N. 267 SENTENZA 6 - 13 novembre 2013

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Volontariato  -  Possibilita'  per  il  Ministero   dell'interno   di
  richiamare il personale volontario del Corpo dei Vigili  del  fuoco
  per  "qualsivoglia"  necessita'  dell'amministrazione  -   Asserito
  contrasto con la normativa comunitaria volta a previene  gli  abusi
  derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti o  rapporti
  di lavoro a tempo determinato - Asserita violazione dell'obbligo di
  osservanza  delle  norme  comunitarie  -  Insussistenza  -  Erroneo
  presupposto interpretativo - Inesistenza di un rapporto  di  lavoro
  tra i volontari e la  pubblica  amministrazione  -  Non  fondatezza
  della questione. 
- Legge 12 novembre 2011, n. 183, art. 4, commi 11 e 12. 
- Costituzione, art. 117, primo comma; direttiva 28 giugno  1999,  n.
  1999/70/CE, allegato accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro  a
  tempo determinato, clausola 5, punto 1. 
(GU n.47 del 20-11-2013 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Gaetano SILVESTRI; 
Giudici :Luigi MAZZELLA,  Sabino  CASSESE,  Giuseppe  TESAURO,  Paolo
  Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Paolo GROSSI,  Giorgio  LATTANZI,
  Aldo CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Sergio  MATTARELLA,  Mario  Rosario
  MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'articolo  4,
commi 11 e 12, della legge 12 novembre 2011, n. 183 (Disposizioni per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato -  Legge
di stabilita' 2012), promosso dal Tribunale  ordinario  di  Roma  nel
procedimento  vertente  tra  Caravassilis  Daniele  ed  altri  e   il
Ministero dell'interno con ordinanza del 6 dicembre 2012, iscritta al
n. 110 del  registro  ordinanze  2013  e  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 21,  prima  serie  speciale,  dell'anno
2013. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 23 ottobre  2013  il  Giudice
relatore Sabino Cassese. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.-  Con  ordinanza  del  6  dicembre  2012,   depositata   nella
cancelleria di questa Corte il 6 maggio 2013 (reg. ord.  n.  110  del
2013), il Tribunale ordinario  di  Roma,  prima  sezione  lavoro,  ha
sollevato questione di legittimita' costituzionale  dell'articolo  4,
commi 11 e 12, della legge 12 novembre 2011, n. 183 (Disposizioni per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato -  Legge
di stabilita' 2012), per violazione dell'art. 117, primo comma, della
Costituzione, in riferimento alla clausola 5, punto  1,  dell'accordo
quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro  a  tempo  determinato,  allegato
alla direttiva 28 giugno 1999, n. 1999/70/CE (Direttiva del Consiglio
relativa all'accordo quadro CES, UNICE e  CEEP  sul  lavoro  a  tempo
determinato). 
    La clausola 5, punto 1,  dell'accordo  quadro  dispone  che  «Per
prevenire gli abusi derivanti dall'utilizzo  di  una  successione  di
contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, gli Stati membri,
previa consultazione delle parti sociali a  norma  delle  leggi,  dei
contratti collettivi e della prassi nazionali, e/o le  parti  sociali
stesse, dovranno introdurre, in assenza di norme equivalenti  per  la
prevenzione degli abusi e in un modo che tenga conto  delle  esigenze
di settori e/o categorie specifici di lavoratori, una o  piu'  misure
relative a: a) ragioni obiettive per la giustificazione  del  rinnovo
dei suddetti contratti o rapporti; b) la durata  massima  totale  dei
contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi; c)  il
numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti». 
    2.- L'articolo 4, comma 11, della legge n. 183 del 2011  modifica
la lettera a) del comma 2 dell'articolo 9 del decreto  legislativo  8
marzo 2006,  n.  139  (Riassetto  delle  disposizioni  relative  alle
funzioni ed ai compiti del Corpo nazionale dei vigili  del  fuoco,  a
norma dell'articolo 11 della legge 29 luglio 2003, n.  229).  Secondo
la formulazione originaria di quest'ultima disposizione, il personale
volontario del Corpo nazionale dei vigili  del  fuoco  poteva  essere
richiamato in servizio  «in  caso  di  particolari  necessita'  delle
strutture  centrali  e  periferiche  del  Corpo  nazionale»;  secondo
l'attuale formulazione, tale  richiamo  puo'  avvenire  «in  caso  di
necessita' delle strutture centrali e periferiche del Corpo nazionale
motivate dall'autorita' competente che opera il richiamo». 
    L'articolo 4, comma 12, della legge  n.  183  del  2011  modifica
invece  il  comma  1  dell'articolo  10  del  decreto  legislativo  6
settembre  2001,  n.  368  (Attuazione  della  direttiva   1999/70/CE
relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo  determinato  concluso
dall'UNICE, dal CEEP e dal CES), inserendo  la  lettera  c-bis),  che
esclude dal campo di applicazione  del  d.lgs.  n.  368  del  2001  i
richiami in servizio del personale volontario del Corpo nazionale dei
vigili del fuoco, precisando che  essi  «ai  sensi  dell'articolo  6,
comma  1,  del  decreto  legislativo  8  marzo  2006,  n.  139,   non
costituiscono rapporti di impiego con l'Amministrazione». 
    3.- La questione di  costituzionalita'  e'  stata  sollevata  nel
corso di un giudizio che -  secondo  quanto  riferisce  il  Tribunale
rimettente - ha ad oggetto  la  richiesta  di  sette  iscritti  negli
elenchi del personale volontario  del  Dipartimento  dei  Vigili  del
fuoco del Ministero dell'interno, con distinti atti depositati tra il
14 e il 18 ottobre 2011, volta a ottenere:  il  riconoscimento  della
sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato a tempo
determinato; la dichiarazione di nullita' e inefficacia  dei  termini
apposti a detti «contratti»,  sul  presupposto  che  i  richiami  dei
volontari «integrino dei contratti  di  lavoro  subordinato  a  tempo
determinato»; la conversione dei rispettivi  rapporti  di  lavoro  in
rapporti di lavoro a tempo  indeterminato;  l'accertamento  del  loro
diritto alla stabilizzazione e la condanna  del  Ministero  convenuto
alla loro  immissione  in  ruolo;  in  ogni  caso,  la  condanna  del
Ministero  convenuto  al  risarcimento  del  danno   da   illegittima
reiterazione di contratti a tempo determinato. 
    Il  Tribunale  ordinario  di  Roma,  prima  sezione  lavoro,   ha
sollevato questione di legittimita' costituzionale  dell'articolo  4,
commi 11 e 12, della legge n. 183 del 2011. 
    4.-  Ad  avviso  del  giudice  rimettente,  i  commi  11   e   12
dell'articolo 4 della legge n.  183  del  2011,  nel  consentire  «il
richiamo in servizio a tempo determinato del personale volontario dei
Vigili del Fuoco in caso di (qualsivoglia) necessita' delle strutture
centrali  e  periferiche   del   Corpo   nazionale,   al   di   fuori
dell'applicazione  dei  principi  di  cui  al  d.lgs.  n.  368/2001»,
determinerebbero  «una  successione  potenzialmente   illimitata   di
contratti a tempo determinato, e comunque svincolata dall'indicazione
di ragioni obiettive o dalla predeterminazione di una durata  massima
o di un numero certo di rinnovi» e sarebbero quindi in contrasto  con
la clausola 5, punto 1, dell'accordo quadro CES,  UNICE  e  CEEP  sul
lavoro a tempo determinato, in violazione dell'art. 117, primo comma,
Cost. 
    Secondo il giudice a quo, l'attivita' dei  volontari  dei  vigili
del fuoco non e' in alcun modo riconducibile al volontariato, la  cui
caratteristica e' la gratuita' (art. 2 della legge 11 agosto 1991, n.
266 - Legge-quadro sul  volontariato),  ma  presenterebbe  tutti  gli
elementi  propri  del  rapporto  di  lavoro,   caratterizzato   dalla
subordinazione, come si evincerebbe dalle disposizioni del d.lgs.  n.
139 del 2006, in base alle quali «Al personale volontario  richiamato
in servizio temporaneo, per l'intera durata di tale richiamo,  spetta
il  trattamento  economico  iniziale  del  personale  permanente   di
corrispondente qualifica, il  trattamento  di  missione,  i  compensi
inerenti alle prestazioni di lavoro straordinario»  (art.  10)  e  al
medesimo personale  si  applicano  sanzioni  disciplinari,  quali  la
censura, la sospensione dai richiami e la radiazione (art. 11). 
    Tuttavia  -  prosegue  il  giudice  rimettente  -  al   personale
volontario dei  Vigili  del  fuoco  non  troverebbe  applicazione  la
disciplina interna  in  materia  di  rapporti  a  tempo  determinato,
prevista dal d.lgs. n. 368 del 2001, di attuazione della direttiva n.
1999/70/CE. Dato che le disposizioni impugnate consentirebbero che il
richiamo dei volontari possa avvenire per  «qualsivoglia»  necessita'
delle strutture centrali e periferiche del Corpo nazionale dei Vigili
del fuoco, per essi  non  varrebbe  «alcuna  delle  norme  limitative
dettate al fine di dare attuazione alla citata direttiva europea  del
1999»,  ne'  sotto  il  profilo  della  sussistenza  di   «situazioni
eccezionali o  di  emergenza»,  ne'  sotto  il  profilo  dei  «limiti
temporali». 
    Nell'osservare che vi sarebbe un contrasto  tra  le  disposizioni
impugnate e la direttiva comunitaria in materia di contratti a  tempo
determinato, il giudice rimettente rileva di non  poter  egli  stesso
disapplicare le disposizioni interne ritenute  incompatibili  perche'
la direttiva europea e' priva  di  effetto  diretto.  Come  affermato
dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea (ex
multis, sentenze 23 aprile 2009, C-378, 379 e  380/07,  e  15  aprile
2008,  C-268/06),  infatti,  la  clausola  5   dell'accordo   quadro,
lasciando agli Stati il potere di scegliere, in  modo  discrezionale,
una o piu' delle misure elencate in detta clausola o di  ricorrere  a
norme equivalenti in vigore, non  sarebbe  «sufficientemente  precisa
per poter  essere  invocata  da  un  singolo  dinanzi  a  un  giudice
nazionale». 
    Il giudice rimettente ritiene che la questione sia rilevante,  in
quanto «tutti i ricorrenti risultano assunti in forza di  atti  privi
dell'indicazione dei motivi ed in assenza di ragioni  giustificatrici
obiettive (che non possono comunque risolversi in esigenze permanenti
del datore di lavoro,  in  fabbisogni  tendenzialmente  immutabili  o
dalla durata non preventivabile) e alcuni  di  loro  per  una  durata
complessiva di oltre trentasei mesi, e cio' in difetto di specifiche,
valide ed applicabili indicazioni su durata massima dei  contratti  o
rapporti e numero dei loro rinnovi», e quindi la eventuale  pronuncia
di accoglimento della Corte «schiuderebbe le porte  alla  domanda  di
risarcimento dei danni, proposta dai ricorrenti in  via  subordinata»
rispetto  alla  richiesta  di  conversione  del  contratto  a   tempo
determinato in contratto a tempo indeterminato. 
    5.- Il Presidente del Consiglio dei ministri  e'  intervenuto  in
giudizio, chiedendo che la questione sia  dichiarata  non  rilevante,
inammissibile e infondata. 
    Ad avviso del Presidente del  Consiglio,  non  si  comprenderebbe
dall'ordinanza   di   rimessione   «se   i    ricorrenti    lamentino
l'illegittimita' del termine finale apposto al  contratto  di  lavoro
con il Ministero perche' privo di una ragione obiettiva e/o lamentino
la reiterazione di rapporti di lavoro a termine  con  il  Ministero».
Nel caso in cui il giudizio a quo  vertesse  sul  primo  rapporto  di
lavoro a termine intercorso tra  i  ricorrenti  e  il  Ministero,  la
questione sarebbe non  rilevante  dato  che  la  Corte  di  giustizia
dell'Unione europea ha piu'  volte  precisato  che  la  direttiva  n.
1999/70/CE «non ha lo scopo di impedire  o  limitare  la  stipula  di
rapporti di lavoro a termine», ma «di evitare l'abusiva  reiterazione
dei rapporti a termine». 
    Nel merito, secondo la difesa statale la  questione  non  sarebbe
fondata, in primo luogo, in quanto la direttiva  n.  1999/70/CE  «non
stabilisce le condizioni precise in  base  alle  quali  si  puo'  far
ricorso al contratto a  tempo  determinato»,  ma  «sancisce  soltanto
l'adozione,  qualora  il  diritto   nazionale   non   preveda   norme
equivalenti, di almeno una delle misure enunciate  alla  clausola  5,
punto 1, che attengono,  rispettivamente,  a  ragioni  obiettive  che
giustificano il rinnovo di tali contratti o rapporti di lavoro,  alla
durata massima totale degli stessi contratti  o  rapporti  di  lavoro
successivi ed al numero di rinnovi  di  questi  ultimi».  Secondo  il
Presidente del Consiglio, la disciplina che consente il richiamo  dei
volontari  «in  caso  di  necessita'  delle  strutture   centrali   e
periferiche del Corpo nazionale  motivate  dall'autorita'  competente
che opera il richiamo» costituirebbe  «norma  equivalente»  ai  sensi
della clausola 5 dell'accordo quadro e non vi sarebbe, quindi,  alcun
contrasto con  la  normativa  comunitaria,  anche  in  ragione  della
previsione - nella disciplina interna  -  di  un  limite  massimo  di
centosessanta giorni all'anno per detti richiami. 
    In secondo luogo, la difesa statale osserva  che  la  distinzione
del personale del  Corpo  nazionale  dei  vigili  del  fuoco  in  una
componente  «permanente»  e  una  «volontaria»,  il  cui   «connotato
essenziale» e' «la temporaneita' delle prestazioni» risale alla legge
27 dicembre 1941, n.  1570  (Nuove  norme  per  l'organizzazione  dei
servizi antincendi). Si rileva  che  tale  «natura  temporanea  della
prestazione» costituisce «l'esclusiva  e  diretta  conseguenza  della
peculiarita' del servizio  prestato  e  non  gia'  espressione  della
volonta' dell'Amministrazione di  apporre  un  qualsiasi  termine  di
durata al richiamo in servizio». 
    Il Presidente del Consiglio dei  ministri  sottolinea,  poi,  che
gia'  l'art.  1,  comma  3,  del  d.P.R.  6  febbraio  2004,  n.   76
(Regolamento  concernente   disciplina   delle   procedure   per   il
reclutamento, l'avanzamento e l'impiego del personale volontario  del
Corpo nazionale dei vigili del fuoco)  specifica  che  «Il  personale
volontario  non   e'   vincolato   da   rapporto   di   impiego   con
l'amministrazione ed e' chiamato a svolgere temporaneamente i  propri
compiti ogni  qualvolta  se  ne  manifesti  il  bisogno»;  previsione
successivamente confermata dal d.lgs. n. 139  del  2006.  Infine,  la
difesa statale ricorda come gia' la legge n. 1570 del 1941  prevedeva
che, nel caso  di  richiamo  temporaneo  in  servizio  del  personale
volontario, i datori di lavoro, pubblici o privati,  hanno  l'obbligo
di lasciare disponibili i propri  dipendenti,  «conservando  loro  il
rispettivo posto di lavoro e considerando l'assenza  giustificata  ad
ogni effetto di legge»,  e  come  anche  tale  previsione  sia  stata
confermata  dalla  disciplina  successiva.  Ad  avviso  della  difesa
statale, quindi, l'articolo 4, comma 12, della legge n. 183 del 2011,
censurato dal giudice rimettente,  nel  prevedere  l'inapplicabilita'
della  direttiva  comunitaria   concernente   gli   abusi   derivanti
dall'utilizzo  improprio  dei  contratti  a  tempo  determinato,   si
limiterebbe a «chiarire in modo  definitivo»  che  «il  rapporto  che
intercorre tra il vigile del fuoco volontario e l'Amministrazione non
e' riconducibile [...] ad  un  rapporto  di  lavoro  subordinato  ma,
piuttosto, si tratta di attivita' di  volontariato  al  servizio  del
Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco», al quale «non  puo'  ritenersi
applicabile la normativa prevista  per  il  pubblico  impiego  ed  in
particolare la normativa sul contratto a termine». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ordinanza del 6 dicembre 2012, il Tribunale ordinario  di
Roma, prima sezione lavoro, ha sollevato  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'articolo  4,  commi  11  e  12,  della  legge  12
novembre 2011, n. 183 (Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale dello Stato - Legge di  stabilita'  2012),  per
violazione  dell'art.  117,  primo  comma,  della   Costituzione   in
riferimento alla clausola 5, punto 1, dell'accordo quadro CES,  UNICE
e CEEP sul lavoro a tempo determinato,  allegato  alla  direttiva  28
giugno  1999,  n.  1999/70/CE  (Direttiva  del   Consiglio   relativa
all'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato). 
    2.-   In   via   preliminare,   va   esaminata   l'eccezione   di
inammissibilita' sollevata dal Presidente del Consiglio dei ministri,
ad  avviso  del  quale  non  si  comprenderebbe   dall'ordinanza   di
rimessione se si lamenti «l'illegittimita' del termine finale apposto
al contratto di lavoro con il Ministero [dell'Interno] perche'  privo
di una ragione obiettiva e/o lamentino la reiterazione di rapporti di
lavoro a termine». Secondo la difesa dello Stato, laddove il giudizio
principale vertesse sul primo rapporto di  lavoro  a  termine  tra  i
volontari e la pubblica amministrazione, la questione difetterebbe di
rilevanza perche' la Corte di giustizia dell'Unione  europea  avrebbe
piu' volte precisato che la direttiva n. 1999/70/CE «non ha lo  scopo
di impedire o limitare la stipula di rapporti di lavoro  a  termine»,
ma «di evitare l'abusiva reiterazione» di tali rapporti. 
    L'eccezione  non  e'  fondata,  in   quanto   la   questione   di
legittimita'   e'   inequivocabilmente    riferita    all'illegittima
reiterazione dei rapporti intercorsi tra i volontari  del  Corpo  dei
vigili del fuoco e il Ministero  dell'interno:  infatti,  il  giudice
rimettente precisa che le disposizioni sono censurate nella parte  in
cui  consentono  una  «successione   potenzialmente   illimitata   di
contratti a tempo determinato». 
    3.- Ancora in via preliminare,  va  precisato  che  la  questione
sollevata  con  riferimento  alla   violazione   della   clausola   5
dell'accordo quadro allegato alla direttiva n. 1999/70/CE risponde ai
requisiti  di   ammissibilita'   individuati   dalla   giurisprudenza
costituzionale. Nell'ambito di un giudizio  in  via  incidentale,  le
norme  comunitarie  possono  costituire  elementi   integrativi   del
parametro di costituzionalita' di  cui  all'art.  117,  primo  comma,
Cost., soltanto  se  tali  norme  siano  prive  di  effetto  diretto:
circostanza  che  ricorre  per  la  clausola  5  dell'accordo  quadro
allegato alla direttiva n. 1999/70/CE, come gia' rilevato dalla Corte
di giustizia (sentenza 15 aprile 2008, C-268/06) e  da  questa  Corte
(ordinanza n. 207 del 2013). 
    4.- La questione relativa all'articolo 4, commi 11  e  12,  della
legge n. 183 del 2011 deve quindi essere esaminata nel merito. 
    Il Tribunale  ordinario  di  Roma  ritiene  che  le  disposizioni
censurate consentirebbero al Ministero dell'interno di richiamare  il
personale  volontario  del   Corpo   dei   Vigili   del   fuoco   per
«qualsivoglia» necessita'  dell'amministrazione,  escludendo  inoltre
tali eventuali richiami dall'applicazione del decreto  legislativo  6
settembre  2001,  n.  368  (Attuazione  della  direttiva   1999/70/CE
relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo  determinato  concluso
dall'UNICE, dal CEEP e dal CES). Cio' sarebbe  in  contrasto  con  la
clausola 5,  punto  1,  del  citato  accordo  quadro,  prevista  «per
prevenire gli abusi derivanti dall'utilizzo  di  una  successione  di
contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato», con  conseguente
violazione dell'art. 117, primo comma, Cost. 
    Secondo il Presidente del  Consiglio  dei  ministri,  invece,  il
personale volontario dei  Vigili  del  fuoco  «non  e'  vincolato  da
rapporto di impiego con l'amministrazione ed e' chiamato  a  svolgere
temporaneamente i propri compiti ogni qualvolta se  ne  manifesti  il
bisogno». 
    4.1.- La questione non e' fondata. 
    Il giudice rimettente muove dal  presupposto  interpretativo  che
tra i volontari dei Vigili del fuoco e la pubblica amministrazione vi
sia un rapporto di lavoro a tempo determinato.  Tale  presupposto  e'
pero' escluso dalle norme che regolano la materia. 
    La disciplina riguardante i volontari del Corpo  dei  vigili  del
fuoco costituisce un sottosistema peculiare, ma non isolato. In altri
casi, infatti, il  legislatore  ha  previsto  che  privati  cittadini
possano partecipare come «volontari»  allo  svolgimento  di  funzioni
pubbliche,  quali  la  difesa  militare  e  la   protezione   civile.
Similmente,  altri  ordinamenti  -  come  quello  tedesco   -   hanno
attribuito a personale volontario e non professionale un'ampia  parte
delle attivita' di protezione civile. 
    In particolare, i volontari del Corpo dei vigili  del  fuoco  non
hanno una funzione suppletiva, bensi' emergenziale. Questa  peculiare
figura di volontari, infatti, e' stata introdotta  in  pieno  periodo
bellico, dalla legge 27 dicembre  1941,  n.  1570  (Nuove  norme  per
l'organizzazione dei servizi antincendi), per  sopperire  a  esigenze
straordinarie. A conferma di cio', ancora oggi l'art. 9, comma 1, del
decreto  legislativo  8  marzo  2006,   n.   139   (Riassetto   delle
disposizioni relative alle funzioni ed ai compiti del Corpo nazionale
dei vigili del fuoco, a norma dell'articolo 11 della legge 29  luglio
2003, n. 229), stabilisce che i volontari possano  essere  richiamati
innanzitutto «in occasione di calamita'  naturali  o  catastrofi».  I
richiami hanno la durata massima di  centosessanta  giorni  all'anno,
sono disposti a rotazione  e  devono  essere  adeguatamente  motivati
dall'autorita'  che  opera  il  richiamo,  con  ragioni  strettamente
collegate alla funzione principale del Corpo nazionale dei vigili del
fuoco  (calamita'  naturali,  catastrofi,  soccorso  pubblico,  altre
emergenze).  Detti  richiami,   quindi,   sono   disposti   non   per
«qualsivoglia»  necessita'  dell'amministrazione,  ma  «in  caso   di
necessita'» funzionali allo svolgimento  dei  summenzionati  compiti,
per il «soccorso pubblico» e per i «corsi  di  formazione»  a  questo
scopo. 
    Del resto, i volontari - al contrario  del  personale  permanente
del Corpo dei Vigili del  fuoco  -  non  sono  scelti  a  seguito  di
pubblico concorso, ma su domanda presentata dai diretti interessati e
dopo un periodo di addestramento. Inoltre, questi  volontari  possono
avere un rapporto di lavoro con altro soggetto:  per  quest'ultimo  -
che puo' essere anche un  privato  -  vi  e'  l'obbligo  di  lasciare
disponibili, in caso di loro richiamo, i  dipendenti  iscritti  negli
appositi elenchi e di conservare loro il posto  di  lavoro  (art.  8,
comma 4, d.lgs. n. 139 del 2006), atteso che «l'assenza dal  servizio
deve considerarsi giustificata a ogni effetto di legge» (art. 22  del
d.P.R. 6 febbraio 2004, n.  76  «Regolamento  concernente  disciplina
delle procedure per il reclutamento, l'avanzamento  e  l'impiego  del
personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco»). 
    Per tutte queste ragioni, il legislatore ha  per  ben  tre  volte
escluso esplicitamente che tra i volontari del Corpo dei  vigili  del
fuoco e la pubblica amministrazione vi sia un rapporto di lavoro.  Il
censurato art. 4, comma 12, della legge n. 183 del 2011, infatti, nel
prevedere che «i richiami in servizio» di tale  personale  volontario
«non costituiscono rapporti di  impiego  con  l'Amministrazione»,  si
limita a ripetere quanto gia' stabilito per la medesima categoria  di
soggetti dall'art. 6 del  d.lgs.  n.  139  del  2006  («Il  personale
volontario   non    e'    legato    da    un    rapporto    d'impiego
all'Amministrazione») e dall'art. 1, comma 3, del d.P.R.  n.  76  del
2004 («Il personale  volontario  non  e'  vincolato  da  rapporto  di
impiego con l'Amministrazione»). 
    4.2.- In conclusione, il rapporto tra la pubblica amministrazione
e il personale  volontario  del  Corpo  dei  vigili  del  fuoco,  per
l'esercizio di funzioni straordinarie e collegate ad eventi di natura
eccezionale e di durata ed entita' non prevedibili, consiste  in  una
dipendenza di carattere esclusivamente funzionale.  I  volontari  dei
vigili del fuoco non  ricadono  quindi  nell'ambito  di  applicazione
dell'accordo quadro allegato alla direttiva  n.  1999/70/CE,  perche'
tale accordo si applica «ai lavoratori a  tempo  determinato  con  un
contratto di assunzione o un rapporto di  lavoro  disciplinato  dalla
legge» (clausola 2); nel caso in esame, non  vi  e'  un  rapporto  di
lavoro, ma di servizio. 
    La  questione,  dunque,  non  e'  fondata  per  l'erroneita'  del
presupposto interpretativo da cui muovono le censure prospettate  dal
giudice rimettente (ex multis, sentenze n. 236 e n. 229 del 2013). 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara non fondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'articolo 4, commi 11 e 12, della legge 12 novembre 2011, n.  183
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - Legge di  stabilita'  2012),  sollevata  dal  Tribunale
ordinario di Roma, prima sezione lavoro, con l'ordinanza indicata  in
epigrafe,  in  riferimento   all'art.   117,   primo   comma,   della
Costituzione e alla clausola 5, punto  1,  dell'accordo  quadro  CES,
UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, allegato alla  direttiva
28 giugno 1999,  n.  1999/70/CE  (Direttiva  del  Consiglio  relativa
all'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato). 
 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 6 novembre 2013. 
 
                                F.to: 
                    Gaetano SILVESTRI, Presidente 
                      Sabino CASSESE, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 13 novembre 2013. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI