N. 121 SENTENZA 5 - 9 maggio 2014

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Edilizia  e  urbanistica  -  Introduzione  della   disciplina   sulla
  "Segnalazione certificata di inizio  attivita'"  (SCIA)  e  diretta
  sostituzione  di  essa  alla  preesistente  normativa   statale   e
  regionale in materia di "Denuncia di inizio attivita'" (DIA). 
- Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in  materia  di
  stabilizzazione  finanziaria  e   di   competitivita'   economica),
  convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, 
  art. 49, comma 4-ter. 
-   
(GU n.21 del 14-5-2014 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Gaetano SILVESTRI; 
Giudici :Luigi MAZZELLA,  Sabino  CASSESE,  Giuseppe  TESAURO,  Paolo
  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe  FRIGO,  Alessandro  CRISCUOLO,  Paolo
  GROSSI, Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Sergio
  MATTARELLA, Mario Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,  Giuliano
  AMATO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  49,  comma
4-ter, del decreto-legge 31 maggio 2010, n.  78  (Misure  urgenti  in
materia  di   stabilizzazione   finanziaria   e   di   competitivita'
economica), convertito, con  modificazioni,  dall'art.  1,  comma  1,
della legge 30 luglio 2010, n. 122, promosso dalla Provincia autonoma
di Bolzano con ricorso notificato il 28 settembre 2010, depositato in
cancelleria il 5 ottobre 2010 ed  iscritto  al  n.  99  del  registro
ricorsi 2010. 
    Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nell'udienza pubblica del 25 marzo 2014 il Giudice relatore
Alessandro Criscuolo; 
    uditi gli avvocati Giuseppe Franco Ferrari e Roland  Riz  per  la
Provincia autonoma  di  Bolzano  e  l'avvocato  dello  Stato  Antonio
Tallarida per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il  28  settembre  2010  e  depositato
nella cancelleria della Corte costituzionale il successivo 5  ottobre
(reg. ric. n. 99 del 2010),  la  Provincia  autonoma  di  Bolzano  ha
promosso,   in   via   principale,    questione    di    legittimita'
costituzionale,  tra  gli  altri,  dell'art.  49,  comma  4-ter,  del
decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure  urgenti  in  materia  di
stabilizzazione   finanziaria   e   di   competitivita'   economica),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  30
luglio 2010, n. 122, nella parte in cui - se  e  in  quanto  riferito
anche alla Provincia autonoma di Bolzano -  qualifica  la  disciplina
sulla «segnalazione certificata di  inizio  attivita'»  (SCIA),  come
attinente alla tutela della  concorrenza,  ai  sensi  dell'art.  117,
secondo comma,  lettera  e),  della  Costituzione,  ne  ribadisce  la
qualificazione come livello essenziale delle prestazioni  concernenti
i diritti civili e sociali, ai sensi dell'art.  117,  secondo  comma,
lettera m), Cost., e dispone che la disciplina sulla SCIA sostituisca
direttamente,  dalla  data  di  entrata  in  vigore  della  legge  di
conversione del d.l. n. 78 del 2010, quella della  «dichiarazione  di
inizio  attivita'»  (DIA),  recata  da  ogni  normativa   statale   e
regionale. 
    2.- La ricorrente afferma che, se riferita alle Province autonome
di Trento e Bolzano, la citata  disciplina  statale  si  porrebbe  in
contrasto con la  vigente  normativa  provinciale,  nelle  specifiche
materie di competenza statutaria di cui agli artt. 8 (in particolare,
nelle materie di cui al numero 5 «urbanistica e piani regolatori»)  e
9 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n.  670
(Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali  concernenti
lo Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige). 
    Sul punto essa richiama  la  sentenza  n.  145  del  2005  e,  in
particolare, il paragrafo in cui si afferma che «La tesi del Governo,
secondo la quale la diretta applicabilita' della  citata  legge  alla
Provincia deriverebbe  dalla  competenza  esclusiva  dello  Stato  in
materia di determinazione dei livelli  essenziali  delle  prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali, di cui  al  nuovo  art.  117,
terzo  comma,  lettera  m),  della  Costituzione,  e'  poi  priva  di
fondamento.  Senza  entrare  nella  valutazione  di  tale  tesi,   e'
sufficiente rilevare che le disposizioni della  legge  costituzionale
n. 3 del 2001, modificativa  del  Titolo  V  della  Costituzione,  si
applicano alle Province autonome, ai sensi dell'art. 10 della  stessa
legge costituzionale, solo "per le parti in cui  prevedono  forme  di
autonomia piu' ampie rispetto a  quelle  gia'  attribuite".  Sicche',
deve necessariamente escludersi che le  disposizioni  della  suddetta
legge costituzionale possano comportare  limitazioni  alla  sfera  di
competenza legislativa gia' attribuita alla Provincia ricorrente  per
effetto dello statuto di autonomia. Fermo  restando,  ricorrendone  i
presupposti, l'obbligo di adeguamento, imposto dall'art. 2, comma  1,
del decreto legislativo n. 266 del 1992  ai  principi  e  alle  norme
costituenti limiti indicati dagli artt. 4 e 5 dello stesso  statuto».
La Provincia autonoma  aggiunge  che,  in  ogni  caso,  un  eventuale
adeguamento dovrebbe avvenire nelle forme e con le modalita'  di  cui
al menzionato art. 2 del decreto legislativo 16 marzo  1992,  n.  266
(Norme di attuazione dello statuto  speciale  per  il  Trentino  Alto
Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi  statali  e  leggi
regionali e provinciali, nonche' la potesta' statale di  indirizzo  e
coordinamento). 
    3.- Con atto depositato in data 4 novembre 2010, si e' costituito
in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo alla Corte  di
dichiarare l'inammissibilita' o la non fondatezza della questione  di
legittimita' costituzionale. 
    Nel merito, con specifico riferimento al comma 4-ter dell'art. 49
del d.l. citato, essa osserva come detta norma sia volta a sostituire
la disciplina in materia di dichiarazione  di  inizio  attivita'  con
quella di segnalazione certificata di inizio  attivita'  e  individua
nella normativa statale la sola fonte competente  ad  intervenire  in
materia; inoltre, la difesa dello Stato  pone  in  evidenza  come  la
norma in questione sia diretta a favorire la ripresa  e  lo  sviluppo
del sistema produttivo in un'ottica di maggior  competitivita'  delle
imprese. 
    Pertanto, data la necessita' di un tempestivo intervento  diretto
a fronteggiare l'attuale situazione  di  crisi  economico-finanziaria
internazionale, tali disposizioni  non  potevano  che  avere  effetto
immediato. Peraltro, come rileva la stessa ricorrente, l'istituto non
e' nuovo, ma costituisce la modifica e la  semplificazione  di  altro
analogo, la DIA, gia' previsto dall'ordinamento e gia'  positivamente
scrutinato dalla Corte, nella sentenza n. 303 del 2003, nel senso che
esso integra un principio fondamentale del  governo  del  territorio,
alternativo alla licenza o concessione  edilizia,  applicabile  anche
alle Province autonome. 
    Ad avviso della difesa statale, dunque, anche la norma censurata,
da una parte, continua  ad  integrare  un  principio  fondamentale  e
dall'altra - nelle sue modifiche e semplificazioni - si  ispira  alla
tutela della concorrenza, incrementando ed  agevolando  le  attivita'
edilizie, per quanto riguarda gli operatori del settore, e ai livelli
essenziali delle prestazioni  per  i  cittadini  interessati  ad  una
sollecita risposta e allo  svolgimento  di  tali  attivita',  materie
queste di esclusiva competenza statale. 
    4.- Il 3 maggio  2011,  in  vista  dell'udienza  pubblica  dell'8
giugno 2011, l'Avvocatura generale  dello  Stato  ha  depositato  una
memoria con la quale  ha  sottolineato  come  tutte  le  disposizioni
censurate singolarmente appartengano ad una  manovra  complessiva  di
riequilibrio e contenimento finanziario, di tutela del bilancio dello
Stato e di supporto all'economia del Paese, e ha  chiesto  che  siano
esaminate e valutate in relazione a questo preminente aspetto. 
    Dopo aver precisato che il d.l. n. 78 del 2010 e' stato  adottato
nel pieno di una grave crisi economica internazionale, per assicurare
stabilita'  economica  e  finanziaria   al   Paese,   con   specifico
riferimento alle censure concernenti il comma 4-ter dell'art. 49  del
d.l. citato, osserva come la SCIA consenta di iniziare  le  attivita'
economiche immediatamente,  senza  attendere  la  scadenza  di  alcun
termine,   attraverso   una   semplice   segnalazione   all'autorita'
competente. 
    Essa, pertanto, costituisce uno strumento di liberalizzazione che
si  traduce  in  una  sostanziale  accelerazione  e   semplificazione
rispetto alla precedente  disciplina  contenuta  nell'art.  19  della
legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia  di  procedimento
amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi). 
    Inoltre, le Regioni ben potrebbero esercitare  la  loro  potesta'
legislativa alla luce  del  combinato  disposto  dei  commi  2-ter  e
2-quater  dell'art.  29  della  legge  n.   241   del   1990;   dette
disposizioni, infatti, riconoscono alle Regioni  la  possibilita'  di
individuare  casi  ulteriori  di  non  applicazione  della  normativa
statale e di prevedere livelli ulteriori di tutela rispetto a  quelli
garantiti dalle disposizioni statali attinenti ai livelli  essenziali
delle prestazioni. 
    Si osserva, ancora, per quanto concerne il comma 4-ter  dell'art.
49 del d.l.  citato,  che  gia'  la  legge  18  giugno  2009,  n.  69
(Disposizioni per  lo  sviluppo  economico,  la  semplificazione,  la
competitivita'  nonche'  in  materia  di  processo   civile),   aveva
evidenziato  l'attinenza  dell'istituto  della   DIA   alle   materie
rientranti nella competenza statale, ed in particolare  a  quella  in
materia di determinazione dei livelli essenziali, modificando  l'art.
29, comma 2-ter, della legge n. 241 del 1990; detta disposizione  non
e' stata oggetto di impugnazione. 
    Pertanto, l'art. 49, comma 4-ter, del d.l. citato,  si  limita  a
sostituire il termine DIA con SCIA, e  cio'  non  puo'  rimettere  in
discussione l'intero istituto. La norma, peraltro, opera  nell'ambito
delle competenze statali come sarebbe reso evidente dal richiamo alle
disposizioni della legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo  per
il conferimento di funzioni e compiti alle regioni  ed  enti  locali,
per  la   riforma   della   Pubblica   Amministrazione   e   per   la
semplificazione amministrativa). 
    5.- Con memoria del 17 maggio  2011,  la  Provincia  autonoma  di
Bolzano ha chiesto alla Corte di dichiarare non fondata  l'eccezione,
sollevata dalla Avvocatura  generale  dello  Stato,  in  ordine  alla
asserita  tardivita'  del  ricorso,  in   quanto   proposto   avverso
disposizioni  non  modificate  dalla  legge  di  conversione,  quindi
immediatamente  lesive  e,   pertanto,   suscettibili   di   autonoma
impugnazione. 
    La ricorrente, a tal fine, invoca le sentenze n. 286 del  2004  e
n. 25 del  1996.  In  particolare,  poi,  osserva  che  la  legge  di
conversione e' stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 30 luglio
2010 e che il ricorso e'  stato  notificato  il  28  settembre  2010;
pertanto la tempestivita' della impugnazione sarebbe evidente. 
    Quanto al merito, e con specifico riferimento alle censure  mosse
in relazione all'art. 49, comma 4-ter, del d.l. n. 78  del  2010,  la
ricorrente, dopo avere  richiamato  la  sentenza  n.  145  del  2005,
sostiene  che  le  argomentazioni  dell'Avvocatura  -  secondo   cui,
rientrando la definizione dei livelli  essenziali  delle  prestazioni
nell'ambito della competenza esclusiva  dello  Stato,  spetterebbe  a
quest'ultimo individuare gli interessi meritevoli di tutela anche  in
modo trasversale rispetto alle competenze legislative regionali -  se
possono valere per le  Regioni  a  statuto  ordinario  non  sarebbero
applicabili alla Provincia autonoma di Bolzano, per la quale vige  il
peculiare regime di autonomia, confermato dalla legge  costituzionale
18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al  titolo  V  della  parte  seconda
della Costituzione). 
    Peraltro, sussisterebbe l'impossibilita' di qualificare la  norma
in esame come destinata ad individuare "livelli di  prestazione",  in
quanto volta unicamente  a  delineare  un  diverso  percorso  per  la
formazione del titolo legittimante l'attivita' edilizia. 
    Inoltre,  nemmeno  sarebbero  condivisibili   le   argomentazioni
dell'Avvocatura in ordine alla riconducibilita' della  disciplina  in
esame alla materia «governo del territorio»; alla Provincia autonoma,
infatti, spetta,  la  competenza  legislativa  esclusiva  in  materia
urbanistica, in cui confluiscono anche i titoli edificatori  e,  come
noto, le disposizioni della legge cost. n. 3 del  2001  si  applicano
alle Province autonome, ai sensi dell'art. 10 della  medesima  legge,
solo «per le parti in cui prevedono forme  di  autonomie  piu'  ampie
rispetto a quelle gia' attribuite». 
    6.- In data 19 maggio  2011,  le  parti  hanno  proposto  istanza
congiunta di  rinvio  dell'udienza  di  discussione  del  ricorso  in
questione, fissata per  l'8  giugno  2011,  in  considerazione  della
esistenza di trattative finalizzate ad un componimento delle  opposte
posizioni. La trattazione, tra gli altri,  del  presente  ricorso  e'
stata fissata per l'udienza del 23 novembre 2011. 
    7.- Il 17  ottobre  2011,  in  prossimita'  dell'udienza  del  23
novembre 2011, l'Avvocatura generale dello Stato  ha  depositato  una
memoria nella quale ha ribadito che  la  disposizione  censurata  non
introduce un nuovo istituto, ma costituisce lo sviluppo di un  altro,
appunto la  DIA,  gia'  positivamente  esaminato  dalla  Corte  nella
sentenza n. 303 del 2003. 
    Per conseguenza,  anche  la  norma  in  questione  da  una  parte
integrerebbe un principio fondamentale in  materia  di  «governo  del
territorio», dall'altra  sarebbe  da  ascrivere  alla  «tutela  della
concorrenza»  (per  quanto  riguarda  gli  operatori  del   settore),
dall'altra ancora garantirebbe i  diritti  civili  dei  cittadini  ed
assicurerebbe i «livelli essenziali delle prestazioni» a  coloro  che
sono  interessati  allo  svolgimento  delle  attivita'   programmate.
Pertanto, nei confronti della disciplina integrativa regionale,  essa
avrebbe una  funzione  cedevole,  necessaria  per  colmare  il  vuoto
derivante dalla abolizione del precedente istituto della DIA. 
    8.- Con memoria depositata in data 28 ottobre 2011, la  Provincia
autonoma di Bolzano, dopo aver ribadito quanto gia' affermato in sede
di ricorso, con specifico riferimento all'art. 49, comma  4-ter,  del
d.l. n. 78 del 2010, afferma che  le  argomentazioni  dell'Avvocatura
non colgono nel segno. 
    In primo luogo, osserva come la sentenza n. 303  del  2003  abbia
affermato la legittimita' costituzionale della DIA, disattendendo  le
censure mosse da Regioni a  statuto  ordinario  (Umbria,  Toscana  ed
Emilia-Romagna), sulla base dell'argomento per  cui  la  materia  dei
titoli  edilizi  appartiene   storicamente   all'urbanistica,   fatta
confluire, in esito alla riforma del Titolo  V  della  Parte  seconda
della  Costituzione,  nella  materia,   di   competenza   legislativa
concorrente, del «governo del territorio». Escluso che  la  normativa
in questione possa essere qualificata come di dettaglio, la Corte  ha
ritenuto che la questione  di  legittimita'  avanzata  dalle  Regioni
fosse non fondata. Cio' posto, la ricorrente ritiene evidente che  le
dette argomentazioni non possono trovare applicazioni con riferimento
alla peculiare posizione della Provincia autonoma di Bolzano che, per
esplicita previsione statutaria (art. 8, primo comma, numero  5),  ha
nella materia «urbanistica» competenza legislativa esclusiva. 
    La  ricorrente,  poi,  osserva  come  il  richiamo   al   decreto
legislativo  26  marzo  2010,  n.  59  (Attuazione  della   direttiva
2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno), sia  del  tutto
inconferente; tale decreto legislativo, infatti, reca una clausola di
cedevolezza (art. 84), mentre la disposizione censurata trova diretta
applicazione, andando a sostituire automaticamente la  disciplina  in
materia di DIA recata da leggi statali e regionali,  con  inevitabile
compressione delle prerogative provinciali nelle materie  di  propria
competenza,  esclusiva  o  concorrente.  Parimenti   non   conferente
sarebbe, poi, il richiamo all'art. 29, commi 2-ter e 2-quater,  della
legge n. 241 del 1990,  in  quanto  la  possibilita'  di  individuare
materie sottratte alla disciplina statale in  commento  interviene  a
posteriori, non rimuovendo  la  lesione  conseguente  all'automatismo
descritto. 
    9.- In data 7 novembre 2011,  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri e la Provincia ricorrente hanno depositato nuova istanza  di
rinvio dell'udienza di discussione, fissata per il 23 novembre  2011.
La nuova udienza e' stata fissata per l'8 maggio 2012. 
    10.- Con memoria del 17 aprile 2012,  la  Provincia  autonoma  di
Bolzano, con specifico riferimento all'art. 49, comma 4-ter, del d.l.
n. 78 del 2010, ha ribadito le argomentazioni precedentemente  svolte
in ordine alla lesione  delle  competenze  statutarie  proprie  della
Provincia in materia urbanistica. 
    La palese violazione  del  riparto  di  competenze  non  potrebbe
essere superata mediante il richiamo alla «tutela della  concorrenza»
e neppure ai  «livelli  essenziali  delle  prestazioni».  Nemmeno  la
circostanza  che,  a  giudizio   dell'Avvocatura,   la   disposizione
censurata si qualifichi come principio fondamentale in  relazione  al
«governo del territorio» potrebbe assumere rilevanza in quanto,  come
chiarito dalla Corte, la  materia  afferente  ai  titoli  edilizi  e'
l'urbanistica, nell'ambito della quale la Provincia di  Bolzano  gode
di potesta' legislativa esclusiva. 
    11.- Con memoria del 17 aprile 2012, l'Avvocatura generale  dello
Stato ha ribadito le argomentazioni in precedenza svolte. 
    12.- In data 3 maggio 2012, le difese delle  parti  del  presente
giudizio  hanno  presentato  istanza  congiunta   di   rinvio   della
trattazione del ricorso fissata per l'udienza dell'8 maggio 2012,  in
quanto la Provincia autonoma di Bolzano ha deliberato di  autorizzare
il Presidente della Giunta  provinciale  alla  sottoscrizione  di  un
accordo idoneo a definire l'assetto dei rapporti  tra  le  parti.  La
trattazione del ricorso e' stata, poi, fissata per  l'udienza  del  3
luglio 2012. 
    Anche in relazione a tale data le parti hanno presentato  istanza
congiunta di rinvio. 
    13.- In data 1° ottobre 2013, la difesa della Provincia  autonoma
di   Bolzano,   in   considerazione   del   mancato    raggiungimento
dell'accordo, ha formulato istanza  di  trattazione  del  ricorso  in
questione. 
    La nuova udienza e' stata fissata per il 25 marzo 2014. 
    14.- Con memoria depositata il 4 febbraio 2014, la  difesa  dello
Stato, dopo aver ribadito le argomentazioni  contenute  nell'atto  di
costituzione, sottolinea l'esigenza di contestualizzare l'esame della
normativa in questione con il grave momento storico che attraversa il
Paese, il quale giustifica l'adozione di norme  restrittive  volte  a
tutelare l'equilibrio finanziario e di bilancio dello  Stato.  A  tal
proposito e' richiamata la recente sentenza n. 310 del 2013. 
    Cio' posto, con specifico riferimento all'art. 49,  comma  4-ter,
del  d.l.  n.  78  del  2010,  l'Avvocatura  osserva  che  la   Corte
costituzionale   si   e'   gia'   pronunciata   sulla    legittimita'
costituzionale della citata disposizione con le sentenze n. 203 e  n.
164 del 2012, di cui riporta ampi brani. 
    15.- Con  memoria  depositata  il  3  marzo  2014,  la  Provincia
autonoma  di  Bolzano  ha  ribadito  le   precedenti   argomentazioni
specificando quanto segue. 
    In primo luogo, deduce la non fondatezza dell'eccezione  relativa
al presunto carattere tardivo del ricorso, in quanto la  disposizione
censurata e' stata introdotta dalla legge di conversione. Quanto alle
sentenze  n.  203  e  n.   164   del   2012   ed   alla   conseguente
riconducibilita' della disposizione censurata all'art.  117,  secondo
comma, lettera m), Cost., la difesa  provinciale  osserva  che  detta
conclusione non puo' condurre ad escludere la fondatezza dei  profili
di illegittimita' costituzionale gia' rilevati,  in  quanto  pure  in
presenza di una norma riferibile alla suddetta materia, in capo  alla
Provincia puo' sorgere soltanto  l'obbligo  di  adeguamento,  imposto
dall'art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 266 del 1992, ai principi ed alle
norme costituenti limiti indicati dagli artt. 4  e  5  dello  statuto
speciale, con esclusione di ogni ipotesi di  sostituzione  automatica
delle disposizioni provinciali "incompatibili" con quelle statali. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ricorso notificato il  28  settembre  2010  e  depositato
nella cancelleria della Corte il successivo 5 ottobre (reg.  ric.  n.
99 del 2010), la Provincia autonoma di Bolzano ha  promosso,  in  via
principale, questione di legittimita' costituzionale,  tra  le  altre
disposizioni  pure  impugnate,  dell'art.  49,   comma   4-ter,   del
decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure  urgenti  in  materia  di
stabilizzazione   finanziaria   e   di   competitivita'   economica),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  30
luglio 2010, n. 122, nella parte in cui - se ed  in  quanto  riferito
alla Provincia autonoma di Bolzano - qualifica  la  disciplina  sulla
«segnalazione certificata di inizio attivita'» (SCIA) come  attinente
alla tutela della concorrenza ai sensi dell'art. 117, secondo  comma,
lettera e), della Costituzione, ne ribadisce la  qualificazione  come
livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti  civili  e
sociali ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera m),  Cost.,  e
dispone che la disciplina sulla SCIA sostituisca direttamente,  dalla
data di entrata in vigore della legge di conversione del d.l.  n.  78
del 2010, quella della «dichiarazione  di  inizio  attivita'»  (DIA),
recata da ogni normativa statale e  regionale,  in  riferimento  agli
artt. 8, primo comma, numero 5, e 9 del decreto del Presidente  della
Repubblica del 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del  testo  unico
delle leggi costituzionali concernenti lo  statuto  speciale  per  il
Trentino Alto-Adige),  nonche'  all'art.  2,  comma  1,  del  decreto
legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello  statuto
speciale per il Trentino Alto-Adige concernenti il rapporto tra  atti
legislativi statali e  leggi  regionali  e  provinciali,  nonche'  la
potesta' statale di indirizzo e coordinamento). 
    Ad avviso della ricorrente, la normativa censurata - se  riferita
alla Provincia autonoma di Bolzano - si porrebbe in contrasto con  la
vigente  disciplina  provinciale,   nelle   specifiche   materie   di
competenza statutaria di  cui  agli  artt.  8  (in  particolare,  con
riguardo alle materie previste  al  numero  5  «urbanistica  e  piani
regolatori») e 9 del d.P.R. n. 670 del 1972. Sul punto e'  richiamata
la sentenza di questa Corte n. 145 del 2005. 
    Inoltre, qualora fossero  ravvisati  i  presupposti  per  rendere
operativo l'obbligo di adeguamento stabilito dall'art.  2,  comma  1,
del d.lgs. n. 266 del 1992, cio' dovrebbe, comunque,  avvenire  nelle
forme e con le modalita' di cui allo stesso art. 2, ora  citato,  con
esclusione  di  ogni  ipotesi  di   sostituzione   automatica   delle
disposizioni provinciali "incompatibili" con quelle statali. 
    2.- Riservata a separate pronunce la decisione sulle impugnazioni
delle altre norme  contenute  nel  suddetto  d.l.  n.  78  del  2010,
proposte dalla  ricorrente,  viene  qui  in  esame  la  questione  di
legittimita' costituzionale relativa al citato art. 49, comma  4-ter,
del d.l. n.  78  del  2010,  nel  testo  risultante  dalle  modifiche
introdotte dalla legge di conversione n. 122 del 2010.  Invero,  come
si evince dall'epigrafe e dal dispositivo  del  ricorso,  e  come  si
desume dal contesto dell'apparato argomentativo che  lo  sorregge,  a
tale disposizione, in parte qua, fanno riferimento le  censure  mosse
dalla Provincia autonoma di Bolzano. 
    3.- In via preliminare,  la  difesa  dello  Stato,  nell'atto  di
costituzione,  ha  eccepito  il  carattere  tardivo  del  ricorso  e,
percio', l'inammissibilita' dello stesso, in quanto «proposto avverso
norme del decreto-legge non  modificate  in  sede  di  conversione  e
quindi, in ipotesi, immediatamente lesive». 
    L'eccezione non e' fondata. 
    A prescindere dal rilievo che il comma 4-ter del citato  art.  49
risulta aggiunto dalla legge di conversione, e' vero che  l'efficacia
immediata, propria del  decreto-legge,  e  il  conseguente  carattere
lesivo  che  esso  puo'  assumere,  lo  rendono  impugnabile  in  via
immediata da parte delle Regioni. E' pur vero,  pero',  che  soltanto
con la legge di conversione il detto provvedimento legislativo assume
stabilita' (art. 77, terzo comma,  Cost.).  In  tale  contesto,  come
questa Corte ha piu' volte affermato, la Regione puo', a sua  scelta,
impugnare tanto il  solo  decreto-legge,  quanto  la  sola  legge  di
conversione, quanto entrambi (ex plurimis, sentenze n. 203 del  2012,
n. 298 del 2009, n. 443 del 2007, n. 407 del 2005 e n. 25 del 1996). 
    Da cio' deriva  la  non  fondatezza  dell'eccezione,  perche'  il
ricorso della Provincia autonoma di Bolzano  risulta  tempestivamente
proposto avverso la legge di conversione con atto  notificato  il  28
settembre 2010. 
    4.- Sempre in via preliminare, la Corte  osserva  che  i  giudizi
avverso il  d.l.  78  del  2010,  sono  stati  promossi  dalla  detta
Provincia autonoma  sulla  base  di  una  delibera  adottata  in  via
d'urgenza dalla Giunta,  ai  sensi  dell'art.  44,  numero  5,  dello
statuto speciale. In tali casi, l'atto di ratifica del Consiglio deve
intervenire ed essere prodotto in giudizio non oltre  il  termine  di
costituzione della parte ricorrente (sentenza n. 142 del 2012). 
    Nel caso di  specie  non  rileva  la  tempestivita'  di  siffatta
ratifica e del relativo deposito, in  quanto  questa  Corte  ha  piu'
volte ribadito che, per i ricorsi promossi prima della  sentenza  ora
citata,   sussistono   gli   estremi   dell'errore   scusabile   gia'
riconosciuto in ipotesi del tutto analoghe, in ragione del fatto  che
tale profilo di inammissibilita' a lungo non e' stato rilevato, cosi'
da  ingenerare  l'affidamento  nelle   parti   in   ordine   ad   una
interpretazione loro favorevole (sentenze n. 203, n. 202, n. 178 e n.
142 del 2012). 
    Pertanto, il ricorso e', sotto tale aspetto, ammissibile. 
    5.- Nel merito, la questione non e' fondata. 
    L'art. 49, comma 4-ter, del d.l. n. 78 del 2010, convertito,  con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge  n.  122  del  2010,
cosi' dispone: «Il comma 4-bis attiene alla tutela della  concorrenza
ai  sensi  dell'articolo  117,  secondo  comma,  lettera  e),   della
Costituzione, e  costituisce  livello  essenziale  delle  prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali ai sensi della lettera m)  del
medesimo comma. Le espressioni "segnalazione  certificata  di  inizio
attivita'"  e  "Scia"  sostituiscono,  rispettivamente,   quelle   di
"dichiarazione di inizio attivita'" e "Dia", ovunque ricorrano, anche
come parte di una espressione piu' ampia, e la disciplina di  cui  al
comma 4-bis sostituisce direttamente, dalla data di entrata in vigore
della  legge  di  conversione  del  presente  decreto,  quella  della
dichiarazione di inizio attivita' recata da ogni normativa statale  e
regionale». 
    Ad avviso  della  ricorrente,  tale  disciplina  si  porrebbe  in
contrasto  con  la  vigente  normativa   provinciale,   anche   nelle
specifiche materie di competenza statutaria di cui agli artt.  8  (in
particolare, nelle materie di cui al numero 5: «urbanistica  e  piani
regolatori») e 9 dello statuto speciale (e' richiamata la sentenza di
questa Corte n. 145 del 2005). E, ove pur  si  dovesse  ravvisare  un
eventuale obbligo di adeguamento, imposto dall'art. 2, comma  1,  del
decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione  dello
statuto speciale per il Trentino Alto-Adige concernenti  il  rapporto
tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonche'
la potesta' statale di indirizzo e coordinamento),  tale  adeguamento
dovrebbe comunque avvenire nelle forme e con le modalita' di  cui  al
citato art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992. 
    Orbene, si deve osservare che la disposizione censurata  e'  gia'
stata oggetto di scrutinio da parte di questa Corte nella sentenza n.
164 del 2012, in relazione a censure promosse  da  alcune  Regioni  a
statuto ordinario  e  dalla  Regione  Valle  d'Aosta/Vallee  d'Aoste,
nonche' nella sentenza n. 203 del 2012,  con  riferimento  a  censure
mosse dalla Provincia autonoma di Trento. 
    In particolare, con quest'ultima  sentenza,  la  Corte  ha  cosi'
argomentato: 
    «"La  segnalazione  certificata  d'inizio  attivita'"  (d'ora  in
avanti, SCIA) si pone in rapporto di continuita' con l'istituto della
DIA, che dalla prima e' stato sostituito. La DIA "denuncia di  inizio
attivita'" fu introdotta  nell'ordinamento  italiano  con  l'art.  19
della legge n. 241 del 1990, inserito nel Capo  IV  di  detta  legge,
dedicato   alla   "Semplificazione    dell'azione    amministrativa".
Successivamente, con l'entrata in vigore del decreto-legge  14  marzo
2005, n. 35 (Disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di azione per
lo sviluppo economico, sociale e territoriale. Deleghe al Governo per
la modifica del codice di procedura civile in materia di processo  di
cassazione e di arbitrato, nonche'  per  la  riforma  organica  della
disciplina   delle   procedure    concorsuali),    convertito,    con
modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n.  80,  essa  assunse  la
denominazione di "dichiarazione di inizio attivita'". 
    Scopo dell'istituto  era  quello  di  rendere  piu'  semplici  le
procedure amministrative indicate nella norma, alleggerendo il carico
di adempimenti gravanti sul cittadino. In questo  quadro  si  iscrive
anche  la  SCIA,  del  pari  finalizzata  alla  semplificazione   dei
procedimenti di abilitazione all'esercizio di attivita' per le  quali
sia necessario un controllo della pubblica amministrazione. 
    Il principio di semplificazione, ormai  da  gran  tempo  radicato
nell'ordinamento  italiano,  e'  altresi'  di   diretta   derivazione
comunitaria (Direttiva 2006/123/CE, relativa ai servizi  nel  mercato
interno, attuata nell'ordinamento italiano con decreto legislativo 26
marzo 2010, n. 59). Esso, dunque,  va  senza  dubbio  catalogato  nel
novero dei principi fondamentali dell'azione amministrativa (sentenze
n. 282 del 2009 e n. 336 del 2005)». 
    La citata sentenza n. 203 del 2012 cosi' prosegue: 
    «Nella giurisprudenza di questa Corte si e' piu' volte  affermato
che,  ai  fini  del  giudizio  di  legittimita'  costituzionale,   la
qualificazione legislativa non vale  ad  attribuire  alle  norme  una
natura diversa da quella ad esse propria, quale  risulta  dalla  loro
oggettiva sostanza. Per individuare  la  materia  alla  quale  devono
essere ascritte  le  disposizioni  oggetto  di  censura,  non  assume
rilievo la qualificazione che di esse da' il legislatore, ma  occorre
fare  riferimento  all'oggetto  e  alla  disciplina  delle  medesime,
tenendo conto della loro ratio e tralasciando gli effetti marginali e
riflessi, in guisa da identificare  correttamente  anche  l'interesse
tutelato (ex plurimis: sentenze n. 207 del 2010; n. 1  del  2008;  n.
169 del 2007; n. 447 del 2006; n. 406 e n. 29 del 1995). 
    In questo quadro, il  richiamo  alla  tutela  della  concorrenza,
effettuato dal citato art. 49, comma 4-ter, oltre ad essere privo  di
efficacia vincolante, e' anche inappropriato. Infatti, la  disciplina
della SCIA, con il principio di semplificazione ad essa  sotteso,  si
riferisce ad "ogni atto di autorizzazione, licenza,  concessione  non
costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato,  comprese  le
domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste  per  l'esercizio
di attivita'  imprenditoriale,  commerciale  o  artigianale,  il  cui
rilascio dipenda  esclusivamente  dall'accertamento  di  requisiti  e
presupposti  richiesti  dalla  legge  o  da  atti  amministrativi   a
contenuto generale", e per il quale "non sia previsto alcun limite  o
contingente  complessivo  o  specifici  strumenti  di  programmazione
settoriale". 
    Detta disciplina, dunque, ha un ambito applicativo  diretto  alla
generalita' dei  cittadini  e  percio'  va  oltre  la  materia  della
concorrenza, anche se e' ben possibile che vi siano  casi  nei  quali
quella materia venga in rilievo. Ma  si  tratta,  per  l'appunto,  di
fattispecie da verificare in  concreto  (per  esempio,  in  relazione
all'esigenza di eliminare barriere all'entrata nel mercato). 
    Invece, a diverse conclusioni  deve  pervenirsi  con  riferimento
all'altro parametro evocato dall'art. 49, comma 4-ter, del d.l. n. 78
del 2010, poi convertito in legge. 
    Detta norma stabilisce che la disciplina della SCIA,  di  cui  al
precedente  comma  4-bis,  costituisce   livello   essenziale   delle
prestazioni concernenti i diritti civili e sociali ai sensi dell'art.
117,  secondo  comma,  lettera  m),  Cost.  Analogo  principio,   con
riferimento alla DIA, era stato affermato dall'art. 29, comma  2-ter,
della legge n. 241 del 1990, come modificato dall'art. 10,  comma  1,
lettera b), della legge 18 giugno 2009, n. 69  (Disposizioni  per  lo
sviluppo economico, la semplificazione, la competitivita' nonche'  in
materia di processo civile),  poi  ancora  modificato  dall'art.  49,
comma 4, del d.l. n. 78 del 2010, come convertito in legge. 
    Tale autoqualificazione, benche' priva  di  efficacia  vincolante
per quanto prima rilevato, si rivela corretta. 
    Al riguardo, va rimarcato che l'affidamento in via esclusiva alla
competenza  legislativa  statale  della  determinazione  dei  livelli
essenziali delle prestazioni e' previsto  in  relazione  ai  "diritti
civili e sociali che devono essere garantiti su tutto  il  territorio
nazionale". Esso, dunque, si collega  al  fondamentale  principio  di
uguaglianza di cui all'art. 3 Cost.  La  suddetta  determinazione  e'
strumento indispensabile per realizzare quella garanzia. 
    In  questo  quadro,   si   deve   ricordare   che,   secondo   la
giurisprudenza di questa  Corte,  "l'attribuzione  allo  Stato  della
competenza esclusiva e trasversale di cui  alla  citata  disposizione
costituzionale  si  riferisce  alla  determinazione  degli   standard
strutturali  e  qualitativi  di  prestazioni  che,   concernendo   il
soddisfacimento di diritti civili e sociali, devono essere garantiti,
con carattere di generalita', a tutti gli aventi  diritto"  (sentenze
n. 322 del 2009; n. 168 e 50 del 2008; n. 387 del 2007). 
    Questo  titolo  di  legittimazione  dell'intervento  statale   e'
invocabile "in relazione a  specifiche  prestazioni  delle  quali  la
normativa statale definisca  il  livello  essenziale  di  erogazione"
(sentenza n. 322 del 2009, citata; e sentenze n. 328 del 2006; n. 285
e n. 120 del 2005), e con esso e' stato  attribuito  "al  legislatore
statale un fondamentale strumento per garantire  il  mantenimento  di
una adeguata uniformita' di trattamento  sul  piano  dei  diritti  di
tutti i soggetti, pur in un sistema caratterizzato da un  livello  di
autonomia regionale e locale decisamente accresciuto" (sentenze n. 10
del 2010 e n. 134 del 2006). 
    Si tratta, quindi, come questa Corte ha precisato, non  tanto  di
una  "materia"  in  senso  stretto,  quanto  di  una  competenza  del
legislatore  statale  idonea  ad  investire  tutte  le  materie,   in
relazione alle quali il legislatore stesso deve poter porre le  norme
necessarie  per  assicurare   in   modo   generalizzato   sull'intero
territorio nazionale, il godimento  di  prestazioni  garantite,  come
contenuto essenziale di  tali  diritti,  senza  che  la  legislazione
regionale possa limitarle o condizionarle (sentenze n. 322 del 2009 e
n. 282 del 2002). 
    Alla stregua di tali principi, la disciplina della  SCIA  ben  si
presta ad essere ricondotta al parametro di cui all'art. 117, secondo
comma, lettera m), Cost.  Tale  parametro  permette  una  restrizione
dell'autonomia legislativa delle Regioni, giustificata dallo scopo di
assicurare un livello uniforme di  godimento  dei  diritti  civili  e
sociali tutelati dalla stessa Costituzione. In particolare, "la ratio
di tale titolo di competenza  e  l'esigenza  di  tutela  dei  diritti
primari che e' destinato a soddisfare consentono di ritenere che esso
puo' rappresentare la base giuridica anche della previsione  e  della
diretta erogazione di una determinata provvidenza,  oltre  che  della
fissazione  del  livello  strutturale  e  qualitativo  di  una   data
prestazione,  al   fine   di   assicurare   piu'   compiutamente   il
soddisfacimento  dell'interesse   ritenuto   meritevole   di   tutela
(sentenze n. 248 del 2006, n. 383 e n. 285 del 2005), quando cio' sia
reso imprescindibile, come nella specie, da peculiari  circostanze  e
situazioni, quale una fase di congiuntura  economica  eccezionalmente
negativa" (sentenza n. 10 del 2010,  punto  6.3  del  Considerato  in
diritto). 
    Orbene - premesso che l'attivita' amministrativa  puo'  assurgere
alla qualifica di "prestazione", della quale lo Stato e' competente a
fissare un livello essenziale a fronte di uno  specifico  diritto  di
individui,  imprese,  operatori  economici  e,  in  genere,  soggetti
privati - la normativa qui censurata prevede che gli interessati,  in
condizioni di parita'  su  tutto  il  territorio  nazionale,  possano
iniziare una determinata attivita' (rientrante nell'ambito del citato
comma 4-bis), previa segnalazione all'amministrazione competente. Con
la presentazione di tale segnalazione, il soggetto puo'  dare  inizio
all'attivita', mentre l'amministrazione, in caso di accertata carenza
dei requisiti e dei presupposti legittimanti, nel termine di sessanta
giorni dal ricevimento della segnalazione (trenta giorni nel caso  di
SCIA in materia edilizia), adotta motivati provvedimenti  di  divieto
di prosecuzione dell'attivita' e di rimozione degli eventuali effetti
dannosi di essa, salva la possibilita' che l'interessato  provveda  a
conformare alla normativa vigente detta attivita' ed i  suoi  effetti
entro un termine fissato dall'amministrazione. 
    Al soggetto interessato, dunque, si riconosce la possibilita'  di
dare immediato inizio all'attivita' (e' questo  il  principale  novum
della disciplina in questione), fermo restando l'esercizio dei poteri
inibitori da parte della pubblica amministrazione,  ricorrendone  gli
estremi. Inoltre, e' fatto salvo  il  potere  della  stessa  pubblica
amministrazione di assumere determinazioni in via di  autotutela,  ai
sensi degli artt. 21-quinquies e 21-nonies della  legge  n.  241  del
1990. 
    Si tratta di una prestazione specifica,  circoscritta  all'inizio
della fase procedimentale strutturata secondo un modello ad efficacia
legittimante immediata, che attiene al principio  di  semplificazione
dell'azione   amministrativa   ed   e'   finalizzata   ad   agevolare
l'iniziativa economica (art. 41, primo comma,  Cost.),  tutelando  il
diritto dell'interessato  ad  un  sollecito  esame,  da  parte  della
pubblica amministrazione competente, dei presupposti di diritto e  di
fatto che autorizzano l'iniziativa medesima». 
    6.- Il richiamo all'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre
2001,  n.  3  (Modifiche  al  titolo  V  della  parte  seconda  della
Costituzione), non e' pertinente. 
    Anche a tal riguardo la citata sentenza n. 203 del 2012 ha  cosi'
argomentato: 
    «Infatti, e' vero che, in base al dettato di  tale  norma,  "Sino
all'adeguamento  dei  rispettivi  statuti,  le   disposizioni   della
presente legge costituzionale  si  applicano  anche  alle  Regioni  a
statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano  per
le parti in cui prevedono forme di autonomia piu'  ampie  rispetto  a
quelle gia' attribuite". Tuttavia, nel caso in esame viene in rilievo
un parametro costituzionale, cioe' l'art. 117, secondo comma, lettera
m), Cost., che, come ora si e' visto, postula tutele  necessariamente
uniformi su tutto il territorio nazionale e tale risultato  non  puo'
essere   assicurato   dalla   Regione,   ancorche'    ad    autonomia
differenziata, la cui potesta' legislativa e' pur sempre circoscritta
all'ambito territoriale dell'ente (nelle cui competenze  legislative,
peraltro, non risulta presente una  materia  riconducibile  a  quella
prevista dall'art. 117, secondo comma, lettera m, Cost.)». 
    Conclusivamente, la riconduzione della  disciplina  in  esame  al
parametro costituzionale ora  indicato  comporta  la  non  fondatezza
delle questioni  sollevate  sotto  tutti  i  profili,  in  quanto  la
normativa censurata rientra nella  competenza  legislativa  esclusiva
dello Stato. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riservata a separate pronunce la decisione delle altre  questioni
di legittimita' costituzionale sollevate dalla Provincia autonoma  di
Bolzano, con il ricorso  indicato  in  epigrafe,  nei  confronti  del
decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure  urgenti  in  materia  di
stabilizzazione   finanziaria   e   di   competitivita'   economica),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  30
luglio 2010, n. 122; 
    dichiara non fondate le questioni di legittimita'  costituzionale
dell'art.  49,  comma  4-ter,  del  citato  d.l.  n.  78  del   2010,
convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010,  promosse
dalla ricorrente in riferimento all'art. 8, primo comma, numero 5,  e
all'art. 9 del decreto del  Presidente  della  Repubblica  31  agosto
1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali
concernenti lo statuto speciale  per  il  Trentino  Alto  Adige),  in
relazione all'art. 2 del decreto legislativo 16 marzo  1992,  n.  266
(Norme di attuazione dello  statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto
Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi  statali  e  leggi
regionali e provinciali, nonche' la potesta' statale di  indirizzo  e
coordinamento). 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 maggio 2014. 
 
                                F.to: 
                    Gaetano SILVESTRI, Presidente 
                   Alessandro CRISCUOLO, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 9 maggio 2014. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI