N. 243 ORDINANZA 21 ottobre 2013

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Processo  penale  -  Sospensione  del  procedimento  per  incapacita'
  dell'imputato - Persone assolutamente impossibilitate  a  comparire
  nel giudizio per infermita' non  afferenti  allo  stato  mentale  -
  Mancata  previsione  -  Asserita  violazione   del   principio   di
  ragionevolezza  -  Asserita  violazione  del  principio   di   buon
  andamento della pubblica amministrazione - Asserita violazione  del
  principio  di  ragionevole  durata   del   processo   -   Manifesta
  infondatezza delle questioni. 
- Codice di procedura penale, artt. 70 e 71. 
- Costituzione, artt. 3, 97 e 111, secondo comma. 
(GU n.43 del 23-10-2013 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Gaetano SILVESTRI; 
Giudici  :Paolo  Maria   NAPOLITANO,   Giuseppe   FRIGO,   Alessandro
  CRISCUOLO, Paolo GROSSI,  Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Sergio
  MATTARELLA, Mario Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,  Giuliano
  AMATO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli articoli  70  e
71 del codice di procedura penale, promosso dal  Tribunale  ordinario
di Terni con ordinanza del 29 maggio 2012, iscritta  al  n.  284  del
registro ordinanze 2012 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 51, prima serie speciale, dell'anno 2012. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 25 settembre 2013 il  Giudice
relatore Gaetano Silvestri. 
    Ritenuto che il Tribunale ordinario di Terni, con  ordinanza  del
29 maggio 2012, ha sollevato - in riferimento agli articoli 3,  97  e
111, secondo comma, della Costituzione -  questioni  di  legittimita'
costituzionale degli artt. 70 e 71 del codice  di  procedura  penale,
nella  parte  in  cui  non  comprendono,   nella   disciplina   della
sospensione del procedimento per incapacita' dell'imputato,  il  caso
di persone che siano assolutamente impossibilitate  a  comparire  nel
giudizio per infermita' non afferenti allo stato mentale; 
    che il rimettente, nell'ambito di un giudizio concernente  «gravi
reati», ha dovuto piu' volte disporre il rinvio dell'udienza a fronte
della produzione di certificati medici che attestavano per l'imputato
una seria patologia cardiaca in  atto,  rilevante  anche  in  ragione
dell'eta' avanzata del soggetto portatore (87 anni); 
    che - sempre secondo quanto riferito dal rimettente - una perizia
d'ufficio disposta in occasione del secondo  rinvio  ha  evidenziato,
come  condizioni  necessarie  per  la  presenza   dell'imputato   nel
dibattimento,  il  trasporto  in  ambulanza  dell'interessato  e   la
costante presenza di un medico specialista; 
    che inoltre, nelle more della nuova udienza, l'imputato ha subito
un temporaneo ricovero ospedaliero,  cosicche',  eccepita  nuovamente
l'assoluta  impossibilita'  per  l'interessato  di  presentarsi   nel
giudizio,   il   Tribunale   ha   ritenuto   sussistere,   nonostante
l'opposizione della parte civile e del pubblico ministero, un nuovo e
legittimo impedimento a comparire; 
    che il rimettente, alla luce delle informazioni  acquisite  circa
le condizioni di salute dell'imputato, rileva come  non  sia  agevole
prevedere la durata (e la  stessa  reversibilita')  dell'impedimento,
con il grave rischio che anche la nuova  udienza  di  rinvio  risulti
inutilmente fissata,  determinando  conseguenze  pregiudizievoli  per
l'andamento complessivo del servizio; 
    che nella situazione descritta,  secondo  il  Tribunale,  sarebbe
«soluzione ragionevole» l'applicazione della disciplina  degli  artt.
70 e 71 del codice di rito penale, con sospensione del procedimento e
verifica semestrale delle condizioni di salute dell'interessato; 
    che la soluzione indicata,  per  altro,  sarebbe  preclusa  dalla
lettera delle disposizioni censurate, le quali si riferiscono ai soli
casi di infermita'  «psichica»,  e  non  alle  ipotesi  di  patologia
«fisica», come quella ricorrente nella specie; 
    che  dall'indicata  esclusione  discenderebbe,   anzitutto,   una
violazione del principio di ragionevole  durata  del  processo  (art.
111, secondo comma, Cost.), posto che la  sospensione  auspicata  dal
rimettente costituirebbe «un segmento temporale che non  puo'  essere
considerato parte del processo e  che  vale  a  porre  una  scansione
temporale chiara,  predeterminata,  tale  da  consentire  a  tutti  i
protagonisti di organizzare la propria attivita'  in  modo  ordinato,
senza ripetuti ed inutili tentativi di udienza»; 
    che, inoltre, sarebbe violato  l'art.  97  Cost.,  in  quanto  la
ripetuta ed inutile fissazione di udienze ridonderebbe  negativamente
non solo  sul  singolo  giudizio,  ma  sul  «servizio  giustizia»  in
generale; 
    che,   per   la   stessa   ragione,   la   disciplina   censurata
contrasterebbe con il principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.); 
    che lo stesso rimettente segnala  come  un'analoga  questione  di
legittimita'   sia   stata   ritenuta   «infondata»,   dalla    Corte
costituzionale, con la sentenza n. 354 del 1996, osservando pero' che
le questioni odierne sarebbero riferite  a  parametri  costituzionali
diversi, uno dei quali  (l'art.  111  Cost.,  nel  testo  attualmente
vigente) sopravvenuto rispetto alla predetta decisione; 
    che il  Tribunale,  infine,  assume  la  sicura  rilevanza  della
questione sollevata, data la sua pertinenza al diritto  dell'imputato
a prendere personalmente parte al giudizio che lo riguarda; 
    che il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  e'  intervenuto  nel
giudizio con atto depositato il 14 gennaio  2013,  chiedendo  che  le
questioni siano dichiarate infondate; 
    che la Corte costituzionale, infatti, avrebbe piu' volte  escluso
la possibilita' di assimilare la infermita' di mente,  che  determina
l'incapacita' di partecipare al processo, ad una situazione  di  mero
impedimento «fisico», la quale  risulta  in  genere  piu'  facilmente
superabile e comunque  non  costituisce  un  ostacolo  assoluto  alla
celebrazione del giudizio, visto che l'interessato puo' consentire si
proceda in sua assenza; 
    che dunque resterebbe rimessa alla  discrezionalita'  legislativa
la  scelta  di  regolare  diversamente,  o  non,  le  fattispecie  in
questione; 
    che, avuto  riguardo  al  principio  di  ragionevole  durata  del
processo, proprio la necessita' di verifiche  tecniche  in  occasione
delle   udienze   fissate,   nel   caso    di    nuove    allegazioni
dell'impedimento, varrebbe  ad  evitare  dilazioni  non  strettamente
funzionali alla garanzia del diritto di difesa; 
    che l'Avvocatura dello Stato ricorda, infine, come  il  principio
di  buon  andamento  della  pubblica  amministrazione,  per  costante
giurisprudenza costituzionale,  riguardi  l'ordinamento  giudiziario,
anche in termini di funzionamento amministrativo degli uffici, ma non
investa l'esercizio della funzione giurisdizionale. 
    Considerato che il Tribunale ordinario di Terni ha sollevato,  in
riferimento  agli  articoli  3,  97  e  111,  secondo  comma,   della
Costituzione, questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 70
e 71  del  codice  di  procedura  penale,  nella  parte  in  cui  non
comprendono, nella disciplina della sospensione del procedimento  per
incapacita' dell'imputato, il caso di persone che siano assolutamente
impossibilitate a comparire nel giudizio per infermita' non afferenti
allo stato mentale; 
    che, a parere del rimettente, non sarebbe  ragionevole  escludere
dalla  disciplina  della  sospensione  le  ipotesi  nelle  quali  una
patologia «fisica» impedisca all'imputato di partecipare al giudizio,
avuto riguardo ai  casi  nei  quali  la  natura  dell'infermita'  non
consenta di prevedere se e quando l'impedimento  in  questione  possa
cessare, con la conseguente probabilita' che  le  udienze  di  rinvio
risultino  fissate  inutilmente,  e  sottratte  senza  ragione   alla
possibilita' della celebrazione di giudizi diversi; 
    che  l'attuale  disciplina  delle  fattispecie   di   impedimento
«fisico»  comporterebbe,  oltreche'  la  denunciata  violazione   del
principio di ragionevolezza, un contrasto con  l'art.  97  Cost.,  in
relazione  al  buon  andamento  della  pubblica  amministrazione,   e
l'ulteriore  violazione  del  principio  di  ragionevole  durata  del
processo  (nel  senso  che,  attraverso  l'invocata  sospensione,  la
dilazione si trasformerebbe in «un segmento temporale  che  non  puo'
essere considerato parte del processo»); 
    che le questioni sono manifestamente infondate, in riferimento  a
tutti i parametri costituzionali evocati; 
    che questa Corte ha gia' rilevato  come  le  situazioni  poste  a
raffronto dal rimettente siano eterogenee,  cosi'  da  escludere  che
possa considerarsi costituzionalmente dovuta una  omologazione  delle
relative discipline (sentenza n. 354 del 1996 e ordinanza n.  67  del
2009); 
    che, infatti, la «infermita' mentale» cui si riferiscono le norme
censurate   preclude   all'imputato   ogni   forma    di    cosciente
partecipazione   al   processo,   compresa   quella   che    potrebbe
estrinsecarsi nel consenso alla celebrazione del giudizio in absentia
(con vantaggi eventualmente apprezzabili, nei singoli casi  concreti,
in termini di accertamento del fatto  o  di  decorrenza  del  termine
prescrizionale); 
    che analoghe  considerazioni  non  valgono  per  gli  impedimenti
connessi a patologie «fisiche», i quali potrebbero essere  del  tutto
transitori  (il  rimettente  accenna  in  modo  solo  generico   alle
difficolta' di una «prognosi di miglioramento» quale fondamento della
comparazione), e comunque non necessariamente precludono all'imputato
l'esercizio di diritti  diversi  dalla  personale  partecipazione  al
giudizio; 
    che l'attuale disciplina  dell'impedimento,  gia'  fondata  sulla
sospensione del  processo  (e  dei  termini  prescrizionali)  per  un
periodo di durata circoscritta (sessanta giorni, oltre  il  tempo  di
durata dell'infermita'), assicura un bilanciamento non manifestamente
irragionevole tra le esigenze di  celerita'  del  procedimento  e  la
imprescindibile garanzia del diritto di difesa,  favorendo  una  piu'
celere  reazione  al   superamento   della   situazione   patologica,
attraverso accertamenti non vincolati nella forma ed attivati solo in
caso  di  allegazione  del  perdurante  impedimento  nell'udienza  di
rinvio; 
    che,  proprio  alla  luce  della  considerazione  appena  svolta,
risulta palese anche l'infondatezza della censura riferita al secondo
comma dell'art. 111 Cost., non potendosi comprendere, per vero,  come
potrebbe  giovare  ad   un   contenimento   dei   tempi   processuali
l'introduzione di una nuova causa di  sospensione  del  giudizio,  in
assenza  oltretutto  della  stringente  necessita'  di  salvaguardare
interessi contrapposti; 
    che,  quand'anche  l'estraneita'  al   processo   del   «segmento
temporale»  costituito  dal  periodo  di  sospensione   fosse   stata
prospettata guardando agli effetti  della  sospensione  medesima  sul
decorso del termine prescrizionale, l'effetto dell'addizione proposta
dal  rimettente  resterebbe  antitetico  rispetto  allo  scopo  della
ragionevole durata (risolvendosi  oltretutto  -  come  gia'  rilevato
nella citata sentenza n. 354 del 1996 - in una modifica  peggiorativa
del trattamento del reo, come tale preclusa a questa Corte); 
    che, ancora, i «tentativi di udienza»  eventualmente  determinati
dal  prolungarsi  dell'infermita'  ostativa  alla   comparizione   in
giudizio non possono esplicare alcun effetto dilatorio sui  tempi  di
definizione  del  procedimento,  valendo  anzi,  come  accennato,   a
favorirne la piu' immediata ripresa; 
    che le disfunzioni create dalla fissazione di una udienza poi non
suscettibile di svolgimento, comunque  riducibili  in  grande  misura
grazie agli  opportuni  accorgimenti  gestionali,  potrebbero  essere
valutate al piu' nei riflessi sul generale  andamento  del  servizio,
come rilevato dallo stesso rimettente; 
    che peraltro, in forza della costante  giurisprudenza  di  questa
Corte, il principio di buon andamento della pubblica amministrazione,
pur  essendo  riferibile  anche  agli  uffici   giudiziari,   attiene
unicamente alle leggi ordinamentali  ed  a  quelle  che  regolano  il
funzionamento amministrativo degli uffici medesimi,  restando  invece
estraneo alle norme di esercizio della funzione  giurisdizionale  (ex
plurimis, sentenza n. 272 del 2008 e ordinanza n. 84 del 2011); 
    che anche la questione sollevata in rapporto all'art.  97  Cost.,
di conseguenza, risulta manifestamente infondata. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, commi 1 e 2, delle norme integrative per i  giudizi  davanti
alla Corte costituzionale. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara   la   manifesta   infondatezza   delle   questioni   di
legittimita' costituzionale degli articoli 70  e  71  del  codice  di
procedura penale, sollevate dal  Tribunale  ordinario  di  Terni,  in
riferimento  agli  articoli  3,  97  e  111,  secondo  comma,   della
Costituzione, con l'ordinanza indicata in epigrafe. 
 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 21 ottobre 2013. 
 
                                F.to: 
                    Gaetano SILVESTRI, Presidente 
                             e Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 21 ottobre 2013. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI