N. 14 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 18 dicembre 2013

Ricorso per conflitto  tra  enti  depositato  in  cancelleria  il  18
dicembre 2013 (della Regione Siciliana). 
 
Bilancio e contabilita' pubblica - Decreto del Ministro dell'economia
  e  delle  finanze  del   23   settembre   2013   -   Determinazione
  dell'accantonamento a valere sulle quote  di  compartecipazione  di
  tributi erariali di ciascuna regione a statuto speciale per  l'anno
  2013 - Previsione che l'accantonamento in questione e'  effettuato,
  per l'anno 2013, sulla base degli importi di cui alla Tabella 1 del
  decreto impugnato, in proporzione alle spese sostenute per  consumi
  intermedi desunte, per l'anno 2011, dal SIOPE - Previsione che  per
  l'anno 2013 gli  obiettivi  del  patto  di  stabilita'  interno  di
  ciascuna Regione a  statuto  speciale  e  Provincia  autonoma  sono
  rideterminati tenendo conto degli importi  di  cui  al  comma  1  -
  Previsione che  quanto  stabilito  dai  commi  1  e  2  opera  fino
  all'emanazione delle norme di attuazione di cui all'art.  27  della
  legge 5 maggio 2009, n. 42 - Ricorso per conflitto di  attribuzione
  tra Stato e Regioni sollevato dalla Regione Siciliana -  Denunciata
  illegittimita' derivata del decreto  impugnato  per  illegittimita'
  costituzionale delle norme  (gia'  impugnate  con  ricorsi  in  via
  principale) di cui  il  decreto  stesso  costituisce  attuazione  -
  Denunciata violazione del principio  di  leale  collaborazione  per
  l'unilateralita' dell'adozione del meccanismo di  accantonamento  -
  Denunciata violazione  dell'autonomia  finanziaria  della  Regione.
  Istanza di sospensione. 
- Decreto  del  Ministero  dell'economia  e  delle  finanze  del   23
  settembre 2013. 
- Statuto della  Regione  Siciliana,  artt.  36  e  43;  decreto  del
  Presidente della Repubblica 26 luglio 1965, n. 1074, in particolare
  art. 2. 
(GU n.4 del 22-1-2014 )
    Ricorso della Regione siciliana in persona del suo Presidente pro
tempore  On.le  Rosario  Crocetta,  rappresentato   e   difeso,   sia
congiuntamente che disgiuntamente, dagli avv.ti Beatrice  Fiandaca  e
Marina Valli dell'Ufficio Legislativo e Legale della Presidenza della
Regione, giusta procura a margine del presente atto, ed elettivamente
domiciliato in Roma nella sede dell'Ufficio della Regione stessa, via
Marghera n. 36; 
    Contro il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  pro  tempore,
domiciliato per la carica in Roma, Palazzo Chigi, Piazza  Colonna  n.
370 presso gli Uffici della Presidenza del Consiglio dei ministri  ed
elettivamente presso  l'Avvocatura  Generale  dello  Stato,  via  dei
Portoghesi n.12; 
    Per  la  risoluzione  previa   sospensione   del   conflitto   di
attribuzione insorto fra la Regione siciliana e lo Stato per  effetto
del decreto del Ministero dell'economia e delle finanze emanato il 23
settembre 2013 recante «Riparto del contributo alla finanza  pubblica
previsto dall'art. 16, comma 3, del decreto-legge 6 luglio  2012,  n.
95 tra le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento
e  Bolzano.  Determinazione  dell'accantonamento   pubblicato   nella
Gazzetta Ufficiale 11 ottobre 2013, n. 239 per  violazione  dell'art.
36 dello Statuto siciliano e delle correlate norme di  attuazione  in
materia finanziaria di cui al D.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074  ed,  in
particolare,  dell'art.   2,   nonche'   del   principio   di   leale
collaborazione che deve informare i rapporti fra Stato  e  Regione  e
dell'art. 43 dello Statuto. 
 
                                Fatto 
 
    Nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica  serie  generale  n.239
dell'11 ottobre 2013 e' stato pubblicato il  suindicato  decreto  del
Ministero dell'Economia e delle Finanze i cui  antecedenti  sono  ben
noti a codesta ecc.ma Corte costituzionale. Esso, infatti, prende  le
mosse dall'articolo 16, commi 3 e 4, del decreto-legge 6 luglio 2012,
n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto  2012,  n.
135, recante «Disposizioni  urgenti  per  la  revisione  della  spesa
pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini  nonche'  misure  di
rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario». 
    Il comma 3  dell'articolo  16  del  suindicato  decreto-legge  ha
introdotto  una  misura  predefinita  ed  a  tempo  indeterminato  di
concorso  al  risanamento  della  finanza  pubblica  da  parte  delle
autonomie speciali, tra cui anche la Regione siciliana,  accompagnata
dalla previsione di un accantonamento di quote  di  compartecipazione
ai tributi erariali ed ha indicato, quale  criterio  per  determinare
detto  accantonamento,  le  spese  sostenute  per  consumi  intermedi
desunte per l'anno 2011 dal SIOPE. 
    Il comma 4 del medesimo articolo fissa un termine  perentorio  di
scadenza per la conclusione dell'accordo sul patto  di  stabilita'  e
definisce unilateralmente in legge gli obiettivi posti a carico della
Regione  siciliana.   Come   e'   noto   a   codesta   Ecc.ma   Corte
costituzionale, la suindicata disposizione dall'articolo 16, comma 3,
del  decreto-legge  6   luglio   2012,   n.   95,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 7 agosto  2012,  n.  135,  e'  oggetto  di
questione di legittimita' costituzionale in via principale,  proposta
con  ricorso  rubricato  al  n.  170  del  registro   ricorsi   2012,
trattandosi   di   previsione   lesiva   dell'autonomia   finanziaria
costituzionalmente e statutariamente garantita in capo  alla  Regione
siciliana, nonche' del principio  pattizio  consacrato  dall'art.  43
dello Statuto, ed  il  relativo  ricorso,  che  qui  deve  intendersi
richiamato e integralmente trascritto, e' tuttora pendente. 
    L'udienza  per  la  trattazione  della  suindicata  questione  di
legittimita' costituzionale e' fissata per il 28 gennaio 2014. 
    Il  provvedimento  attuativo  che  oggi  si  impugna,  e'   stato
adottato,  in  assenza  del  prescritto  accordo   della   Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,  le  regioni  e  le  province
autonome, in ordine all'accantonamento di quote di  compartecipazione
ai tributi erariali, e la disposizione attuata opera una riserva allo
Stato di  entrate  regionali  in  assenza  delle  condizioni  che  la
legittimano, in particolare il requisito della novita' dell'entrata. 
    Inoltre, il nuovo  concorso  imposto  alla  Regione,  considerati
anche quelli  gia'  operanti,  produrra'  estreme  limitazioni  delle
possibilita' per la Regione di svolgere le  proprie  funzioni  stante
pure  la  clausola  del  comma  secondo  (dell'unico   articolo   del
Decreto)secondo cui anche  gli  obiettivi  del  patto  di  stabilita'
interno sono rideterminati tenendo conto degli importi accantonati. 
    Premesso che con riferimento a  questa  Regione  e'  tecnicamente
errato  parlare  di  accantonamento   a   valere   sulle   quote   di
compartecipazione ai tributi erariali, e non si sa quindi nemmeno  in
che  modo  quanto  stabilito  dal  Decreto  verra'  concretamente  ad
operare, e' appena il caso di ricordare  che  questa  Regione  -  che
dell'articolo 16, comma 3 del DL 95/2012 ha poi  impugnato  anche  la
modifica operata dall'art. 1, comma 118 legge n. 228/2012  (Legge  di
stabilita' per il 2013) relativa all'incremento di 500 milioni  annui
degli importi di cui  tener  conto  per  rideterminare  il  patto  di
stabilita', RR. n. 43/2013 - ha sollevato questione  di  legittimita'
costituzionale innanzi alla Consulta anche  avverso  le  disposizioni
legislative in materia di contributo alla finanza pubblica introdotte
prima che con il D.L. n. 95/2012. 
    Cio' in quanto l'art. 16, comma 3 prosegue la manovra avviata con
il decreto-legge 24 gennaio 2012, n.1 «Disposizioni  urgenti  per  la
concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e  la  competitivita'»,
come convertito, con modificazioni, con legge 24  marzo  2012,  n.27.
Tale provvedimento legislativo, all'art. 35 prevede a sua  volta,  ai
commi 4 e 5, un incremento  del  concorso  delle  Regioni  a  statuto
speciale e delle  Province  autonome  di  Trento  e  Bolzano  -  gia'
stabilito dall'art.28, comma 3 primo  periodo  del  d.l.  6  dicembre
2011, n. 201, pure impugnato da questa Regione presso  codesta  Corte
Costituzionale con  ricorso,  iscritto  al  n.39/2012  e  non  ancora
discusso per tale parte - alla finanza pubblica mediante destinazione
delle maggiori  entrate  derivanti  ai  predetti  enti  ad  autonomia
speciale dall'incremento delle  aliquote  delle  accise  sull'energia
elettrica    a    seguito    della    cessazione    dell'applicazione
dell'addizionale  comunale  e  provinciale  all'accisa   sull'energia
elettrica e stabilisce che  le  conseguenti  variazioni  di  bilancio
(comma 5) siano effettuate con decreti del Ministero dell'Economia  e
delle Finanze. Anche tali disposizioni sono state  impugnate  dinanzi
alla Consulta con ricorso iscritto al n.85/2012 del Registro Ricorsi. 
    Per le suindicate questioni  di  costituzionalita'  l'udienza  e'
fissata per il prossimo 29 gennaio 2014. 
    Ora, anche il Decreto in esame risulta affetto dagli stessi  vizi
individuati nelle norme di riferimento considerato  altresi'  che  la
clausola, che conformemente all'art. 16 comma 3 D.L. 95/2012, prevede
che sia 1' accantonamento che gli effetti  sul  patto  di  stabilita'
siano limitati nel tempo e operino solo  «fino  all'emanazione  delle
norme di attuazione di cui  allo  stesso  articolo  27»  della  legge
delega n.42/09, finisce per avere una portata garantistica  meramente
apparente  stante  che  l'art.  28,  comma  4,  del  d.l.   201/2011,
(anch'esso impugnato da questa Regione con il citato ricorso iscritto
al n. 39/2012) ha abrogato il  termine  di  legge  stabilito  (trenta
mesi)  per  l'emanazione  della  normativa  di  attuazione.  Con   la
conseguenza che il  Decreto  finisce  per  operare  immediatamente  e
illimitatamente nel tempo. 
    Tutto cio' premesso, tenuto  conto  che  l'atto  in  questa  sede
impugnato determina, in attuazione  di  norme  incostituzionali  gia'
impugnate dalla Regione siciliana, l'accantonamento  a  valere  sulle
quote  di  compartecipazione  ai  tributi  erariali   a   prescindere
dall'intesa con la  Regione  ricorrente,  comprovando  l'effettivita'
delle censurate lesioni alle prerogative costituzionali e  statutarie
della ricorrente Regione siciliana, con il presente atto  la  Regione
stessa, come in epigrafe rappresentata e difesa,  promuove  conflitto
di attribuzioni avverso e in relazione al decreto adottato in data 23
settembre 2013, chiedendo a codesta ecc.ma Corte di voler  dichiarare
che non spetta allo Stato, e per esso al  Ministero  dell'economia  e
delle finanze, determinare  l'accantonamento  ivi  previsto,  con  un
provvedimento che oltre ad essere stato assunto  unilateralmente  non
tiene conto della  circostanza  che  la  Regione  ricorrente  non  e'
destinataria di quote di compartecipazione  ma  che  alla  stessa  si
ascrive la  titolarita'  dell'intero  gettito  dei  tributi  erariali
riscosso nel suo territorio e  di  voler  annullare,  per  l'effetto,
l'atto gravato, alla luce dei seguenti motivi di 
 
                               Diritto 
 
    Violazione dell'art. 36 dello statuto e delle correlate norme  di
attuazione in materia finanziaria, in  particolare  dell'art.  2  del
D.P.R. 1074/1965 nonche' del  principio  di  leale  collaborazione  e
dell'art. 43 dello Statuto; 
    Il DM  in  discorso  comporta  anche  la  rideterminazione  degli
obiettivi del patto di stabilita' interno e stabilisce per la Regione
il contributo  di  euro  513.179.933,07  ed  euro  727.004.905,18  in
termini,  rispettivamente,  di  saldo  netto  da  finanziare   e   di
indebitamento netto. Alla luce dei  principi  contenuti  nell'art  36
dello Statuto e  nelle  correlate  norme  di  attuazione  in  materia
finanziaria, in particolare dell'art. 2 D.P.R.  n.1074/1965,  nonche'
dell'art. 43 dello Statuto medesimo, identicamente alle  disposizioni
che attua, il Decreto risulta illegittimo e lesivo delle  prerogative
statutarie. 
    Le sopra  evidenziate  riduzioni  di  ingenti  disponibilita'  di
risorse per la  Regione  siciliana,  che  si  aggiungono  alle  altre
precedentemente   operate,    configurano    una    palese    lesione
dell'autonomia finanziaria della stessa che impedisce alla Regione di
provvedere adeguatamente  al  proprio  «fabbisogno  finanziario»,  ai
sensi dell'art. 36 del suo Statuto ( sentenza 138/99). 
    Sono palesi gli  effetti  che  il  nuovo  concorso  imposto  alla
Regione, considerati anche quelli gia' operanti, produrra' in  ordine
alla possibilita' per l'Ente di svolgere le proprie funzioni,  stante
pure la rideterminazione degli  obiettivi  del  patto  di  stabilita'
interno,   nel    senso    ulteriormente    penalizzante    derivante
dall'incremento disposto con la legge di stabilita' per il 2013. 
    In ogni caso la sottrazione  di  gettito  tributario  come  sopra
descritto si sostanzia in una  vera  e  propria  riserva  di  entrate
operata dallo Stato in favore del  proprio  bilancio  a  danno  delle
casse regionali in violazione  dei  principi  contenuti  nell'art.  2
delle norme di attuazione dello Statuto della  Regione  siciliana  in
materia finanziaria, di cui al d.P.R.  26  luglio  1965,  n.1074,  il
quale, nello stabilire che «ai sensi del primo comma dell'articolo 36
dello Statuto spettano alla Regione  siciliana,  oltre  alle  entrate
tributarie  da  essa  direttamente  deliberate,  tutte   le   entrate
tributarie erariali riscosse nell'ambito del suo territorio,  dirette
o indirette, comunque  denominate»,  prevede,  come  deroga,  che  il
gettito di nuove  entrate  tributarie  possa  essere  destinato  «con
apposite  leggi  alla  copertura  di  oneri  diretti   a   soddisfare
particolari  finalita'  contingenti  o   continuative   dello   Stato
specificate nelle leggi medesime». 
    Risulta infatti all'evidenza che lo Stato opera  una  dissimulata
riserva senza osservare la sussistenza dei requisiti di legittimita',
siccome  previsti  dal  citato  art.  2  del  d.P.R.  n.1074/65,   in
particolare il requisito della novita' dell'entrata (intesa sia  come
novita' del tributo in se stesso o maggiorazione di entrate derivanti
da tributo gia' esistente - Corte costituzionale sentenze n. 49/72  e
n. 429/96). 
    Pertanto nel caso di specie per le quote di  gettito  di  tributi
erariali, oggetto  dell'accantonamento,  risulta  ingiustificatamente
disatteso il criterio generale di spettanza alla Regione siciliana di
cui all'art. 36 dello Statuto. 
    In proposito e' nuovamente da ribadire che la Regione  siciliana,
a  differenza  delle  altre  Regioni  a  Statuto  speciale,  non   e'
destinataria di quote di  compartecipazione  bensi'  alla  stessa  si
ascrive la  titolarita'  dell'intero  gettito  dei  tributi  erariali
riscosso  nel  suo  territorio  (con  alcune  eccezioni)   con   cio'
configurandosi il diritto  della  medesima  alla  percezione  diretta
nelle proprie casse senza che si possa giustificare  alcuna  ritenuta
da parte dello Stato. 
    Va rilevato inoltre come  il  Decreto  si  profila  ulteriormente
illegittimo e lesivo delle prerogative statutarie, in quanto, dispone
senza che sia stato assicurato il rispetto delle  procedure  previste
dall'art. 27 della legge n. 42/2009, tendenti a  garantire  modalita'
applicative dei meccanismi di  concorso  alla  finanza  pubblica  che
siano rispettose delle  peculiarita'  di  questa  Regione  a  statuto
speciale. 
    Ne', peraltro e' stato raggiunto un qualunque accordo in sede  di
Conferenza Stato regione. Ora fermo  restando  che  nemmeno  un  tale
accordo potrebbe validamente sostituire  la  procedura  pattizia  (ex
art.43 Statuto) con la Regione siciliana la sua assenza  e'  comunque
ulteriore indice del  mancato  rispetto  da  parte  dello  Stato  del
principio di leale collaborazione cui dovrebbero sempre improntarsi i
rapporti tra i livelli  di  Governo  che  compongono  la  Repubblica,
principio che avrebbe imposto un piu' fattivo  perseguimento  di  una
determinazione condivisa. 
    La violazione del vincolo che impone l'adozione  delle  procedure
"pattizie" di attuazione  statutaria,  e'  infatti  alla  base  delle
sentenze (n.178 del 2012 e n. 219 del  2013)  con  la  quale  codesta
Ecc.ma Corte ha dichiarato  la  illegittimita'  costituzionale  della
clausola che, identicamente recata  da  due  decreti  legislativi  di
attuazione  della  legge  delega  sul  federalismo  fiscale,   d.lgs.
118/2011, sull'armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di
bilancio di regioni ed enti locali e d.lgs. n. 149/2011 in materia di
meccanismi sanzionatori e premiali, prevedeva la immediata e  diretta
applicazione  alle  autonomie  differenziate  degli  interi   decreti
legislativi in caso di inosservanza del termine posto per  l'adozione
delle norme di attuazione. 
    Se si considera che l'art.28, comma  4,  del  d.l.  201/2011,  ha
abrogato il termine di legge stabilito (trenta mesi) per l'emanazione
della  normativa  di  attuazione,  non  puo'  non  rilevarsi  che  1'
accantonamento  finisce   per   operare   immediatamente   (2012)   e
illimitatamente nel tempo (2015 e seguenti). 
    A tal proposito con la sentenza  n.193  del  17  luglio  2012  il
Giudice delle leggi ha sancito, in linea e  in  armonia  con  la  sua
precedente giurisprudenza (sentenze nn. 148 del 2012, 232  del  2011,
326 del 2010 e 284 del 2009), l'illegittimita' di  ogni  prescrizione
di principio volta a  imporre,  agli  enti  territoriali,  misure  di
contenimento finanziario a tempo indeterminato. 
    Si  consideri  altresi'  che  la  clausola,   che   conformemente
all'art.16 comma 3 D.L. 95/2012, prevede che sia l'accantonamento che
gli effetti sul patto  di  stabilita'  siano  limitati  nel  tempo  e
operino solo «fino all'emanazione delle norme di  attuazione  di  cui
allo stesso articolo 27» della legge delega  n.  42/09,  finisce  per
avere una portata garantistica meramente  apparente  stante  la  gia'
ricordata abrogazione del termine di legge  stabilito  (trenta  mesi)
per l'emanazione della normativa di attuazione.  Con  la  conseguenza
che la transitorieta' dell'efficacia del Decreto possa dilatarsi sine
die. 
    Quanto alla scelta di proporre il presente conflitto  e'  noto  a
codesta Eccellentissima Corte che in tempi recenti molte volte si  e'
proceduto ad impugnare anche atti che, come quello in  esame,  davano
pedissequa attuazione a norme gia' impugnate essendosi ritenuto  piu'
conducente, piuttosto che attendere l'esito del giudizio sulla norma,
opporre  un'  immediata  reazione  all'atto  attuativo,  sia  a  fini
cautelativi sia per chiederne la sospensione. 
    Con il presente ricorso si chiede inoltre, ai sensi dell'art.  40
della legge  11  marzo  1953,  n.  87  e  dell'art.  26  delle  norme
integrative per i  giudizi  davanti  alla  Corte  costituzionale,  la
sospensione dell'impugnato atto, invasivo delle attribuzioni e  delle
spettanze regionali in materia finanziaria, ed immediatamente  lesivo
per le disponibilita' regionali di cassa. 
    Le   risorse   finanziarie   della   Regione,   ed   ancor   piu'
concretamente, i mezzi di pagamento necessari  per  far  fronte  agli
impegni  legittimamente  assunti   dalla   medesima   risulterebbero,
infatti, indubbiamente ridotti con conseguenti effetti negativi anche
sull'economia regionale. 
    In considerazione del  danno  grave  e  irreparabile  si  ritiene
ricorrano quelle "gravi ragioni"  cui  ha  specifico  riferimento  il
richiamato art. 40 della legge  11  marzo  1953,  n.  87,  per  poter
procedere alla sospensione dell'esecuzione dell'  atto  che  ha  dato
luogo al conflitto di attribuzione. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Voglia  codesta  Ecc.ma  Corte  costituzionale,   preliminarmente
sospendere l'efficacia dell'atto impugnato; 
    Dichiarare, in accoglimento del presente ricorso, che non  spetta
allo Stato, e per esso al Ministero dell'economia  e  delle  finanze,
emanare nei confronti della Regione  siciliana  il  Decreto  Ministro
dell'Economia  e  delle  Finanze  23  settembre  2013  "Riparto   del
contributo alla finanza pubblica previsto dall'articolo 16, comma  3,
del decreto-legge 6 luglio 2012, n.  95  tra  le  regioni  a  statuto
speciale e le province autonome di Trento e  Bolzano.  Determinazione
dell'accantonamento" in  lesione  delle  attribuzioni  costituzionali
della Regione siciliana e in particolare per la violazione  dell'art.
36 dello Statuto siciliano e delle correlate norme di  attuazione  in
materia finanziaria di cui al D.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074  ed,  in
particolare,   dell'art.2,   nonche'   del   principio    di    leale
collaborazione che deve informare i rapporti fra Stato  e  Regione  e
dell'art.43 dello Statuto.per violazione dell'art. 36  dello  Statuto
siciliano  e  delle  correlate  norme  di   attuazione   in   materia
finanziaria di  cui  al  D.P.R.  26  luglio  1965,  n.  1074  ed,  in
particolare,   dell'art.2,   nonche'   del   principio    di    leale
collaborazione che deve informare i rapporti fra Stato  e  Regione  e
dell'art. 43 dello Statuto. 
    Conseguentemente  e  per  l'effetto  altresi',  annullare  l'atto
impugnato, con le conseguenze di diritto. 
    Si deposita con il  presente  atto  la  deliberazione  di  Giunta
regionale di autorizzazione a ricorrere. 
        Palermo - Roma, 4 dicembre 2013 
 
                     Avv. Fiandaca - Avv. Valli