaglianza non esclude
che il legislatore possa disciplinare con  norme  diverse  situazioni
che  egli  considera  differenziate,   purche'   la   diversita'   di
trattamento, oltre ad obbedire a criteri  di  razionalita',  riguardi
categorie e non singoli cittadini, per non creare ne'  privilegi  ne'
ingiuste sperequazioni (sentenza C.C. n. 42/1971). 
    Le ipotesi di ineleggibilita' disciplinate per legge rispondono a
due diverse e non sovrapponibili esigenze: quelle  che  rischiano  di
condizionare la liberta' di manifestazione del voto  da  parte  degli
elettori e quelle che rischiano di produrre  conflitti  di  interessi
nell'esercizio delle cariche elettive. 
    Sul punto codesta Corte, tutelando  la  presenza  di  queste  due
diverse finalita' della disciplina in materia di ineleggibilita',  ha
dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale   per   violazione   del
principio  di  uguaglianza  di  quelle  norme  che,  accomunando   in
un'uniformita' di disciplina le varie ipotesi rispondenti ai  diversi
obiettivi di tutela delle elezioni, tendono ad ignorare  la  distinta
«ratio» ispiratrice delle medesime (sent. n. 58/1972). 
    Alla   luce   dei   sovraesposti   principi    emergenti    dalla
giurisprudenza  costituzionale,   talune   norme,   ad   avviso   del
ricorrente, suscitano perplessita' per violazione degli artt. 3 e  51
Cost., tali da ritenere  necessario  l'intervento  di  codesta  Corte
riguardo la valutazione della conformita'  delle  stesse  alla  Carta
costituzionale. 
    La lettera c) del comma 1 dell'art. 1 del  disegno  di  legge  in
questione, integrando la lettera e) del comma 1  dell'art.  10  della
L.R. 29/1951,  prevede  l'ineleggibilita'  alla  carica  di  deputato
regionale per chi abbia un ruolo di rappresentante legale,  dirigente
o funzionario delle societa' ed enti di diritto privato ai  quali  la
Regione partecipa. 
    Il comma 2, inoltre, introduce un comma 1-bis al medesimo art. 10
della L.R. 29/1951 che estende  l'ineleggibilita'  a  rappresentanti,
amministratori, dirigenti o  funzionari  di  enti  non  territoriali,
anche senza scopo di lucro, di societa' o imprese private che  godano
di  contributi  da  parte  della  Regione,  nonche'  a  dirigenti   o
funzionari dipendenti della Regione. 
    Il medesimo comma  introduce,  altresi',  un'ulteriore  specifica
causa di ineleggibilita' ed  incompatibilita',  limitata  al  settore
della   formazione   professionale,    riguardante    soci,    legali
rappresentanti, amministratori, dirigenti, funzionari e consulenti di
societa' od  enti  che  fruiscono  di  fmanziamenti  o  contributi  a
qualsiasi titolo per lo svolgimento  di  attivita'  formative  o  che
siano titolari di appalti per forniture e servizi per lo  svolgimento
di attivita' formative per conto della Regione. 
    In proposito si rileva che il vigente art. 10  della  piu'  volte
menzionata L.R. n. 29/51, alle lettere a), b), e) e f) del  1°  comma
gia' prevede l'ineleggibilita' alla carica di deputato regionale  per
i soggetti che in proprio  o  in  qualita'  di  titolari  di  cariche
(rappresentanti, amministratori  o  dirigenti)  in  enti  pubblici  o
privati, anche societari, siano titolari di contratti di opere  o  di
somministrazioni, concessioni e autorizzazioni amministrative  o  che
godano di contributi, concorsi, sussidi o  garanzie  da  parte  della
Regione o dello Stato, o ancora, abbiano cariche all'interno di  enti
sottoposti a tutela o vigilanza della Regione o in societa' da questa
partecipate. 
    Gli  articoli  10-ter  e  10-quater,  inoltre,   gia'   prevedono
l'incompatibilita' tra le cariche di deputato e cariche di  qualsiasi
specie in enti pubblici e privati dipendenti dalla Regione o soggetti
a tutela o vigilanza ovvero in enti che gestiscono servizi per  conto
della Regione o ai quali la Regione contribuisce in via ordinaria. 
    Siffatte  cause  di   ineleggibilita'   e   di   incompatibilita'
corrispondono a quanto previsto nel resto  del  territorio  nazionale
dalla legge 154/1981 agli articoli 2 e 3. 
    Orbene, le nuove cause  di  ineleggibilita'  ed  incompatibilita'
prima     riportate      sarebbero      riconducibili      all'ambito
dell'ineleggibilita' in atto vigente, ma  se  ne  discostano  per  la
specificita'  del  settore  e  per  l'ampliamento  del   numero   dei
destinatari  e  proprio  su  questi  due  aspetti  danno  adito  alla
prospettata violazione degli articoli 3 e 51 Cost., innanzitutto  per
l'inserimento fra i soggetti destinatari dei funzionari degli enti di
diritto privato. L'estrema genericita' della dizione «funzionari» non
risponde al principio di tassativita'  prescritto  per  le  cause  di
ineleggibilita'.  Essa  infatti   e'   estremamente   generica,   non
circoscritta e polivalente e  potrebbe  dar  luogo  verosimilmente  a
perplessita' circa il suo  significato,  con  conseguenti  errori  di
applicazione. 
    La norma, infatti, di contenuto generale ed astratto, indica  una
categoria astratta  di  soggetti,  oltremodo  vasta,  in  assenza  di
disposizioni concrete che possano regolamentare  i  singoli  casi  di
attuazione entro ben  precisi  limiti.  Oltretutto,  non  apparirebbe
sufficientemente  giustificata  la  ratio  ispiratrice  della  norma,
ovverossia la possibilita' che funzionari preposti a  qualsiasi  ramo
dell'ente o della societa' e indipendentemente dalla sfera di  azione
di quest'ultima, possano operare una «captatio  benevolentiae»  o  un
«metus potestatis» ovverossia influenzare la libera  espressione  del
voto. 
    Non e' parimenti facilmente ravvisabile il  potenziale  conflitto
di interesse tra la carica di deputato e semplice funzionario di enti
o societa' partecipate dalla Regione, non avendo  il  funzionario,  a
differenza  del  legale  rappresentante  e  del   dirigente,   alcuna
capacita' di  determinare  ed  esprimere  la  volonta'  ed  orientare
l'attivita'  dell'ente  presso  il  quale   presta   servizio   nella
generalita' dei casi. 
    Analoga  difficolta'  interpretativa  e   conseguenti   possibili
valutazioni  discrezionali,  in  contrasto  con   il   principio   di
tassativita'  prescritto  per  le  cause  limitative  dell'elettorato
passivo, potrebbero derivare dall'anodina locuzione «enti di  diritto
privato» cui la Regione partecipa. Infatti,  mentre  sono  chiare  ed
inequivocabili le modalita' con le quali la  Regione  partecipa  alle
societa' attraverso il conferimento di quote di capitale sociale, non
altrettanto puo' dirsi per gli enti  di  diritto  privato  nei  quali
l'apporto  della  Regione  potrebbe  comportare  diverse   forme   di
partecipazione. L'intervento regionale potrebbe infatti estrinsecarsi
con il finanziamento continuativo o  saltuario  o  con  l'apporto  di
personale retribuito a carico del bilancio regionale o ancora con  la
nomina o partecipazione agli organi rappresentativi, di gestione o di
controllo. 
    La compressione del diritto fondamentale  all'elettorato  passivo
sarebbe  quindi  sottoposta  al  vaglio  discrezionale  di  organi  o
autorita' senza che sia al  contempo  rinvenibile  in  forma  palese,
anche in questo caso, la ratio ispiratrice ovverossia  il  potenziale
conflitto di interesse o il turbamento del libero  consenso  popolare
e,   conseguentemente,   la   ragionevole   proporzionalita'    della
limitazione introdotta. 
    Inoltre, le cennate cause di ineleggibilita' teste' introdotte si
discostano dalla normativa vigente nel resto del territorio nazionale
che limita le cause di ineleggibilita' o di incompatibilita' al fatto
di ricoprire esclusivamente cariche  direttive  in  enti  pubblici  o
privati partecipati o  controllati  dalla  Regione  e,  nel  caso  di
societa', alla titolarita' di cariche  direttive  e  non  anche  alla
semplice qualita' di socio. Per quanto attiene  poi  al  rapporto  di
lavoro con i predetti enti  e  societa'  viene  in  rilievo  soltanto
quello  con  poteri  di  rappresentanza   o   di   organizzazione   e
coordinamento del personale (art. 2 n. 11 e art. 3 nn.rr. 1 e 2 L. n.
154/1981). 
    Orbene, l'introduzione di una disciplina regionale  differenziata
in materia di  elettorato  passivo  rispetto  a  quella  vigente  nel
restante  territorio  nazionale,  quale  quella  ora  approvata,   e'
soggetta a limiti e condizioni oltremodo cogenti. 
    Codesta Corte, invero, con giurisprudenza costante  ha  acclarato
che «l'esercizio del potere legislativo da  parte  delle  regioni  in
ambiti, pur ad esse affidati  in  via  primaria,  che  concernano  la
ineleggibilita' e la incompatibilita' alle cariche elettive, incontra
necessariamente il limite del rispetto del principio  di  uguaglianza
specificamente sancito in materia dall'art. 51 Cost.» e,  benche'  la
potesta' legislativa della Regione  siciliana  in  tema  di  elezione
dell'Assemblea regionale sia riconducibile  direttamente  all'art.  3
dello Statuto e sia  piu'  ampia  rispetto  a  quella  relativa  alla
elezione degli enti locali, anch'essa, tuttavia, incontra  un  limite
nell'esigenza  di  garantire  che  sia  rispettato  il   diritto   di
elettorato passivo in condizioni di sostanziale uguaglianza su  tutto
il territorio nazionale. 
    Invero, nell'esercizio  di  siffatta  competenza  legislativa  si
possono   diversificare    le    cause    di    ineleggibilita'    ed
incompatibilita', ma e' necessario che cio'  avvenga  sulla  base  di
«condizioni  peculiari  locali»  che  devono  essere  congruamente  e
ragionevolmente apprezzate dal legislatore siciliano (sent.  C.C.  n.
143/2010). 
    Il legislatore siciliano dovrebbe dimostrare  che  le  introdotte
difformita' di  trattamento  rispetto  alla  legislazione  nazionale,
corrispondano  a  peculiari  condizioni  locali  non  esistenti   nel
rimanente territorio nazionale e  che  giustifichino  una  disciplina
difforme da quella vigente nel resto del Paese in materia di  diritti
fondamentali del cittadino. 
    Orbene, nella relazione illustrativa all'emendamento  sostitutivo
al disegno  di  legge  51-38-bis  norme  stralciate  I  stralcio,  le
peculiarita' locali sono ricondotte al  connubio  tra  rappresentanza
politica ed amministrazione che ha prodotto un  impiego  improprio  e
distorto delle risorse pubbliche per procurare illeciti arricchimenti
a vantaggio di una ristretta cerchia di soggetti,  episodi  di  «mala
gestio» connessi alla presenza della politica nel  settore  che  sono
stati oggetto di inchieste giudiziarie in corso. 
    Tale situazione  non  e'  tuttavia,  ad  avviso  del  ricorrente,
esclusiva  della  Regione  siciliana,  tant'e'  che  il   legislatore
statale,  per  prevenire  e  reprimere  il  fenomeno   corruzione   e
dell'illegalita' nella Pubblica Amministrazione, in attuazione  dell'
art. 6 della convenzione della  Organizzazione  delle  Nazioni  Unite
contro la corruzione, ha approvato la legge n.  190/2012,  contenente
cogenti e pressanti misure sia per prevenire  che  per  reprimere  il
fenomeno ed ha introdotto, con il decreto legislativo  31/12/2012  n.
235,  nuove  cause  di   incandidabilita'   e   decadenza,   operanti
sull'intero territorio nazionale, per le cariche elettive di tutti  i
livelli di governo. 
    Per di piu' con il decreto legislativo  n.  39/2013,  emanato  in
attuazione della legge n. 190/2012, sono state introdotte nuove cause
di  incompatibilita'  ed  inconferibilita'  di  incarichi  presso  le
Pubbliche Amministrazioni per i componenti degli organi di  indirizzo
politico e per i dirigenti, che prevalgono sulle diverse disposizioni
di legge regionali, in quanto attuative degli articoli 54 e 97  della
Costituzione (art. 22 del decreto legislativo). 
    A fronte di un sistema normativo esaustivo di tutte le  possibili
forme di intervento per  prevenire  e  reprimere  il  fenomeno  della
corruzione ed anche del potenziale conflitto di interessi per  coloro
i quali ricoprono cariche pubbliche, non  si  rinvengono  allo  stato
degli  atti  a  conoscenza  di  questo  Commissariato  dello   Stato,
peculiarita'  dell'ordinamento  giuridico  regionale,   anche   nello
specifico settore della formazione professionale  disciplinata  dalla
L.R. n. 24/1976, tali da  giustificare  una  disciplina  difforme  in
materia di compressione dell'elettorato passivo, per quanto  concerne
i lavoratori dipendenti con funzioni non dirigenziali ed  i  semplici
soci a prescindere dalla titolarita'  di  cariche  direttive  e/o  di
rappresentanza dell'ente. 
    Non vi e' infatti ombra di dubbio che coloro che rivestono uffici
direttivi e/o rappresentativi  dell'ente  o  societa'  detengono  una
posizione ben diversa dai semplici dipendenti «funzionari» e dai meri
soci senza cariche sociali e che soltanto nei confronti dei primi  si
puo' ravvisare la possibilita' di condizionare  istituzionalmente  il
voto di settori significativi dell'elettorato. 
    L'estensione delle cause di ineleggibilita' a soggetti  privi  di
poteri  significativi  all'interno  dell'ente  e/o  societa'   e   di
influenza all'esterno non rispetterebbe, ad avviso del ricorrente, il
principio  di  razionalita'  della  norma  tanto  sotto  il   profilo
dell'art.  3  quanto  sotto  quello  previsto  nell'art.   97   della
Costituzione. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Il sottoscritto Prefetto Carmelo Aronica, Commissario dello Stato
per la  Regione  Siciliana,  ai  sensi  dell'art.  28  dello  Statuto
Speciale, con il presente atto impugna: 
        l'art. 1, comma 1 lettera c); 
        il comma 2,  punto  1-bis  limitatamente  all'inciso  «ed  ai
funzionari»  e  punto  1-ter  limitatamente  alle  parole  «soci»   e
«funzionari»; 
        il comma 3 limitatamente alle parole «socio»,  «funzionario»,
«dipendente», del disegno di legge n. 51-38 bis - Norme stralciate  I
stralcio dal titolo «Norme in materia di ineleggibilita' dei deputati
regionali e di incompatibilita' con la carica di deputato regionale e
di componente  della  Giunta  regionale.»,  approvato  dall'Assemblea
Regionale Siciliana il 12 agosto 2013, per violazione degli  articoli
3, 51 e 97 della Costituzione. 
 
        Palermo, 16 agosto 2013 
 
                     Il Commissario dello Stato 
                      per la Regione Siciliana 
                               Aronica