N. 268 ORDINANZA (Atto di promovimento) 8 ottobre 2013

Ordinanza dell'8 ottobre 2013 emessa dal Giudice di pace di Borgo San
Dalmazzo nel procedimento penale a carico di El Mouki Chafik. 
 
Straniero e apolide - Straniero - Ingresso e soggiorno  illegale  nel
  territorio dello Stato - Sanzione dell'ammenda da  5.000  a  10.000
  euro  -  Previsione  introdotta  da  componenti  della  Camera  dei
  deputati  e  del  Senato  della   Repubblica   eletti   a   seguito
  dell'entrata in vigore della legge  n.  270/2005  che  affida  agli
  organi di partito e non  alla  volonta'  del  corpo  elettorale  la
  designazione di coloro che devono essere nominati - Violazione  dei
  principi di sovranita' popolare  e  di  uguaglianza  -  Lesione  di
  diritto fondamentale della persona -  Violazione  dei  principi  di
  uguaglianza e diritto di voto, di suffragio universale diretto  dei
  rappresentanti  di  Camera  e  Senato   e   di   rappresentativita'
  democratica. 
- Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, art. 10-bis. 
- Costituzione, artt. 1, 2, 3,  48,  comma  secondo,  49,  56,  primo
  comma, 58, primo comma, e 67;  Primo  Protocollo  addizionale  alla
  Convenzione  europea  dei  diritti  dell'uomo  e   delle   liberta'
  fondamentali, art. 3. 
Elezioni - Elezioni per la  Camera  dei  deputati  -  Previsione  che
  qualora la coalizione di liste o la singola lista che  ha  ottenuto
  il  maggior  numero  di  voti  validi  espressi,  non  abbia   gia'
  conseguito almeno 340 seggi, ad essa viene attribuito il numero  di
  seggi necessario per raggiungere tale consistenza (c.d.  premio  di
  maggioranza) - Violazione dei principi di sovranita' popolare e  di
  uguaglianza - Lesione  di  diritto  fondamentale  della  persona  -
  Violazione dei principi  di  uguaglianza  e  diritto  di  voto,  di
  suffragio universale diretto dei rappresentanti di Camera e  Senato
  e di rappresentativita' democratica. 
- D.P.R. 30 marzo 1957, n.  361,  art.  83,  commi  primo,  n.  5,  e
  secondo. 
- Costituzione, artt. 1, 2, 3,  48,  comma  secondo,  49,  56,  primo
  comma, 58, primo comma, e 67;  Primo  Protocollo  addizionale  alla
  Convenzione  europea  dei  diritti  dell'uomo  e   delle   liberta'
  fondamentali, art. 3. 
Elezioni - Elezioni per il Senato della Repubblica -  Previsione  che
  nel caso la coalizione o  la  singola  lista  che  ha  ottenuto  il
  maggiore  numero  di  voti  validi   espressi   nell'ambito   della
  circoscrizione  non  abbia  conseguito  almeno  il  55%  dei  seggi
  assegnati alla Regione, con  arrotondamento  all'unita'  superiore,
  l'Ufficio elettorale regionale assegna alla coalizione di  liste  o
  alla singola lista che abbia ottenuto il maggior numero di voti  un
  numero di seggi ulteriore necessario per  raggiungere  il  55%  dei
  seggi  assegnati  alla  Regione,  con   arrotondamento   all'unita'
  superiore (cosiddetto "premio di  maggioranza")  -  Violazione  dei
  principi di sovranita' popolare  e  di  uguaglianza  -  Lesione  di
  diritto fondamentale della persona -  Violazione  dei  principi  di
  uguaglianza e diritto di voto, di suffragio universale diretto  dei
  rappresentanti  di  Camera  e  Senato   e   di   rappresentativita'
  democratica. 
- Decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, art. 17, commi 2 e 4. 
- Costituzione, artt. 1, 2, 3,  48,  comma  secondo,  49,  56,  primo
  comma, 58, primo comma, e 67;  Primo  Protocollo  addizionale  alla
  Convenzione  europea  dei  diritti  dell'uomo  e   delle   liberta'
  fondamentali, art. 3. 
Elezioni - Elezioni per la Camera dei deputati - Prevista  disciplina
  delle  modalita'  di  espressione  del  diritto  di  voto  mediante
  attribuzione dello stesso a liste di candidati  concorrenti,  senza
  possibilita' per l'elettore di espressione del voto  di  preferenza
  previsto dalla normativa precedente - Violazione  dei  principi  di
  sovranita'  popolare  e  di  uguaglianza  -  Lesione   di   diritto
  fondamentale della persona - Violazione dei principi di uguaglianza
  e  diritto  di  voto,   di   suffragio   universale   diretto   dei
  rappresentanti  di  Camera  e  Senato   e   di   rappresentativita'
  democratica. 
- D.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, artt. 4, comma secondo, e  59,  comma
  primo. 
- Costituzione, artt. 1, 2, 3,  48,  comma  secondo,  49,  56,  primo
  comma, 58, primo comma, e 67;  Primo  Protocollo  addizionale  alla
  Convenzione  europea  dei  diritti  dell'uomo  e   delle   liberta'
  fondamentali, art. 3. 
Elezioni -  Elezioni  per  il  Senato  della  Repubblica  -  Prevista
  disciplina delle modalita'  di  espressione  del  diritto  di  voto
  mediante contrassegno sulla lista prescelta, senza possibilita'  di
  espressione  del  voto  di  preferenza  previsto  dalla   normativa
  precedente - Violazione dei principi di sovranita'  popolare  e  di
  uguaglianza - Lesione  di  diritto  fondamentale  della  persona  -
  Violazione dei principi  di  uguaglianza  e  diritto  di  voto,  di
  suffragio universale diretto dei rappresentanti di Camera e  Senato
  e di rappresentativita' democratica. 
- Decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, art. 14, comma 1. 
- Costituzione, artt. 1, 2, 3,  48,  comma  secondo,  49,  56,  primo
  comma, 58, primo comma, e 67;  Primo  Protocollo  addizionale  alla
  Convenzione  europea  dei  diritti  dell'uomo  e   delle   liberta'
  fondamentali, art. 3. 
(GU n.51 del 18-12-2013 )
 
                         IL GIUDICE DI PACE 
 
    Nel procedimento penale a carico di:  El  Mouki  Chafik,  nato  a
Oulad Azzouz Kouribga  (Marocco)  il  24  maggio  1987,  senza  fissa
dimora, domiciliato in Cavallermaggiore (CN),  via  Matteotti  n.  2,
difeso dall'avv. Aldo Bimbato, con studio in Fossano  (CN)  -  piazza
Vittorio Veneto n. 4, imputato reato previsto e punito  dall'art.  14
comma 5-quater in relazione al comma 5-bis d.lgs. n.  286/98  perche'
straniero si  tratteneva  nel  territorio  dello  Stato  italiano  in
violazione delle disposizione del d.lgs. n. 286/98, gia'  gravato  di
decreto di espulsione  emesso  dal  Prefetto  di  Cuneo  in  data  1°
febbraio 2013 e non ottemperando all'ordine del Questore di Cuneo  di
lasciare il territorio dello Stato italiano entro sette giorni  dalla
data di notifica risalente al 25 maggio 2013. 
    Accertato in Borgo San Dalmazzo via Cavour n. 51,  il  giorno  20
luglio 2013. 
    Premesso: 
        che in data 23 luglio 2013 i Carabinieri di Vernante (CN), ex
art.  20-bis  d.l.vo  n.  274/2000,  inviavano  alla  Procura   della
Repubblica c/o del Tribunale di  Cuneo  richiesta  di  autorizzazione
alla presentazione  immediata  di  El  Mouki  Chafik,  cittadino  del
Marocco  senza  fissa  dimora,  per  violazione  dell'art.  14  comma
5-quater in relazione  al  comma  5-bis  d.l.vo  n.  286/98  (mancato
ottemperamento all'ordine del  Questore  di  lasciare  il  territorio
dello Stato italiano); 
        che con provvedimento 24 luglio 2013 n. 308/2013 R.G.N.R GdP,
la Procura della Repubblica c/o il Tribunale di Cuneo autorizzava  la
presentazione dell'imputato davanti a  questo  Giudice  di  Pace  per
l'udienza del 20 settembre 2013; 
        che l'imputato, sebbene ritualmente  notificato,  all'udienza
non compariva e, per l'effetto, veniva dichiarato contumace; 
        che i commi 5-quater e 5-bis dell'art. 14 d.l.vo  n.  286/98,
gia' inseriti dall'art. 13 comma 1, lett. b) legge n. 189/2002,  sono
stati cosi' sostituiti l'uno dall'art. 3 comma 1 lett. d) n.  6  D.L.
n. 89/2011 e l'altro dall'art. 3 comma 1,  lett.  d)  n.  4  D.L.  n.
89/2011 convertito con modificazioni nella legge n. 129/2011; 
        che  il  reato  oggetto   della   cognizione   nel   presente
procedimento, e' stato introdotto  con  deliberazione  da  parte  dei
componenti della Camera dei Deputati e del Senato  della  Repubblica,
eletti a seguito dell'entrata in vigore della legge n.  270/2005  che
affida  agli  organi  di  partito  e  non  alla  volonta'  del  corpo
elettorale, la designazione di coloro che devono essere nominati; 
        che  la  richiamata   circostanza   appare   comportare   una
modificazione della  realta'  giuridica  dettata  dalla  Costituzione
della Repubblica che priva i  cittadini  elettori  di  esercitare  il
diritto di voto in modo pieno e diretto  in  sintonia  con  i  valori
costituzionali; 
        che il modello  di  democrazia  che  in  tal  modo  viene  ad
instaurarsi appare, per dirla con un  autorevole  analista  politico,
una  «democrazia  senza  popolo»  che,  in  radice,   priverebbe   il
Parlamento di quella necessaria legittimita' costituzionale che  sola
autorizza l'adozione di norme imperative; 
        che la circostanza appare configurare  un  grave  deficit  di
legittimita'. 
 
                               Osserva 
 
1.  I  termini  e  i   motivi   delle   questioni   di   legittimita'
costituzionale sollevate - Le norme oggetto della questione. 
1 a - L'espressione del voto 
    L'espressione del voto mediante il quale si manifesta la volonta'
popolare (art. 1 comma 2 Cost.) costituisce l'oggetto di  un  diritto
inviolabile (artt. 2, 48, 56 e 58 Cost., art. 3  Prot.  1  CEDU  )  e
permanente dei  cittadini  che  devono  poterlo  esercitare  in  modo
conforme alla Costituzione. 
    A ben vedere infatti, come gia' osservato da autorevole dottrina,
la dichiarazione di appartenenza della sovranita' al  popolo  non  e'
che la conseguenza  della  forma  democratica  dello  Stato  e  vuole
significare che l'esercizio del potere e'  attribuito  al  popolo  in
modo inalienabile, sicche' questo non ne possa mai essere spogliato e
lo Stato - apparato ne costituisce solo uno strumento della  volonta'
popolare. 
    Le forme di esercizio della sovranita' popolare, di cui parla  il
2 comma dell'art. 1  Cost.,  si  collegano  cioe'  alle  disposizioni
costituzionali secondo le quali e' il popolo che elegge i  componenti
del Parlamento (artt. 56 e 58  Cost),  si  pronuncia  sui  referendum
(artt. 75-138 Cost.) e partecipa alla giustizia  (art.  102  comma  3
Cost.) e, di conseguenza, i limiti posti al suo esercizio non possono
giungere a rendere solo apparente il conferimento allo stesso  popolo
della titolarita' del sommo potere. 
    A  tanto  deve,  peraltro,  aggiungersi,  come  osservato   dalla
dottrina, che dovendosi  conglobare  nella  base  popolare  l'assetto
autoritario, attribuendo al popolo  una  personalita'  giuridica  che
assorbe quella dello  Stato,  si  viene  a  realizzare  una  assoluta
identificazione degli interessi rispettivi e tanto anche sul  rilievo
che,   pur   considerando   il   popolo   soggetto   distinto   dallo
Stato-apparato, quest'ultimo viene  ad  apparire  mero  esercente  di
poteri non gia' propri, ma popolari. 
    Si  osserva,  poi,  che   principio   fondamentale   del   nostro
ordinamento  sia  quello  democratico,  come  risulta  dal   precetto
costituzionale (art. 1 comma 2 Cost.) che trova la sua fonte, la  sua
giustificazione e la ragione della sua legittimita' nella  sovranita'
popolare, nel  senso  che  le  deliberazioni  rivolte  a  decidere  i
problemi della vita collettiva, debbono  essere  voluti  direttamente
dal popolo. 
    La  rappresentanza  politica  e'  dunque  il  mezzo  fondamentale
adottato dalla nostra Costituzione ai fini dell'instaurazione  e  del
funzionamento del sistema costituzionale. 
    Se il popolo,  data  la  massa  dei  suoi  componenti,  non  puo'
governarsi da se', necessariamente deve governarsi  attraverso  degli
organi e, a tal  fine,  occorre  che  questi  ultimi  siano  tali  da
rappresentarlo e il Parlamento e' l'organo che attua tale principio. 
    Sicche' solo allorche' i suoi membri vengono eletti il suo potere
trova  la  fonte  della  propria  legittimita'  in  una   investitura
popolare. 
    Infatti, a ben vedere, «la giustizia» che si  attua  nello  Stato
non e' soltanto una  giustizia  in  senso  particolare  o  formale  (
distributiva e correttiva) ma  una  giustizia  in  senso  generale  e
sostanziale e cioe' «un bene» che si raggiunge non solo attraverso le
leggi ma nella Costituzione che, in tal modo,  viene  ad  essere  una
maniera di vita. 
    Nelle parole di una massima famosa la  norma  che  si  rivolge  a
tutti deve essere accettata da tutti «quod omnes  tangit  ab  omnibus
approbetur». 
    E' questo il germe  della  democrazia  e  dei  due  istituti  che
assumeranno grande importanza nello stato moderno:  l'istituto  della
rappresentanza e quello della divisione dei poteri, prerogative della
sovranita' nello Stato moderno volta a  distinguerlo  da  ogni  altra
forma di associazione umana in un rapporto impersonale di  sudditanza
secondo un processo che, con Rousseau, giungera' al traguardo  finale
con  l'identificazione  della  sovranita'  con  la   dottrina   della
sovranita' popolare. 
    Lo Stato viene cosi' sentito come  l'espressione  di  un  vincolo
coesivo preesistente alla stessa organizzazione giuridica del potere. 
    Vincolo dettato dal diritto di chiedere le credenziali al  potere
e dalla capacita' di conferirgli, mediante  il  consenso,  il  crisma
dell'autorita'. 
    Crisma che nella sua formulazione piu' semplice si  riallaccia  a
quel «principio democratico» che, come gia' aveva  visto  Aristotele,
presuppone l'uguaglianza come fondamento del  rapporto  politico  che
assegna al cittadino la funzione di colui che partecipa all'esercizio
del  potere,  stella  polare  di  quella   democrazia   intesa   come
reciprocita' nel governare  e  nell'essere  governati  e  cioe'  come
possibilita' di determinare la propria sorte partecipando al  comando
e dando leggi a se stessi. 
    Tanto nell'ambito di un'associazione che, come  diceva  Rousseau,
difenda e protegga, con tutta la forza comune, la persona e i beni di
ogni associato e per mezzo della quale ognuno, unendosi a tutti,  non
obbedisca che a se stesso rinunciando si' alla sua liberta'  naturale
ma per trovare la sua vera liberta', quella positiva, nell'ubbidienza
alle sue leggi e in una prospettiva, come diceva Kant,  non  gia'  di
sacrificio ma di conquista della  liberta'  in  senso  positivo  che,
infatti, altro non e' che autogoverno che non si puo' attuare se  non
quando il potere che comanda e' quello stesso di chi obbedisce. 
    Solo  in  quanto  partecipi  i  sudditi   diventano   «cittadini»
nell'ambito di quella condizione che  costituisce  l'artifizio  e  la
regola di quel meccanismo politico  che  rende  legittimi  i  vincoli
civili, che, altrimenti, sarebbero assurdi, tirannici e  suscettibili
dei piu' enormi abusi. 
    Si puo' cioe', secondo autorevole dottrina, ben ammettere che  il
diritto presupponga la societa' e cioe' accettare la massima ubi  ius
ibi societas, ovvero  che  lo  stesso  sia  il  prodotto  della  vita
sociale; ma non si puo' accettare la massima inversa ubi societas ibi
ius ovvero ammettere che ogni societa' sia giuridica. 
    Si osserva poi che l'art. 54 della nostra Costituzione impone  il
dovere, primario e fondamentale, dell'ubbidienza alle leggi. 
    A questo punto sorge una domanda che e' stata oggetto  di  famose
controversie tra filosofi e giuristi: anche le leggi ingiuste debbono
essere osservate ? 
    Al riguardo  sono  state  date  molte  risposte  riassumibili  in
quattro tesi: 
        1) le leggi  debbono  essere  obbedite  perche'  non  possono
essere ingiuste;  2)  le  leggi  debbono  essere  ubbidite  anche  se
ingiuste per evitare l'anarchia; 3) le leggi ingiuste possono  essere
disubbidite,  ma   si   devono   accettare   le   conseguenze   della
disubbidienza; 4) e' lecito resistere  alle  leggi  ingiuste  (teoria
della resistenza) che ha trovato  la  sua  enunciazione  nell'art.  2
della Dichiarazione dell' 89 che pone, accanto  ai  diritti  naturali
dell'uomo, il diritto di resistenza all'oppressione  poi  ripetuta  e
rafforzata nell'art. 29 della Dichiarazione del '93 secondo la quale,
la' dove ogni mezzo legale per resistere all'oppressione  vien  meno,
«l'insurrezione e' il piu' santo dei doveri». 
    Come tutte le  Costituzioni  democratiche  anche  la  nostra  non
riconosce il  diritto  di  resistenza  all'oppressione  e  tanto  per
ragioni che sono intrinseche alla struttura dello  Stato  democratico
in quanto lo Stato democratico e',  per  definizione,  fondato  sulla
partecipazione attiva dei cittadini all'esercizio del potere politico
che, con l'espressione del voto, esprimono un comando a se  stessi  e
non gia' nella richiamata prospettiva di sacrificio, ma di  conquista
della liberta'. 
    Le condizioni per il raggiungimento della  liberta'  positiva  di
dare leggi a se stessi e', dunque, come bene aveva notato Bobbio,  il
raggiungimento di una situazione di liberta' come non  -  impedimento
che permetta  agli  uomini  di  liberamente  scegliere  i  loro  capi
convalidando, con il proprio consenso, il loro potere di  dare  delle
leggi che, sul piano dei fatti,  altro  non  sono  che  dei  prodotti
sociali che corrispondono a delle semplici proposizioni  circa  l'uso
della forza da parte dello Stato. 
    Il segno prescrittivo apposto alle leggi e' un  segno  importante
perche' «l'obbligatorieta' della legge» non consiste nella  capacita'
di imporsi con la forza, ma  nella  capacita'  di  essere  accolta  e
osservata come facente parte di un insieme di norme che devono essere
obbedite non soltanto propter iram ma propter coscientiam. 
    Le leggi, come noto non sono giuste perche' giuste ma sono giuste
perche' sono leggi e cioe' perche'  sono  un  comando  che  il  corpo
elettorale rivolge a se stesso, in quanto, come chiarito, la liberta'
positiva altro non e' che autogoverno che' non puo' attuarsi  se  non
quando il potere che comanda e' quello stesso che obbedisce. 
1 b - La legge elettorale n. 270/2005 
    La legge elettorale n. 270/2005  non  permette  al  cittadino  di
esprimere la preferenza per  i  singoli  candidati  ma  lascia,  allo
stesso, la sola possibilita' di ratificare la  scelta  dei  candidati
gia' decisa dai  partiti  attraverso  un  gioco  di  procedure  nella
formazione  delle  liste  elettorali  determinando,  in   tal   modo,
unilateralmente la scelta dei candidati  che,  pertanto,  vengono  ad
assumere la qualifica e il ruolo di nominati e non gia' di eletti. 
    Nominati,  che  in  omaggio  al  principio  della  rappresentanza
politica, dovrebbero rappresentare la base elettorale ma che, invece,
vengono a perdere ogni forma di collegamento con gli elettori finendo
di legarsi alle  segreterie,  rompendo  la  sacralita'  dell'istituto
della rappresentanza politica dell'elettore cosi come, invece, voluto
dalla Costituzione. 
    Con la legge elettorale n. 270/2005 e'  stata  abolita  qualsiasi
possibilita' di  esprimere  una  preferenza  in  quanto  i  nomi  non
compaiono neppure sulla  scheda  e,  per  conoscerli,  l'elettore  e'
costretto a svolgere delle ricerche. 
    Se l'elettore puo' votare solo il simbolo di una lista  bloccata,
l'elezione sara' determinata esclusivamente dall'ordine  della  lista
stabilita dal partito  all'atto  della  presentazione  e  sara'  tale
ordine  e  non  il  voto  espresso  dal  cittadino,  come  vuole   la
Costituzione, a determinarne o meno l'elezione. 
1 c - L'esercizio del voto 
    Il secondo comma dell'art.  48  Cost.  enuncia  le  garanzie  per
l'esercizio democratico  del  voto  individuandole  nei  principi  di
personalita', uguaglianza, liberta' e segretezza. 
    Solo il geloso  rispetto  di  tali  garanzie  consente  al  corpo
elettorale di riconoscere una effettiva legittimazione politica  agli
eletti e, conseguentemente, la validita' alle loro decisioni. 
    La Carta costituzionale prevede poi il voto  diretto  escludendo,
in tal  modo,  chiaramente  il  voto  indiretto  in  qualsiasi  forma
congegnato. 
    Il  suffragio  diretto  sta  ad  indicare  che  la   preposizione
all'ufficio dei componenti della Camera e del  Senato  deve  avvenire
direttamente ad opera degli elettori. 
    In buona sostanza, mediante l'adozione del suffragio universale e
diretto, la Costituzione agli artt. 56 e 58 ha  voluto  concretamente
attuare  il  principio  della  sovranita'  popolare   collegando   la
rappresentativita' dei deputati e senatori in via  immediata  sia  al
corpo elettorale,  del  quale  sono  espressione,  sia  al  contenuto
dell'art. 67 Cost., a norma del quale,  ogni  membro  del  Parlamento
rappresenta la Nazione. 
    A  tale  conclusione  appare  pervenire  la  Corte  cost.   nella
decisione   n.   468/1981   quando   fa   riferimento   alla   natura
rappresentativa  delle  assemblee,  alla  loro  diretta   investitura
popolare e alla loro responsabilita' verso la comunita' politica  che
ne ha eletto i componenti. 
    E tanto nell'ambito di  quell'idea  della  rappresentanza  intesa
come rappresentativita', come specchio dei rappresentati, in cui cio'
che rileva e' che il rappresentante  e'  considerato  rappresentativo
solo perche' e' l'espressione della societa'. 
    Se e' vero che la Costituzione ha legato insieme, come  perle  di
una collana, le qualita' che sorreggono la democrazia parlamentare  e
le ragioni che legittimano e convalidano il potere del Parlamento  di
dare leggi, per l'effetto, sorge  il  dubbio  che  il  voto  che  non
consenta all'elettore  di  esprimere  una  preferenza,  potendo  solo
scegliere  una  lista  di  partito,  possa  considerarsi  diretto   e
compatibile con la Carta costituzionale il  cui  solo  rispetto  puo'
legittimare il Parlamento a dare leggi prescrittive. 
1 d - Del sistema dei partiti 
    La  Costituzione  non  riconosce  ai  partiti  un   ruolo   nella
presentazione delle candidature e piu' in  generale  un  ruolo  nella
selezione del personale politico. Al riguardo si osserva che tanto la
scelta effettiva dei candidati che il loro ordine di elencazione  sia
un fatto interno proprio delle organizzazioni  promotrici,  estraneo,
pertanto, al contenuto e allo svolgimento sostanziale delle  elezioni
(Corte cost. n. 203/1975) e cio' trova conferma in Corte  cost.  ord.
n.  79/2006  dove,  con  nettezza,  si  chiarisce  che  la   funzione
attribuita ai partiti politici  dalla  legge  ordinaria  ai  fini  di
eleggere  le  assemblee  -  quali  la  presentazione  di  alternative
elettorali  e  la  selezione  dei  candidati  alle  cariche  elettive
pubbliche - non consente  di  desumere  l'esistenza  di  attribuzioni
costituzionali. 
    Pur riconoscendo la  funzione  privilegiata  dei  partiti,  quale
strumento attraverso i quali  realizzare  uno  stabile  rapporto  tra
sovranita' popolare e istituzioni, la  Costituzione  li  ha  ancorati
alla dimensione del diritto di liberta' e non  gia'  alla  dimensione
istituzionale,   non   identificandoli   ne'   con   le   istituzioni
rappresentative  ne'  con   il   corpo   elettorale   limitandosi   a
considerarli come mezzo per la partecipazione del singolo  alla  vita
pubblica  non   riconoscendo   agli   stessi   un   monopolio   nella
presentazione delle candidature. 
    La  circostanza  appare  peraltro  desumibile  anche  dalla  loro
collocazione nel titolo dedicato ai rapporti  politici  e  non  nella
seconda parte relativa all'ordinamento della Repubblica. 
    Se il  partito  si  afferma  progressivamente  come  il  «moderno
principe» (l'espressione e'  di  Gramsci),  tuttavia  cio'  non  puo'
indurre a ritenere che vi sia  stato  un  definitivo  trapasso  della
sovranita' dal corpo elettorale al partito. 
    E tanto sia perche' il termine «Nazione», usato dall'art. 67, sta
per popolo, sia perche' e' lo stesso art. 67 che vuole sia  mantenuto
un permanente collegamento tra rappresentante  e  rappresentato,  tra
popolo e parlamento, sia perche' la rappresentativita' di un  sistema
e' resa effettiva solo se libere elezioni  consentono  al  popolo  di
giudicare l'opera degli eletti. 
1 e - Del suffragio universale 
    Gli artt. 56 e 58 stabiliscono che il suffragio e'  universale  e
diretto per l'elezione dei deputati e senatori, l'art. 48  stabilisce
che il voto e' personale 
    ed uguale, libero e segreto e l'art. 3 Prot. 1 CEDU riconosce  la
libera espressione dell'opinione del popolo nella  scelta  del  corpo
legislativo e, per  l'effetto,  risulta  dubbio  che  la  scelta  del
legislatore effettuata con  la  legge  n.  207/2005  costituisca  una
scelta ragionevole e compatibile con il dettato costituzionale. 
    Non solo, ma risultando, con la  legge  elettorale  n.  207/2005,
l'espressione di voto ridotta ad una ratifica di scelte rimesse  alla
decisione  del  sistema  partito  e  non  gia'  alla   volonta'   del
cittadino/corpo  elettorale,  corre  l'ulteriore  dubbio  che,   cio'
stante, l'opzione seguita dal legislatore del 2005 non costituisca il
risultato  di  un  bilanciamento  ragionevole  e   costituzionalmente
orientato  ma  una  disposizione  meglio  correlata  alla  cosiddetta
democrazia «octroyee» ( concessa) e cioe' senza  popolo,  in  cui  si
nega la libera volonta' espressa dalla sovranita' popolare. 
    Risultando dunque l'elezione dei membri del Parlamento  non  gia'
una conseguenza diretta dell'espressione di voto ma una scelta  delle
segreterie dei partiti, sorge il fondato  dubbio  che  il  Parlamento
risulti carente di legittimita'  costituzionale  che  costituisce  la
fonte della validita' del potere e, per l'effetto, il titolo  che  ne
autorizza i comandi e ne esige l'obbedienza da  coloro  ai  quali  si
rivolge. 
    Pertanto se le leggi altro non sorto che un comando da  osservare
obbligatoriamente perche' rivolto a se stessi, e' dubbio che la legge
oggetto della cognizione sottoposta all'esame di  questo  giudicante,
varata da  un  parlamento  di  cui  risulta  dubbia  la  legittimita'
costituzionale della sua investitura. possa ritenersi prescrittivi. 
1 f - Della autorizzazione all'esercizio del potere 
    Perche' una norma sia valida non e' sufficiente che sia legale  e
cioe' appartenga all'ordinamento. 
    Perche' sia valida deve essere anche legittima e  cioe'  prodotta
secondo il percorso previsto dalle  norme  da  cui  l'ordinamento  fa
dipendere la produzione di norme giuridiche e l'investitura  di  ogni
autorita'. 
    Come osservato da autorevole dottrina «nel momento stesso in  cui
si riconosce che esistono atti o fatti da  cui  si  fa  dipendere  la
produzione di norme giuridiche (per l'appunto le fonti del  diritto),
si riconosce pure che l'ordinamento giuridico, oltre  a  regolare  il
comportamento delle persone, regola anche il modo in  cui  si  devono
produrre le regole. Si suole dire che l'ordinamento giuridico  regola
la propria produzione normativa.» (N. Bobbio, Teoria dell'ordinamento
giuridico, Torino, 1960). 
    Il problema della validita' e il  problema  dell'esistenza  delle
regole in quanto tale e per decidere se una norma sia valida e  cioe'
se esiste  come  regola  giuridica  appartenente  ad  un  determinato
sistema, bisogna, prima di tutto, accertare se l'autorita'  che  l'ha
emanata  aveva  il  potere  legittimo  di  emanare  norme  giuridiche
vincolanti e tale ricerca conduce  inevitabilmente  a  risalire  alla
norma  fondamentale  (la  Costituzione)  che  e'  il  fondamento   di
validita' di tutte le norme del nostro sistema. 
    Di fronte a qualsiasi norma giuridica si pongono  tre  ordini  di
problemi: se essa sia giusta, se  essa  sia  valida  e  se  essa  sia
efficace. 
    Il problema della giustizia e' il problema della corrispondenza o
meno delle norme ai valori che ispirano  un  determinato  ordinamento
giuridico. 
    Il problema dell'efficacia di una norma e' sapere se quella norma
sia o no seguita dalle persone a cui e' dedicata. 
    Il problema della validita', oggetto delle presenti osservazioni,
e', invece, il problema dell'esistenza delle regole  in  quanto  tali
indipendentemente dal giudizio di  valore  e  viene  risolto  con  un
giudizio di fatto accertando se l'autorita' che l'ha emanata aveva il
potere di emanare norme giuridiche. 
    Il potere per essere giusto deve innanzitutto essere valido e per
essere valido deve essere legittimo e l'espressione «legittimita' del
potere» sta ad indicare la validita' del potere e cioe' il titolo  in
base al quale esso emana i suoi comandi e ne  esige  l'obbedienza  da
coloro ai quali si rivolge i quali, a loro volta, si  considerano  da
essi obbligati. 
    La  legittimita'  e'  cioe'  l'autorizzazione  all'esercizio  del
potere e allo stesso tempo la condizione dell'autorita'. 
    Secondo autorevole  dottrina  la  parola  autorita',  di  diretta
provenienza latina, contiene in se' la nozione dell'attribuzione  del
possesso di una  particolare  qualifica  che  autorizza,  chi  ne  e'
investito,  all'esercizio  di  un  determinato  diritto   o   di   un
determinato potere che puo' essere ingiusto non solo per il  modo  in
cui viene esercitato ma anche e specialmente, per un vizio di origine
e cioe' per la mancanza del «titolo» che legittima  la  sua  regolare
investitura. 
    In questo senso la legittimita' e' la condizione dell'autorita' e
sta ad indicare un giudizio di valore intorno al potere e  solo  essa
puo'  rendere  ragione  non  soltanto  della   validita'   ma   anche
dell'obbligatorieta' della legge. Obbligatorieta'  che,  traducendosi
in un determinato comportamento  da  parte  degli  obbligati,  e'  la
condizione e la garanzia della loro efficacia e, quindi, a ben vedere
della stessa esistenza del diritto dello Stato. 
    La richiesta della legittimazione del potere non e' una richiesta
vana e senza senso ma una richiesta fondamentale per l'esercizio  del
potere delegato. 
    Il  dubbio  di   legittimita'   costituzionale   dell'investitura
parlamentare realizzatasi  all'esito  della  consultazione  popolare,
cosi'  come  disciplinata  dalla  legge  n.  270/2005,   fa   sorgere
l'ulteriore dubbio sulla legittimita' della promulgazione della legge
in esame. 
    E  tanto  sul  rilievo  che   l'illegittimita'   dell'investitura
popolare,  a  ben  vedere,  fa  venir  meno  ogni  ulteriore   dovuta
validazione del potere. 
    Nelle  costituzioni  democratiche   non   e'   scritto   che   lo
Stato-apparato e' sovrano ma e' scritto che i cittadini sono sovrani. 
    Il percorso costituzionale della formazione delle leggi e'  stato
concepito e realizzato come un impianto  ad  alta  fedelta'  dove  la
bonta' di ogni componente e' essenziale al risultato e l'armonia  che
lo governa crolla se anche uno solo  di  essi  perde  o  manca  della
legittimazione prevista. Simul stabunt, simul cadent. 
2 - Conclusioni 
    Questo giudicante dubita della  legittimita'  costituzionale  del
sistema individuato dalla legge n.  270/2005  sia  sotto  il  profilo
giuridico che con riferimento ai valori fondamentali e la circostanza
fa ritenere rilevanti e non manifestamente infondate le questioni  di
costituzionalita' sollevate d'ufficio poiche' incidenti: 
    l'una sulle modalita'  di  esercizio  della  sovranita'  popolare
(artt. 1 comma 2, 67 Cost.) avente ad oggetto: 
        a) gli artt. 4 comma 2 e 59 comma 1 del D.P.R.  n.  361/1957,
nel testo risultante dalla legge n. 270/2005, sul voto di  preferenza
per la Camera, in relazione agli artt. 3, 48 comma 2, 49, 56 comma  1
Cost., anche a mente dell'art. 3 Prot. 1 CEDU; 
        b) l'art.14  comma  1  del  d.l.vo  n.  533/1993,  nel  testo
risultante dalla legge n. 270/2005, sul voto  di  preferenza  per  il
Senato, in relazione agli artt. 3, 48 comma 2, 49, 58 comma 1,  anche
a mente dell'art. 3 Prot.  1  CEDU;  e  l'altra  sulle  modalita'  di
conferimento della legittimita' costituzionale al  Parlamento  avente
ad oggetto: 
          a)    la    carenza    di    legittimita'    costituzionale
dell'investitura del Parlamento insediatosi, alle varie  scadenze,  a
mente e  nel  rispetto  della  disciplina  prevista  dalla  legge  n.
270/2005 e, per l'effetto, la carenza in capo allo stesso del  potere
legittimo di varare leggi prescrittive e vincolanti  a  mente  e  nel
rispetto degli artt. 1 comma 2, 3, 48 comma 2, 49,  56  comma  1,  58
comma 1, 67 Cost. anche in riferimento all'art. 3  Prot.  1  CEDU  e,
conseguentemente, la carenza di ogni validazione del potere; 
          b) la carenza di legalita'/legittimita' costituzionale  dei
commi 5-quater e 5-bis dell'art. 14 d.l.vo 25  luglio  1998  n.  286,
gia' inseriti dall'art. 13 comma 1, lett. b) legge n. 189/2002,  cosi
come sostituiti l'uno dall'art. 3, comma 1, lett. d)  n.  6  D.L.  n.
89/2011 e l'altro dall'art. 3 comma 1, lett. d) n. 4 D.L. n.  89/2011
convertito nella legge n. 129/2001, in relazione agli artt.  1  comma
2, 3, 48 comma 2, 49, 56 comma 1, 58 comma  1,  67  Cost.,  anche  in
riferimento all'art. 3 Prot. 1 CEDU. 
    Le questioni di  costituzionalita'  sopra  enunciate  appaiono  a
questo  giudice  serie,  non  manifestamente  infondate  e  rilevanti
perche', se accolte, comporterebbero l'assoluzione del prevenuto  per
cui il giudizio non  puo'  essere  definito  indipendentemente  dalla
soluzione delle questioni sollevate. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Dichiara rilevanti e non manifestamente infondate,  in  relazione
agli artt. 1 comma 2, 3, 48 comma 2, 49, 56 comma 1, 58 comma  1,  67
della Costituzione, anche in riferimento all'art.  3  Prot.  1  della
Convenzione  europea  dei  diritti   dell'uomo   e   delle   liberta'
fondamentali, le questioni di legittimita' costituzionale degli artt.
4 comma 2, 59 comma 1 e 83 comma 1 n. 5 e 2 del D.P.R.  n.  361/1957,
nel testo risultante dalla legge n. 270/2005; 14 comma 1 e 17 commi 2
e 4 del d.l.vo n. 533/1993,  nel  testo  risultante  dalla  legge  n.
270/2005, nonche' la questione  di  legittimita'  costituzionale  dei
commi 5-quater e 5-bis dell'art. 14 d.l.vo n. 286/98,  gia'  inseriti
dall'art. 13 comma 1 lett. b) L. n. 189/2002  cosi'  come  sostituiti
l'uno dall'art. 3, comma 1, lett. d) n. 6 D.L. n. 89/2011  e  l'altro
dall'art. 3 comma 1, lett. d) n. 4 D.L. n. 89/2011  convertito  nella
legge n. 129/2011, con riferimento agli artt. 1 comma 2, 3, 48  comma
2, 49, 56 comma 1, 58  comma  1,  67  della  Costituzione,  anche  in
riferimento all'art. 3 Prot. 1 della Convenzione europea dei  diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali. 
    Ordina  la  immediata  trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale e sospende il giudizio in corso. 
    Ordina che, a cura della cancelleria, la presente  ordinanza  sia
notificata al Presidente del Consiglio dei  Ministri,  alle  parti  e
comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
 
        Borgo San Dalmazzo, 5 ottobre 2013 
 
                      Il Giudice di Pace: Lerda