N. 245 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 luglio 2013
Ordinanza del 16 luglio 2013 emessa dal Tribunale di Sanremo - sez. distaccata Ventimiglia nel procedimento civile promosso da Sambito Giuseppe c/Vinciguerra Giovanna. Ordinamento giudiziario - Delega legislativa per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari al fine di realizzare risparmi di spesa e incremento di efficienza - Conferimento al Governo mediante disposizione inserita nella legge di conversione del decreto-legge n. 138 del 2011 - Denunciato mancato esame del relativo emendamento in Commissione referente - Violazione dell'iter ordinario di formazione legislativa e della c.d. "riserva di assemblea" previsti per l'approvazione dei disegni di legge di delegazione - Incompatibilita' ed eterogeneita' della delega rispetto al caso straordinario di necessita' e urgenza e al contenuto originario del decreto-legge n. 138 - Violazione del principio del decentramento amministrativo nei servizi che dipendono dallo Stato - Imposizione di nuove e maggiori spese senza indicare i mezzi per farvi fronte - Irragionevolezza del criterio direttivo che garantisce la permanenza del tribunale ordinario "nei circondari dei comuni capoluogo di provincia", nel modo in cui interpretato dal legislatore delegato - Richiamo alla sentenza n. 22 del 2012 della Corte costituzionale. - Legge 14 settembre 2011, n. 148 (che ha convertito, con modificazioni, il decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138), art. 1, comma 2. - Costituzione, artt. 3, 5, 70, 72, commi primo e quarto, 77, comma secondo, e 81. Ordinamento giudiziario - Riorganizzazione dei tribunali e degli uffici del pubblico ministero recata dal decreto legislativo n. 155 del 2012 - Inclusione del Tribunale di Sanremo e della Sezione distaccata di Ventimiglia nell'elenco delle sedi giudiziarie soppresse, di cui alla tabella A allegata al decreto, e conseguente accorpamento al Tribunale di Imperia - Denunciata illegittimita' "consequenziale", derivante dalla incostituzionalita' della legge di delegazione - Contrasto con i principi e criteri direttivi e con le finalita' di efficienza e risparmio di spesa stabiliti dalla norma di delegazione - Eccesso di delega - Violazione del principio del giudice naturale precostituito per legge - Violazione del principio del decentramento amministrativo nei servizi che dipendono dallo Stato - Lesione della effettivita' della tutela giurisdizionale e del diritto di difesa in danno dei residenti nel circondario di Sanremo. - Decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155, art. 1, limitatamente all'inclusione del Tribunale di Sanremo e della Sezione distaccata di Ventimiglia nell'elenco di cui alla (allegata) Tabella A. - Costituzione, artt. 5, 24, primo comma, 25, primo comma, e 76; legge 14 settembre 2011, n. 148, art. 1, comma 2, lett. a), b), c), d), e).(GU n.47 del 20-11-2013 )
TRIBUNALE DI SANREMO Il giudice onorario avv. Marco Fumagalli, in veste di giudice monocratico nella causa di cui al proc. n. 492/07 ruolo generale affari contenziosi, dato atto che all'udienza 11 luglio 2013 - in cui le parti sono comparse spontaneamente a seguito dell'ordinanza di restituzione atti di codesta Corte del 5 luglio 2013, prot. 69/c - ha rinviato la causa, per la precisazione delle conclusioni, all'udienza del 10 ottobre 2013; che, contestualmente, preso atto del rinvio, e' stata riproposta, con nuova istanza, la questione di legittimita' costituzionale precedentemente sollevata, con argomentazioni analoghe a quelle che gia' avevano giustificato la remissione della questione a codesta Corte, ed ulteriori; considerato che codesta Corte, per le ragioni esposte nel provvedimento di restituzione degli atti, non ha avuto modo di esaminare la questione di legittimita' costituzionale a suo tempo sollevata; ritenuto che anche ad avviso di questo giudice la stessa meriti di essere vagliata da codesta Corte e a tal fine riproposta nelle forme dovute, con riguardo anche ad ulteriori profili trattati nella nuova istanza ovvero rilevati d'ufficio da questo giudice; considerato che il presente giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della rinnovata questione di legittimita' costituzionale, ritiene questa non manifestamente infondata per le seguenti motivazioni, che fa «proprie». I. L'oggetto della questione di legittimita' costituzionale. Il rinvio disposto da questo giudice - nell'evidente impossibilita' di definire il giudizio prima dell'ormai imminente sospensione feriale - ad udienza successiva al 13 settembre 2013, scadenza contemplata dall'art. 11, comma 2 decreto legislativo n. 155/2012, comporta quale luogo di celebrazione dell'udienza stessa, il Tribunale di Imperia, stante che a tale data l'accorpamento del Tribunale di Sanremo con quello di Imperia dovra' gia' essere avvenuto, cosi' come stabilito dall'art. 9, comma 1 del citato decreto legislativo. In base alla citata istanza tale provvedimento e' fondato su norme incostituzionali, cioe': sull'art. 1, comma 2, legge n. 148/2011 con cui e' stato convertito il decreto-legge n. 138/2011, norma che si pone in contrasto con gli articoli 70, 72, commi 1 e 4, e 77 comma 2, nonche' 5, 3 ed 81 Cost.; sull'art. 1, decreto legislativo n. 155/2012 nella parte in cui include il Tribunale di Sanremo nell'elenco della tabella A, norma che si pone in contrasto con gli articoli 25, comma 1 e 76. Questo giudice (visti gli articoli 1, legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e 23 seguenti legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 87) rileva inoltre come l'articolo in esame presenti profili di incostituzionalita' rispetto all'art. 24, comma 1, Cost. II. I motivi della questione di legittimita' costituzionale. 1 e 4 Cost. Il primo profilo di illegittimita' costituzionale emerge in relazione ai procedimento adottato per l'approvazione dell'art. 1, comma 2 della legge n. 148/2011 che ha previsto la delega legislativa al Governo per la riorganizzazione degli uffici giudiziari. Tale disposizione e' stella infatti introdotta durante l'iter del procedimento di conversione in legge del decreto-legge n. 138/2011, che non conteneva la norma in esame. La delega e' stata in particolare inserita in un «maxi-emendamento» presentato dal Governo dal Senato nella seduta del 7 settembre 2011 (l'ultima in cui il d.d.l. e' stato discusso) sul quale il Governo ha posto la questione di fiducia. Il testo approvato dal Senato e' stato poi presentato alla Camera l'8 settembre 2011, e' stato esaminato dalla commissione bilancio tra l'8 e il 12 settembre 2011 e dall'aula tra il 12 e il 14 settembre 2011 e anche in questo caso il Governo ha posto la fiducia. Dal resoconto della seduta d'aula del Senato emerge inoltre che l'emendamento governativo in questione e' stato presentato in aula ed e' stato trasmesso per il parere alla commissione bilancio, senza il preventivo esame da parte della commissione referente, cosi' come imposto dall'art. 72, comma 1. E' stato quindi violato in primis l'art. 70 della Carta Costituzionale che attribuisce la funzione legislativa collettivamente ai due rami del Parlamento, ma altresi' l'iter ordinario di formazione legislativa, che ai sensi dell'art. 72, 4 comma Cost. deve essere sempre adottato per l'approvazione delle deleghe legislative: della procedura esige che i disegni di legge siano deliberati dal plenum dell'assemblea, esaurita la fase istruttoria nella competente commissione in sede referente (in dottrina si confronti Crisafulli «Lezioni di diritto costituzionale-Cedam»). Inoltre l'introduzione della disposizione di delega legislativa nel procedimento di conversione del decreto-legge ha comportato - per i tempi necessariamente rapidi e vincolati del procedimento di conversione - la quasi totale compressione del dibattito parlamentare il che appare in contrasto con la ratio della c.d. «riserva di assemblea» prevista dall'art. 72, comma 4, Cost. che e' quella di consentire il piu' ampio dibattito parlamentare possibile su questo tipo di atti comportanti il trasferimento della potesta' legislativa dal Parlamento al Governo. II.2. Art. 1, comma 2 della legge n. 148/2011 - Violazione dell'art. 77, secondo comma, Cost. Ulteriori profili di illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 2 della legge n. 148/2011 emergono con riferimento alla disposizione di cui all'art. 77 Cost. Il dubbio di costituzionalita' si pone innanzitutto in relazione alla sussistenza dei requisiti della straordinaria necessita' e urgenza su cui si fonda, ai sensi dell'art. 77, comma 2 Costituzione, il potere di decretazione d'urgenza del Governo. La Corte costituzionale ha affermato al riguardo che il difetto dei requisiti di straordinaria necessita' e urgenza, una volta intervenuta la legge di conversione, si traduce in un vizio in procedendo della legge stessa, la quale non esplica dunque alcuna efficacia sanante dei vizi del decreto-legge (cfr. sentenza n. 171 del 2007). Tale orientamento e' stato confermato dal giudice delle leggi con la pronuncia n. 355/2010 con la quale e' stato ulteriormente precisato che la valutazione in termini di necessita' e urgenza deve essere effettuata anche per gli emendamenti aggiunti in sede di conversione dal Parlamento. Nel caso della disposizione di cui all'art. 1, comma 2 della legge n. 148/2011 il dubbio circa la sussistenza dei requisiti in esame si pone considerando che la disposizione contenente una delega legislativa al Governo e' per sua stessa natura «a operativita' differita» nel senso che essa e' immediatamente applicabile solo nei rapporti tra Parlamento e Governo, mentre non ha alcuna efficacia nei confronti della generalita' dei cittadini fino a quando non viene attuata con l'emanazione del relativo decreto delegato. Lo strumento della legge-delega appare pertanto incompatibile con la sussistenza dei requisiti di straordinaria necessita' e urgenza che appaiono implicare l'immediata applicabilita' del provvedimento normativa, non solo dal punto di vista formale, ma anche sostanziale ovvero della sua effettiva idoneita' a disciplinare le situazioni sostanziali oggetto dell'intervento normativo, che nel caso della legge-delega e' invece rinviato al momento dell'adozione del decreto legislativo. Sotto altro profilo l'art. 77, secondo comma, Cost. potrebbe essere stato violato anche a causa della eterogeneita' della disposizione in esame rispetto a quelle originariamente contenute nel testo del decreto-legge n. 138/2011. Come si e' gia' osservato, infatti, la disciplina contenuta nell'art. 1, comma 2 della legge n. 148/2011, contenente la delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari, e' stata introdotta con un emendamento in sede di conversione senza che decreto-legge convertito (recante «ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e lo sviluppo») ne facesse alcun cenno. Tale disposizione, nella misura in cui prevede una disciplina per la revisione della geografia degli uffici giudiziari del tutto assente nel testo del decreto-legge oggetto di conversione, pare quindi introdurre una c.d. «norma intrusa», vale a dire estranea rispetto al testo del decreto-legge originario e come tale suscettibile di violare il dettato di cui all'art. 77, comma 2 Cost., la cui ratio impone l'omogeneita' del contenuto del decreto-legge, anche come emendato in sede di conversione, al fine di assicurare il necessario legame tra il provvedimento legislativo urgente ed il «caso» che lo ha reso necessario. Si richiama a questo proposito l'orientamento espresso dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 22 del 2012 in cui e' stato affermato che: «la semplice immissione di una disposizione nel corpo di un decreto-legge oggettivamente o teleologicamente unitario non vale a trasmettere, per cio' solo, alla stessa il carattere di urgenza proprio delle altre disposizioni, legate tra loro dalla comunanza di oggetto o di finalita'. Ai sensi del secondo comma dell'art. 77 Cost., i presupposti per l'esercizio senza delega della potesta' legislativa da parte del Governo riguardano il decreto-legge nella sua interezza, inteso come insieme di disposizioni omogenee per la materia o per lo scopo. L'inserimento di norme eterogenee all'oggetto o alla finalita' del decreto spezza il legame logico-giuridico tra la valutazione fatta dal Governo dell'urgenza del provvedere ed «i provvedimenti provvisori con forza di legge», di cui alla norma costituzionale citata. Il presupposto del «caso» straordinario di necessita' e urgenza inerisce sempre e soltanto al provvedimento inteso come un tutto unitario, atto normativo fornito di intrinseca coerenza, anche se articolato e differenziato al suo interno. La scomposizione atomistica della condizione di validita' prescritta dalla Costituzione si pone in contrasto con il necessario legame tra il provvedimento legislativo urgente ed il «caso» che lo ha reso necessario, trasformando il decreto-legge in una congerie di norme assemblate soltanto da mera casualita' temporale. L'art. 15, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell'attivita' di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri) - la' dove prescrive che il contenuto del decreto-legge «deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo» - pur non avendo, in se' e per se', rango costituzionale, e non potendo quindi assurgere a parametro di legittimita' in un giudizio davanti a questa Corte, costituisce esplicitazione della ratio implicita nel secondo comma dell'art. 77 Cost., il quale impone il collegamento dell'intero decreto-legge al caso straordinario di necessita' e urgenza, che ha indotto il Governo ad avvalersi dell'eccezionale potere di esercitare la funzione legislativa senza previa delegazione da parte del Parlamento (...) Ove le discipline estranee alla ratio unitaria del decreto presentassero, secondo il giudizio politico del Governo, profili autonomi di necessita' e urgenza, le stesse ben potrebbero essere contenute in atti normativi urgenti del potere esecutivo distinti e separati. Risulta invece in contrasto con l'art. 77 Cost. la commistione e la sovrapposizione, nello stesso atto normativo, di oggetti e finalita' eterogenei, in ragione di presupposti, a loro volta, eterogenei. La necessaria omogeneita' del decreto-legge, la cui interna coerenza va valutata in relazione all'apprezzamento politico, operato dal Governo e controllato dal Parlamento, del singolo caso straordinario di necessita' e urgenza, deve essere osservata dalla legge di conversione. Il principio della sostanziale omogeneita' delle norme contenute nella legge di conversione di un decreto-legge e' pienamente recepito dall'art. 96-bis, comma 7, del regolamento della Camera dei deputati, che dispone: «Il Presidente dichiara inammissibili gli emendamenti e gli articoli aggiuntivi che non siano strettamente attinenti alla materia del decreto-legge». Sulla medesima linea si colloca la lettera inviata il 7 marzo 2011 dal Presidente del Senato ai Presidenti delle Commissioni parlamentari, nonche', per conoscenza, al Ministro per i rapporti con il Parlamento, in cui si esprime l'indirizzo «di interpretare in modo particolarmente rigoroso, in sede di conversione di un decreto-legge, la norma dell'art. 97, comma 1, del regolamento, sulla improponibilita' di emendamenti estranei all'oggetto della discussione», ricordando in proposito il parere espresso dalla giunta per il regolamento l'8 novembre 1984, richiamato, a sua volta, dalla circolare sull'istruttoria legislativa nelle Commissioni del 10 gennaio 1997 (...) Si deve ritenere che l'esclusione della possibilita' di inserire nella legge di conversione di un decreto-legge emendamenti del tutto estranei all'oggetto e alle finalita' del testo originario non risponda soltanto ad esigenze di buona tecnica normativa, ma sia imposta dallo stesso art. 77, secondo comma, Cost., che istituisce un nesso di interrelazione funzionale tra decreto-legge, formato dal Governo ed emanato dal Presidente della Repubblica, e legge di conversione, caratterizzata da un procedimento di approvazione peculiare rispetto a quello ordinario». L'eterogeneita' lamentata e' tanto piu' evidente alla luce del riferimento contenuto nel secondo comma dell'art. 1 della legge n. 148/2011 «al perseguimento delle finalita' di cui all'art. 9 del decreto-legge 6 luglio 2011 n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111»: la legge di conversione, facendo riferimento a tutt'altra normativa legislativa, non avrebbe potuto palesare meglio l'eterogeneita' censurata. II.3. Art. 1, decreto legislativo n. 155/2012 nella parte in cui include il tribunale di Sanremo nell'elenco della tabella A, norma che si pone in contrasto con gli articoli 25, comma 1 e 76 Cost. Nell'elenco della tabella A, relativo ai tribunali dei quali disporre la soppressione, compare il tribunale di Sanremo e la sezione distaccata di Ventimiglia. I dubbi di legittimita' costituzionale espressi in relazione alla legge delega inducono a prospettare l'illegittimita' consequenziale del decreto legislativo. A cio' si aggiunga il contrasto di questo decreto con i criteri e i principi direttivi di cui all'art. 1, comma 2, legge n. 148/2011, con conseguente violazione dell'art. 76 Cost. Come si ricordera' il suddetto comma 2 dell'art. 1 della legge delega conferiva al governo la delega ad adottare uno o piu' decreti legislativi per riorganizzare la distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari al fine di realizzare risparmi di spesa e incremento di efficienza, con l'osservanza dei seguenti principi e criteri direttivi: a) ridurre gli uffici giudiziari di primo grado, ferma la necessita' di garantire la permanenza del tribunale ordinario nei circondari di comuni capoluogo di provincia alla data del 30 giugno 2011; b) ridefinire, anche mediante attribuzione di porzioni di territori a circondari limitrofi, l'assetto territoriale degli uffici giudiziari secondo criteri oggettivi e omogenei che tengano conto dell'estensione del territorio, del numero degli abitanti, dei carichi di lavoro e dell'indice delle sopravvenienze, della specificita' territoriale del bacino di utenza, anche con riguardo alla situazione infrastrutturale, e del tasso d'impatto della criminalita' organizzata, nonche' della necessita' di razionalizzare il servizio giustizia nelle grandi aree metropolitane; c) ridefinire l'assetto territoriale degli uffici requirenti non distrettuali, tenuto conto, ferma la permanenza di quelli aventi sedi presso il tribunale ordinario nei circondari di comuni capoluogo di provincia alla data del 30 giugno 2011, della possibilita' di accorpare piu' uffici di procura anche indipendentemente dall'eventuale accorpamento dei rispettivi tribunali, prevedendo, in tali casi, che l'ufficio di procura accorpante possa svolgere le funzioni requirenti in piu' tribunali e che l'accorpamento sia finalizzato a esigenze di funzionalita' ed efficienza che consentano una migliore organizzazione dei mezzi e delle risorse umane, anche per raggiungere economia di specializzazione ed una piu' agevole trattazione dei procedimenti; d) procedere alla soppressione ovvero alla riduzione delle sezioni distaccate di tribunale, anche mediante accorpamento ai tribunali limitrofi, nel rispetto dei criteri di cui alla lettera b); e) assumere come prioritaria linea di intervento, nell'attuazione di quanto previsto dalle lettere a), b), c) e d), il riequilibrio delle attuali competenze territoriali, demografiche e funzionali tra uffici limitrofi della stessa area provinciale caratterizzati da rilevante differenza di dimensioni; (omissis); prevedendo inoltre al punto q) che dall'attuazione delle disposizioni di cui al presente comma non dovessero derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. A questi criteri il legislatore delegato non si e' ottenuto affatto prevedendo la soppressione del tribunale di Sanremo e della sezione distaccata di Ventimiglia, e il conseguente assorbimento da parte di quello di Imperia, i cui carichi di lavoro e le cui sopravvenienze sono di gran lunga inferiori a quelli sanremesi, superiori di piu' del doppio: situazione unica nel panorama nazionale, tale da evidenziare, di per se stessa, la palese inconferenza di una simile presa di posizione del legislatore delegato rispetto ai criteri e ai limiti posti dalla legge delega. Del resto ci sara' bene una ragione legata ai diversi carichi di lavoro se gli avvocati iscritti all'albo degli avvocati di Imperia sono solo poco piu' di 154 a fronte degli oltre 350 dell'ordine forense sanremese. Lo squilibrio che conseguirebbe all'accorpamento di Sanremo ad Imperia si porrebbe in palese contrasto con le esigenze di funzionalita' ed efficienza considerate dalla legge delega, comportando sprechi di risorse, ed inoltre ponendosi in contrasto con l'esigenza di riequilibrio delle attuali competenze territoriali, demografiche e funzionali tra uffici limitrofi che la legge delega considera «prioritario linea di intervento», ma che l'eccentricita' del capoluogo di provincia rispetto al suo territorio non solo non soddisferebbe ma renderebbe anzi piu' gravosa: al riguardo basti pensare alla collocazione della casa circondariale di Sanremo, la seconda della Liguria. L'incongruita' della scelta del legislatore delegato rispetto alle direttive della legge delega emerge anche in relazione alla estensione del territorio del circondario sanremese, di ben 644,48 kmq sui quali vive una popolazione di 150.000 abitanti circa contro i soli 75.000 del circondario imperiese, e soprattutto in relazione alla specificita' territoriale del bacino di utenza e dall'essere il tribunale di Sanremo e la sua sezione distaccata «tribunali di confine», essendo l'ultimo tribunale in territorio italiano, il che ha da sempre comportato una sorta di «specializzazione» per tutti gli operatori del diritto, dovuta alla necessita' di trattare nelle aule di giustizia problematiche specifiche, legate al territorio di frontiera. Non si dimentichi che Sanremo ospita una delle quattro case da gioco del Paese e sopporta la presenza della criminalita' organizzata nell'estremo Ponente ligure: pare opportuno ricordare che in due comuni piu' importanti del circondario, Ventimiglia e Bordighera, con decreto del Presidente della Repubblica sono stati sciolti i rispettivi consigli comunali per ingerenze della criminalita' organizzata, elemento che di per se' e' sintomatico dell'ambiente e che fa sicuramente ritenere necessario il mantenimento di un «presidio di giustizia», che un tribunale certamente rappresenta. Si consideri altresi' la scarsezza di infrastrutture adeguate, in particolare per quanto riguarda le vie di comunicazione, condizionate dall'impervia orografia del Ponente Ligure. I recenti tagli alla spesa pubblica hanno inoltre reso impensabile per dipendenti, operatori del diritto e semplici utenti, di poter raggiungere il capoluogo con i mezzi pubblici. II.4. Art. 1 del decreto legislativo n. 155 del 7 settembre 2012 (in Gazzetta Ufficiale n. 213 del 12 settembre 2012) violazione dell'art. 25, primo comma, della Costituzione. Le norme richiamate sarebbero altresi' in contrasto con il disposto di cui all'art. 25, primo comma, della Costituzione, in quanto la loro applicazione distoglierebbe il cittadino dal giudice naturale precostituito per legge. Infatti l'art. 9 del decreto legislativo n. 155/2012 prevede che le cause pendenti avanti ad un ufficio destinato alla soppressione alla data di entrata in vigore del provvedimento, siano devolute al tribunale accorpante e, conseguentemente, i rinvii di udienza a data successiva al 13 settembre 2013 siano automaticamente da intendersi come fatti al nuovo giudice competente. L'eliminazione del tribunale di Sanremo e della sezione distaccata di Ventimiglia, in quanto realizzata sulla base di norme illegittime, violerebbe la riserva di legge di cui all'art. 25, primo comma, della Costituzione, secondo cui «nessuno puo' essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge», che e' disposizione costituzionale destinata «a garantire la certezza del cittadino di vedere tutelarsi i propri diritti e interessi da un organo gia' preventivamente stabilito dall'ordinamento e indipendente da ogni influenza esterna» (Corte costituzionale, sentenza n. 272/1998). Nel caso di specie, il governo, attraverso il superamento dei limiti impostigli dalla legge delega, modificherebbe il giudice naturale precostituito nel corso dei procedimenti gia' pendenti come quello riguardante l'odierno attore/convenuto. Va da se' che ai fini del rispetto della norma costituzionale non ha rilievo il giudice persona fisica bensi' il giudice - organo giudicante oggettivamente inteso (Cassazione penale sez. I, 15 gennaio 1998, n. 1997, idem Cassazione 22 aprile 1992, n. 4838 in F.I. 1993, I, 889). II.V. Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 2, legge n. 148/2011 e del decreto legislativo n. 155/2012 per violazione dell'art. 5 Cost. Ai sensi dell'art. 5 della Costituzione la Repubblica, una ed indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il piu' ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione all'esigenza dell'autonomia e del decentramento. In Italia esistevano fino agli anni '90 preture, tribunali e corti d'appello, oltre che la Corte di Cassazione, per quel che riguarda l'autorita' giudiziario ordinaria cui si riferisce l'impugnato decreto delegato. Il decentramento dell'amministrazione giudiziaria era sostanzialmente realizzato attraverso le preture, che avevano come circoscrizione il mandamento, comprendente o grandi comuni o un certo numero di piccoli comuni, secondo le condizioni geografiche e le preture erano oltre 1000. Con la legge 19 febbraio 1998, n. 51, furono attribuite ai tribunali le cause pendenti davanti ai pretori e furono create laddove vi erano le preture le sezioni distaccate di tribunale che in certo modo conservavano il decentramento giudiziario ed offrivano il vantaggio di unificare i giudici di primo grado, migliorando, sotto il profilo della certezza della competenza, l'accessibilita' della giustizia al popolo. Attualmente, con l'accorpamento delle sedi giudiziarie distaccate nei tribunali preesistenti, che questa poi e' la sostanza della modifica, non si vede che fine abbia fatto la metodologia del decentramento in sede di organizzazione giudiziario, e quello che e' peggio e' che si e' dimenticato il significato della presenza decentrata della giustizia sul territorio dello Stato ai fini della aggregazione delle formazioni sociali e dell'efficacia della stessa resa del servizio giustizia, che ora sempre piu' si va allontanando sia per gli accorpamenti degli uffici, che vengono unificati nei grandi uffici e nelle citta' di grandi e medie dimensioni, sia per gli aumentati costi della giustizia e, peggio ancora, per la costruzione del sistema delle impugnazione riducendo i poteri del giudice di appello, introducendo sostanzialmente «una fase di ammissibilita'» sia per l'appello che per la cassazione e, nello stesso tempo, allontanando dal foro i giudici di primo grado. Il che si traduce in un sostanziale peggioramento del servizio giustizia ed in una palese violazione dell'art. 5 Cost. per quanto prevede il decentramento dei servizi che dipendono dallo Stato, quale appunto il servizio giustizia. II.VI. Illegittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge n. 148/2011 per violazione degli articoli 3 ed 81 della Costituzione. L'art. 1 della legge 14 settembre 2011, n. 148, delegando al Governo la riorganizzazione sul territorio degli uffici giudiziari statuisce la necessita' di garantire la permanenza del tribunale ordinario nei circondari di comuni capoluogo di provincia alla data del 30 giugno 2011. Questa disposizione impone un'interpretazione costituzionalmente orientata, alla luce del fine di risparmio di spesa e di incremento di efficienza posto dal legislatore delegante: occorre quindi valutare il concetto di «circondario di comuni capoluogo di provincia» nei termini che seguono. E' evidente che il legislatore delegante, nell'impiegare il termine «circondario» in relazione a concetti (comune/provincia/capoluogo) propri della pubblica amministrazione, e precisamente degli enti locali, si e' espresso in senso atecnico, non essendo il «circondario» una circoscrizione amministrativa conosciuta dalla normativa sugli enti locali. Si tratta percio' di stabilire se con questo termine il legislatore delegante abbia inteso riferirsi ad una circoscrizione comunale o a quella provinciale. Orbene, sembra evidente che la circoscrizione del «comune capoluogo di provincia» sia proprio il territorio provinciale (e del resto sarebbe palesemente irragionevole riferirsi al solo territorio di un comune della provincia). Va da se' che se il legislatore delegante avesse inteso escludere dalla soppressione degli uffici giudiziari di primo grado il tribunale avente sede nel capoluogo di provincia si sarebbe espresso nei termini usualmente impiegati per designare tale ufficio giudiziario e cioe' indicando il «tribunale del capoluogo della provincia» (come recita per esempio il comma 5 dell'art. 324 del codice di procedura penale). Poiche' invece ha inteso esprimersi in modo ben piu' articolato, e' evidente che ha voluto significare qualcosa di diverso, e cioe' ha posto l'esigenza di preservare un tribunale ordinario per ogni territorio provinciale, affidando l'individuazione di questa sede giudiziaria ai principi e ai criteri direttivi ulteriori, nonche' alle finalita' perseguite dalla legge delega (risparmio di spesa e incremento di efficienza). La situazione che il legislatore delegato aveva il dovere di valutare e' resa evidente dai seguenti dati (riferiti all'anno giudiziario 2010/2011 e forniti dalla relazione finale del gruppo di studio istituito presso il Ministero della giustizia il 13 ottobre 2011): a fronte di 6.194 procedimenti civili a Sanremo e Ventimiglia, Imperia ne vanta soli 2.575, L'indice delle sopravvenienze medie nel quadriennio 2006-2010 e' altrettanto significativo: Sanremo e Ventimiglia vantano 9.846 procedimenti, a fronte dei 3.765 di Imperia. La posizione decentrata del tribunale di Imperia, prossima al confine orientale del territorio provinciale, si pone in contrasto con le esigenze di risparmio e di efficienza indicate dalla legge delega e comporta certamente nuovi e maggiori spese senza indicare i mezzi per farvi fronte (cosi' come imposto dal comma IV dell'art. 81 della Costituzione). Risulta infatti evidente che: la seconda casa circondariale della Liguria che, come gia' riferito, ha sede a Sanremo, continuerebbe, ovviamente, a restare operativa, cosicche' dall'accorpamento sorgerebbe la necessita' di tradurre i detenuti fino ad Imperia per tutti gli incombenti procedimentali o processuali ovvero l'esigenza, da parte dei magistrati, di recarsi da Imperia alla casa circondariale di Sanremo per gli incombenti di loro competenza; le testimonianze dovrebbero essere rese presso il tribunale di Imperia dagli appartenenti alla Forze dell'ordine di Sanremo o Ventimiglia; inoltre Agenti di Polizia, Carabinieri, Finanzieri, Agenti del Corpo Forestale dello Stato, Agenti di Polizia penitenziaria, Personale della Capitaneria di Porto, Vigili del Fuoco ecc. dovrebbero depositare denunce/querele, comunicazioni di notizie di reato, verbali di perquisizione e sequestro ecc., presso il medesimo tribunale. Tale notevole fabbisogno di operazioni, tutte gravanti sulla polizia giudiziaria e quindi sulla pubblica amministrazione, richiederebbe ovviamente maggiori oneri per carburanti, pedaggi, usura dei veicoli, diarie, et similia. In uno studio relativo ai predetti costi, commissionato dal Consiglio dell'ordine degli avvocati di Sanremo, si e' ipotizzata una media di venti trasferte al giorno, per un totale annuo di 5.000 trasferte con un conseguente maggior onere per l'erario di almeno 200.000 euro. Senza voler considerare che: a) il solo spostamento dei fascicoli dai tribunali soppressi e dalle sedi distaccate ai tribunali accorpanti richiede l'utilizzo, quanto meno, di mezzi di trasporto e di personale che non sono in dotazione agli uffici giudiziari, con conseguente appalto del servizio; b) bisogna trasferire mobili, computer, suppellettili, altri oggetti d'ufficio necessari per le cancellerie e per i magistrati ed anche qui il trasporto dei beni non potra' avvenire con il personale presente negli uffici giudiziari ed i mezzi in loro dotazione, ma corrispondendo l'importo per lo svolgimento di questo servizio; l'alternativa e' procedere a nuovi acquisti che, evidentemente, richiedono nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica; c) sono indispensabili gli interventi edilizi sulle strutture che devono ricevere il personale degli uffici giudiziari soppressi ovvero l'individuazione di altre strutture edilizie. Pertanto e' ovvio che in base ai principi e ai criteri direttivi della legge delega avrebbe dovuto essere inserito nell'elenco dei tribunali da sopprimere non gia' il tribunale di Sanremo, sede giudiziario baricentrica nel territorio provinciale e con carichi di lavoro piu' che doppi rispetto a quello di Imperia, ma quest'ultimo ufficio giudiziario. La situazione, che il legislatore delegato non ha minimamente considerato, e' talmente evidente da non richiedere ulteriori notazioni, salvo il rilievo che la stessa e' unica nel panorama nazionale visto che, come e' logico che sia, i tribunali del capoluogo di provincia hanno carichi di lavoro ben superiori rispetto a quelli subprovinciali. E' dunque di solare evidenza che includendo il tribunale di Sanremo nell'elenco dei tribunali da sopprimere il legislatore delegato abbia fatto malgoverno della delega conferitagli dalla legge n. 148/2011, che ben gli avrebbe invece consentito di sopprimere il tribunale di Imperia, cosi' dando un'interpretazione costituzionalmente orientata del dato normativo costituito dall'art. 1, comma 2 della legge n. 148/2011, e non dandone una del tutto irragionevole come quella consacrata nel decreto legislativo n. 155/2012. II.VII. Art. 1, decreto legislativo n. 155/2012 - Violazione dell'art. 24, primo comma, Cost. Questo giudice avverte, infine, l'opportunita' di sottolineare, sotto un'ulteriore visuale, i forti disagi che l'accorpamento comporterebbe per i cittadini residenti nell'attuale circoscrizione del tribunale di Sanremo, e sezione distaccata, disagi gia' illustrati con particolare riferimento all'esigenza di tener conto della «specificita' territoriale del bacino di utenza» (art. 1, comma 2, legge n. 148/2011, sopra sub II. 3.), e al fatto che la situazione prospettata e' oggettivamente «unica nel panorama nazionale» (sopra sub II. VI.). Senza soffermarci sul ruolo preponderante, data la tipologia del contenzioso locale, delle prove orali in genere, che per lo piu' coinvolgono persone del posto, e che saranno prevedibilmente piu' riluttanti, in futuro, se residenti nel circondario oggi del tribunale di Sanremo, a deporre in un tribunale cosi' eccentrico (non potranno non lievitare fatalmente le necessita' di dispone l'accompagnamento coattivo), preme soprattutto fare riferimento alla volontaria giurisdizione, nella quale assume, come noto, notevole importanza, ed e' anzi normalmente obbligatoria, l'audizione delle parti interessate. Queste molto spesso non sono assistite da legali e versano in situazioni di debolezza quando non, anche, di indigenza, ed hanno nell'ufficio del giudice tutelare un non dispendioso e fondamentale riferimento di «prossimita'», cui poter accedere direttamente. Anche in tal caso la necessita' di recarsi ad Imperia, per effetto dell'accorpamento, comporterebbe serissime difficolta' di accesso alla giustizia, a partire dalle disincentivanti diseconomie a carico dei cittadini (per il cittadino, soprattutto anziano, ma non solo, il recarsi ad Imperia, partendo magari da una localita' di una delle numerose valli dell'entroterra compreso tra Sanremo e il confine, finirebbe per costituire l'avventura insostenibile di un'intera giornata). Non si tratterebbe certo di trascurabili conseguenze di ordine pratico, ma di un problema di compatibilita' della riorganizzazione in esame anche con le garanzie costituzionali di cui all'art. 24, comma 1, che non si dubita operino per la stessa volontaria giurisdizione. L'accorpamento in questione comporterebbe in definitiva, per i cittadini ai quali ci si riferisce, effetti distorsivi e sostanziale disuguaglianza nell'accesso alla giustizia, non giustificabili in una dimensione di «ragionevolezza», dato che le accennate difficolta' risulterebbero sostanzialmente preclusive, quantomeno per il cittadino debole, e lederebbero il principio riconosciuto della «effettivita' della tutela». Sembra a questo giudice che gli aspetti teste' accennati meritino dunque di essere, a loro volta, tenuti in considerazione nel valutare se l'art. 1 del decreto legislativo n. 155/2012 - nella parte in cui include il tribunale di Sanremo e la sezione distaccata di Ventimiglia nell'elenco della tabella A - non violi altresi', come si e' portati a ritenere, l'art. 41, primo comma, Cost. sotto i profili del denegato accesso alla giustizia e della violazione del diritto di difesa. III. La non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale. I dubbi circa il contrasto delle norme esaminate con la Costituzione sono consistenti e portano a poter qualificare la questione di illegittimita', fondata. IV. La rilevanza della questione di legittimita' costituzionale. La suddetta questione di legittimita' costituzionale appare inoltre rilevante. Il dubbio di costituzionalita' investe infatti l'individuazione del giudice che dovra' trattare e decidere il procedimento in corso (tribunale di Sanremo - sezione distaccata di Ventimiglia o quello di Imperia) in quanto la prossima udienza si terra' in un tempo successivo al 13 settembre 2013, data in cui dovrebbe essere soppresso il tribunale di Sanremo e la sua sezione distaccata: a causa di cio' le parti processuali sarebbero costrette a sopportare mutamento del giudice precostituito per legge in corso di causa, il che ha diretta incidenza sulla decisione del presente giudizio. Le parti medesime, del resto, hanno un preciso interesse ad evitare siffatto mutamento, e tale interesse e' senza dubbio rilevante alla stregua dell'art. 25, comma 1, Cost. La giurisprudenza costituzionale, ha riconosciuto che, ai fini dell'ammissibilita' delle questioni di legittimita' sollevate, devono ritenersi rilevanti anche le norme che, pur non direttamente pertinenti all'oggetto del giudizio, attengono comunque allo status del giudice, alla sua composizione nonche' alle garanzie e ai doveri che riguardano il suo operare: in sintesi, la «protezione» dell'esercizio della funzione nella quale i diritti si accompagnano ai doveri (Corte Cost. n. 18/1989 e n. 196/1987, rispettivamente in tema di responsabilita' civile dei magistrati e obiezione di coscienza del giudice tutelare in ordine alle autorizzazioni delle donne minorenni all'interruzione della gravidanza). Tanto esposto, il giudice: esaminata l'istanza ex art. 23, legge n. 87 dell'11 marzo 1953 e art. 136 Cost.; ritenuto che il presente giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla proposta questione di legittimita' costituzionale; ritenuto che, in relazione alle motivazioni espresse nell'istanza e sopraillustrate, non sia manifestamente infondata la questione concernente la legittimita' costituzionale delle seguenti norme: dell'art. 1, comma 2, legge n. 148/2011, con cui e' stato convertito il decreto-legge n. 138/2011, per contrasto con gli articoli 70, 72, commi 1 e 4 e 77, comma 2, art. 5 e articoli 3 e 81 Cost., nonche' dell'art. 1, decreto legislativo n. 155/2012 nella parte in cui include il tribunale di Sanremo e la sezione distaccata di Ventimiglia nell'elenco della tabella A, per contrasto con gli articoli 5, 25, comma 1, 76, nonche' 24, comma 1, Cost.
P. Q. M. Visto l'art. 23, legge n. 87/1953: dispone l'immediata trasmissione degli atti del presente giudizio alla Corte costituzionale; ordina alla cancelleria di notificare la presente ordinanza alle parti in causa, al pubblico ministero nonche' al Presidente del Consiglio del ministri; ordina alla cancelleria di comunicare la presente ordinanza ai Presidenti delle due Camere del Parlamento; sospende il presente giudizio. Ventimiglia, 16 luglio 2013 Il giudice O.T.: Fumagalli