N. 37 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 novembre 2013
Ordinanza del 13 novembre 2013 emessa dal Tribunale di Napoli nel procedimento civile promosso da Galletta Felicia Ornella contro Barone Paolo. Locazione di immobili urbani - Contratti di locazione ad uso abitativo, comunque stipulati, non registrati entro il termine stabilito dalla legge - Disciplina applicabile a decorrere dalla tardiva registrazione - Determinazione della durata legale in quattro anni con rinnovo automatico alla scadenza e fissazione del canone annuo in misura pari al triplo della rendita catastale, in sostituzione del maggior importo eventualmente convenuto dalle parti - Limitazioni del diritto di proprieta' (immobiliare) e dell'autonomia contrattuale non giustificate dalla funzione sociale del bene - Rilevante e irragionevole compressione del diritto dominicale del locatore per interessi esogeni rispetto al contenuto di esso. - Decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, art. 3, comma 8. - Costituzione, art. 42 (comma secondo).(GU n.14 del 26-3-2014 )
IL GIUDICE ISTRUTTORE Sciogliendo la riserva; Osserva Sussistono i presupposti per sollevare questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 8°, del d.lgs. n. 23 del 2011. Anzitutto, nel caso concreto sussiste la rilevanza della questione, in quanto la parte locatrice - proprietaria dell'immobile locato - ha chiesto che fosse dichiarata la cessazione del rapporto di locazione, ad uso abitativo, sulla base di un contratto stipulato nel 2005, ma registrato il 7.6.2011. Parte convenuta ha eccepito l'applicabilita', al medesimo rapporto di locazione, delle norme di cui dell'art. 3, comma 8°, in quanto registrato tardivamente, oltre il termine di legge, nonche' oltre il termine di sessanta giorni di cui alla suddetta disposizione normativa (cd. "ravvedimento operoso"). La norma in esame dispone: Ai contratti di locazione degli immobili ad uso abitativo, comunque stipulati, che, ricorrendone i presupposti, non sono registrati entro il termine stabilito dalla legge, si applica la seguente disciplina: a) la durata della locazione e' stabilita in quattro anni a decorrere dalla data della registrazione, volontaria o d'ufficio; b) al rinnovo si applica la disciplina di cui all'articolo 2, comma 1, della citata legge n. 431 del 1998; c) a decorrere dalla registrazione il canone annuo di locazione e' fissato in misura pari al triplo della rendita catastale, oltre l'adeguamento, dal secondo anno, in base al 75 per cento dell'aumento degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli impiegati ed operai. Se il contratto prevede un canone inferiore, si applica comunque il canone stabilito dalle parti". Ne conseguirebbe che al rapporto contrattuale sarebbero applicabili le norme in tema di durata e di determinazione del canone, secondo i criteri dettati dal citato art. 3, comma 8° (al riguardo, in dottrina, sono state formulate le diverse tesi dell'eterointegrazione del contenuto contrattuale, a norma degli artt. 1339 e 1419, 2° comma, c.c., e della formazione di un contratto nuovo tra le parti a seguito della registrazione tardiva). Ora, al fine di delibare la domanda di accertamento della scadenza contrattuale occorre necessariamente applicare la normativa sopravvenuta di cui al d.lgs. n. 23/2011, verificando la fondatezza dell'eccezione impeditiva sollevata dalla parte convenuta in ordine alla tardiva registrazione e, dunque, all'applicabilita' delle norme richiamate. Va, altresi', premesso che tale normativa e' applicabile anche - come nella fattispecie concreta - ai rapporti di locazione in corso alla data d'entrata in vigore del d.lgs. n. 23 (7.4.2011), come reso evidente dalla formulazione del comma 10° dello stesso art. 8, secondo cui la disciplina di cui ai commi 8 e 9 non si applica ove la registrazione sia effettuata entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. L'espressa previsione della possibilita' di registrare tardivamente il contratto nel termine stabilito di 60 gg. esclude l'interpretabilita' della norma di cui al comma 8° nel senso della relativa applicazione ai soli rapporti locatizi sorti dopo l'entrata in vigore del d.lgs. (come pure in parte della giurisprudenza di merito e' stato sostenuto), atteso che, in tal caso, il termine medesimo non potrebbe essere, verosimilmente, garantito nella sua pienezza, eccettuati i contratti stipulati proprio nello stesso giorno dell'entrata in vigore del decreto. L'interpretazione letterale e' corroborata da quella logico-sistematica, in quanto la "ratio legis" e' consistita nel chiaro intento di introdurre una normativa sostanzialmente sanzionatoria nei confronti del locatore il quale non avesse tempestivamente registrato il contratto di locazione, con finalita' di palese deterrenza in ordine ala futura stipula di contratti locatizi non registrati nel termine di legge. Detto cio', la norma in questione appare confliggente con l'art. 42, comma 2°, Cost., secondo cui "la proprieta' privata e' garantita e riconosciuta dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurare la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti". Al riguardo, l'art. 3, comma 8°, del d.lgs. n. 23/2011, nel caso di omessa o tardiva registrazione del contratto di locazione, ha disposto l'applicabilita' automatica delle richiamate norme in tema di durata e di determinazione del canone. Entrambe le norme "etero-integratrici" del contratto hanno introdotto rilevanti e significative limitazioni del diritto di proprieta' (immobiliare) da far seriamente dubitare del doveroso rispetto del precetto costituzionale, considerato che tali limitazioni non appaiono afferire alla funzione sociale della proprieta'. In particolare, va osservato che la formulazione dell'art. 42 Cost. - espressiva della connotazione del nostro ordinamento quale stato sociale di diritto - garantisce la proprieta', quale diritto soggettivo dell'individuo, ma ne prevede limitazioni al solo fine di assicurare l'adempimento dei doveri di solidarieta' sociale e umana, di cui all'art. 2 Cost. Pertanto, la funzione sociale costituisce il criterio-cardine cui commisurare ogni intervento legislativo diretto a introdurre nell'ordinamento limiti e compressioni del diritto dominicale (salva la norma di cui al comma 3° in tema di espropriazione). Cio' equivale a sostenere che il legislatore puo' certamente limitare la proprieta' privata, in tutte le sua facolta' espressive, ma deve rispettare il limite teleologico della funzionalita' alle esigenze delle collettivita', mediante un bilanciamento di interessi di rango costituzionale che non puo' tradursi in uno "svuotamento di rilevante entita' ed incisivita' del suo contenuto" (v. sentenza Corte Cost. n. 55/1968). Tale argomentazione induce ad una ulteriore deduzione logica, consistente nell'affermare che ogni limitazione del contenuto della proprieta' privata deve concretizzarsi in una sorta di corrispondente utilita' che tragga origine dalla medesima proprieta'. In altri termini, secondo il disposto dell'art. 42 Cost., la proprieta' puo' essere soggetta a riduzioni del suo contenuto solo se tale limitazione afferisca ad utilita' che lo stesso diritto dominicale assicura in ordine ai doveri di solidarieta' sociale di cui all'art. 2 Cost. o ad altri diritti di rilevanza costituzionale. Ora, nella fattispecie, la norma oggetto dell'ordinanza, riguardo ai contratti di locazione ad uso abitativo, ha introdotto rilevanti limitazioni della proprieta' immobiliare e della stessa autonomia contrattuale, come detto, attraverso l'imposizione di un determinato ammontare del canone periodico e di una nuova durata del rapporto contrattuale, quale conseguenza della omessa o tardiva registrazione del contratto, cioe' di una condotta in violazione di un obbligo tributario. L'integrazione contrattuale prevista dal d.lgs. n. 23/2011 appare una sanzione comminata con la chiara finalita' di apprestare - rispetto al proprietario-locatore - un forte deterrente afferente alla violazione della norma tributaria. Ora, tale soluzione legislativa costituisce un'evidente compressione delle facolta' del proprietario il quale, per la sua condotta fiscalmente illegittima, subisce, di fatto (oltre, naturalmente, alle sanzioni di legge) l'imposizione di un contenuto del contratto di locazione che incide notevolmente sia sul reddito da locazione (in quanto calcolato secondo criteri predeterminati, palesemente inferiori ai canoni di mercato), che sul diritto alla restituzione della cosa locata (atteso che, dalla registrazione, volontaria o d'ufficio, tardiva e' computata "ab novo" la durata quadriennale minima di legge, con tendenziale rinnovo per altro quadriennio, salvo diniego motivato, a norma dell'art. 2, comma 1°, della legge n. 431/98). Tali limitazioni del diritto del locatore-proprietario appaiono di consistente ed incisivo contenuto, considerato il sostanziale svuotamento dell'autonomia privata in ordine alla pattuizione del canone di locazione, e il procrastinarsi del periodo di durata contrattuale, ben oltre quello di cui alla legge n. 431/98. Le norme introdotte dall'art. 3, comma 8°, del d.lgs. n. 23/2011 sono state indubbiamente finalizzate al raggiungimento di un interesse generale della collettivita' (cioe' l'adempimento dell'obbligo di pagare i tributi), ma non costituiscono certo espressione teleologica di una compressione del diritto di proprieta' corrispondente ad un'utilita' sociale che lo stesso diritto garantisce. Tali limitazioni del diritto di proprieta', nell'ambito del rapporto di locazione, non afferiscono in alcun modo alla funzione sociale della medesima proprieta' (cioe' la cosa locata) dirette, invece, a soddisfare un interesse generale esogeno ed esorbitante dal connotato ontologico del diritto dominicale. Al riguardo, nell'ambito della giurisprudenza della Corte Cost., in tema di (asserita) violazione dell'art. 42 Cost., l'orientamento consolidato e' sempre consistito nell'effettuare un bilanciamento tra il diritto di proprieta' e altri interessi di rango costituzionale la cui tutela s'appalesi inerente allo stesso diritto dominicale. In particolare, in tema di affitto di fondi rustici, la Corte ha affermato il principio per cui e' legittima la compressione della proprieta' mediante un canone predeterminato per legge, in una misura ritenuta equa dal legislatore, allorquando il sacrificio della proprieta' avvenga a favore dell'affittuario che coltivi direttamente la terra, con la propria forza-lavoro o dei suoi familiari, e negando invece la legittimita' alla compressione del diritto che avvenga a favore di un affittuario imprenditore che faccia lavorare da terzi la terra presa in affitto (Corte Cost., n. 155/1972; n. 153/1977). Da tali pronunce e' dato desumere che e' legittimo limitare il contenuto del diritto di proprieta' dell'affittante solo qualora cio' si traduca in un'utilita' della stessa proprieta' a favore del coltivatore-affittuario; in altri termini, la compressione della proprieta' e' declinata quale corrispondente interesse costituzionalmente rilevante a favore di terzi meritevoli di tutela rispetto al medesimo bene oggetto dell'intervento legislativo. Al riguardo, puo' essere ricordata anche la legislazione in tema di equo-canone, che introdusse limiti alla proprieta', per garantire e soddisfare interessi generali afferenti alla locazione ad uso abitativo della stessa proprieta' oggetto di limitazione. Se ne deduce, altresi', che la funzione sociale della proprieta' e' l'unico parametro della limitazione del diritto di proprieta', sicche' quest'ultimo non dovrebbe subire compressioni rilevanti ed irragionevoli finalizzate esclusivamente a soddisfare interessi del tutto esogeni al contenuto del diritto in questione, quantunque di rango costituzionale. Nel caso concreto, ricorre tale ipotesi, posto che le citate limitazioni delle facolta' del proprietario-locatore non garantiscono alcuna funzione sociale dell'immobile locale, ma integrano, nella sostanza, un'imposizione contrattuale di carattere sanzionatorio per infedelta' fiscale. Giova, altresi', rilevare che l'interesse statuale a garantire l'osservanza delle norme tributarie e' oggetto di piena tutela giuridica, attraverso le norme sanzionatorie vigenti in tema di accertamento e repressione dell'illecito fiscale.
P.Q.M. Letti gli artt. 134 e 137 Cost., 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e art. 23 della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 8°, del d.lgs. n. 23/2011, per violazione dell'art. 42 Cost. Dispone che la presente ordinanza sia notificata alle parti, al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata al Presidente del Senato e al Presidente della Camera dei Deputati. Dispone che, all'esito, l'ordinanza sia trasmessa alla Corte Costituzionale insieme al fascicolo processuale e con la prova delle avvenute notificazioni e comunicazioni prescritte nell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87. Sospende il giudizio. Napoli, 13 novembre 2013 Il g.u.: Caiazzo