N. 65 SENTENZA 26 marzo - 1 aprile 2014

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Procedimento civile - Controversie in materia di  liquidazione  degli
  onorari e dei diritti degli avvocati - Attribuzione al tribunale in
  composizione collegiale - Inconvertibilita' del  rito  sommario  in
  quello ordinario. 
- Decreto  legislativo  1°  settembre  2011,  n.  150   (Disposizioni
  complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione
  e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione,  ai  sensi
  dell'articolo 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69), artt. 3, comma
  1, e 14, comma 2; legge 18 giugno 2009, n. 69 (Disposizioni per  lo
  sviluppo economico, la semplificazione, la  competitivita'  nonche'
  in materia di processo civile), art. 54, comma 4, lettera a). 
-   
(GU n.16 del 9-4-2014 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Gaetano SILVESTRI; 
Giudici :Luigi MAZZELLA,  Sabino  CASSESE,  Giuseppe  TESAURO,  Paolo
  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe  FRIGO,  Alessandro  CRISCUOLO,  Paolo
  GROSSI, Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Sergio
  MATTARELLA, Mario Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,  Giuliano
  AMATO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 3,  comma
1, e 14, comma 2, del decreto legislativo 1° settembre 2011,  n.  150
(Disposizioni complementari al codice di procedura civile in  materia
di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione,
ai sensi dell'articolo 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69), nonche'
dell'art. 54, comma 4, lettera a), della legge 18 giugno 2009, n.  69
(Disposizioni per  lo  sviluppo  economico,  la  semplificazione,  la
competitivita' nonche' in materia di processo civile),  promosso  dal
Tribunale ordinario di Verona, nel procedimento vertente tra B.M.  ed
altro e A.P.A. ed altri, con ordinanza del 23 maggio  2013,  iscritta
al n. 202 del registro ordinanze 2013  e  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 40,  prima  serie  speciale,  dell'anno
2013. 
    Visto l'atto di intervento della  Presidenza  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nella camera di consiglio del 26 febbraio 2014  il  Giudice
relatore Giuliano Amato. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 28 febbraio 2013, il Tribunale ordinario di
Verona ha sollevato, in riferimento all'art. 76  della  Costituzione,
questione di legittimita' costituzionale degli artt. 3,  comma  1,  e
14, comma 2, del  decreto  legislativo  1°  settembre  2011,  n.  150
(Disposizioni complementari al codice di procedura civile in  materia
di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione,
ai sensi dell'articolo 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69); in  via
subordinata,  il  medesimo  Tribunale  ha  altresi'   sollevato,   in
riferimento agli artt.  3  e  97  Cost.,  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 54, comma 4,  lettera  a),  della  legge  18
giugno 2009, n.  69  (Disposizioni  per  lo  sviluppo  economico,  la
semplificazione, la competitivita' nonche'  in  materia  di  processo
civile). 
    1.2.- Il Tribunale rimettente  riferisce  di  essere  chiamato  a
decidere in composizione collegiale -  in  conformita'  all'art.  14,
comma 2, del d.lgs. n. 150 del 2011 - una controversia in materia  di
liquidazione di onorari di avvocato,  ai  sensi  dell'art.  28  della
legge 13 giugno 1942, n. 794 (Onorari di avvocato  e  di  procuratore
per prestazioni giudiziali in materia civile),  controversia  per  la
quale il legislatore delegato ha previsto la trattazione  dinanzi  al
giudice in composizione collegiale, nelle forme del rito sommario  di
cognizione; il Tribunale  evidenzia  che  nel  giudizio  a  quo,  per
effetto della contestazione dei fatti costitutivi del credito dedotto
in giudizio e del conseguente ampliamento del  thema  decidendum,  si
determinerebbe   l'inammissibilita'   del   rito   sommario,   attesa
l'esclusione, prevista dall'art. 3, comma 1, del d.lgs.  n.  150  del
2011, della possibilita'  di  conversione  del  rito  sommario  (art.
702-ter, comma 2, cod. proc. civ.) e l'onere per la parte  ricorrente
di riproporre il giudizio nelle forme del rito ordinario. 
    1.3.- Il rimettente dubita, in primo  luogo,  della  legittimita'
costituzionale degli artt. 3, comma 1, e 14, comma 2, del  d.lgs.  n.
150 del 2011 sotto il profilo della violazione  dell'art.  76  Cost.,
per contrasto con il principio di delega stabilito dall'art. 54 della
legge n. 69 del 2009; in particolare, ad avviso del  giudice  a  quo,
l'art. 54, comma 4, lettera a), della legge delega,  laddove  prevede
il mantenimento dei «criteri di composizione  dell'organo  giudicante
previsti dalla legislazione  vigente»,  si  riferirebbe  al  criterio
generale di composizione monocratica del giudice stabilito  dall'art.
50-ter cod. proc. civ., e non gia' ai criteri speciali previsti dagli
artt. 29 e 30 della legge n. 794 del 1942, relativa  ai  procedimenti
di liquidazione degli onorari di avvocato. 
    1.3.1.-  A  sostegno  di  tale  interpretazione,   il   Tribunale
evidenzia che l'art. 54, comma 4, lettera a), della legge n.  69  del
2009, non fa alcun richiamo alla normativa speciale,  che  e'  invece
richiamata dalle successive lettere b) e c) del medesimo articolo. 
    1.3.2.- Inoltre la lettura, offerta dal rimettente, del  criterio
posto  dall'art.  54,  comma  4,  lettera  a),  della  legge   delega
risulterebbe coerente con il  criterio  fissato  dal  comma  2  dello
stesso art. 54, il quale richiedeva che la  riforma  realizzasse  «il
necessario coordinamento  con  le  altre  disposizioni  vigenti»;  ad
avviso del  Tribunale,  tale  criterio  costituisce  affermazione  di
un'esigenza di coerenza con l'ordinamento  previgente  nel  quale,  a
partire dal d.lgs. 19 febbraio 1998,  n.  51  (Norme  in  materia  di
istituzione  del  giudice  unico  di  primo   grado),   il   giudizio
monocratico ha costituito la regola. 
    1.3.3.- E d'altra parte, ad avviso del  collegio  rimettente,  il
disposto dell'art. 3 del  d.lgs.  n.  150  del  2011,  nell'escludere
l'applicabilita' dell'art. 702-ter, comma 2,  cod.  proc.  civ.  alle
controversie in materia di liquidazione degli  onorari  determina  la
conseguenza che, in caso di ampliamento del thema decidendum ai fatti
costitutivi o estintivi del credito, l'unico esito possibile  sarebbe
la declaratoria  di  inammissibilita'  del  procedimento  speciale  e
l'onere, per il creditore, di reintrodurre il  giudizio  nelle  forme
del  rito  ordinario  di  cognizione;  per  l'effetto,   il   giudice
monocratico sarebbe investito della cognizione di  procedimenti  piu'
complessi, quelli che vertono anche sull'an della pretesa creditoria,
mentre i procedimenti  piu'  semplici,  aventi  ad  oggetto  la  sola
liquidazione della pretesa creditoria, sono affidati  al  giudice  in
composizione collegiale; tale risultato si porrebbe in contrasto  con
gli obiettivi di semplificazione dei modelli processuali che la legge
delega mira a perseguire. 
    1.4.- Il Tribunale  ha  inoltre  sollevato  in  via  subordinata,
nell'ipotesi in cui la Corte non ritenesse di condividere le  censure
formulate in via principale, questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 54, comma 4, lettera a), della legge delega n. 69 del 2009,
e - per conseguenza - degli artt. 3 e 14 del d.lgs. n. 150 del  2011,
per violazione degli artt. 3 e 97, primo comma, Cost., nella parte in
cui lo stesso art. 54 fa salvi i criteri di composizione  dell'organo
giudicante che erano previsti dall'art. 29 della  legge  n.  794  del
1942. 
    1.4.1.- A questo riguardo, il Tribunale evidenzia in  particolare
che, laddove la controversia riguardi non solo  la  liquidazione  del
compenso, ma anche l'esistenza del  credito  o  l'effettivita'  delle
prestazioni  forensi,  l'unica  conseguenza   possibile   sul   piano
processuale e' l'inammissibilita' della  speciale  procedura  di  cui
all'art. 28 della legge n. 794 del 1942;  ne'  sarebbe  possibile  la
conversione del rito ai sensi dell'art. 702-ter, comma 3, cod.  proc.
civ., essendo la stessa esclusa dall'art. 3, comma 1, del  d.lgs.  n.
150 del 2011; pertanto, a seguito della pronuncia di inammissibilita'
del ricorso, il creditore ha l'onere di riproporre la  domanda  nelle
forme del giudizio ordinario di  cognizione,  ovvero  in  quelle  del
procedimento sommario ordinario, con decisione - in entrambi i casi -
del Tribunale in composizione monocratica, secondo la regola generale
dell'art. 50-ter cod. proc. civ. 
    1.4.2.- Ad avviso del Tribunale,  tale  risultato  contrasta  col
principio di ragionevolezza, che trova espressione nell'art. 3 Cost.;
si avrebbe infatti una disciplina che, nel caso di ampliamento  della
materia del contendere, finisce per riservare al collegio i  giudizi,
piu'   semplici   e   circoscritti,   sul   quantum   della   pretesa
dell'avvocato, e al giudice monocratico i  giudizi  -  verosimilmente
piu'  complessi  -  di  accertamento  della  sussistenza  dei   fatti
costitutivi o estintivi del credito del professionista. 
    1.4.3.- La trattazione in forma  collegiale  di  un  procedimento
semplificato come quello per la liquidazione  degli  onorari  forensi
richiederebbe, secondo il rimettente, tempi e adempimenti maggiori di
quelli  che  sarebbero  richiesti  se  le  medesime  controversie  si
svolgessero davanti ad un giudice monocratico; pertanto, il complesso
di norme in esame si porrebbe in contrasto anche con le  esigenze  di
buona  amministrazione,   rapidita'   ed   economia   delle   risorse
dell'amministrazione della giustizia che la Corte  costituzionale  ha
ravvisato a giustificazione  degli  interventi  normativi  che  hanno
inteso  valorizzare  il  ruolo  del  giudice  unico,  consentendo  di
recuperare risorse  umane  in  un'ottica  deflattiva  e  di  maggiore
efficienza del sistema processuale; di qui il loro contrasto  con  il
principio di buon andamento  ed  imparzialita'  dell'amministrazione,
sancito dall'art. 97, primo comma, Cost. 
    2.- Nel giudizio e' intervenuto il Presidente del  Consiglio  dei
ministri, concludendo per  l'inammissibilita'  e  per  l'infondatezza
della questione sollevata. 
    2.1.- L'Avvocatura dello Stato ha  eccepito  in  via  preliminare
l'inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale per
difetto di motivazione sulla non manifesta infondatezza delle censure
di costituzionalita'. 
    2.2.- Nel merito, con riferimento alla deduzione dell'eccesso  di
delega  insito  nella  previsione  della  riserva  di  collegialita',
l'Avvocatura dello Stato ha  affermato  la  piena  conformita'  della
disciplina censurata ai principi e criteri direttivi impartiti  dalla
legge delega; la difesa erariale ha altresi'  dedotto  l'infondatezza
delle censure formulate in via subordinata, riferite alla  violazione
dei principi di cui agli artt. 3 e 97 Cost. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale ordinario di Verona ha sollevato, in riferimento
all'art.   76   della   Costituzione,   questione   di   legittimita'
costituzionale degli artt. 3, comma 1, e 14,  comma  2,  del  decreto
legislativo 1° settembre 2011, n. 150 (Disposizioni complementari  al
codice di procedura civile in materia di riduzione e  semplificazione
dei procedimenti civili di  cognizione,  ai  sensi  dell'articolo  54
della  legge  18  giugno  2009,  n.   69),   nella   parte   in   cui
rispettivamente prevedono  che  -  nei  procedimenti  in  materia  di
liquidazione  degli  onorari  e  dei  diritti  degli  avvocati  -  il
Tribunale decida in composizione collegiale, anziche' monocratica,  e
che ai  medesimi  procedimenti  non  si  applichi  il  secondo  comma
dell'art. 702-ter codice di procedura civile. 
    1.1.- In via subordinata, il Tribunale di Verona ha sollevato, in
riferimento agli artt.  3  e  97  della  Costituzione,  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 54, comma 4, lettera a),  della
legge 18 giugno 2009, n. 69 (Disposizioni per lo sviluppo  economico,
la semplificazione, la competitivita' nonche' in materia di  processo
civile), nella parte in  cui  fa  salvi  i  criteri  di  composizione
dell'organo giudicante previsti  dall'art.  29,  primo  comma,  della
legge 13 giugno 1942, n. 794 (Onorari di avvocato  e  di  procuratore
per prestazioni giudiziali in materia civile), e - per derivazione  -
degli artt. 14, comma 2, e 3, comma 1, del d.lgs. n.  150  del  2011,
nella parte in cui rispettivamente prevedono che -  nei  procedimenti
in materia di liquidazione degli onorari e diritti di avvocato  -  il
Tribunale decida in composizione collegiale, anziche' monocratica,  e
che ai  medesimi  procedimenti  non  si  applichi  il  secondo  comma
dell'art. 702-ter cod. proc. civ. 
    2.-   Preliminarmente   va   rilevato    che    l'eccezione    di
inammissibilita'  riferita  al  difetto  di  motivazione  sulla   non
manifesta infondatezza delle censure di costituzionalita', non appare
meritevole di accoglimento; al contrario,  il  tessuto  argomentativo
dell'ordinanza  di  rimessione  appare  articolato  e  ponderato  con
riferimento a  ciascuna  delle  censure  formulate  e  dei  parametri
evocati. 
    3.- Nel merito, le questioni non sono fondate. 
    3.1.- Con riferimento alla  denunciata  violazione  dell'art.  76
Cost., va in primo luogo rilevato che l'art. 54, comma 4, lettera a),
della legge n. 69 del 2009, nello stabilire i principi  direttivi  ai
quali  il  Governo  era  tenuto  ad  attenersi,  ha  prescritto   che
rimanessero «fermi i criteri di  competenza,  nonche'  i  criteri  di
composizione  dell'organo  giudicante,  previsti  dalla  legislazione
vigente». 
    In attuazione della predetta delega, l'art. 14 del d.lgs. n.  150
del 2011, ha ricondotto i procedimenti  in  materia  di  liquidazione
degli onorari di avvocato al  modello  dei  procedimenti  sommari  di
cognizione, modello al quale  ha  apportato  alcuni  adattamenti;  in
particolare, dopo avere previsto  una  particolare  disciplina  della
competenza per territorio,  l'art.  14,  comma  2,  dispone  che  «Il
Tribunale decide in composizione collegiale». 
    L'art. 50-bis cod. proc. civ., inserito dall'art. 56 del  decreto
legislativo 19 febbraio 1998, n. 51 (Norme in materia di  istituzione
del giudice unico di primo grado), impone al Tribunale  di  giudicare
in composizione collegiale nei procedimenti in camera  di  consiglio,
disciplinati dall'art. 737 cod. proc. civ. e seguenti. 
    Va inoltre rilevato che lo svolgimento in camera di consiglio dei
procedimenti  di  liquidazione  degli  onorari   forensi   era   gia'
espressamente previsto dall'art. 29 della legge n. 794 del 1942;  dal
riconoscimento della natura camerale dei procedimenti di liquidazione
degli onorari nel periodo precedente alla  riforma  introdotta  dalla
legge n. 51 del 1998, discende pertanto, ai  sensi  dell'art.  50-bis
cod. proc. civ., la composizione collegiale dell'organo giudicante. 
    Tale  e'  l'interpretazione  accolta  dalla   giurisprudenza   di
legittimita', laddove ha affermato che le  controversie  in  tema  di
liquidazione dei compensi dovuti agli avvocati rientrano  fra  quelle
da trattare in composizione collegiale, in base alla riserva prevista
per i procedimenti in camera di consiglio dall'art. 50-bis, comma  2,
cod. proc. civ. (Corte di  cassazione,  Sezioni  unite,  sentenza  n.
12609 del 2012). 
    Pertanto, nell'affermare la collegialita' del giudicante,  l'art.
14, comma 2, del d.lgs. n. 150 del 2011, non  fa  che  ribadire  quei
criteri che erano gia' propri del previgente modello processuale,  in
applicazione del criterio direttivo di  cui  all'art.  54,  comma  4,
lettera a), della legge delega n. 69 del 2009. 
    3.2.- D'altra parte, con riferimento alla dedotta violazione  dei
principi della legge delega riferita all'art. 3, comma 1, del  d.lgs.
n.  150  del   2011,   ed   in   particolare   all'esclusione   della
convertibilita' del rito sommario, va rilevato che la norma in  esame
costituisce immediata applicazione  del  criterio  direttivo  di  cui
all'art. 54, comma 4, lettera b), numero 2), della legge  n.  69  del
2009, il quale - nel ricondurre al modello del procedimento  sommario
quei  procedimenti   nei   quali   sono   prevalenti   caratteri   di
semplificazione della trattazione o  dell'istruzione  della  causa  -
afferma che resta «esclusa per tali procedimenti la  possibilita'  di
conversione nel rito ordinario». 
    La non convertibilita' del rito sommario  discende  quindi  dalla
espressa prescrizione impartita dalla legge delega (art. 54, comma 4,
lettera b, numero 2, della  legge  n.  69  del  2009)  e  corrisponde
altresi' alla inammissibilita' - ripetutamente affermata anche  prima
della riforma del 2009 - del  procedimento  speciale  previsto  dalla
legge n. 794 del 1942 nel caso in cui il thema decidendum si  estenda
a questioni che esulano dalla mera determinazione del compenso. 
    Il divieto di conversione del  rito  e'  stabilito  dall'art.  3,
comma 1, del d.lgs. n. 150 del 2011 per le controversie regolate  dal
rito  sommario   di   cognizione;   conseguentemente   la   richiesta
caducazione  di  tale  divieto,  riferita  ai  soli  procedimenti  di
liquidazione  degli  onorari  forensi,   costituirebbe   un'eccezione
rispetto al modello procedimentale prescelto dal medesimo  d.lgs.  n.
150 del 2011. 
    Siffatta eccezione risulterebbe incompatibile con  le  finalita',
perseguite dalla riforma del 2011, di riduzione e semplificazione dei
riti civili, introducendo un'ulteriore particolarita' ad  un  sistema
processuale, che - pur essendo ispirato alla finalita'  di  riportare
una  molteplicita'  di   procedimenti   speciali   ad   una   (almeno
tendenziale) uniformita' - conserva tuttora  elementi  di  innegabile
eccentricita'. 
    4.- Anche le censure  aventi  ad  oggetto  l'art.  54,  comma  4,
lettera a), della legge n. 69 del 2009, in riferimento agli artt. 3 e
97 Cost., sono infondate. 
    4.1.-  In  particolare,  ad  avviso  del  Tribunale,  la   scelta
legislativa  di  mantenere  i  criteri  di  composizione  dell'organo
giudicante previsti dall'art. 29, primo comma, della legge n. 794 del
1942, riservando cosi' al collegio, anziche' al giudice  monocratico,
la trattazione e  la  decisione  delle  controversie  in  materia  di
liquidazione di onorari  forensi  non  troverebbe  alcuna  plausibile
giustificazione; inoltre tale scelta contrasterebbe con  esigenze  di
efficienza     ed     economia     nell'impiego     delle     risorse
dell'amministrazione della giustizia. 
    4.2.- In primo luogo va rilevato che la lesione del principio  di
cui all'art.  97  Cost.  viene  denunciata  con  riferimento  ad  una
disposizione, quella dell'art. 54, comma 4, lettera a),  della  legge
n. 69 del 2009 avente natura squisitamente processuale;  al  riguardo
la giurisprudenza di questa Corte ha ripetutamente affermato  che  il
principio  di  cui  all'art.  97  Cost.  si  riferisce  agli   organi
dell'amministrazione   della   giustizia   unicamente   per   profili
concernenti  l'ordinamento  degli  uffici  giudiziari   e   il   loro
funzionamento  sotto  l'aspetto  amministrativo,  ma   non   riguarda
l'esercizio della funzione giurisdizionale  nel  suo  complesso  e  i
provvedimenti che ne costituiscono espressione (ex  multis,  sentenze
n. 272 del 2008, n. 287 del 2007 e n. 44 del 2006). 
    4.3.- D'altra parte, con riferimento alla  denunciata  violazione
del  principio  di  ragionevolezza,  di  cui  all'art.  3  Cost.,  la
giurisprudenza della  Corte  e'  costante  nell'affermare  che  nella
disciplina  degli  istituti  processuali  vige  il  principio   della
discrezionalita'  e  insindacabilita'  delle   scelte   operate   dal
legislatore con il limite della non  manifesta  irragionevolezza  (ex
multis, sentenze n. 10 del 2013, n. 304 del 2012 e ordinanza  n.  141
del 2011). 
    4.3.1.- Con riferimento alla disposizione in esame,  va  altresi'
escluso che il limite della non manifesta irragionevolezza sia  stato
superato. La prospettazione del Tribunale  rimettente  non  tiene  in
debito conto le molteplici peculiarita' proprie del rito previsto per
le controversie in materia di onorari forensi, peculiarita'  che  non
si esauriscono nella sola riserva di collegialita', ma che  attengono
anche ai criteri di determinazione della competenza, al regime  delle
impugnazioni, alla possibilita' di incardinare il giudizio  in  unico
grado  dinanzi  alla  Corte  di  appello,  nonche'   di   partecipare
personalmente al procedimento, senza l'assistenza di un difensore. 
    4.3.2.-  La  valutazione  di  tali  peculiarita'  impedisce   una
valutazione comparativa con i procedimenti  -  trattati  dal  giudice
monocratico nelle forme del rito ordinario di cognizione  -  relativi
alle controversie sulla sussistenza del credito  del  professionista;
ed  invero,   in   un'ottica   di   valorizzazione   delle   garanzie
defensionali, la riserva di collegialita' prevista per i procedimenti
di liquidazione degli onorari forensi puo' giustificarsi  in  termini
di bilanciamento che il legislatore,  con  valutazione  discrezionale
insindacabile, ha ritenuto adeguato per compensare la  riduzione  dei
rimedi  e  delle  garanzie  connessa,  da  un  lato,   all'esclusione
dell'appello e, dall'altro lato,  alla  possibilita'  di  partecipare
personalmente al giudizio, rinunciando ad  avvalersi  dell'assistenza
tecnica di un difensore. 
    4.3.3.- Pertanto, la riserva di collegialita' per i  procedimenti
in esame ben puo' costituire una delle modalita' attraverso le  quali
il legislatore ha disciplinato in  maniera  differenziata  situazioni
processuali eterogenee rispetto al modello ordinario. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale degli artt. 3, comma 1, e 14,  comma  2,  del  decreto
legislativo 1° settembre 2011, n. 150 (Disposizioni complementari  al
codice di procedura civile in materia di riduzione e  semplificazione
dei procedimenti civili di  cognizione,  ai  sensi  dell'articolo  54
della legge  18  giugno  2009,  n.  69),  sollevata,  in  riferimento
all'art. 76 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Verona con
l'ordinanza in epigrafe; 
    2)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 54, comma 4,  lettera  a),  della  legge  18
giugno 2009, n.  69  (Disposizioni  per  lo  sviluppo  economico,  la
semplificazione, la competitivita' nonche'  in  materia  di  processo
civile),  sollevata,  in  riferimento  agli  artt.  3  e   97   della
Costituzione, dal  Tribunale  ordinario  di  Verona  con  l'ordinanza
indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 26 marzo 2014. 
 
                                F.to: 
                    Gaetano SILVESTRI, Presidente 
                      Giuliano AMATO, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria l'1 aprile 2014. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI