N. 101 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 gennaio 2014

Ordinanza del 17 gennaio 2014 emessa  dal  Tribunale  di  Teramo  nel
procedimento penale a carico di Balducci Ruggero. 
 
Edilizia - Reati edilizi - Lottizzazione  abusiva  -  Confisca  (c.d.
  confisca urbanistica) - Possibilita' che l'accertamento  del  reato
  di lottizzazione abusiva quale presupposto dell'obbligo del giudice
  di disporre la confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle
  opere abusivamente  costruite  sia  contenuto  nella  sentenza  che
  dichiari estinto il reato per intervenuta prescrizione - Violazione
  del principio di legalita' della pena affermato dall'art.  7  della
  Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo (CEDU),  come
  interpretato dalla Corte EDU (sentenza 29 ottobre 2013, Varvara  c.
  Italia) - Conseguente violazione di obblighi internazionali. 
- Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, art.
  44, comma 2. 
- Costituzione, art. 117, primo comma, in relazione all'art. 7  della
  Convenzione per la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  e  delle
  liberta' fondamentali. 
(GU n.26 del 18-6-2014 )
 
                        IL TRIBUNALE DI TERAMO 
 
    In composizione monocratica, nella  persona  del  giudice  Franco
Tetto,  nel  procedimento  penale  n.  4745/10  r.g.n.r.  (n.  169/11
r.g.trib. ex sez. dist. Atri) a carico di  Balducci  Ruggero,  difeso
dagli avvocati Domenico Di Sabatino e Mario  Del  Principe,  entrambi
del foro di Teramo; 
    Sentiti i difensori dell'imputato e il p.m.; 
    All'esito dell'udienza dibattimentale  del  17  gennaio  2014  ha
pronunciato la seguente ordinanza. 
1. La fattispecie concreta oggetto del giudizio. 
    Con decreto adottato in data 31.5.2011  Balducci  Ruggero  veniva
citato a giudizio per rispondere dei reati di cui all'art. 44,  comma
1, lett. b) e  c)  d.P.R.  380/01.  All'udienza  del  23.5.2012,  (1)
presente l'imputato,  si  procedeva  alla  formale  dichiarazione  di
apertura del dibattimento, cui  seguiva  l'ammissione  dei  mezzi  di
prova indicati dalle  parti.  Espletata  l'istruzione  dibattimentale
attraverso l'acquisizione di documentazione, l'esame dei testi e  del
consulente tecnico della difesa,  all'udienza  del  27.9.2013  veniva
disposta la rinnovazione del dibattimento ai sensi degli  artt.  525,
comma 2,  511,  comma  2  c.p.p.  (2)  Alla  successiva  udienza  del
20.11.2013 (tenuto conto anche dell'esito  dell'espletato  incombente
istruttorio integrativo) questo giudice  -  ravvisata  (alla  stregua
delle  risultanze  probatorie  ritualmente  acquisite   e   ritenendo
superflua ogni ulteriore attivita' dibattimentale) la sussistenza dei
presupposti per un'immediata declaratoria  di  estinzione  dei  reati
contestati - sollecitava il contraddittorio delle parti sul punto, in
relazione   altresi'    all'astratto    profilo    di    legittimita'
costituzionale ricollegabile all'applicabilita' dell'art.  44,  comma
2, d.P.R. 380/01, a sua volta specificamente connesso  alla  predetta
evenienza decisoria riguardante (anche)  il  reato  di  lottizzazione
abusiva addebitato nel capo b) di imputazione.  All'odierna  udienza,
all'esito  della  discussione  (estesa  al   merito   delle   ipotesi
accusatorie prospettate a carico dell'imputato),  questo  giudice  ha
pronunciato (e pubblicato mediante lettura) la presente ordinanza. 
    In  punto  di  fatto  e  secondo   la   specifica   delimitazione
dell'ipotesi   accusatoria,   al   Balducci   viene   addebitata   la
consumazione del reato di cui all'art.  44,  comma  1,  lett.  e  (in
relazione all'art. 30) d.P.R.  380/01  'perche',  quale  proprietario
dell'area e committente  dei  lavori,  realizzava  una  lottizzazione
abusiva del terreno sito in c.da Cretone, catastalmente  distinto  al
fl. 36, p.lla 219 (gia' 39),  ricadente  in  area  destinata  a  zona
agricola normale - sottozona E1, a scopo  edificatorio,  costruendovi
opere che ne comportavano la trasformazione urbanistica in violazione
delle prescrizioni contenute nell'art. 32 N.T.A. del P.R.G.  a  norma
del quale nella sottozona  E1  e'  consentita  la  sola  edificazione
correlata all'attivita' agricola (esclusivamente opere,  impianti  ed
edifici necessari alla conduzione agricola, alla prima trasformazione
dei prodotti  agricoli,  agli  allevamenti  ed  alla  residenza):  in
particolare realizzava un complesso di opere  edilizie  [oggetto  del
connesso reato di cui all'art. 44, comma 1, lett.  b),  distintamente
contestato al capo a) d'imputazione] privo  di  collegamento  con  il
processo di coltivazione agricola dei terreni,  tale  da  trasformare
l'area da agricola in residenziale, e segnatamente: 
        1)   un   fabbricato   principale   avente    caratteristiche
costruttive  e  rifiniture  di  livello  superiore  all'ordinario  ed
accatastato  il  6.8.2002  come  abitazione  in  villa  (gruppo  A8),
realizzato a seguito del rilascio di concessione edilizia n.  2177/98
per la realizzazione di un fabbricato rurale; 
        2) un locale indicato in progetto come rimessa  attrezzi,  ma
di fatto adibito a sala da pranzo-cucina; 
        3) un locale realizzato in difetto di permesso di  costruire,
accatastato come "magazzino, portico e lavanderia e barbecue", ma  di
fatto adibito ad uso residenziale (casa del  custode,  costituita  da
soggiorno, camera da letto e bagno); 
        4) una piscina ed un muro di sostegno, realizzati sulla corte
annessa al fabbricato principale, tra il novembre ed il 29.12.2005; 
        5) un locale adibito a lavanderia, ubicato a nord  del  corpo
di fabbrica principale, realizzato in epoca successiva all'anno 2007'
(in tali termini testuali il capo B d'imputazione). 
    Quanto alla ricostruzione diacronica delle vicende fattuali poste
a fondamento dell'impianto accusatorio, appare doveroso evidenziare -
nel rispetto delle peculiari coordinate argomentative imposte, da  un
lato, dal rilievo dell'intervenuto decorso  del  termine  massimo  di
prescrizione  dei  reati  contestati  (rilievo  non   processualmente
'neutralizzato'  da  una  correlativa  espressa  rinuncia  da   parte
dell'imputato, ex  art.  157,  comma  7,  c.p.p.),  dall'altro  dalla
mancata acquisizione di elementi connotati da un grado  di  «evidenza
probatoria» idoneo  a  giustificare  una  pronuncia  assolutoria  nel
merito (anche ai sensi dell'art. 530, comma 2  c.p.p.,  in  relazione
all'art. 129, comma 2: cfr. Cass.,  sez.  un.  15.9.2009,  n.  35490;
Cass.,  23.9.2008,  n.  36468;  Cass.,  5.10.2011,  n.  36064;  Cass.
31.5.2013, n. 23680) - come possa ritenersi documentalmente accertato
che: 
        a)   il   terreno   interessato    dalle    opere    edilizie
'lottizzatorie' per cui e' processo e' costituito da un'area di circa
15.400  mq,  sita  nel  Comune  di   Pineto   c.da   Colle   Cretone,
catastalmente individuata al foglio 36, particella n. 219 (gia' 39) e
classificata nel P.R.G. vigente all'epoca dei  fatti  (approvato  con
deliberazione della Giunta Regione Abruzzo n. 8453  del  28  dicembre
1984) come "Zona Agricola Normale - sottozona El"; 
        b) quale proprietario dell'area in  questione  (in  forza  di
atto notarile di  acquisto  stipulato  in  data  28.9.1998,  rep.  n.
32333), il Balducci, 'subentrando' di fatto  alla  richiedente/avente
diritto Bisonni Liliana (v. richiesta  ex  art.  1,  legge  n.  10/77
inoltrata al  Comune  di  Pineto  in  data  13.8.1998),  otteneva  il
rilascio in proprio favore della concessione  edilizia  n.  2117  del
24.11.1998 avente ad oggetto la 'costruzione  di  fabbricato  rurale'
(previo parere favorevole espresso dalla Commissione edilizia in data
23.9.1998), cui seguiva la sottoscrizione in data 27.11.1998 di "atto
d'obbligo', con il quale  il  Balducci  s'impegnava  a  destinare  ad
esclusivo  uso  agricolo,  unitamente  alle  pertinenze,  presenti  e
future, l'appezzamento di terreno in questione  e  a  mantenere  tale
destinazione agricola  per  anni  dieci  a  partire  dalla  data  del
rilascio del certificato di abitabilita' o agibilita' del  costruendo
fabbricato, ai sensi dell'art. 70, legge regionale n. 18 del 1983; in
virtu' di tale provvedimento autorizzatorio  veniva  realizzato  (con
data inizio dei lavori 19.1.1999) un fabbricato principale -  le  cui
caratteristiche   strutturati    e    di    abitabilita'    risultano
esaustivamente documentate dalle fotografie formate dagli  agenti  di
p.g. in  occasione  del  sopralluogo  eseguito  in  data  9.8.2010  -
destinato  a  residenza  dell'imputato  e  costituito,   secondo   le
previsioni progettuali, da 'un piano seminterrato adibito a  cantina,
da un piano terra adibito  a  rimessa  attrezzi,  garage,  magazzino,
ripostiglio, lavatoio e cucina, soggiorno e wc'; 
        c) con successivo provvedimento ex art. 13, legge  n.  47/85,
n. 2117/A del 22.2.2000 (di  accoglimento  della  relativa  richiesta
avanzata dal Balducci in  data  10.11.1999)  veniva  autorizzata  una
prima 'variante alla concessione edilizia  n.  2117  del  24.11.1998'
avente  ad  oggetto  le  opere  edilizie  dettagliatamente  descritte
nell'allegata relazione tecnica  a  firma  del  progettista/direttore
lavori   arch.   Candelori,   con   particolare   riferimento    alla
realizzazione, sull'ala ovest, di un 'corpo annesso'  distante  circa
20 mt. da quello principale (destinato a garage e rimessa attrezzi); 
        d) con successivo provvedimento n. 2117/B del  12.4.2001  (di
accoglimento della relativa richiesta  avanzata  in  data  13.7.2000)
veniva autorizzata una seconda 'variante' alla  predetta  concessione
edilizia  n.  2117  del  24.11.1998,  avente  ad  oggetto   ulteriori
modifiche strutturali del fabbricato principale (v. relazione tecnica
di accompagnamento del progetto); 
        e) con successivo provvedimento n. 2117/C  del  11.6.2002  (a
seguito  della  richiesta  avanzata   in   data   22.5.2001)   veniva
autorizzata una terza 'variante' rispetto all'originaria  concessione
edilizia, avente ad oggetto  sostanziali  modifiche  strutturali  del
'corpo annesso' al fabbricato principale, con  realizzazione  di  due
'corpi destinati a rimessa attrezzi e magazzino distaccati, ma  uniti
da  una  copertura  a  doppia  falda,  con  andamento  a  "L"  e  con
caratteristica  tipologica  propria  dei   fabbricati   rurali'   (v.
relazione tecnica di accompagnamento); 
        f) in accoglimento della domanda presentata dal  Balducci  in
data 10.12.2004, ai sensi dell'art. 32, comma 25,  del  decreto-legge
n. 269  del  2003  (conv.  dalla  legge  n.  326  del  2003),  veniva
rilasciato in data 30.9.2011 titolo abilitativo  in  sanatoria  delle
opere  edilizie  realizzate  in  totale  difformita'   dal   progetto
approvato con la citata concessione edilizia n. 2117  del  24.11.1998
(e successive varianti), consistite 'in aumenti sia della  superficie
utile, mediante tamponatura parziale di una  porzione  del  piano  1°
prevista a terrazza, ampliamento del corpo  di  fabbrica  adibito  ad
annessi rustici nonche' realizzazione di un secondo corpo di fabbrica
monopiano  ad  uso  annessi  rustici  completo  ex  novo,  sia  della
volumetria edificabile a seguito dell'incremento delle superfici come
sopra menzionato ed altresi' il mutamento parziale della destinazione
d'uso della zona di piano terra destinata a locali aziendali in  vani
abitativi'; 
        g) con D.I.A. presentata in data 3.6.2005, ai sensi e per gli
effetti di cui  agli  artt.  22  e  23  d.P.R.  380/01,  il  Balducci
comunicava la realizzazione (completata il 29.12.2005) di 'un muro di
sostegno e di una piscina scoperta'  su  parte  della  corte  esterna
annessa  al  fabbricato   (oggetto   di   positiva   valutazione   di
compatibilita' paesaggistica, ex art. 159, d.lgs. n. 42/2004 e  legge
regionale n. 2 del 2003, nel provvedimento di 'nulla-osta' rilasciato
in data 24.8.2005 dal responsabile Area  urbanistica  del  Comune  di
Pineto); 
        h) infine,  in  assenza  di  qualsiasi  titolo  autorizzativo
(anche in sanatoria) veniva realizzato un autonomo locale  adibito  a
lavanderia su una superficie di circa 15 mq ed altezza variabile  tra
2,30 in e 2,85 m, ubicato a nord del fabbricato principale. 
2. La configurabilita' e l'accertamento del  reato  di  lottizzazione
(materiale) abusiva. 
    Accertata    nella    sua    materialita'    la     realizzazione
cronologicamente frazionata delle opere  edilizie  sopra  richiamate,
ritiene questo giudice che la stessa - valutata  in  una  prospettiva
edificatoria 'unitaria' sottesa alla condotta complessivamente  posta
in  essere  dall'imputato  -  abbia  offerto  ragionevole  fondamento
fattuale e giuridico all'ipotesi accusatoria addebitata al  capo  b),
incentrata sul richiamo della fattispecie criminosa punita  dall'art.
44, comma 1, lett. c) d.P.R. 380/01; potendosi, invero, affermare che
attraverso l'acquisto del terreno e la realizzazione in zona agricola
del fabbricato principale e  delle  plurime  opere  prospettate  come
'pertinenziali', compresa la piscina (anch'essa solo  'cartolarmente'
di  tipologia  rurale),  l'imputato  ha  attuato  una   (programmata)
attivita'  di  lottizzazione  illecita,   alterando   di   fatto   la
destinazione  urbanistica  ed   edilizia   dell'area,   materialmente
trasformandola da "Zona agricola normale - sottozona E1" (secondo  la
classificazione del vigente Piano regolatore generale del  Comune  di
Pineto) in zona a vocazione residenziale, in contrasto con la  citata
scelta di pianificazione urbanistica  approvata  dall'amministrazione
comunale. In particolare, il profilo di illiceita' penale che secondo
l'impostazione  accusatoria  connota  la  condotta  posta  in  essere
dall'imputato risulta incentrato sulla portata applicativa  dell'art.
32 della N.T.A., il cui inequivocabile tenore  letterale  non  lascia
alcun     ragionevole     spazio     interpretativo     nel     senso
dell'inammissibilita' di  interventi  edilizi  su  terreni  ricadenti
nella "Zona agricola normale - sottozona  E1"  di  carattere  (e  con
destinazione) esclusivamente residenziale, come  quelli  in  concreto
realizzati dall'imputato. Ed invero, a norma del citato art.  32  (in
sostanziale conformita' con quanto previsto dagli artt. 70, 71 e  72,
legge regionale 12.4.1983, n. 18 e dall'art. 24 del N.T.A. del  Piano
territoriale Provincia di Teramo adottato con delibera del 18.12.1998
e definitivamente approvato con delibera n. 20 del 30.3.2001),  nella
"Sottozona E1" erano 'consentite esclusivamente  opere,  impianti  ed
edifici necessari alla conduzione agricola, alla prima trasformazione
dei  prodotti  agricoli,  cigli  allevamenti  industriali   ed   alla
residenza. In particolare: 
        a) costruzioni inerenti  alla  conduzione  del  fondo,  quali
abitazioni, stalle, porcilaie, silos, serbatoi idrici,  ricoveri  per
macchine agricole, ecc.; 
        b) costruzioni adibite alla conservazione e trasformazione di
prodotti  agricoli,  annesse  ad  aziende   agricole   che   lavorino
prevalentemente prodotti propri, ovvero svolte in sociale; 
        c) allevamenti industriali di bovini, equini,  suini,  ovini,
polli, animali da pelliccia ed altri. In tale zona l'edificazione  e'
attuata attraverso l'interveto diretto; la  concessione  edilizia  e'
rilasciata esclusivamente ai seguenti soggetti singoli  o  associati:
imprenditori a titolo principale;  proprietari  coltivatori  diretti;
proprietari   conduttori   in   economia;   proprietari   concedenti;
affittuari e mezzadri che abbiano acquisito il diritto di sostituirsi
al proprietario nell'esecuzione delle opere'. 
    Risulta di palmare evidenza come  tale  contesto  'normativo'  di
pianificazione urbanistica risultasse ancorato (trovando  la  propria
chiave  di  lettura)  al  concetto  di  "unita'  aziendale  agricola"
riferita all'intera estensione  di  fondi  rustici  facenti  capo  ad
un'unica  proprieta'  (anche  se  non  contigui),  sulla  quale   era
possibile edificare un solo fabbricato rurale necessario a soddisfare
le esigenze della famiglia coltivatrice; area asservita al fabbricato
e  capace  di  contenerne  la  volumetria   residenziale.   Da   tale
impostazione di fondo deriva  quale  fondamentale  corollario  -  del
resto chiaramente desumibile dalla disciplina dettata in  materia  di
edificazione in zona agricola sia a livello nazionale  (legge  10/77)
che regionale (Titolo VII legge regionale 18/83) e provinciale  (art.
24, N.T.A. del Piano territoriale provinciale)  -  che  la  residenza
rurale e  l'unita'  minima  aziendale  vanno  a  costituire  ununicum
inscindibile e non frazionabile, di guisa che la realizzazione di  un
manufatto residenziale funzionale alla conduzione del fondo sostanzia
un nesso di dipendenza tra manufatto stesso e coltivazione del fondo:
collegamento  funzionale  che  attraverso  la   realizzazione   della
tipologia  delle  opere  edilizie  per  cui  e'  processo  -   e   la
consequenziale concreta destinazione urbanistica  'residenziale'  del
terreno - il Balducci (soggetto  privo  'a  monte'  della  necessaria
qualifica soggettiva) ha  abusivamente  snaturato,  travalicando  con
tale condotta i limiti di illiceita' penale di un mero abuso edilizio
ed integrando i piu' gravi profili di offensivita' del bene giuridico
tutelato dalla fattispecie  criminosa  di  lottizzazione  (materiale)
abusiva. 
    In  tale  prospettiva  appare  pertinente   il   richiamo   della
consolidata opzione interpretativa della Suprema Corte (cfr.  fra  le
tante: Cass. 19.4.2011, n.  15605)  laddove  evidenzia  che  il  bene
giuridico protetto dall'art. 30 del d.P.R. 380/01 e' non solo  quello
dell'ordinata pianificazione  urbanistica  e  del  corretto  uso  del
territorio, ma anche (e soprattutto)  quello  relativo  all'effettivo
controllo del territorio da parte del soggetto titolare della  stessa
funzione di pianificazione, al quale spetta di vigilare sul  rispetto
delle vigenti prescrizioni urbanistiche,  con  conseguente  legittima
repressione  di  qualsiasi  intervento  di  tipo  lottizzatorio,  non
previamente assentito. 
    Puo' dirsi, quindi, che in generale  il  reato  di  lottizzazione
abusiva si configura  attraverso  la  trasformazione  urbanistica  ed
edilizia del territorio in  violazione  delle  prescrizioni  espresse
dagli  strumenti  urbanistici   e   delle   leggi,   anche   mediante
l'esecuzione di opere autorizzate (Cass. 26 giugno 2009,  n.  26586).
In particolare, quando (come nella fattispecie per cui  e'  processo)
la  realizzazione  dell'intervento  edilizio  e'   finalizzata   alla
conduzione del fondo in ragione della sua destinazione  agricola,  e'
al  dato  essenziale   dell'oggettiva   correlazione   tra   immobile
realizzato  e  conduzione  del  fondo  che  deve  farsi  riferimento,
prescindendo perfino dalle condizioni soggettive di chi  richiede  il
titolo abilitativo. In altri termini, cio' che effettivamente  rileva
e' l'esistenza di  un'effettiva  relazione  diretta  tra  edificio  e
conduzione del fondo, con la  conseguenza  che  l'eventuale  possesso
delle qualifiche di imprenditore agricolo o  di  coltivatore  diretto
(nella specie, e' bene ribadirlo, comunque non  sussistenti  in  capo
all'imputato) e' indifferente allorquando un terreno  agricolo  venga
predisposto alla realizzazione di piu'  edifici  aventi  destinazione
residenziale, snaturandone l'originaria vocazione  agricola;  essendo
in tali casi l'attivita'  edificatoria  solo  fittiziamente  connessa
alla coltivazione ed allo sfruttamento  produttivo  del  fondo  (cfr.
Cass.  14.12.2011,  n.  46343;  Cass.  24.5.2012,  n.  19653;   Cass.
9.3.2012, n. 9369;  Cass.  8  ottobre  2009,  n.  39078  nonche',  in
generale, nella ritenuta ragionevolezza e legittimita' costituzionale
dei 'limiti' di edificabilita' in  zona  a  destinazione  urbanistica
agricola: Corte cost. 23.6.1988, n. 709). 
    Tale rilievo fattuale, a ben vedere, nel caso di  specie  riveste
rilevanza assorbente rispetto alla  connessa  questione  (oggetto  di
contestazione al capo A di imputazione e sulla quale ha indugiato  la
difesa nel corso  dell'istruttoria  dibattimentale,  richiamando  sul
punto le valutazioni espresse dal  proprio  consulente  tecnico  ing.
Cameli)  attinente  alla  formale  legittimita'  del  rilascio  della
concessione edilizia  n.  2117  del  24.11.1998,  allorquando  doveva
ritenersi  gia'   operativo   il   (piu'   restrittivo)   regime   di
differenziazione dell'entita' della superficie minima di intervento e
dell'indice di fabbricabilita' fondiaria, rispettivamente,  aumentata
a 30.000 mq e ridotto a 0,033 mc/mq (di cui un massimo di 0,01  mc/mq
utilizzabile per la residenza), previsto per i  soggetti  richiedenti
(come il Balducci) non in possesso delle qualifiche  di  'coltivatore
diretto  proprietario,  coltivatore  diretto  affittuario,  mezzadro,
colono che abbia acquisito il diritto di sostituirsi al  proprietario
nell'esecuzione  delle  opere,   imprenditore   agricolo   a   titolo
principale ai sensi dell'art. 4 della legge  regionale  2.3.1979,  n.
12, e la cui proprieta' dei terreni da asservire alle costruzioni sia
pervenuta successivamente  al  31.12.1992',  come  stabilito  con  la
modifica del citato  art.  32,  N.T.A.  approvata  con  delibera  del
Consiglio comunale n. 63  del  6.10.1998,  (3)  successivamente  alla
presentazione della domanda di  concessione  (di  fatto  volturata  a
beneficio dell'imputato,  divenuto  nel  frattempo  proprietario  del
terreno), ma in epoca antecedente al formale  rilascio  della  citata
concessione  n.  2117  del  24.11.1998;  e  cio'  al  di  la'   della
legittimita' ed efficacia della deroga  'transitoria'  alle  generali
norme di salvaguardia urbanistica pur  espressamente  prevista  nella
citata delibera ('le  istanze  di  concessione  edilizia  nelle  zone
interessate alla variante  adottata  presentate  alla  data  odierna,
complete di  documenti  e  che  hanno  gia'  ottenuto  il  prescritto
nulla-osta regionale relativo al vincolo paesistico,  nonche'  quelle
gia' presentate alla data odierna che saranno integrate entro  e  non
oltre la data del 5 novembre 1998, sono fatte salve dall'applicazione
delle misure  di  salvaguardia  e,  pertanto,  sono  sottoposte  alla
normativa previgente'). 
    In tale ottica argomentativa alcuna efficacia 'scriminante'(anche
sotto  il  profilo  del  riscontro  della  sussistenza  dell'elemento
soggettivo  richiesto  per   la   configurabilita'   del   reato   di
lottizzazione  abusiva)  puo'  riconoscersi   all'avvenuto   rilascio
dell'originario titolo abilitativo  del  24.11.1998  ed  ai  connessi
provvedimenti autorizzativi riferiti alle diverse varianti  in  corso
d'opera presentate dal Balducci, da ritenersi essi stessi (per quanto
sopra evidenziato in  ordine  alla  reale  ambito  applicativo  delle
previsioni del P.R.G. e delle N.T.A., interpretate  alla  luce  delle
tassative ed inequivocabili norme  della  legislazione  regionale  in
materia di costruzioni in zona agricola) non completamente immuni  da
profili di illegittimita' amministrativa, (4) dovendosi in ogni  caso
ragionevolmente escludersi in capo all'imputato la sussistenza di  un
atteggiamento  di  'buona  fede'  e/o  di   incolpevole   affidamento
sull'operato  degli   organi   comunali   competenti;   e   cio'   in
considerazione  del  macroscopico  contrasto  tra  la  tipologia   di
intervento  edilizio  astrattamente  consentita  dagli  strumenti  di
pianificazione  urbanistica  e  quella  in  concreto  realizzata  dal
Balducci,  nella  specie   ulteriormente   qualificata,   sul   piano
dell'elemento soggettivo richiesto per l'integrazione  del  reato  di
cui all'art. 44, lett. e) d.P.R. 380/01, sia dal mancato possesso  da
parte dell'imputato (agente  immobiliare)  di  una  delle  qualifiche
soggettive tassativamente richieste dall'art. 32  N.T.A.  vigente  al
momento della presentazione della domanda di concessione edilizia  (e
prima dell'entrata in vigore della  variante  parziale  adottata  con
delibera  del  Consiglio  comunale  n.   63   del   6.10.1998),   sia
dall'atteggiamento di  'riserva  mentale',  riguardo  all'obbligo  di
reale asservimento del costruendo fabbricato alle esigenze 'agricole'
del terreno, che risulta aver animato sin dall'inizio la  complessiva
condotta posta in essere dal  Balducci  (nel  senso  del  superamento
della classificazione del reato di lottizzazione abusiva  come  reato
eminentemente doloso e,  quindi,  della  rilevanza  di  atteggiamenti
psicologici anche nella forma colposa: cfr. Cass. 13 ottobre 2004, n.
39916; Cass. 12 ottobre 2005, n.  36940;  Cass.  7  aprile  2008,  n.
14326; Cass. 5 marzo 2008, n. 9982; Cass. 2 ottobre 2008,  n.  37472;
Cass. 8 ottobre 2009, n.  39078  cit.).  Ne',  sotto  il  profilo  in
parola, alcun concreto spazio operativo puo' riconoscersi al criterio
dell'ignoranza inevitabile teorizzato nella sentenza n. 364/1988  del
Giudice delle leggi, sulla base dell'assorbente rilievo argomentativo
(nel caso di  specie  fondato  sui  sopra  richiamati  dati  fattuali
oggettivamente   accertati)   della   impossibilita'   di   'scusare'
l'esecutore di opere che incidono sul tessuto urbanistico,  al  quale
possa rimproverarsi l'omessa verifica della conformita'  delle  opere
stesse alle norme urbanistiche delle quali e' presunta la conoscenza,
ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 5 c.p. 
3. L'estinzione del reato per intervenuta prescrizione. 
    Accertata la sussistenza degli  elementi  costitutivi  del  reato
addebitato   all'imputato,   deve   evidenziarsi   come   l'attivita'
lottizzatoria del terreno (acquistato dal Balducci con atto  notarile
del 28.9.1998), iniziata di fatto alcuni mesi dopo con la costruzione
del  fabbricato  principale,  risulti  proseguita  -  ancorche'   con
condotte edificatorie frazionate  nel  tempo,  ma  da  valutarsi  (in
sintonia con la natura permanente del reato) in maniera  unitaria  in
quanto  funzionalmente  collegate  al  predetto  iniziale  e  abusivo
intervento edilizio principale  (cfr.  Cass.  13.11.2013,  n.  45598;
Cass. 2.3.2010, n. 8172; Cass. 9.9.2009, n. 34876) -  a  seguito  del
rilascio delle concessioni relative alle varianti  in  corso  d'opera
presentate dall'imputato (analiticamente richiamate  in  premessa)  e
della d.i.a.  relativa  alla  realizzazione  ('autocertificata'  come
ultimata in  data  29.12.2005)  della  piscina,  illegittime  perche'
inerenti ad una persistente, ma ignorata, lottizzazione materiale.  E
tale illegittimita' non puo' non ritenersi estesa al provvedimento di
condono, ex art.  32  del  decreto-legge  n.  269/03,  specificamente
riferito agli interventi edilizi abusivi asseritamente ultimati entro
il 31.3.2003, con esclusione in ogni caso  della  successiva  abusiva
costruzione (anch'essa attuativa del piu' ampio  programma  criminoso
lottizzatorio  ideato   dall'imputato)   del   locale   destinato   a
lavanderia: intervento  edilizio  quest'ultimo  la  cui  ultimazione,
sulla base degli elementi fattuali e documentali acquisiti -  la  cui
valenza   probatoria   non   risulta   essere   stata   adeguatamente
neutralizzata da alcuna  specifica  allegazione  contraria  da  parte
della difesa (cfr. Cass. 3.11.2011,  n.  39733;  Cass.  7.5.2009,  n.
19082; Cass, 11.10.2000, n. 10585) - puo' ragionevolmente  collocarsi
entro  il  31.12.2007,  individuando  tale  arco  temporale  il  dato
fattuale cui  ancorare  (in  termini  piu'  riduttivi  rispetto  alla
generica ed apodittica delimitazione dell'ipotesi  accusatoria'  fino
ad   epoca   successiva   al   31.12.20079   la   cessazione    della
('progressiva') attivita' edificatoria illecitamente posta in  essere
dall'imputato e,  quindi,  la  data  di  consumazione  del  reato  di
lottizzazione abusiva. (5) In particolare,  alla  stregua  di  quanto
riferito  dal  teste  Baracchini  Mariano  (agente  di  p.g.   autore
dell'attivita'  di  indagine  delegata  dal   p.m.,   culminata   nel
sopralluogo eseguito, alla presenza dell'imputato, in data  9.8.2010)
e di  quanto  documentato  dai  fotogrammi  relativi  al  volo  aereo
eseguito dalla'struttura speciale di supporto'della Regione  Abruzzo,
puo' ritenersi accertato che alla data del 30.6.2007  la  costruzione
di uno dei locali annessi al  fabbricato  principale  non  era  stata
ancora ultimata; essendo rimasto per  contro  -  in  una  prospettiva
favorevole all'imputato (cfr. Cass. 27.6.2012, n. 25361) -  privo  di
qualsiasi riscontro fattuale/probatorio il  compimento  di  ulteriori
attivita' edilizie abusive in epoca successiva al 31.12.2007. 
    Cosi' individuata la data di consumazione di entrambe le condotte
criminose distintamente addebitate nei capi a) e b)  di  imputazione,
s'impone l'immediato ed assorbente rilievo  dell'avvenuta  estinzione
delle condotte medesime per intervenuta prescrizione. Ed  invero,  in
relazione al titolo dei reati contestati -  e  con  riferimento  alla
predetta data di 'consumazione'  del  31.12.2007  (tenuto  conto  del
periodo di sospensione di giorni 62, ex art. 159 c.p.,  ricollegabile
al rinvio  dell'udienza  del  21.3.2012  a  causa  dell'adesione  del
difensore  all'astensione  dalle  udienze  deliberata  dall'Organismo
Unitario dell'Avvocatura), il termine massimo di prescrizione di anni
5 (ai sensi del combinato disposto degli artt. 157, comma  1  e  161,
comma 2 c.p.) (6) risulta decorso in data 3.3.2013. 
4. La confiscabilita' del terreno  abusivamente  lottizzato  e  delle
opere edilizie abusivamente realizzate. 
    Alla concretezza ed attualita' della predetta evenienza decisoria
in termini  di  (immediato)  proscioglimento  processuale  (art.  531
c.p.p.)  (7)   fondata   sulla   valutazione   (secondo   gli   snodi
argomentativi essenziali sopra evidenziati) degli elementi  probatori
acquisiti nel  contraddittorio  dibattimentale  -  risulta  correlato
l'altrettanto  concreto  obbligo  in  capo  a  questo  giudicante  di
disporre la confisca del terreno e  delle  opere  edilizie/corpo  del
reato di lottizzazione  abusiva  accertato  in  punto  di  fatto  nei
confronti dell'imputato, ai sensi del comma  2  dell'art.  44  d.P.R.
380/01.  Dispone,  infatti,  la  disposizione  normativa   in   esame
('topograficamente' collocata nell'unitaria  struttura  dell'art.  44
relativo alle 'Sanzioni penali, in piena  continuita'  normativa  con
l'art. 19 della legge n.  47/85)  che  «La  sentenza  definitiva  del
giudice penale che accerta che vi  e'  stata  lottizzazione  abusiva,
dispone la confisca dei  terreni,  abusivamente  lottizzati  e  delle
opere abusivamente costruite. Per effetto della  confisca  i  terreni
sono acquisiti di diritto e gratuitamente al  patrimonio  del  comune
nel  cui  territorio  e'  avvenuta  la  lottizzazione.  La   sentenza
definitiva e' titolo  per  la  immediata  trascrizione  nei  registri
immobiliari». 
    Ed invero, l'applicabilita' nel caso di  specie  della  norma  in
parola   trova   sul   piano   astratto   il    proprio    fondamento
nell'inquadramento dogmatico-ricostruttivo di tale  ipotesi  speciale
di confisca obbligatoria quale sanzione amministrativa  irrogata  dal
giudice penale (cfr. Corte cost. n. 187/1998), pur nell'ambito di  un
inevitabile coordinamento applicativo  con  l'ordine  di  demolizione
previsto dall'art. 31, ultimo comma, d.P.R. n. 380/2001 (cfr. in  tal
senso: Cass. 8 novembre 2000,  Petrachi;  Cass.  7  luglio  2004,  n.
38728; Cass. 22 settembre 2009, n. 36844). Cio' Premesso, non  appare
superfluo osservare come la  ritenuta  applicabilita'  dell'art.  44,
comma 2, d.P.R. 380/01 alla fattispecie concreta risulti ancorata non
solo al riscontro da parte di questo giudice  della  sussistenza  dei
presupposti sostanziali e processuali  normativamente  richiesti,  ma
anche,  specularmente,  all'inesistenza   di   eventuali   condizioni
ostative   individuate   dall'elaborazione   sia   dottrinaria    che
giurisprudenziale in materia. Sotto tale profilo  rilevanza  decisiva
riveste la gia' evidenziata collocazione temporale della scadenza del
termine di  prescrizione  del  reato  in  epoca  comunque  successiva
all'esercizio  dell'azione  penale,  quale  limite   intrinseco   del
potere/dovere di 'accertamento' in sede giurisdizionale penale  degli
elementi costitutivi del reato di lottizzazione abusiva,  secondo  la
sopra   richiamata   opzione   interpretativa   consolidatasi   nella
giurisprudenza di legittimita'  (incidentalmente  avallata  da  Corte
cost. n. 85/2008) ritenuto compatibile con la struttura motivazionale
di una pronuncia di proscioglimento ex art. 531 c.p.p. (cfr. Cass. 16
febbraio 2011, n. 5857; Cass. 24 luglio 2009, n. 30933). Al riguardo,
e'  appena  il   caso   di   evidenziare   che   (anche   a   seguito
dell'instaurazione   del   presente   procedimento   penale)    alcun
provvedimento  sanzionatorio  di  acquisizione  dell'area  ai   sensi
dell'art. 30, comma  8,  d.P.R.  n.  380/2001  risulta  essere  stato
autonomamente  adottato  dalla  competente  Autorita'  amministrativa
comunale; al pari dell'eventuale adozione di  un  piano  di  recupero
urbanistico  dell'area  'materialmente'  ed  abusivamente  lottizzata
dall'imputato (cfr. Cass. 29.12.2005,  n.  47272;  Cass.  13  ottobre
2004, n. 39916; Cass. 5 luglio 2006, n. 23154). In tale prospettiva -
ispirata ai principi  di  proporzionalita'  (art.  1  del  Protocollo
addizionale n. 1 della Convenzione per la  salvaguardia  dei  diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre
1950, ai quali e' stata data esecuzione  con  la  legge  di  ratifica
4.8.1955, n. 848) e di equo bilanciamento tra le esigenze  di  tutela
penale (presidiate dalla tassativa previsione dell'art. 44, comma  2,
d.P.R.  380/01)  ed  il  sacrificio  degli   interessi   patrimoniali
dell'imputato correlati all'eventuale confisca  anche  dei  manufatti
edilizi  residenziali  abusivamente  realizzati  -  alcuna  efficacia
'sanante' e preclusiva (al di la'  dei  gia'  evidenziati  assorbenti
profili  di  illegittimita'   sostanziale)   puo'   riconoscersi   al
provvedimento di condono  rilasciato  in  data  30.9.2011,  ai  sensi
dell'art. 32, comma 25, decreto-legge n. 269 del  2003  (conv.  dalla
legge n. 326 del 2003), in quanto oggettivamente limitato  alle  sole
opere edilizie di 'ampliamento' e non gia' al complessivo  intervento
edilizio lottizzatorio, e comunque non legittimato da una piu'  ampia
e necessaria valutazione globale dell'attivita' lottizzatoria secondo
i parametri previsti dagli artt. 29, comma 3 e 35,  comma  13,  della
legge n. 47/1985 (cfr. Corte cost. n. 107/1989; Cass.  13.7.2009,  n.
28532).  Ne'  puo'  ritenersi  'condizione'  ostativa   all'eventuale
provvedimento ablativo in questione il mancato preventivo  sequestro,
nell'ambito  del  presente  procedimento,  dell'area  e  delle  opere
edilizie/corpo di reato (cfr. in tal senso: Cass. 15  febbraio  1994,
n. 5617; Cass. 15.4.2013, n.  17066  secondo  cui  la  confisca  puo'
essere ordinata anche  in  assenza  di  un  precedente  provvedimento
cautelare di sequestro, sempreche' sussistano norme che la consentano
od impongano, a prescindere dall'eventualita' che, per  l'assenza  di
precedente tempestiva cautela reale, il provvedimento ablativo  della
proprieta' non riesca a conseguire gli effetti concreti che gli  sono
propri). 
    Fatta  questa  doverosa  premessa  in  punto   di   fatto,   deve
evidenziarsi che risulta ormai consolidato il  principio  di  diritto
secondo il quale "per disporre la confisca prevista dall'art. 44,  2°
comma del T.U. n. 380/2001  (e  precedentemente  dall'art.  19  della
legge n. 47/1985), il soggetto proprietario della res non deve essere
necessariamente condannato, in quanto detta sanzione ben puo'  essere
disposta allorquando sia stata comunque accertata la sussistenza  del
reato di lottizzazione abusiva in tutti i suoi  elementi  (soggettivo
ed oggettivo) anche se per una causa diversa, quale e',  ad  esempio,
l'intervenuto  decorso  della  prescrizione,  non  si  pervenga  alla
condanna del suo autore ed all'inflizione della pena"  (cfr.  fra  le
tante: Cass. 20 maggio 2009, n. 21188). In realta', e'  noto  che  le
predette coordinate interpretative rappresentano l'approdo finale  di
un percorso nomofilattico intrapreso dalla Suprema Corte  (a  partire
da Cass. 24.10.08, n. 42741) nel difficile 'dialogo'  aperto  con  la
Corte europea dei diritti dell'uomo, ancorche' di fatto imposto -  in
via generale (sentenze n.  348  e  349  del  2007)  e  con  specifico
riferimento alla confisca urbanistica (sentenza n. 239  del  2009)  -
dal  Giudice  delle  leggi;  percorso  finalizzato  a  disegnare   un
rinnovato assetto interpretativo in linea con  i  principi  affermati
nelle sentenze  pronunziate  dalla  Corte  EDU  il  30.8.2007  ed  il
20.1.2009 (ricorso n. 75909/01 proposto contro l'Italia dalla  S.r.l.
"Sud Fondi" ed altri). 
    Ed  invero,  per  quel  che  rileva  nell'economia  del  presente
incidente  di  costituzionalita',   l'evoluzione   di   tale   sforzo
interpretativo in chiave convenzionalmente 'conformativa' - assurto a
«diritto vivente» sulla questione (anche sotto il  profilo  specifico
della ritenuta legittimita' costituzionale  dell'art.  44,  comma  2,
d.P.R. 380/01, in piu' occasioni sottoposta al vaglio  della  Suprema
Corte) - risulta efficacemente illustrata nelle recente  sentenza  n.
17066/13, della quale appare  opportuno  riportare,  testualmente,  i
piu' significativi passaggi argomentativi:  "Va  Premesso  che  nella
specie non si  ravvisano  ragioni  per  discostarsi  dal  consolidato
indirizzo  interpretativo  secondo  il  quale  la  confisca  prevista
dall'art. 44, comma  2,  d.P.R.  n.  380  del  2001  costituisce  una
sanzione, definita da questa stessa Corte  come  amministrativa,  che
deve  essere  obbligatoriamente  applicata  dal  giudice  penale  che
accerti   la    sussistenza    di    una    lottizzazione    abusiva,
indipendentemente da una pronuncia di condanna  (da  ultimo,  tra  le
altre, sez. 3, n. 21188 del 30 aprile 2009; sez. 3, n. 39078  del  13
luglio 2009; sez. 3, n. 9982 del 21 novembre 2007; sez.  3,  n.  6396
del 07 novembre 2006; sez. 3 n. 37086 del 07 luglio 2004). L'art. 44,
comma 2, del d.P.R.  n.  380  del  2001,  analogamente  a  quanto  in
precedenza disponeva l'art. 19 della legge n. 47 del  1985,  prevede,
infatti, che «la sentenza definitiva del giudice penale  che  accerta
che vi e' stata lottizzazione abusiva dispone la confisca dei terreni
abusivamente lottizzati e delle  opere  abusivamente  costruite.  Per
effetto  della  confisca  i  terreni  sono  acquisiti  di  diritto  e
gratuitamente al patrimonio del Comune nel cui territorio e' avvenuta
la lottizzazione. La sentenza definitiva e' titolo per  la  immediata
trascrizione   nei    registri    immobiliari»,    cosi'    lasciando
inequivocabilmente intendere non essere necessaria  una  sentenza  di
condanna quale presupposto della confisca  (si  veda  del  resto,  in
proposito,  la  significativa  differenza  di  formulazione  rispetto
all'art. 31 dello stesso d.P.R. in tema di demolizione del  manufatto
abusivo, ove espressamente si menziona la "sentenza di condanna"), ma
unicamente l'intervenuto effettivo accertamento della sussistenza  di
una condotta di lottizzazione. Anche la legge comunitaria 25 febbraio
2008, n. 34 (nella parte recante la delega  a  dare  attuazione  alla
decisione-quadro del Consiglio dell'Unione Europea  2005/212/GAI  del
24.2.2005, relativa alla confisca di beni, strumenti e  proventi  del
reato) prevede, all'art. 31, lett.  b),  n.  2)  la  possibilita'  di
confisca obbligatoria anche «nel caso dl proscioglimento per mancanza
di imputabilita' o per estinzione di un reato, la cui  esistenza  sia
accertata con la sentenza che conclude il giudizio  dibattimentale  o
abbreviato», demandando comunque alla emananda disciplina delegata la
necessita' di prevedere (art. 31, lett.  g)  che  «in  ogni  caso  la
confisca non pregiudichi i diritti dei terzi in buona fede sulle cose
che ne sono oggetto». Ne'  la  Corte  EDU  ha  mai  affermato,  nelle
pronunce che hanno esaminato la questione, che presupposto necessario
per disporre la confisca in esame sia una pronuncia di  condanna  del
soggetto  al  quale  la  res  appartiene,  avendo  invece  la  stessa
sottolineato un diverso aspetto, ovvero la sussistenza del necessario
riscontro, quanto meno, di profili di colpa (anche sotto gli  aspetti
dell'imprudenza, della negligenza e del difetto di  vigilanza)  nella
condotta dei soggetti sul cui patrimonio la misura viene ad incidere.
In particolare la Corte ha rilevato che una corretta  interpretazione
dell'art. 7 della Convenzione EDU < < esige, per punire, un legame di
natura intellettuale (coscienza e volonta') che permetta di  rilevare
un elemento di responsabilita' nella condotta  dell'autore  materiale
del   reato»   (vedi   in   particolare   le   sentenze   pronunziate
rispettivamente il 30.8.2007 ed il 20.1.2009 nel ricorso n.  75909/01
proposto contro l'Italia dalla S.r.l. "Sud Fondi" ed altri), giacche'
l'irrogazione di una "pena" senza che sia stata stabilita l'esistenza
di dolo o colpa dei destinatari di essa, costituisce infrazione dello
stesso art. 7. Va dunque ribadito, a conclusione  di  tale  premessa,
che per disporre la confisca prevista dal'art. 44 cit. e'  necessario
che sia accertata la sussistenza del reato di  lottizzazione  abusiva
in tutti i suoi elementi, soggettivo ed oggettivo, anche se  per  una
causa diversa, quale e',  ad  esempio,  l'intervenuto  decorso  della
prescrizione, non si pervenga alla condanna del  suo  autore,  ed  e'
necessario, altresi', che sia riscontrata una partecipazione,  quanto
meno colpevole, alla stessa dei soggetti nei confronti dei  quali  la
sanzione venga adottata, dovendo di cio' darsi conto,  da  parte  dei
giudici di merito, con motivazione adeguata. Cio' posto, ai fini  del
rispetto del principio di cui all'art. 7 della  Convenzione  EDU,  la
cui  rilevanza  "filtra"  nell'ordinamento  interno  per  il  tramite
dell'art. 117, comma 1, cost. (cfr. sentenze della Corte cost. n. 348
e 349 del 2007),  puo'  affermarsi  essere  rilevante  non  tanto  la
"denominazione" che alla confisca in questione si voglia  attribuire,
se cioe' di pena o, piuttosto, come appunto  costantemente  enunciato
da questa Corte, con l'avallo anche della Corte costituzionale (sent.
n. 239 del 2009), di sanzione amministrativa (cfr. sez. 3,  n.  42741
del 24 ottobre 2008; sez. 3, n. 1966 del 05 dicembre 2001; sez. 3, n.
12999 del 09 novembre 2000;  sez.  3,  n.  41757  del  2004),  quanto
piuttosto,  alla  luce  dei  pronunciamenti  della  Corte   EDU,   la
necessaria sussistenza, nella sostanza, in ragione dei  caratteri  di
accessibilita' del precetto racchiuso nella norma e di prevedibilita'
delle conseguenze giuridiche  derivanti  dalla  sua  violazione,  dei
presupposti appena sopra richiamati. Cio'  che  conta  e',  in  altri
termini, che, al di la'  della  finalita'  che  alla  sanzione  della
confisca voglia riconnettersi (se, cioe', prevalentemente  afflittivi
o preventiva), la  responsabilita'  dell'imputato  che  sia  altresi'
stato destinatario della sanzione  sia  stata  fatta  oggetto  di  un
accertamento  che  abbia,  appunto,  consentito  di   verificare   la
sussistenza di detti requisiti,  imprescindibili  per  l'operativita'
della misura ablatoria. Allo stesso tempo, e' intuibile come un ruolo
determinante sia altresi' rivestito dalle modalita' con le quali  una
tale verifica sia posta in essere giacche' solo un  accertamento  che
sia  condotto  sulla  base  di  tutte  le  risultanze  dibattimentali
disponibili e nel contraddittorio con l'imputato nella  pienezza  dei
suoi diritti difensivi puo' consentire, ad un tempo, di rispettare il
dato  letterale  dell'aut.  44  cit.  (che,   come   detto,   ad   un
"accertamento" del fatto si  riferisce)  e  di  "superare"  il  dato,
potenzialmente preclusivo di una piena esplicazione di detti  poteri,
rappresentato dall'intervenuta estinzione del reato. Va aggiunto  che
una tale prospettiva  risulta  confortata  anche  dalla  lettura  che
dell'art. 44 ha dato la Corte costituzionale con  la  gia'  ricordata
pronuncia n. 239 del 2009,... ove si  afferma  che  «la  disposizione
impugnata puo' trovare applicazione alla  condizione  che  sia  stato
accertato,  da  parte  del  giudice,   il   fatto   materiale   della
lottizzazione abusiva». Ed anzi, la stessa Corte costituzionale  pare
chiaramente avallare una  lettura  della  norma  che  ne  giustifichi
l'applicazione anche in caso  di  estinzione  del  reato  pronunciata
all'esito  di  un  giudizio  che  abbia  compiutamente  accertato  la
responsabilita' dell'imputato, la' dove, richiamando la pronuncia  n.
85 del 2008, afferma che «fra le sentenze di  proscioglimento  ve  ne
sono alcune che, pur non applicando una pena comportano,  in  diverse
forme   e   gradazioni,   un   sostanziale    riconoscimento    della
responsabilita' dell'imputato o  comunque  l'attribuzione  del  fatto
all'imputato medesimo» e si aggiunge, poi, non potersi affermare  che
siffatto "sostanziale riconoscimento", per quanto  privo  di  effetti
sul piano della responsabilita' penale, sia comunque impedito da  una
pronuncia di proscioglimento, conseguente a prescrizione, ove  invece
l'ordinamento imponga di apprezzare tale  profilo  per  fini  diversi
dall'accertamento penale del fatto di reato»...". 
5. La rilevanza e la non manifesta infondatezza  della  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 44, comma 2, d.P.R. n.  380/01,
in relazione al parametro 'interposto' di cui al  combinato  disposto
degli artt. 117, comma 1, Cost. e 7 CEDU. 
    Deve, tuttavia, rilevarsi come la  verifica  dell'attuale  tenuta
'convenzionalmente' orientata - rispetto al  principio  di  legalita'
presidiato dall'art.  7  CEDU  -  dei  sopra  richiamati  consolidati
itinerari ermeneutici tracciati dal  giudice  di  legittimita'  debba
necessariamente confrontarsi  con  il  recente  ulteriore  intervento
interpretativo  della  Corte  EDU  in  materia,  rappresentato  dalla
pronuncia della sez. II della Corte EDU in data 29 ottobre  2013  nel
procedimento Varvara c. Italia (ric. n. 17475/09). Con la sentenza in
esame la Corte EDU ha in primo  luogo  ribadito  il  principio  (gia'
affermato, in modo  specifico,  con  la  precedente  decisione  sulla
ricevibilita' del ricorso "Sud Fondi Srl ed altri" del  30.8.2007  e,
piu' in generale, con la decisione 9.2.1995 della Grand  Chambre  nel
caso n. 307-A/1995  Welch  c.  Regno  Unito)  che  la  confisca  gia'
prevista dall'art. 19 della legge n. 47/1985 ed attualmente collocata
tra  le  "sanzioni  penali"  dall'art.  44,  2°   comma,   del   T.U.
sull'edilizia n. 380/2001 «non tende alla riparazione  pecuniaria  di
un danno, ma  mira  nella  sua  essenza  a  punire  per  impedire  la
reiterazione di trasgressioni a prescrizioni stabilite dalla  legge»,
non puo' essere valutata ne' vagliata da un giudice amministrativo ed
assume, quindi, tutti i connotati di una  «pena»  che  -  secondo  la
consolidata tradizione del principio  di  effettivita'  di  tutela  -
risulta soggetta al principio di legalita' sancito nell'art. 7  della
Convenzione. 
    Afferma,  testualmente,  la  Corte  nei  passaggi   argomentativi
rilevanti in questa sede: 
        Ǥ60. Anzitutto, la Corte osserva che ai  sensi  della  norma
applicabile (paragrafo 30 sopra), la  confisca  delle  opere  abusive
nonche' dei terreni lottizzati abusivamente e' autorizzata  quando  i
giudici penali hanno accertato con una «sentenza definitiva»  che  la
lottizzazione e' abusiva, ma il testo non precisa  che  la  «sentenza
definitiva»  deve  essere  una  decisione  di  condanna.  I   giudici
nazionali hanno interpretato questa norma nel senso che era possibile
applicare la sanzione senza una condanna dal  momento  in  cui  hanno
ritenuto che si trattasse di una sanzione  amministrativa.  La  Corte
nota in proposito che esiste un principio nel diritto  nazionale  (si
veda diritto interno capitoli A. e D.) stando al quale  non  si  puo'
punire un imputato in  mancanza  di  una  condanna.  In  particolare,
quando il reato  e'  prescritto,  non  si  puo'  comminare  una  pena
(paragrafo  41,  supra).  Inoltre,  l'interpretazione   della   norma
applicabile da parte dei giudici nazionali e' stata fatta  a  scapito
dell'imputato. 
        §61. In secondo luogo, la Corte ha difficolta' a capire  come
la punizione di un imputato il cui processo non si  e'  concluso  con
una condanna possa conciliarsi con l'articolo  7  della  Convenzione,
norma che esplicita il principio di legalita' nel diritto penale. 
        §62. Dato che nessuno puo' essere riconosciuto  colpevole  di
un reato che non sia previsto dalla legge, e che nessuno puo'  subire
una pena che non sia prevista dalla legge, una prima  conseguenza  e'
ovviamente il divieto per i giudici nazionali di interpretare in modo
estensivo la legge a scapito dell'imputato,  altrimenti  quest'ultimo
potrebbe essere punito per un comportamento non previsto come  reato.
... 
        §67. Non si puo' neppure concepire  un  sistema  in  cui  una
persona dichiarata  innocente  o,  comunque,  senza  alcun  grado  di
responsabilita' penale constatata in  una  sentenza  di  colpevolezza
subisca una pena. Si tratta di una terza conseguenza del principio di
legalita' nel diritto penale: il divieto di comminare una pena  senza
accertamento di responsabilita', che deriva anch'esso dall'articolo 7
della Convenzione. ... 
        §71. La logica della «pena» e della «punizione», e la nozione
di «guilty» (nella versione inglese) e la corrispondente  nozione  di
«persona colpevole» (nella versione francese), depongono a favore  di
un'interpretazione  dell'articolo  7  che  esige,  per  punire,   una
dichiarazione di responsabilita' da parte dei giudici nazionali,  che
possa permettere di addebitare il reato e di comminare la pena al suo
autore. In mancanza di cio', la  punizione  non  avrebbe  senso  (Sud
Fondi e altri  sopra  citata,  §  116).  Sarebbe  infatti  incoerente
esigere, da una parte, una base legale accessibile  e  prevedibile  e
permettere, dall'altra,  una  punizione  quando,  come  nel  caso  di
specie, la persona interessata non e' stata condannata. 
        §72. Nella presente causa, la  sanzione  penale  inflitta  al
ricorrente, quando il reato era estinto e la sua responsabilita'  non
era stata accertata con una sentenza di  condanna,  contrasta  con  i
principi di legalita' penale appena esposti dalla Corte  e  che  sono
parte integrante del principio di legalita' che  l'articolo  7  della
Convenzione impone di rispettare.  La  sanzione  controversa  non  e'
quindi  prevista  dalla  legge  ai  sensi   dell'articolo   7   della
Convenzione ed e' arbitraria.». 
    In estrema sintesi, argomentando dalla natura di sanzione  penale
della confisca disciplinata dall'alt. 44, comma 2, d.P.R. 380/01 (non
riconducibile alle figure di "confisca senza condanna", pur  previste
dalla legislazione di alcuni paesi europei  ed  accomunate,  al  pari
delle misure di  prevenzione  patrimoniali  disciplinate  nel  nostro
ordinamento dal d.lgs. 159/2011,  dal  loro  sostanziale  atteggiarsi
quale strumento di natura preventiva e  non  punitiva)  la  Corte  di
Strasburgo nel caso  "Varvara"  ha  affermato  che  vi  e'  stata  la
violazione del principio di legalita', non ritenendo  ammissibile  un
sistema in cui una persona che non e' stata dichiarata  colpevole  in
sede penale possa  subire  una  pena;  statuendo,  pertanto,  che  la
confisca in questione - cosi come interpretata nel diritto interno  -
e' una sanzione non conforme alla legge ai sensi  dell'art.  7  della
Convenzione, ed e' arbitraria. 
    Cio' posto, una lettura in controluce della pronuncia della Corte
di  Strasburgo  -  da  intendersi,  forse,  quale  ultima  tappa  del
'dialogo' evolutivo/garantista aperto dalle precedenti  sentenze  del
2007 e del 2009 sul caso "Sud Fondi" - lascia trasparire, in  maniera
inequivocabile,  un  intrinseco  'scollamento'  interpretativo  sulla
natura e sulla reale  portata  applicativa  della  confisca  prevista
dall'art. 44,  comma  2,  d.P.R.  380/01,  rispetto  a  quanto  (piu'
riduttivamente) affermato dal consolidato orientamento della  Suprema
Corte, con particolare riferimento alla (persistente)  compatibilita'
(sinora mai messa in discussione  dal  'diritto  vivente'  nazionale)
dell'applicazione  obbligatoria  della  'sanzione'   della   confisca
urbanistica con un «accertamento» del reato di lottizzazione  abusiva
in ipotesi effettuato in una sentenza di  estinzione  del  reato  per
intervenuta prescrizione (ancorche', e' bene ribadirlo,  ancorato  ad
un  riscontro  probatorio,  nel  contraddittorio  con   il   soggetto
interessato, sia dell'elemento materiale  che  di  quello  soggettivo
richiesti  per  la  configurabilita'  del  reato)  e,  tuttavia,  non
strutturalmente  e   funzionalmente   consacrato   in   una   formale
affermazione di responsabilita' penale e condanna  del  soggetto  nei
cui confronti tale sanzione patrimoniale e' destinata ad incidere. 
    In altri termini, il principio da ultimo affermato dalla Corte di
Strasburgo ha fatto riemergere, in tutta la sua  problematicita',  la
tensione   esegetica   gia'   oggetto   dell'analoga   questione   di
costituzionalita'   non   affrontata   nel   merito    dalla    Corte
costituzionale con la sent. n. 239 del 2009,  e  costringe  ormai  il
giudice   nazionale    ad    interrogarsi    sull'effettiva    tenuta
'convenzionale' e costituzionale di quello che a  ben  vedere  rimane
l'unico   argomento    di    ordine    logico-sistematico    (rimasto
sostanzialmente immutato anche dopo le sentenze sul caso  "Sud  Fondi
Srl ed altri c. Italia") individuato  sin  dall'inizio  a  fondamento
dello sforzo  di  adeguamento  interpretativo  pervenuto  all'attuale
traguardo  nomofilattico  (diritto  vivente)  in  ordine  alla  reale
portata applicativa della confisca urbanistica, riferita non solo  ad
eventuali soggetti estranei in buona fede, (8) ma anche (per quel che
rileva  ai  fini  del  presente  dubbio  di  costituzionalita')  alla
posizione  dell'imputato   autore   della   condotta   criminosa   di
lottizzazione    abusiva:    avendo    il    legislatore     previsto
nell'antecedente art. 7 della legge 47/1985 (ora art. 31  del  d.P.R.
380/01) l'ammissibilita' della sanzione della demolizione soltanto in
caso  di  condanna,  l'elisione  della  condizione  di  "colpevolezza
dichiarata", contenuta nel successivo art. 19,  sarebbe  da  ritenere
frutto di "consapevole volonta'" di consentire  l'applicazione  della
sanzione amministrativa della confisca in tutti i  casi  in  cui  non
fosse intervenuta un'assoluzione con la formula «perche' il fatto non
sussiste»;  impostazione  ermeneutica  che  gia'  all'indomani  della
sentenza sulla ricevibilita' del ricorso "Sud  Fondi  Srl"  del  2007
aveva consentito alla Corte di legittimita'  del  nostro  ordinamento
(cfr.   Cass   24.10.08,   n.   42741   cit.)   di   'salvare'   (pur
ridimensionandone   i   confini   applicativi   in    chiave    anche
costituzionalmente    compatibile)    i    presupposti    processuali
legittimanti la confisca urbanistica, affermando che "... l'ambito di
applicazione   dell'art.   7   della   Convenzione    non    coincide
necessariamente, secondo l'interpretazione della Corte  europea,  con
gli illeciti e le sanzioni qualificate come penali in base al diritto
interno dei singoli Stati, poiche' finisce col ricomprendere tutte le
norme e le misure considerate «intrinsecamente penali»". 
    Cosi'   delimitato   ed   estrapolato   l'innovativo    principio
interpretativo affermato dalla Corte EDU nella sentenza "Varvara" del
29  ottobre  2013  -  in  una  vicenda   processuale   in   fatto   e
giuridicamente sovrapponibile a quella  per  cui  e'  processo  (cfr.
Corte  cost.  n.  230  del  2012),  riguardando  infatti  il   motivo
principale  del  ricorso   l'avvenuta   definitiva   conferma   della
statuizione sulla confisca nonostante la declaratoria  di  estinzione
del reato per intervenuta prescrizione - possono, a parere di  questo
giudice, ritenersi superati, in punto di rilevanza e di non manifesta
infondatezza  della  questione   di   (sopravvenuta)   illegittimita'
costituzionale  dell'art.  44,  comma  2,  d.P.R.  380/01   (rectius:
dell'unanime  interpretazione  della  predetta  norma  offerta  dalla
giurisprudenza  del  massimo  organo  di  nomofilachia   del   nostro
ordinamento), (9) i profili di inammissibilita' evidenziati da  Corte
cost.  n.  239  del  2009  (del  resto,  sostanzialmente  ripresi   e
sviluppati  nell'opinione  parzialmente  dissenziente  formulata  dal
giudice  Pinto  de  Albuquerque,  allegata  alla  motivazione   della
sentenza della Corte EDU). 
    In tale prospettiva, esclusa la disapplicazione  'diretta'  della
norma di diritto interno ritenuta in contrasto  con  la  norma  della
Convenzione (cfr. Corte cost.  n.  80  del  2011,  nonche'  Corte  di
giustizia, Grande sezione, 24 aprile 2012,  C-571/10,  Kamberaj),  la
gia' evidenziata analogia contenutistica tra il  caso  oggetto  della
sentenza "Varvara" e la fattispecie concreta per cui  e'  processo  -
quale  presupposto  per  l'importazione  vincolante   del   principio
ermeneutico affermato dalla Corte  EDU  -  rende  impercorribile  per
questo giudice la strada di una doverosa interpretazione  adeguatrice
dell'art. 44,  comma  2,  d.P.R.  380/01  (cfr.  Corte  cost.  348  e
349/2007; n. 39/2008; n.  311  e  n.  317  del  2009;  n.  110/2012):
impossibilita'  nel  caso  di  specie  obiettivamente   ricollegabile
all'intrinseca  equivocita'  del  dato  testuale  normativo   laddove
rimanda - quale unico presupposto dell'obbligo  di  confisca  -  alla
necessita'  di  un  «accertamento»   processuale   definitivo   della
sussistenza  di  una  lottizzazione   abusiva,   ormai   unanimemente
interpretato dalla  sopra  richiamata  giurisprudenza  della  Suprema
Corte  (con   indiretto   avallo   di   plausibilita'   argomentativa
incidentalmente offerto da Corte cost.  n.  85/2008)  in  termini  di
compatibilita'  rispetto  ad  una  sentenza  non  necessariamente  di
affermazione di responsabilita' e di condanna del  soggetto  nei  cui
confronti la predetta misura ablatoria patrimoniale  e'  destinata  a
trovare applicazione, quale (per quel che rileva in questa sede)  una
pronuncia di estinzione del reato per intervenuta prescrizione. 
    A fronte di  tale  (non  piu'  latente)  contrasto  tra  principi
interpretativi affermati  riguardo  all'applicazione  della  medesima
norma di diritto interno - entrambi dotati  di  efficacia  vincolante
per  questo  giudice  (10)  -  si  prospetta  come  rilevante  e  non
manifestamente infondato il dubbio di legittimita' costituzionale del
citato art. 44, comma 2, d.P.R.  380/01  in  relazione  al  parametro
'interposto'  individuato  dal  combinato  disposto  degli   art.   7
Convenzione EDU e 117, comma 1, Cost.; dubbio la cui risoluzione  non
puo' non essere sottoposta al Giudice delle  leggi  affinche'  valuti
«come ed in qual misura il prodotto dell'interpretazione della  Corte
europea  si  inserisca  nell'ordinamento  costituzionale   italiano»,
verificando, in particolare, se le potenzialita' espansive di  tutela
del medesimo diritto presidiato dal citato art. 7  della  Convenzione
siano intrinsecamente desumibili da una  lettura  'costituzionalmente
compatibile' dell'art. 25, comma 2, Cost. («.Con  riferimento  ad  un
diritto fondamentale, il rispetto degli obblighi  internazionali  non
puo' mai essere causa di una diminuzione di tutela rispetto a  quelle
gia' predisposte dall'ordinamento interno, ma puo' e deve, viceversa,
costituire strumento efficace di ampliamento della tutela stessa.  Se
si  assume  questo  punto  di  partenza  nella  considerazione  delle
interrelazioni normative tra i vari livelli delle garanzie, si arriva
facilmente alla  conclusione  che  la  valutazione  finale  circa  la
consistenza effettiva della tutela in singole fattispecie  e'  frutto
di  una  combinazione  virtuosa  tra  l'obbligo   che   incombe   sul
legislatore nazionale di adeguarsi ai principi  posti  dalla  CEDU  -
nella sua interpretazione  giudiziale,  istituzionalmente  attribuita
alla  Corte  europea  ai  sensi  dell'art.  32  della  Convenzione  -
l'obbligo che parimenti incombe sul giudice comune di dare alle norme
interne una interpretazione  conforme  ai  precetti  convenzionali  e
l'obbligo  che  infine   incombe   sulla   Corte   costituzionale   -
nell'ipotesi di impossibilita' di una interpretazione  adeguatrice  -
di non consentire che continui ad  avere  efficacia  nell'ordinamento
giuridico italiano una norma di cui sia stato accertato il deficit di
tutela riguardo ad un diritto  fondamentale.  Del  resto,  l'art.  53
della  stessa  Convenzione  stabilisce  che  l'interpretazione  delle
disposizioni CEDU non puo' implicare livelli di  tutela  inferiori  a
quelli   assicurati    dalle    fonti    nazionali.    L'accertamento
dell'eventuale deficit di  garanzia  deve  quindi  essere  svolto  in
comparazione con un livello superiore gia' esistente e giuridicamente
disponibile  in  base  alla  continua  e  dinamica  integrazione  del
parametro,  costituito  dal  vincolo  al  rispetto   degli   obblighi
internazionali, di cui al primo comma dell'art. 117 Cost. E' evidente
che questa Corte non solo non puo' consentire che si  determini,  per
il tramite dell'art. 117, primo comma, Cost., una tutela inferiore  a
quella gia' esistente in base al diritto  interno,  ma  neppure  puo'
ammettere che una tutela superiore, che sia possibile introdurre  per
la  stessa  via,  rimanga  sottratta  ai  titolari  di   un   diritto
fondamentale.  La  conseguenza  di  questo  ragionamento  e'  che  il
confronto  tra  tutela  convenzionale  e  tutela  costituzionale  dei
diritti fondamentali deve  essere  effettuato  mirando  alla  massima
espansione  delle  garanzie,  anche  attraverso  lo  sviluppo   delle
potenzialita' insite nelle norme costituzionali che hanno ad  oggetto
i medesimi diritti. > > : in tali termini testuali,  Corte  cost,  n.
317 del 2009 cit.). 
    In definitiva,  la  perentorieta'  del  principio  esplicitamente
(ri)affermato dalla  Corte  EDU  nella  piu'  volte  citata  sentenza
Varvara c. Italia e  l'efficacia  'analogicamente'  vincolante  dallo
stesso rivestita nella  fattispecie  concreta  per  cui  e'  processo
rendono ormai improcrastinabile una pronuncia del Giudice delle leggi
che - attraverso  un  intervento  demolitorio/manipolativo  calibrato
sull'ambiguita' del dato letterale dell'art. 44, comma 2,  d.P.R.  n.
380/01, facendo leva sul grimaldello costituzionale offerto dall'art.
117,  comma  1,   Cost.   (e   sviluppando   l'omologa   impostazione
argomentativa gia' adottata nella sentenza n. 196/2010) - sancisca la
sopravvenuta  illegittimita'   dell'attuale   approdo   nomofilattico
(diritto vivente) riguardo alla reale portata applicativa  della  cd.
'confisca urbanistica'; rimuovendo, in tal senso (ed al di la' di una
formale  e  specifica   collocazione   dogmatica   dell'istituto   in
questione: cfr. Corte cost. n.  29/1961,  n.  53/1968,  n.  187/1998)
l'ultimo ostacolo allo stato imposto  al  giudice  nazionale  per  un
definitivo superamento  di  ogni  residuo  dubbio  interpretativo  in
ordine all'intrinseca natura «sanzionatoria  penale»  della  confisca
obbligatoria cosi' come disciplinata nel citato comma 2 dell'art.  44
d.P.R. 380/01, con consequenziale attrazione del  concreto  esercizio
di tale potere/dovere  in  sede  giurisdizionale  penale  nell'orbita
garantista sostanziale tracciata dalla  sinergica  operativita'  -  a
livello normativo sia sovranazionale 'interposto'  (artt.  7  CEDU  e
117, comma 1, Cost.) sia costituzionale 'interno'(art. 25,  comma  2,
Cost.) - dei fondamentali principi  di  legalita'  della  pena  e  di
'colpevolezza'; proseguendo  (come  auspicato  con  efficace  sintesi
evocativa dalla piu' attenta dottrina in materia) nel  difficile,  ma
doveroso, cammino (inaugurato dalle storiche sentenze n.  348  e  349
del 2007) verso la creazione di una sorta di circolo ermeneutico' tra
testo convenzionale e Costituzione riguardo all'estensione (in  bonam
partem)  dei  surrichiamati   principi   su   basi   sostanziali   di
effettivita' e, nel contempo,  in  termini  di  certezza  applicativa
delle correlative fonti normative sovraordinate alla legge  ordinaria
nazionale.  Una  conclusione  diversa  -  attraverso  il  ricorso   a
suggestivi argomenti di ordine logico-sistematico -  rappresenterebbe
una forzatura in aperto contrasto con la  garanzia  della  «legalita'
sostanziale» in materia penale, la cui violazione (come ormai sancito
dal citato recente intervento interpretativo  della  Corte  EDU)  non
puo' piu'  ritenersi  adeguatamente  bilanciata  dal  (pur  virtuoso)
richiamo all'esigenza di  un  rigoroso  accertamento  degli  elementi
costitutivi del reato di lottizzazione abusiva. 

(1) proveniente dal rinvio,  in  via  preliminare,  delle  precedenti
    udienze del 19.10.2011 e del 21.3.2012. 

(2) nella specie avvenuta,  a  fronte  del  consenso  manifestato  al
    riguardo dalle parti, mediante lettura degli atti e  dei  verbali
    di prova acquisiti dinanzi a diverso giudice/persona fisica (cfr.
    fra le tante: Cass., sez. un. 15.1.99, n.  1,  Iannasso;  nonche'
    Corte cost. sent. n. 399/01). 

(3) variante resasi necessaria proprio dalla  ravvisata  esigenza  di
    scongiurare potenziali lottizzazioni abusive ('Negli ultimi tempi
    l'attivita' edilizia nella zona agricola del comune di Pineto  ha
    avuto un particolare incremento, con  proposte  progettuali  tese
    quasi   esclusivamente   alla   realizzazione    di    residenze,
    generalmente  su  unita'  fondiarie  minime  uguali  o  di   poco
    superiori  ad  ettari  1.00.00.  L'amministrazione  comunale   di
    Pineto, rilevando il  generarsi  di  una  sorta  di  fenomeno  di
    polverizzazione    particellare    determinato    da     continui
    frazionamenti di terreni a scopo edificatorio a fini residenziali
    specialmente  da  parte  di  soggetti  diversi  da   imprenditori
    agricoli a titolo principale, coltivatori diretti, ecc.,  per  la
    salvaguardia dell'ambiente contadino  negli  interventi  edilizi,
    nonche' al fine di scongiurare potenziali  lottizzazioni  abusive
    in zona agricola, e' giunta alla determinazione di apportare  una
    variante alla specifica normativa del P.R.G...'). 

(4) risulta  ormai  affermazione  pacifica  nella  giurisprudenza  di
    legittimita' che il reato di lottizzazione  abusiva,  a  condotta
    libera, si realizza in presenza di un intervento  sul  territorio
    tale   da   comportare   una   nuova   definizione   dell'assetto
    preesistente in  zona  non  urbanizzata  o  non  sufficientemente
    urbanizzata,  per  cui  esiste  la  necessita'  di   attuare   le
    previsioni dello strumento  urbanistico  generale  attraverso  la
    redazione e la stipula di una convenzione lottizzatoria  adeguata
    alle caratteristiche dell'intervento di nuova  realizzazione;  ma
    anche allorquando detto intervento non potrebbe  in  nessun  caso
    essere realizzato poiche', per le sue connotazioni oggettive,  si
    pone  in  contrasto  con  previsioni  di  zonizzazione   e/o   di
    localizzazione dello strumento generale di pianificazione che non
    possono essere modificate da  piani  urbanistici  attuativi.  Del
    pari consolidato risulta l'orientamento della Suprema Corte (cfr.
    Cass. 22.5.2007, n. 19732) secondo cui il reato di  lottizzazione
    abusiva puo' ravvisarsi anche  in  presenza  di  titolo  edilizio
    illegittimo, perche' in tal caso il giudice penale procede ad una
    identificazione in concreto della  fattispecie  criminosa  e  non
    disapplica l'atto amministrativo, ne'  interferisce  nella  sfera
    della P.A., poiche' esercita un potere fondato  sulla  previsione
    normativa incriminatrice. In particolare, il giudice penale,  nel
    valutare la sussistenza o meno della liceita'  di  un  intervento
    edilizio, deve verificarne la conformita' a tutti i parametri  di
    legalita' fissati dalla legge,  dai  regolamenti  edilizi,  dagli
    strumenti urbanistici e  dal  titolo  abilitativo.  Nel  caso  di
    difformita' da disposizioni legislative o regolamentari  o  dalle
    prescrizioni urbanistiche o dalle  prescrizioni  degli  strumenti
    urbanistici non si configura una non  consentita  disapplicazione
    da parte del giudice penale dell'atto amministrativo concessorio,
    perche' lo stesso giudice, qualora come  presupposto  o  elemento
    costitutivo di una fattispecie di  reato  sia  previsto  un  atto
    amministrativo,  non  deve  limitarsi  a  verificare  l'esistenza
    ontologica dell'atto, ma deve verificare  l'integrazione  o  meno
    della fattispecie penale in vista dell'interesse sostanziale  che
    tale fattispecie assume a tutela, nella  quale  gli  elementi  di
    natura  extra  penale  convergono  organicamente,  assumendo   un
    significato descrittivo (cfr. Cass. 30.9.2010, n. 35391; Cass. n.
    770/11). 

(5) cfr. da ultimo: Cass. 11.7.2013, n.  29731;  Cass.  9.6.2006,  n.
    19820 secondo cui la contravvenzione di lottizzazione abusiva  ha
    natura di reato permanente e progressivo nell'evento, che  giunge
    a  compimento   solo   con   l'ultimazione   delle   costruzioni;
    trattandosi di condotta a forma libera che  tende  ad  un  evento
    unitario  (la   trasformazione   urbanistica   o   edilizia   del
    territorio) che si realizza progressivamente nel tempo. 

(6) nel testo modificato dalla legge 251/05. 

(7) non preclusa da una esplicita rinuncia da parte dell'imputato, ai
    sensi dell'art. 157, comma 7 c.p. 

(8) In tal senso,  ancorche'  con  specifico  riferimento  ai  limiti
    dell'attivita' cognitiva del giudice dell'esecuzione: cfr. ancora
    da ultimo Cass. 19.12.2013, n. 51387. 

(9) Il richiamo  al  "diritto  vivente"  quale  limite  all'attivita'
    interpretativa del giudice e, nel contempo, quale presupposto per
    la rimessione della questione di legittimita', costituisce  ormai
    uno  strumento  assai  frequente   nell'attivita'   della   Corte
    costituzionale (cfr. Corte cost. n. 302, n. 308, n. 316, n. 324 e
    n.  327  del  2008;  n.  97/2009).  In  particolare,  nel   senso
    dell'ammissibilita'   di   una    questione    di    legittimita'
    costituzionale  avente   ad   oggetto   anche   l'interpretazione
    risultante dal diritto vivente formatosi per effetto dell'esegesi
    offerta dalla Corte di cassazione  in  via  interpretativa:  cfr.
    Corte cost, n. 138 del 1993; n. 257 del 1994; n. 58 del 1995;  n.
    78 e 349 del 2007; ord. n. 501 del 2000 nonche' la  stessa  sent.
    n. 239 del 2009. 

(10) del   resto,   l'insindacabilita'   dell'interpretazione   della
     Convenzione EDU fornita dalla  Corte  di  Strasburgo,  cui  tale
     funzione e' stata attribuita  dal  nostro  Paese  senza  apporre
     riserve, e' stata  esplicitamente  ammessa  dalla  stessa  Corte
     costituzionale in molte pronunce (cfr. Corte cost.  n.  311  del
     2009, n. 93, n. 187 e n. 196 del 2010, n.  1  e  113  del  2011,
     nelle quali si precisa che «le norme della  Convenzione  europea
     dei diritti dell'uomo devono essere considerate come  interposte
     e che la loro peculiarita', nell'ambito di  siffatta  categoria,
     consiste nella soggezione  all'interpretazione  della  Corte  di
     Strasburgo, alla quale gli Stati contraenti,  salvo  l'eventuale
     giudizio di costituzionalita', sono vincolati a conformarsi»). 
 
                                P.Q.M. 
 
    Visti gli artt. 134 Cost.; 23 e ss., legge 11 marzo 1953, n. 87; 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, per violazione
dell'art. 117, primo comma, Cost.,  in  relazione  all'art.  7  della
Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali, la questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 44, comma 2 del decreto del Presidente della  Repubblica  6
giugno 2001, n. 380 (Testo unico  delle  disposizioni  legislative  e
regolamentari in materia edilizia) nella parte in  cui  consente  che
l'accertamento nei confronti dell'imputato del reato di lottizzazione
abusiva - quale presupposto dell'obbligo per  il  giudice  penale  di
disporre la confisca dei  terreni  abusivamente  lottizzati  e  delle
opere abusivamente costruite - possa essere contenuto  anche  in  una
sentenza che dichiari estinto il reato per intervenuta prescrizione; 
    Sospende il processo e  dispone  l'immediata  trasmissione  degli
atti  alla  Corte  costituzionale,  dando  atto  che  della  presente
ordinanza e' stata data lettura in udienza alle  parti  presenti,  ai
sensi e per gli effetti di cui agli artt. 23, comma 4,  legge  n.  87
del 1953 e 148, comma 5, c.p.p. 
    Manda  alla  cancelleria  per  la  notificazione  della  presente
ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri,  nonche'  per  la
comunicazione  al  Presidente  del  Senato  della  Repubblica  e   al
Presidente della Camera dei deputati. 
        Teramo, 17 gennaio 2014 
 
                          Il Giudice: Tetto