N. 248 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 settembre 2013
Ordinanza del 3 settembre 2013 emessa dalla Corte di cassazione nel procedimento civile promosso da Ordine dei farmacisti della Provincia di Foggia contro D'Addetta Carlo Ignazio, Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali e Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Lucera.. Sanita' pubblica - Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie - Composizione - Mancata previsione della composizione con un numero di componenti effettivi e supplenti tali da consentire che, in ipotesi di giudizio di rinvio per effetto della cassazione di una precedente decisione, lo stesso si svolga dinanzi ad un collegio composto da componenti che non avevano partecipato alla precedente decisione - Violazione del principio di uguaglianza per la diversa disciplina rispetto alla Sezione disciplinare del C.S.M. - Violazione del diritto di difesa in giudizio - Lesione dei principi di terzieta' ed imparzialita' del giudice. - Decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 13 settembre 1946, n. 233, art. 17. - Costituzione, artt. 3, 24 e 111.(GU n.47 del 20-11-2013 )
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Ha pronunciato la seguente ordinanza interlocutoria sul ricorso proposto da: Ordine dei farmacisti della provincia di Foggia (P.I. 8000234711), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso, per procura speciale a margine del ricorso, dall'Avvocato Antonio Jannarelli, presso lo studio del quale in Roma, via Flaminia n. 171, e' elettivamente domiciliato, ricorrente; Contro D'Addetta Carlo Ignazio, rappresentato e difeso, per procura speciale in calce al controricorso, dall'Avvocato Marco Paoletti, presso lo studio del quale in Roma, via Filippo Corridoni n. 14, e' elettivamente domiciliato; controricorrente; e nei confronti di: Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, in persona del Ministro pro tempore; Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Lucera; intimati; Avverso la decisione della Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie n. 16 del 2011, emessa in data 11 luglio 2011. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza dell'8 febbraio 2013 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti; sentito l'Avvocato Marco Paoletti; sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Aurelio Golia, che ha chiesto il rigetto del ricorso. Svolgimento del processo In data 5 settembre 2006 l'Ordine dei farmacisti della Provincia di Foggia decideva l'avvio di un procedimento disciplinare nei confronti del dott. Carlo D'Addetta, per l'addebito di «mancata chiusura della farmacia non in turno di servizio nonche' periodo di ferie». La Commissione di disciplina, all'esito del giudizio disciplinare svoltosi il 26 ottobre 2006, riteneva l'incolpato responsabile dell'infrazione contestata e gli irrogava la sanzione della censura, ritenendo il comportamento del sanitario disdicevole al decoro della professione. Su ricorso del dott. D'Addetta, la Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie, con sentenza del 28 marzo 2008, dopo aver rilevato che lo stesso ricorrente aveva confermato di aver venduto in farmacia in un giorno di chiusura per ferie prodotti, pur contestandone la natura (pannoloni anziche' farmaci), ha ritenuto provato il fatto addebitato, e adeguatamente motivato il provvedimento impugnato. Il dott. D'Addetta proponeva allora ricorso per cassazione che veniva accolto con ordinanza n. 12947 del 2010, sul rilievo che la liberalizzazione degli orari di apertura e chiusura degli esercizi commerciali, di cui agli artt. 11 e 12 del d.lgs. n. 114 del 1998, poteva trovare applicazione per la vendita di prodotti diversi dai medicinali, restando soggetta alla legislazione regionale sugli orari e i turni delle farmacie solo la vendita di medicinali (e prodotti complementari). Questa Corte cassava dunque la decisione della Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie, alla quale, in diversa composizione, rinviava la causa. Con successiva sentenza n. 16 del 2011, la Commissione accoglieva il ricorso. Premesso che, in forza della normativa in ordine alla composizione della Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie non era possibile procedere alla composizione dell'organo giudicante in modo diverso da quello che aveva emesso la pronuncia cassata e che per evitare una stasi processuale era necessario procedere comunque a nuova decisione, la Commissione riteneva assorbente il primo motivo di gravame, con il quale il ricorrente aveva negato di aver commesso l'illecito deontologico, consistente nella vendita di medicinali al pubblico al di fuori del proprio turno di servizio nonche' in periodo di ferie, essendosi egli limitato a vendere soltanto prodotti non farmaceutici. In proposito, la Commissione condivideva le argomentazioni contenute nella decisione) del 2010 di questa Corte. Per la cassazione di questa decisione ha proposto ricorso l'Ordine dei farmacisti della Provincia di Poggia sulla base di tre motivi; ha resistito, con controricorso, l'intimato. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo l'Ordine ricorrente denuncia il vizio di omessa e/o insufficiente motivazione, con riferimento sia alle ragioni addotte nel provvedimento impugnato a sostegno della decisione della Commissione centrale di procedere alla definizione del giudizio in considerazione dell'interesse del ricorrente a vedere deciso il gravame proposto e al fine di evitare che il giudizio stesso potesse rimanere paralizzato; aia al mancato esame delle ragioni addotte dall'ordine con le note depositate prima della decisione, ritenute, ma senza alcuna motivazione sul punto, ininfluenti ai fini della decisione, risolvendosi quindi la motivazione unicamente nel rinvio alla decisione di questa Corte n. 12947 del 2010. Con specifico riferimento alla questione della composizione dell'organo giudicante in sede di rinvio, il ricorrente sostiene che la Commissione centrale avrebbe dovuto investire questa Corta della impossibilita' di procedere al nuovo giudizio in una composizione integralmente diversa. 2. Con il secondo motivo l'Ordine dei farmacisti denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 11 e 12 del d.lgs. n. 114 del 1998, nonche' vizio di motivazione carente e/o insufficiente, rilevando che le dette disposizioni avrebbero potuto trovare applicazione solo con riguardo alla vendita in farmacia di prodotti diversi dai medicinali, mentre, nel caso di specie, il dott. D'Addetta, nelle dichiarazioni rese ai Vigili urbani il 26 ottobre 2006, aveva ammesso di avere venduto, anche se a una sola persona, medicinali. 3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce vizio di insufficienza della motivazione sostenendo che, quand'anche si volesse ritenere che, nel caso di specie, si verteva nella ipotesi di vendita di prodotti diversi, la Commissione centrale avrebbe supinamente recepito quanto affermato nel precedente di questa Corte, senza statuire in alcun modo come concretamente gli esercizi farmaceutici possano commercializzare i prodotti non farmaceutici oltre gli orari di apertura e chiusura previsti per legge e durante i periodi di ferie. 4. Il Collegio ritiene che debba procedersi, d'ufficio, all'esame della legittimita' costituzionale relativa alla composizione della Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie, con specifico riferimento alla mancata previsione di un meccanismo normativa idoneo ad assicurarne la diversita' di composizione per il caso in cui la Commissione stessa sia chiamata a decidere in sede disciplinare a seguito di rinvio, ai sensi dell'art. 383 cod. proc. civ. 4.1. L'art. 17 del d.lgs.C.P.S, n. 233 del 1946 dispone che «Presso l'Alto Commissariato per l'igiene e la sanita' pubblica (ora Ministero della salute) e' costituita, per i professionisti di cui al presente decreto, una Commissione centrale, nominata con decreto del Capo dello Stato, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro della giustizia, presieduta da un consigliere di Stato e costituita da un membro del Consiglio superiore di sanita' e da un funzionario dell'Amministrazione civile dell'interno di grado non inferiore al 6° (ora, un funzionario del Ministero della salute, di qualifica non inferiore a quella di direttore di divisione o equiparata). Fanno parte altresi' della Commissione: a) per l'esame degli affari concernenti la professione dei medici chirurghi, un ispettore generale medico ed otto medici chirurghi, di cui cinque effettivi e tre supplenti; b) per l'esame degli affari concernenti la professione dei veterinari, un ispettore generale veterinario e otto veterinari di cui cinque effettivi e tre supplenti; c) per l'esame degli affari concernenti la professione dei farmacisti, un ispettore generale per il servizio farmaceutico e otto farmacisti, di cui cinque effettivi e tre supplenti; d) per l'esame degli affari concernenti la professione delle ostetriche, un ispettore generale medico e otto ostetriche, di cui cinque effettive e tre supplenti; e) per l'esame degli affari concernenti la professione di odontoiatra, un ispettore generale medico e otto odontoiatri di cui cinque effettivi e tre supplenti (lettera aggiunta dall'art. 6 della legge 24 luglio 1985, n. 409). I sanitari liberi professionisti indicati nel comma precedente sono designati dai Comitati centrali delle rispettive Federazioni nazionali. Almeno tre dei componenti sopra indicati non debbono avere la qualifica di presidente o di membro dei Comitati centrali delle Federazioni nazionali. I membri della Commissione centrale rimangono in carica quattro anni e possono essere riconfermati. Alla segreteria della Commissione centrale e' addetto personale in servizio presso l'Alto Commissariato per l'igiene e la sanita' pubblica (ora, Ministero della salute). Per la validita' di ogni seduta occorre la presenza di non meno di cinque membri della Commissione, compreso il presidente; almeno tre dei membri devono appartenere alla stessa categoria alla quale appartiene il sanitario di cui e' in esame la pratica. In caso di impedimento o di incompatibilita' dei membri effettivi, rappresentanti le categorie sanitarie, intervengono alle sedute i membri supplenti della stessa categoria. Per le questioni d'indole generale e per l'esame degli affari concernenti tutte le professioni sanitarie, il presidente ha la facolta' di convocare la Commissione centrale in seduta plenaria, e cioe' con l'intervento, oltre che dei componenti di cui al primo comma, dei quattro ispettori generali e dei componenti rappresentanti tutte le categorie sanitarie. Per la validita' delle sedute plenarie occorre la presenza di non meno di 18 membri della Commissione, compreso il presidente, ed ogni professione deve essere rappresentata da almeno tre dei membri appartenenti alla rispettiva categoria». La Commissione centrale, della quale era stato previsto il riordino ai sensi dell'art. 2, comma 4, della legge n. 183 del 2010, continua ad operare sulla base della normativa di cui al citato art. 17, anche oltre il termine di cui all'art. 1, comma 2, del decreto-legge n. 89 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 132 del 2012, come modificato dall'art. 15, comma 3-ter, del decreto-legge n. 158 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 189 del 2012. 4.1. Che la Commissione centrale eserciti funzioni di tipo giurisdizione speciale e' affermazione contenuta esplicitamente nel citato art. 15, comma 3-bis del decreto-legge n. 158 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 189 del 2012, il quale, proprio in considerazione della specificita' della funzione svolta, ne ha disposto l'esclusione dal riordino degli organi collegiali e degli altri organismi istituiti con legge o con regolamento nell'amministrazione centrale della salute disposto, sotto la rubrica «Delega al Governo per la riorganizzazione degli enti vigilati dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dal Ministero della salute», dall'art. 2, comma 4, della legge n. 183 del 2010. La predetta Commissione, dunque, e' destinata ad operare anche in futuro nella sua attuale composizione. Nel suo concreto operare, e per quanto riguarda, nel caso di specie, la sua composizione con riguardo ai procedimenti disciplinari nei confronti dei farmacisti, la Commissione centrale, ove destinata a giudicare in sede di rinvio per effetto di cassazione di una sua pronuncia da parte di questa Corte, non puo', tuttavia, in applicazione della richiamata normativa concernente la sua composizione, assicurare la diversita' di composizione conseguente alla pronuncia di cassazione. Invero, l'art. 17 citato, prevede che la Commissione sia composta da tre membri di diritto e, per l'esame delle questioni concernenti la professione dei farmacisti, da un ispettore generale per il servizio farmaceutico e da otto farmacisti, di cui cinque effettivi e tre supplenti. Al comma settimo, il medesimo art. 17 stabilisce, come si e' visto, che «per la validita' di ogni seduta occorre la presenza di non meno di cinque membri della Commissione, compreso il presidente; almeno tre dei membri devono appartenere alla stessa categoria alla quale appartiene il sanitario di cui e' in esame la pratica», e, al comma ottavo, precisa che «in caso di impedimento o di incompatibilita' dei membri effettivi, rappresentanti le categorie sanitarie, intervengono alle sedute i membri supplenti della stessa categoria». La indicata composizione comporta che la Commissione centrale deve decidere sui procedimenti disciplinari a carico dei farmacisti con nove componenti, e cioe' i tre componenti di diritto, di cui all'art. 17, comma primo, l'ispettore generale per il servizio farmaceutico e. cinque farmacisti componenti effettivi. Risulta evidente che, ove la decisione della Commissione centrale su procedimento disciplinare venga cassata da questa Corte con rinvio per nuovo esame alla medesima Commissione centrale, in diversa composizione, le disposizioni relative alla composizione del detto organo, investito di funzioni di giurisdizione speciale, non consentono che il giudizio di rinvio si svolga dinnanzi ad un organo composto da soggetti diversi da quelli che hanno adottato la decisione cassata. 4.2. Con riferimento alla composizione della Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, la Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi dalle Sezioni Unite di questa Corte con ordinanza n. 9283 del 2002, ha dichiarato la illegittimita' costituzionale dell'art. 4 della legge 24 marzo 1958, n. 195, nel testo modificato dall'art. 2 della legge 28 marzo 2002, n. 44, nella parte in cui non prevede l'elezione da parte del Consiglio superiore della magistratura di ulteriori membri supplenti della Sezione disciplinare. A tale conclusione il giudice delle leggi e' pervenuto sulla base del rilievo che le norme denunciate violano i parametri costituzionali sull'imparzialita' della giurisdizione, poiche', prevedendo un numero di componenti insufficiente a sostituire un numero piu' elevato di componenti incompatibili, non impediscono, nelle ipotesi di annullamento con rinvio di una decisione della Sezione disciplinare da parte delle Sezioni unite della Cassazione, che lo stesso collegio giudicante si pronunci due volte sulla medesima res iudicanda. A questo riguardo, in relazione al necessario bilanciamento, tra il bene della imparzialita-terzieta' della giurisdizione e quello della indefettibilita' della funzione disciplinare, la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della norma e' stata limitata alla parte in cui non prevede l'elezione, in aggiunta ai membri supplenti della Sezione disciplinare gia' previsti, di ulteriori componenti, in modo da consentire la costituzione, per numero e categoria di appartenenza, di un collegio giudicante diverso da quello che abbia pronunciato una decisione successivamente annullata con rinvio dalle Sezioni unite della Cassazione. 4.3. Orbene, pur dovendosi riconoscere la peculiarita' della funzione giurisdizionale attribuita alla Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, cio' non di meno ritiene il Collegio che la impossibilita', discendente dalla previsione normativa della composizione della Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie, di assicurare che il giudizio di rinvio si svolga dinnanzi ad un organo composto diversamente da quello che ha gia' espresso il proprio convincimento sul merito della contestazione disciplinare incorra nei medesimi vizi che hanno determinato la dichiarazione di illegittimita' costituzionale delle norme relative alla mancata previsione della nomina di un numero di supplenti tali da garantire comunque una composizione del giudice di rinvio diversa da quella del giudice che ha adottato la decisione cassata. Del resto, non e' casuale la circostanza che, nella decisione impugnata, la Commissione centrale abbia fatto prevalere l'interesse alla necessaria definizione del procedimento disciplinare, escludendo che lo stesso potesse rimanere in una posizione di stallo per effetto della mancata previsione della possibilita' di comporre la Commissione stessa, nella sua veste di collegio giudicante, con componenti diversi da quelli che avevano pronunciato la decisione poi cassata con rinvio. In tal modo, dovendosi riconoscere la funzione di giurisdizione speciale propria della Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie, il bilanciamento tra le esigenze del soggetto sottoposto a giudizio disciplinare di non essere giudicato una seconda volta per i medesimi addebiti da componenti che gia' hanno espresso il proprio convincimento nella decisione poi cassata con rinvio, e quelle dell'Ordine professionale a vedere comunque concluso il procedimento disciplinare, sia stato risolto in concreto dalla Commissione centrale attribuendo prevalenza a tale secondo interesse. Ma la dichiarazione di illegittimita' costituzionale delle norme relative alla numero dei componenti supplenti della Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, si e' fondata proprio sulla impossibilita' di risolvere il bilanciamento tra i due contrastanti interessi a favore di quello alla necessaria definizione del procedimento disciplinare. 4.4. E' ben vero che questa Corte ha ritenuto che «la partecipazione al collegio giudicante di uno dei giudici che hanno pronunciato la sentenza cassata e' riconducibile nella previsione non dell'art. 158 cod. proc. civ. (irregolare costituzione del giudice) ma dell'art. 51 n. 4) cod. proc. civ. in tema di obbligo di astensione, rendendo cosi' applicabile il principio secondo cui l'inosservanza di tale obbligo non determina invalidita' della sentenza ove le parti non abbiano tempestivamente avanzato istanza di ricusazione» (Cass. n. 11275 del 2004). Ed e' altresi' vero che sempre questa Corte ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 17 del d.lgs.C.P.S. n. 233 del 1946, sotto il profilo della violazione dell'art. 108 Cost., per il preteso condizionamento conseguente alla prospettiva del reincarico al quale sarebbero soggetti i membri sanitari professionisti della Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie, organo giurisdizionale di secondo grado, competente in ordine ai ricorsi avverso le decisioni in materia disciplinare del Consiglio dell'Ordine dei farmacisti, nonche' per la dubbia indipendenza ed imparzialita' dei componenti farmacisti che potrebbero essere portatori di un interesse personale configgente con quello dell'incolpato, osservando, quanto a quest'ultimo aspetto, che le situazioni di eventuale conflitto di interessi possono trovare adeguata soluzione mediante il rimedio della ricusazione (Cass. n. 7760 del 2003). Tuttavia, il Collegio rileva che cio' che viene in discussione e' non gia' la possibilita' che, per effetto della mancata attivazione dell'istituto della ricusazione, la Commissione centrale, pur se in composizione identica a quella nella quale era stata adottata la decisione poi cessata con rinvio, si pronunci nuovamente nei confronti del medesimo professionista e sul medesimo addebito disciplinare, quanto la previsione di meccanismi normativi che, a prescindere dalla applicabilita' degli istituti della ricusazione e della astensione, consentano lo svolgimento del giudizio di rinvio in condizioni tali da assicurare la posizione di terzieta-imparzialita' del giudice disciplinare. D'altra parte, e' sufficiente rilevare che la stessa previsione di un numero di supplenti inferiore al numero dei componenti effettivi, ferma la composizione della Commissione centrale in sede di giudizio disciplinare nei confronti dei farmacisti, non consentirebbe, qualora venissero attivati gli istituti della ricusazione e dell'astensione, di comporre un collegio giudicante composto da componenti che non avevano partecipato alla adozione della decisione cassata. Senza dire che per i componenti di diritto di cui al primo comma dell'art. 17 nessuna sostituzione sarebbe ipotizzabile. 5. In conclusione, il Collegio ritiene rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost., la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 17 del d.lgs.C.P.S. n. 233 del 1946, nella parte in cui non prevede che la Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie sia composta da un numero di componenti effettivi e supplenti tali da consentire che, in ipotesi di giudizio di rinvio per effetto di cassazione di una precedente decisione, lo stesso si svolga dinnanzi ad un collegio composto da componenti che non avevano partecipato alla precedente decisione. Il giudizio deve quindi essere sospeso e gli atti trasmessi alla Corte costituzionale.
P.Q.M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost., la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 17 del d.lgs.C.P.S. n. 233 del 1946, nella parte in cui non prevede che la Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie sia composta da un numero di componenti effettivi e supplenti tali da consentire che, in ipotesi di giudizio di rinvio per effetto di cassazione di una precedente decisione, lo stesso si svolga dinnanzi ad un collegio composto da componenti che non avevano partecipato alla precedente decisione; sospende il presente giudizio e ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; dispone che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa, al Procuratore Generale presso questa Corte, nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri e, al contempo, comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Cosi' deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile dalla Corte suprema di Cassazione, in data 8 febbraio 2013. Il Presidente: Rovelli