N. 248 ORDINANZA 21 - 24 ottobre 2013

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Contratto,  atto  e  negozio  giuridico  -  Caparra  confirmatoria  -
  Ritenzione, ovvero obbligo di restituzione del doppio, in  caso  di
  inadempimento - Potere (d'ufficio) del giudice di ridurre equamente
  la somma da ritenere o il  doppio  da  restituire,  in  ipotesi  di
  manifesta sproporzione o se ricorrano giustificati motivi -  Omessa
  previsione - Difetto di motivazione in ordine  alla  non  manifesta
  infondatezza  e  alla  rilevanza  della   questione   -   Manifesta
  inammissibilita'. 
- Codice civile, art. 1385, secondo comma. 
- Costituzione, art. 3, secondo comma. 
(GU n.44 del 30-10-2013 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Gaetano SILVESTRI; 
Giudici  :Paolo  Maria   NAPOLITANO,   Giuseppe   FRIGO,   Alessandro
  CRISCUOLO, Paolo GROSSI,  Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Sergio
  MATTARELLA, Mario Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,  Giuliano
  AMATO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'articolo  1385,
secondo comma, del codice civile, promosso dal Tribunale ordinario di
Tivoli nel procedimento vertente tra P. S. ed altro e C. C. ed altro,
con ordinanza del 10 ottobre 2012, iscritta  al  n.  2  del  registro
ordinanze 2013 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 5, prima serie speciale, dell'anno 2013. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 25 settembre 2013 il  Giudice
relatore Mario Rosario Morelli. 
    Ritenuto che - in un giudizio civile  promosso  per  ottenere  la
restituzione di somma che gli attori assumevano versata come anticipo
(in misura di circa un terzo  del  pattuito)  per  l'acquisto  di  un
immobile, che non aveva poi potuto, pero', aver luogo per la  mancata
erogazione, ad essi, di un mutuo  bancario  destinato  a  coprire  il
residuo prezzo - l'adito Tribunale ordinario di Tivoli, premesso  che
nel preliminare di  vendita,  l'importo  corrisposto  dai  promissari
acquirenti,  era  stato  testualmente   qualificato   come   "caparra
confirmatoria", ha sollevato d'ufficio, con l'ordinanza in  epigrafe,
questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 1385,  secondo
comma, del codice civile, «nella parte in cui non dispone che - nelle
ipotesi in cui la parte che  ha  dato  la  caparra  e'  inadempiente,
l'altra puo' recedere dal contratto, ritenendo  la  caparra  e  nella
ipotesi in cui, se inadempiente e' invece la parte che l'ha ricevuta,
l'altra puo' recedere  dal  contratto  ed  esigere  il  doppio  della
caparra - il giudice possa equamente ridurre la somma da  ritenere  o
il doppio da restituire, in ipotesi di manifesta sproporzione  o  ove
[...] sussistano giustificati motivi»; 
    che, ad avviso del rimettente, si prospetta,  nella  specie,  una
esigenza  di  bilanciata  tutela  del   diritto   della   parte   non
inadempiente  (cioe'  del  venditore),  a  percepire  la  caparra,  e
dell'opposto interesse di quella inadempiente (cioe' del  promissario
acquirente) a non perdere un capitale notevole,  ed  eccessivo  nella
sua quantificazione, a fronte  di  un  (proprio)  inadempimento  che,
«seppur colposo, certamente non e' stato voluto e rispetto  al  quale
si e' adoperato in ogni modo per trovare una soluzione»; 
    che,  pero',  l'automatismo   della   disciplina   recata   dalla
disposizione denunciata non lascerebbe spazio al  giudice  per  alcun
rimedio ripristinatorio  dell'equita'  oggettiva  e  del  complessivo
equilibrio contrattuale;  dal  che  il  dubbio,  appunto,  della  sua
"irragionevolezza"; 
    che e' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, che ha concluso per l'inammissibilita'  della  questione,  per
omessa espressa indicazione dei parametri costituzionali violati;  e,
in subordine, per la sua non fondatezza. 
    Considerato che, dal contesto dell'ordinanza  di  rimessione,  e'
chiaramente individuabile,  nell'articolo  3,  secondo  comma,  della
Costituzione, il  parametro  rispetto  al  quale  il  giudice  a  quo
sollecita la verifica di  costituzionalita'  della  disciplina  della
caparra confirmatoria, per sospetta sua «intrinseca incoerenza  [...]
rispetto alla complessiva finalita' perseguita dal legislatore»,  per
cui non risulta fondata l'eccezione di  inammissibilita'  come  sopra
formulata dall'Avvocatura; 
    che la questione in esame  e',  pero',  comunque,  manifestamente
inammissibile per  difetto  di  motivazione,  in  punto  sia  di  non
manifesta infondatezza che di rilevanza; 
    che, infatti, per il primo profilo, nel presupporre un  oggettivo
ed insuperabile automatismo tra  l'inadempimento  del  tradens  e  la
ritenzione della caparra confirmatoria da  parte  dell'accipiens  (e,
specularmente, tra l'inadempimento dell'accipiens e il diritto  della
controparte  ad  esigerne  il  doppio),  il  rimettente   omette   di
considerare che cio' che viene in rilievo, anche nel  contesto  della
disciplina del recesso recata dall'articolo 1385 del  codice  civile,
e' comunque  un  inadempimento  «gravemente  colpevole,  [...]  cioe'
imputabile (ex art. 1218 c.c. e art.  1256  c.c.)  e  di  non  scarsa
importanza (ex art. 1456 c.c.)», come ben  posto  in  evidenza  nella
sentenza delle Sezioni unite della Corte di  cassazione  n.  533  del
2009; 
    che, in punto poi di rilevanza, il Tribunale rimettente,  per  un
verso, trascura di indagare compiutamente la reale portata dei  patti
conclusi dalle  parti  contrattuali,  cosi'  da  poter  esprimere  un
necessario  coerente  giudizio  di  corrispondenza  del  nomen  iuris
rispetto all'effettiva  funzione  della  caparra  confirmatoria;  per
altro verso, non tiene conto  dei  possibili  margini  di  intervento
riconoscibili al giudice a  fronte  di  una  clausola  negoziale  che
rifletta (come, nella specie, egli prospetta)  un  regolamento  degli
opposti interessi non equo e gravemente sbilanciato in danno  di  una
parte. E cio' in  ragione  della  rilevabilita',  ex  officio,  della
nullita' (totale o  parziale)  ex  articolo  1418  cod.  civ.,  della
clausola stessa, per contrasto con il precetto dell'articolo 2 Cost.,
(per  il  profilo  dell'adempimento  dei   doveri   inderogabili   di
solidarieta') che entra  direttamente  nel  contratto,  in  combinato
contesto  con  il  canone  della  buona  fede,  cui  attribuisce  vis
normativa, «funzionalizzando  cosi'  il  rapporto  obbligatorio  alla
tutela anche dell'interesse del partner negoziale nella misura in cui
non  collida  con  l'interesse  proprio  dell'obbligato»  (Corte   di
cassazione n. 10511 del  1999;  ma  gia'  n.  3775  del  1994  e,  in
prosieguo, a sezioni unite, n. 18128 del 2005 e n. 20106 del 2009). 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, commi 1 e 2, delle norme integrative per i  giudizi  davanti
alla Corte costituzionale. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  della   questione   di
legittimita' costituzionale dell'articolo 1385,  secondo  comma,  del
codice civile, sollevata,  in  riferimento  all'articolo  3,  secondo
comma, della Costituzione, dal Tribunale  ordinario  di  Tivoli,  con
l'ordinanza in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 21 ottobre 2013. 
 
                                F.to: 
                    Gaetano SILVESTRI, Presidente 
                  Mario Rosario MORELLI, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 24 ottobre 2013. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI