N. 248 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 settembre 2013

Ordinanza del 3 settembre 2013 emessa dalla Corte di  cassazione  nel
procedimento civile promosso da Ordine dei farmacisti della Provincia
di Foggia contro D'Addetta Carlo Ignazio, Ministero del lavoro, della
salute e delle  politiche  sociali  e  Procuratore  della  Repubblica
presso il Tribunale di Lucera.. 
 
Sanita'  pubblica  -  Commissione  centrale  per  gli  esercenti   le
  professioni sanitarie - Composizione  -  Mancata  previsione  della
  composizione con un numero di componenti effettivi e supplenti tali
  da consentire che, in ipotesi di giudizio  di  rinvio  per  effetto
  della cassazione di una precedente decisione, lo stesso  si  svolga
  dinanzi ad un collegio  composto  da  componenti  che  non  avevano
  partecipato alla precedente decisione - Violazione del principio di
  uguaglianza  per  la  diversa  disciplina  rispetto  alla   Sezione
  disciplinare del C.S.M. -  Violazione  del  diritto  di  difesa  in
  giudizio - Lesione dei principi di terzieta' ed  imparzialita'  del
  giudice. 
- Decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato  13  settembre
  1946, n. 233, art. 17. 
- Costituzione, artt. 3, 24 e 111. 
(GU n.47 del 20-11-2013 )
 
                   LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza interlocutoria  sul  ricorso
proposto da: Ordine dei farmacisti della provincia  di  Foggia  (P.I.
8000234711),  in  persona  del  legale  rappresentante  pro  tempore,
rappresentato e difeso, per procura speciale a margine  del  ricorso,
dall'Avvocato Antonio Jannarelli, presso lo studio del quale in Roma,
via Flaminia n. 171, e' elettivamente domiciliato, ricorrente; 
    Contro D'Addetta  Carlo  Ignazio,  rappresentato  e  difeso,  per
procura speciale  in  calce  al  controricorso,  dall'Avvocato  Marco
Paoletti, presso lo studio del quale in Roma, via  Filippo  Corridoni
n. 14, e' elettivamente domiciliato; controricorrente; 
    e nei confronti di: 
        Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali,
in persona del Ministro pro tempore; 
        Procuratore della Repubblica presso il Tribunale  di  Lucera;
intimati; 
    Avverso la decisione della Commissione centrale per gli esercenti
le professioni sanitarie n. 16 del 2011, emessa  in  data  11  luglio
2011. 
    Udita la relazione della  causa  svolta  nella  pubblica  udienza
dell'8 febbraio 2013 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti; 
    sentito l'Avvocato Marco Paoletti; 
    sentito il P.M., in persona del  Sostituto  Procuratore  Generale
Dott. Aurelio Golia, che ha chiesto il rigetto del ricorso. 
 
                      Svolgimento del processo 
 
    In data 5 settembre 2006 l'Ordine dei farmacisti della  Provincia
di Foggia  decideva  l'avvio  di  un  procedimento  disciplinare  nei
confronti del dott.  Carlo  D'Addetta,  per  l'addebito  di  «mancata
chiusura della farmacia non in turno di servizio nonche'  periodo  di
ferie». 
    La Commissione di disciplina, all'esito del giudizio disciplinare
svoltosi  il  26  ottobre  2006,  riteneva  l'incolpato  responsabile
dell'infrazione contestata e gli irrogava la sanzione della  censura,
ritenendo il comportamento del sanitario disdicevole al decoro  della
professione. 
    Su ricorso del dott. D'Addetta, la Commissione centrale  per  gli
esercenti le professioni sanitarie, con sentenza del 28  marzo  2008,
dopo aver rilevato che lo stesso ricorrente aveva confermato di  aver
venduto in farmacia in un giorno di chiusura per ferie prodotti,  pur
contestandone la natura (pannoloni  anziche'  farmaci),  ha  ritenuto
provato  il   fatto   addebitato,   e   adeguatamente   motivato   il
provvedimento impugnato. 
    Il dott. D'Addetta proponeva allora ricorso  per  cassazione  che
veniva accolto con ordinanza n. 12947 del 2010, sul  rilievo  che  la
liberalizzazione degli orari di apertura e  chiusura  degli  esercizi
commerciali, di cui agli artt. 11 e 12 del d.lgs. n.  114  del  1998,
poteva trovare applicazione per la vendita di  prodotti  diversi  dai
medicinali, restando soggetta alla legislazione regionale sugli orari
e i turni delle farmacie solo la vendita di  medicinali  (e  prodotti
complementari).  Questa  Corte  cassava  dunque  la  decisione  della
Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie, alla
quale, in diversa composizione, rinviava la causa. 
    Con successiva sentenza n. 16 del 2011, la Commissione accoglieva
il ricorso. 
    Premesso  che,  in  forza  della   normativa   in   ordine   alla
composizione  della  Commissione  centrale  per  gli   esercenti   le
professioni sanitarie non era possibile procedere  alla  composizione
dell'organo giudicante in modo diverso da quello che aveva emesso  la
pronuncia cassata  e  che  per  evitare  una  stasi  processuale  era
necessario procedere  comunque  a  nuova  decisione,  la  Commissione
riteneva assorbente il primo motivo  di  gravame,  con  il  quale  il
ricorrente aveva negato di  aver  commesso  l'illecito  deontologico,
consistente nella vendita di medicinali al pubblico al di  fuori  del
proprio turno di servizio nonche' in periodo di ferie, essendosi egli
limitato a vendere soltanto prodotti non farmaceutici. In  proposito,
la  Commissione  condivideva  le   argomentazioni   contenute   nella
decisione) del 2010 di questa Corte. 
    Per  la  cassazione  di  questa  decisione  ha  proposto  ricorso
l'Ordine dei farmacisti della Provincia di Poggia sulla base  di  tre
motivi; ha resistito, con controricorso, l'intimato. 
 
                       Motivi della decisione 
 
    1. Con il primo motivo l'Ordine ricorrente denuncia il  vizio  di
omessa  e/o  insufficiente  motivazione,  con  riferimento  sia  alle
ragioni  addotte  nel  provvedimento  impugnato  a   sostegno   della
decisione della Commissione centrale di  procedere  alla  definizione
del giudizio in considerazione dell'interesse del ricorrente a vedere
deciso il gravame proposto e al  fine  di  evitare  che  il  giudizio
stesso potesse rimanere  paralizzato;  aia  al  mancato  esame  delle
ragioni addotte  dall'ordine  con  le  note  depositate  prima  della
decisione,  ritenute,  ma  senza  alcuna   motivazione   sul   punto,
ininfluenti  ai  fini  della  decisione,   risolvendosi   quindi   la
motivazione unicamente nel rinvio alla decisione di questa  Corte  n.
12947 del 2010. 
    Con  specifico  riferimento  alla  questione  della  composizione
dell'organo giudicante in sede di rinvio, il ricorrente sostiene  che
la Commissione centrale avrebbe dovuto investire questa  Corta  della
impossibilita' di procedere al nuovo  giudizio  in  una  composizione
integralmente diversa. 
    2.  Con  il  secondo  motivo  l'Ordine  dei  farmacisti  denuncia
violazione e falsa applicazione degli artt. 11 e 12 del d.lgs. n. 114
del 1998, nonche' vizio di  motivazione  carente  e/o  insufficiente,
rilevando  che  le  dette  disposizioni  avrebbero   potuto   trovare
applicazione solo con riguardo alla vendita in farmacia  di  prodotti
diversi  dai  medicinali,  mentre,  nel  caso  di  specie,  il  dott.
D'Addetta, nelle dichiarazioni rese ai Vigili urbani  il  26  ottobre
2006, aveva ammesso di avere venduto, anche se a  una  sola  persona,
medicinali. 
    3.  Con  il  terzo  motivo  il   ricorrente   deduce   vizio   di
insufficienza  della  motivazione  sostenendo  che,  quand'anche   si
volesse ritenere che, nel caso di specie, si verteva nella ipotesi di
vendita  di  prodotti  diversi,  la  Commissione   centrale   avrebbe
supinamente recepito quanto affermato nel precedente di questa Corte,
senza  statuire  in  alcun  modo  come  concretamente  gli   esercizi
farmaceutici possano commercializzare  i  prodotti  non  farmaceutici
oltre gli orari di apertura e chiusura previsti per legge e durante i
periodi di ferie. 
    4. Il Collegio ritiene che debba procedersi, d'ufficio, all'esame
della legittimita' costituzionale relativa  alla  composizione  della
Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie,  con
specifico  riferimento  alla  mancata  previsione  di  un  meccanismo
normativa idoneo ad assicurarne la diversita' di composizione per  il
caso in cui la Commissione stessa sia chiamata  a  decidere  in  sede
disciplinare a seguito di rinvio, ai sensi dell'art. 383  cod.  proc.
civ. 
    4.1. L'art. 17 del d.lgs.C.P.S,  n.  233  del  1946  dispone  che
«Presso l'Alto Commissariato per l'igiene e la sanita' pubblica  (ora
Ministero della salute) e' costituita, per i professionisti di cui al
presente decreto, una Commissione centrale, nominata con decreto  del
Capo dello Stato,  su  proposta  del  Presidente  del  Consiglio  dei
Ministri, di concerto con il Ministro della giustizia, presieduta  da
un consigliere di Stato e  costituita  da  un  membro  del  Consiglio
superiore di sanita' e da un funzionario dell'Amministrazione  civile
dell'interno di grado non inferiore al 6° (ora,  un  funzionario  del
Ministero della salute,  di  qualifica  non  inferiore  a  quella  di
direttore di divisione o equiparata). 
    Fanno parte altresi' della Commissione: 
        a) per l'esame degli affari concernenti  la  professione  dei
medici  chirurghi,  un  ispettore  generale  medico  ed  otto  medici
chirurghi, di cui cinque effettivi e tre supplenti; 
        b) per l'esame degli affari concernenti  la  professione  dei
veterinari, un ispettore generale veterinario e  otto  veterinari  di
cui cinque effettivi e tre supplenti; 
        c) per l'esame degli affari concernenti  la  professione  dei
farmacisti, un ispettore generale per il servizio farmaceutico e otto
farmacisti, di cui cinque effettivi e tre supplenti; 
        d) per l'esame degli affari concernenti la professione  delle
ostetriche, un ispettore generale medico e otto  ostetriche,  di  cui
cinque effettive e tre supplenti; 
        e) per l'esame degli affari  concernenti  la  professione  di
odontoiatra, un ispettore generale medico e otto odontoiatri  di  cui
cinque effettivi e tre supplenti (lettera aggiunta dall'art. 6  della
legge 24 luglio 1985, n. 409). 
    I sanitari liberi professionisti indicati  nel  comma  precedente
sono designati dai Comitati  centrali  delle  rispettive  Federazioni
nazionali. 
    Almeno tre dei componenti sopra indicati  non  debbono  avere  la
qualifica di presidente o  di  membro  dei  Comitati  centrali  delle
Federazioni nazionali. 
    I membri della Commissione centrale rimangono in  carica  quattro
anni e possono essere riconfermati. 
    Alla segreteria della Commissione centrale e'  addetto  personale
in servizio presso l'Alto Commissariato per  l'igiene  e  la  sanita'
pubblica (ora, Ministero della salute). 
    Per la validita' di ogni seduta occorre la presenza di  non  meno
di cinque membri della Commissione, compreso  il  presidente;  almeno
tre dei membri devono appartenere alla stessa  categoria  alla  quale
appartiene il sanitario di cui e' in esame la pratica. 
    In  caso  di  impedimento  o  di  incompatibilita'   dei   membri
effettivi, rappresentanti le categorie sanitarie,  intervengono  alle
sedute i membri supplenti della stessa categoria. 
    Per le questioni d'indole generale e  per  l'esame  degli  affari
concernenti tutte le  professioni  sanitarie,  il  presidente  ha  la
facolta' di convocare la Commissione centrale in seduta  plenaria,  e
cioe' con l'intervento, oltre che dei  componenti  di  cui  al  primo
comma, dei quattro ispettori generali e dei componenti rappresentanti
tutte le categorie sanitarie. 
    Per la validita' delle sedute plenarie occorre la presenza di non
meno di 18 membri della Commissione, compreso il presidente, ed  ogni
professione deve  essere  rappresentata  da  almeno  tre  dei  membri
appartenenti alla rispettiva categoria». 
    La Commissione  centrale,  della  quale  era  stato  previsto  il
riordino ai sensi dell'art. 2, comma 4, della legge n. 183 del  2010,
continua ad operare sulla base della normativa di cui al citato  art.
17,  anche  oltre  il  termine  di  cui  all'art.  1,  comma  2,  del
decreto-legge n. 89 del 2012, convertito,  con  modificazioni,  dalla
legge n. 132 del 2012, come modificato dall'art. 15, comma 3-ter, del
decreto-legge n. 158 del 2012, convertito, con  modificazioni,  dalla
legge n. 189 del 2012. 
    4.1. Che  la  Commissione  centrale  eserciti  funzioni  di  tipo
giurisdizione speciale e' affermazione contenuta  esplicitamente  nel
citato art. 15, comma  3-bis  del  decreto-legge  n.  158  del  2012,
convertito, con modificazioni, dalla legge n. 189 del 2012, il quale,
proprio in considerazione della specificita' della  funzione  svolta,
ne ha disposto l'esclusione dal riordino degli  organi  collegiali  e
degli  altri  organismi  istituiti  con  legge  o   con   regolamento
nell'amministrazione centrale della salute disposto, sotto la rubrica
«Delega al Governo per la riorganizzazione degli  enti  vigilati  dal
Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dal Ministero  della
salute», dall'art. 2, comma 4,  della  legge  n.  183  del  2010.  La
predetta Commissione, dunque, e' destinata ad operare anche in futuro
nella sua attuale composizione. 
    Nel suo concreto operare, e per  quanto  riguarda,  nel  caso  di
specie, la sua composizione con riguardo ai procedimenti disciplinari
nei confronti dei farmacisti, la Commissione centrale, ove  destinata
a giudicare in sede di rinvio per effetto di cassazione  di  una  sua
pronuncia  da  parte  di  questa  Corte,  non  puo',   tuttavia,   in
applicazione  della   richiamata   normativa   concernente   la   sua
composizione, assicurare la diversita'  di  composizione  conseguente
alla pronuncia di cassazione. 
    Invero, l'art. 17 citato, prevede che la Commissione sia composta
da tre membri di diritto e, per l'esame delle  questioni  concernenti
la professione dei  farmacisti,  da  un  ispettore  generale  per  il
servizio farmaceutico e da otto farmacisti, di cui cinque effettivi e
tre supplenti. 
    Al comma settimo, il medesimo art.  17  stabilisce,  come  si  e'
visto, che «per la validita' di ogni seduta occorre  la  presenza  di
non meno di cinque membri della Commissione, compreso il  presidente;
almeno tre dei membri devono appartenere alla stessa  categoria  alla
quale appartiene il sanitario di cui e' in esame la pratica»,  e,  al
comma  ottavo,  precisa  che   «in   caso   di   impedimento   o   di
incompatibilita' dei membri effettivi,  rappresentanti  le  categorie
sanitarie, intervengono alle sedute i membri supplenti  della  stessa
categoria». 
    La indicata composizione comporta  che  la  Commissione  centrale
deve decidere sui procedimenti disciplinari a carico  dei  farmacisti
con nove componenti, e cioe' i tre  componenti  di  diritto,  di  cui
all'art. 17,  comma  primo,  l'ispettore  generale  per  il  servizio
farmaceutico  e.  cinque  farmacisti  componenti  effettivi.  Risulta
evidente  che,  ove  la  decisione  della  Commissione  centrale   su
procedimento disciplinare venga cassata da questa  Corte  con  rinvio
per nuovo  esame  alla  medesima  Commissione  centrale,  in  diversa
composizione, le disposizioni relative alla  composizione  del  detto
organo,  investito  di  funzioni  di  giurisdizione   speciale,   non
consentono che il giudizio di rinvio si svolga dinnanzi ad un  organo
composto  da  soggetti  diversi  da  quelli  che  hanno  adottato  la
decisione cassata. 
    4.2. Con riferimento alla composizione della Sezione disciplinare
del Consiglio superiore della magistratura, la Corte  costituzionale,
chiamata a pronunciarsi dalle  Sezioni  Unite  di  questa  Corte  con
ordinanza  n.  9283  del  2002,  ha  dichiarato   la   illegittimita'
costituzionale dell'art. 4 della legge 24 marzo  1958,  n.  195,  nel
testo modificato dall'art. 2 della legge 28 marzo 2002, n. 44,  nella
parte in cui non prevede l'elezione da parte del Consiglio  superiore
della  magistratura  di  ulteriori  membri  supplenti  della  Sezione
disciplinare. A tale conclusione il giudice delle leggi e'  pervenuto
sulla base del rilievo che le norme denunciate  violano  i  parametri
costituzionali  sull'imparzialita'  della   giurisdizione,   poiche',
prevedendo un numero di  componenti  insufficiente  a  sostituire  un
numero piu' elevato di  componenti  incompatibili,  non  impediscono,
nelle ipotesi di annullamento  con  rinvio  di  una  decisione  della
Sezione disciplinare da parte delle Sezioni unite  della  Cassazione,
che lo  stesso  collegio  giudicante  si  pronunci  due  volte  sulla
medesima res iudicanda. A questo riguardo, in relazione al necessario
bilanciamento,  tra  il  bene  della   imparzialita-terzieta'   della
giurisdizione  e  quello  della   indefettibilita'   della   funzione
disciplinare, la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della
norma e' stata limitata alla parte in cui non prevede l'elezione,  in
aggiunta  ai  membri  supplenti  della  Sezione   disciplinare   gia'
previsti,  di  ulteriori  componenti,  in  modo  da   consentire   la
costituzione, per numero e categoria di appartenenza, di un  collegio
giudicante diverso da quello  che  abbia  pronunciato  una  decisione
successivamente  annullata  con  rinvio  dalle  Sezioni  unite  della
Cassazione. 
    4.3. Orbene, pur  dovendosi  riconoscere  la  peculiarita'  della
funzione giurisdizionale attribuita  alla  Sezione  disciplinare  del
Consiglio superiore della magistratura, cio' non di meno  ritiene  il
Collegio  che  la  impossibilita',   discendente   dalla   previsione
normativa della  composizione  della  Commissione  centrale  per  gli
esercenti le professioni sanitarie, di assicurare che il giudizio  di
rinvio si svolga dinnanzi  ad  un  organo  composto  diversamente  da
quello che ha gia' espresso il proprio convincimento sul merito della
contestazione  disciplinare  incorra  nei  medesimi  vizi  che  hanno
determinato la dichiarazione di illegittimita'  costituzionale  delle
norme relative alla mancata previsione della nomina di un  numero  di
supplenti tali da garantire comunque una composizione del giudice  di
rinvio diversa da quella del giudice che  ha  adottato  la  decisione
cassata. 
    Del resto, non e' casuale la  circostanza  che,  nella  decisione
impugnata, la Commissione centrale abbia fatto prevalere  l'interesse
alla necessaria definizione del procedimento disciplinare, escludendo
che lo stesso potesse rimanere in una posizione di stallo per effetto
della  mancata  previsione  della   possibilita'   di   comporre   la
Commissione stessa, nella  sua  veste  di  collegio  giudicante,  con
componenti diversi da quelli che avevano pronunciato la decisione poi
cassata con rinvio. In tal modo, dovendosi riconoscere la funzione di
giurisdizione speciale propria della  Commissione  centrale  per  gli
esercenti le professioni sanitarie, il bilanciamento tra le  esigenze
del  soggetto  sottoposto  a  giudizio  disciplinare  di  non  essere
giudicato una seconda volta per i medesimi addebiti da componenti che
gia' hanno espresso il  proprio  convincimento  nella  decisione  poi
cassata con rinvio,  e  quelle  dell'Ordine  professionale  a  vedere
comunque concluso il procedimento disciplinare, sia stato risolto  in
concreto dalla Commissione centrale  attribuendo  prevalenza  a  tale
secondo   interesse.   Ma   la   dichiarazione   di    illegittimita'
costituzionale  delle  norme  relative  alla  numero  dei  componenti
supplenti della Sezione disciplinare del  Consiglio  superiore  della
magistratura, si e' fondata proprio sulla impossibilita' di risolvere
il bilanciamento tra i due contrastanti interessi a favore di  quello
alla necessaria definizione del procedimento disciplinare. 
    4.4.  E'  ben  vero  che  questa  Corte  ha  ritenuto   che   «la
partecipazione al collegio giudicante di uno dei  giudici  che  hanno
pronunciato la sentenza cassata e' riconducibile nella previsione non
dell'art. 158 cod. proc. civ. (irregolare costituzione  del  giudice)
ma dell'art. 51  n.  4)  cod.  proc.  civ.  in  tema  di  obbligo  di
astensione, rendendo  cosi'  applicabile  il  principio  secondo  cui
l'inosservanza  di  tale  obbligo  non  determina  invalidita'  della
sentenza ove le parti non abbiano tempestivamente avanzato istanza di
ricusazione» (Cass. n. 11275 del 2004). 
    Ed e'  altresi'  vero  che  sempre  questa  Corte  ha  dichiarato
manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 17 del d.lgs.C.P.S. n. 233 del 1946, sotto il profilo della
violazione  dell'art.  108  Cost.,  per  il  preteso  condizionamento
conseguente  alla  prospettiva  del  reincarico  al  quale  sarebbero
soggetti i membri sanitari professionisti della Commissione  centrale
per gli esercenti le professioni sanitarie, organo giurisdizionale di
secondo grado, competente in ordine ai ricorsi avverso  le  decisioni
in materia disciplinare del  Consiglio  dell'Ordine  dei  farmacisti,
nonche' per la dubbia indipendenza ed  imparzialita'  dei  componenti
farmacisti che potrebbero essere portatori di un interesse  personale
configgente  con  quello   dell'incolpato,   osservando,   quanto   a
quest'ultimo aspetto, che le situazioni  di  eventuale  conflitto  di
interessi possono trovare  adeguata  soluzione  mediante  il  rimedio
della ricusazione (Cass. n. 7760 del 2003). 
    Tuttavia, il Collegio rileva che cio' che viene in discussione e'
non gia' la possibilita' che, per effetto della  mancata  attivazione
dell'istituto della ricusazione, la Commissione centrale, pur  se  in
composizione identica a quella nella  quale  era  stata  adottata  la
decisione  poi  cessata  con  rinvio,  si  pronunci  nuovamente   nei
confronti  del  medesimo  professionista  e  sul  medesimo   addebito
disciplinare, quanto la previsione di  meccanismi  normativi  che,  a
prescindere dalla applicabilita' degli istituti della  ricusazione  e
della astensione, consentano lo svolgimento del giudizio di rinvio in
condizioni tali da assicurare la posizione di  terzieta-imparzialita'
del giudice disciplinare. 
    D'altra parte, e' sufficiente rilevare che la  stessa  previsione
di  un  numero  di  supplenti  inferiore  al  numero  dei  componenti
effettivi, ferma la composizione della Commissione centrale  in  sede
di  giudizio  disciplinare  nei   confronti   dei   farmacisti,   non
consentirebbe,  qualora  venissero  attivati   gli   istituti   della
ricusazione e dell'astensione, di  comporre  un  collegio  giudicante
composto da componenti che  non  avevano  partecipato  alla  adozione
della decisione cassata. Senza dire che per i componenti  di  diritto
di cui al primo  comma  dell'art.  17  nessuna  sostituzione  sarebbe
ipotizzabile. 
    5.  In  conclusione,  il  Collegio  ritiene   rilevante   e   non
manifestamente infondata, in riferimento  agli  artt.  3,  24  e  111
Cost., la questione di legittimita' costituzionale dell'art.  17  del
d.lgs.C.P.S. n. 233 del 1946, nella parte in cui non prevede  che  la
Commissione centrale per gli esercenti le professioni  sanitarie  sia
composta da un numero di componenti effettivi  e  supplenti  tali  da
consentire che, in ipotesi di  giudizio  di  rinvio  per  effetto  di
cassazione di una precedente decisione, lo stesso si svolga  dinnanzi
ad un collegio composto da componenti  che  non  avevano  partecipato
alla precedente decisione. 
    Il giudizio deve quindi essere sospeso e gli atti trasmessi  alla
Corte costituzionale. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento
agli  artt.  3,  24  e  111  Cost.,  la  questione  di   legittimita'
costituzionale dell'art. 17 del d.lgs.C.P.S. n. 233 del  1946,  nella
parte in  cui  non  prevede  che  la  Commissione  centrale  per  gli
esercenti le professioni sanitarie  sia  composta  da  un  numero  di
componenti effettivi e supplenti tali da consentire che,  in  ipotesi
di giudizio di rinvio per effetto di  cassazione  di  una  precedente
decisione, lo stesso si svolga dinnanzi ad un  collegio  composto  da
componenti che non avevano  partecipato  alla  precedente  decisione;
sospende il presente giudizio e ordina l'immediata trasmissione degli
atti  alla  Corte  costituzionale;  dispone   che,   a   cura   della
cancelleria, la presente  ordinanza  sia  notificata  alle  parti  in
causa, al  Procuratore  Generale  presso  questa  Corte,  nonche'  al
Presidente del Consiglio dei ministri e, al contempo,  comunicata  ai
Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. 
 
    Cosi' deciso in Roma, nella camera  di  consiglio  della  Seconda
Sezione Civile dalla Corte suprema di Cassazione, in data 8  febbraio
2013. 
 
                       Il Presidente: Rovelli