AUTORITA' PER LA VIGILANZA SUI CONTRATTI PUBBLICI DI LAVORI, SERVIZI E FORNITURE

DETERMINA 18 dicembre 2013 

Indicazioni interpretative concernenti le  modifiche  apportate  alla
disciplina  dell'arbitrato  nei  contratti  pubblici  dalla  legge  6
novembre 2012, n. 190, recante disposizioni per la prevenzione  e  la
repressione  della  corruzione  e  dell'illegalita'  nella   pubblica
amministrazione. (Determina n. 6). (14A00296) 
(GU n.18 del 23-1-2014)

 
Premessa 
  La legge 6 novembre 2012, n. 190  (c.d.  legge  anticorruzione)  ha
apportato  delle  modifiche  alla  disciplina  dell'arbitrato,   come
prevista dagli articoli 241-243 del  decreto  legislativo  12  aprile
2006, n. 163 (nel prosieguo, Codice). 
  La novella e' contenuta ai commi da 18 a 25 dell'art.  1,  come  di
seguito  riportato:  «18.  Ai  magistrati  ordinari,  amministrativi,
contabili e militari, agli avvocati e procuratori dello  Stato  e  ai
componenti delle commissioni tributarie e' vietata, pena la decadenza
dagli incarichi e la nullita' degli atti compiuti, la  partecipazione
a collegi arbitrali o l'assunzione di incarico di arbitro unico.  19.
Il comma 1 dell'art. 241 del codice di cui al decreto legislativo  12
aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni,  e'  sostituito  dal
seguente:  «1.  Le  controversie  su  diritti  soggettivi,  derivanti
dall'esecuzione dei contratti pubblici relativi  a  lavori,  servizi,
forniture, concorsi di  progettazione  e  di  idee,  comprese  quelle
conseguenti al mancato raggiungimento dell'accordo  bonario  previsto
dall'art.  240,  possono   essere   deferite   ad   arbitri,   previa
autorizzazione   motivata   da   parte   dell'organo    di    governo
dell'amministrazione.  L'inclusione  della  clausola  compromissoria,
senza preventiva autorizzazione, nel bando o nell'avviso con  cui  e'
indetta la gara ovvero, per le procedure senza bando, nell'invito,  o
il  ricorso  all'arbitrato,  senza  preventiva  autorizzazione,  sono
nulli.». 20. Le disposizioni relative al ricorso ad arbitri,  di  cui
all'art. 241, comma 1, del codice di cui al  decreto  legislativo  12
aprile 2006, n. 163,  come  sostituito  dal  comma  19  del  presente
articolo, si applicano anche alle controversie relative a concessioni
e appalti pubblici di opere, servizi e forniture in cui sia parte una
societa' a partecipazione pubblica ovvero una societa' controllata  o
collegata  a  una  societa'  a  partecipazione  pubblica,  ai   sensi
dell'art. 2359 del codice civile, o che comunque abbiano  ad  oggetto
opere o  forniture  finanziate  con  risorse  a  carico  dei  bilanci
pubblici.   A   tal   fine,    l'organo    amministrativo    rilascia
l'autorizzazione di cui al citato comma 1 dell'art. 241 del codice di
cui al decreto legislativo n. 163 del 2006, come sostituito dal comma
19 del  presente  articolo.  21.  La  nomina  degli  arbitri  per  la
risoluzione delle controversie nelle  quali  e'  parte  una  pubblica
amministrazione avviene nel rispetto dei principi di pubblicita' e di
rotazione e secondo le modalita' previste dai commi 22, 23 e  24  del
presente articolo, oltre che  nel  rispetto  delle  disposizioni  del
codice di cui al decreto legislativo  12  aprile  2006,  n.  163,  in
quanto applicabili. 22. Qualora la controversia  si  svolga  tra  due
pubbliche amministrazioni, gli  arbitri  di  parte  sono  individuati
esclusivamente tra dirigenti pubblici. 23.  Qualora  la  controversia
abbia luogo tra una pubblica amministrazione e un privato,  l'arbitro
individuato dalla pubblica amministrazione e' scelto  preferibilmente
tra i dirigenti pubblici. Qualora non risulti possibile alla pubblica
amministrazione nominare un arbitro scelto tra i dirigenti  pubblici,
la nomina e' disposta, con provvedimento motivato, nel rispetto delle
disposizioni del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006,
n. 163.  24.  La  pubblica  amministrazione  stabilisce,  a  pena  di
nullita' della  nomina,  l'importo  massimo  spettante  al  dirigente
pubblico  per  l'attivita'  arbitrale.  L'eventuale  differenza   tra
l'importo  spettante  agli  arbitri  nominati  e  l'importo   massimo
stabilito per il dirigente e' acquisita al  bilancio  della  pubblica
amministrazione che ha indetto la gara. 25. Le disposizioni di cui ai
commi da 19  a  24  non  si  applicano  agli  arbitrati  conferiti  o
autorizzati prima della data di  entrata  in  vigore  della  presente
legge». 
  Svolti i necessari approfondimenti sulla  novella  normativa  sopra
riportata, per quanto concerne  i  riflessi  sulle  competenze  della
Camera arbitrale, l'Autorita'  ha  rilevato  dubbi  interpretativi  e
problemi di coordinamento con  la  vigente  normativa  con  specifico
riguardo ai seguenti profili: 
    a)   problematiche   di   diritto   transitorio   in    relazione
all'applicazione dei divieti dettati dal comma 18 dell'art.  1  della
legge n. 190 del 2012 (entrata in vigore il  28  novembre  2012)  che
esclude determinate categorie professionali dal novero  dei  soggetti
ai quali puo' essere affidato l'incarico di arbitro; 
    b)  problematiche  di  diritto  transitorio  in  relazione   alla
autorizzazione preventiva e motivata da parte dell'organo di  governo
della PA prevista dal comma 19, che sostituisce il comma 1  dell'art.
241 del Codice, anche in relazione alla sanzione  di  nullita'  della
clausola ivi prevista; 
    c) rapporto tra la nuova disciplina dettata dal Codice  e  l'art.
810 c.p.c.; 
    d) individuazione dei soggetti  ai  quali  puo'  essere  affidato
l'incarico di arbitro della p.a. alla luce  del  generico  rinvio  al
Codice, contenuto all'art. 1, comma 21 della legge n. 190/2012. 
1. Individuazione dell'ambito di estensione del  divieto  di  cui  al
  comma 18 dell'art. 1,  legge  n.  190/2012  e  profili  di  diritto
  intertemporale 
  Il divieto introdotto al comma  18  dell'art.  1,  della  legge  n.
190/2012, non comprende le categorie degli avvocati dello Stato e dei
magistrati a riposo, cio' in quanto, attesa l'espressa dizione  della
norma,  la  medesima  deve  correttamente  essere  riferita  solo  ai
magistrati (ordinari, amministrativi,  militari  e  contabili),  agli
avvocati e procuratori dello Stato ed ai componenti delle commissioni
tributarie in servizio. 
  Tale interpretazione e' anche coerente con  la  ratio  legis  della
norma. In merito, si osserva, infatti, come lo scopo della norma  sia
quello  di  evitare  il  verificarsi  di  potenziali  situazioni   di
conflitto di  interesse  e,  dunque,  sottintende  verosimilmente  lo
svolgimento attuale delle funzioni proprie  dei  magistrati  e  degli
avvocati dello Stato. 
  Quanto ai profili di diritto intertemporale  dell'applicazione  del
citato comma 18,  si  rileva  come  il  suddetto  divieto  non  abbia
efficacia  retroattiva  con  riguardo  agli  incarichi   relativi   a
procedimenti  arbitrali  in  corso  od  a  collegi   arbitrali   gia'
costituiti alla data del 28 novembre 2012 (data di entrata in  vigore
della norma); a tale ipotesi  deve  assimilarsi  anche  il  caso  dei
provvedimenti di nomina, con  conseguente  accettazione,  intervenuti
prima della data suddetta, anche ove il collegio non si fosse  ancora
costituito e sia stata  presentata  l'istanza  di  nomina  del  terzo
arbitro alla camera  arbitrale  successivamente  a  tale  data.  Tale
interpretazione e' ormai consolidata (anche a seguito del  Comunicato
n. 38, del 19  dicembre  2012  della  Camera  arbitrale,  del  parere
espresso al riguardo dalla  Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri
(DAGL) e degli orientamenti assunti dalla stessa Avvocatura  Generale
dello Stato). Essa e', altresi', conforme  ai  principi  generali  in
materia di efficacia di legge nel tempo (e, in particolare,  all'art.
11 delle  preleggi),  attesa  l'assenza  di  una  diversa  disciplina
transitoria, ed e' suffragata dalla stessa giurisprudenza della Corte
EDU sulla generale irretroattivita' delle  norme  a  meno  di  motivi
imperativi di interesse generale. Aderendo, peraltro all'orientamento
espresso dalla Corte di Cassazione (cfr. sez. III, 16 aprile 2008  n.
9972), secondo cui  il  principio  di  irretroattivita'  della  legge
implica che la norma sopravvenuta sia applicabile  agli  effetti  non
ancora esauriti di un rapporto  giuridico  sorto  anteriormente  solo
allorche' la nuova legge sia diretta a disciplinare tali effetti  con
autonoma considerazione dei medesimi, si  rileva  come  tale  ipotesi
certamente non ricorra nel caso  di  specie.  Detta  conclusione  e',
inoltre, coerente anche con una lettura costituzionalmente  orientata
della norma, giacche' l'intervento sugli arbitrati in corso - con  la
caducazione del collegio gia' nominato - si porrebbe in contrasto con
l'art. 111 della Costituzione. 
  A conferma dell'interpretazione sin qui fornita,  giova,  altresi',
rilevare  che  il  divieto  de  quo  non  e'  stato  configurato  dal
legislatore  come  motivo  di  possibile  ricusazione  degli  arbitri
divenuti incompatibili, con implicita salvezza degli  incarichi  gia'
conferiti, bensi'  come  divieto  di  assumere  l'incarico,  rivolto,
ragionevolmente, agli arbitrati nei quali non si sia ancora proceduto
alla nomina dei componenti del collegio. Il divieto in esame concerne
soltanto l'assunzione dell'incarico e non il suo mantenimento. 
  Si  puntualizza  che,  al  pregresso  conferimento,   deve   essere
equiparata anche la nomina ex art.  810  c.p.c.,  poiche'  la  nomina
effettuata dal Presidente del Tribunale ha, com'e'  noto,  natura  di
provvedimento di volontaria giurisdizione  sostitutiva  di  attivita'
manchevole delle parti ed e',  come  tale,  appunto  equiparabile  al
conferimento ad opera delle parti. 
2. Nomina dell'arbitro di elezione pubblica 
  In  ordine  alle  modalita'  di  nomina  dell'arbitro  di  elezione
pubblica, scelto a  norma  dell'art.  1,  comma  23  della  legge  n.
190/2012 «preferibilmente» tra i  dirigenti  pubblici  (nel  caso  di
arbitrato tra p.a. e soggetti privati) si osserva quanto segue. 
  In relazione alla disposizione normativa  appena  richiamata  giova
precisare come l'espressa previsione della stessa porti ad escludere,
innanzitutto, l'applicabilita' a tale ipotesi dell'art. 815 comma  1,
n. 5, c.p.c. che ammette, la ricusazione dell'arbitro «se  e'  legato
ad una delle parti, a una societa' da questa controllata, al soggetto
che la controlla, o a societa' sottoposta a comune controllo,  da  un
rapporto di lavoro subordinato  o  da  un  rapporto  continuativo  di
consulenza o di  prestazione  d'opera  retribuita,  ovvero  da  altri
rapporti di natura patrimoniale o associativa  che  ne  compromettono
l'indipendenza; inoltre, se e' tutore o curatore di una delle parti». 
  Con specifico riguardo, invece, al rinvio al Codice  contenuto  nel
medesimo comma 23 dell'art. 1  (per  il  caso  di  impossibilita'  di
individuare  un  dirigente  pubblico  cui  affidare   l'incarico   di
arbitro), e' da ritenere che la genericita' di detto rinvio  comporti
la riferibilita' al  complesso  delle  disposizioni  del  Codice  ivi
comprese quelle relative alle modalita' di nomina  degli  arbitri  di
cui all'art. 241; la  stessa  genericita'  porta  ad  escludere,  per
contro, l'idoneita' del richiamo al Codice ad attribuire alla  Camera
Arbitrale il (nuovo) potere di nomina dell'arbitro della p.a. 
  A cio' si aggiunga che il comma 21 stabilisce, in via generale, che
la nomina degli arbitri per la risoluzione delle  controversie  nelle
quali e' parte una pubblica amministrazione avviene «nel rispetto dei
principi di  pubblicita'  e  di  rotazione  e  secondo  le  modalita'
previste dai commi 22, 23 e 24 del presente articolo, oltre  che  nel
rispetto delle disposizioni del codice di cui al decreto  legislativo
12 aprile 2006, n. 163, in quanto  applicabili».  Detta  disposizione
sembrerebbe, dunque,  trovare  applicazione  sia  con  riguardo  alle
controversie tra p.a. (comma 22) che con riguardo  alle  controversie
tra privati e p.a. (comma 23).  Puo',  altresi',  osservarsi  che  ai
sensi dell'art. 19, comma 1, lettera c) del Codice, quest'ultimo  non
si applica ai contratti pubblici concernenti i servizi d'arbitrato  e
di conciliazione. La  nomina  dell'arbitro  di  parte  deve  comunque
avvenire nel rispetto della disciplina generale  ai  sensi  dell'art.
241, commi 4 e  6,  del  Codice,  ove  sono  stabiliti  i  motivi  di
incompatibilita' per l'affidamento dell'incarico. 
3. Profili di diritto intertemporale  relativi  all'applicazione  del
  comma 19 sull'autorizzazione preventiva 
  Sull'applicazione dell'obbligo di  previa  autorizzazione  motivata
dell'organo di governo ai fini del valido inserimento della  clausola
compromissoria nel bando, in via preliminare, si rammenta che, con il
comma 19 del piu' volte citato art. 1, viene sostituito  il  comma  1
dell'art.  241  del  Codice,  prevedendo  la  facolta'  di  ricorrere
all'arbitrato «previa autorizzazione motivata da parte dell'organo di
governo    dell'amministrazione.    L'inclusione    della    clausola
compromissoria,  senza  preventiva  autorizzazione,   nel   bando   o
nell'avviso con cui e' indetta la gara ovvero, per le procedure senza
bando, nell'invito  o  il  ricorso  all'arbitrato,  senza  preventiva
autorizzazione, sono nulli». 
  Nell'interpretare detta disposizione, si rileva come  il  comma  25
escluda dall'applicazione del comma  19  gli  arbitrati  conferiti  o
autorizzati prima della  data  di  entrata  in  vigore  della  legge;
pertanto, l'illustrato comma 19 si applica agli altri  casi,  con  la
rilevante  conseguenza  che  dovranno  ritenersi  inefficaci   quelle
clausole compromissorie,  ancorche'  contrattualmente  assunte  dalle
parti, non previamente autorizzate dall'organo di governo. 
  La disposizione del comma 19 deve essere interpretata come  diretta
a  porre,   rispetto   all'originario   contenuto   del   regolamento
contrattuale, una nuova norma  imperativa  condizionante  l'autonomia
contrattuale delle parti, essendo assente una norma  transitoria  che
preveda  l'ultrattivita'  della  previgente   disciplina   normativa,
sicche' la clausola compromissoria contrattualmente prevista  risulta
sostanzialmente privata della relativa operativita'. 
  Cio' che determina, in assenza di previa autorizzazione dell'organo
di governo (non prevista dalla normativa previgente), la sopravvenuta
nullita' delle clausole compromissorie contenute nei  bandi  di  gara
antecedenti all'entrata in vigore della norma, con salvezza dei  soli
arbitrati gia' conferiti o autorizzati prima di detta data  (art.  1,
comma 25), laddove per arbitrato conferito deve intendersi quello  in
cui  l'ente  abbia   operato   la   designazione   (con   conseguente
accettazione) dell'arbitro; per arbitrato autorizzato  deve,  invece,
intendersi l'arbitrato per il quale,  prima  dell'entrata  in  vigore
della legge n. 190/2012, sia intervenuto  il  consenso  dell'ente  di
appartenenza dell'arbitro,  se  del  caso  da  parte  dell'organo  di
autogoverno. 
  Rimane irrisolta, tuttavia, una questione di non poco rilievo, vale
a dire quella dell'inclusione nel potere  di  previa  autorizzazione,
riconosciuto all'organo di governo, anche del potere di  convalidare,
motivando espressamente, le  clausole  arbitrali  gia'  inserite  nei
bandi per gli arbitrati non ricadenti nell'ipotesi di cui all'art. 1,
comma 25. 
  Nel silenzio  della  norma,  tale  aspetto  appare  particolarmente
critico, anche in relazione  all'incidenza  sull'autonomia  negoziale
delle parti:  se  da  un  lato  l'impossibilita'  di  convalidare  le
pregresse clausole compromissorie puo' ritenersi conforme alla  ratio
della  novella,  intesa  a   limitare   il   ricorso   all'arbitrato,
dall'altro, l'impossibilita' di  convalidare  le  pregresse  clausole
compromissorie  da  parte  dell'organo  di  governo  si  porrebbe  in
contrasto con il potere espressamente riconosciuto a quest'ultimo  di
contemplarle pro futuro. Onde evitare un'irragionevole disparita'  di
trattamento tra i contratti futuri, per i quali e'  sempre  possibile
rendere l'autorizzazione, in  conformita'  al  comma  19,  dell'art.1
della legge n. 190/2012, ed i contratti in corso, in ordine ai  quali
i relativi bandi di gara rechino clausole arbitrali (pur  in  assenza
dell'autorizzazione alla data di entrata in vigore della legge  sopra
richiamata),  si  ritiene  ammissibile,  anche  per  quest'ultimi  il
rilascio di un'autorizzazione a posteriori. 
4. Rapporto tra la nuova disciplina dettata dal Codice e  l'art.  810
  c.p.c. 
  Per quanto concerne il rapporto tra la novella normativa in esame e
l'art. 810 c.p.c., applicabile anche agli arbitrati nel  settore  dei
contratti pubblici,  per  quanto  non  disciplinato  dal  Codice,  si
osserva quanto segue. 
  Come noto, l'articolo citato prevede che,  «Quando  a  norma  della
convenzione d'arbitrato gli  arbitri  devono  essere  nominati  dalle
parti, ciascuna, di esse, con atto  notificato  per  iscritto,  rende
noto all'altra l'arbitro o gli arbitri che essa nomina, con invito  a
procedere alla designazione dei  propri.  La  parte,  alla  quale  e'
rivolto l'invito, deve notificare  per  iscritto,  nei  venti  giorni
successivi, le generalita'  dell'arbitro  o  degli  arbitri  da  essa
nominati. 
  In mancanza, la parte che ha fatto l'invito puo' chiedere, mediante
ricorso [c.p.c. 125], che la nomina  sia  fatta  dal  presidente  del
tribunale nel cui circondario e' la sede dell'arbitrato. Se le  parti
non hanno ancora determinato la sede, il  ricorso  e'  presentato  al
presidente del tribunale del luogo  in  cui  e'  stata  stipulata  la
convenzione di arbitrato oppure, se  tale  luogo  e'  all'estero,  al
presidente del tribunale di Roma. 
  Il  presidente  del  tribunale  competente  provvede  alla   nomina
richiestagli, se la convenzione  d'arbitrato  non  e'  manifestamente
inesistente o non prevede manifestamente un arbitrato estero. 
  Le stesse disposizioni si applicano se la  nomina  di  uno  o  piu'
arbitri e'  demandata  dalla  convenzione  d'arbitrato  all'autorita'
giudiziaria o se, essendo demandata a un  terzo,  questi  non  vi  ha
provveduto». 
  La perdurante applicabilita' della norma  de  qua  e'  stata  gia',
sopra, implicitamente affermata,  laddove  si  e'  precisato  che  la
«nomina effettuata dal Presidente del Tribunale» - la quale ha com'e'
noto natura di provvedimento di volontaria giurisdizione  sostitutiva
di attivita' manchevole delle parti - sia, appunto,  equiparabile  al
«conferimento ad opera delle parti». Con riferimento all'applicazione
della norma de qua ed al relativo coordinamento con  le  disposizioni
della legge n. 190/2012, si osserva come,  per  i  casi  di  clausole
arbitrali gia' inserite nei bandi, per gli  arbitrati  non  ricadenti
nell'ipotesi di cui all'art. 1, comma 25 (arbitrati non  conferiti  o
non autorizzati alla data di entrata in vigore della legge), sia,  in
ogni caso, necessaria l'autorizzazione postuma. Per i casi in parola,
trova, inoltre, applicazione la  disposizione  di  cui  al  comma  24
dell'art.  1  della  legge  n.  190/2012,  che  obbliga  la  pubblica
amministrazione  a  stabilire,  a  pena  di  nullita'  della  nomina,
l'importo massimo spettante al  dirigente  pubblico  per  l'attivita'
arbitrale. 
  Sulla base di quanto sopra considerato; 
 
                            IL CONSIGLIO 
 
                               Adotta 
                     la presente determinazione. 
 
    Roma, 18 dicembre 2013 
 
                                               Il Presidente: Santoro 
 
Il Relatore: Gallo 
Il Segretario: Esposito 
Depositato presso la segreteria del Consiglio il 15 gennaio 2014.