N. 60 SENTENZA 24 - 28 marzo 2014

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Universita' - Ricercatori e professori universitari - Imposizione  di
  vincoli e limiti alle assunzioni. 
- Decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180 (Disposizioni urgenti per il
  diritto allo studio, la valorizzazione del merito e la qualita' del
  sistema   universitario   e   della   ricerca),   convertito,   con
  modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 9 gennaio 2009, n.
  1, art. 1, commi 1 e 3. 
-   
(GU n.15 del 2-4-2014 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Gaetano SILVESTRI; 
Giudici :Luigi MAZZELLA,  Sabino  CASSESE,  Giuseppe  TESAURO,  Paolo
  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe  FRIGO,  Alessandro  CRISCUOLO,  Paolo
  GROSSI, Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Sergio
  MATTARELLA, Mario Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,  Giuliano
  AMATO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 1 e
3, del decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180  (Disposizioni  urgenti
per il diritto  allo  studio,  la  valorizzazione  del  merito  e  la
qualita' del sistema universitario e della ricerca), convertito,  con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 9 gennaio  2009,  n.
1, promossi dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia  con
ordinanza del 28 marzo 2012 e dal Consiglio di  Stato  con  ordinanze
del 22 novembre 2012 e del 23 gennaio 2013, iscritte  rispettivamente
al n. 134 del registro ordinanze  2012  e  ai  numeri  42  e  58  del
registro ordinanze 2013, e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale  della
Repubblica n. 27, prima serie speciale, dell'anno 2012 e numeri 11  e
13, prima serie speciale, dell'anno 2013. 
    Visti gli atti di costituzione di P.L. e  di  P.M.,  nonche'  gli
atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito nell'udienza pubblica dell'11 febbraio 2014 e nella  camera
di consiglio del 12 febbraio  2014  il  Giudice  relatore  Alessandro
Criscuolo; 
    uditi gli avvocati Gennaro Notarnicola e  Pietro  Paolo  Lettieri
per P.L., Angelo Clarizia per P.M. e l'avvocato  dello  Stato  Ettore
Figliolia per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, con ordinanza
del 22 novembre  2012  (r.o.  n.  42  del  2013),  ha  sollevato,  in
riferimento agli artt. 3, 33 e 97 della  Costituzione,  questioni  di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  commi   1   e   3,   del
decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180 (Disposizioni urgenti  per  il
diritto allo studio, la valorizzazione del merito e la  qualita'  del
sistema   universitario   e   della   ricerca),    convertito,    con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 9 gennaio 2009, n. 1
- nel testo ante modifica, ai sensi dell'art. 11,  comma  1,  lettera
b), del decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 49 [Disciplina  per  la
programmazione, il monitoraggio e la valutazione delle  politiche  di
bilancio e di reclutamento degli atenei, in attuazione  della  delega
prevista dall'articolo 5, comma 1, della legge 30 dicembre  2010,  n.
240 e per il raggiungimento degli obiettivi  previsti  dal  comma  1,
lettere b) e c), secondo i principi normativi e i  criteri  direttivi
stabiliti al comma 4, lettere b), c), d), e) ed f) e al comma 5]. 
    1.1.- Il rimettente premette di essere chiamato a pronunciare  su
un ricorso in appello proposto dalla professoressa P.M. nei confronti
del Ministero  dell'istruzione,  dell'universita'  e  della  ricerca,
nonche' della Universita' degli Studi "Magna Graecia"  di  Catanzaro,
avverso la sentenza del Tribunale amministrativo per il Lazio  (d'ora
in avanti TAR) del 22 febbraio 2011, n. 1775. 
    Al riguardo espone che  -  come  riferito  dall'appellante  -  la
prof.ssa P.M., nel corso del 2008, aveva partecipato  alla  procedura
di valutazione comparativa indetta dalla citata universita',  per  la
copertura di un posto di professore ordinario presso la  facolta'  di
giurisprudenza -  settore  scientifico-disciplinare  Ius/14  (Diritto
dell'Unione europea), ed era stata dichiarata idonea all'esito  della
relativa procedura; che quest'ultima era stata indetta dalla medesima
universita' presso cui ella gia' prestava  servizio  in  qualita'  di
professore associato nel medesimo  settore  scientifico-disciplinare;
che, con delibera in  data  24  novembre  2010,  il  Consiglio  della
facolta'    di    giurisprudenza,     considerate     le     esigenze
didattico-scientifiche della facolta'  stessa,  aveva  deliberato  di
chiamare la docente a ricoprire il posto di ruolo di prima fascia per
il   menzionato   settore   scientifico-disciplinare   Ius/14;    che
l'Universita' non aveva assunto l'appellante come professore di prima
fascia  nell'insegnamento  da  lei  gia'  ricoperto  in  qualita'  di
professore associato; che ella aveva rivolto formale  richiesta  alla
detta Universita', al fine di essere nominata e immessa in ruolo,  ma
il Rettore aveva respinto  l'istanza,  in  asserita  ottemperanza  al
disposto della circolare ministeriale 27 marzo 2009, n. 478  (emanata
in applicazione del d.l. n. 180 del 2008), in quanto l'Universita' in
questione non sarebbe stata legittimata  a  procedere  all'assunzione
sulla base della propria dotazione di posti in organico. 
    Il rimettente ricorda che la circolare  ministeriale  menzionata,
nell'attuare il disposto dell'art. 1 del d.l. n. 180 del 2008, si  e'
soffermata, in particolare, sul contenuto  degli  obblighi  ricadenti
sulle universita' cosiddette "virtuose" (ossia sugli atenei  che,  al
pari di quello catanzarese, non abbiano superato, per quanto riguarda
le spese fisse e obbligatorie relative  al  personale  di  ruolo,  il
limite parametrico di cui  all'art.  51,  comma  4,  della  legge  27
dicembre 1997, n. 449, recante «Misure per la  stabilizzazione  della
finanza pubblica»,  pari  al  novanta  per  cento  dei  trasferimenti
statali sul fondo per  il  finanziamento  ordinario),  stabilendo  le
modalita' concrete con cui determinare il limite di spesa fissato per
procedere alle nuove assunzioni di personale  (in  base  all'art.  1,
comma 3, del d.l. n. 180 del 2008, tale  limite  e'  fissato  in  una
soglia di spesa pari al cinquanta per cento  di  quella  relativa  al
personale a tempo indeterminato complessivamente cessato dal servizio
nell'anno precedente). 
    Il Consiglio di Stato riferisce, altresi', che  il  provvedimento
rettorale di cui  sopra  era  stato  impugnato  dalla  prof.ssa  P.M.
dinanzi al TAR  del  Lazio  che,  dopo  avere  accolto  l'istanza  di
sospensione cautelare dell'atto impugnato, aveva respinto nel  merito
il ricorso; ed  aggiunge  che  la  sentenza  in  questione  e'  stata
impugnata in sede di appello dalla  prof.ssa  P.M.  la  quale  ne  ha
chiesto la riforma articolando i seguenti  motivi:  1)  violazione  e
falsa applicazione dell'art. 1 del d.l. n. 180 del 2008,  convertito,
con modificazioni, dalla legge n. 1 del 2009; 2) motivazione illogica
e contraddittoria; 3) illegittimita' dei provvedimenti  impugnati  in
primo grado per illegittimita' derivata dall'art.  1,  comma  3,  del
d.l. n. 180 del 2008, stante la violazione degli artt.  3,  33  e  97
Cost. 
    Con riguardo al motivo  sub  1),  secondo  l'appellante,  il  TAR
avrebbe dovuto rilevare l'illegittimita' delle previsioni di cui alla
circolare ministeriale 27 marzo 2009, la quale  avrebbe  erroneamente
desunto dalle disposizioni del d.l. n. 180 del  2008  un  divieto  di
assunzione. In particolare,  ad  avviso  della  docente,  qualora  si
ammettesse -  come  ritenuto  dal  TAR  -  che  la  citata  circolare
ministeriale  sia  conforme  alle  previsioni  di  legge  e   che   a
quest'ultima sia effettivamente riferibile il divieto di assunzione a
lei opposto, ne conseguirebbero effetti «illogici  e  irragionevoli»,
tali  da  palesare  l'implausibilita'  della  proposta  ricostruzione
interpretativa. La lettura del pertinente quadro legislativo  offerta
dal Tribunale sarebbe erronea, in quanto  comporterebbe  che,  mentre
alle  universita'  caratterizzate   da   una   deteriore   situazione
finanziaria sarebbe, comunque, consentito procedere ad assunzioni dei
professori associati  (recte:  ricercatori)  risultati  vincitori  di
concorsi espletati alla data di entrata  in  vigore  della  legge  di
conversione - senza il rispetto di alcuna percentuale e con  il  solo
limite del non aggravio di spesa - al contrario, la medesima facolta'
sarebbe preclusa alle universita' cosiddette "virtuose", anche  nelle
ipotesi in cui cio' non determini alcun aggravio di spesa. 
    Sotto tale aspetto, il Tribunale non avrebbe tenuto adeguatamente
conto  del  fatto  che  l'assunzione  dell'appellante   non   avrebbe
determinato alcun aggravio di spesa a carico  dell'Universita'  degli
Studi "Magna Graecia", in considerazione del fatto che: a) essa  gia'
prestava servizio  presso  quell'ateneo  in  qualita'  di  professore
associato;  b)  gli  oneri  complessivi  connessi  allo   status   di
professore associato con alcuni anni di anzianita' di servizio  erano
addirittura  superiori  a  quelli  che   sarebbero   stati   connessi
all'immissione in servizio in qualita' di professore ordinario. 
    Inoltre, il TAR non avrebbe considerato che, nel caso in esame, i
divieti e  i  limiti  alle  nuove  assunzioni  non  potevano  trovare
applicazione dato che  l'appellante  gia'  prestava  servizio  presso
l'ateneo catanzarese,  con  la  conseguenza  che  il  passaggio  alla
qualifica di professore ordinario costituiva  un  mero  passaggio  di
livello e, in quanto tale, inidoneo a determinare l'instaurazione  di
un nuovo rapporto d'impiego. 
    Con riguardo al motivo di appello  sub  2),  in  via  subordinata
rispetto alle argomentazioni sub 1) e per l'ipotesi in cui l'art.  1,
comma 3, del d.l. n. 180 del 2008, sia effettivamente da interpretare
nel senso che per  le  universita'  ivi  contemplate  il  legislatore
avrebbe inteso fissare un generalizzato limite alle assunzioni, senza
riconoscere le  deroghe  ammesse  nel  caso  delle  universita'  "non
virtuose", l'appellante ha chiesto che il Collegio sollevi  questione
di legittimita' costituzionale in ordine  alle  previsioni  di  legge
ostative alla sua effettiva immissione in  servizio,  per  violazione
degli artt. 3, 33 e 97 Cost. 
    Il rimettente riferisce che si sono  costituiti  in  giudizio  il
Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della  ricerca  nonche'
l'Universita' degli Studi "Magna Graecia" di Catanzaro, chiedendo  il
rigetto dell'appello; che, con ordinanza n. 1333 del 2012,  e'  stata
accolta  l'istanza  di  sospensione  cautelare  degli  effetti  della
sentenza appellata; che, alla pubblica udienza del 3 luglio 2012,  il
ricorso e' stato trattenuto in decisione. 
    1.2.- Il Consiglio di Stato ritiene che, ai fini della decisione,
risulti  necessario  esaminare  le  deduzioni  dell'appellante  sulla
legittimita' costituzionale delle previsioni di cui ai commi  1  e  3
dell'art. 1 del d.l. n. 180 del 2008, convertito, con  modificazioni,
dalla legge n. 1 del 2009, in riferimento agli artt. 3, 33 e 97 Cost. 
    Il collegio, nel riportare il contenuto dell'art. 1, comma 1, del
d.l. n. 180 del 2008, poi convertito (nella  formulazione,  rilevante
ai fini del giudizio, anteriore alle modifiche di  cui  al  comma  1,
lettera b, dell'art. 11 del d.lgs. n. 49 del 2012), pone in  evidenza
come la disposizione  in  esame  imponesse  un  generale  divieto  di
procedere  a  nuove  assunzioni  nei  confronti   delle   universita'
cosiddette "non virtuose", le quali  avessero  superato,  per  quanto
riguarda le spese fisse e obbligatorie per il personale di ruolo,  il
limite parametrico di cui all'art. 51, comma 4, della  legge  n.  449
del 1997. Il rimettente sottolinea che, in sede  di  conversione,  la
rigidita' del vincolo in questione era  stata  attenuata,  prevedendo
per  le  medesime  universita'  la  possibilita'  di  completare   le
assunzioni  dei  ricercatori  vincitori  dei  concorsi  di   cui   al
decreto-legge 7 settembre 2007,  n.  147  (Disposizioni  urgenti  per
assicurare l'ordinato avvio  dell'anno  scolastico  2007-2008  ed  in
materia di concorsi per ricercatori  universitari),  convertito,  con
modificazioni, dall'art. 1 della legge 25 ottobre 2007, n. 176, e  di
cui al decreto-legge 3 giugno 2008, n. 97  (Disposizioni  urgenti  in
materia di monitoraggio e trasparenza dei meccanismi  di  allocazione
della spesa pubblica, nonche' in materia  fiscale  e  di  proroga  di
termini), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1,  della
legge 2 agosto 2008, n. 129,  a  condizione  che  l'attenuazione  del
vincolo avvenisse «senza oneri  aggiuntivi  a  carico  della  finanza
pubblica». 
    Il rimettente, nel riportare, altresi', il contenuto del comma  3
del citato art. 1 (la cui formulazione non e'  stata  modificata  nel
corso del tempo), pone in rilievo come la disposizione  in  questione
stabilisca nei confronti  degli  atenei  "virtuosi"  -  quale  quello
appellato e i cui effetti sono limitati al triennio 2009-2011  -  non
gia' un divieto assoluto di  procedere  a  nuove  assunzioni,  ma  la
possibilita'  di  nuove  assunzioni   limitata   a   un   contingente
numericamente tale da produrre una spesa non superiore  al  cinquanta
per  cento  di  quella  relativa  personale  a  tempo   indeterminato
complessivamente cessato dal servizio nell'anno precedente. 
    Il rimettente evidenzia come il comma 3 del  citato  art.  1  non
preveda  alcuna  clausola  di  salvaguardia  diretta  a  favorire  il
completamento delle  procedure  concorsuali  in  atto,  sia  pure  ad
invarianza di spesa. 
    Ad avviso del collegio, non sarebbero manifestamente infondate le
questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 1,  comma  3,  del
d.l. n. 180 del 2008, convertito dalla legge n. 1 del  2009,  per  la
parte in cui prevede che le universita' "virtuose" siano astrette  in
modo rigido al vincolo assunzionale del cinquanta per cento del costo
connesso  alle  cessazioni  di   personale   verificatesi   nell'anno
precedente, senza che alle stesse sia riconosciuta la possibilita' di
accedere ad una clausola di salvaguardia  -  quale  quella  volta  al
completamento delle procedure concorsuali in atto - neppure nel  caso
in cui cio' si renda possibile «senza oneri aggiuntivi a carico della
finanza pubblica». 
    1.3.- In punto di rilevanza, il Consiglio di  Stato  osserva  che
l'oggetto  principale   dell'impugnativa   e'   rappresentato   dalla
circolare  ministeriale  27   marzo   2009,   n.   478,   la   quale,
nell'interpretare le previsioni dettate dall'art. 1 del d.l.  n.  180
del 2008, poi convertito, ha concluso nel senso che il  nuovo  regime
impediva l'assunzione del  docente  universitario  in  ipotesi  quale
quella di interesse della ricorrente. 
    Ad avviso  del  giudice  a  quo,  la  circolare  in  questione  -
nell'escludere   la   possibilita'   di   procedere    all'assunzione
dell'appellante - avrebbe correttamente interpretato le  disposizioni
di legge della cui legittimita' costituzionale  si  dubita,  per  cui
l'impedimento all'assunzione deriverebbe in via immediata dall'art. 1
del d.l. n. 180 del 2008, convertito dalla legge n.  1  del  2009,  e
l'appellante avrebbe potuto in concreto aspirare all'assunzione  solo
in assenza (o previa rimozione) della richiamata disciplina primaria. 
    In particolare, il rimettente deduce che la circolare  impugnata,
laddove non tiene in considerazione il  fatto  che  l'assunzione  non
avrebbe determinato alcun aggravio  di  spesa  -  ma,  al  contrario,
avrebbe prodotto nell'immediato un risparmio  -  avrebbe  attuato  in
modo coerente il paradigma legislativo di riferimento, il  quale  non
consente di declinare in modo  differenziato  il  divieto  a  seconda
dell'eventuale  risparmio  connesso  alla  singola   assunzione.   Al
riguardo, il collegio sottolinea come il comma 3 dell'art. 1 del d.l.
n.  180  del  2008,  poi  convertito,   faccia   scattare   in   modo
sostanzialmente automatico il divieto di procedere a nuove assunzioni
non appena  risulti  superato  il  parametro  della  spesa,  pari  al
cinquanta per cento di quella del  personale  a  tempo  indeterminato
complessivamente  cessato  dal  servizio  nell'anno  precedente.   La
medesima  disposizione,  quindi,  non  consentirebbe  di  tenere   in
considerazione i maggiori o minori oneri conseguenti  alle  ulteriori
assunzioni, una volta che il richiamato parametro risulti superato. 
    Il collegio ritiene, altresi', la circolare impugnata conforme al
pertinente paradigma legislativo per la parte in cui ammette che  gli
atenei "non virtuosi" completino le assunzioni dei docenti  vincitori
di  concorsi  -  sia  pure  con  il  vincolo  dell'assenza  di  oneri
aggiuntivi a carico della finanza pubblica - mentre  per  gli  atenei
"virtuosi" impone un indifferenziato limite alle nuove  assunzioni  a
prescindere dal fatto che tali assunzioni comportino o meno  nuovi  o
maggiori oneri (che nel caso in esame, almeno  inizialmente,  non  vi
sarebbero,  atteso  che  il  trattamento  economico  del   professore
ordinario, all'atto della prima nomina, e', nei  fatti,  inferiore  a
quello del professore associato con alcuni anni di anzianita'). 
    Il Consiglio di Stato esclude  la  possibilita'  di  una  lettura
costituzionalmente orientata, suggerita dall'appellante in  relazione
al combinato disposto dei commi 1 e 3 del citato art.  1,  in  quanto
dal disposto testuale dei medesimi  commi  emergerebbe  che,  per  le
universita' di cui al comma 3, il vincolo assunzionale ricondotto nel
limite del cinquanta per cento  non  ammetterebbe  deroga  alcuna  in
relazione ai vincitori di procedure concorsuali in essere  alla  data
di entrata in vigore della legge (e cio', neanche  nel  caso  in  cui
l'ulteriore assunzione, almeno in una  fase  iniziale,  non  comporti
alcun onere aggiuntivo per le casse dell'ateneo). 
    Il rimettente ritiene,  altresi',  di  non  condividere  la  tesi
secondo  cui  il  passaggio  da  professore  associato  a  professore
ordinario non determinerebbe l'instaurazione di un nuovo rapporto  di
lavoro. Infatti, anche ad ammettere che  tra  le  due  qualifiche  in
questione sussista un nesso di sostanziale continuita' (Consiglio  di
Stato, sezione sesta, sentenza 16 novembre 2004, n. 7483),  cio'  non
impedirebbe di ritenere che il passaggio dall'una all'altra  di  esse
comporti la soluzione di continuita' rispetto  al  primo  rapporto  e
l'instaurazione di un  rapporto  lavorativo  nuovo  e  diverso  (sono
richiamate le sentenze della Corte costituzionale n. 407 del  2005  e
n. 194 del 2002). 
    Il collegio ritiene di  dover  fare  applicazione,  nel  caso  di
specie, dei principi di cui alla sentenza  del  Consiglio  di  Stato,
Adunanza plenaria, 28 maggio 2012, n. 17, la quale ha chiarito che il
divieto di assunzione previsto dall'art. 1 del d.l. n. 180 del  2008,
poi convertito, opera anche per  l'inquadramento  in  ruolo,  in  una
fascia superiore, di docenti gia'  in  servizio  presso  la  medesima
universita', atteso che il nuovo inquadramento in ruolo  del  docente
e' frutto dell'esito positivo di una  procedura  concorsuale  aperta,
che da' luogo ad  un'assunzione  in  senso  proprio  e  non  al  mero
passaggio di qualifica per effetto di procedura riservata. 
    Per  conseguenza,  il  rimettente  esprime  l'avviso   che   alla
fattispecie in questione si applichino i limiti alle nuove assunzioni
di cui al citato art. 1, comma 3; e, stante il recente pronunciamento
della Adunanza plenaria (sentenza 28 maggio  2012,  n.  17),  esclude
che, nel caso in esame, possa trovare applicazione la  giurisprudenza
amministrativa secondo cui il cosiddetto  «blocco  delle  assunzioni»
non potrebbe applicarsi  in  relazione  ai  cosiddetti  «passaggi  di
livello» (Consiglio di Stato, sesta  sezione,  sentenza  16  novembre
2004, n. 7483). 
    In conclusione,  il  giudice  a  quo  ritiene  che  la  circolare
ministeriale 27 marzo 2009, n. 478 (ossia l'atto  in  base  al  quale
l'universita' ha respinto l'istanza volta all'immissione in  servizio
della parte privata quale professore ordinario) non abbia  introdotto
limiti alle  assunzioni  nuovi  e  diversi  rispetto  a  quelli  gia'
desumibili dal richiamato dettato  normativo.  La  fissazione  di  un
sistema di computo atto a valutare le retribuzioni medie  (attraverso
il ricorso al metodo dei cosiddetti  «punti  organico»)  al  fine  di
determinare la spesa complessivamente riferibile al personale cessato
dal  servizio  nell'anno  precedente,  costituirebbe   un   parametro
applicativo di per se' non irragionevole e certamente compatibile con
la lettera e la ratio della disciplina legislativa del 2008. 
    Il Consiglio di Stato, poi, osserva che il  secondo  aspetto,  in
relazione al quale occorre verificare la sussistenza della  rilevanza
della questione  di  legittimita'  costituzionale,  riguarderebbe  il
fatto che il comma 3 dell'art. 1 del d.l. n. 180 del 2008, convertito
dalla legge n. 1 del 2009, trovava applicazione soltanto in relazione
al triennio 2009-2011. Da cio' deriverebbe che,  al  momento  in  cui
l'appello e' stato proposto (la notifica dell'atto di appello  risale
al marzo 2012), la disposizione  censurata  aveva  ormai  cessato  di
produrre i suoi effetti  e  non  poteva  risultare  preclusiva  della
possibilita' di proporre una nuova istanza di assunzione. 
    Inoltre, ai fini del giudizio di rilevanza, andrebbe  considerato
che, nelle more del giudizio, e' entrato in vigore il  d.lgs.  n.  49
del 2012, il cui art. 11 ha abrogato il primo  periodo  dell'art.  1,
comma 1, del d.l. n. 180 del 2008, convertito dalla legge  n.  1  del
2009; mentre il comma 3 dell'art. 14 del decreto-legge 6 luglio 2012,
n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con
invarianza dei servizi ai cittadini nonche' misure  di  rafforzamento
patrimoniale delle imprese del  settore  bancario),  convertito,  con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 7  agosto  2012,  n.
135, ha aggiunto il comma 13-bis all'art.  66  del  decreto-legge  25
giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo  economico,
la  semplificazione,  la  competitivita',  la  stabilizzazione  della
finanza pubblica  e  la  perequazione  tributaria),  convertito,  con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 6  agosto  2008,  n.
133, il quale  ha  previsto  ulteriori  limiti  assunzionali  per  le
universita' statali relativamente al triennio 2012-2014, nonche' agli
anni 2015 e 2016. 
    Ad avviso del collegio, la circostanza per cui,  nelle  more  del
giudizio, la disposizione su cui si fondava il diniego di  assunzione
(ossia l'art. 1, comma 3) abbia cessato di produrre i  suoi  effetti,
nonche' la circostanza per cui l'ulteriore disposizione  relativa  al
caso delle  universita'  "non  virtuose"  (art.  1,  comma  1,  primo
periodo, assunto a  parametro  del  vaglio  di  ragionevolezza  sulla
disposizione di cui al successivo comma 3)  sia  stata  espressamente
abrogata,  non  incidono   sulla   rilevanza   della   questione   di
legittimita' costituzionale relativa al richiamato art. 1,  comma  3,
in combinato disposto con il comma 1 del medesimo articolo. 
    Al   riguardo,   e'   richiamato   l'orientamento   della   Corte
costituzionale secondo cui e' rilevante la questione di  legittimita'
costituzionale di una disposizione  che,  medio  tempore,  sia  stata
abrogata e sostituita da altra norma. Cio' in quanto l'abrogazione di
una disposizione non toglie, di per se', rilevanza alla questione  di
legittimita'  costituzionale  avente  ad  oggetto   la   disposizione
precedente, atteso che, ove un determinato  atto  amministrativo  sia
adottato sulla base  di  una  norma  poi  abrogata,  la  legittimita'
dell'atto deve essere esaminata, in virtu' del principio tempus regit
actum, con riguardo alla situazione di fatto e di  diritto  esistente
al momento della sua adozione (sentenza n. 177 del 2012). 
    Il  rimettente   ritiene   che   la   richiamata   giurisprudenza
costituzionale (formatasi sull'ipotesi di questione  di  legittimita'
concernente  una  legge  medio  tempore  abrogata),   possa   trovare
applicazione anche in relazione all'ipotesi di norma  di  legge  che,
nelle more del giudizio, abbia aliunde cessato di produrre  i  propri
effetti (ad esempio, per decorso del lasso temporale al quale era  ab
initio limitata la sua efficacia). Pertanto, e'  dell'avviso  che  la
questione  di  legittimita'  costituzionale,  relativa  al  combinato
disposto dei commi 1 e 3 dell'art. 1 del d.l. n. 180  del  2008,  sia
rilevante ai fini della definizione del giudizio a quo,  quanto  meno
in relazione ai profili risarcitori della vicenda. 
    Al riguardo, il collegio richiama il comma  3  dell'art.  34  del
decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104  (Attuazione  dell'articolo
44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al  governo  per
il riordino  del  processo  amministrativo),  il  quale  dispone  che
«Quando, nel corso del  giudizio,  l'annullamento  del  provvedimento
impugnato non risulta  piu'  utile  per  il  ricorrente,  il  giudice
accerta l'illegittimita' dell'atto se sussiste  l'interesse  ai  fini
risarcitori» (Consiglio di stato, sezione sesta, ordinanza 18  giugno
2012, n. 3541). 
    Il rimettente osserva che, se, per  un  verso,  e'  vero  che  la
disposizione sulla quale e' stato fondato il  diniego  di  assunzione
(ossia, l'art. 1, comma 3) ha cessato  di  produrre  i  suoi  effetti
nelle more del giudizio, per altro verso cio' non ha  determinato  il
venire meno, in  punto  di  fatto,  dell'ostacolo  all'assunzione  in
servizio dell'appellante,  essendo  entrato  in  vigore  il  comma  3
dell'art. 14 del d.l. n. 95 del 2012, il quale ha introdotto  per  le
universita' ulteriori limiti alle nuove assunzioni. 
    1.4.-  Il  Consiglio  di  Stato  ritiene  che  la  questione   di
legittimita' costituzionale del combinato disposto dei commi  1  e  3
dell'art. 1 del d.l. n. 180 del 2008, convertito, con  modificazioni,
dalla  legge  n.  1  del  2009,  sia,  altresi',  non  manifestamente
infondata, in riferimento agli artt. 3, 33 e 97 Cost. 
    In primo luogo, osserva  che  il  combinato  disposto  delle  due
richiamate  disposizioni  potrebbe  risultare  in  contrasto  con  il
generale canone di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost. 
    Il rimettente rileva che  le  disposizioni  censurate  potrebbero
avere  instaurato  un  sistema  il  quale  -  in   modo   del   tutto
irragionevole - avrebbe applicato, per cio' che riguarda i vincoli  e
i limiti alle assunzioni (in particolare, per cio' che  attiene  alla
possibilita'  di  procedere  alle  assunzioni  di   vincitori   delle
procedure gia' avviate al momento dell'entrata in vigore della  legge
di  conversione  del  d.l.  n.  180  del  2008),  un   ingiustificato
trattamento di  maggior  vantaggio  per  gli  atenei  "non  virtuosi"
rispetto agli atenei "virtuosi". E, infatti, mentre  per  gli  atenei
"non  virtuosi"  il  rigido  divieto  di  nuove  assunzioni   sarebbe
temperato  dalla   rilevantissima   eccezione   rappresentata   dalla
possibilita' di completare le assunzioni  dei  ricercatori  vincitori
delle procedure selettive ivi espressamente richiamate  (nonche'  dei
vincitori di concorsi comunque espletati  alla  data  di  entrata  in
vigore della legge di  conversione  del  d.l.  n.180  del  2008),  al
contrario per gli atenei "virtuosi" il limite alle  nuove  assunzioni
(che  possono  essere   effettuate   per   un   contingente   massimo
corrispondente ad una spesa pari al cinquanta  per  cento  di  quella
relativa al personale a tempo indeterminato complessivamente  cessato
dal   servizio   nell'anno   precedente)   non   conoscerebbe   alcun
temperamento o eccezione, neanche  nell'ipotesi  in  cui  la  singola
assunzione - come nel caso in esame - sarebbe  possibile,  almeno  in
una  prima  fase,   senza   aggravio   finanziario   per   le   casse
dell'universita'. 
    Al riguardo, il collegio rileva la  difficolta'  di  individuare,
nelle previsioni di cui al comma 1 del citato art. 1 del d.l. n.  180
del 2008, poi convertito, un effettivo tertium comparationis per cio'
che riguarda la disciplina  dei  limiti  assunzionali  nei  confronti
delle universita' "virtuose" di cui al successivo comma 3,  stante  i
numerosi  punti  di   eterogeneita'   che   caratterizzano   le   due
disposizioni. 
    In particolare, il rimettente osserva che nel caso di atenei "non
virtuosi", al piu'  favorevole  trattamento  per  cio'  che  concerne
l'assunzione dei vincitori delle procedure selettive gia' in atto, fa
«da contraltare» un piu' rigido limite generale alle nuove assunzioni
(il quale si concreta in un divieto sotto  ogni  aspetto  assoluto  e
generalizzato);  mentre,  al  contrario,  nel   caso   degli   atenei
"virtuosi" al meno favorevole trattamento per cio'  che  concerne  il
perfezionamento delle procedure pregresse,  fa  «da  contraltare»  un
trattamento oggettivamente di maggior favore per cio' che concerne  i
vincoli assunzionali (per i quali e' posto un limite numerico  e  non
un divieto assoluto). 
    Il giudice a quo rileva come l'impossibilita' di individuare  una
sorta  di  "simmetria"  tra  le  due  richiamate  disposizioni  renda
difficile operare  un  giudizio  di  legittimita'  sulla  complessiva
scelta legislativa sotto il profilo del  rispetto  del  principio  di
eguaglianza e parita' di trattamento (a meno di  entrare  nel  merito
delle scelte rimesse all'interpositio legislatoris). 
    Esso ritiene, tuttavia,  che  il  concreto  assetto  disciplinare
risultante dal combinato operare delle disposizioni  censurate  possa
palesare evidenti  profili  di  irragionevolezza,  in  considerazione
degli effetti concreti che quell'assetto e' in grado di determinare. 
    Al riguardo, osserva che, anche a volere considerare  l'oggettivo
carattere di maggior rigore che caratterizza la disciplina  in  esame
per cio' che riguarda i divieti generali di assunzione a carico degli
atenei "non virtuosi", l'effetto  pratico  prodotto  dalla  norma  e'
quello di consentire a tale tipologia di atenei un  rilevante  numero
di assunzioni di ricercatori (viene richiamata l'ipotesi in cui, alla
data di entrata in vigore del  d.l.  n.  180  del  2008,  la  singola
universita'  avesse  in  corso  di  svolgimento  numerose   procedure
concorsuali). 
    Il collegio pone in evidenza come, in definitiva, il  complessivo
assetto della disciplina dettato dal citato comma 1, sarebbe tale  da
consentire che, nei fatti, l'eccezione (possibilita'  di  assumere  i
ricercatori  vincitori  dei   concorsi   in   precedenza   espletati)
travalichi del  tutto  la  regola  (divieto  generalizzato  di  nuove
assunzioni), sino a renderla nei fatti inoperante. 
    Diversamente, i limiti e vincoli  assunzionali,  complessivamente
imposti agli atenei "virtuosi", non presenterebbero alcuna  possibile
deroga o eccezione, neanche per l'ipotesi in cui - come nel  caso  in
esame - la singola assunzione non potrebbe  comunque  produrre  alcun
aggravio di spesa per l'ateneo. 
    Il Consiglio  di  Stato  ritiene,  sotto  tale  aspetto,  che  il
combinato operare delle due richiamate disposizioni sia irragionevole
anche per un diverso profilo, da esaminarsi  sotto  l'angolo  visuale
del generale obiettivo di contenimento della spesa di cui al d.l.  n.
180 del 2008. 
    Al riguardo, il giudice a quo sottolinea  che,  mentre  nel  caso
degli atenei "non virtuosi" il  limite  "fisiologico"  all'espansione
della spesa per nuove assunzioni  e'  rappresentato  dall'assenza  di
oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica, ossia,  nei  fatti,
dall'invarianza degli oneri per il  personale  registrati  nel  corso
dell'anno precedente, al contrario, nel caso degli atenei  "virtuosi"
il medesimo limite "fisiologico" all'espansione della spesa per nuove
assunzioni e' posto ad un livello  di  gran  lunga  inferiore,  ossia
nella richiamata misura del cinquanta per cento della  spesa  per  il
personale cessato dal servizio nel corso dell'anno precedente. 
    Pertanto, il rimettente dubita della legittimita'  costituzionale
del  combinato  disposto  delle  disposizioni  richiamate,  sotto  il
profilo della manifesta irragionevolezza, in  quanto:  1)  la  scelta
normativa risulterebbe maggiormente penalizzante nei confronti  degli
enti che abbiano  tenuto  comportamenti  "virtuosi"  (e  maggiormente
compatibili con il perseguimento degli obiettivi di  contenimento  di
spesa fissati), rispetto agli  enti  che  abbiano  operato  in  senso
contrastante rispetto a tali  obiettivi;  2)  il  risultato  concreto
della richiamata scelta legislativa sarebbe nel senso  di  consentire
ai soli soggetti  meno  virtuosi  di  disporre  di  deroghe  tali  da
vanificare la tenuta concreta del  principio  di  contenimento  della
spesa cui il complessivo intervento normativo mirava. 
    Peraltro, il collegio ritiene che non  si  potrebbe  pervenire  a
conclusioni diverse rispetto a quelle delineate  neanche  qualora  si
considerasse che le deroghe consentite dal comma 1 del citato art. 1,
in favore degli atenei "non virtuosi", riguardino la sola  assunzione
di ricercatori universitari, mentre nel caso in esame si fa questione
dell'assunzione di un professore ordinario. 
    In proposito, il rimettente osserva  che,  se  si  riguarda  alla
questione sotto il piu' generale  angolo  visuale  della  coerenza  e
ragionevolezza del complessivo disegno normativo delineato nel  2008,
cio' che viene in rilievo e'  la  possibilita',  in  se',  di  potere
fruire di eccezioni ai divieti e ai limiti alle  nuove  assunzioni  e
non la circostanza puntuale relativa  alla  tipologia  di  assunzioni
oggetto della deroga legale. 
    Anche sotto tale aspetto, il collegio sottolinea che e' censurata
non la disparita' di trattamento tra le ipotesi disciplinate al comma
1 e quelle disciplinate al comma 3 del  richiamato  art.  1  (censura
resa  complicata  dal  carattere  eterogeneo  delle   previsioni   in
questione e dalla difficolta' di  individuare  un  effettivo  tertium
comparationis nell'ambito di un  giudizio  di  eguaglianza),  quanto,
piuttosto,   il   carattere   complessivamente    irragionevole    ed
ingiustificato della scelta normativa  operata  nel  corso  dell'anno
2008. 
    Ad avviso del Consiglio di Stato, impostati in tal modo i termini
concettuali della questione, non sembrerebbe ostare  al  giudizio  di
non manifesta infondatezza la circostanza per  cui  il  comma  1  del
citato art. 1 non consente deroghe  per  il  caso  di  assunzioni  di
professori  ordinari  (ossia,  per  ipotesi  assimilabili  a   quella
all'origine dei fatti di causa). 
    Il rimettente ritiene, altresi', non manifestamente infondata  la
questione di legittimita' costituzionale del combinato  disposto  dei
commi 1 e 3 dell'art. 1 del d.l. n. 180 del 2008, poi convertito,  in
riferimento all'art.  33  Cost.,  in  materia  di  limiti  e  vincoli
all'autonomia universitaria. 
    Al riguardo, osserva che, se, per un verso, il  legislatore  puo'
imporre legittimamente vincoli e limiti al pieno  esercizio  di  tale
autonomia,  laddove  siffatta  imposizione  risulti  finalizzata   al
perseguimento di interessi  e  finalita'  di  rilievo  costituzionale
(come, nel  caso  di  specie,  il  perseguimento  di  imprescindibili
obiettivi  di  sostenibilita'  del  bilancio),   per   altro   verso,
l'imposizione di tali vincoli potrebbe  risultare  costituzionalmente
illegittima laddove - per le medesime ragioni sopra  esposte  -  essa
non  rinvenga  un'effettiva  giustificazione  nel  perseguimento  dei
richiamati obiettivi di carattere economico e finanziario. 
    Infine, il collegio censura il combinato disposto dei commi 1 e 3
del citato art. 1, in riferimento all'art. 97 Cost. sotto il  profilo
del buon andamento e  dell'imparzialita'  nella  disciplina  e  nella
gestione dell'amministrazione pubblica. 
    A tal proposito, rileva che, se per  un  verso,  puo'  ammettersi
l'incidenza dell'interpositio legislatoris sulle variabili sottese ad
alcune tra le principali  scelte  organizzative  e  gestionali  delle
amministrazioni pubbliche (come quelle  relative  alla  provvista  di
personale), per altro verso,  non  puo'  ammettersi  la  legittimita'
costituzionale di tali  interventi,  laddove  gli  stessi  presentino
carattere di irragionevolezza e incidano in modo  contraddittorio  ed
ingiustificato sulle richiamate variabili organizzative. 
    2.- Con memoria  depositata  in  data  28  febbraio  2013  si  e'
costituita in giudizio  la  professoressa  P.M.  la  quale,  nel  far
proprie  le  argomentazioni  dell'ordinanza  di  rimessione,   chiede
l'accoglimento   della   sollevata    questione    di    legittimita'
costituzionale. 
    3.- Con atto depositato in data 2 aprile 2013, e' intervenuto  il
Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e  difeso  dalla
Avvocatura generale  dello  Stato,  chiedendo  che  la  questione  di
legittimita' costituzionale sia dichiarata non fondata. 
    Quanto alla censura mossa in riferimento all'art. 3  Cost.  -  in
relazione alla circostanza  che  la  disposizione  sul  blocco  delle
assunzioni applicabile alle universita' "non virtuose", nel prevedere
la  possibilita'  di  assunzione  dei  ricercatori  vincitori   delle
procedure  concorsuali  in  precedenza  espletate,  predisporrebbe  a
favore di queste ultime un  sistema  di  maggior  favore  rispetto  a
quello previsto per le universita' "virtuose" -  la  difesa  erariale
sottolinea la disomogeneita' dei termini di comparazione. 
    Al riguardo, il Presidente del Consiglio dei ministri  sottolinea
che, mentre per le universita' "non virtuose", le assunzioni  ammesse
sono solo quelle ivi  indicate  -  essendo  stato  istituito  per  la
restante tipologia e provvista di personale universitario  un  regime
di blocco assunzionale  assoluto  -  per  gli  atenei  "virtuosi"  e'
prevista la possibilita' di  assunzione  di  tutte  le  categorie  di
personale entro  il  limite  del  cinquanta  per  cento  della  spesa
relativa al personale cessato, con il vincolo di destinare  non  meno
del sessanta per cento delle risorse investibili al  reclutamento  di
ricercatori a tempo indeterminato. La difesa erariale evidenzia  come
anche per le universita' "virtuose"  sia  prevista  una  clausola  di
salvaguardia per l'assunzione dei ricercatori selezionati  attraverso
le procedure concorsuali di cui all'art. 1, comma 648, della legge 27
dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale dello Stato  -  Legge  finanziaria  2007),  nei
limiti delle risorse residue previste dal comma 650 del predetto art.
1. 
    Pertanto, ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri,  i
numerosi  e  considerevoli   tratti   distintivi   delle   discipline
raffrontate renderebbero non  fondata  la  censura  di  irragionevole
disparita' di trattamento. 
    La difesa statale ritiene non convincente la tesi del rimettente,
in quanto non tiene conto dell'esigenza di tutelare l'affidamento dei
ricercatori vincitori di concorsi  espletati  prima  dell'entrata  in
vigore della norma, i quali, se  aspirassero  ad  essere  assunti  da
un'universita'  "non  virtuosa",  in  mancanza  della   clausola   di
salvaguardia,  verrebbero  del  tutto  pregiudicati  dal  divieto  di
effettuare nuove assunzioni di cui al citato art.  1,  comma  1,  del
d.l. n. 180 del 2008. 
    Il paventato  pregiudizio  non  si  verificherebbe  nel  caso  di
universita'  "virtuose",  in  quanto  la  disposizione  di   cui   al
successivo  comma  3  ammette  nuove  assunzioni,  sebbene  entro  il
predetto limite di spesa del cinquanta per cento dei risparmi per  il
personale cessato dal servizio. 
    La suddetta difesa sottolinea come il  combinato  disposto  delle
due richiamate disposizioni sia del tutto coerente, se analizzato dal
punto di vista della tutela dei diritti dei ricercatori vincitori dei
concorsi gia' espletati, perche' entrambe le norme, secondo modalita'
diverse in ragione degli interessi che le  stesse  sono  destinate  a
soddisfare, assicurano la realizzazione di tale esigenza evitando  di
compromettere in modo definitivo le chance professionali e di vita di
candidati che si trovano in una  fase  cruciale  per  l'effettuazione
delle proprie scelte professionali. Il Presidente del  Consiglio  dei
ministri rileva come il meccanismo  del  "blocco  delle  assunzioni",
delineato dal legislatore nel 2008, persegua non  solo  finalita'  di
carattere  finanziario,  ma  anche  di  incentivazione  del  ricambio
generazionale del personale docente. 
    In particolare, le due disposizioni risulterebbero  coerenti  nel
predisporre un sistema che, se per un verso mira a  guidare  l'ateneo
al rientro nei parametri di legge (riguardo  al  rapporto  tra  spese
fisse e obbligatorie per  il  personale  di  ruolo  e  l'entita'  dei
trasferimenti  statali  sul  fondo   di   finanziamento   ordinario),
dall'altro salvaguarda la figura del  ricercatore,  consentendone  le
assunzioni in deroga al  divieto  (comma  1)  e  prevedendo,  per  le
universita' "virtuose", la destinazione di una quota non inferiore al
sessanta per cento delle somme disponibili per le nuove assunzioni  a
favore  di  professionalita'   (ricercatori   e   contrattisti)   che
intraprendono la carriera universitaria (comma 3). 
    Ad avviso della difesa statale, le differenze tra le  due  regole
previste dai commi 1 e 3 dell'art.  1  andrebbero  interpretate  alla
luce degli scopi complessivi che la normativa e' diretta a realizzare
ed  in  ragione  dei  quali  le  dedotte  censure  di  disparita'  di
trattamento non risulterebbero fondate  data  la  unitaria  linea  di
politica legislativa volta a valorizzare la figura del ricercatore. 
    La circostanza che  la  normativa  in  esame  persegue  finalita'
ulteriori e diverse rispetto al mero risparmio di  spesa  varrebbe  -
secondo il Presidente del Consiglio dei ministri - a confutare  anche
la censura  secondo  cui  l'assunzione  dei  vincitori  dei  concorsi
espletati costituirebbe un'eccezione di portata tale  da  travalicare
la  regola  (divieto  generalizzato  di  nuove  assunzioni)  sino   a
renderla, nei fatti, inoperante. 
    Si  tratterebbe,  in  primo  luogo,  di  un   assunto   meramente
ipotetico, che oblitera l'opposta ed espressa previsione secondo  cui
le assunzioni devono avvenire «senza oneri aggiuntivi per la  finanza
pubblica» ed, in secondo luogo, di una conclusione che  non  terrebbe
conto della complessiva ratio della normativa. 
    Quanto alle censure mosse in  riferimento  agli  artt.  33  e  97
Cost., la difesa dello Stato sottolinea come gli argomenti a sostegno
delle   stesse   costituiscano    dei    corollari    dell'articolata
ricostruzione operata con riguardo all'assunta  lesione  dell'art.  3
Cost. 
    4.- In data 26 settembre 2013, la  prof.ssa  P.M.  ha  depositato
memoria illustrativa, insistendo per l'accoglimento  delle  questioni
di legittimita' costituzionale sollevate dal Consiglio di  Stato  con
l'ordinanza r.o. n. 42 del 2013. 
    La parte privata pone in evidenza come, in virtu' dell'art. 1 del
d.l. n. 180 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 1
del 2009, mentre le universita' "non  virtuose"  possono  assumere  i
ricercatori - e dunque anche i  professori  associati  e  ordinari  -
risultati vincitori di concorsi espletati alla  data  di  entrata  in
vigore della legge n. 1 del 2009, senza alcuna percentuale e  con  il
solo limite del non aggravio della  spesa  pubblica,  le  universita'
"virtuose" non possono assumere lo stesso personale, se si superano i
limiti di spesa prefissati, ancorche' l'assunzione non comporti alcun
aggravio di spesa. Peraltro, le universita' "virtuose" sono tenute  a
destinare le somme a disposizione, per una  quota  non  inferiore  al
sessanta  per  cento,  all'assunzione   dei   ricercatori   a   tempo
indeterminato e per una  quota  non  superiore  al  dieci  per  cento
all'assunzione di professori ordinari. 
    Da qui l'irragionevolezza della disciplina di cui al comma 3  del
citato art. 1, letto in correlazione con quanto previsto dal comma  1
dello stesso articolo. La  parte  privata  evidenzia  come  la  norma
censurata determini, infatti, un'evidente disparita'  di  trattamento
tra coloro che hanno partecipato a concorsi e/o procedure comparative
indette da universita' in deficit e coloro che hanno partecipato alle
stesse procedure indette da universita'  "virtuose".  Questi  ultimi,
risultati vincitori  di  concorsi  e/o  procedure  comparative,  gia'
bandite prima dell'entrata in vigore  della  legge  n.  1  del  2009,
verrebbero immotivatamente penalizzati solo perche' gia'  dipendenti,
seppure con diversa qualifica, presso universita' "virtuose" anziche'
presso universita' con un bilancio deficitario. Conseguentemente,  ad
avviso  della  parte  privata,  la  disposizione  si   manifesterebbe
irragionevole anche in  riferimento  agli  obiettivi  perseguiti  dal
legislatore. 
    La prof.ssa P.M. rileva, inoltre, come la norma in questione leda
anche il principio di autonomia costituzionalmente riconosciuto  alle
universita', atteso che il divieto di procedere  all'«assunzione»  di
nuovo personale, che non comporta aggravi di spesa  pubblica  e  che,
quindi, non determina una riduzione degli stanziamenti di bilancio di
cui le universita'  dispongono,  inciderebbe,  senza  ragione,  sulla
libera scelta della loro destinazione, con  violazione  dell'art.  33
Cost. 
    Infine,  ad  avviso  della  parte  privata,  la  norma  censurata
violerebbe    il    canone    della    ragionevolezza     consistente
nell'apprezzamento di conformita' tra la regola introdotta e la causa
normativa che la deve assistere (sentenza n. 211 del 2011). Nel  caso
di specie, mentre le  universita'  in  deficit  possono  assumere  il
personale  vincitore  dei  precedenti  concorsi,  qualora  cio'   non
comporti aggravi di spesa, il  divieto  di  assunzione  dello  stesso
personale per le universita' "virtuose" non appare  coerente  con  la
ratio  dell'intera  disposizione,   finalizzata   esclusivamente   al
contenimento  dei  costi  della  spesa  pubblica  e  non  gia'   alla
compressione degli organici delle universita'. 
    Alla luce delle suddette argomentazioni,la prof.ssa P.M.  insiste
per l'accoglimento delle  questioni  di  legittimita'  costituzionale
prospettate dal collegio rimettente. 
    5.- In data 21 gennaio  2014,  la  parte  privata  ha  depositato
parere  pro   veritate   del   prof.   Luigi   Ventura   a   sostegno
dell'illegittimita' costituzionale, per violazione degli artt. 3,  33
e 97 Cost., dell'art. 1, comma 3, del  d.l.  n.  180  del  2008,  poi
convertito, nonche',  in  via  consequenziale,  dell'art.  66,  comma
13-bis, del d.l. n. 112  del  2008,  convertito,  con  modificazioni,
dalla legge n. 133 del 2008, inserito dall'art. 14, comma 3, del d.l.
n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del
2012, norma contenente la disciplina del  «blocco  delle  assunzioni»
per il periodo successivo al triennio 2009-2011. 
    Nel parere si sottolinea la completezza della  motivazione  della
ordinanza  di  rimessione  in  punto  di  rilevanza,  in  quanto,  il
Consiglio di Stato ha osservato, da un lato, che l'esito del giudizio
amministrativo,  dipende  dall'esito  del  giudizio  di  legittimita'
costituzionale (per essere l'impugnata circolare ministeriale - sulla
cui base e' stato adottato  il  provvedimento  rettorale  di  diniego
dell'assunzione di P.M.  -  conforme  alla  disposizione  legislativa
censurata) e, dall'altro, che lo ius superveniens non  ha  comportato
il venire meno della rilevanza della sollevata questione,  quantomeno
ai  fini   risarcitori,   in   quanto   la   legittimita'   dell'atto
amministrativo, adottato sulla base di una norma poi  abrogata,  deve
essere esaminata, in virtu' del principio  tempus  regit  actum,  con
riguardo alla situazione di fatto e di diritto esistente  al  momento
della sua adozione (sentenze n. 177 del 2012, n. 209 del  2010  e  n.
509 del 2000). 
    Inoltre,  sempre  in  punto  di  ammissibilita'  della  sollevata
questione, si osserva che, nell'ordinanza  di  rimessione,  e'  stata
implicitamente  esclusa   la   possibilita'   di   un'interpretazione
costituzionalmente orientata della norma  censurata  sulla  base  del
dato letterale del testo di legge che, nel prevedere  il  limite  del
cinquanta per cento al vincolo assunzionale, non ammetterebbe  alcuna
deroga con riguardo ai vincitori di procedure concorsuali in atto. 
    Sotto il  profilo  dell'ammissibilita',  nel  parere  si  rileva,
altresi', che il collegio rimettente  ha  chiarito  il  petitum,  nel
senso di una pronuncia additiva, ed, in particolare, di una pronuncia
di illegittimita' costituzionale del comma 3 dell'art. 1 del d.l.  n.
180 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla  legge  n.  1  del
2009, nella parte in cui prevede che le "universita' virtuose"  siano
astrette in modo rigido al vincolo  assunzionale  del  cinquanta  per
cento, senza riconoscere loro la  possibilita'  di  accedere  ad  una
«clausola di salvaguardia»,  quale  quella  del  completamento  delle
procedure concorsuali in atto, neanche nel caso  in  cui  cio'  possa
avvenire senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica. 
    In punto  di  non  manifesta  infondatezza,  si  osserva  che  il
principio di eguaglianza in senso soggettivo (art. 3  Cost.),  inteso
come divieto di trattamento diseguale tra  soggetti  che  versino  in
condizioni analoghe, non puo' cedere e,  dunque,  essere  oggetto  di
bilanciamento con altri principi, anche se di  rango  costituzionale.
Nel caso di specie, il principio di eguaglianza in  senso  soggettivo
(ovvero in senso cosiddetto "forte") sarebbe stato violato in quanto,
mentre gli  atenei  "non  virtuosi",  in  virtu'  della  clausola  di
salvaguardia e, dunque,  in  deroga  al  "blocco  delle  assunzioni",
potrebbero procedere ad assunzioni  di  un  numero  considerevole  di
docenti  (ricercatori)  gia'  vincitori  di  concorso,   gli   atenei
"virtuosi", in considerazione del limite assunzionale  del  cinquanta
per cento ed in difetto  della  suddetta  clausola  di  salvaguardia,
sarebbero discriminati nell'assunzione  di  docenti  gia'  vincitori,
anche se cio' non comportasse un maggiore onere finanziario a  carico
dell'amministrazione. 
    Peraltro, tale  limite  assunzionale  del  cinquanta  per  cento,
valevole per le universita' "virtuose",  non  potrebbe  giustificarsi
neanche alla luce dell'obiettivo,  perseguito  dal  legislatore,  del
contenimento della spesa pubblica. Nel caso di specie,  l'avanzamento
di carriera dalla seconda alla prima fascia di docenza comporterebbe,
peraltro, una riduzione di costi, in quanto il trattamento  economico
ad inizio carriera sarebbe inferiore rispetto a quello gia' maturato. 
    Nel parere si evidenzia poi l'irragionevolezza dei limiti imposti
dal legislatore, con la norma censurata, all'autonomia  universitaria
(art. 33 Cost.), in quanto l'obiettivo del contenimento  della  spesa
pubblica non sarebbe bilanciabile con il principio di eguaglianza. 
    Infine, si sottolinea come la norma censurata sia affetta  da  un
vizio  di  illegittimita'  costituzionale  anche  sotto  il   profilo
dell'assunta violazione dell'art. 97 Cost. (nella  parte  in  cui  si
prevede che agli impieghi pubblici si accede mediante concorso, salvi
i  casi  stabiliti  dalla  legge),  in  quanto,  ingiustificatamente,
degrada la posizione  del  vincitore  di  concorso,  riconducibile  a
quella  di  diritto  soggettivo  all'assunzione,  a  quella  di  mero
interesse legittimo. 
    6.- Il Tribunale amministrativo  regionale  per  la  Puglia,  con
ordinanza del 28 marzo 2012 (r.o. n. 134 del 2012), ha sollevato,  in
riferimento   all'art.   3   Cost.,   questione    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 1, secondo periodo, del d.l. n. 180
del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 1  del  2009,
nel testo ante modifica, ai sensi dell'art. 11, comma 1, lettera  b),
del d.lgs. n. 49 del 2012, «nella  parte  in  cui  subordina  la  non
operativita'  del  blocco  delle   assunzioni   per   i   ricercatori
universitari all'avvenuto espletamento - vale  a  dire,  all'avvenuta
conclusione - della procedura concorsuale alla  data  di  entrata  in
vigore  della  legge  9  gennaio  2009,  n.  1,  di  conversione  del
decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180». 
    6.1.- Il rimettente premette di essere investito  di  un  ricorso
proposto dal dott. P.L. nei confronti dell'Universita' degli studi di
Bari  e  del  Ministero  dell'istruzione,  dell'universita'  e  della
ricerca, per l'annullamento - previa concessione di misure  cautelari
- della nota a firma del Rettore, protocollo n.  26729-VII/2  del  28
aprile 2011, pervenuta in data 2  maggio  2011,  recante  diniego  di
assunzione in ordine ad un posto di ricercatore presso la facolta' di
giurisprudenza  per  il   settore   scientifico-disciplinare   Ius/01
(Diritto privato), e per l'accertamento del  diritto  del  ricorrente
all'assunzione con decorrenza dal 25 gennaio 2010 o, quanto meno, dal
1° novembre 2010. 
    Il giudice a quo espone che il dott.  P.L.  e'  stato  dichiarato
vincitore - con decreto rettorale n. 12350 del  22  dicembre  2009  -
della procedura di valutazione comparativa, di cui al concorso per la
copertura di un posto di ricercatore, bandito dall'Universita'  degli
studi di Bari con decreto rettorale n. 10053 del 10 ottobre 2005; che
lo stesso, tuttavia, non e' stato  assunto;  che  la  impugnata  nota
rettorale protocollo n. 26729-VII/2 del 28 aprile 2011 ha  dichiarato
l'impossibilita' di assumere il ricorrente, stante il superamento, al
termine sia dell'anno 2009 che del 2010, del valore del  novanta  per
cento nel rapporto tra spese fisse per il personale  di  ruolo  e  il
fondo di funzionamento ordinario. 
    Il rimettente deduce, altresi', che P.L.  ha  impugnato  la  nota
rettorale protocollo n. 26729-VII/2 del 28 aprile 2011; che i  motivi
a  fondamento  dell'impugnativa  si  concretano:  1)  nella   assunta
violazione ed erronea applicazione dell'art. 1 del d.l.  n.  180  del
2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 1 del 2009, anche
in relazione all'art. 1, comma 646, della legge n.  296  del  2006  e
agli  artt.  3  e  97  Cost.,   eccesso   di   potere   per   erronea
presupposizione,   erronea    motivazione,    carente    istruttoria,
illogicita', ingiustizia manifesta; 2) nella  assunta  illegittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma  1,  del  d.l.  n.  180  del  2008,
convertito dalla legge n. 1 del 2009, per contrasto con gli artt. 3 e
97 Cost.; che il ricorrente ha chiesto anche l'accertamento  del  suo
diritto all'assunzione; che  si  e'  costituita  l'Universita'  degli
studi di Bari, resistendo al gravame; che, nella pubblica udienza del
giorno 11 gennaio 2012, la causa e' passata in decisione. 
    6.2.- Il  collegio  ritiene  che  la  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 1, secondo periodo, del d.l. n. 180
del 2008, convertito, dalla legge n. 1  del  2009,  assuma  rilevanza
pregiudiziale ai fini della decisione del giudizio a quo  e  sia  non
manifestamente infondata. 
    6.3.- Sotto il profilo della rilevanza, il giudice a quo premette
che la nota rettorale impugnata si basa  sulla  considerazione  della
impossibilita' per l'amministrazione di emanare il  provvedimento  di
nomina del richiedente a ricercatore  universitario,  con  decorrenza
dall'inizio dell'anno accademico (1° novembre 2010) oppure  in  corso
d'anno, ai sensi dell'art. 6 della legge  19  ottobre  1999,  n.  370
(Disposizioni in materia di universita' e di  ricerca  scientifica  e
tecnologica), in quanto, la normativa  vigente,  non  riconosce  alla
detta  Universita'  la  facolta'  di  procedere  ad   assunzioni   di
personale,   all'infuori   delle   ipotesi   espressamente   previste
(ricercatori cofinanziati dal Ministero), avendo superato al  termine
sia dell'anno 2009 che del 2010, il valore del novanta per cento  nel
rapporto tra spese fisse per il personale di  ruolo  e  il  fondo  di
funzionamento ordinario. 
    Essendo  detto  provvedimento   chiaramente   applicativo   della
preclusione assunzionale di cui all'art. 1, comma 1, del d.l. n.  180
del 2008, convertito dalla legge n. 1 del 2009, ne conseguirebbe - ad
avviso del rimettente - la rilevanza della questione di  legittimita'
costituzionale  della  citata  previsione  normativa  ai  fini  della
decisione del giudizio a quo, tenuto conto  dei  motivi  del  ricorso
(sub  1  e  2),   che   si   incentrano   sulla   valutazione   della
costituzionalita' della disposizione de qua, ostativa alla assunzione
del ricorrente. 
    Invero, secondo il  rimettente,  unicamente  la  declaratoria  di
illegittimita' costituzionale della prescrizione di cui  all'art.  1,
comma 1, secondo periodo, del d.l. n. 180 del 2008, convertito  dalla
legge n. 1 del 2009 - nei  termini  di  seguito  esposti  -  potrebbe
consentire al ricorrente di  essere  assunto  dall'Universita'  degli
studi di Bari. Non inciderebbe, infatti, ai  fini  della  valutazione
della rilevanza della questione, la clausola  di  salvezza  contenuta
nell'art. 1,  comma  646,  della  legge  n.  296  del  2006,  la  cui
applicazione e' invocata dal ricorrente, avendo lo stesso partecipato
ad una procedura di concorso gia' avviata alla data del 30  settembre
2006. 
    Il rimettente richiama il contenuto di tale ultima  disposizione,
secondo cui: «Ai fini dell'applicazione dei commi  643  e  645,  sono
fatte salve le  assunzioni  conseguenti  a  bandi  di  concorso  gia'
pubblicati ovvero a procedure gia' avviate alla data del 30 settembre
2006 e i rapporti di lavoro costituiti all'esito  dei  medesimi  sono
computati ai fini dell'applicazione dei predetti commi». 
    Ad avviso del Tribunale amministrativo regionale, tale previsione
normativa dovrebbe ritenersi superata dal d.l. n. 180 del  2008,  poi
convertito. In tal senso deporrebbe la constatazione per cui,  quando
il  legislatore  d'urgenza  del  2008-2009  ha  inteso   fare   salve
determinate assunzioni contemplate dalla legge n. 296 del 2006, lo ha
fatto espressamente (si fa riferimento al comma  3  dell'art.  1  del
d.l. n. 180 del 2008 che fa salve le assunzioni di  cui  all'art.  1,
comma 648, della legge n. 296 del 2006). 
    Per il resto, secondo il ricorrente, si dovrebbe ritenere che  il
regime del blocco assunzionale disposto dall'art.  1,  comma  1,  del
d.l. n.  180  del  2008,  convertito  dalla  legge  n.  1  del  2009,
rappresenti  un  implicito  superamento  di  ogni  altra   previsione
normativa previgente (ivi compreso l'art. 1, comma 646,  della  legge
n. 296 del 2006)  e  trovi  applicazione  ratione  temporis  ad  ogni
procedura di concorso svoltasi nell'arco temporale cui  la  norma  fa
espresso riferimento  (e,  quindi,  anche  a  quella  riguardante  il
ricorrente). 
    Nel caso di specie, quest'ultimo e',  infatti,  vincitore  di  un
concorso per ricercatore universitario bandito nel 2005 e  conclusosi
con il decreto rettorale di approvazione degli atti del  22  dicembre
2009. 
    Pertanto, secondo il Tribunale, con  riferimento  alla  posizione
del ricorrente troverebbe applicazione la regola generale del  blocco
delle assunzioni di cui al primo periodo dell'art. 1,  comma  1,  del
d.l. n. 180 del 2008, convertito dalla legge n. 1 del 2009. 
    Il  giudice  a  quo  esclude  che,  nel  caso  di  specie,  possa
ravvisarsi un'ipotesi di  progressione  di  carriera  da  un  livello
professionale di grado inferiore ad uno superiore  (per  esempio,  da
ricercatore universitario confermato a professore  associato,  ovvero
da professore  associato  a  professore  ordinario),  come  tale  non
rientrante nell'ambito di operativita' del blocco assunzionale di cui
all'art. 1, comma 1, primo periodo, del d.l. n.  180  del  2008,  poi
convertito (Consiglio di Stato, sezione  sesta,  sentenza  21  aprile
2010, n.  2217;  Consiglio  di  Stato,  sezione  sesta,  sentenza  16
novembre 2004, n. 7483; Consiglio di Stato, sezione  sesta,  sentenza
27 novembre 2001, n. 5958; TAR Bari, sezione prima, sentenza 16 marzo
2012, n. 572; TAR Palermo, sezione terza, sentenza 1° aprile 2011, n.
647; TAR Campobasso, sentenza 2 ottobre 2003, n. 697). 
    Il rimettente pone in  evidenza  come  il  primo  comma,  secondo
periodo, dell'art. 1 del  d.l.  n.  180  del  2008,  poi  convertito,
relativo  alla  specifica  posizione  dei  ricercatori  vincitori  di
concorso (esentati, a determinate condizioni, dal blocco assunzionale
di cui al primo periodo) lasci chiaramente intendere che  gli  stessi
ricercatori, al di fuori delle ipotesi previste dal  secondo  periodo
di  detto  comma,  rientrano  nell'ambito   operativo   del   divieto
assunzionale. 
    In particolare, la situazione del dott. P.L. -  vincitore  di  un
concorso  per  ricercatore  universitario   -   sarebbe   sicuramente
riconducibile entro l'alveo del divieto di assunzioni di cui all'art.
1, comma 1, del d.l. n. 180 del 2008. 
    Ad  avviso  del  rimettente,  la  parte  privata,  in  base  alla
scansione  temporale  del  concorso  al  quale  ha  partecipato,  non
potrebbe fruire della eccezione al  divieto  contenuto  nell'art.  1,
comma 1, secondo periodo, del detto decreto-legge. 
    In virtu' di tale disposizione: «Alle stesse universita' e'  data
facolta' di completare le assunzioni dei ricercatori vincitori  [...]
di concorsi espletati alla data di entrata in vigore della  legge  di
conversione del presente decreto, senza  oneri  aggiuntivi  a  carico
della finanza pubblica». 
    Essendosi il concorso, cui ha partecipato il dott. P.L., concluso
con il decreto rettorale di approvazione  degli  atti  emesso  il  22
dicembre 2009 (e, quindi, in data successiva rispetto a quella del 10
gennaio 2009  che  stabiliva  l'entrata  in  vigore  della  legge  di
conversione n. 1 del 2009), in base  all'art.  1,  comma  1,  secondo
periodo,  del  d.l.  n.   180   del   2008   (letto   a   contrario),
all'Universita' degli studi di Bari non sarebbe data la  facolta'  di
completare  le  assunzioni  dei  ricercatori  vincitori  di  concorso
espletati in data successiva all'entrata in  vigore  della  legge  di
conversione n. 1 del 2009, dovendosi,  applicare  nei  confronti  del
ricorrente la regola generale del blocco assunzionale di cui all'art.
1, comma 1, primo periodo, del citato d.l. n. 180 del 2008. 
    6.4.- Il Tribunale amministrativo ritiene che l'art. 1, comma  1,
secondo  periodo,  di  tale  provvedimento  normativo  si  ponga   in
contrasto con il principio di parita' di trattamento di cui  all'art.
3  Cost.,  prevedendo  una  disciplina  differente   per   situazioni
giuridiche identiche. 
    Al  riguardo,  la  disposizione  censurata   subordina   la   non
operativita' del blocco delle assunzioni al dato «neutro» e «casuale»
dell'espletamento   ovvero   della   conclusione   della    procedura
concorsuale prima della data di entrata  in  vigore  della  legge  di
conversione n. 1 del 2009 e, quindi, al dato fortuito della celerita'
ovvero della lentezza con cui si e' svolto un  determinato  concorso,
celerita' o lentezza certamente non imputabili  al  partecipante,  ma
semmai  a  responsabilita'  e,  in  ipotesi,   alla   mera   volonta'
dell'amministrazione. 
    Nel caso di specie - ad avviso del rimettente - il  blocco  delle
assunzioni  di  cui  alla  legge  di  conversione  n.  1   del   2009
discriminerebbe  irragionevolmente  la   posizione   del   ricorrente
rispetto  a  coloro  che  hanno  partecipato  alla  stessa  procedura
selettiva -ovvero anche  a  procedure  concorsuali  successive  -  e,
tuttavia, hanno avuto la "fortuna" di vedere "espletata" la procedura
prima della data di entrata in vigore della legge n. 1  del  2009  e,
quindi, di rientrare nella esenzione di  cui  all'art.  1,  comma  1,
secondo periodo, del d.l. n. 180 del 2008, poi convertito. 
    Si tratterebbe, per lo piu', di  soggetti  la  cui  assunzione  -
possibile  perche'  ratione  temporis   non   rientrante,   in   base
all'attuale formulazione dell'art. 1, comma 1, secondo  periodo,  del
d.l.  n.  180  del  2008,  nell'ambito   operativo   del   blocco   -
verosimilmente andrebbe  ad  incidere,  in  termini  negativi,  sugli
equilibri finanziari dell'Universita' degli studi di Bari,  equilibri
che - secondo le valutazioni contenute nel  gravato  provvedimento  -
impedirebbero l'assunzione del ricorrente. 
    Pertanto, secondo il giudice a quo,  la  subordinazione  disposta
dall'art. 1, comma 1, secondo periodo, del  d.l.  n.  180  del  2008,
convertito dalla legge n. 1 del 2009, dell'esenzione dal  divieto  di
assunzioni  all'espletamento  della   procedura   concorsuale   prima
dell'entrata in vigore della legge di  conversione  n.  1  del  2009,
attribuirebbe  all'amministrazione  universitaria  un   inammissibile
potere di determinare quali candidati  assumere  e  quali  no,  anche
nell'ambito della stessa  procedura  selettiva,  dandosi  origine  ad
inaccettabili  disparita'  di  trattamento  a  fronte  di   identiche
posizioni, in violazione del principio costituzionale di cui all'art.
3 Cost. 
    Al riguardo, il  rimettente  richiama  la  sentenza  della  Corte
costituzionale n. 35 del  2004  che  ha  dichiarato  l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 6, comma 2, della legge 13 maggio  1997,  n.
132 (Nuove norme in materia di revisori contabili),  nella  parte  in
cui non prevede che siano esonerati dall'esame per  l'iscrizione  nel
registro dei revisori contabili anche coloro che fossero  iscritti  o
acquisissero il diritto ad essere  iscritti  nell'albo  professionale
dei dottori commercialisti o nell'albo professionale dei ragionieri e
periti commerciali in base ad una sessione di  esame  in  corso  alla
data di entrata in vigore della medesima legge. 
    Nella citata pronuncia, la Corte -  premesso  che  rientra  nella
discrezionalita' del legislatore, allorche' introduce una  disciplina
transitoria di favore che consente, in assenza dei requisiti di legge
previsti a regime, ma in  presenza  di  determinati  altri  requisiti
(nella specie, conseguimento del diritto di iscrizione nell'albo  dei
ragionieri o in quello dei dottori commercialisti),  l'iscrizione  in
un registro  e  l'esercizio  di  una  professione  (nella  specie  di
revisore contabile), fissare una data entro la  quale  questi  ultimi
requisiti debbano essere posseduti dagli interessati e dopo la  quale
invece valga la disciplina definitiva -  ha  ritenuto  manifestamente
irragionevole  la  scelta  del  legislatore  che,  nel  riaprire   la
disciplina transitoria per la iscrizione nel  registro  dei  revisori
contabili, ha omesso di considerare che, al momento della entrata  in
vigore della legge, vi era una sessione di esami ancora  parzialmente
in  corso,  sicche'  lo  sbarramento  temporale   rigido   introdotto
determinava una discriminazione ingiustificata tra coloro che avevano
o avrebbero sostenuto lo stesso esame, nella stessa sessione annuale,
prima e dopo la data indicata, in  base  alla  casuale  durata  delle
prove. 
    Dalla disamina di detta pronuncia - ad avviso del rimettente - si
desumerebbe  il  principio  in  forza  del  quale   uno   sbarramento
legislativo temporale ancorato al dato «casuale» della  durata  della
procedura selettiva, quale  quello  fissato  dall'art.  1,  comma  1,
secondo periodo, del d.l. n. 180 del 2008, poi convertito,  creerebbe
una ingiustificata e  inammissibile  disparita'  di  trattamento,  in
violazione dell'art. 3 Cost., tra soggetti che hanno partecipato alla
stessa procedura concorsuale. 
    Alla luce delle argomentazioni di cui sopra, il collegio solleva,
in  riferimento  all'art.  3  Cost.,  la  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 1, secondo periodo, del d.l. n. 180
del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 1  del  2009,
nella parte in cui subordina la non  operativita'  del  blocco  delle
assunzioni per i ricercatori universitari all'avvenuto espletamento -
e quindi alla conclusione - della procedura concorsuale alla data  di
entrata in vigore della legge n. 1 del 2009 di conversione  del  d.l.
n. 180 del 2008. 
    7.- Con memoria depositata il 23 luglio 2012 si e' costituito  in
giudizio il dott.  P.L.,  chiedendo  l'accoglimento  della  sollevata
questione di legittimita' costituzionale. 
    Il  ricorrente  nel  giudizio   a   quo,   nel   condividere   le
argomentazioni   esposte   nell'ordinanza   di   rimessione,   chiede
dichiararsi l'illegittimita'  costituzionale  dell'art  1,  comma  1,
secondo  periodo,  del  d.l.  n.  180  del  2008,   convertito,   con
modificazioni, dalla  legge  n.  1  del  2009  «nella  parte  in  cui
subordina la non operativita'  del  blocco  delle  assunzioni  per  i
ricercatori  universitari  all'avvenuto  espletamento  -  e,  quindi,
all'avvenuta conclusione - della procedura concorsuale alla  data  di
entrata in vigore della legge 9 gennaio 2009, n. 1 di conversione del
decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180». 
    Ad   avviso   della   parte   privata,   sarebbe   evidente    la
irragionevolezza della norma censurata che fa salve le assunzioni  di
vincitori  di  concorso  gia'  espletati  ad  una  determinata  data,
omettendo  di  considerare  che  la  conclusione   del   procedimento
amministrativo  costituisce  circostanza   del   tutto   accidentale,
indipendente non solo dalla volonta' dei candidati,  ma  anche  dalla
data di inizio della procedura concorsuale. 
    8.- Con atto depositato in data 24 luglio 2012, e' intervenuto il
Presidente del Consiglio del ministri, rappresentato e  difeso  dalla
Avvocatura generale  dello  Stato,  chiedendo  che  la  questione  di
legittimita' costituzionale sia dichiarata inammissibile o, comunque,
non fondata. 
    In primo luogo, la difesa  statale  eccepisce  l'inammissibilita'
della  questione  di  legittimita'  costituzionale,  per  difetto  di
descrizione puntuale della fattispecie del giudizio  a  quo  che  non
consentirebbe di verificare la sua effettiva rilevanza. 
    Nel merito, il Presidente del Consiglio dei ministri  ritiene  la
questione destituita di fondamento. 
    Al riguardo, richiama la giurisprudenza consolidata  della  Corte
costituzionale secondo cui deve  essere  dichiarata  l'illegittimita'
costituzionale di una norma solo  qualora  non  sia  possibile  darne
interpretazioni costituzionalmente orientate  e  trovare  significati
compatibili sia  con  il  tenore  del  testo  che  con  il  principio
dell'art. 3 Cost. (ex plurimis, sentenze n. 496 del 2002 e n. 194 del
1990). 
    La  legge  n.  1  del  2009,  nell'obiettivo  di  incentivare  le
universita' a comportamenti virtuosi e nell'ottica di guidare  l'ente
universitario ad un  miglioramento  qualitativo  del  servizio  e  di
contenimento  delle  spese  fisse,  preclude  alle  universita'  "non
virtuose" - quelle la cui spesa per il personale dipendente superi il
novanta  per  cento  dei  trasferimenti  statali  sul  fondo  per  il
finanziamento ordinario - di bandire nuove  procedure  concorsuali  e
valutazioni comparative, nonche' di assumere personale. 
    Nello stesso articolo si prevede, tuttavia,  che  le  universita'
"non  virtuose"  possano  completare  le  assunzioni  di  ricercatori
vincitori di concorsi di cui all'art. 3, comma 1, del decreto-legge 7
settembre  2007,  n.  147  (Disposizioni   urgenti   per   assicurare
l'ordinato avvio dell'anno scolastico  2007-2008  ed  in  materia  di
concorsi   per    ricercatori    universitari),    convertito,    con
modificazioni, dall'art. 1 della  legge  25  ottobre  2007,  n.  176,
all'art. 4-bis, comma 17, del decreto-legge 3 giugno del 2008, n.  97
(Disposizioni urgenti in materia di monitoraggio  e  trasparenza  dei
meccanismi di allocazione della spesa pubblica,  nonche'  in  materia
fiscale e di proroga  di  termini),  convertito,  con  modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge 2 agosto 2008, n. 129, e, comunque,
di concorsi espletati alla data di entrata in vigore della  legge  di
conversione del presente decreto. 
    Secondo la difesa dello Stato sarebbe  necessario  verificare  se
nei confronti del ricercatore, vincitore di un concorso  bandito  nel
2005 e la cui assunzione  era  gia'  contemplata  nella  clausola  di
salvaguardia contenuta nella finanziaria 2007  (art.  1,  comma  646,
della legge n. 296  del  2006),  debba  applicarsi  il  blocco  delle
assunzioni di cui al comma 1 dell'art. 1 del d.l. n.  180  del  2008,
convertito dalla legge n. 1 del 2009, sulla base dell'interpretazione
strettamente  letterale  del  testo,  che  omette  di  richiamare  le
clausole poste in deroga al blocco del turn over da precedenti leggi. 
    Il  Presidente   del   Consiglio   dei   ministri   ritiene   che
l'interpretazione   della   disposizione   censurata   possa   essere
ricondotta ad un risultato compatibile sia con il tenore  del  testo,
che con il principio di cui all'art. 3 Cost. 
    In particolare, ad avviso della difesa statale, se il legislatore
ha inteso salvare  dal  blocco  delle  assunzioni  i  partecipanti  a
concorsi, non ancora conclusi, banditi sulla base di leggi del 2007 e
del 2008,  non  ancora  espletati,  a  maggior  ragione  si  dovrebbe
ritenere che egli abbia inteso tutelare  la  posizione  di  procedure
concorsuali gia' avviate e fatte oggetto di clausole di  salvaguardia
ad opera di precedenti interventi normativi (come  quelle  poste  dal
comma 4 dell'art. 51 della legge n. 449 del  1997  e  dal  comma  646
dell'art. 1 della legge n. 296 del 2006, invocato dal ricorrente), di
cui non si  poteva  immaginare,  dato  il  notevole  lasso  di  tempo
trascorso, che fossero ancora in corso di svolgimento. 
    Tale  conclusione,  raggiunta  sul   piano   dell'interpretazione
logica, trova conferma, secondo la  difesa  dello  Stato,  sul  piano
dell'interpretazione genetica  della  norma,  nell'esame  dei  lavori
preparatori della legge n. 1 del 2009. 
    In sede di esame al Senato del disegno di  legge  di  conversione
del d.l. n. 180 del 2008, si legge nel dossier di documentazione: «al
comma 1 e' stato aggiunto un periodo finale che fa salve, rispetto al
divieto posto, le assunzioni relative alle procedure concorsuali  per
ricercatore gia' espletate e a quelle che si stanno espletando, senza
che cio' comporti oneri aggiuntivi a carico della  finanza  pubblica.
Si citano, in particolare, le  procedure  avviate  sulla  base  degli
artt. 3, comma 1, d.l. n. 147 del 2007 e 4-bis, comma 17, d.l. n.  97
del 2008» (dossier studio n. 35 e 44 del 10 dicembre 2008). 
    La difesa statale evidenzia come la  disposizione  corrispondente
del testo approvato dava gia' per  scontata  e  salva  la  deroga  al
blocco  delle  assunzioni  contemplata   da   precedenti   discipline
normative, aggiungendo "solamente"  quelle  iniziate  sulla  base  di
bandi  emanati  in  virtu'  di  provvedimenti  piu'  recenti  e  che,
pertanto, si poteva immaginare fossero ancora in corso alla  data  di
entrata in vigore del decreto (recte: legge di conversione). 
    9.- In data 1° ottobre 2013, il dott. P.L. ha depositato  memoria
illustrativa  insistendo  per  l'accoglimento  della   questione   di
legittimita' costituzionale sollevata dal TAR Puglia 
    In primo  luogo,  la  parte  privata  sottolinea  la  persistente
rilevanza della questione di legittimita' costituzionale  anche  dopo
l'abrogazione del primo periodo dell'art. 1, comma 1, del d.l. n. 180
del 2008, convertito dalla legge n. 1 del 2009, in forza  del  d.lgs.
n. 49 del 2012. 
    Sul punto, il dott. P.L.  precisa  che,  a  seguito  della  detta
abrogazione, il ricorrente e' stato assunto dall'Universita' di Bari,
con decorrenza dal 1° dicembre 2012. Egli pone in evidenza  che,  pur
dopo  tale  assunzione,  permarrebbe  la  rilevanza  della   proposta
questione, in quanto la domanda  formulata  nel  giudizio  a  quo  e'
quella di accertamento del diritto all'assunzione, con decorrenza, ai
sensi dell'art. 6, comma 1, della legge n. 370 del 1999,  dalla  data
(25 gennaio 2010)  della  chiamata  con  delibera  del  Consiglio  di
Facolta' ovvero quantomeno dal 1° novembre 2010. 
    Quanto alla assunta irragionevolezza della  norma  censurata,  il
dott. P.L. rileva come siano stati assunti  in  servizio  ricercatori
vincitori di concorsi banditi nella stessa sessione del suo  concorso
(terza sessione 2005), nonche' i ricercatori  vincitori  di  concorsi
banditi anche successivamente, in quanto espletati prima dell'entrata
in vigore della legge di conversione n. 1 del 2009. 
    Il dott. P.L. sottolinea che, dopo il bando del concorso  da  lui
vinto, e' stato consentito, in virtu' della stessa  norma  censurata,
il reclutamento "straordinario" di ricercatori vincitori di  concorsi
di cui all'art. 3, comma 1, del d.l.  n.  147  del  2007,  convertito
dalla legge n. 176 del 2007, nonche' all'art. 4-bis,  comma  17,  del
d.l. n. 97 del 2008, convertito dalla  legge  n.  129  del  2008.  La
suddetta circostanza,  ad  avviso  del  dott.  P.L.,  aggraverebbe  i
profili discriminatori della norma censurata nella parte  in  cui  ha
consentito che il protrarsi di un procedimento  amministrativo  oltre
ogni ragionevole durata andasse  a  discapito  di  chi  aveva  subito
incolpevolmente il ritardo (il ricorrente ha vinto  un  concorso  per
ricercatore durato oltre quattro anni,  tre  in  piu'  rispetto  alla
durata stabilita dalla legge) e che  vincitori  di  concorsi  banditi
successivamente   fossero   oggetto   di   piani   di    reclutamento
"straordinari" sottratti al blocco delle assunzioni. 
    Il dott. P.L. sottolinea la  pertinenza  del  richiamo  contenuto
nell'ordinanza di rimessione alla sentenza della Corte costituzionale
(n.  35  del  2004)  in  base  alla   quale   e'   stata   dichiarata
l'illegittimita'  costituzionale  di  una  norma  che  prevedeva   la
possibilita' di iscriversi al registro dei revisori  contabili  senza
sostenere  alcuna  ulteriore  prova   per   chi   avesse   conseguito
l'abilitazione  all'esercizio  della  professione  di  commercialista
entro la data di entrata in vigore della legge n. 132 del 1997,  data
in cui erano in corso le  prove  orali  dell'esame  di  abilitazione.
Nella  detta  pronuncia,  la  Corte  ha  ritenuto  irragionevole   la
previsione dello sbarramento temporale,  che,  nel  caso  di  specie,
andava a discriminare ingiustificatamente la situazione giuridica  di
piu' soggetti  in  base  alla  data  in  cui  un  certo  procedimento
amministrativo si era concluso in loro favore. 
    La parte privata richiama un altro precedente  (sentenza  n.  209
del  1995)  con  cui  la   Corte   ha   dichiarato   l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 9,  comma  2,  del  decreto  legislativo  23
novembre 1988, n. 509 (Norme per la revisione delle  categorie  delle
minorazioni e malattie invalidanti,  nonche'  dei  benefici  previsti
dalla legislazione  vigente  per  le  medesime  categorie,  ai  sensi
dell'articolo 2, comma 1, della legge 26 luglio  1988,  numero  291),
«nella parte in cui non prevede che restino salvi anche i diritti dei
cittadini per i quali il riconoscimento dell'esistenza dei  requisiti
sanitari all'epoca della domanda, presentata anteriormente alla  data
di cui al comma primo, sia intervenuto,  da  parte  della  competente
commissione medica, posteriormente a  tale  data».  Alla  luce  delle
suddette argomentazioni, il dott.  P.L.  insiste  per  l'accoglimento
della  questione  di  legittimita'   costituzionale   sollevata   dal
rimettente. 
    10.-  Il  Consiglio  di  Stato,  in  sede  giurisdizionale,   con
ordinanza - e sentenza parziale - del 23 gennaio 2013 (r.o. n. 58 del
2013), ha  sollevato,  in  riferimento  agli  artt.  3  e  97  Cost.,
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1,  comma  1,  del
d.l. n. 180 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 1
del 2009 - nel testo ante modifica ai sensi dell'art.  11,  comma  1,
lettera b), del d.lgs. n. 49 del 2012  -  «nella  parte  in  cui  nel
prevedere il divieto di assunzione - a carico delle universita'  "non
virtuose" - non prevede anche una sospensione del termine  di  durata
delle idoneita' conseguite nei concorsi di ricercatore  e  professore
universitario, per  tutto  il  tempo  in  cui  opera  il  divieto  di
assunzione». 
    10.1.- Il  rimettente  premette  che  e'  stato  investito  della
decisione di quattro appelli proposti da diversi soggetti (professori
associati confermati o ricercatori  confermati  presso  l'Universita'
degli studi "Mediterranea" di Reggio Calabria). Essi hanno  superato,
con  valutazione  di  idoneita',  rispettivamente  i   concorsi   per
professore ordinario e per professore associato  banditi  nel  giugno
2008, oppure, nella qualita' di  professori  associati  confermati  o
ricercatori  confermati  presso  la   indicata   Universita',   hanno
conseguito una valutazione di idoneita' presso altro  Ateneo,  sempre
nella seconda sessione del 2008. 
    Essi  hanno  chiesto  all'Universita'  "Mediterranea"  di  essere
assunti nella qualifica per la quale sono risultati idonei, ma a tali
richieste la suddetta Universita'  ha  opposto  un  diniego,  fondato
sulla  ritenuta   applicabilita'   del   cosiddetto   "blocco   delle
assunzioni" disposto dal d.l. n. 180 del 2008 (art. 1, commi 1 e  3),
poi convertito,  in  quanto  l'Universita'  medesima  risultava  aver
superato il limite del novanta per cento del rapporto  tra  le  spese
fisse e la misura del fondo di finanziamento ordinario, alla data del
31 dicembre 2010. 
    Contro il  diniego  le  parti  private  hanno  proposto  separati
ricorsi al TAR della Calabria, sezione di Reggio Calabria, il  quale,
con sentenza 12 agosto 2011, n. 666 li ha respinti. Tale pronuncia e'
stata impugnata con  quattro  separati  appelli,  contenenti  censure
d'identico tenore, salvo una censura aggiuntiva per i ricorrenti  che
hanno conseguito l'idoneita' presso universita' diverse da quella  in
cui prestano  servizio  attualmente  come  ricercatori  o  professori
associati. 
    Per quanto qui rileva, il  Consiglio  di  Stato,  sezione  sesta,
riunite le impugnazioni, ha  ritenuto  prioritaria,  per  ragioni  di
ordine logico, la decisione del terzo motivo di appello  e,  rilevata
sul punto l'esistenza  di  un  contrasto  di  giurisprudenza,  ne  ha
rimesso l'esame e la soluzione all'Adunanza plenaria. Quest'ultima si
e' pronunciata sul solo terzo motivo e lo ha  respinto  con  sentenza
parziale 28 maggio 2012, n. 17 rimettendo per il prosieguo  gli  atti
alla sezione, che ha esaminato e respinto tutte  le  censure,  tranne
quella, contenuta nel primo motivo di appello, con  la  quale  si  e'
dedotto che « l'idoneita' nei concorsi universitari ha una durata  di
cinque  anni,  sicche'  il  divieto  di  assunzione,   imposto   alle
universita' "non virtuose", rischia di  tradursi  in  una  definitiva
penalizzazione per gli  idonei,  ove  in  ipotesi  l'Universita'  non
rientri nei parametri di legge durante  l'arco  temporale  di  durata
dell'idoneita'». 
    Tale questione e' stata ritenuta dal  collegio  rilevante  e  non
manifestamente infondata. 
    Il giudicante, dopo avere riportato  il  contenuto  dell'art.  1,
comma 1, del d.l. n. 180 del  2008,  convertito,  con  modificazioni,
dalla legge n. 1 del 2009 - nel testo vigente ed applicabile  ratione
temporis prima che il primo periodo fosse soppresso dal d.lgs. n.  49
del 2012 - osserva che  detta  disposizione  si  limita  a  porre  un
divieto di  assunzione  per  le  universita'  "non  virtuose",  senza
considerare la possibile penalizzazione per i vincitori di  procedure
concorsuali per i quali  il  rischio  non  e'  solo  il  differimento
dell'assunzione, ma  anche  quello  della  perdita  definitiva  della
chance di  assunzione,  tutte  le  volte  in  cui  l'universita'  non
virtuosa non rientri nei parametri di legge  nell'arco  temporale  di
durata dell'idoneita' (pari a cinque anni). 
    In tal modo,  secondo  il  rimettente,  una  misura  che  mira  a
razionalizzare la finanza pubblica e l'organizzazione  universitaria,
si traduce  anche  in  una  penalizzazione  per  soggetti  che  hanno
partecipato, con esito vittorioso, ad un concorso pubblico. 
    Tale  penalizzazione  si  potrebbe  ritenere  giustificata  dalle
superiori esigenze di finanza e organizzazione pubblica solo  se  sia
un sacrificio temporalmente limitato (differimento dell'assunzione) e
non anche se sia un sacrificio definitivo (perdita  della  chance  di
assunzione) che sarebbe manifestamente sproporzionato  rispetto  alle
finalita' perseguite. 
    L'art. 1, comma 1, del d.l. n. 180 del 2008, poi  convertito,  si
limita,  invece,  a  vietare  le  assunzioni  alle  universita'  "non
virtuose", senza preoccuparsi del decorso del termine di durata delle
idoneita'. 
    In tal modo, la disposizione avrebbe come possibile  effetto  una
penalizzazione definitiva dei vincitori di concorsi. 
    Ad avviso del rimettente, tale penalizzazione sembra  contrastare
con il principio di razionalita' e ragionevolezza della legge,  dando
luogo ad eccesso di potere legislativo, nonche' con il  principio  di
buon andamento della pubblica amministrazione, atteso  che,  a  causa
del divieto delle assunzioni, in  combinazione  con  il  decorso  del
termine di durata delle idoneita', si toglie  efficacia  a  procedure
concorsuali gia' espletate, sicche'  le  universita'  devono  bandire
all'occorrenza nuove procedure, sostenendo  aggravi  di  tempi  e  di
costi. 
    La citata disposizione normativa - secondo il Collegio -  avrebbe
dovuto prevedere, per il  periodo  di  operativita'  del  divieto  di
assunzioni, una sospensione del termine di durata delle idoneita'. 
    Pertanto, il rimettente considera rilevante nel giudizio in corso
e non manifestamente infondata, in riferimento  agli  artt.  3  e  97
Cost., la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma
1, del d.l. n. 180 del 2008, convertito dalla legge n.  1  del  2009,
nella parte in cui, nel prevedere il divieto di assunzione - a carico
delle  universita'  "non  virtuose"  -  non  stabilisce   anche   una
sospensione del termine di  durata  delle  idoneita'  conseguite  nei
concorsi di ricercatore e  professore  universitario,  per  tutto  il
tempo in cui opera  il  divieto  di  assunzione,  cosi'  determinando
l'effetto  sproporzionato,  irragionevole  ed  in  contrasto  con  il
principio di buon andamento dell'amministrazione, che il  termine  di
durata dell'idoneita' decorre durante il  periodo  in  cui  opera  il
divieto di assunzione. Siffatto  divieto  si  traduce  anche  in  una
perdita, definitiva per gli idonei, della chance di assunzione  tutte
le volte in cui le universita' non rientrino nei parametri  di  legge
durante il periodo di validita' dell'idoneita'. 
    11.- Con atto depositato in data 16 aprile 2013,  e'  intervenuto
il Presidente del Consiglio  del  ministri,  rappresentato  e  difeso
dalla Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione  di
legittimita' costituzionale sia dichiarata non fondata. 
    In ordine alla censura mossa in riferimento all'art. 3 Cost.,  la
difesa erariale  osserva,  in  primo  luogo,  come  il  conseguimento
dell'idoneita'  non  determina  un  dovere  di  assunzione  da  parte
dell'universita'. 
    Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ricorda   che   la
disciplina  per  il   conseguimento   dell'idoneita'   a   professore
universitario era dettata dal decreto del Presidente della Repubblica
23 marzo 2000, n. 117 (Regolamento recante  modifiche  al  d.P.R.  19
ottobre 1998, n. 390, concernente le modalita' di espletamento  delle
procedure per il reclutamento dei professori universitari di ruolo  e
dei ricercatori a norma dell'articolo 1 della legge 3 luglio 1998, n.
210) e dalla legge 3 luglio 1998, n. 210 (Norme per  il  reclutamento
dei ricercatori  e  dei  professori  universitari  di  ruolo)  -  poi
sostituiti dalle procedure di  reclutamento  di  cui  alla  legge  30
dicembre 2010, n. 240  (Norme  in  materia  di  organizzazione  delle
Universita', di personale accademico e reclutamento,  nonche'  delega
al Governo per incentivare la qualita'  e  l'efficienza  del  sistema
universitario)  -  che  prevedevano  apposite  procedure  locali   in
relazione alle esigenze  di  ciascun  ateneo,  il  quale  indiceva  i
singoli bandi. 
    La difesa dello Stato deduce  che  la  posizione  di  coloro  che
ottenevano  l'idoneita'   non   e',   pertanto,   assimilabile   alle
graduatorie dei pubblici concorsi, atteso che l'assunzione e' rimessa
ai singoli atenei i quali hanno  la  facolta'  e  non  il  dovere  di
provvedere alla chiamata in servizio. 
    Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri   sottolinea   come
l'idoneita', ai sensi della legge n. 210 del 1998,  attesti  solo  la
qualificazione scientifica e l'attitudine a svolgere le  funzioni  di
professore universitario e come sia un mero presupposto della  nomina
in ruolo. La stessa si differenzierebbe,  pertanto,  dalle  idoneita'
conseguite in altre procedure concorsuali  ove  l'utile  collocamento
nelle graduatorie finali di merito determina nell'interessato una ben
precisa posizione giuridica soggettiva. 
    In particolare, in base all'art. 2 della legge n.  210  del  1998
(articolo abrogato dall'art. 1, comma  22,  della  legge  4  novembre
2005, n. 230, recante «Nuove disposizioni concernenti i professori  e
i ricercatori universitari e delega al Governo per  il  riordino  del
reclutamento dei  professori  universitari»),  l'universita'  che  ha
emanato il bando poteva, nel caso di procedure relative a  professori
associati  e  ordinari,  entro  sessanta   giorni   dalla   data   di
accertamento della  regolarita'  formale  degli  atti  da  parte  del
rettore: 1) nominare in ruolo, previa delibera motivata  assunta  dal
consiglio che ha richiesto il bando, uno dei due idonei, il quale, in
caso di rinuncia, perde il titolo alla nomina in ruolo anche da parte
degli altri  atenei;  2)  non  nominare  in  ruolo,  previa  delibera
motivata assunta dal consiglio di facolta' che ha richiesto il bando,
nessuno dei due idonei. 
    In attuazione di tale norma, l'art. 5, comma 4, del d.P.R. n. 117
del 2000, ha disposto che  per  le  procedure  concernenti  posti  da
professore ordinario o associato, entro sessanta giorni dalla data di
accertamento della regolarita' degli atti, il consiglio  di  facolta'
che ha richiesto il bando, sulla  base  dei  giudizi  espressi  dalla
commissione  e  con  riferimento  alle  proprie  specifiche  esigenze
didattiche e scientifiche, propone la nomina  di  uno  dei  candidati
dichiarati idonei ovvero decide di non  procedere  alla  chiamata  di
nessuno di loro. 
    Il comma 8 dell'art. 5 del d.P.R. n. 117 del  2000,  ha  previsto
che, nel caso in cui il candidato, risultato idoneo  nelle  procedure
di valutazione comparativa relative a posti di professore associato e
ordinario, non venga chiamato dalla  facolta'  che  ha  richiesto  il
bando nel termine di cui al comma 4, puo' essere nominato in ruolo  a
seguito di chiamata da parte di altra universita' entro  un  triennio
dalla data di accertamento della regolarita' degli atti. 
    La difesa dello Stato  evidenzia  come  non  esista,  quindi,  un
dovere di assunzione da parte degli atenei e  come  il  conseguimento
dell'idoneita' non possa considerarsi omogeneo ad una graduatoria. 
    Quest'ultima comporta la formazione di un elenco sulla  base  del
punteggio conseguito ai fini  dell'assunzione  nell'ambito  dell'ente
che ha bandito il concorso; l'idoneita' a  professore  universitario,
conseguita nell'ambito delle valutazioni comparative ai  sensi  della
legge n. 210 del 1998, invece, oltre a determinare la mera facolta' -
e non il dovere - per gli atenei di nominare in ruolo gli idonei, non
implicava affatto la costituzione di una graduatoria: in particolare,
tali procedure prevedevano l'attribuzione della idoneita' ad un unico
candidato o a due, a seconda della normativa vigente al momento della
indizione della procedura. 
    La difesa statale rileva come si tratti di  conclusioni  avallate
dalla giurisprudenza amministrativa, secondo la quale, in materia  di
assunzione  all'impiego,  gli  interessati  non  vantano  un  diritto
soggettivo alla nomina, ma solo un interesse legittimo, in quanto  si
rientra nella potesta' organizzatoria della pubblica  amministrazione
per  cui,  quando,  nelle  more  del  completamento  della  procedura
concorsuale, subentrano circostanze preclusive all'assunzione stessa,
sia  di   natura   normativa   che   organizzativa   o   finanziaria,
l'amministrazione  puo'  congelare  l'assunzione   o   annullare   la
procedura di reclutamento (ex plurimis,  TAR  Lazio,  terza  sezione,
sentenza 13 aprile 2005, n. 2719). 
    Quanto alla durata delle idoneita', il Presidente  del  Consiglio
dei ministri ricorda come la legge n. 210 del 1998 e il d.P.R. n. 117
del 2000, di attuazione, prevedessero il termine di  tre  anni  dalla
data di accertamento della regolarita' degli  atti.  Successivamente,
l'art. 1, comma 6, della legge n.  230  del  2005  ha  stabilito  che
l'idoneita' conseguita dai candidati nelle procedure  di  valutazione
comparativa, ai sensi della legge n. 210 del 1998 e del d.P.R. n. 117
del 2000, ha una durata di cinque anni. 
    La difesa dello Stato sottolinea come l'art. 1, commi 1 e 3,  del
d.l. n. 180 del 2008, poi convertito, non ha inciso sull'effettivita'
della durata dell'idoneita' ma, al contrario, ha  dettato  un  doppio
regime per quanto concerne il meccanismo delle assunzioni. 
    La  difesa   dello   Stato   ricorda   come   la   giurisprudenza
amministrativa abbia affermato che la disciplina in oggetto  persegue
non solo finalita'  di  carattere  finanziario,  ma  anche  scopi  di
organizzazione  generale,   con   l'obiettivo   di   incentivare   le
universita' a comportamenti virtuosi  nell'ottica  del  conseguimento
dei livelli qualitativi di  autodisciplina  sinteticamente  descritti
nella stessa struttura del fondo di finanziamento ordinario  e  nella
piu' generale architettura  del  sistema  di  finanziamento  pubblico
delle universita'.  Pertanto,  il  divieto  di  assunzione  di  nuovo
personale non persegue solo  lo  scopo  di  evitare  l'incremento  di
spesa, ma mira alla finalita'  di  guidare  l'ente  universitario  al
rientro nei parametri, costringendolo a sospendere il reclutamento di
personale e concorrendo  a  sostenere  quella  complessiva  opera  di
miglioramento  qualitativo  del   servizio   universitario   che   il
legislatore si e' prefisso (Consiglio di  Stato,  Adunanza  plenaria,
sentenza 28 maggio 2012, n. 17). 
    In tale ottica, secondo il Presidente del Consiglio dei ministri,
l'art. 1, commi  1  e  3,  non  disporrebbe  un  blocco  assoluto  di
assunzioni  e  non  pregiudicherebbe  l'effettivita'   dell'idoneita'
conseguita dai professori associati e ordinari, potendo questi ultimi
essere chiamati da atenei "virtuosi" per i quali non vige il  divieto
di reclutamento in oggetto. 
    Peraltro, la difesa erariale osserva che,  quando  il  cosiddetto
blocco  delle  assunzioni  e'  stato  assoluto,  il  legislatore   ha
appositamente previsto una proroga delle idoneita'  conseguite  nelle
procedure di valutazione comparativa per la  copertura  di  posti  di
professore ordinario o associato. Questo, e' avvenuto  -  ricorda  il
Presidente del Consiglio dei ministri - con le leggi finanziarie  per
il 2003 e il 2004. 
    La difesa dello Stato osserva  che,  a  decorrere  dal  2008,  il
legislatore, anziche' prevedere un blocco assunzionale  assoluto,  ha
previsto una disciplina diversa basata sul criterio del doppio regime
sopra richiamato. 
    Pertanto, ad avviso del Presidente del  Consiglio  dei  ministri,
atteso che il legislatore non  ha  previsto  blocchi  assoluti  delle
assunzioni nelle universita', ma  solamente  vincoli  parziali  delle
stesse, coerentemente ha ritenuto di non prevedere - come in  passato
- la proroga delle idoneita' a professore universitario. 
    Le proroghe  degli  anni  2003-2004  si  configurano,  quindi,  -
secondo la difesa erariale - quali norme eccezionali non suscettibili
di alcuna applicazione analogica, in quanto sprovviste del  requisito
della identita' di ratio giustificatrice. 
    Alla  luce  delle  suddette  argomentazioni,  il  Presidente  del
Consiglio   dei   ministri   esclude   la   assunta    illegittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 1, del d.l. n.  180  del  2008,  in
riferimento all'art. 3 Cost., in quanto la ratio  della  norma  sopra
evidenziata  non  si  porrebbe  in  contrasto  con  il  principio  di
ragionevolezza  ed  eguaglianza,   siccome   inserita   nel   sistema
legislativo diretto ad un generale contenimento della spesa pubblica,
che ha  coinvolto  anche  altre  categorie  di  pubblici  dipendenti,
nonche' al riequilibrio e al bilanciamento dei profili  professionali
universitari al fine del rispetto di altri  principi  costituzionali,
tra cui quello del buon andamento di cui all'art. 97 Cost. 
    Le disposizioni  di  legge  in  esame,  non  ponendo  un  divieto
assoluto delle assunzioni, lungi  dal  produrre  riflessi  preclusivi
assoluti   tali   da   incidere   sull'effettivita'   della    durata
dell'idoneita' si limitano - ad avviso del Presidente  del  Consiglio
dei ministri  -  a  disciplinare  le  facolta'  di  assunzioni  delle
universita', in un'ottica di  razionalizzazione  dell'utilizzo  delle
risorse pubbliche. 
    Secondo la difesa dello Stato, il rimettente avrebbe erroneamente
ritenuto che le universita' "virtuose" siano soggette a vincoli  piu'
rigorosi di quelli stabiliti per le "non  virtuose":  alle  prime  si
applicherebbe la regola che consente nuove assunzioni nei limiti  del
cinquanta per cento del costo connesso alle cessazioni del  personale
verificatesi nell'anno precedente, con l'asserita omissione di misure
di salvaguardia delle procedure concorsuali gia' espletate; viceversa
agli  atenei  "non  virtuosi",  a  fronte  del  divieto  assoluto  di
effettuare nuove assunzioni,  sarebbe  consentito  di  completare  le
assunzioni dei ricercatori sopra richiamati. Cio' si risolverebbe  in
un ingiustificato trattamento di maggior vantaggio a favore  di  tali
ultimi atenei, in violazione dell'art.  3  Cost.,  sotto  il  profilo
della ragionevolezza, dell'art. 33 Cost., in quanto si imporrebbe  un
vincolo   all'autonomia   universitaria    non    giustificato    dal
perseguimento di finalita' e di interessi di rilievo  costituzionale,
dell'art. 97  Cost.,  in  quanto  la  norma  inciderebbe  in  termini
rilevanti e contraddittori sulle scelte  organizzative  e  gestionali
delle universita'. 
    Tale tesi, ad avviso della difesa  statale,  non  terrebbe  conto
dell'esigenza di tutelare l'affidamento dei ricercatori vincitori  di
concorsi espletati prima dell'entrata in vigore della norma, i quali,
se aspirassero ad essere assunti da un'universita' "non virtuosa", in
mancanza  di  una  clausola  di  salvaguardia  verrebbero  del  tutto
pregiudicati dal previsto divieto di effettuare nuove assunzioni. 
    Inoltre, il rimettente avrebbe trascurato di considerare  che  il
paventato  pregiudizio  non  si  verifica  nel  caso  di  universita'
"virtuosa", posto che la disposizione di cui al  successivo  comma  3
ammette nuove assunzioni,  sebbene  entro  il  limite  di  spesa  del
cinquanta per cento delle economie  prodottesi  in  dipendenza  delle
cessazioni del servizio di personale. 
    Il  combinato  disposto   delle   due   richiamate   disposizioni
risulterebbe - ad avviso della difesa erariale - del tutto  coerente,
se analizzato dal  punto  di  vista  della  tutela  dei  diritti  dei
ricercatori vincitori di concorsi gia' espletati, poiche' entrambe le
norme, secondo modalita' diverse a seconda  degli  interessi  che  le
stesse sono destinate a perseguire, assicurano  la  soddisfazione  di
tale  esigenza,   cosi'   evitando   di   compromettere   le   chance
professionali e di vita dei candidati. 
    Peraltro, la difesa dello  Stato  sottolinea  come  costituiscano
delle mere eventualita'  sia  la  possibilita'  che  i  vincitori  di
procedure concorsuali  vedano  differito  il  momento  dell'effettiva
assunzione, sia la possibilita'  che  alcuni  perdano  la  chance  di
assunzione. 
    Sotto il profilo teleologico, il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri sottolinea che  la  disposizione  in  esame,  se  certamente
rientra tra quelle con finalita' di contenimento dei  costi  e  degli
oneri finanziari, e' altresi'  rivolta  ad  incentivare  il  ricambio
generazionale del personale docente, come evidenziato  dal  Consiglio
di Stato, Adunanza plenaria, nella sentenza n. 17 del 2012. 
    Il perseguimento di finalita' ulteriori  e  diverse  rispetto  al
mero risparmio di spesa varrebbe a confutare anche la censura secondo
cui l'assunzione dei vincitori dei concorsi  espletati  costituirebbe
un'eccezione di portata tale da travalicare e rendere  inoperante  la
regola del divieto generalizzato di nuove assunzioni. 
    Le disposizioni in esame risulterebbero del  tutto  coerenti  nel
predisporre un sistema che, se, per un verso, mira a guidare l'ateneo
al rientro (o al mantenimento) dei parametri  di  legge  riguardo  al
rapporto tra spese fisse e obbligatorie per il personale di ruolo  ed
entita' dei trasferimenti statali sul FFO, dall'altro, salvaguarda la
figura del ricercatore, sia consentendone le assunzioni in deroga  al
divieto,  sia  disponendo,  per   le   universita'   "virtuose",   la
destinazione di una quota non inferiore al sessanta per  cento  delle
somme disponibili per le nuove assunzioni a  favore  di  personalita'
che intraprendono la carriera universitaria. 
    Pertanto, ad avviso della difesa dello Stato, le  differenze  tra
le regole previste ai commi 1 e 3 dell'art. 1 del  d.l.  n.  180  del
2008, poi convertito, dovrebbero essere interpretate alla luce  degli
scopi complessivi che  la  normativa  e'  diretta  a  realizzare,  in
ragione  dei  quali  andrebbe  esclusa  la  assunta   disparita'   di
trattamento, stante l'unitaria linea di politica legislativa volta  a
valorizzare la figura del ricercatore. 
    Inoltre, la difesa erariale osserva che l'art. 33, ultimo  comma,
Cost., prevede il diritto  delle  universita'  di  darsi  ordinamenti
autonomi «nei limiti stabiliti dalle leggi  dello  Stato».  Pertanto,
dato che la Costituzione demanda alle  leggi  dello  Stato  di  porre
limiti   all'autonomia   universitaria,   non   potrebbe    ritenersi
incostituzionale una legge per il solo fatto che ponga dei  limiti  a
detta autonomia. 
    L'Avvocatura dello Stato richiama la giurisprudenza  della  Corte
costituzionale, secondo cui il legislatore puo' modificare  in  senso
sfavorevole per i beneficiari la disciplina dei  rapporti  di  durata
anche se l'oggetto di questi sia  costituito  da  diritti  soggettivi
perfetti,  purche'  tali  modifiche  non  trasmodino  in  regolamenti
irrazionali, frustranti l'affidamento del cittadino  nella  sicurezza
giuridica, quale elemento fondante dello Stato di  diritto  (sentenze
n. 236 e n. 24 del 2009, n. 11 del 2007, n. 409 del 2005, n. 446  del
2002, n. 416 del 1999, n. 360 del 1995, n. 573 del 1990, n.  822  del
1988 e n. 349 del 1985). 
    Nel caso di specie, ad avviso della  difesa  statale,  il  limite
imposto dal  legislatore  per  esigenze  di  finanza  pubblica  e  di
razionalizzazione delle assunzioni presso le universita', non risulta
ne' irragionevole, ne' sproporzionato. 
    Analoghe considerazioni varrebbero  in  riferimento  all'asserita
violazione del principio di buon andamento di cui all'art. 97 Cost. 
    L'infondatezza   di   detta   censura   di    incostituzionalita'
risulterebbe evidente, considerati  gli  obiettivi  perseguiti  dalla
disposizione censurata  di  contenimento  della  spesa  pubblica,  di
razionalizzazione delle assunzioni presso le universita'  nonche'  di
ricambio generazionale del personale docente. 
    Tali norme, di  regolazione  e  non  di  divieto  assoluto  delle
assunzioni, si limiterebbero, infatti, a disciplinare le facolta'  di
assunzione delle universita'  in  un'ottica  di  efficiente  utilizzo
delle risorse pubbliche. 
    La previsione legislativa censurata non soltanto sarebbe conforme
al principio dell'autonomia universitaria,  ma  corrisponderebbe,  ad
avviso della difesa dello Stato, ad esigenze organizzative e di buona
amministrazione  degli  atenei,  nonche'  all'interesse  generale  al
contenimento della spesa pubblica. 
    Pertanto,  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  esclude
l'assunta violazione degli artt. 3 e 97 Cost. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.-  Il  Consiglio  di  Stato,  in  sede   giurisdizionale,   con
l'ordinanza indicata in epigrafe (r.o. n. 42 del  2013),  dubita,  in
riferimento  agli  artt.  3,  33  e  97  della  Costituzione,   della
legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  commi   1   e   3,   del
decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180 (Disposizioni urgenti  per  il
diritto allo studio, la valorizzazione del merito e la  qualita'  del
sistema  universitario  e  della  ricerca),  come   convertito,   con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 9 gennaio  2009,  n.
1, nel testo anteriore alla modifica di cui  all'art.  11,  comma  1,
lettera b), del decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 49  [Disciplina
per  la  programmazione,  il  monitoraggio  e  la  valutazione  delle
politiche di bilancio e di reclutamento degli atenei,  in  attuazione
della delega prevista  dall'articolo  5,  comma  1,  della  legge  30
dicembre 2010,  n.  240  e  per  il  raggiungimento  degli  obiettivi
previsti dal comma 1, lettere b) e c), secondo i principi normativi e
i criteri direttivi stabiliti al comma 4, lettere b), c), d),  e)  ed
f) e al comma 5]. 
    Ad avviso del rimettente, la normativa censurata violerebbe: 
    a)  l'art.  3  Cost.,  sotto  il   profilo   del   principio   di
ragionevolezza  ed  uguaglianza,  in  quanto  il  combinato  disposto
dell'art. 1, commi 1 e 3, del d.l. n. 180 del 2008,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge n.  1  del  2009,  avrebbe  previsto,  per
quanto  riguarda  i  vincoli  e  i   limiti   alle   assunzioni,   un
ingiustificato trattamento di maggior vantaggio per gli  atenei  "non
virtuosi" rispetto agli atenei  "virtuosi".  Infatti,  mentre  per  i
primi  il  divieto  di  nuove  assunzioni  sarebbe  temperato   dalla
rilevantissima eccezione costituita dalla possibilita' di assumere  i
ricercatori vincitori delle procedure  selettive  gia'  in  atto,  al
contrario per  gli  atenei  "virtuosi"  il  limite  alle  assunzioni,
corrispondente ad una spesa pari al cinquanta  per  cento  di  quella
relativa al personale a  tempo  indeterminato  cessato  dal  servizio
nell'anno  precedente,  non   conoscerebbe   alcun   temperamento   o
eccezione, neanche nell'ipotesi in cui la  singola  assunzione,  come
nel caso oggetto del giudizio a quo, sarebbe possibile, almeno  nella
prima  fase,  senza  nessun  aggravio  finanziario   per   le   casse
dell'universita'.  Inoltre,   il   concreto   assetto   disciplinare,
risultante  dal  combinato  operare  delle  disposizioni   censurate,
presenterebbe evidenti profili di irragionevolezza, considerando  che
esso, come determinato dal comma  1  dell'art.  1,  sarebbe  tale  da
consentire che l'eccezione (possibilita' di assunzione dei  vincitori
dei concorsi in precedenza espletati) travalichi del tutto la  regola
(divieto generalizzato di nuove assunzioni) fino a renderla nei fatti
inoperante, mentre i limiti  e  vincoli  assunzionali,  imposti  agli
atenei "virtuosi", non  presenterebbero  alcuna  possibile  deroga  o
eccezione, neanche nell'ipotesi in cui, come nel caso  in  esame,  la
singola assunzione non potrebbe produrre alcun aggravio di spese  per
l'ateneo.  Infine,  il  combinato  operare   delle   due   richiamate
disposizioni  si  presenterebbe   nel   complesso   irragionevole   e
ingiustificato, sotto l'angolo  visuale  del  generale  obiettivo  di
contenimento della spesa che caratterizza la previsione del  d.l.  n.
180 del 2008, considerando che, mentre nel  caso  degli  atenei  "non
virtuosi", il limite "fisiologico"  all'espansione  della  spesa  per
nuove assunzioni e' rappresentato dall'assenza di oneri aggiuntivi  a
carico  della  finanza  pubblica,  al  contrario   per   gli   atenei
"virtuosi", il medesimo limite all'espansione della spesa  per  nuove
assunzioni e' posto ad un livello  di  gran  lunga  inferiore,  ossia
nella richiamata misura del cinquanta per cento della  spesa  per  il
personale cessato dal servizio nel corso dell'anno  precedente.  Tale
scelta normativa risulterebbe piu' penalizzante nei  confronti  degli
enti che abbiano tenuto comportamenti virtuosi e compatibili  con  il
perseguimento degli obiettivi fissati, rispetto agli enti che abbiano
operato in contrasto con tali obiettivi. La normativa  in  esame  non
sarebbe  qui  censurata  sotto  il  profilo   della   disparita'   di
trattamento tra le ipotesi disciplinate nel comma 1 e quelle regolate
nel comma 3 del menzionato art. 1 del d.l. n. 180 del  2008  (il  che
sarebbe reso difficoltoso dal carattere eterogeneo  delle  previsioni
in  questione  e  dalla  oggettiva  difficolta'  di  individuare   un
effettivo tertium comparationis nell'ambito di un giudizio di parita'
di trattamento).  La  censura  avrebbe  ad  oggetto,  piuttosto,  «il
carattere  complessivamente  irragionevole  e  ingiustificato   della
scelta normativa operata nel 2008»; 
    b) l'art. 33 Cost., in tema di  limiti  e  vincoli  all'autonomia
universitaria,   in   quanto,   ancorche'   il   legislatore    possa
legittimamente vincolare e  limitare  il  pieno  esercizio  di  detta
autonomia, laddove  cio'  risulti  finalizzato  al  perseguimento  di
interessi e finalita' di rilievo costituzionale - come, nella specie,
sono da considerare gli obiettivi di sostenibilita' di bilancio -  si
deve, tuttavia, ritenere che l'imposizione di tali vincoli  e  limiti
possa  rivelarsi  costituzionalmente  illegittima  laddove,  per   le
ragioni  in  precedenza  esposte,  essa  non  trovi   una   effettiva
giustificazione  nel  perseguimento  dei  richiamati   obiettivi   di
carattere economico e finanziario; 
    c) l'art. 97  Cost.,  sotto  il  profilo  dei  principi  di  buon
andamento  e  d'imparzialita'  della  pubblica  amministrazione,   in
quanto, se  puo'  ammettersi  l'interpositio  legislatoris,  tale  da
incidere in modo rilevante sulle variabili sottese ad alcune  tra  le
principali scelte organizzative e  gestionali  delle  amministrazioni
pubbliche - come quelle relative alla provvista di personale - non si
potrebbe ammettere la legittimita' costituzionale di tali  interventi
qualora essi presentino caratteri di non ragionevolezza  ed  incidano
in modo contraddittorio e ingiustificato sulle  richiamate  variabili
organizzative. 
    2.- Il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia (d'ora in
avanti, TAR), con l'ordinanza indicata in epigrafe (r.o. n.  134  del
2012), ha sollevato, in riferimento all'art. 3  Cost.,  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma  1,  secondo  periodo,
del d.l. n. 180 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla  legge
n. 1 del 2009, nella parte in cui subordina la non  operativita'  del
blocco delle assunzioni per i ricercatori  universitari  all'avvenuto
espletamento  -  vale  a  dire,  all'avvenuta  conclusione  -   della
procedura concorsuale alla data di entrata in vigore della  legge  di
conversione n. 1 del 2009. 
    Ad avviso del rimettente, la norma censurata, nel testo anteriore
alla modifica di cui all'art. 11, comma 1, lettera b), del d.lgs.  n.
49 del 2012, violerebbe l'art. 3 Cost., sotto il profilo dei principi
di uguaglianza e di parita' di trattamento, in quanto  subordinerebbe
la non operativita' del blocco delle  assunzioni  al  dato  neutro  e
casuale dell'espletamento, ovvero della conclusione, della  procedura
concorsuale prima della data di entrata  in  vigore  della  legge  di
conversione n. 1 del 2009 e, quindi, al dato fortuito della celerita'
o della lentezza con cui la detta procedura  si  e'  svolta.  In  tal
guisa  la  disposizione:  1)  discriminerebbe  irragionevolmente   la
posizione  del  ricorrente  (dichiarato  vincitore  di  concorso  per
ricercatore universitario con decreto rettorale del 22 dicembre 2009,
cioe' dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione n.
1 del 2009) rispetto a  coloro  che  hanno  partecipato  alla  stessa
procedura selettiva o anche a  procedure  concorsuali  successive  e,
tuttavia, hanno avuto la "fortuna" di vedere espletata  la  procedura
prima della data di entrata in vigore della legge n. 1  del  2009  e,
quindi, di beneficiare dell'esenzione di cui  all'art.  1,  comma  1,
secondo  periodo,  del  d.l.  n.  180  del  2008;  2)   attribuirebbe
all'amministrazione  universitaria   un   inammissibile   potere   di
determinare quali candidati assumere e quali  no,  anche  nell'ambito
della stessa procedura  selettiva,  dando  origine  ad  inaccettabili
disparita' di trattamento a fronte di identiche posizioni. 
    3.-  Il  Consiglio  di  Stato,  in  sede   giurisdizionale,   con
l'ordinanza indicata in epigrafe (r.o. n. 58 del 2013), ha sollevato,
in riferimento agli artt. 3 e 97  Cost.,  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma  1,  del  d.l.  n.  180  del  2008,
convertito, con modificazioni, dalla legge n. 1 del 2009,  nel  testo
anteriore alla modifica di cui all'art. 11, comma 1, lettera b),  del
d.lgs. n. 49 del 2012, «nella parte in cui, nel prevedere il  divieto
di assunzione - a carico  delle  Universita'  "non  virtuose"  -  non
prevede anche una sospensione del termine di durata  delle  idoneita'
conseguite nei concorsi di ricercatore  e  professore  universitario,
per tutto il tempo in cui  opera  il  divieto  di  assunzione,  cosi'
determinando l'effetto sproporzionato, irragionevole e  in  contrasto
con il principio  di  buon  andamento  dell'amministrazione,  che  il
termine di durata dell'idoneita' decorre durante il  periodo  in  cui
opera il divieto di assunzione,  sicche'  il  divieto  di  assunzione
imposto alle Universita' si traduce anche in una perdita  definitiva,
per gli idonei, della chance di assunzione, tutte le volte in cui  le
Universita' non rientrino nei parametri di legge durante  il  periodo
di validita' dell'idoneita'». 
    Ad avviso del rimettente, la  disposizione  censurata  violerebbe
gli  artt.  3  e  97  Cost.,  perche'   «l'idoneita'   nei   concorsi
universitari ha una durata di cinque  anni,  sicche'  il  divieto  di
assunzione,  imposto  alle  Universita'  non  virtuose,  rischia   di
tradursi in una definitiva penalizzazione per  gli  idonei,  ove,  in
ipotesi, l'Universita' non rientri nei  parametri  di  legge  durante
l'arco temporale di durata dell'idoneita'». 
    Il Consiglio di Stato, dopo aver richiamato il disposto dell'art.
1, comma 1, del d.l. n. 180 del 2008, convertito dalla legge n. 1 del
2009, osserva che esso «si limita a porre un  divieto  di  assunzione
per le Universita'  non  virtuose,  senza  considerare  la  possibile
penalizzazione per i vincitori di procedure concorsuali, per i  quali
il rischio non e' solo  il  differimento  dell'assunzione,  ma  anche
quello della perdita definitiva della chance di assunzione, tutte  le
volte in cui l'Universita' non virtuosa non rientri nei parametri  di
legge durante l'arco  temporale  di  durata  dell'idoneita'  (pari  a
cinque anni)». 
    In tal modo, una  misura  mirante  a  razionalizzare  la  finanza
pubblica e l'organizzazione universitaria si tradurrebbe anche in una
penalizzazione  per  soggetti  che  hanno  partecipato,   con   esito
vittorioso,  ad  un  concorso  pubblico.  Invero,  tale  sarebbe   il
possibile effetto della norma censurata che, quindi, si  porrebbe  in
contrasto «con il principio di razionalita'  e  ragionevolezza  della
legge, dando luogo ad eccesso di potere legislativo, nonche'  con  il
principio di buon andamento della  pubblica  amministrazione,  atteso
che, a causa del divieto delle assunzioni,  in  combinazione  con  il
decorso del termine di durata delle idoneita', si toglie efficacia  a
procedure concorsuali gia' espletate, sicche' le  Universita'  devono
bandire all'occorrenza nuove procedure, sostenendo aggravi di tempi e
di costi». 
    La   disposizione,   dunque,   avrebbe   dovuto   prevedere,   in
concomitanza con il dovere di assunzione e per tutta la  sua  durata,
una sospensione del termine di scadenza delle idoneita'. 
    4.- Le questioni di legittimita'  costituzionale,  riassunte  nei
paragrafi che precedono, censurano sotto vari profili le stesse norme
di legge. Pertanto, i relativi  giudizi  vanno  riuniti,  per  essere
decisi con unica pronuncia. 
    5.-  In  merito  all'asserita  irragionevolezza   del   combinato
disposto dei commi 1 e 3 dell'art. 1 del d.l. n. 180 del  2008  (r.o.
n.  42  del  2013),  in  quanto   realizzerebbe   un   ingiustificato
trattamento di  maggior  vantaggio  per  gli  atenei  "non  virtuosi"
rispetto agli atenei "virtuosi" (tra i quali si colloca l'Universita'
Magna Graecia di Catanzaro), la questione non e' fondata. 
    Questa Corte ha piu' volte ribadito  che  una  disposizione  deve
essere  dichiarata  costituzionalmente  illegittima  non  quando  sia
possibile  trarne  un  significato  in  contrasto  con   il   dettato
costituzionale, ma quando non sia possibile dedurne alcun significato
conforme a Costituzione. 
    Il rimettente muove dall'assunto che la facolta' di completare le
assunzioni dei ricercatori vincitori dei concorsi espletati,  di  cui
al comma 1 dell'art. 1 del d.l. n. 180 del 2008, sia limitata ai soli
atenei "non virtuosi", mentre quelli  "virtuosi"  incorrerebbero  nel
limite complessivo del cinquanta per cento di  cui  al  comma  3  del
citato art. 1. Da qui discenderebbe la  conseguenza  che  gli  atenei
"non virtuosi" ben  potrebbero,  nel  completare  le  assunzioni  dei
ricercatori di cui sopra, oltrepassare il limite  del  cinquanta  per
cento che, invece, e' operativo per le universita' "virtuose". 
    Orbene, il citato comma 1, nel testo  -  rilevante  ai  fini  del
presente giudizio - in vigore quando  fu  adottato  il  provvedimento
impugnato ed applicabile alla  fattispecie  in  forza  del  principio
tempus regit actum (sentenze n. 177 del 2012  e  n.  209  del  2010),
cosi' disponeva: 
    «Le universita' statali che, alla data del 31 dicembre di ciascun
anno, hanno superato il limite di cui all'art.  51,  comma  4,  della
legge 27 dicembre  1997,  n.  449,  fermo  restando  quanto  previsto
dall'articolo 12, comma 1, del decreto-legge  31  dicembre  2007,  n.
248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008,  n.
31, non possono procedere all'indizione di procedure concorsuali e di
valutazione comparativa, ne' all'assunzione di personale. Alle stesse
universita'  e'  data  facolta'  di  completare  le  assunzioni   dei
ricercatori vincitori dei concorsi di cui all'articolo  3,  comma  1,
del  decreto-legge  7  settembre  2007,  n.  147,   convertito,   con
modificazioni dalla legge 25 ottobre  2007,  n.  176  e  all'articolo
4-bis, comma 17, del decreto-legge 3 giugno 2008, n. 97,  convertito,
con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2008, n. 129, e  comunque  di
concorsi espletati alla data di entrata  in  vigore  della  legge  di
conversione del presente decreto, senza  oneri  aggiuntivi  a  carico
della finanza pubblica». 
    A sua volta, il comma 3 dell'art. 1 (la cui formulazione  non  e'
stata modificata nel corso del tempo) stabilisce quanto segue: 
    «Il  primo  periodo  del   comma   13,   dell'articolo   66   del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con  modificazioni,
dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e' sostituito dai seguenti: per il
triennio 2009-2011, le universita' statali, fermi restando  i  limiti
di cui all'articolo 1, comma 105, della legge 30  dicembre  2004,  n.
311, possono procedere, per ciascun anno, ad assunzioni di  personale
nel limite di un contingente corrispondente  ad  una  spesa  pari  al
cinquanta  per  cento  di  quella  relativa  al  personale  a   tempo
indeterminato  complessivamente  cessato   dal   servizio   nell'anno
precedente. Ciascuna universita' destina tale somma per una quota non
inferiore al 60 per  cento  all'assunzione  di  ricercatori  a  tempo
indeterminato, nonche' di  contrattisti  ai  sensi  dell'articolo  1,
comma 14, della legge 4 novembre 2005, n. 230, e per  una  quota  non
superiore al 10 per cento all'assunzione di professori ordinari. Sono
fatte salve le assunzioni dei  ricercatori  per  i  concorsi  di  cui
all'articolo 1, comma 648, della legge 27 dicembre 2006, n. 296,  nei
limiti delle risorse residue previste dal predetto articolo 1,  comma
650». 
    Cio' posto, la  ricostruzione  del  dato  normativo  operata  dal
rimettente  si  fonda  su  un  erroneo  presupposto   interpretativo;
infatti, ritenere che le universita' "virtuose" siano  escluse  dalla
possibilita' di completare le assunzioni dei ricercatori  di  cui  al
comma 1 dell'art. 1 equivale a sovvertire  la  ratio  dell'intervento
legislativo censurato, che presenta un carattere  sanzionatorio  (sia
pure con qualche deroga) per gli atenei "non virtuosi" e  una  natura
premiale (sia pure  entro  i  limiti  dettati  dall'attuale  contesto
economico-finanziario) per gli atenei "virtuosi".  Pertanto,  secondo
un argomento a minori ad maius, i commi 1 e 3 dell'art. 1 del d.l. n.
180 del 2008 devono  essere  interpretati  nel  senso  che  anche  le
universita' rispettose dei parametri legislativi  possono  completare
le assunzioni dei ricercatori vincitori dei concorsi di cui al  comma
1, e, conseguentemente, il limite del cinquanta per cento  (comma  3)
deve  essere  inteso  come  relativo  alla  assunzione  di  personale
ulteriore rispetto ai ricercatori di cui al comma 1. 
    Cosi' definito l'ambito di operativita' delle norme suddette,  le
censure mosse dal rimettente risultano non fondate. 
    6.- Anche le questioni sollevate dall'ordinanza di rimessione con
riferimento agli artt. 33 e 97 Cost. non sono fondate. 
    Invero, entrambe muovono dall'assunto  che  il  legislatore  puo'
legittimamente imporre vincoli e limiti all'esercizio  dell'autonomia
universitaria  (art.  33  Cost.),  quando  tale  imposizione  risulti
finalizzata al perseguimento di  interessi  e  finalita'  di  rilievo
costituzionale  (come,  nel  caso  di  specie,  il  perseguimento  di
imprescindibili obiettivi di sostenibilita' di bilancio), oppure puo'
incidere anche in modo rilevante «sulle variabili sottese  ad  alcune
fra  le  principali   scelte   organizzative   e   gestionali   delle
amministrazioni pubbliche (come quelle  relative  alla  provvista  di
personale)» (art. 97 Cost.). 
    Tuttavia, la legittimita' costituzionale di tali  interventi  non
potrebbe  ammettersi  laddove  essi  risultino   frutto   di   scelte
irragionevoli e ingiustificate. 
    Come si e' visto nel paragrafo che precede,  una  interpretazione
della  normativa  censurata  conforme  a  Costituzione   conduce   ad
escludere il carattere  irragionevole  di  essa.  Ne  deriva  la  non
fondatezza delle questioni anche con  riferimento  ai  parametri  ora
indicati. 
    7.- La questione di legittimita'  costituzionale,  sollevata  dal
Tribunale amministrativo regionale per la Puglia  (r.o.  n.  134  del
2012), relativa all'art. 1, comma 1, secondo periodo, del d.l. n. 180
del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 1  del  2009,
per contrasto con l'art. 3 Cost. «nella parte in cui subordina la non
operativita'  del  blocco  delle   assunzioni   per   i   ricercatori
universitari all'avvenuto espletamento -  vale  a  dire  all'avvenuta
conclusione - della procedura concorsuale alla  data  di  entrata  in
vigore  della  legge  9  gennaio  2009,  n.  1,  di  conversione  del
decreto-legge 10 novembre 2008 n. 180», e' inammissibile. 
    Ad avviso del  rimettente,  la  posizione  della  parte  privata,
vincitore di un concorso per ricercatore  universitario  bandito  nel
2005 e concluso con decreto rettorale di approvazione degli  atti  in
data 22 dicembre 2009, sarebbe senz'altro  riconducibile  nell'ambito
applicativo del divieto di assunzione di cui all'art. 1, comma 1, del
d.l. n. 180 del 2008, e non potrebbe fruire delle  eccezioni  a  tale
divieto previste dall'art. 1, comma 1, secondo  periodo,  del  citato
decreto-legge. Infatti, la legge di conversione  di  quest'ultimo  e'
entrata  in  vigore   il   10   gennaio   2009,   cioe'   ben   prima
dell'espletamento  (o  conclusione)  della   procedura   concorsuale.
Pertanto,  la  norma  censurata  si  porrebbe  in  contrasto  con  il
principio di parita' di trattamento di cui all'art. 3 Cost.,  per  le
ragioni esposte nel precedente paragrafo 2. 
    Si deve, pero', osservare che rientra nella discrezionalita'  del
legislatore - nel momento in cui, per esigenze di contenimento  della
spesa pubblica, ritenga di stabilire, nei confronti delle universita'
statali che si trovano in determinate  condizioni,  un  blocco  nelle
assunzioni di personale - la determinazione sia  delle  modalita'  di
tale blocco, sia di eventuali eccezioni, sia dei tempi entro i  quali
queste ultime sono destinate ad operare. 
    In particolare, appartiene alla detta  sfera  discrezionale  (nel
cui esercizio il legislatore incontra il solo limite della  manifesta
irragionevolezza)  l'individuazione  della  data  alla   quale   fare
riferimento per l'assunzione di una o  piu'  categorie  di  personale
sottratte al  blocco:  nella  specie,  i  ricercatori  vincitori  dei
concorsi nella  norma  stessa  indicati  e,  comunque,  «di  concorsi
espletati alla data di entrata in vigore della legge  di  conversione
del presente decreto, senza oneri aggiuntivi a carico  della  finanza
pubblica». Il riferimento alla data di entrata in vigore della  legge
di  conversione  non  puo'  certo  essere   definito   manifestamente
irragionevole, specialmente avuto riguardo  alla  natura  transitoria
della disciplina introdotta, destinata a venir meno  con  il  ritorno
dell'ateneo tra le universita' "virtuose". Anzi, di norma  e  in  via
generale, «il riferimento alla data di entrata in vigore della stessa
legge che introduce una disciplina transitoria puo' rispondere ad  un
ovvio criterio di ragionevolezza» (sentenza n. 35 del 2004, paragrafo
2 del Considerato in diritto). In realta', il  rimettente  omette  di
considerare  che  il  discrimine  nella   applicazione   di   diverse
discipline normative, basato su  dati  cronologici,  non  puo'  dirsi
fonte di ingiustificata disparita' di trattamento perche', secondo la
costante giurisprudenza di questa Corte, lo  stesso  naturale  fluire
del  tempo  e'  valido  elemento  diversificatore  delle   situazioni
giuridiche (ex plurimis, sentenza n. 94 del 2009, paragrafo  7.2  del
Considerato in diritto, e sentenza n. 341 del 2007, paragrafo 3.2 del
Considerato in diritto, ordinanza n. 61 del 2010). 
    Il richiamo alla sentenza di questa Corte n. 35 del 2004, non  e'
pertinente, perche', come la stessa sentenza ha  cura  di  precisare,
«nella specie, la vicenda legislativa presenta  una  particolarita'».
E, dopo aver esposto i punti salienti  della  fattispecie,  la  Corte
stessa e' giunta alla conclusione che,  «poiche'  il  legislatore  ha
dato alla nuova disciplina, per  questa  parte,  un  contenuto  quasi
"provvedimentale", di proroga  di  un  precedente  regime,  esso  non
poteva, senza incorrere in un vizio  di  manifesta  irragionevolezza,
ignorare  i  connotati  concreti   della   situazione   nella   quale
interveniva. Non poteva, cioe', trascurare la circostanza che vi  era
una sessione di esami ancora parzialmente in corso in quel momento  e
che, quindi, lo  "sbarramento"  temporale  rigido  che  si  intendeva
introdurre avrebbe prodotto una  discriminazione  ingiustificata  tra
coloro che avevano o  avrebbero  sostenuto  lo  stesso  esame,  nella
stessa sessione annuale, prima o dopo la data indicata, in base  alla
casuale durata delle prove». 
    Come si vede, si tratta di un caso particolare,  non  comparabile
con la vicenda qui in esame. 
    Da ultimo,  si  deve  osservare  che  l'ordinanza  di  rimessione
presenta un petitum incerto, perche' non indica se a questa Corte sia
chiesta una pronuncia di illegittimita' costituzionale  che  cancelli
la norma censurata, sia pure «nella parte in  cui  subordina  la  non
operativita'  del  blocco  per  le  assunzioni  per   i   ricercatori
universitari all'avvenuto espletamento - vale  a  dire,  all'avvenuta
conclusione - della procedura concorsuale alla  data  di  entrata  in
vigore  della  legge  9  gennaio  2009,  n.  1  di  conversione   del
decreto-legge 10 novembre 2008, n.  180»  (in  tal  caso,  pero',  la
posizione dei ricercatori vincitori di concorsi espletati  resterebbe
priva di qualsiasi riferimento  cronologico),  oppure  una  pronuncia
additiva, dai contenuti non chiariti (ordinanza n. 318 del 2013). 
    Ne deriva l'inammissibilita' della questione. 
    8.- Le questioni  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,
comma 1, del d.l. n. 180 del  2008,  convertito,  con  modificazioni,
dalla legge n. 1 del 2009, «nella parte  in  cui,  nel  prevedere  il
divieto di assunzione - a carico delle universita' "non  virtuose"  -
non prevede  anche  una  sospensione  del  termine  di  durata  delle
idoneita'  conseguite  nei  concorsi  di  ricercatore  e   professore
universitario, per  tutto  il  tempo  in  cui  opera  il  divieto  di
assunzione,    cosi'    determinando    l'effetto     sproporzionato,
irragionevole e in contrasto  con  il  principio  di  buon  andamento
dell'amministrazione, che il termine di durata dell'idoneita' decorre
durante il periodo in cui opera il divieto di assunzione, sicche'  il
divieto di assunzione imposto alle universita' si  traduce  anche  in
una perdita definitiva, per gli idonei, della chance  di  assunzione,
tutte le volte in cui le universita' non rientrino nei  parametri  di
legge durante il periodo di validita' dell'idoneita'», sollevate  dal
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (r.o. n. 58 del  2013)  in
riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., sono inammissibili. 
    Il rimettente deduce che l'idoneita' nei concorsi universitari ha
una durata di cinque anni, «sicche' il divieto di assunzione, imposto
alle universita' non virtuose, rischia di tradursi in una  definitiva
penalizzazione per gli  idonei,  ove  in  ipotesi  l'universita'  non
rientri nei parametri di legge durante  l'arco  temporale  di  durata
dell'idoneita'». Dopo aver trascritto la disposizione  censurata,  il
giudice a quo ribadisce che essa «si limita a  porre  un  divieto  di
assunzione per le universita' "non virtuose",  senza  considerare  la
possibile penalizzazione per i vincitori  di  procedure  concorsuali,
per i quali il rischio non e' solo il  differimento  dell'assunzione,
ma anche quello della perdita definitiva della chance di  assunzione,
tutte le volte in cui l'universita'  non  virtuosa  non  rientri  nei
parametri di legge durante l'arco temporale di durata  dell'idoneita'
(pari a cinque anni)». 
    Come si vede, la questione e' sollevata in relazione ad una  mera
eventualita', percio' in termini  ipotetici  e  astratti  o  comunque
prematuri, che la rendono non rilevante nel giudizio a quo. Ne deriva
l'inammissibilita' della stessa (ex plurimis,  sentenza  n.  317  del
2009, ordinanze n. 96 del 2010, n. 77 del 2009, n. 311 e  n.  56  del
2007). 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi, 
    1) dichiara non fondate, nei sensi  di  cui  in  motivazione,  le
questioni di legittimita' costituzionale dei commi 1 e 3 dell'art.  1
del decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180 (Disposizioni urgenti  per
il diritto allo studio, la valorizzazione del merito  e  la  qualita'
del  sistema  universitario  e  della   ricerca),   convertito,   con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 9 gennaio  2009,  n.
1, sollevate dal Consiglio di  Stato,  in  sede  giurisdizionale,  in
riferimento agli artt. 3, 33 e 97 della Costituzione, con l'ordinanza
indicata in epigrafe (r.o. n. 42 del 2013); 
    2)  dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 1, secondo periodo, del d.l. n. 180
del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 1  del  2009,
«nella parte in cui subordina la non operativita'  del  blocco  delle
assunzioni per i ricercatori universitari all'avvenuto espletamento -
vale a dire, all'avvenuta conclusione - della  procedura  concorsuale
alla data di entrata in vigore della legge 9 gennaio 2009, n.  1,  di
conversione del decreto-legge 10 novembre 2008,  n.  180»,  sollevata
dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, in  riferimento
all'art. 3 Cost., con l'ordinanza indicata in epigrafe (r.o.  n.  134
del 2012); 
    3)  dichiara   inammissibili   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma  1,  del  d.l.  n.  180  del  2008,
convertito, con modificazioni, dalla legge  n.  1  del  2009,  «nella
parte in cui, nel prevedere il divieto di assunzione - a carico delle
universita' "non virtuose" - non prevede anche  una  sospensione  del
termine  di  durata  delle  idoneita'  conseguite  nei  concorsi   di
ricercatore e professore universitario, per tutto  il  tempo  in  cui
opera il divieto di assunzione», sollevate dal Consiglio di Stato, in
sede giurisdizionale, in riferimento agli artt. 3  e  97  Cost.,  con
l'ordinanza indicata in epigrafe (r.o. n. 58 del 2013). 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 24 marzo 2014. 
 
                                F.to: 
                    Gaetano SILVESTRI, Presidente 
                   Alessandro CRISCUOLO, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 28 marzo 2014. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI