N. 245 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 luglio 2013

Ordinanza del 16 luglio 2013 emessa dal Tribunale di Sanremo  -  sez.
distaccata Ventimiglia nel procedimento civile  promosso  da  Sambito
Giuseppe c/Vinciguerra Giovanna. 
 
Ordinamento giudiziario - Delega legislativa per la  riorganizzazione
  della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari al  fine
  di realizzare risparmi  di  spesa  e  incremento  di  efficienza  -
  Conferimento al Governo mediante disposizione inserita nella  legge
  di conversione del decreto-legge  n.  138  del  2011  -  Denunciato
  mancato esame del relativo emendamento in Commissione  referente  -
  Violazione dell'iter ordinario di formazione  legislativa  e  della
  c.d. "riserva di assemblea" previsti per l'approvazione dei disegni
  di legge di delegazione - Incompatibilita' ed  eterogeneita'  della
  delega rispetto al caso straordinario di necessita' e urgenza e  al
  contenuto originario del decreto-legge  n.  138  -  Violazione  del
  principio  del  decentramento  amministrativo   nei   servizi   che
  dipendono dallo Stato - Imposizione di nuove e maggiori spese senza
  indicare i mezzi per farvi fronte - Irragionevolezza  del  criterio
  direttivo che garantisce la permanenza del tribunale ordinario "nei
  circondari dei comuni capoluogo di  provincia",  nel  modo  in  cui
  interpretato dal legislatore delegato - Richiamo alla  sentenza  n.
  22 del 2012 della Corte costituzionale. 
- Legge  14  settembre  2011,  n.  148  (che   ha   convertito,   con
  modificazioni, il decreto-legge 13 agosto 2011, n.  138),  art.  1,
  comma 2. 
- Costituzione, artt. 3, 5, 70, 72, commi primo e quarto,  77,  comma
  secondo, e 81. 
Ordinamento giudiziario -  Riorganizzazione  dei  tribunali  e  degli
  uffici del pubblico ministero recata dal decreto legislativo n. 155
  del 2012 - Inclusione del Tribunale  di  Sanremo  e  della  Sezione
  distaccata  di  Ventimiglia  nell'elenco  delle  sedi   giudiziarie
  soppresse, di cui alla tabella A allegata al decreto, e conseguente
  accorpamento al Tribunale di Imperia  -  Denunciata  illegittimita'
  "consequenziale", derivante dalla incostituzionalita'  della  legge
  di delegazione - Contrasto con i principi e criteri direttivi e con
  le finalita' di efficienza e risparmio  di  spesa  stabiliti  dalla
  norma di delegazione - Eccesso di delega - Violazione del principio
  del giudice naturale  precostituito  per  legge  -  Violazione  del
  principio  del  decentramento  amministrativo   nei   servizi   che
  dipendono dallo Stato - Lesione  della  effettivita'  della  tutela
  giurisdizionale e del diritto di difesa in danno dei residenti  nel
  circondario di Sanremo. 
- Decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155, art. 1, limitatamente
  all'inclusione del Tribunale di Sanremo e della Sezione  distaccata
  di Ventimiglia nell'elenco di cui alla (allegata) Tabella A. 
- Costituzione, artt. 5, 24, primo comma,  25,  primo  comma,  e  76;
  legge 14 settembre 2011, n. 148, art. 1, comma 2, lett. a), b), c),
  d), e). 
(GU n.47 del 20-11-2013 )
 
                        TRIBUNALE DI SANREMO 
 
    Il giudice onorario avv. Marco Fumagalli,  in  veste  di  giudice
monocratico nella causa di cui al  proc.  n.  492/07  ruolo  generale
affari contenziosi, dato atto che all'udienza 11 luglio 2013 - in cui
le parti sono comparse spontaneamente  a  seguito  dell'ordinanza  di
restituzione atti di codesta Corte del 5 luglio 2013, prot. 69/c - ha
rinviato la causa, per la precisazione delle conclusioni, all'udienza
del 10 ottobre 2013; 
    che, contestualmente, preso atto del rinvio, e' stata riproposta,
con  nuova  istanza,  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
precedentemente sollevata, con argomentazioni analoghe a  quelle  che
gia' avevano giustificato la remissione  della  questione  a  codesta
Corte, ed ulteriori; 
    considerato  che  codesta  Corte,  per  le  ragioni  esposte  nel
provvedimento di restituzione  degli  atti,  non  ha  avuto  modo  di
esaminare la questione di legittimita'  costituzionale  a  suo  tempo
sollevata; 
    ritenuto che anche ad avviso di questo giudice la  stessa  meriti
di essere vagliata da codesta Corte e a  tal  fine  riproposta  nelle
forme dovute, con riguardo anche ad ulteriori profili trattati  nella
nuova istanza ovvero rilevati d'ufficio da questo giudice; 
    considerato che il presente giudizio non  possa  essere  definito
indipendentemente dalla  risoluzione  della  rinnovata  questione  di
legittimita'  costituzionale,  ritiene  questa   non   manifestamente
infondata per le seguenti motivazioni, che fa «proprie». 
I. L'oggetto della questione di legittimita' costituzionale. 
    Il  rinvio   disposto   da   questo   giudice   -   nell'evidente
impossibilita' di definire il  giudizio  prima  dell'ormai  imminente
sospensione feriale - ad udienza successiva  al  13  settembre  2013,
scadenza contemplata dall'art. 11, comma  2  decreto  legislativo  n.
155/2012, comporta quale luogo di celebrazione  dell'udienza  stessa,
il Tribunale di Imperia, stante che a tale  data  l'accorpamento  del
Tribunale di  Sanremo  con  quello  di  Imperia  dovra'  gia'  essere
avvenuto, cosi' come  stabilito  dall'art.  9,  comma  1  del  citato
decreto legislativo. 
    In base alla citata istanza  tale  provvedimento  e'  fondato  su
norme incostituzionali, cioe': 
    sull'art. 1,  comma  2,  legge  n.  148/2011  con  cui  e'  stato
convertito il  decreto-legge  n.  138/2011,  norma  che  si  pone  in
contrasto con gli articoli 70, 72, commi 1 e 4, e 77 comma 2, nonche'
5, 3 ed 81 Cost.; 
    sull'art. 1, decreto legislativo n. 155/2012 nella parte  in  cui
include il Tribunale di Sanremo nell'elenco della  tabella  A,  norma
che si pone in contrasto con gli articoli 25, comma 1 e 76. 
    Questo giudice (visti gli  articoli  1,  legge  costituzionale  9
febbraio 1948, n. 1, e 23  seguenti  legge  costituzionale  11  marzo
1953, n. 87) rileva inoltre come l'articolo in esame presenti profili
di incostituzionalita' rispetto all'art. 24, comma 1, Cost. 
II. I motivi della questione di legittimita' costituzionale.  1  e  4
Cost. 
    Il primo  profilo  di  illegittimita'  costituzionale  emerge  in
relazione ai procedimento adottato per  l'approvazione  dell'art.  1,
comma 2 della legge n. 148/2011 che ha previsto la delega legislativa
al Governo per la riorganizzazione degli uffici giudiziari. 
    Tale disposizione e' stella infatti introdotta durante l'iter del
procedimento di conversione in legge del decreto-legge  n.  138/2011,
che non conteneva la norma in esame. 
    La   delega   e'   stata   in   particolare   inserita   in    un
«maxi-emendamento» presentato dal Governo dal Senato nella seduta del
7 settembre 2011 (l'ultima in cui il d.d.l. e'  stato  discusso)  sul
quale il Governo ha posto la questione di fiducia. Il testo approvato
dal Senato e' stato poi presentato alla Camera l'8 settembre 2011, e'
stato esaminato dalla commissione bilancio tra l'8 e il 12  settembre
2011 e dall'aula tra il 12 e il 14 settembre 2011 e anche  in  questo
caso il Governo ha posto la fiducia. 
    Dal resoconto della seduta d'aula del Senato emerge  inoltre  che
l'emendamento governativo in questione e' stato presentato in aula ed
e' stato trasmesso per il parere alla commissione bilancio, senza  il
preventivo esame da parte della  commissione  referente,  cosi'  come
imposto dall'art. 72, comma 1. 
    E'  stato  quindi  violato  in  primis  l'art.  70  della   Carta
Costituzionale    che    attribuisce    la    funzione    legislativa
collettivamente ai  due  rami  del  Parlamento,  ma  altresi'  l'iter
ordinario di formazione legislativa, che ai  sensi  dell'art.  72,  4
comma Cost. deve essere  sempre  adottato  per  l'approvazione  delle
deleghe legislative: della procedura esige che  i  disegni  di  legge
siano  deliberati  dal  plenum  dell'assemblea,  esaurita   la   fase
istruttoria  nella  competente  commissione  in  sede  referente  (in
dottrina   si    confronti    Crisafulli    «Lezioni    di    diritto
costituzionale-Cedam»). 
    Inoltre l'introduzione della disposizione di  delega  legislativa
nel procedimento di conversione del decreto-legge ha comportato - per
i tempi  necessariamente  rapidi  e  vincolati  del  procedimento  di
conversione - la quasi totale compressione del dibattito parlamentare
il che appare in contrasto  con  la  ratio  della  c.d.  «riserva  di
assemblea» prevista dall'art. 72, comma 4, Cost.  che  e'  quella  di
consentire il piu' ampio dibattito parlamentare possibile  su  questo
tipo di atti comportanti il trasferimento della potesta'  legislativa
dal Parlamento al Governo. 
    II.2. Art. 1, comma  2  della  legge  n.  148/2011  -  Violazione
dell'art. 77, secondo comma, Cost. 
    Ulteriori profili di illegittimita' costituzionale  dell'art.  1,
comma 2  della  legge  n.  148/2011  emergono  con  riferimento  alla
disposizione di cui all'art. 77 Cost. 
    Il dubbio di costituzionalita' si pone innanzitutto in  relazione
alla sussistenza  dei  requisiti  della  straordinaria  necessita'  e
urgenza su cui si fonda, ai sensi dell'art. 77, comma 2 Costituzione,
il potere di decretazione d'urgenza del Governo. 
    La Corte costituzionale ha affermato al riguardo che  il  difetto
dei requisiti  di  straordinaria  necessita'  e  urgenza,  una  volta
intervenuta la legge di  conversione,  si  traduce  in  un  vizio  in
procedendo della legge stessa, la quale  non  esplica  dunque  alcuna
efficacia sanante dei vizi del decreto-legge (cfr.  sentenza  n.  171
del 2007). Tale orientamento e' stato confermato  dal  giudice  delle
leggi  con  la  pronuncia  n.  355/2010  con  la   quale   e'   stato
ulteriormente precisato che la valutazione in termini di necessita' e
urgenza deve essere effettuata anche per gli emendamenti aggiunti  in
sede di conversione dal Parlamento. 
    Nel caso della disposizione di cui  all'art.  1,  comma  2  della
legge n. 148/2011 il dubbio circa la  sussistenza  dei  requisiti  in
esame si pone considerando che la disposizione contenente una  delega
legislativa al Governo e'  per  sua  stessa  natura  «a  operativita'
differita» nel senso che essa e' immediatamente applicabile solo  nei
rapporti tra Parlamento e Governo, mentre non ha alcuna efficacia nei
confronti della generalita' dei cittadini fino  a  quando  non  viene
attuata con l'emanazione del relativo decreto delegato. 
    Lo strumento della legge-delega appare pertanto incompatibile con
la sussistenza dei requisiti di straordinaria  necessita'  e  urgenza
che appaiono implicare l'immediata applicabilita'  del  provvedimento
normativa, non solo dal punto di vista formale, ma anche  sostanziale
ovvero della sua effettiva idoneita'  a  disciplinare  le  situazioni
sostanziali oggetto dell'intervento normativo,  che  nel  caso  della
legge-delega e' invece rinviato al momento dell'adozione del  decreto
legislativo. 
    Sotto altro profilo l'art.  77,  secondo  comma,  Cost.  potrebbe
essere  stato  violato  anche  a  causa  della  eterogeneita'   della
disposizione in esame rispetto a quelle originariamente contenute nel
testo del decreto-legge n. 138/2011. 
    Come si e'  gia'  osservato,  infatti,  la  disciplina  contenuta
nell'art. 1, comma 2 della legge n. 148/2011, contenente la delega al
Governo per la riorganizzazione della  distribuzione  sul  territorio
degli uffici giudiziari, e' stata introdotta con  un  emendamento  in
sede di  conversione  senza  che  decreto-legge  convertito  (recante
«ulteriori misure urgenti per la  stabilizzazione  finanziaria  e  lo
sviluppo») ne facesse alcun cenno. 
    Tale disposizione, nella misura in cui prevede una disciplina per
la revisione  della  geografia  degli  uffici  giudiziari  del  tutto
assente nel testo del  decreto-legge  oggetto  di  conversione,  pare
quindi introdurre una c.d. «norma  intrusa»,  vale  a  dire  estranea
rispetto  al  testo  del  decreto-legge  originario   e   come   tale
suscettibile di violare il dettato di cui all'art. 77, comma 2 Cost.,
la cui ratio impone l'omogeneita' del  contenuto  del  decreto-legge,
anche come emendato in sede di conversione, al fine di assicurare  il
necessario legame tra il  provvedimento  legislativo  urgente  ed  il
«caso» che lo ha reso necessario. 
    Si richiama a  questo  proposito  l'orientamento  espresso  dalla
Corte costituzionale nella sentenza n. 22 del 2012 in  cui  e'  stato
affermato che: «la semplice immissione di una disposizione nel  corpo
di un decreto-legge oggettivamente o  teleologicamente  unitario  non
vale a trasmettere, per  cio'  solo,  alla  stessa  il  carattere  di
urgenza proprio delle  altre  disposizioni,  legate  tra  loro  dalla
comunanza di oggetto o di  finalita'.  Ai  sensi  del  secondo  comma
dell'art. 77 Cost., i presupposti per l'esercizio senza delega  della
potesta' legislativa da parte del Governo riguardano il decreto-legge
nella sua interezza, inteso come insieme di disposizioni omogenee per
la  materia  o  per  lo  scopo.  L'inserimento  di  norme  eterogenee
all'oggetto  o  alla  finalita'  del   decreto   spezza   il   legame
logico-giuridico tra la valutazione fatta  dal  Governo  dell'urgenza
del provvedere ed «i provvedimenti provvisori con forza di legge», di
cui alla norma  costituzionale  citata.  Il  presupposto  del  «caso»
straordinario di necessita' e urgenza inerisce sempre e  soltanto  al
provvedimento inteso come un tutto unitario, atto  normativo  fornito
di intrinseca coerenza, anche se articolato e  differenziato  al  suo
interno. La scomposizione atomistica della  condizione  di  validita'
prescritta dalla Costituzione si pone in contrasto con il  necessario
legame tra il provvedimento legislativo urgente ed il «caso»  che  lo
ha reso necessario, trasformando il decreto-legge in una congerie  di
norme assemblate soltanto da mera casualita'  temporale.  L'art.  15,
comma  3,  della  legge  23   agosto   1988,   n.   400   (Disciplina
dell'attivita'  di  Governo  e  ordinamento  della   Presidenza   del
Consiglio dei ministri) - la' dove prescrive  che  il  contenuto  del
decreto-legge «deve essere specifico, omogeneo  e  corrispondente  al
titolo» - pur non avendo, in se' e per se', rango  costituzionale,  e
non potendo quindi  assurgere  a  parametro  di  legittimita'  in  un
giudizio davanti a questa  Corte,  costituisce  esplicitazione  della
ratio implicita nel secondo comma dell'art. 77 Cost., il quale impone
il collegamento dell'intero decreto-legge al  caso  straordinario  di
necessita'  e  urgenza,  che  ha  indotto  il  Governo  ad  avvalersi
dell'eccezionale potere di esercitare la funzione  legislativa  senza
previa delegazione da parte del Parlamento (...)  Ove  le  discipline
estranee alla ratio unitaria del decreto  presentassero,  secondo  il
giudizio politico del  Governo,  profili  autonomi  di  necessita'  e
urgenza, le stesse ben potrebbero essere contenute in atti  normativi
urgenti del potere esecutivo distinti e separati. Risulta  invece  in
contrasto con l'art. 77 Cost. la commistione  e  la  sovrapposizione,
nello stesso atto normativo, di oggetti e  finalita'  eterogenei,  in
ragione di presupposti,  a  loro  volta,  eterogenei.  La  necessaria
omogeneita' del decreto-legge, la cui interna coerenza va valutata in
relazione  all'apprezzamento  politico,   operato   dal   Governo   e
controllato  dal  Parlamento,  del  singolo  caso  straordinario   di
necessita'  e  urgenza,  deve  essere  osservata   dalla   legge   di
conversione. Il principio della sostanziale omogeneita'  delle  norme
contenute  nella  legge  di  conversione  di  un   decreto-legge   e'
pienamente recepito dall'art. 96-bis, comma 7, del regolamento  della
Camera  dei  deputati,   che   dispone:   «Il   Presidente   dichiara
inammissibili gli emendamenti e gli articoli aggiuntivi che non siano
strettamente  attinenti  alla  materia  del   decreto-legge».   Sulla
medesima linea si colloca la lettera inviata  il  7  marzo  2011  dal
Presidente del Senato ai Presidenti delle  Commissioni  parlamentari,
nonche',  per  conoscenza,  al  Ministro  per  i  rapporti   con   il
Parlamento, in cui si esprime l'indirizzo «di  interpretare  in  modo
particolarmente rigoroso, in sede di conversione di un decreto-legge,
la  norma   dell'art.   97,   comma   1,   del   regolamento,   sulla
improponibilita'   di   emendamenti   estranei   all'oggetto    della
discussione», ricordando in proposito il parere espresso dalla giunta
per il regolamento l'8 novembre 1984, richiamato, a sua volta,  dalla
circolare  sull'istruttoria  legislativa  nelle  Commissioni  del  10
gennaio  1997  (...)  Si  deve  ritenere   che   l'esclusione   della
possibilita'  di  inserire  nella  legge   di   conversione   di   un
decreto-legge emendamenti  del  tutto  estranei  all'oggetto  e  alle
finalita' del testo originario non risponda soltanto ad  esigenze  di
buona tecnica normativa, ma sia imposta dallo stesso art. 77, secondo
comma, Cost., che istituisce un nesso  di  interrelazione  funzionale
tra decreto-legge, formato dal  Governo  ed  emanato  dal  Presidente
della Repubblica,  e  legge  di  conversione,  caratterizzata  da  un
procedimento di approvazione peculiare rispetto a quello ordinario». 
    L'eterogeneita' lamentata e' tanto piu' evidente  alla  luce  del
riferimento contenuto nel secondo comma dell'art. 1  della  legge  n.
148/2011 «al perseguimento delle finalita'  di  cui  all'art.  9  del
decreto-legge 6 luglio 2011 n.  98,  convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 15 luglio 2011, n. 111»: la legge di conversione, facendo
riferimento a tutt'altra normativa legislativa,  non  avrebbe  potuto
palesare meglio l'eterogeneita' censurata. 
    II.3. Art. 1, decreto legislativo n. 155/2012 nella parte in  cui
include il tribunale di Sanremo nell'elenco della  tabella  A,  norma
che si pone in contrasto con gli articoli 25, comma 1 e 76 Cost. 
    Nell'elenco della tabella A,  relativo  ai  tribunali  dei  quali
disporre la soppressione,  compare  il  tribunale  di  Sanremo  e  la
sezione distaccata di Ventimiglia. 
    I dubbi di legittimita' costituzionale espressi in relazione alla
legge delega inducono a prospettare  l'illegittimita'  consequenziale
del decreto legislativo. 
    A cio' si aggiunga il contrasto di questo decreto con i criteri e
i principi direttivi di cui all'art. 1, comma 2, legge  n.  148/2011,
con conseguente violazione dell'art. 76 Cost. 
    Come si ricordera' il suddetto comma 2 dell'art.  1  della  legge
delega conferiva al governo la delega ad adottare uno o piu'  decreti
legislativi per riorganizzare la distribuzione sul  territorio  degli
uffici  giudiziari  al  fine  di  realizzare  risparmi  di  spesa   e
incremento di efficienza, con l'osservanza dei  seguenti  principi  e
criteri direttivi: 
    a) ridurre  gli  uffici  giudiziari  di  primo  grado,  ferma  la
necessita' di garantire la permanenza  del  tribunale  ordinario  nei
circondari di comuni capoluogo di provincia alla data del  30  giugno
2011; 
    b)  ridefinire,  anche  mediante  attribuzione  di  porzioni   di
territori a circondari limitrofi, l'assetto territoriale degli uffici
giudiziari secondo criteri oggettivi e  omogenei  che  tengano  conto
dell'estensione  del  territorio,  del  numero  degli  abitanti,  dei
carichi  di  lavoro  e  dell'indice   delle   sopravvenienze,   della
specificita' territoriale del bacino di utenza,  anche  con  riguardo
alla  situazione  infrastrutturale,  e  del  tasso  d'impatto   della
criminalita' organizzata, nonche' della necessita' di  razionalizzare
il servizio giustizia nelle grandi aree metropolitane; 
    c) ridefinire l'assetto territoriale degli uffici requirenti  non
distrettuali, tenuto conto, ferma la permanenza di quelli aventi sedi
presso il tribunale ordinario nei circondari di comuni  capoluogo  di
provincia alla  data  del  30  giugno  2011,  della  possibilita'  di
accorpare   piu'   uffici   di   procura   anche    indipendentemente
dall'eventuale accorpamento dei rispettivi tribunali, prevedendo,  in
tali casi, che l'ufficio di  procura  accorpante  possa  svolgere  le
funzioni requirenti  in  piu'  tribunali  e  che  l'accorpamento  sia
finalizzato a esigenze di funzionalita' ed efficienza che  consentano
una migliore organizzazione dei mezzi e delle  risorse  umane,  anche
per raggiungere economia di  specializzazione  ed  una  piu'  agevole
trattazione dei procedimenti; 
    d)  procedere  alla  soppressione  ovvero  alla  riduzione  delle
sezioni distaccate  di  tribunale,  anche  mediante  accorpamento  ai
tribunali limitrofi, nel rispetto dei criteri di cui alla lettera b); 
    e) assumere come prioritaria linea di intervento, nell'attuazione
di quanto previsto dalle lettere a), b), c)  e  d),  il  riequilibrio
delle attuali competenze territoriali, demografiche e funzionali  tra
uffici limitrofi della  stessa  area  provinciale  caratterizzati  da
rilevante differenza di dimensioni; (omissis); prevedendo inoltre  al
punto q) che dall'attuazione delle disposizioni di  cui  al  presente
comma non dovessero derivare nuovi o maggiori oneri  a  carico  della
finanza pubblica. A questi criteri il legislatore delegato non si  e'
ottenuto affatto prevedendo la soppressione del tribunale di  Sanremo
e  della  sezione  distaccata  di  Ventimiglia,  e   il   conseguente
assorbimento da parte di quello di Imperia, i cui carichi di lavoro e
le  cui  sopravvenienze  sono  di  gran  lunga  inferiori  a   quelli
sanremesi,  superiori  di  piu'  del  doppio:  situazione  unica  nel
panorama nazionale, tale da evidenziare, di per se stessa, la  palese
inconferenza  di  una  simile  presa  di  posizione  del  legislatore
delegato rispetto ai criteri e ai limiti posti dalla legge delega. 
    Del resto ci sara' bene una ragione legata ai diversi carichi  di
lavoro se gli avvocati iscritti all'albo degli  avvocati  di  Imperia
sono solo poco piu' di 154  a  fronte  degli  oltre  350  dell'ordine
forense sanremese. Lo squilibrio che  conseguirebbe  all'accorpamento
di Sanremo ad Imperia si porrebbe in palese contrasto con le esigenze
di  funzionalita'  ed  efficienza  considerate  dalla  legge  delega,
comportando sprechi di risorse, ed inoltre ponendosi in contrasto con
l'esigenza di riequilibrio  delle  attuali  competenze  territoriali,
demografiche e funzionali tra uffici limitrofi che  la  legge  delega
considera «prioritario linea di intervento», ma  che  l'eccentricita'
del capoluogo di provincia rispetto al suo territorio  non  solo  non
soddisferebbe ma renderebbe anzi  piu'  gravosa:  al  riguardo  basti
pensare alla collocazione della casa  circondariale  di  Sanremo,  la
seconda della Liguria. 
    L'incongruita' della scelta  del  legislatore  delegato  rispetto
alle direttive della legge delega  emerge  anche  in  relazione  alla
estensione del territorio del circondario sanremese,  di  ben  644,48
kmq sui quali vive una popolazione di 150.000 abitanti circa contro i
soli 75.000 del circondario imperiese,  e  soprattutto  in  relazione
alla specificita' territoriale del bacino di utenza e dall'essere  il
tribunale di Sanremo  e  la  sua  sezione  distaccata  «tribunali  di
confine», essendo l'ultimo tribunale in territorio italiano,  il  che
ha da sempre comportato una sorta di «specializzazione» per tutti gli
operatori del diritto, dovuta alla necessita' di trattare nelle  aule
di  giustizia  problematiche  specifiche,  legate  al  territorio  di
frontiera. 
    Non si dimentichi che Sanremo ospita una delle  quattro  case  da
gioco del Paese e sopporta la presenza della criminalita' organizzata
nell'estremo Ponente ligure: pare  opportuno  ricordare  che  in  due
comuni piu' importanti del circondario, Ventimiglia e Bordighera, con
decreto  del  Presidente  della  Repubblica  sono  stati  sciolti   i
rispettivi  consigli  comunali  per  ingerenze   della   criminalita'
organizzata, elemento che di per se' e' sintomatico  dell'ambiente  e
che  fa  sicuramente  ritenere  necessario  il  mantenimento  di   un
«presidio di giustizia», che un tribunale certamente rappresenta. 
    Si consideri altresi' la scarsezza di infrastrutture adeguate, in
particolare per quanto riguarda le vie di comunicazione, condizionate
dall'impervia orografia del Ponente  Ligure.  I  recenti  tagli  alla
spesa  pubblica  hanno  inoltre  reso  impensabile  per   dipendenti,
operatori del diritto e semplici  utenti,  di  poter  raggiungere  il
capoluogo con i mezzi pubblici. 
    II.4. Art. 1 del decreto legislativo n. 155 del 7 settembre  2012
(in Gazzetta Ufficiale n.  213  del  12  settembre  2012)  violazione
dell'art. 25, primo comma, della Costituzione. 
    Le norme  richiamate  sarebbero  altresi'  in  contrasto  con  il
disposto di cui all'art. 25,  primo  comma,  della  Costituzione,  in
quanto la loro applicazione distoglierebbe il cittadino  dal  giudice
naturale precostituito per legge. 
    Infatti l'art. 9 del decreto legislativo n. 155/2012 prevede  che
le cause pendenti avanti ad un ufficio  destinato  alla  soppressione
alla data di entrata in vigore del provvedimento, siano  devolute  al
tribunale accorpante e, conseguentemente, i rinvii di udienza a  data
successiva al 13 settembre 2013 siano automaticamente  da  intendersi
come fatti al nuovo giudice competente. 
    L'eliminazione  del  tribunale  di  Sanremo   e   della   sezione
distaccata di Ventimiglia, in quanto realizzata sulla base  di  norme
illegittime, violerebbe la riserva di legge di cui all'art. 25, primo
comma, della Costituzione, secondo cui «nessuno puo' essere  distolto
dal giudice naturale precostituito per legge»,  che  e'  disposizione
costituzionale destinata «a garantire la certezza  del  cittadino  di
vedere tutelarsi i propri diritti  e  interessi  da  un  organo  gia'
preventivamente stabilito dall'ordinamento  e  indipendente  da  ogni
influenza esterna» (Corte costituzionale, sentenza n. 272/1998). 
    Nel caso di specie, il governo,  attraverso  il  superamento  dei
limiti impostigli  dalla  legge  delega,  modificherebbe  il  giudice
naturale precostituito nel corso dei procedimenti gia' pendenti  come
quello riguardante l'odierno attore/convenuto. 
    Va da se' che ai fini del rispetto della norma costituzionale non
ha rilievo il giudice persona  fisica  bensi'  il  giudice  -  organo
giudicante  oggettivamente  inteso  (Cassazione  penale  sez.  I,  15
gennaio 1998, n. 1997, idem Cassazione 22 aprile  1992,  n.  4838  in
F.I. 1993, I, 889). 
    II.V. Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma  2,  legge
n. 148/2011 e del decreto  legislativo  n.  155/2012  per  violazione
dell'art. 5 Cost. 
    Ai sensi dell'art. 5 della Costituzione  la  Repubblica,  una  ed
indivisibile, riconosce e promuove le  autonomie  locali;  attua  nei
servizi  che  dipendono  dallo  Stato  il  piu'  ampio  decentramento
amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua  legislazione
all'esigenza dell'autonomia e del decentramento. 
    In Italia esistevano fino agli  anni  '90  preture,  tribunali  e
corti d'appello, oltre che la  Corte  di  Cassazione,  per  quel  che
riguarda  l'autorita'  giudiziario   ordinaria   cui   si   riferisce
l'impugnato decreto delegato. 
    Il    decentramento    dell'amministrazione    giudiziaria    era
sostanzialmente realizzato attraverso le preture,  che  avevano  come
circoscrizione il mandamento, comprendente o grandi comuni o un certo
numero di piccoli comuni, secondo  le  condizioni  geografiche  e  le
preture erano oltre 1000. 
    Con la legge 19  febbraio  1998,  n.  51,  furono  attribuite  ai
tribunali le cause  pendenti  davanti  ai  pretori  e  furono  create
laddove vi erano le preture le sezioni distaccate di tribunale che in
certo modo conservavano il decentramento giudiziario ed offrivano  il
vantaggio di unificare i giudici di primo grado,  migliorando,  sotto
il profilo della certezza della  competenza,  l'accessibilita'  della
giustizia al popolo. 
    Attualmente, con l'accorpamento delle sedi giudiziarie distaccate
nei tribunali preesistenti, che  questa  poi  e'  la  sostanza  della
modifica, non si  vede  che  fine  abbia  fatto  la  metodologia  del
decentramento in sede di organizzazione giudiziario, e quello che  e'
peggio e'  che  si  e'  dimenticato  il  significato  della  presenza
decentrata della giustizia sul territorio dello Stato ai  fini  della
aggregazione delle formazioni sociali e dell'efficacia  della  stessa
resa del servizio giustizia, che ora sempre piu' si  va  allontanando
sia per gli accorpamenti degli  uffici,  che  vengono  unificati  nei
grandi uffici e nelle citta' di grandi e medie  dimensioni,  sia  per
gli  aumentati  costi  della  giustizia  e,  peggio  ancora,  per  la
costruzione del sistema delle impugnazione  riducendo  i  poteri  del
giudice  di  appello,  introducendo  sostanzialmente  «una  fase   di
ammissibilita'» sia per l'appello che  per  la  cassazione  e,  nello
stesso tempo, allontanando dal foro i giudici di primo grado. Il  che
si traduce in un sostanziale peggioramento del servizio giustizia  ed
in una palese violazione dell'art. 5  Cost.  per  quanto  prevede  il
decentramento dei servizi che dipendono dallo Stato, quale appunto il
servizio giustizia. 
    II.VI. Illegittimita' costituzionale dell'art. 1 della  legge  n.
148/2011 per violazione degli articoli 3 ed 81 della Costituzione. 
    L'art. 1 della legge 14 settembre  2011,  n.  148,  delegando  al
Governo la riorganizzazione sul territorio  degli  uffici  giudiziari
statuisce la necessita' di  garantire  la  permanenza  del  tribunale
ordinario nei circondari di comuni capoluogo di provincia  alla  data
del 30 giugno 2011. 
    Questa disposizione impone un'interpretazione  costituzionalmente
orientata, alla luce del fine di risparmio di spesa e  di  incremento
di  efficienza  posto  dal  legislatore  delegante:  occorre   quindi
valutare  il  concetto  di  «circondario  di  comuni   capoluogo   di
provincia» nei termini che seguono. 
    E' evidente  che  il  legislatore  delegante,  nell'impiegare  il
termine     «circondario»      in      relazione      a      concetti
(comune/provincia/capoluogo) propri della pubblica amministrazione, e
precisamente degli enti locali, si e' espresso in senso atecnico, non
essendo il «circondario» una circoscrizione amministrativa conosciuta
dalla normativa sugli enti locali. 
    Si  tratta  percio'  di  stabilire  se  con  questo  termine   il
legislatore delegante abbia inteso riferirsi  ad  una  circoscrizione
comunale o a quella provinciale. 
    Orbene,  sembra  evidente  che  la  circoscrizione  del   «comune
capoluogo di provincia» sia proprio il territorio provinciale (e  del
resto sarebbe palesemente irragionevole riferirsi al solo  territorio
di un comune della provincia). 
    Va da se' che se il legislatore delegante avesse inteso escludere
dalla  soppressione  degli  uffici  giudiziari  di  primo  grado   il
tribunale avente sede nel capoluogo di provincia si sarebbe  espresso
nei  termini  usualmente  impiegati  per   designare   tale   ufficio
giudiziario e cioe'  indicando  il  «tribunale  del  capoluogo  della
provincia» (come recita per esempio il  comma  5  dell'art.  324  del
codice di procedura penale). 
    Poiche' invece ha inteso esprimersi in modo ben piu'  articolato,
e' evidente che ha voluto significare qualcosa di diverso, e cioe' ha
posto l'esigenza  di  preservare  un  tribunale  ordinario  per  ogni
territorio provinciale, affidando  l'individuazione  di  questa  sede
giudiziaria ai principi e ai  criteri  direttivi  ulteriori,  nonche'
alle finalita' perseguite dalla legge delega (risparmio  di  spesa  e
incremento di efficienza). 
    La situazione che il legislatore  delegato  aveva  il  dovere  di
valutare e'  resa  evidente  dai  seguenti  dati  (riferiti  all'anno
giudiziario 2010/2011 e forniti dalla relazione finale del gruppo  di
studio istituito presso il Ministero della giustizia  il  13  ottobre
2011): a fronte di 6.194 procedimenti civili a Sanremo e Ventimiglia,
Imperia ne vanta soli 2.575, L'indice delle sopravvenienze medie  nel
quadriennio  2006-2010  e'  altrettanto  significativo:   Sanremo   e
Ventimiglia  vantano  9.846  procedimenti,  a  fronte  dei  3.765  di
Imperia. 
    La posizione decentrata del tribunale  di  Imperia,  prossima  al
confine orientale del territorio provinciale, si  pone  in  contrasto
con le esigenze di risparmio e di  efficienza  indicate  dalla  legge
delega e comporta certamente nuovi e maggiori spese senza indicare  i
mezzi per farvi fronte (cosi' come imposto dal comma IV dell'art.  81
della Costituzione). 
    Risulta infatti evidente che: 
    la seconda  casa  circondariale  della  Liguria  che,  come  gia'
riferito, ha sede a Sanremo,  continuerebbe,  ovviamente,  a  restare
operativa, cosicche' dall'accorpamento sorgerebbe  la  necessita'  di
tradurre  i  detenuti  fino  ad  Imperia  per  tutti  gli  incombenti
procedimentali  o  processuali  ovvero  l'esigenza,  da   parte   dei
magistrati, di recarsi da Imperia alla casa circondariale di  Sanremo
per gli incombenti di loro competenza; 
    le testimonianze dovrebbero essere rese presso  il  tribunale  di
Imperia dagli  appartenenti  alla  Forze  dell'ordine  di  Sanremo  o
Ventimiglia; inoltre  Agenti  di  Polizia,  Carabinieri,  Finanzieri,
Agenti  del  Corpo  Forestale  dello   Stato,   Agenti   di   Polizia
penitenziaria, Personale della Capitaneria di Porto, Vigili del Fuoco
ecc. dovrebbero depositare denunce/querele, comunicazioni di  notizie
di reato, verbali  di  perquisizione  e  sequestro  ecc.,  presso  il
medesimo tribunale. 
    Tale notevole fabbisogno  di  operazioni,  tutte  gravanti  sulla
polizia  giudiziaria  e  quindi   sulla   pubblica   amministrazione,
richiederebbe ovviamente  maggiori  oneri  per  carburanti,  pedaggi,
usura dei veicoli, diarie, et similia. 
    In uno studio  relativo  ai  predetti  costi,  commissionato  dal
Consiglio dell'ordine degli avvocati di Sanremo, si e' ipotizzata una
media di venti trasferte al giorno, per  un  totale  annuo  di  5.000
trasferte con un conseguente maggior onere  per  l'erario  di  almeno
200.000 euro. 
    Senza voler considerare che: 
    a) il solo spostamento dei fascicoli dai  tribunali  soppressi  e
dalle sedi distaccate ai tribunali  accorpanti  richiede  l'utilizzo,
quanto meno, di mezzi di trasporto e di personale  che  non  sono  in
dotazione  agli  uffici  giudiziari,  con  conseguente  appalto   del
servizio; 
    b) bisogna  trasferire  mobili,  computer,  suppellettili,  altri
oggetti d'ufficio necessari per le cancellerie e per i magistrati  ed
anche qui il trasporto dei beni non potra' avvenire con il  personale
presente negli uffici giudiziari ed i mezzi  in  loro  dotazione,  ma
corrispondendo l'importo  per  lo  svolgimento  di  questo  servizio;
l'alternativa e'  procedere  a  nuovi  acquisti  che,  evidentemente,
richiedono nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica; 
    c) sono indispensabili gli interventi edilizi sulle strutture che
devono ricevere il personale degli uffici giudiziari soppressi ovvero
l'individuazione di altre strutture edilizie. 
    Pertanto e' ovvio che in base ai principi e ai criteri  direttivi
della legge delega avrebbe dovuto  essere  inserito  nell'elenco  dei
tribunali da sopprimere  non  gia'  il  tribunale  di  Sanremo,  sede
giudiziario baricentrica nel territorio provinciale e con carichi  di
lavoro piu' che doppi rispetto a quello di Imperia,  ma  quest'ultimo
ufficio giudiziario. 
    La situazione, che il legislatore  delegato  non  ha  minimamente
considerato,  e'  talmente  evidente  da  non  richiedere   ulteriori
notazioni, salvo il rilievo che  la  stessa  e'  unica  nel  panorama
nazionale visto  che,  come  e'  logico  che  sia,  i  tribunali  del
capoluogo di provincia hanno carichi di lavoro ben superiori rispetto
a quelli subprovinciali. 
    E' dunque di solare  evidenza  che  includendo  il  tribunale  di
Sanremo  nell'elenco  dei  tribunali  da  sopprimere  il  legislatore
delegato abbia fatto malgoverno della delega conferitagli dalla legge
n. 148/2011, che ben gli avrebbe invece consentito di  sopprimere  il
tribunale    di    Imperia,    cosi'     dando     un'interpretazione
costituzionalmente orientata del dato normativo costituito  dall'art.
1, comma 2 della legge n. 148/2011,  e  non  dandone  una  del  tutto
irragionevole come  quella  consacrata  nel  decreto  legislativo  n.
155/2012. 
    II.VII. Art. 1, decreto  legislativo  n.  155/2012  -  Violazione
dell'art. 24, primo comma, Cost. 
    Questo giudice avverte, infine, l'opportunita'  di  sottolineare,
sotto  un'ulteriore  visuale,  i  forti  disagi  che   l'accorpamento
comporterebbe per i cittadini residenti  nell'attuale  circoscrizione
del  tribunale  di  Sanremo,  e  sezione  distaccata,   disagi   gia'
illustrati con particolare riferimento all'esigenza  di  tener  conto
della «specificita' territoriale del bacino di utenza» (art. 1, comma
2, legge n. 148/2011, sopra sub II. 3.), e al fatto che la situazione
prospettata e' oggettivamente «unica nel panorama  nazionale»  (sopra
sub II. VI.). 
    Senza soffermarci sul ruolo preponderante, data la tipologia  del
contenzioso locale, delle prove orali in  genere,  che  per  lo  piu'
coinvolgono persone del posto, e  che  saranno  prevedibilmente  piu'
riluttanti,  in  futuro,  se  residenti  nel  circondario  oggi   del
tribunale di Sanremo, a deporre in un tribunale cosi' eccentrico (non
potranno  non  lievitare  fatalmente   le   necessita'   di   dispone
l'accompagnamento coattivo), preme soprattutto fare riferimento  alla
volontaria giurisdizione, nella quale  assume,  come  noto,  notevole
importanza, ed e' anzi normalmente  obbligatoria,  l'audizione  delle
parti interessate. Queste molto spesso non sono assistite da legali e
versano in situazioni di debolezza quando non, anche,  di  indigenza,
ed hanno nell'ufficio del  giudice  tutelare  un  non  dispendioso  e
fondamentale  riferimento  di  «prossimita'»,  cui   poter   accedere
direttamente. 
    Anche in tal caso  la  necessita'  di  recarsi  ad  Imperia,  per
effetto dell'accorpamento,  comporterebbe  serissime  difficolta'  di
accesso alla giustizia, a partire dalle disincentivanti diseconomie a
carico dei cittadini (per il cittadino, soprattutto anziano,  ma  non
solo, il recarsi ad Imperia, partendo magari da una localita' di  una
delle numerose  valli  dell'entroterra  compreso  tra  Sanremo  e  il
confine,  finirebbe  per  costituire  l'avventura  insostenibile   di
un'intera giornata). 
    Non si tratterebbe certo di trascurabili  conseguenze  di  ordine
pratico, ma di un problema di compatibilita'  della  riorganizzazione
in esame anche con le garanzie costituzionali  di  cui  all'art.  24,
comma  1,  che  non  si  dubita  operino  per  la  stessa  volontaria
giurisdizione. 
    L'accorpamento in questione comporterebbe in  definitiva,  per  i
cittadini ai quali ci si riferisce, effetti distorsivi e  sostanziale
disuguaglianza nell'accesso alla giustizia, non giustificabili in una
dimensione di «ragionevolezza», dato  che  le  accennate  difficolta'
risulterebbero  sostanzialmente   preclusive,   quantomeno   per   il
cittadino debole,  e  lederebbero  il  principio  riconosciuto  della
«effettivita' della tutela». 
    Sembra a questo giudice che gli aspetti teste' accennati meritino
dunque di essere, a loro volta, tenuti in considerazione nel valutare
se l'art. 1 del decreto legislativo n. 155/2012 - nella parte in  cui
include  il  tribunale  di  Sanremo  e  la  sezione   distaccata   di
Ventimiglia nell'elenco della tabella A - non violi altresi', come si
e' portati a ritenere, l'art. 41, primo comma, Cost. sotto i  profili
del denegato accesso alla giustizia e della violazione del diritto di
difesa. 
III. La non manifesta infondatezza della  questione  di  legittimita'
costituzionale. 
    I  dubbi  circa  il  contrasto  delle  norme  esaminate  con   la
Costituzione sono  consistenti  e  portano  a  poter  qualificare  la
questione di illegittimita', fondata. 
IV. La rilevanza della questione di legittimita' costituzionale. 
    La  suddetta  questione  di  legittimita'  costituzionale  appare
inoltre rilevante. 
    Il dubbio di costituzionalita' investe  infatti  l'individuazione
del giudice che dovra' trattare e decidere il procedimento  in  corso
(tribunale di Sanremo - sezione distaccata di Ventimiglia o quello di
Imperia) in  quanto  la  prossima  udienza  si  terra'  in  un  tempo
successivo  al  13  settembre  2013,  data  in  cui  dovrebbe  essere
soppresso il tribunale di Sanremo e  la  sua  sezione  distaccata:  a
causa di cio' le parti processuali sarebbero costrette  a  sopportare
mutamento del giudice precostituito per legge in corso di  causa,  il
che ha diretta incidenza sulla decisione del presente giudizio. 
    Le parti medesime, del  resto,  hanno  un  preciso  interesse  ad
evitare  siffatto  mutamento,  e  tale  interesse  e'  senza   dubbio
rilevante alla stregua dell'art. 25, comma 1, Cost. 
    La giurisprudenza costituzionale, ha riconosciuto  che,  ai  fini
dell'ammissibilita' delle questioni di legittimita' sollevate, devono
ritenersi  rilevanti  anche  le  norme  che,  pur  non   direttamente
pertinenti all'oggetto del giudizio, attengono comunque  allo  status
del giudice, alla sua composizione nonche' alle garanzie e ai  doveri
che  riguardano  il  suo  operare:  in   sintesi,   la   «protezione»
dell'esercizio della funzione nella quale i diritti  si  accompagnano
ai doveri (Corte Cost. n. 18/1989 e n. 196/1987,  rispettivamente  in
tema  di  responsabilita'  civile  dei  magistrati  e  obiezione   di
coscienza del giudice tutelare in ordine  alle  autorizzazioni  delle
donne minorenni all'interruzione della gravidanza). 
    Tanto esposto, il giudice: 
    esaminata l'istanza ex art. 23, legge n. 87 dell'11 marzo 1953  e
art. 136 Cost.; 
    ritenuto che il  presente  giudizio  non  possa  essere  definito
indipendentemente   dalla   proposta   questione   di    legittimita'
costituzionale; 
    ritenuto che, in relazione alle motivazioni espresse nell'istanza
e sopraillustrate, non  sia  manifestamente  infondata  la  questione
concernente la legittimita' costituzionale delle seguenti norme: 
          dell'art. 1, comma 2, legge n. 148/2011, con cui  e'  stato
convertito il  decreto-legge  n.  138/2011,  per  contrasto  con  gli
articoli 70, 72, commi 1 e 4 e 77, comma 2, art. 5 e articoli 3 e  81
Cost., nonche' dell'art. 1, decreto  legislativo  n.  155/2012  nella
parte in cui include il tribunale di Sanremo e la sezione  distaccata
di Ventimiglia nell'elenco della tabella A,  per  contrasto  con  gli
articoli 5, 25, comma 1, 76, nonche' 24, comma 1, Cost. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Visto l'art. 23, legge n. 87/1953: 
    dispone l'immediata trasmissione degli atti del presente giudizio
alla Corte costituzionale; 
    ordina alla cancelleria di notificare la presente ordinanza  alle
parti in causa, al  pubblico  ministero  nonche'  al  Presidente  del
Consiglio del ministri; 
    ordina alla cancelleria di comunicare la  presente  ordinanza  ai
Presidenti delle due Camere del Parlamento; 
    sospende il presente giudizio. 
 
          Ventimiglia, 16 luglio 2013 
 
                     Il giudice O.T.: Fumagalli