N. 101 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 gennaio 2014
Ordinanza del 17 gennaio 2014 emessa dal Tribunale di Teramo nel procedimento penale a carico di Balducci Ruggero. Edilizia - Reati edilizi - Lottizzazione abusiva - Confisca (c.d. confisca urbanistica) - Possibilita' che l'accertamento del reato di lottizzazione abusiva quale presupposto dell'obbligo del giudice di disporre la confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite sia contenuto nella sentenza che dichiari estinto il reato per intervenuta prescrizione - Violazione del principio di legalita' della pena affermato dall'art. 7 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo (CEDU), come interpretato dalla Corte EDU (sentenza 29 ottobre 2013, Varvara c. Italia) - Conseguente violazione di obblighi internazionali. - Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, comma 2. - Costituzione, art. 117, primo comma, in relazione all'art. 7 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali.(GU n.26 del 18-6-2014 )
IL TRIBUNALE DI TERAMO In composizione monocratica, nella persona del giudice Franco Tetto, nel procedimento penale n. 4745/10 r.g.n.r. (n. 169/11 r.g.trib. ex sez. dist. Atri) a carico di Balducci Ruggero, difeso dagli avvocati Domenico Di Sabatino e Mario Del Principe, entrambi del foro di Teramo; Sentiti i difensori dell'imputato e il p.m.; All'esito dell'udienza dibattimentale del 17 gennaio 2014 ha pronunciato la seguente ordinanza. 1. La fattispecie concreta oggetto del giudizio. Con decreto adottato in data 31.5.2011 Balducci Ruggero veniva citato a giudizio per rispondere dei reati di cui all'art. 44, comma 1, lett. b) e c) d.P.R. 380/01. All'udienza del 23.5.2012, (1) presente l'imputato, si procedeva alla formale dichiarazione di apertura del dibattimento, cui seguiva l'ammissione dei mezzi di prova indicati dalle parti. Espletata l'istruzione dibattimentale attraverso l'acquisizione di documentazione, l'esame dei testi e del consulente tecnico della difesa, all'udienza del 27.9.2013 veniva disposta la rinnovazione del dibattimento ai sensi degli artt. 525, comma 2, 511, comma 2 c.p.p. (2) Alla successiva udienza del 20.11.2013 (tenuto conto anche dell'esito dell'espletato incombente istruttorio integrativo) questo giudice - ravvisata (alla stregua delle risultanze probatorie ritualmente acquisite e ritenendo superflua ogni ulteriore attivita' dibattimentale) la sussistenza dei presupposti per un'immediata declaratoria di estinzione dei reati contestati - sollecitava il contraddittorio delle parti sul punto, in relazione altresi' all'astratto profilo di legittimita' costituzionale ricollegabile all'applicabilita' dell'art. 44, comma 2, d.P.R. 380/01, a sua volta specificamente connesso alla predetta evenienza decisoria riguardante (anche) il reato di lottizzazione abusiva addebitato nel capo b) di imputazione. All'odierna udienza, all'esito della discussione (estesa al merito delle ipotesi accusatorie prospettate a carico dell'imputato), questo giudice ha pronunciato (e pubblicato mediante lettura) la presente ordinanza. In punto di fatto e secondo la specifica delimitazione dell'ipotesi accusatoria, al Balducci viene addebitata la consumazione del reato di cui all'art. 44, comma 1, lett. e (in relazione all'art. 30) d.P.R. 380/01 'perche', quale proprietario dell'area e committente dei lavori, realizzava una lottizzazione abusiva del terreno sito in c.da Cretone, catastalmente distinto al fl. 36, p.lla 219 (gia' 39), ricadente in area destinata a zona agricola normale - sottozona E1, a scopo edificatorio, costruendovi opere che ne comportavano la trasformazione urbanistica in violazione delle prescrizioni contenute nell'art. 32 N.T.A. del P.R.G. a norma del quale nella sottozona E1 e' consentita la sola edificazione correlata all'attivita' agricola (esclusivamente opere, impianti ed edifici necessari alla conduzione agricola, alla prima trasformazione dei prodotti agricoli, agli allevamenti ed alla residenza): in particolare realizzava un complesso di opere edilizie [oggetto del connesso reato di cui all'art. 44, comma 1, lett. b), distintamente contestato al capo a) d'imputazione] privo di collegamento con il processo di coltivazione agricola dei terreni, tale da trasformare l'area da agricola in residenziale, e segnatamente: 1) un fabbricato principale avente caratteristiche costruttive e rifiniture di livello superiore all'ordinario ed accatastato il 6.8.2002 come abitazione in villa (gruppo A8), realizzato a seguito del rilascio di concessione edilizia n. 2177/98 per la realizzazione di un fabbricato rurale; 2) un locale indicato in progetto come rimessa attrezzi, ma di fatto adibito a sala da pranzo-cucina; 3) un locale realizzato in difetto di permesso di costruire, accatastato come "magazzino, portico e lavanderia e barbecue", ma di fatto adibito ad uso residenziale (casa del custode, costituita da soggiorno, camera da letto e bagno); 4) una piscina ed un muro di sostegno, realizzati sulla corte annessa al fabbricato principale, tra il novembre ed il 29.12.2005; 5) un locale adibito a lavanderia, ubicato a nord del corpo di fabbrica principale, realizzato in epoca successiva all'anno 2007' (in tali termini testuali il capo B d'imputazione). Quanto alla ricostruzione diacronica delle vicende fattuali poste a fondamento dell'impianto accusatorio, appare doveroso evidenziare - nel rispetto delle peculiari coordinate argomentative imposte, da un lato, dal rilievo dell'intervenuto decorso del termine massimo di prescrizione dei reati contestati (rilievo non processualmente 'neutralizzato' da una correlativa espressa rinuncia da parte dell'imputato, ex art. 157, comma 7, c.p.p.), dall'altro dalla mancata acquisizione di elementi connotati da un grado di «evidenza probatoria» idoneo a giustificare una pronuncia assolutoria nel merito (anche ai sensi dell'art. 530, comma 2 c.p.p., in relazione all'art. 129, comma 2: cfr. Cass., sez. un. 15.9.2009, n. 35490; Cass., 23.9.2008, n. 36468; Cass., 5.10.2011, n. 36064; Cass. 31.5.2013, n. 23680) - come possa ritenersi documentalmente accertato che: a) il terreno interessato dalle opere edilizie 'lottizzatorie' per cui e' processo e' costituito da un'area di circa 15.400 mq, sita nel Comune di Pineto c.da Colle Cretone, catastalmente individuata al foglio 36, particella n. 219 (gia' 39) e classificata nel P.R.G. vigente all'epoca dei fatti (approvato con deliberazione della Giunta Regione Abruzzo n. 8453 del 28 dicembre 1984) come "Zona Agricola Normale - sottozona El"; b) quale proprietario dell'area in questione (in forza di atto notarile di acquisto stipulato in data 28.9.1998, rep. n. 32333), il Balducci, 'subentrando' di fatto alla richiedente/avente diritto Bisonni Liliana (v. richiesta ex art. 1, legge n. 10/77 inoltrata al Comune di Pineto in data 13.8.1998), otteneva il rilascio in proprio favore della concessione edilizia n. 2117 del 24.11.1998 avente ad oggetto la 'costruzione di fabbricato rurale' (previo parere favorevole espresso dalla Commissione edilizia in data 23.9.1998), cui seguiva la sottoscrizione in data 27.11.1998 di "atto d'obbligo', con il quale il Balducci s'impegnava a destinare ad esclusivo uso agricolo, unitamente alle pertinenze, presenti e future, l'appezzamento di terreno in questione e a mantenere tale destinazione agricola per anni dieci a partire dalla data del rilascio del certificato di abitabilita' o agibilita' del costruendo fabbricato, ai sensi dell'art. 70, legge regionale n. 18 del 1983; in virtu' di tale provvedimento autorizzatorio veniva realizzato (con data inizio dei lavori 19.1.1999) un fabbricato principale - le cui caratteristiche strutturati e di abitabilita' risultano esaustivamente documentate dalle fotografie formate dagli agenti di p.g. in occasione del sopralluogo eseguito in data 9.8.2010 - destinato a residenza dell'imputato e costituito, secondo le previsioni progettuali, da 'un piano seminterrato adibito a cantina, da un piano terra adibito a rimessa attrezzi, garage, magazzino, ripostiglio, lavatoio e cucina, soggiorno e wc'; c) con successivo provvedimento ex art. 13, legge n. 47/85, n. 2117/A del 22.2.2000 (di accoglimento della relativa richiesta avanzata dal Balducci in data 10.11.1999) veniva autorizzata una prima 'variante alla concessione edilizia n. 2117 del 24.11.1998' avente ad oggetto le opere edilizie dettagliatamente descritte nell'allegata relazione tecnica a firma del progettista/direttore lavori arch. Candelori, con particolare riferimento alla realizzazione, sull'ala ovest, di un 'corpo annesso' distante circa 20 mt. da quello principale (destinato a garage e rimessa attrezzi); d) con successivo provvedimento n. 2117/B del 12.4.2001 (di accoglimento della relativa richiesta avanzata in data 13.7.2000) veniva autorizzata una seconda 'variante' alla predetta concessione edilizia n. 2117 del 24.11.1998, avente ad oggetto ulteriori modifiche strutturali del fabbricato principale (v. relazione tecnica di accompagnamento del progetto); e) con successivo provvedimento n. 2117/C del 11.6.2002 (a seguito della richiesta avanzata in data 22.5.2001) veniva autorizzata una terza 'variante' rispetto all'originaria concessione edilizia, avente ad oggetto sostanziali modifiche strutturali del 'corpo annesso' al fabbricato principale, con realizzazione di due 'corpi destinati a rimessa attrezzi e magazzino distaccati, ma uniti da una copertura a doppia falda, con andamento a "L" e con caratteristica tipologica propria dei fabbricati rurali' (v. relazione tecnica di accompagnamento); f) in accoglimento della domanda presentata dal Balducci in data 10.12.2004, ai sensi dell'art. 32, comma 25, del decreto-legge n. 269 del 2003 (conv. dalla legge n. 326 del 2003), veniva rilasciato in data 30.9.2011 titolo abilitativo in sanatoria delle opere edilizie realizzate in totale difformita' dal progetto approvato con la citata concessione edilizia n. 2117 del 24.11.1998 (e successive varianti), consistite 'in aumenti sia della superficie utile, mediante tamponatura parziale di una porzione del piano 1° prevista a terrazza, ampliamento del corpo di fabbrica adibito ad annessi rustici nonche' realizzazione di un secondo corpo di fabbrica monopiano ad uso annessi rustici completo ex novo, sia della volumetria edificabile a seguito dell'incremento delle superfici come sopra menzionato ed altresi' il mutamento parziale della destinazione d'uso della zona di piano terra destinata a locali aziendali in vani abitativi'; g) con D.I.A. presentata in data 3.6.2005, ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 22 e 23 d.P.R. 380/01, il Balducci comunicava la realizzazione (completata il 29.12.2005) di 'un muro di sostegno e di una piscina scoperta' su parte della corte esterna annessa al fabbricato (oggetto di positiva valutazione di compatibilita' paesaggistica, ex art. 159, d.lgs. n. 42/2004 e legge regionale n. 2 del 2003, nel provvedimento di 'nulla-osta' rilasciato in data 24.8.2005 dal responsabile Area urbanistica del Comune di Pineto); h) infine, in assenza di qualsiasi titolo autorizzativo (anche in sanatoria) veniva realizzato un autonomo locale adibito a lavanderia su una superficie di circa 15 mq ed altezza variabile tra 2,30 in e 2,85 m, ubicato a nord del fabbricato principale. 2. La configurabilita' e l'accertamento del reato di lottizzazione (materiale) abusiva. Accertata nella sua materialita' la realizzazione cronologicamente frazionata delle opere edilizie sopra richiamate, ritiene questo giudice che la stessa - valutata in una prospettiva edificatoria 'unitaria' sottesa alla condotta complessivamente posta in essere dall'imputato - abbia offerto ragionevole fondamento fattuale e giuridico all'ipotesi accusatoria addebitata al capo b), incentrata sul richiamo della fattispecie criminosa punita dall'art. 44, comma 1, lett. c) d.P.R. 380/01; potendosi, invero, affermare che attraverso l'acquisto del terreno e la realizzazione in zona agricola del fabbricato principale e delle plurime opere prospettate come 'pertinenziali', compresa la piscina (anch'essa solo 'cartolarmente' di tipologia rurale), l'imputato ha attuato una (programmata) attivita' di lottizzazione illecita, alterando di fatto la destinazione urbanistica ed edilizia dell'area, materialmente trasformandola da "Zona agricola normale - sottozona E1" (secondo la classificazione del vigente Piano regolatore generale del Comune di Pineto) in zona a vocazione residenziale, in contrasto con la citata scelta di pianificazione urbanistica approvata dall'amministrazione comunale. In particolare, il profilo di illiceita' penale che secondo l'impostazione accusatoria connota la condotta posta in essere dall'imputato risulta incentrato sulla portata applicativa dell'art. 32 della N.T.A., il cui inequivocabile tenore letterale non lascia alcun ragionevole spazio interpretativo nel senso dell'inammissibilita' di interventi edilizi su terreni ricadenti nella "Zona agricola normale - sottozona E1" di carattere (e con destinazione) esclusivamente residenziale, come quelli in concreto realizzati dall'imputato. Ed invero, a norma del citato art. 32 (in sostanziale conformita' con quanto previsto dagli artt. 70, 71 e 72, legge regionale 12.4.1983, n. 18 e dall'art. 24 del N.T.A. del Piano territoriale Provincia di Teramo adottato con delibera del 18.12.1998 e definitivamente approvato con delibera n. 20 del 30.3.2001), nella "Sottozona E1" erano 'consentite esclusivamente opere, impianti ed edifici necessari alla conduzione agricola, alla prima trasformazione dei prodotti agricoli, cigli allevamenti industriali ed alla residenza. In particolare: a) costruzioni inerenti alla conduzione del fondo, quali abitazioni, stalle, porcilaie, silos, serbatoi idrici, ricoveri per macchine agricole, ecc.; b) costruzioni adibite alla conservazione e trasformazione di prodotti agricoli, annesse ad aziende agricole che lavorino prevalentemente prodotti propri, ovvero svolte in sociale; c) allevamenti industriali di bovini, equini, suini, ovini, polli, animali da pelliccia ed altri. In tale zona l'edificazione e' attuata attraverso l'interveto diretto; la concessione edilizia e' rilasciata esclusivamente ai seguenti soggetti singoli o associati: imprenditori a titolo principale; proprietari coltivatori diretti; proprietari conduttori in economia; proprietari concedenti; affittuari e mezzadri che abbiano acquisito il diritto di sostituirsi al proprietario nell'esecuzione delle opere'. Risulta di palmare evidenza come tale contesto 'normativo' di pianificazione urbanistica risultasse ancorato (trovando la propria chiave di lettura) al concetto di "unita' aziendale agricola" riferita all'intera estensione di fondi rustici facenti capo ad un'unica proprieta' (anche se non contigui), sulla quale era possibile edificare un solo fabbricato rurale necessario a soddisfare le esigenze della famiglia coltivatrice; area asservita al fabbricato e capace di contenerne la volumetria residenziale. Da tale impostazione di fondo deriva quale fondamentale corollario - del resto chiaramente desumibile dalla disciplina dettata in materia di edificazione in zona agricola sia a livello nazionale (legge 10/77) che regionale (Titolo VII legge regionale 18/83) e provinciale (art. 24, N.T.A. del Piano territoriale provinciale) - che la residenza rurale e l'unita' minima aziendale vanno a costituire ununicum inscindibile e non frazionabile, di guisa che la realizzazione di un manufatto residenziale funzionale alla conduzione del fondo sostanzia un nesso di dipendenza tra manufatto stesso e coltivazione del fondo: collegamento funzionale che attraverso la realizzazione della tipologia delle opere edilizie per cui e' processo - e la consequenziale concreta destinazione urbanistica 'residenziale' del terreno - il Balducci (soggetto privo 'a monte' della necessaria qualifica soggettiva) ha abusivamente snaturato, travalicando con tale condotta i limiti di illiceita' penale di un mero abuso edilizio ed integrando i piu' gravi profili di offensivita' del bene giuridico tutelato dalla fattispecie criminosa di lottizzazione (materiale) abusiva. In tale prospettiva appare pertinente il richiamo della consolidata opzione interpretativa della Suprema Corte (cfr. fra le tante: Cass. 19.4.2011, n. 15605) laddove evidenzia che il bene giuridico protetto dall'art. 30 del d.P.R. 380/01 e' non solo quello dell'ordinata pianificazione urbanistica e del corretto uso del territorio, ma anche (e soprattutto) quello relativo all'effettivo controllo del territorio da parte del soggetto titolare della stessa funzione di pianificazione, al quale spetta di vigilare sul rispetto delle vigenti prescrizioni urbanistiche, con conseguente legittima repressione di qualsiasi intervento di tipo lottizzatorio, non previamente assentito. Puo' dirsi, quindi, che in generale il reato di lottizzazione abusiva si configura attraverso la trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio in violazione delle prescrizioni espresse dagli strumenti urbanistici e delle leggi, anche mediante l'esecuzione di opere autorizzate (Cass. 26 giugno 2009, n. 26586). In particolare, quando (come nella fattispecie per cui e' processo) la realizzazione dell'intervento edilizio e' finalizzata alla conduzione del fondo in ragione della sua destinazione agricola, e' al dato essenziale dell'oggettiva correlazione tra immobile realizzato e conduzione del fondo che deve farsi riferimento, prescindendo perfino dalle condizioni soggettive di chi richiede il titolo abilitativo. In altri termini, cio' che effettivamente rileva e' l'esistenza di un'effettiva relazione diretta tra edificio e conduzione del fondo, con la conseguenza che l'eventuale possesso delle qualifiche di imprenditore agricolo o di coltivatore diretto (nella specie, e' bene ribadirlo, comunque non sussistenti in capo all'imputato) e' indifferente allorquando un terreno agricolo venga predisposto alla realizzazione di piu' edifici aventi destinazione residenziale, snaturandone l'originaria vocazione agricola; essendo in tali casi l'attivita' edificatoria solo fittiziamente connessa alla coltivazione ed allo sfruttamento produttivo del fondo (cfr. Cass. 14.12.2011, n. 46343; Cass. 24.5.2012, n. 19653; Cass. 9.3.2012, n. 9369; Cass. 8 ottobre 2009, n. 39078 nonche', in generale, nella ritenuta ragionevolezza e legittimita' costituzionale dei 'limiti' di edificabilita' in zona a destinazione urbanistica agricola: Corte cost. 23.6.1988, n. 709). Tale rilievo fattuale, a ben vedere, nel caso di specie riveste rilevanza assorbente rispetto alla connessa questione (oggetto di contestazione al capo A di imputazione e sulla quale ha indugiato la difesa nel corso dell'istruttoria dibattimentale, richiamando sul punto le valutazioni espresse dal proprio consulente tecnico ing. Cameli) attinente alla formale legittimita' del rilascio della concessione edilizia n. 2117 del 24.11.1998, allorquando doveva ritenersi gia' operativo il (piu' restrittivo) regime di differenziazione dell'entita' della superficie minima di intervento e dell'indice di fabbricabilita' fondiaria, rispettivamente, aumentata a 30.000 mq e ridotto a 0,033 mc/mq (di cui un massimo di 0,01 mc/mq utilizzabile per la residenza), previsto per i soggetti richiedenti (come il Balducci) non in possesso delle qualifiche di 'coltivatore diretto proprietario, coltivatore diretto affittuario, mezzadro, colono che abbia acquisito il diritto di sostituirsi al proprietario nell'esecuzione delle opere, imprenditore agricolo a titolo principale ai sensi dell'art. 4 della legge regionale 2.3.1979, n. 12, e la cui proprieta' dei terreni da asservire alle costruzioni sia pervenuta successivamente al 31.12.1992', come stabilito con la modifica del citato art. 32, N.T.A. approvata con delibera del Consiglio comunale n. 63 del 6.10.1998, (3) successivamente alla presentazione della domanda di concessione (di fatto volturata a beneficio dell'imputato, divenuto nel frattempo proprietario del terreno), ma in epoca antecedente al formale rilascio della citata concessione n. 2117 del 24.11.1998; e cio' al di la' della legittimita' ed efficacia della deroga 'transitoria' alle generali norme di salvaguardia urbanistica pur espressamente prevista nella citata delibera ('le istanze di concessione edilizia nelle zone interessate alla variante adottata presentate alla data odierna, complete di documenti e che hanno gia' ottenuto il prescritto nulla-osta regionale relativo al vincolo paesistico, nonche' quelle gia' presentate alla data odierna che saranno integrate entro e non oltre la data del 5 novembre 1998, sono fatte salve dall'applicazione delle misure di salvaguardia e, pertanto, sono sottoposte alla normativa previgente'). In tale ottica argomentativa alcuna efficacia 'scriminante'(anche sotto il profilo del riscontro della sussistenza dell'elemento soggettivo richiesto per la configurabilita' del reato di lottizzazione abusiva) puo' riconoscersi all'avvenuto rilascio dell'originario titolo abilitativo del 24.11.1998 ed ai connessi provvedimenti autorizzativi riferiti alle diverse varianti in corso d'opera presentate dal Balducci, da ritenersi essi stessi (per quanto sopra evidenziato in ordine alla reale ambito applicativo delle previsioni del P.R.G. e delle N.T.A., interpretate alla luce delle tassative ed inequivocabili norme della legislazione regionale in materia di costruzioni in zona agricola) non completamente immuni da profili di illegittimita' amministrativa, (4) dovendosi in ogni caso ragionevolmente escludersi in capo all'imputato la sussistenza di un atteggiamento di 'buona fede' e/o di incolpevole affidamento sull'operato degli organi comunali competenti; e cio' in considerazione del macroscopico contrasto tra la tipologia di intervento edilizio astrattamente consentita dagli strumenti di pianificazione urbanistica e quella in concreto realizzata dal Balducci, nella specie ulteriormente qualificata, sul piano dell'elemento soggettivo richiesto per l'integrazione del reato di cui all'art. 44, lett. e) d.P.R. 380/01, sia dal mancato possesso da parte dell'imputato (agente immobiliare) di una delle qualifiche soggettive tassativamente richieste dall'art. 32 N.T.A. vigente al momento della presentazione della domanda di concessione edilizia (e prima dell'entrata in vigore della variante parziale adottata con delibera del Consiglio comunale n. 63 del 6.10.1998), sia dall'atteggiamento di 'riserva mentale', riguardo all'obbligo di reale asservimento del costruendo fabbricato alle esigenze 'agricole' del terreno, che risulta aver animato sin dall'inizio la complessiva condotta posta in essere dal Balducci (nel senso del superamento della classificazione del reato di lottizzazione abusiva come reato eminentemente doloso e, quindi, della rilevanza di atteggiamenti psicologici anche nella forma colposa: cfr. Cass. 13 ottobre 2004, n. 39916; Cass. 12 ottobre 2005, n. 36940; Cass. 7 aprile 2008, n. 14326; Cass. 5 marzo 2008, n. 9982; Cass. 2 ottobre 2008, n. 37472; Cass. 8 ottobre 2009, n. 39078 cit.). Ne', sotto il profilo in parola, alcun concreto spazio operativo puo' riconoscersi al criterio dell'ignoranza inevitabile teorizzato nella sentenza n. 364/1988 del Giudice delle leggi, sulla base dell'assorbente rilievo argomentativo (nel caso di specie fondato sui sopra richiamati dati fattuali oggettivamente accertati) della impossibilita' di 'scusare' l'esecutore di opere che incidono sul tessuto urbanistico, al quale possa rimproverarsi l'omessa verifica della conformita' delle opere stesse alle norme urbanistiche delle quali e' presunta la conoscenza, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 5 c.p. 3. L'estinzione del reato per intervenuta prescrizione. Accertata la sussistenza degli elementi costitutivi del reato addebitato all'imputato, deve evidenziarsi come l'attivita' lottizzatoria del terreno (acquistato dal Balducci con atto notarile del 28.9.1998), iniziata di fatto alcuni mesi dopo con la costruzione del fabbricato principale, risulti proseguita - ancorche' con condotte edificatorie frazionate nel tempo, ma da valutarsi (in sintonia con la natura permanente del reato) in maniera unitaria in quanto funzionalmente collegate al predetto iniziale e abusivo intervento edilizio principale (cfr. Cass. 13.11.2013, n. 45598; Cass. 2.3.2010, n. 8172; Cass. 9.9.2009, n. 34876) - a seguito del rilascio delle concessioni relative alle varianti in corso d'opera presentate dall'imputato (analiticamente richiamate in premessa) e della d.i.a. relativa alla realizzazione ('autocertificata' come ultimata in data 29.12.2005) della piscina, illegittime perche' inerenti ad una persistente, ma ignorata, lottizzazione materiale. E tale illegittimita' non puo' non ritenersi estesa al provvedimento di condono, ex art. 32 del decreto-legge n. 269/03, specificamente riferito agli interventi edilizi abusivi asseritamente ultimati entro il 31.3.2003, con esclusione in ogni caso della successiva abusiva costruzione (anch'essa attuativa del piu' ampio programma criminoso lottizzatorio ideato dall'imputato) del locale destinato a lavanderia: intervento edilizio quest'ultimo la cui ultimazione, sulla base degli elementi fattuali e documentali acquisiti - la cui valenza probatoria non risulta essere stata adeguatamente neutralizzata da alcuna specifica allegazione contraria da parte della difesa (cfr. Cass. 3.11.2011, n. 39733; Cass. 7.5.2009, n. 19082; Cass, 11.10.2000, n. 10585) - puo' ragionevolmente collocarsi entro il 31.12.2007, individuando tale arco temporale il dato fattuale cui ancorare (in termini piu' riduttivi rispetto alla generica ed apodittica delimitazione dell'ipotesi accusatoria' fino ad epoca successiva al 31.12.20079 la cessazione della ('progressiva') attivita' edificatoria illecitamente posta in essere dall'imputato e, quindi, la data di consumazione del reato di lottizzazione abusiva. (5) In particolare, alla stregua di quanto riferito dal teste Baracchini Mariano (agente di p.g. autore dell'attivita' di indagine delegata dal p.m., culminata nel sopralluogo eseguito, alla presenza dell'imputato, in data 9.8.2010) e di quanto documentato dai fotogrammi relativi al volo aereo eseguito dalla'struttura speciale di supporto'della Regione Abruzzo, puo' ritenersi accertato che alla data del 30.6.2007 la costruzione di uno dei locali annessi al fabbricato principale non era stata ancora ultimata; essendo rimasto per contro - in una prospettiva favorevole all'imputato (cfr. Cass. 27.6.2012, n. 25361) - privo di qualsiasi riscontro fattuale/probatorio il compimento di ulteriori attivita' edilizie abusive in epoca successiva al 31.12.2007. Cosi' individuata la data di consumazione di entrambe le condotte criminose distintamente addebitate nei capi a) e b) di imputazione, s'impone l'immediato ed assorbente rilievo dell'avvenuta estinzione delle condotte medesime per intervenuta prescrizione. Ed invero, in relazione al titolo dei reati contestati - e con riferimento alla predetta data di 'consumazione' del 31.12.2007 (tenuto conto del periodo di sospensione di giorni 62, ex art. 159 c.p., ricollegabile al rinvio dell'udienza del 21.3.2012 a causa dell'adesione del difensore all'astensione dalle udienze deliberata dall'Organismo Unitario dell'Avvocatura), il termine massimo di prescrizione di anni 5 (ai sensi del combinato disposto degli artt. 157, comma 1 e 161, comma 2 c.p.) (6) risulta decorso in data 3.3.2013. 4. La confiscabilita' del terreno abusivamente lottizzato e delle opere edilizie abusivamente realizzate. Alla concretezza ed attualita' della predetta evenienza decisoria in termini di (immediato) proscioglimento processuale (art. 531 c.p.p.) (7) fondata sulla valutazione (secondo gli snodi argomentativi essenziali sopra evidenziati) degli elementi probatori acquisiti nel contraddittorio dibattimentale - risulta correlato l'altrettanto concreto obbligo in capo a questo giudicante di disporre la confisca del terreno e delle opere edilizie/corpo del reato di lottizzazione abusiva accertato in punto di fatto nei confronti dell'imputato, ai sensi del comma 2 dell'art. 44 d.P.R. 380/01. Dispone, infatti, la disposizione normativa in esame ('topograficamente' collocata nell'unitaria struttura dell'art. 44 relativo alle 'Sanzioni penali, in piena continuita' normativa con l'art. 19 della legge n. 47/85) che «La sentenza definitiva del giudice penale che accerta che vi e' stata lottizzazione abusiva, dispone la confisca dei terreni, abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite. Per effetto della confisca i terreni sono acquisiti di diritto e gratuitamente al patrimonio del comune nel cui territorio e' avvenuta la lottizzazione. La sentenza definitiva e' titolo per la immediata trascrizione nei registri immobiliari». Ed invero, l'applicabilita' nel caso di specie della norma in parola trova sul piano astratto il proprio fondamento nell'inquadramento dogmatico-ricostruttivo di tale ipotesi speciale di confisca obbligatoria quale sanzione amministrativa irrogata dal giudice penale (cfr. Corte cost. n. 187/1998), pur nell'ambito di un inevitabile coordinamento applicativo con l'ordine di demolizione previsto dall'art. 31, ultimo comma, d.P.R. n. 380/2001 (cfr. in tal senso: Cass. 8 novembre 2000, Petrachi; Cass. 7 luglio 2004, n. 38728; Cass. 22 settembre 2009, n. 36844). Cio' Premesso, non appare superfluo osservare come la ritenuta applicabilita' dell'art. 44, comma 2, d.P.R. 380/01 alla fattispecie concreta risulti ancorata non solo al riscontro da parte di questo giudice della sussistenza dei presupposti sostanziali e processuali normativamente richiesti, ma anche, specularmente, all'inesistenza di eventuali condizioni ostative individuate dall'elaborazione sia dottrinaria che giurisprudenziale in materia. Sotto tale profilo rilevanza decisiva riveste la gia' evidenziata collocazione temporale della scadenza del termine di prescrizione del reato in epoca comunque successiva all'esercizio dell'azione penale, quale limite intrinseco del potere/dovere di 'accertamento' in sede giurisdizionale penale degli elementi costitutivi del reato di lottizzazione abusiva, secondo la sopra richiamata opzione interpretativa consolidatasi nella giurisprudenza di legittimita' (incidentalmente avallata da Corte cost. n. 85/2008) ritenuto compatibile con la struttura motivazionale di una pronuncia di proscioglimento ex art. 531 c.p.p. (cfr. Cass. 16 febbraio 2011, n. 5857; Cass. 24 luglio 2009, n. 30933). Al riguardo, e' appena il caso di evidenziare che (anche a seguito dell'instaurazione del presente procedimento penale) alcun provvedimento sanzionatorio di acquisizione dell'area ai sensi dell'art. 30, comma 8, d.P.R. n. 380/2001 risulta essere stato autonomamente adottato dalla competente Autorita' amministrativa comunale; al pari dell'eventuale adozione di un piano di recupero urbanistico dell'area 'materialmente' ed abusivamente lottizzata dall'imputato (cfr. Cass. 29.12.2005, n. 47272; Cass. 13 ottobre 2004, n. 39916; Cass. 5 luglio 2006, n. 23154). In tale prospettiva - ispirata ai principi di proporzionalita' (art. 1 del Protocollo addizionale n. 1 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ai quali e' stata data esecuzione con la legge di ratifica 4.8.1955, n. 848) e di equo bilanciamento tra le esigenze di tutela penale (presidiate dalla tassativa previsione dell'art. 44, comma 2, d.P.R. 380/01) ed il sacrificio degli interessi patrimoniali dell'imputato correlati all'eventuale confisca anche dei manufatti edilizi residenziali abusivamente realizzati - alcuna efficacia 'sanante' e preclusiva (al di la' dei gia' evidenziati assorbenti profili di illegittimita' sostanziale) puo' riconoscersi al provvedimento di condono rilasciato in data 30.9.2011, ai sensi dell'art. 32, comma 25, decreto-legge n. 269 del 2003 (conv. dalla legge n. 326 del 2003), in quanto oggettivamente limitato alle sole opere edilizie di 'ampliamento' e non gia' al complessivo intervento edilizio lottizzatorio, e comunque non legittimato da una piu' ampia e necessaria valutazione globale dell'attivita' lottizzatoria secondo i parametri previsti dagli artt. 29, comma 3 e 35, comma 13, della legge n. 47/1985 (cfr. Corte cost. n. 107/1989; Cass. 13.7.2009, n. 28532). Ne' puo' ritenersi 'condizione' ostativa all'eventuale provvedimento ablativo in questione il mancato preventivo sequestro, nell'ambito del presente procedimento, dell'area e delle opere edilizie/corpo di reato (cfr. in tal senso: Cass. 15 febbraio 1994, n. 5617; Cass. 15.4.2013, n. 17066 secondo cui la confisca puo' essere ordinata anche in assenza di un precedente provvedimento cautelare di sequestro, sempreche' sussistano norme che la consentano od impongano, a prescindere dall'eventualita' che, per l'assenza di precedente tempestiva cautela reale, il provvedimento ablativo della proprieta' non riesca a conseguire gli effetti concreti che gli sono propri). Fatta questa doverosa premessa in punto di fatto, deve evidenziarsi che risulta ormai consolidato il principio di diritto secondo il quale "per disporre la confisca prevista dall'art. 44, 2° comma del T.U. n. 380/2001 (e precedentemente dall'art. 19 della legge n. 47/1985), il soggetto proprietario della res non deve essere necessariamente condannato, in quanto detta sanzione ben puo' essere disposta allorquando sia stata comunque accertata la sussistenza del reato di lottizzazione abusiva in tutti i suoi elementi (soggettivo ed oggettivo) anche se per una causa diversa, quale e', ad esempio, l'intervenuto decorso della prescrizione, non si pervenga alla condanna del suo autore ed all'inflizione della pena" (cfr. fra le tante: Cass. 20 maggio 2009, n. 21188). In realta', e' noto che le predette coordinate interpretative rappresentano l'approdo finale di un percorso nomofilattico intrapreso dalla Suprema Corte (a partire da Cass. 24.10.08, n. 42741) nel difficile 'dialogo' aperto con la Corte europea dei diritti dell'uomo, ancorche' di fatto imposto - in via generale (sentenze n. 348 e 349 del 2007) e con specifico riferimento alla confisca urbanistica (sentenza n. 239 del 2009) - dal Giudice delle leggi; percorso finalizzato a disegnare un rinnovato assetto interpretativo in linea con i principi affermati nelle sentenze pronunziate dalla Corte EDU il 30.8.2007 ed il 20.1.2009 (ricorso n. 75909/01 proposto contro l'Italia dalla S.r.l. "Sud Fondi" ed altri). Ed invero, per quel che rileva nell'economia del presente incidente di costituzionalita', l'evoluzione di tale sforzo interpretativo in chiave convenzionalmente 'conformativa' - assurto a «diritto vivente» sulla questione (anche sotto il profilo specifico della ritenuta legittimita' costituzionale dell'art. 44, comma 2, d.P.R. 380/01, in piu' occasioni sottoposta al vaglio della Suprema Corte) - risulta efficacemente illustrata nelle recente sentenza n. 17066/13, della quale appare opportuno riportare, testualmente, i piu' significativi passaggi argomentativi: "Va Premesso che nella specie non si ravvisano ragioni per discostarsi dal consolidato indirizzo interpretativo secondo il quale la confisca prevista dall'art. 44, comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001 costituisce una sanzione, definita da questa stessa Corte come amministrativa, che deve essere obbligatoriamente applicata dal giudice penale che accerti la sussistenza di una lottizzazione abusiva, indipendentemente da una pronuncia di condanna (da ultimo, tra le altre, sez. 3, n. 21188 del 30 aprile 2009; sez. 3, n. 39078 del 13 luglio 2009; sez. 3, n. 9982 del 21 novembre 2007; sez. 3, n. 6396 del 07 novembre 2006; sez. 3 n. 37086 del 07 luglio 2004). L'art. 44, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001, analogamente a quanto in precedenza disponeva l'art. 19 della legge n. 47 del 1985, prevede, infatti, che «la sentenza definitiva del giudice penale che accerta che vi e' stata lottizzazione abusiva dispone la confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite. Per effetto della confisca i terreni sono acquisiti di diritto e gratuitamente al patrimonio del Comune nel cui territorio e' avvenuta la lottizzazione. La sentenza definitiva e' titolo per la immediata trascrizione nei registri immobiliari», cosi' lasciando inequivocabilmente intendere non essere necessaria una sentenza di condanna quale presupposto della confisca (si veda del resto, in proposito, la significativa differenza di formulazione rispetto all'art. 31 dello stesso d.P.R. in tema di demolizione del manufatto abusivo, ove espressamente si menziona la "sentenza di condanna"), ma unicamente l'intervenuto effettivo accertamento della sussistenza di una condotta di lottizzazione. Anche la legge comunitaria 25 febbraio 2008, n. 34 (nella parte recante la delega a dare attuazione alla decisione-quadro del Consiglio dell'Unione Europea 2005/212/GAI del 24.2.2005, relativa alla confisca di beni, strumenti e proventi del reato) prevede, all'art. 31, lett. b), n. 2) la possibilita' di confisca obbligatoria anche «nel caso dl proscioglimento per mancanza di imputabilita' o per estinzione di un reato, la cui esistenza sia accertata con la sentenza che conclude il giudizio dibattimentale o abbreviato», demandando comunque alla emananda disciplina delegata la necessita' di prevedere (art. 31, lett. g) che «in ogni caso la confisca non pregiudichi i diritti dei terzi in buona fede sulle cose che ne sono oggetto». Ne' la Corte EDU ha mai affermato, nelle pronunce che hanno esaminato la questione, che presupposto necessario per disporre la confisca in esame sia una pronuncia di condanna del soggetto al quale la res appartiene, avendo invece la stessa sottolineato un diverso aspetto, ovvero la sussistenza del necessario riscontro, quanto meno, di profili di colpa (anche sotto gli aspetti dell'imprudenza, della negligenza e del difetto di vigilanza) nella condotta dei soggetti sul cui patrimonio la misura viene ad incidere. In particolare la Corte ha rilevato che una corretta interpretazione dell'art. 7 della Convenzione EDU < < esige, per punire, un legame di natura intellettuale (coscienza e volonta') che permetta di rilevare un elemento di responsabilita' nella condotta dell'autore materiale del reato» (vedi in particolare le sentenze pronunziate rispettivamente il 30.8.2007 ed il 20.1.2009 nel ricorso n. 75909/01 proposto contro l'Italia dalla S.r.l. "Sud Fondi" ed altri), giacche' l'irrogazione di una "pena" senza che sia stata stabilita l'esistenza di dolo o colpa dei destinatari di essa, costituisce infrazione dello stesso art. 7. Va dunque ribadito, a conclusione di tale premessa, che per disporre la confisca prevista dal'art. 44 cit. e' necessario che sia accertata la sussistenza del reato di lottizzazione abusiva in tutti i suoi elementi, soggettivo ed oggettivo, anche se per una causa diversa, quale e', ad esempio, l'intervenuto decorso della prescrizione, non si pervenga alla condanna del suo autore, ed e' necessario, altresi', che sia riscontrata una partecipazione, quanto meno colpevole, alla stessa dei soggetti nei confronti dei quali la sanzione venga adottata, dovendo di cio' darsi conto, da parte dei giudici di merito, con motivazione adeguata. Cio' posto, ai fini del rispetto del principio di cui all'art. 7 della Convenzione EDU, la cui rilevanza "filtra" nell'ordinamento interno per il tramite dell'art. 117, comma 1, cost. (cfr. sentenze della Corte cost. n. 348 e 349 del 2007), puo' affermarsi essere rilevante non tanto la "denominazione" che alla confisca in questione si voglia attribuire, se cioe' di pena o, piuttosto, come appunto costantemente enunciato da questa Corte, con l'avallo anche della Corte costituzionale (sent. n. 239 del 2009), di sanzione amministrativa (cfr. sez. 3, n. 42741 del 24 ottobre 2008; sez. 3, n. 1966 del 05 dicembre 2001; sez. 3, n. 12999 del 09 novembre 2000; sez. 3, n. 41757 del 2004), quanto piuttosto, alla luce dei pronunciamenti della Corte EDU, la necessaria sussistenza, nella sostanza, in ragione dei caratteri di accessibilita' del precetto racchiuso nella norma e di prevedibilita' delle conseguenze giuridiche derivanti dalla sua violazione, dei presupposti appena sopra richiamati. Cio' che conta e', in altri termini, che, al di la' della finalita' che alla sanzione della confisca voglia riconnettersi (se, cioe', prevalentemente afflittivi o preventiva), la responsabilita' dell'imputato che sia altresi' stato destinatario della sanzione sia stata fatta oggetto di un accertamento che abbia, appunto, consentito di verificare la sussistenza di detti requisiti, imprescindibili per l'operativita' della misura ablatoria. Allo stesso tempo, e' intuibile come un ruolo determinante sia altresi' rivestito dalle modalita' con le quali una tale verifica sia posta in essere giacche' solo un accertamento che sia condotto sulla base di tutte le risultanze dibattimentali disponibili e nel contraddittorio con l'imputato nella pienezza dei suoi diritti difensivi puo' consentire, ad un tempo, di rispettare il dato letterale dell'aut. 44 cit. (che, come detto, ad un "accertamento" del fatto si riferisce) e di "superare" il dato, potenzialmente preclusivo di una piena esplicazione di detti poteri, rappresentato dall'intervenuta estinzione del reato. Va aggiunto che una tale prospettiva risulta confortata anche dalla lettura che dell'art. 44 ha dato la Corte costituzionale con la gia' ricordata pronuncia n. 239 del 2009,... ove si afferma che «la disposizione impugnata puo' trovare applicazione alla condizione che sia stato accertato, da parte del giudice, il fatto materiale della lottizzazione abusiva». Ed anzi, la stessa Corte costituzionale pare chiaramente avallare una lettura della norma che ne giustifichi l'applicazione anche in caso di estinzione del reato pronunciata all'esito di un giudizio che abbia compiutamente accertato la responsabilita' dell'imputato, la' dove, richiamando la pronuncia n. 85 del 2008, afferma che «fra le sentenze di proscioglimento ve ne sono alcune che, pur non applicando una pena comportano, in diverse forme e gradazioni, un sostanziale riconoscimento della responsabilita' dell'imputato o comunque l'attribuzione del fatto all'imputato medesimo» e si aggiunge, poi, non potersi affermare che siffatto "sostanziale riconoscimento", per quanto privo di effetti sul piano della responsabilita' penale, sia comunque impedito da una pronuncia di proscioglimento, conseguente a prescrizione, ove invece l'ordinamento imponga di apprezzare tale profilo per fini diversi dall'accertamento penale del fatto di reato»...". 5. La rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 44, comma 2, d.P.R. n. 380/01, in relazione al parametro 'interposto' di cui al combinato disposto degli artt. 117, comma 1, Cost. e 7 CEDU. Deve, tuttavia, rilevarsi come la verifica dell'attuale tenuta 'convenzionalmente' orientata - rispetto al principio di legalita' presidiato dall'art. 7 CEDU - dei sopra richiamati consolidati itinerari ermeneutici tracciati dal giudice di legittimita' debba necessariamente confrontarsi con il recente ulteriore intervento interpretativo della Corte EDU in materia, rappresentato dalla pronuncia della sez. II della Corte EDU in data 29 ottobre 2013 nel procedimento Varvara c. Italia (ric. n. 17475/09). Con la sentenza in esame la Corte EDU ha in primo luogo ribadito il principio (gia' affermato, in modo specifico, con la precedente decisione sulla ricevibilita' del ricorso "Sud Fondi Srl ed altri" del 30.8.2007 e, piu' in generale, con la decisione 9.2.1995 della Grand Chambre nel caso n. 307-A/1995 Welch c. Regno Unito) che la confisca gia' prevista dall'art. 19 della legge n. 47/1985 ed attualmente collocata tra le "sanzioni penali" dall'art. 44, 2° comma, del T.U. sull'edilizia n. 380/2001 «non tende alla riparazione pecuniaria di un danno, ma mira nella sua essenza a punire per impedire la reiterazione di trasgressioni a prescrizioni stabilite dalla legge», non puo' essere valutata ne' vagliata da un giudice amministrativo ed assume, quindi, tutti i connotati di una «pena» che - secondo la consolidata tradizione del principio di effettivita' di tutela - risulta soggetta al principio di legalita' sancito nell'art. 7 della Convenzione. Afferma, testualmente, la Corte nei passaggi argomentativi rilevanti in questa sede: «§60. Anzitutto, la Corte osserva che ai sensi della norma applicabile (paragrafo 30 sopra), la confisca delle opere abusive nonche' dei terreni lottizzati abusivamente e' autorizzata quando i giudici penali hanno accertato con una «sentenza definitiva» che la lottizzazione e' abusiva, ma il testo non precisa che la «sentenza definitiva» deve essere una decisione di condanna. I giudici nazionali hanno interpretato questa norma nel senso che era possibile applicare la sanzione senza una condanna dal momento in cui hanno ritenuto che si trattasse di una sanzione amministrativa. La Corte nota in proposito che esiste un principio nel diritto nazionale (si veda diritto interno capitoli A. e D.) stando al quale non si puo' punire un imputato in mancanza di una condanna. In particolare, quando il reato e' prescritto, non si puo' comminare una pena (paragrafo 41, supra). Inoltre, l'interpretazione della norma applicabile da parte dei giudici nazionali e' stata fatta a scapito dell'imputato. §61. In secondo luogo, la Corte ha difficolta' a capire come la punizione di un imputato il cui processo non si e' concluso con una condanna possa conciliarsi con l'articolo 7 della Convenzione, norma che esplicita il principio di legalita' nel diritto penale. §62. Dato che nessuno puo' essere riconosciuto colpevole di un reato che non sia previsto dalla legge, e che nessuno puo' subire una pena che non sia prevista dalla legge, una prima conseguenza e' ovviamente il divieto per i giudici nazionali di interpretare in modo estensivo la legge a scapito dell'imputato, altrimenti quest'ultimo potrebbe essere punito per un comportamento non previsto come reato. ... §67. Non si puo' neppure concepire un sistema in cui una persona dichiarata innocente o, comunque, senza alcun grado di responsabilita' penale constatata in una sentenza di colpevolezza subisca una pena. Si tratta di una terza conseguenza del principio di legalita' nel diritto penale: il divieto di comminare una pena senza accertamento di responsabilita', che deriva anch'esso dall'articolo 7 della Convenzione. ... §71. La logica della «pena» e della «punizione», e la nozione di «guilty» (nella versione inglese) e la corrispondente nozione di «persona colpevole» (nella versione francese), depongono a favore di un'interpretazione dell'articolo 7 che esige, per punire, una dichiarazione di responsabilita' da parte dei giudici nazionali, che possa permettere di addebitare il reato e di comminare la pena al suo autore. In mancanza di cio', la punizione non avrebbe senso (Sud Fondi e altri sopra citata, § 116). Sarebbe infatti incoerente esigere, da una parte, una base legale accessibile e prevedibile e permettere, dall'altra, una punizione quando, come nel caso di specie, la persona interessata non e' stata condannata. §72. Nella presente causa, la sanzione penale inflitta al ricorrente, quando il reato era estinto e la sua responsabilita' non era stata accertata con una sentenza di condanna, contrasta con i principi di legalita' penale appena esposti dalla Corte e che sono parte integrante del principio di legalita' che l'articolo 7 della Convenzione impone di rispettare. La sanzione controversa non e' quindi prevista dalla legge ai sensi dell'articolo 7 della Convenzione ed e' arbitraria.». In estrema sintesi, argomentando dalla natura di sanzione penale della confisca disciplinata dall'alt. 44, comma 2, d.P.R. 380/01 (non riconducibile alle figure di "confisca senza condanna", pur previste dalla legislazione di alcuni paesi europei ed accomunate, al pari delle misure di prevenzione patrimoniali disciplinate nel nostro ordinamento dal d.lgs. 159/2011, dal loro sostanziale atteggiarsi quale strumento di natura preventiva e non punitiva) la Corte di Strasburgo nel caso "Varvara" ha affermato che vi e' stata la violazione del principio di legalita', non ritenendo ammissibile un sistema in cui una persona che non e' stata dichiarata colpevole in sede penale possa subire una pena; statuendo, pertanto, che la confisca in questione - cosi come interpretata nel diritto interno - e' una sanzione non conforme alla legge ai sensi dell'art. 7 della Convenzione, ed e' arbitraria. Cio' posto, una lettura in controluce della pronuncia della Corte di Strasburgo - da intendersi, forse, quale ultima tappa del 'dialogo' evolutivo/garantista aperto dalle precedenti sentenze del 2007 e del 2009 sul caso "Sud Fondi" - lascia trasparire, in maniera inequivocabile, un intrinseco 'scollamento' interpretativo sulla natura e sulla reale portata applicativa della confisca prevista dall'art. 44, comma 2, d.P.R. 380/01, rispetto a quanto (piu' riduttivamente) affermato dal consolidato orientamento della Suprema Corte, con particolare riferimento alla (persistente) compatibilita' (sinora mai messa in discussione dal 'diritto vivente' nazionale) dell'applicazione obbligatoria della 'sanzione' della confisca urbanistica con un «accertamento» del reato di lottizzazione abusiva in ipotesi effettuato in una sentenza di estinzione del reato per intervenuta prescrizione (ancorche', e' bene ribadirlo, ancorato ad un riscontro probatorio, nel contraddittorio con il soggetto interessato, sia dell'elemento materiale che di quello soggettivo richiesti per la configurabilita' del reato) e, tuttavia, non strutturalmente e funzionalmente consacrato in una formale affermazione di responsabilita' penale e condanna del soggetto nei cui confronti tale sanzione patrimoniale e' destinata ad incidere. In altri termini, il principio da ultimo affermato dalla Corte di Strasburgo ha fatto riemergere, in tutta la sua problematicita', la tensione esegetica gia' oggetto dell'analoga questione di costituzionalita' non affrontata nel merito dalla Corte costituzionale con la sent. n. 239 del 2009, e costringe ormai il giudice nazionale ad interrogarsi sull'effettiva tenuta 'convenzionale' e costituzionale di quello che a ben vedere rimane l'unico argomento di ordine logico-sistematico (rimasto sostanzialmente immutato anche dopo le sentenze sul caso "Sud Fondi Srl ed altri c. Italia") individuato sin dall'inizio a fondamento dello sforzo di adeguamento interpretativo pervenuto all'attuale traguardo nomofilattico (diritto vivente) in ordine alla reale portata applicativa della confisca urbanistica, riferita non solo ad eventuali soggetti estranei in buona fede, (8) ma anche (per quel che rileva ai fini del presente dubbio di costituzionalita') alla posizione dell'imputato autore della condotta criminosa di lottizzazione abusiva: avendo il legislatore previsto nell'antecedente art. 7 della legge 47/1985 (ora art. 31 del d.P.R. 380/01) l'ammissibilita' della sanzione della demolizione soltanto in caso di condanna, l'elisione della condizione di "colpevolezza dichiarata", contenuta nel successivo art. 19, sarebbe da ritenere frutto di "consapevole volonta'" di consentire l'applicazione della sanzione amministrativa della confisca in tutti i casi in cui non fosse intervenuta un'assoluzione con la formula «perche' il fatto non sussiste»; impostazione ermeneutica che gia' all'indomani della sentenza sulla ricevibilita' del ricorso "Sud Fondi Srl" del 2007 aveva consentito alla Corte di legittimita' del nostro ordinamento (cfr. Cass 24.10.08, n. 42741 cit.) di 'salvare' (pur ridimensionandone i confini applicativi in chiave anche costituzionalmente compatibile) i presupposti processuali legittimanti la confisca urbanistica, affermando che "... l'ambito di applicazione dell'art. 7 della Convenzione non coincide necessariamente, secondo l'interpretazione della Corte europea, con gli illeciti e le sanzioni qualificate come penali in base al diritto interno dei singoli Stati, poiche' finisce col ricomprendere tutte le norme e le misure considerate «intrinsecamente penali»". Cosi' delimitato ed estrapolato l'innovativo principio interpretativo affermato dalla Corte EDU nella sentenza "Varvara" del 29 ottobre 2013 - in una vicenda processuale in fatto e giuridicamente sovrapponibile a quella per cui e' processo (cfr. Corte cost. n. 230 del 2012), riguardando infatti il motivo principale del ricorso l'avvenuta definitiva conferma della statuizione sulla confisca nonostante la declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione - possono, a parere di questo giudice, ritenersi superati, in punto di rilevanza e di non manifesta infondatezza della questione di (sopravvenuta) illegittimita' costituzionale dell'art. 44, comma 2, d.P.R. 380/01 (rectius: dell'unanime interpretazione della predetta norma offerta dalla giurisprudenza del massimo organo di nomofilachia del nostro ordinamento), (9) i profili di inammissibilita' evidenziati da Corte cost. n. 239 del 2009 (del resto, sostanzialmente ripresi e sviluppati nell'opinione parzialmente dissenziente formulata dal giudice Pinto de Albuquerque, allegata alla motivazione della sentenza della Corte EDU). In tale prospettiva, esclusa la disapplicazione 'diretta' della norma di diritto interno ritenuta in contrasto con la norma della Convenzione (cfr. Corte cost. n. 80 del 2011, nonche' Corte di giustizia, Grande sezione, 24 aprile 2012, C-571/10, Kamberaj), la gia' evidenziata analogia contenutistica tra il caso oggetto della sentenza "Varvara" e la fattispecie concreta per cui e' processo - quale presupposto per l'importazione vincolante del principio ermeneutico affermato dalla Corte EDU - rende impercorribile per questo giudice la strada di una doverosa interpretazione adeguatrice dell'art. 44, comma 2, d.P.R. 380/01 (cfr. Corte cost. 348 e 349/2007; n. 39/2008; n. 311 e n. 317 del 2009; n. 110/2012): impossibilita' nel caso di specie obiettivamente ricollegabile all'intrinseca equivocita' del dato testuale normativo laddove rimanda - quale unico presupposto dell'obbligo di confisca - alla necessita' di un «accertamento» processuale definitivo della sussistenza di una lottizzazione abusiva, ormai unanimemente interpretato dalla sopra richiamata giurisprudenza della Suprema Corte (con indiretto avallo di plausibilita' argomentativa incidentalmente offerto da Corte cost. n. 85/2008) in termini di compatibilita' rispetto ad una sentenza non necessariamente di affermazione di responsabilita' e di condanna del soggetto nei cui confronti la predetta misura ablatoria patrimoniale e' destinata a trovare applicazione, quale (per quel che rileva in questa sede) una pronuncia di estinzione del reato per intervenuta prescrizione. A fronte di tale (non piu' latente) contrasto tra principi interpretativi affermati riguardo all'applicazione della medesima norma di diritto interno - entrambi dotati di efficacia vincolante per questo giudice (10) - si prospetta come rilevante e non manifestamente infondato il dubbio di legittimita' costituzionale del citato art. 44, comma 2, d.P.R. 380/01 in relazione al parametro 'interposto' individuato dal combinato disposto degli art. 7 Convenzione EDU e 117, comma 1, Cost.; dubbio la cui risoluzione non puo' non essere sottoposta al Giudice delle leggi affinche' valuti «come ed in qual misura il prodotto dell'interpretazione della Corte europea si inserisca nell'ordinamento costituzionale italiano», verificando, in particolare, se le potenzialita' espansive di tutela del medesimo diritto presidiato dal citato art. 7 della Convenzione siano intrinsecamente desumibili da una lettura 'costituzionalmente compatibile' dell'art. 25, comma 2, Cost. («.Con riferimento ad un diritto fondamentale, il rispetto degli obblighi internazionali non puo' mai essere causa di una diminuzione di tutela rispetto a quelle gia' predisposte dall'ordinamento interno, ma puo' e deve, viceversa, costituire strumento efficace di ampliamento della tutela stessa. Se si assume questo punto di partenza nella considerazione delle interrelazioni normative tra i vari livelli delle garanzie, si arriva facilmente alla conclusione che la valutazione finale circa la consistenza effettiva della tutela in singole fattispecie e' frutto di una combinazione virtuosa tra l'obbligo che incombe sul legislatore nazionale di adeguarsi ai principi posti dalla CEDU - nella sua interpretazione giudiziale, istituzionalmente attribuita alla Corte europea ai sensi dell'art. 32 della Convenzione - l'obbligo che parimenti incombe sul giudice comune di dare alle norme interne una interpretazione conforme ai precetti convenzionali e l'obbligo che infine incombe sulla Corte costituzionale - nell'ipotesi di impossibilita' di una interpretazione adeguatrice - di non consentire che continui ad avere efficacia nell'ordinamento giuridico italiano una norma di cui sia stato accertato il deficit di tutela riguardo ad un diritto fondamentale. Del resto, l'art. 53 della stessa Convenzione stabilisce che l'interpretazione delle disposizioni CEDU non puo' implicare livelli di tutela inferiori a quelli assicurati dalle fonti nazionali. L'accertamento dell'eventuale deficit di garanzia deve quindi essere svolto in comparazione con un livello superiore gia' esistente e giuridicamente disponibile in base alla continua e dinamica integrazione del parametro, costituito dal vincolo al rispetto degli obblighi internazionali, di cui al primo comma dell'art. 117 Cost. E' evidente che questa Corte non solo non puo' consentire che si determini, per il tramite dell'art. 117, primo comma, Cost., una tutela inferiore a quella gia' esistente in base al diritto interno, ma neppure puo' ammettere che una tutela superiore, che sia possibile introdurre per la stessa via, rimanga sottratta ai titolari di un diritto fondamentale. La conseguenza di questo ragionamento e' che il confronto tra tutela convenzionale e tutela costituzionale dei diritti fondamentali deve essere effettuato mirando alla massima espansione delle garanzie, anche attraverso lo sviluppo delle potenzialita' insite nelle norme costituzionali che hanno ad oggetto i medesimi diritti. > > : in tali termini testuali, Corte cost, n. 317 del 2009 cit.). In definitiva, la perentorieta' del principio esplicitamente (ri)affermato dalla Corte EDU nella piu' volte citata sentenza Varvara c. Italia e l'efficacia 'analogicamente' vincolante dallo stesso rivestita nella fattispecie concreta per cui e' processo rendono ormai improcrastinabile una pronuncia del Giudice delle leggi che - attraverso un intervento demolitorio/manipolativo calibrato sull'ambiguita' del dato letterale dell'art. 44, comma 2, d.P.R. n. 380/01, facendo leva sul grimaldello costituzionale offerto dall'art. 117, comma 1, Cost. (e sviluppando l'omologa impostazione argomentativa gia' adottata nella sentenza n. 196/2010) - sancisca la sopravvenuta illegittimita' dell'attuale approdo nomofilattico (diritto vivente) riguardo alla reale portata applicativa della cd. 'confisca urbanistica'; rimuovendo, in tal senso (ed al di la' di una formale e specifica collocazione dogmatica dell'istituto in questione: cfr. Corte cost. n. 29/1961, n. 53/1968, n. 187/1998) l'ultimo ostacolo allo stato imposto al giudice nazionale per un definitivo superamento di ogni residuo dubbio interpretativo in ordine all'intrinseca natura «sanzionatoria penale» della confisca obbligatoria cosi' come disciplinata nel citato comma 2 dell'art. 44 d.P.R. 380/01, con consequenziale attrazione del concreto esercizio di tale potere/dovere in sede giurisdizionale penale nell'orbita garantista sostanziale tracciata dalla sinergica operativita' - a livello normativo sia sovranazionale 'interposto' (artt. 7 CEDU e 117, comma 1, Cost.) sia costituzionale 'interno'(art. 25, comma 2, Cost.) - dei fondamentali principi di legalita' della pena e di 'colpevolezza'; proseguendo (come auspicato con efficace sintesi evocativa dalla piu' attenta dottrina in materia) nel difficile, ma doveroso, cammino (inaugurato dalle storiche sentenze n. 348 e 349 del 2007) verso la creazione di una sorta di circolo ermeneutico' tra testo convenzionale e Costituzione riguardo all'estensione (in bonam partem) dei surrichiamati principi su basi sostanziali di effettivita' e, nel contempo, in termini di certezza applicativa delle correlative fonti normative sovraordinate alla legge ordinaria nazionale. Una conclusione diversa - attraverso il ricorso a suggestivi argomenti di ordine logico-sistematico - rappresenterebbe una forzatura in aperto contrasto con la garanzia della «legalita' sostanziale» in materia penale, la cui violazione (come ormai sancito dal citato recente intervento interpretativo della Corte EDU) non puo' piu' ritenersi adeguatamente bilanciata dal (pur virtuoso) richiamo all'esigenza di un rigoroso accertamento degli elementi costitutivi del reato di lottizzazione abusiva. (1) proveniente dal rinvio, in via preliminare, delle precedenti udienze del 19.10.2011 e del 21.3.2012. (2) nella specie avvenuta, a fronte del consenso manifestato al riguardo dalle parti, mediante lettura degli atti e dei verbali di prova acquisiti dinanzi a diverso giudice/persona fisica (cfr. fra le tante: Cass., sez. un. 15.1.99, n. 1, Iannasso; nonche' Corte cost. sent. n. 399/01). (3) variante resasi necessaria proprio dalla ravvisata esigenza di scongiurare potenziali lottizzazioni abusive ('Negli ultimi tempi l'attivita' edilizia nella zona agricola del comune di Pineto ha avuto un particolare incremento, con proposte progettuali tese quasi esclusivamente alla realizzazione di residenze, generalmente su unita' fondiarie minime uguali o di poco superiori ad ettari 1.00.00. L'amministrazione comunale di Pineto, rilevando il generarsi di una sorta di fenomeno di polverizzazione particellare determinato da continui frazionamenti di terreni a scopo edificatorio a fini residenziali specialmente da parte di soggetti diversi da imprenditori agricoli a titolo principale, coltivatori diretti, ecc., per la salvaguardia dell'ambiente contadino negli interventi edilizi, nonche' al fine di scongiurare potenziali lottizzazioni abusive in zona agricola, e' giunta alla determinazione di apportare una variante alla specifica normativa del P.R.G...'). (4) risulta ormai affermazione pacifica nella giurisprudenza di legittimita' che il reato di lottizzazione abusiva, a condotta libera, si realizza in presenza di un intervento sul territorio tale da comportare una nuova definizione dell'assetto preesistente in zona non urbanizzata o non sufficientemente urbanizzata, per cui esiste la necessita' di attuare le previsioni dello strumento urbanistico generale attraverso la redazione e la stipula di una convenzione lottizzatoria adeguata alle caratteristiche dell'intervento di nuova realizzazione; ma anche allorquando detto intervento non potrebbe in nessun caso essere realizzato poiche', per le sue connotazioni oggettive, si pone in contrasto con previsioni di zonizzazione e/o di localizzazione dello strumento generale di pianificazione che non possono essere modificate da piani urbanistici attuativi. Del pari consolidato risulta l'orientamento della Suprema Corte (cfr. Cass. 22.5.2007, n. 19732) secondo cui il reato di lottizzazione abusiva puo' ravvisarsi anche in presenza di titolo edilizio illegittimo, perche' in tal caso il giudice penale procede ad una identificazione in concreto della fattispecie criminosa e non disapplica l'atto amministrativo, ne' interferisce nella sfera della P.A., poiche' esercita un potere fondato sulla previsione normativa incriminatrice. In particolare, il giudice penale, nel valutare la sussistenza o meno della liceita' di un intervento edilizio, deve verificarne la conformita' a tutti i parametri di legalita' fissati dalla legge, dai regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici e dal titolo abilitativo. Nel caso di difformita' da disposizioni legislative o regolamentari o dalle prescrizioni urbanistiche o dalle prescrizioni degli strumenti urbanistici non si configura una non consentita disapplicazione da parte del giudice penale dell'atto amministrativo concessorio, perche' lo stesso giudice, qualora come presupposto o elemento costitutivo di una fattispecie di reato sia previsto un atto amministrativo, non deve limitarsi a verificare l'esistenza ontologica dell'atto, ma deve verificare l'integrazione o meno della fattispecie penale in vista dell'interesse sostanziale che tale fattispecie assume a tutela, nella quale gli elementi di natura extra penale convergono organicamente, assumendo un significato descrittivo (cfr. Cass. 30.9.2010, n. 35391; Cass. n. 770/11). (5) cfr. da ultimo: Cass. 11.7.2013, n. 29731; Cass. 9.6.2006, n. 19820 secondo cui la contravvenzione di lottizzazione abusiva ha natura di reato permanente e progressivo nell'evento, che giunge a compimento solo con l'ultimazione delle costruzioni; trattandosi di condotta a forma libera che tende ad un evento unitario (la trasformazione urbanistica o edilizia del territorio) che si realizza progressivamente nel tempo. (6) nel testo modificato dalla legge 251/05. (7) non preclusa da una esplicita rinuncia da parte dell'imputato, ai sensi dell'art. 157, comma 7 c.p. (8) In tal senso, ancorche' con specifico riferimento ai limiti dell'attivita' cognitiva del giudice dell'esecuzione: cfr. ancora da ultimo Cass. 19.12.2013, n. 51387. (9) Il richiamo al "diritto vivente" quale limite all'attivita' interpretativa del giudice e, nel contempo, quale presupposto per la rimessione della questione di legittimita', costituisce ormai uno strumento assai frequente nell'attivita' della Corte costituzionale (cfr. Corte cost. n. 302, n. 308, n. 316, n. 324 e n. 327 del 2008; n. 97/2009). In particolare, nel senso dell'ammissibilita' di una questione di legittimita' costituzionale avente ad oggetto anche l'interpretazione risultante dal diritto vivente formatosi per effetto dell'esegesi offerta dalla Corte di cassazione in via interpretativa: cfr. Corte cost, n. 138 del 1993; n. 257 del 1994; n. 58 del 1995; n. 78 e 349 del 2007; ord. n. 501 del 2000 nonche' la stessa sent. n. 239 del 2009. (10) del resto, l'insindacabilita' dell'interpretazione della Convenzione EDU fornita dalla Corte di Strasburgo, cui tale funzione e' stata attribuita dal nostro Paese senza apporre riserve, e' stata esplicitamente ammessa dalla stessa Corte costituzionale in molte pronunce (cfr. Corte cost. n. 311 del 2009, n. 93, n. 187 e n. 196 del 2010, n. 1 e 113 del 2011, nelle quali si precisa che «le norme della Convenzione europea dei diritti dell'uomo devono essere considerate come interposte e che la loro peculiarita', nell'ambito di siffatta categoria, consiste nella soggezione all'interpretazione della Corte di Strasburgo, alla quale gli Stati contraenti, salvo l'eventuale giudizio di costituzionalita', sono vincolati a conformarsi»).
P.Q.M. Visti gli artt. 134 Cost.; 23 e ss., legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, per violazione dell'art. 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 7 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 44, comma 2 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) nella parte in cui consente che l'accertamento nei confronti dell'imputato del reato di lottizzazione abusiva - quale presupposto dell'obbligo per il giudice penale di disporre la confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite - possa essere contenuto anche in una sentenza che dichiari estinto il reato per intervenuta prescrizione; Sospende il processo e dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, dando atto che della presente ordinanza e' stata data lettura in udienza alle parti presenti, ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 23, comma 4, legge n. 87 del 1953 e 148, comma 5, c.p.p. Manda alla cancelleria per la notificazione della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' per la comunicazione al Presidente del Senato della Repubblica e al Presidente della Camera dei deputati. Teramo, 17 gennaio 2014 Il Giudice: Tetto