N. 268 ORDINANZA (Atto di promovimento) 8 ottobre 2013
Ordinanza dell'8 ottobre 2013 emessa dal Giudice di pace di Borgo San Dalmazzo nel procedimento penale a carico di El Mouki Chafik. Straniero e apolide - Straniero - Ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato - Sanzione dell'ammenda da 5.000 a 10.000 euro - Previsione introdotta da componenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica eletti a seguito dell'entrata in vigore della legge n. 270/2005 che affida agli organi di partito e non alla volonta' del corpo elettorale la designazione di coloro che devono essere nominati - Violazione dei principi di sovranita' popolare e di uguaglianza - Lesione di diritto fondamentale della persona - Violazione dei principi di uguaglianza e diritto di voto, di suffragio universale diretto dei rappresentanti di Camera e Senato e di rappresentativita' democratica. - Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, art. 10-bis. - Costituzione, artt. 1, 2, 3, 48, comma secondo, 49, 56, primo comma, 58, primo comma, e 67; Primo Protocollo addizionale alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, art. 3. Elezioni - Elezioni per la Camera dei deputati - Previsione che qualora la coalizione di liste o la singola lista che ha ottenuto il maggior numero di voti validi espressi, non abbia gia' conseguito almeno 340 seggi, ad essa viene attribuito il numero di seggi necessario per raggiungere tale consistenza (c.d. premio di maggioranza) - Violazione dei principi di sovranita' popolare e di uguaglianza - Lesione di diritto fondamentale della persona - Violazione dei principi di uguaglianza e diritto di voto, di suffragio universale diretto dei rappresentanti di Camera e Senato e di rappresentativita' democratica. - D.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, art. 83, commi primo, n. 5, e secondo. - Costituzione, artt. 1, 2, 3, 48, comma secondo, 49, 56, primo comma, 58, primo comma, e 67; Primo Protocollo addizionale alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, art. 3. Elezioni - Elezioni per il Senato della Repubblica - Previsione che nel caso la coalizione o la singola lista che ha ottenuto il maggiore numero di voti validi espressi nell'ambito della circoscrizione non abbia conseguito almeno il 55% dei seggi assegnati alla Regione, con arrotondamento all'unita' superiore, l'Ufficio elettorale regionale assegna alla coalizione di liste o alla singola lista che abbia ottenuto il maggior numero di voti un numero di seggi ulteriore necessario per raggiungere il 55% dei seggi assegnati alla Regione, con arrotondamento all'unita' superiore (cosiddetto "premio di maggioranza") - Violazione dei principi di sovranita' popolare e di uguaglianza - Lesione di diritto fondamentale della persona - Violazione dei principi di uguaglianza e diritto di voto, di suffragio universale diretto dei rappresentanti di Camera e Senato e di rappresentativita' democratica. - Decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, art. 17, commi 2 e 4. - Costituzione, artt. 1, 2, 3, 48, comma secondo, 49, 56, primo comma, 58, primo comma, e 67; Primo Protocollo addizionale alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, art. 3. Elezioni - Elezioni per la Camera dei deputati - Prevista disciplina delle modalita' di espressione del diritto di voto mediante attribuzione dello stesso a liste di candidati concorrenti, senza possibilita' per l'elettore di espressione del voto di preferenza previsto dalla normativa precedente - Violazione dei principi di sovranita' popolare e di uguaglianza - Lesione di diritto fondamentale della persona - Violazione dei principi di uguaglianza e diritto di voto, di suffragio universale diretto dei rappresentanti di Camera e Senato e di rappresentativita' democratica. - D.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, artt. 4, comma secondo, e 59, comma primo. - Costituzione, artt. 1, 2, 3, 48, comma secondo, 49, 56, primo comma, 58, primo comma, e 67; Primo Protocollo addizionale alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, art. 3. Elezioni - Elezioni per il Senato della Repubblica - Prevista disciplina delle modalita' di espressione del diritto di voto mediante contrassegno sulla lista prescelta, senza possibilita' di espressione del voto di preferenza previsto dalla normativa precedente - Violazione dei principi di sovranita' popolare e di uguaglianza - Lesione di diritto fondamentale della persona - Violazione dei principi di uguaglianza e diritto di voto, di suffragio universale diretto dei rappresentanti di Camera e Senato e di rappresentativita' democratica. - Decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, art. 14, comma 1. - Costituzione, artt. 1, 2, 3, 48, comma secondo, 49, 56, primo comma, 58, primo comma, e 67; Primo Protocollo addizionale alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, art. 3.(GU n.51 del 18-12-2013 )
IL GIUDICE DI PACE Nel procedimento penale a carico di: El Mouki Chafik, nato a Oulad Azzouz Kouribga (Marocco) il 24 maggio 1987, senza fissa dimora, domiciliato in Cavallermaggiore (CN), via Matteotti n. 2, difeso dall'avv. Aldo Bimbato, con studio in Fossano (CN) - piazza Vittorio Veneto n. 4, imputato reato previsto e punito dall'art. 14 comma 5-quater in relazione al comma 5-bis d.lgs. n. 286/98 perche' straniero si tratteneva nel territorio dello Stato italiano in violazione delle disposizione del d.lgs. n. 286/98, gia' gravato di decreto di espulsione emesso dal Prefetto di Cuneo in data 1° febbraio 2013 e non ottemperando all'ordine del Questore di Cuneo di lasciare il territorio dello Stato italiano entro sette giorni dalla data di notifica risalente al 25 maggio 2013. Accertato in Borgo San Dalmazzo via Cavour n. 51, il giorno 20 luglio 2013. Premesso: che in data 23 luglio 2013 i Carabinieri di Vernante (CN), ex art. 20-bis d.l.vo n. 274/2000, inviavano alla Procura della Repubblica c/o del Tribunale di Cuneo richiesta di autorizzazione alla presentazione immediata di El Mouki Chafik, cittadino del Marocco senza fissa dimora, per violazione dell'art. 14 comma 5-quater in relazione al comma 5-bis d.l.vo n. 286/98 (mancato ottemperamento all'ordine del Questore di lasciare il territorio dello Stato italiano); che con provvedimento 24 luglio 2013 n. 308/2013 R.G.N.R GdP, la Procura della Repubblica c/o il Tribunale di Cuneo autorizzava la presentazione dell'imputato davanti a questo Giudice di Pace per l'udienza del 20 settembre 2013; che l'imputato, sebbene ritualmente notificato, all'udienza non compariva e, per l'effetto, veniva dichiarato contumace; che i commi 5-quater e 5-bis dell'art. 14 d.l.vo n. 286/98, gia' inseriti dall'art. 13 comma 1, lett. b) legge n. 189/2002, sono stati cosi' sostituiti l'uno dall'art. 3 comma 1 lett. d) n. 6 D.L. n. 89/2011 e l'altro dall'art. 3 comma 1, lett. d) n. 4 D.L. n. 89/2011 convertito con modificazioni nella legge n. 129/2011; che il reato oggetto della cognizione nel presente procedimento, e' stato introdotto con deliberazione da parte dei componenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica, eletti a seguito dell'entrata in vigore della legge n. 270/2005 che affida agli organi di partito e non alla volonta' del corpo elettorale, la designazione di coloro che devono essere nominati; che la richiamata circostanza appare comportare una modificazione della realta' giuridica dettata dalla Costituzione della Repubblica che priva i cittadini elettori di esercitare il diritto di voto in modo pieno e diretto in sintonia con i valori costituzionali; che il modello di democrazia che in tal modo viene ad instaurarsi appare, per dirla con un autorevole analista politico, una «democrazia senza popolo» che, in radice, priverebbe il Parlamento di quella necessaria legittimita' costituzionale che sola autorizza l'adozione di norme imperative; che la circostanza appare configurare un grave deficit di legittimita'. Osserva 1. I termini e i motivi delle questioni di legittimita' costituzionale sollevate - Le norme oggetto della questione. 1 a - L'espressione del voto L'espressione del voto mediante il quale si manifesta la volonta' popolare (art. 1 comma 2 Cost.) costituisce l'oggetto di un diritto inviolabile (artt. 2, 48, 56 e 58 Cost., art. 3 Prot. 1 CEDU ) e permanente dei cittadini che devono poterlo esercitare in modo conforme alla Costituzione. A ben vedere infatti, come gia' osservato da autorevole dottrina, la dichiarazione di appartenenza della sovranita' al popolo non e' che la conseguenza della forma democratica dello Stato e vuole significare che l'esercizio del potere e' attribuito al popolo in modo inalienabile, sicche' questo non ne possa mai essere spogliato e lo Stato - apparato ne costituisce solo uno strumento della volonta' popolare. Le forme di esercizio della sovranita' popolare, di cui parla il 2 comma dell'art. 1 Cost., si collegano cioe' alle disposizioni costituzionali secondo le quali e' il popolo che elegge i componenti del Parlamento (artt. 56 e 58 Cost), si pronuncia sui referendum (artt. 75-138 Cost.) e partecipa alla giustizia (art. 102 comma 3 Cost.) e, di conseguenza, i limiti posti al suo esercizio non possono giungere a rendere solo apparente il conferimento allo stesso popolo della titolarita' del sommo potere. A tanto deve, peraltro, aggiungersi, come osservato dalla dottrina, che dovendosi conglobare nella base popolare l'assetto autoritario, attribuendo al popolo una personalita' giuridica che assorbe quella dello Stato, si viene a realizzare una assoluta identificazione degli interessi rispettivi e tanto anche sul rilievo che, pur considerando il popolo soggetto distinto dallo Stato-apparato, quest'ultimo viene ad apparire mero esercente di poteri non gia' propri, ma popolari. Si osserva, poi, che principio fondamentale del nostro ordinamento sia quello democratico, come risulta dal precetto costituzionale (art. 1 comma 2 Cost.) che trova la sua fonte, la sua giustificazione e la ragione della sua legittimita' nella sovranita' popolare, nel senso che le deliberazioni rivolte a decidere i problemi della vita collettiva, debbono essere voluti direttamente dal popolo. La rappresentanza politica e' dunque il mezzo fondamentale adottato dalla nostra Costituzione ai fini dell'instaurazione e del funzionamento del sistema costituzionale. Se il popolo, data la massa dei suoi componenti, non puo' governarsi da se', necessariamente deve governarsi attraverso degli organi e, a tal fine, occorre che questi ultimi siano tali da rappresentarlo e il Parlamento e' l'organo che attua tale principio. Sicche' solo allorche' i suoi membri vengono eletti il suo potere trova la fonte della propria legittimita' in una investitura popolare. Infatti, a ben vedere, «la giustizia» che si attua nello Stato non e' soltanto una giustizia in senso particolare o formale ( distributiva e correttiva) ma una giustizia in senso generale e sostanziale e cioe' «un bene» che si raggiunge non solo attraverso le leggi ma nella Costituzione che, in tal modo, viene ad essere una maniera di vita. Nelle parole di una massima famosa la norma che si rivolge a tutti deve essere accettata da tutti «quod omnes tangit ab omnibus approbetur». E' questo il germe della democrazia e dei due istituti che assumeranno grande importanza nello stato moderno: l'istituto della rappresentanza e quello della divisione dei poteri, prerogative della sovranita' nello Stato moderno volta a distinguerlo da ogni altra forma di associazione umana in un rapporto impersonale di sudditanza secondo un processo che, con Rousseau, giungera' al traguardo finale con l'identificazione della sovranita' con la dottrina della sovranita' popolare. Lo Stato viene cosi' sentito come l'espressione di un vincolo coesivo preesistente alla stessa organizzazione giuridica del potere. Vincolo dettato dal diritto di chiedere le credenziali al potere e dalla capacita' di conferirgli, mediante il consenso, il crisma dell'autorita'. Crisma che nella sua formulazione piu' semplice si riallaccia a quel «principio democratico» che, come gia' aveva visto Aristotele, presuppone l'uguaglianza come fondamento del rapporto politico che assegna al cittadino la funzione di colui che partecipa all'esercizio del potere, stella polare di quella democrazia intesa come reciprocita' nel governare e nell'essere governati e cioe' come possibilita' di determinare la propria sorte partecipando al comando e dando leggi a se stessi. Tanto nell'ambito di un'associazione che, come diceva Rousseau, difenda e protegga, con tutta la forza comune, la persona e i beni di ogni associato e per mezzo della quale ognuno, unendosi a tutti, non obbedisca che a se stesso rinunciando si' alla sua liberta' naturale ma per trovare la sua vera liberta', quella positiva, nell'ubbidienza alle sue leggi e in una prospettiva, come diceva Kant, non gia' di sacrificio ma di conquista della liberta' in senso positivo che, infatti, altro non e' che autogoverno che non si puo' attuare se non quando il potere che comanda e' quello stesso di chi obbedisce. Solo in quanto partecipi i sudditi diventano «cittadini» nell'ambito di quella condizione che costituisce l'artifizio e la regola di quel meccanismo politico che rende legittimi i vincoli civili, che, altrimenti, sarebbero assurdi, tirannici e suscettibili dei piu' enormi abusi. Si puo' cioe', secondo autorevole dottrina, ben ammettere che il diritto presupponga la societa' e cioe' accettare la massima ubi ius ibi societas, ovvero che lo stesso sia il prodotto della vita sociale; ma non si puo' accettare la massima inversa ubi societas ibi ius ovvero ammettere che ogni societa' sia giuridica. Si osserva poi che l'art. 54 della nostra Costituzione impone il dovere, primario e fondamentale, dell'ubbidienza alle leggi. A questo punto sorge una domanda che e' stata oggetto di famose controversie tra filosofi e giuristi: anche le leggi ingiuste debbono essere osservate ? Al riguardo sono state date molte risposte riassumibili in quattro tesi: 1) le leggi debbono essere obbedite perche' non possono essere ingiuste; 2) le leggi debbono essere ubbidite anche se ingiuste per evitare l'anarchia; 3) le leggi ingiuste possono essere disubbidite, ma si devono accettare le conseguenze della disubbidienza; 4) e' lecito resistere alle leggi ingiuste (teoria della resistenza) che ha trovato la sua enunciazione nell'art. 2 della Dichiarazione dell' 89 che pone, accanto ai diritti naturali dell'uomo, il diritto di resistenza all'oppressione poi ripetuta e rafforzata nell'art. 29 della Dichiarazione del '93 secondo la quale, la' dove ogni mezzo legale per resistere all'oppressione vien meno, «l'insurrezione e' il piu' santo dei doveri». Come tutte le Costituzioni democratiche anche la nostra non riconosce il diritto di resistenza all'oppressione e tanto per ragioni che sono intrinseche alla struttura dello Stato democratico in quanto lo Stato democratico e', per definizione, fondato sulla partecipazione attiva dei cittadini all'esercizio del potere politico che, con l'espressione del voto, esprimono un comando a se stessi e non gia' nella richiamata prospettiva di sacrificio, ma di conquista della liberta'. Le condizioni per il raggiungimento della liberta' positiva di dare leggi a se stessi e', dunque, come bene aveva notato Bobbio, il raggiungimento di una situazione di liberta' come non - impedimento che permetta agli uomini di liberamente scegliere i loro capi convalidando, con il proprio consenso, il loro potere di dare delle leggi che, sul piano dei fatti, altro non sono che dei prodotti sociali che corrispondono a delle semplici proposizioni circa l'uso della forza da parte dello Stato. Il segno prescrittivo apposto alle leggi e' un segno importante perche' «l'obbligatorieta' della legge» non consiste nella capacita' di imporsi con la forza, ma nella capacita' di essere accolta e osservata come facente parte di un insieme di norme che devono essere obbedite non soltanto propter iram ma propter coscientiam. Le leggi, come noto non sono giuste perche' giuste ma sono giuste perche' sono leggi e cioe' perche' sono un comando che il corpo elettorale rivolge a se stesso, in quanto, come chiarito, la liberta' positiva altro non e' che autogoverno che' non puo' attuarsi se non quando il potere che comanda e' quello stesso che obbedisce. 1 b - La legge elettorale n. 270/2005 La legge elettorale n. 270/2005 non permette al cittadino di esprimere la preferenza per i singoli candidati ma lascia, allo stesso, la sola possibilita' di ratificare la scelta dei candidati gia' decisa dai partiti attraverso un gioco di procedure nella formazione delle liste elettorali determinando, in tal modo, unilateralmente la scelta dei candidati che, pertanto, vengono ad assumere la qualifica e il ruolo di nominati e non gia' di eletti. Nominati, che in omaggio al principio della rappresentanza politica, dovrebbero rappresentare la base elettorale ma che, invece, vengono a perdere ogni forma di collegamento con gli elettori finendo di legarsi alle segreterie, rompendo la sacralita' dell'istituto della rappresentanza politica dell'elettore cosi come, invece, voluto dalla Costituzione. Con la legge elettorale n. 270/2005 e' stata abolita qualsiasi possibilita' di esprimere una preferenza in quanto i nomi non compaiono neppure sulla scheda e, per conoscerli, l'elettore e' costretto a svolgere delle ricerche. Se l'elettore puo' votare solo il simbolo di una lista bloccata, l'elezione sara' determinata esclusivamente dall'ordine della lista stabilita dal partito all'atto della presentazione e sara' tale ordine e non il voto espresso dal cittadino, come vuole la Costituzione, a determinarne o meno l'elezione. 1 c - L'esercizio del voto Il secondo comma dell'art. 48 Cost. enuncia le garanzie per l'esercizio democratico del voto individuandole nei principi di personalita', uguaglianza, liberta' e segretezza. Solo il geloso rispetto di tali garanzie consente al corpo elettorale di riconoscere una effettiva legittimazione politica agli eletti e, conseguentemente, la validita' alle loro decisioni. La Carta costituzionale prevede poi il voto diretto escludendo, in tal modo, chiaramente il voto indiretto in qualsiasi forma congegnato. Il suffragio diretto sta ad indicare che la preposizione all'ufficio dei componenti della Camera e del Senato deve avvenire direttamente ad opera degli elettori. In buona sostanza, mediante l'adozione del suffragio universale e diretto, la Costituzione agli artt. 56 e 58 ha voluto concretamente attuare il principio della sovranita' popolare collegando la rappresentativita' dei deputati e senatori in via immediata sia al corpo elettorale, del quale sono espressione, sia al contenuto dell'art. 67 Cost., a norma del quale, ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione. A tale conclusione appare pervenire la Corte cost. nella decisione n. 468/1981 quando fa riferimento alla natura rappresentativa delle assemblee, alla loro diretta investitura popolare e alla loro responsabilita' verso la comunita' politica che ne ha eletto i componenti. E tanto nell'ambito di quell'idea della rappresentanza intesa come rappresentativita', come specchio dei rappresentati, in cui cio' che rileva e' che il rappresentante e' considerato rappresentativo solo perche' e' l'espressione della societa'. Se e' vero che la Costituzione ha legato insieme, come perle di una collana, le qualita' che sorreggono la democrazia parlamentare e le ragioni che legittimano e convalidano il potere del Parlamento di dare leggi, per l'effetto, sorge il dubbio che il voto che non consenta all'elettore di esprimere una preferenza, potendo solo scegliere una lista di partito, possa considerarsi diretto e compatibile con la Carta costituzionale il cui solo rispetto puo' legittimare il Parlamento a dare leggi prescrittive. 1 d - Del sistema dei partiti La Costituzione non riconosce ai partiti un ruolo nella presentazione delle candidature e piu' in generale un ruolo nella selezione del personale politico. Al riguardo si osserva che tanto la scelta effettiva dei candidati che il loro ordine di elencazione sia un fatto interno proprio delle organizzazioni promotrici, estraneo, pertanto, al contenuto e allo svolgimento sostanziale delle elezioni (Corte cost. n. 203/1975) e cio' trova conferma in Corte cost. ord. n. 79/2006 dove, con nettezza, si chiarisce che la funzione attribuita ai partiti politici dalla legge ordinaria ai fini di eleggere le assemblee - quali la presentazione di alternative elettorali e la selezione dei candidati alle cariche elettive pubbliche - non consente di desumere l'esistenza di attribuzioni costituzionali. Pur riconoscendo la funzione privilegiata dei partiti, quale strumento attraverso i quali realizzare uno stabile rapporto tra sovranita' popolare e istituzioni, la Costituzione li ha ancorati alla dimensione del diritto di liberta' e non gia' alla dimensione istituzionale, non identificandoli ne' con le istituzioni rappresentative ne' con il corpo elettorale limitandosi a considerarli come mezzo per la partecipazione del singolo alla vita pubblica non riconoscendo agli stessi un monopolio nella presentazione delle candidature. La circostanza appare peraltro desumibile anche dalla loro collocazione nel titolo dedicato ai rapporti politici e non nella seconda parte relativa all'ordinamento della Repubblica. Se il partito si afferma progressivamente come il «moderno principe» (l'espressione e' di Gramsci), tuttavia cio' non puo' indurre a ritenere che vi sia stato un definitivo trapasso della sovranita' dal corpo elettorale al partito. E tanto sia perche' il termine «Nazione», usato dall'art. 67, sta per popolo, sia perche' e' lo stesso art. 67 che vuole sia mantenuto un permanente collegamento tra rappresentante e rappresentato, tra popolo e parlamento, sia perche' la rappresentativita' di un sistema e' resa effettiva solo se libere elezioni consentono al popolo di giudicare l'opera degli eletti. 1 e - Del suffragio universale Gli artt. 56 e 58 stabiliscono che il suffragio e' universale e diretto per l'elezione dei deputati e senatori, l'art. 48 stabilisce che il voto e' personale ed uguale, libero e segreto e l'art. 3 Prot. 1 CEDU riconosce la libera espressione dell'opinione del popolo nella scelta del corpo legislativo e, per l'effetto, risulta dubbio che la scelta del legislatore effettuata con la legge n. 207/2005 costituisca una scelta ragionevole e compatibile con il dettato costituzionale. Non solo, ma risultando, con la legge elettorale n. 207/2005, l'espressione di voto ridotta ad una ratifica di scelte rimesse alla decisione del sistema partito e non gia' alla volonta' del cittadino/corpo elettorale, corre l'ulteriore dubbio che, cio' stante, l'opzione seguita dal legislatore del 2005 non costituisca il risultato di un bilanciamento ragionevole e costituzionalmente orientato ma una disposizione meglio correlata alla cosiddetta democrazia «octroyee» ( concessa) e cioe' senza popolo, in cui si nega la libera volonta' espressa dalla sovranita' popolare. Risultando dunque l'elezione dei membri del Parlamento non gia' una conseguenza diretta dell'espressione di voto ma una scelta delle segreterie dei partiti, sorge il fondato dubbio che il Parlamento risulti carente di legittimita' costituzionale che costituisce la fonte della validita' del potere e, per l'effetto, il titolo che ne autorizza i comandi e ne esige l'obbedienza da coloro ai quali si rivolge. Pertanto se le leggi altro non sorto che un comando da osservare obbligatoriamente perche' rivolto a se stessi, e' dubbio che la legge oggetto della cognizione sottoposta all'esame di questo giudicante, varata da un parlamento di cui risulta dubbia la legittimita' costituzionale della sua investitura. possa ritenersi prescrittivi. 1 f - Della autorizzazione all'esercizio del potere Perche' una norma sia valida non e' sufficiente che sia legale e cioe' appartenga all'ordinamento. Perche' sia valida deve essere anche legittima e cioe' prodotta secondo il percorso previsto dalle norme da cui l'ordinamento fa dipendere la produzione di norme giuridiche e l'investitura di ogni autorita'. Come osservato da autorevole dottrina «nel momento stesso in cui si riconosce che esistono atti o fatti da cui si fa dipendere la produzione di norme giuridiche (per l'appunto le fonti del diritto), si riconosce pure che l'ordinamento giuridico, oltre a regolare il comportamento delle persone, regola anche il modo in cui si devono produrre le regole. Si suole dire che l'ordinamento giuridico regola la propria produzione normativa.» (N. Bobbio, Teoria dell'ordinamento giuridico, Torino, 1960). Il problema della validita' e il problema dell'esistenza delle regole in quanto tale e per decidere se una norma sia valida e cioe' se esiste come regola giuridica appartenente ad un determinato sistema, bisogna, prima di tutto, accertare se l'autorita' che l'ha emanata aveva il potere legittimo di emanare norme giuridiche vincolanti e tale ricerca conduce inevitabilmente a risalire alla norma fondamentale (la Costituzione) che e' il fondamento di validita' di tutte le norme del nostro sistema. Di fronte a qualsiasi norma giuridica si pongono tre ordini di problemi: se essa sia giusta, se essa sia valida e se essa sia efficace. Il problema della giustizia e' il problema della corrispondenza o meno delle norme ai valori che ispirano un determinato ordinamento giuridico. Il problema dell'efficacia di una norma e' sapere se quella norma sia o no seguita dalle persone a cui e' dedicata. Il problema della validita', oggetto delle presenti osservazioni, e', invece, il problema dell'esistenza delle regole in quanto tali indipendentemente dal giudizio di valore e viene risolto con un giudizio di fatto accertando se l'autorita' che l'ha emanata aveva il potere di emanare norme giuridiche. Il potere per essere giusto deve innanzitutto essere valido e per essere valido deve essere legittimo e l'espressione «legittimita' del potere» sta ad indicare la validita' del potere e cioe' il titolo in base al quale esso emana i suoi comandi e ne esige l'obbedienza da coloro ai quali si rivolge i quali, a loro volta, si considerano da essi obbligati. La legittimita' e' cioe' l'autorizzazione all'esercizio del potere e allo stesso tempo la condizione dell'autorita'. Secondo autorevole dottrina la parola autorita', di diretta provenienza latina, contiene in se' la nozione dell'attribuzione del possesso di una particolare qualifica che autorizza, chi ne e' investito, all'esercizio di un determinato diritto o di un determinato potere che puo' essere ingiusto non solo per il modo in cui viene esercitato ma anche e specialmente, per un vizio di origine e cioe' per la mancanza del «titolo» che legittima la sua regolare investitura. In questo senso la legittimita' e' la condizione dell'autorita' e sta ad indicare un giudizio di valore intorno al potere e solo essa puo' rendere ragione non soltanto della validita' ma anche dell'obbligatorieta' della legge. Obbligatorieta' che, traducendosi in un determinato comportamento da parte degli obbligati, e' la condizione e la garanzia della loro efficacia e, quindi, a ben vedere della stessa esistenza del diritto dello Stato. La richiesta della legittimazione del potere non e' una richiesta vana e senza senso ma una richiesta fondamentale per l'esercizio del potere delegato. Il dubbio di legittimita' costituzionale dell'investitura parlamentare realizzatasi all'esito della consultazione popolare, cosi' come disciplinata dalla legge n. 270/2005, fa sorgere l'ulteriore dubbio sulla legittimita' della promulgazione della legge in esame. E tanto sul rilievo che l'illegittimita' dell'investitura popolare, a ben vedere, fa venir meno ogni ulteriore dovuta validazione del potere. Nelle costituzioni democratiche non e' scritto che lo Stato-apparato e' sovrano ma e' scritto che i cittadini sono sovrani. Il percorso costituzionale della formazione delle leggi e' stato concepito e realizzato come un impianto ad alta fedelta' dove la bonta' di ogni componente e' essenziale al risultato e l'armonia che lo governa crolla se anche uno solo di essi perde o manca della legittimazione prevista. Simul stabunt, simul cadent. 2 - Conclusioni Questo giudicante dubita della legittimita' costituzionale del sistema individuato dalla legge n. 270/2005 sia sotto il profilo giuridico che con riferimento ai valori fondamentali e la circostanza fa ritenere rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di costituzionalita' sollevate d'ufficio poiche' incidenti: l'una sulle modalita' di esercizio della sovranita' popolare (artt. 1 comma 2, 67 Cost.) avente ad oggetto: a) gli artt. 4 comma 2 e 59 comma 1 del D.P.R. n. 361/1957, nel testo risultante dalla legge n. 270/2005, sul voto di preferenza per la Camera, in relazione agli artt. 3, 48 comma 2, 49, 56 comma 1 Cost., anche a mente dell'art. 3 Prot. 1 CEDU; b) l'art.14 comma 1 del d.l.vo n. 533/1993, nel testo risultante dalla legge n. 270/2005, sul voto di preferenza per il Senato, in relazione agli artt. 3, 48 comma 2, 49, 58 comma 1, anche a mente dell'art. 3 Prot. 1 CEDU; e l'altra sulle modalita' di conferimento della legittimita' costituzionale al Parlamento avente ad oggetto: a) la carenza di legittimita' costituzionale dell'investitura del Parlamento insediatosi, alle varie scadenze, a mente e nel rispetto della disciplina prevista dalla legge n. 270/2005 e, per l'effetto, la carenza in capo allo stesso del potere legittimo di varare leggi prescrittive e vincolanti a mente e nel rispetto degli artt. 1 comma 2, 3, 48 comma 2, 49, 56 comma 1, 58 comma 1, 67 Cost. anche in riferimento all'art. 3 Prot. 1 CEDU e, conseguentemente, la carenza di ogni validazione del potere; b) la carenza di legalita'/legittimita' costituzionale dei commi 5-quater e 5-bis dell'art. 14 d.l.vo 25 luglio 1998 n. 286, gia' inseriti dall'art. 13 comma 1, lett. b) legge n. 189/2002, cosi come sostituiti l'uno dall'art. 3, comma 1, lett. d) n. 6 D.L. n. 89/2011 e l'altro dall'art. 3 comma 1, lett. d) n. 4 D.L. n. 89/2011 convertito nella legge n. 129/2001, in relazione agli artt. 1 comma 2, 3, 48 comma 2, 49, 56 comma 1, 58 comma 1, 67 Cost., anche in riferimento all'art. 3 Prot. 1 CEDU. Le questioni di costituzionalita' sopra enunciate appaiono a questo giudice serie, non manifestamente infondate e rilevanti perche', se accolte, comporterebbero l'assoluzione del prevenuto per cui il giudizio non puo' essere definito indipendentemente dalla soluzione delle questioni sollevate.
P.Q.M. Dichiara rilevanti e non manifestamente infondate, in relazione agli artt. 1 comma 2, 3, 48 comma 2, 49, 56 comma 1, 58 comma 1, 67 della Costituzione, anche in riferimento all'art. 3 Prot. 1 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, le questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 4 comma 2, 59 comma 1 e 83 comma 1 n. 5 e 2 del D.P.R. n. 361/1957, nel testo risultante dalla legge n. 270/2005; 14 comma 1 e 17 commi 2 e 4 del d.l.vo n. 533/1993, nel testo risultante dalla legge n. 270/2005, nonche' la questione di legittimita' costituzionale dei commi 5-quater e 5-bis dell'art. 14 d.l.vo n. 286/98, gia' inseriti dall'art. 13 comma 1 lett. b) L. n. 189/2002 cosi' come sostituiti l'uno dall'art. 3, comma 1, lett. d) n. 6 D.L. n. 89/2011 e l'altro dall'art. 3 comma 1, lett. d) n. 4 D.L. n. 89/2011 convertito nella legge n. 129/2011, con riferimento agli artt. 1 comma 2, 3, 48 comma 2, 49, 56 comma 1, 58 comma 1, 67 della Costituzione, anche in riferimento all'art. 3 Prot. 1 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali. Ordina la immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il giudizio in corso. Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri, alle parti e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Borgo San Dalmazzo, 5 ottobre 2013 Il Giudice di Pace: Lerda