N. 107 ORDINANZA (Atto di promovimento) 7 marzo 2014

Ordinanza del  7  marzo  2014  emessa  dal  Tribunale  amministrativo
regionale per la Calabria - sez.  staccata  di  Reggio  Calabria  sul
ricorso proposto da Ventura Antonino c/Questura di Reggio Calabria. 
 
Giustizia amministrativa - Riordino  del  processo  amministrativo  -
  Controversie   aventi   ad   oggetto   i    provvedimenti    emessi
  dall'Autorita' di polizia relativi al rilascio di autorizzazioni in
  materia di giochi pubblici con vincita in denaro - Devoluzione alla
  competenza funzionale ed inderogabile del  T.A.R.  Lazio,  sede  di
  Roma - Violazione del principio di  uguaglianza  sotto  il  profilo
  della ragionevolezza - Violazione del diritto di azione e di difesa
  in giudizio - Violazione  del  principio  del  giudice  naturale  -
  Violazione del principio della ragionevole durata  del  processo  -
  Lesione del principio di pari dignita' degli  organi  di  giustizia
  amministrativa di primo grado. 
- Decreto legislativo 2 luglio 2010, n.  104,  artt.  135,  comma  1,
  lett. q-quater), e 14. 
- Costituzione, artt. 3, 24, 25, 111 e 125. 
In via subordinata: 
Giustizia  amministrativa   -   Norme   del   codice   del   processo
  amministrativo   disciplinanti   la   competenza   funzionale    ed
  inderogabile del T.A.R. Lazio, sede  di  Roma  -  Contrasto  con  i
  principi e criteri direttivi della legge di  delega  n.  69/2009  -
  Eccesso di delega. 
- Decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, artt. 13, 14, 15 e 16. 
- Costituzione, art. 76, in relazione  all'art.  44  della  legge  18
  giugno 2009, n. 69. 
(GU n.27 del 25-6-2014 )
 
        IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA CALABRIA 
 
 
                 Sezione Staccata di Reggio Calabria 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale  653  del  2013,  proposto  da:  Antonino  Ventura,
rappresentato e difeso dall'avv. Corrado Politi, con domicilio eletto
presso Corrado Politi avvocato in Reggio Calabria, via Santa Caterina
n. 107/D; 
    Contro la Questura di Reggio Calabria, rappresentata e difesa per
legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliata in Reggio
Calabria, via del Plebiscito n. 15; Ministero dell'interno; 
    Per  l'annullamento  del  provvedimento  Cat.   11E/   prot.   n.
85/2013/DPAS, emesso in data 2 ottobre 2013 dalla Questura di  Reggio
Calabria - Divisione di Polizia amministrativa e  sociale  -  Squadra
amministrativa, notificato  in  data  3  ottobre  2013,  con  cui  si
disponeva   il   rigetto    dell'istanza    diretta    ad    ottenere
l'autorizzazione  di  PS,  ai  sensi  dell'art.  88  del  TULPS   per
esercitare l'attivita' di raccolta  scommesse  di  cui  all'art.  38,
comma 2 decreto-legge n. 223/2006 convertito con modificazioni  dalla
legge 4 agosto 2006 nei locali siti in via Gebbione a mare n.  14  di
Reggio Calabria. 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visto l'atto di costituzione in giudizio della Questura di Reggio
Calabria; 
    Relatore nella camera di consiglio del giorno 18 dicembre 2013 la
dott.ssa Caterina Criscenti e uditi per le  parti  i  difensori  come
specificato nel verbale. 
    1.  E'  impugnato,  con  richiesta  incidentale  di   sospensione
cautelare della sua  efficacia,  il  provvedimento  del  Questore  di
Reggio Calabria di diniego dell'autorizzazione di Pubblica  sicurezza
ex art. 88  TULPS  per  l'esercizio  dell'attivita'  di  raccolta  di
scommesse. 
    Si e' costituita l'Avvocatura distrettuale dello Stato di  Reggio
Calabria nell'interesse del Questore,  con  memoria  di  pura  forma,
chiedendo che il ricorso venga dichiarato irricevibile, inammissibile
e/o rigettato nel merito. 
    Alla camera di consiglio del 18 dicembre  2013,  fissata  per  la
trattazione della domanda cautelare, il Tribunale d'ufficio ha  fatto
presente alle parti che  sulla  controversia  il  TAR  adito  sarebbe
incompetente, appartenendo la controversia alla competenza funzionale
del TAR Lazio, ai sensi dell'art.  135,  lettera  q-quater),  c.p.a.,
lettera aggiunta dall'art. 10, comma  9-ter,  decreto-legge  2  marzo
2012, n. 16, convertito, con modificazioni,  dalla  legge  26  aprile
2012, n. 44. 
    2. Occorre preliminarmente verificare la questione di competenza.
Stabilisce, infatti, l'art. 15 c.p.a. («Rilievo  dell'incompetenza»),
come novellato dal decreto legislativo 14 settembre 2012, n. 160, che
«in ogni caso il giudice decide sulla competenza prima di  provvedere
sulla domanda cautelare e, se non riconosce la propria competenza  ai
sensi  degli  articoli  13  e   14,   non   decide   sulla   stessa».
Parallelamente il comma 4 dell'art. 13, anch'esso novellato nel 2012,
statuisce che «la competenza di cui al presente articolo  e  all'art.
14 e' inderogabile anche in ordine alle misure cautelali». 
    La presente controversia rientra, in effetti,  nel  novero  degli
affari  ricompresi  nella   competenza   funzionale   del   Tribunale
amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, di cui all'art.  14
c.p.a., che vi include tutte «le controversie indicate dall'art.  135
e dalla legge» e fra queste appunto anche quelle aventi ad oggetto  i
provvedimenti «emessi dall'Autorita' di polizia relativi al  rilascio
di autorizzazioni in  materia  di  giochi  pubblici  con  vincita  in
denaro». 
    3. Tuttavia il Tribunale dubita della legittimita' costituzionale
di questa previsione con riferimento agli articoli 3, 25, 125,  24  e
111 Cost., nonche' 76 Cost. come gia' fatto con tre ordinanze  emesse
in data 4 giugno 2013 e pubblicate, nella Gazzetta  Ufficiale  del  9
ottobre 2013, n. 41,  integralmente  riprese  dal  TAR  Piemonte,  II
sezione, e condivise anche dal TAR  Puglia,  Bari,  III  sezione,  ed
inoltre ora con riferimento ad altro parametro costituzionale,  ossia
Part. 77 Cost. 
    Sulla violazione degli articoli 3, 25, 125, 24 e  111  Cost.,  il
Collegio non puo' che riproporre le argomentazioni  gia'  rassegnate,
che qui di seguito integralmente si riportano. 
    «3.1. Occorre premettere che le leggi  processuali  anteriori  al
codice,  e   segnatamente   la   legge   istitutiva   dei   tribunali
amministrativi regionali, non  contenevano  una  disciplina  generale
sulla competenza funzionale inderogabile del TAR Lazio. 
    La legge  6  dicembre  1971,  n.  1034,  all'art.  3,  ripartiva,
infatti, la competenza per territorio fra i vari tribunali regionali,
prevedendo, al comma 3, una competenza residuale del TAR con  sede  a
Roma, per gli atti statali. Contenuto analogo presenta oggi l'art. 13
c.p.a., eccezion fatta per gli effetti scaturenti dalla  proposizione
della lite presso un giudice incompetente, atteso che innovativamente
il  Codice  ha  optato  per  il  regime  dell'inderogabilita'   della
competenza territoriale.  L'introduzione  di  ipotesi  di  competenza
(intesa come) funzionale a favore, pressoche' esclusivamente, del TAR
Lazio, sede di Roma, prende avvio negli anni '90 ed  avviene  per  la
prima volta ad opera della legge 12 aprile 1990, n. 74, il  cui  art.
4, sostituendo l'art. 17, legge 24 marzo 1958, n. 195, sul  Consiglio
superiore della magistratura (che nella sua  originaria  formulazione
disponeva: Contro i  predetti  provvedimenti  [quelli  riguardanti  i
magistrati], e' ammesso ricorso al Consiglio di Stato per  motivi  di
legittimita'), cosi' disponeva: contro i  predetti  provvedimenti  e'
ammesso ricorso in primo grado al Tribunale amministrativo  regionale
del Lazio per motivi di legittimita'. Contro le  decisioni  di  prima
istanza e' ammessa l'impugnazione al Consiglio di Stato. 
    Questa normativa, che per prima ha introdotto  una  significativa
deroga al principio della  territorialita',  stabilendo  una  vera  e
propria ipotesi di competenza funzionale, non derogabile  su  accordo
delle parti, e' stata ritenuta dalla Corte costituzionale  -  cui  la
questione era stata rimessa  dal  TAR  Sicilia  -  non  contraria  al
dettato costituzionale (sent. n. 189 del 22 aprile 1992). 
    In particolare la Corte, nell'escludere il contrasto della  norma
con gli articoli  3,  24  e  125  Cost.,  valorizzo'  la  particolare
posizione  che  il  Consiglio  superiore  della  magistratura  occupa
nell'ordinamento     costituzionale      della      Repubblica      e
nell'organizzazione  dei  pubblici  poteri  ed  il  peculiare  status
rivestito  dai  magistrati  ordinari,  particolare  e  differenziato,
rispetto alla categoria degli altri pubblici dipendenti. 
    La Corte ebbe,  altresi',  a  rilevare  che  la  norma  censurata
risponde   anche   ad   "un'esigenza   largamente   avvertita   circa
l'uniformita' della giurisprudenza fin dalle pronunce di primo grado"
e comunque non si pone in contrasto con l'art. 125, comma  2,  Cost.,
perche' "il Tribunale amministrativo regionale del Lazio e' parte ...
del sistema processuale amministrativo che consta di numerosi  gangli
periferici e di uno centrale, che con quelli e' collegato -  in  base
alle regole proprie della giurisdizione amministrativa - ben oltre il
caso oggetto dell'impugnativa in esame". 
    Avveduta dottrina, rilevato fra l'altro che la  Corte  non  aveva
compiutamente  percepito  gli  esatti  termini  delle  argomentazioni
giuridiche prospettate dal giudice a quo sulla competenza funzionale,
profeticamente osservo' che il legislatore, dal dictum  della  Corte,
avrebbe ricevuto spinte tese al rafforzamento ed  all'ampliamento  di
quell'inderogabilita' cosi'  inaugurata  con  la  norma  riconosciuta
legittima. 
    Gia' poco dopo la normativa concernente i magistrati ordinari, la
legge  10  ottobre  1990,  n.  287,  all'art.  33,  riconduceva  alla
competenza  funzionale  del  TAR  centrale  i  provvedimenti   emessi
dall'Autorita' garante per la concorrenza ed il mercato. 
    E' bene osservare  incidentalmente  che  in  ambedue  le  ipotesi
sarebbe comunque individuabile anche una competenza "originaria"  del
Tribunale  amministrativo  regionale  del  Lazio  (sia  il  CSM   che
l'Autorita' garante per la concorrenza ed il  mercato  hanno  sede  a
Roma), donde la particolarita' starebbe piuttosto  nella  sua  natura
non derogabile. 
    Successivamente numerose e variegate  tipologie  di  controversie
sono state ascritte alla competenza funzionale del TAR Lazio (anche a
prescindere dalla sede dell'autorita' emanante), sino a giungere alla
positivizzazione, con l'art.  14  c.p.a.,  di  un'autonoma  categoria
concettuale, cui fa  da  pendant  un  lungo  elenco  di  controversie
contenuto nell'art. 135 c.p.a., composto da ben diciotto punti (dalla
lettera a) alla lettera q-quater). 
    L'art. 135 c.p.a. ricomprende cosi' una congerie nutritissima  di
fattispecie (una delle quali, quella in materia di sanzioni  irrogate
dalla CONSOB, prevista da una parte della lettera c), dichiarata gia'
incostituzionale con sent. n. 162 del 27 giugno 2012), posto che -  a
parte   l'evenienza   della   connessione   fra   controversie,   non
legislativamente  affrontata,  che  ha  portato   ad   un   ulteriore
incremento delle liti da incardinare presso il TAR Lazio -  sotto  le
varie lettere del catalogo sono  spesso  incluse  piu'  tipologie  di
controversie  (cosi',  ad  esempio,  sub  lettera  a),  insieme  alle
controversie  relative  ai  provvedimenti  riguardanti  i  magistrati
ordinari, vi sono quelle  relative  ai  provvedimenti  riguardanti  i
magistrati amministrativi adottati dal Consiglio di presidenza  della
giustizia amministrativa). 
    3.2. In questo  modo  ricostruita  brevemente  la  genesi  ed  il
contenuto   della   competenza   (oggi   testualmente)    «funzionale
inderogabile» del TAR Lazio, questo giudice dubita, in  primo  luogo,
della legittimita' costituzionale della previsione codicistica  nella
parte in cui  devolve  alla  competenza  inderogabile  del  Tribunale
amministrativo regionale del Lazio, sede  di  Roma,  i  provvedimenti
emessi  dall'Autorita'   di   polizia   relativi   al   rilascio   di
autorizzazioni in materia di giochi pubblici con vincita in denaro. 
    La lettera q-quater ora in esame e'  stata  introdotta  dall'art.
10, decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, e segnatamente dal comma 9-ter
inserito dalla legge di conversione. 
    L'art. 10 si occupa di "potenziamento in  materia  di  giochi"  e
contempla una serie di misure, che vanno  dalla  costituzione  di  un
fondo destinato  alle  operazioni  di  gioco,  alla  positivizzazione
dell'agente  "scommettitore",  al  divieto  di  utilizzo  di   denaro
contante ed altro ancora, ritenute funzionali  al  raggiungimento  di
determinati obiettivi, quali "contrastare efficacemente  il  pericolo
di infiltrazioni criminali" nei giochi pubblici, "acquisire  elementi
di prova in ordine alle eventuali  violazioni  in  materia  di  gioco
pubblico, ivi comprese  quelle  relative  al  divieto  di  gioco  dei
minori",  "assicurare  la  tracciabilita'  dei   flussi   finanziari,
finalizzata a prevenire infiltrazioni criminali e il  riciclaggio  di
denaro di provenienza illecita" e cosi' via.  La  previsione  di  una
competenza giurisdizionale amministrativa accentrata sugli atti delle
locali autorita' di Polizia non  si  presenta,  invece,  connessa  ad
alcuna  di  queste  finalita',  ne'  appare  supportata  da  autonome
ragioni, risultando piuttosto - come si spieghera' - antitetica  agli
obiettivi di penetrante controllo del  territorio  che  la  normativa
"sostanziale" intende perseguire. 
    Rileva, dunque, il Collegio l'assenza di ragioni speciali  idonee
a giustificare un siffatto eccezionale spostamento di competenza (vd.
per la necessita' di tali ragioni sent. n. 237  del  26  giugno  2007
sulla materia di cui all'art. 3, commi 2-bis, 2-ter e  2-quater,  del
decreto-legge 30 novembre 2005, n. 245  -  Misure  straordinarie  per
fronteggiare  l'emergenza  nel  settore  dei  rifiuti  nella  regione
Campania - commi aggiunti dalla legge di conversione 27 gennaio 2006,
n.  21,  oltre  che  la  citata   sent.   n.   189/92)   e,   quindi,
l'irragionevolezza di tale previsione. 
    Non  assume,  infatti,  l'Autorita'  emanante  (che,   anzi,   si
caratterizza  per  il  suo  peculiare  radicamento  e  contatto   col
territorio) una particolare posizione nell'ordinamento costituzionale
della Repubblica e nell'organizzazione dei pubblici poteri,  tale  da
rendere preferibile una cognizione dei suoi atti affidata ad un unico
giudice con sede in Roma. 
    Neppure i destinatari dei provvedimenti in  questione  presentano
un peculiare status, meritevole di un diverso trattamento, e  neppure
vi e' una situazione di straordinaria emergenza, come nel caso  delle
misure dettate per il settore dei rifiuti. 
    Anche la  giustificazione,  introdotta  dalla  Corte  in  maniera
incidentale nella sentenza n. 189 del  1992,  dell'uniformita'  della
giurisprudenza fin dalle pronunce di primo grado - ammesso che in  un
ordinamento di civil law possa essere considerato un valore cardine -
non e' di certo qui pertinente. 
    Il Collegio e' dell'avviso che anche  il  rispetto  del  criterio
base della sede dell'autorita' emanante, piu'  chiaro  ed  oggettivo,
sia altrettanto in grado di garantire la stabilita'  delle  soluzioni
giurisprudenziali, che scaturiscono in effetti dalla «dialettica» tra
giudice di primo grado e giudice di appello, nella quale anche i  TAR
periferici sono coinvolti, al pari del TAR del Lazio. 
    Inoltre, proprio l'individuazione del TAR del Lazio  quale  unico
giudice funzionalmente competente  si  presenta  antitetica  rispetto
all'obiettivo  indicato  dalla  Corte,  poiche'  l'ampliamento  della
struttura del TAR  romano,  in  parte  dovuto  anche  allo  smisurato
aumento, nel corso degli anni, delle sue competenze  (tribunale  oggi
composto da ben dodici sezioni, con circa cinque - sei magistrati per
sezione), unitamente al problema dell'efficiente  organizzazione  del
lavoro (compresa la necessaria rotazione delle materie e dei  giudici
fra le sezioni), fa si' che esso non si presenti neppure in  astratto
idoneo ad assicurare  l'ambita  uniformita'  o,  paradossalmente,  si
presenti addirittura come il meno idoneo. 
    Tra   l'altro,   nel   processo   amministrativo   la    funzione
nomofilattica appartiene al giudice di appello  ed  oggi  in  special
modo all'Adunanza plenaria (art.  99  c.p.a.),  ne'  peraltro  sembra
ipotizzabile,  a  tal  fine,  una  diversa  qualita'  del  TAR  Lazio
insediato nella capitale, con  la  configurazione  di  una  sorta  di
supremazia rispetto agli altri tribunali amministrativi, posto che la
selezione dei magistrati che lo compongono non presenta alcun profilo
di differenziazione rispetto a quella degli altri TAR. 
    3.3.  All'irragionevolezza  sopra   evidenziata   si   accompagna
un'irrazionalita' estrinseca  della  recente  previsione  legislativa
rispetto ad altra norma costituzionale, ossia all'art. 125 Cost. 
    Questa norma sancisce il principio del  decentramento  a  livello
regionale della  giurisdizione  amministrativa,  nell'ottica  di  una
necessaria prossimita' del giudice ai fatti  di  cui  e'  chiamato  a
conoscere. 
    Come e' noto, dai lavori preparatori  dell'art.  125  (originario
comma  2),  si  ricava  l'intenzione  dei  Costituenti  di   adeguare
l'organizzazione   della   giustizia   amministrativa   alla   mutata
articolazione  del  decentramento   politico   territoriale   e,   in
particolare, al ruolo centrale che l'ente Regione  era  destinato  ad
assumere, nella piena convinzione che  "la  giustizia  amministrativa
quanto e' piu' periferica tanto piu' risponde alle esigenze popolari"
(A.C., 4363, intervento di  Musolino  nella  seduta  del  4  dicembre
1947). 
    Se pure, dunque, si vuole  escludere  -  come  la  giurisprudenza
costituzionale ha gia'  fatto  piu'  volte:  da  ultima  sentenza  n.
117/2012 - con  riferimento  alla  magistratura  in  genere,  che  il
termine "giudice naturale" di cui  all'art.  25  Cost.  presenti  una
valenza autonoma, rispetto al carattere della sua precostituzione per
legge, dovendo piuttosto ritenersi che tale  espressione  corrisponda
in tutto e per tutto a quella di "giudice  precostituito  per  legge"
con la quale si salda in endiade, per la giustizia amministrativa  il
concetto di "giudice naturale" non  puo'  che  assumere  una  portata
diversa, per lo speciale assetto  dei  giudici  di  primo  grado  sul
territorio voluto dal titolo V della Costituzione. 
    Ne consegue che la competenza  dei  giudici  amministrativi  deve
essere non solo predeterminata dalla legge,  ma  deve  rispettare  il
principio di naturalita' come desumibile dal comb. disp. dell'art. 25
e dell'art. 125, nel senso  di  una  sicura  maggiore  idoneita'  del
giudice individuato su base  regionale  a  fornire  una  risposta  di
giustizia adeguata. 
    Tra l'altro, il sistema della giustizia amministrativa non gode -
come quello della giustizia ordinaria - di una  capillare  diffusione
degli organi  giudicanti  sull'intero  territorio  nazionale,  ma  si
articola  appunto,  per  espresso  dettato  costituzionale,  su  base
regionale, con un solo ufficio situato nel capoluogo di ogni  Regione
e con la possibilita' di istituzione di  alcune  sedi  staccate  (tra
cui, appunto, quella di Reggio Calabria). La deroga al criterio della
competenza territoriale in favore  di  un  Tribunale  unico  su  base
nazionale, individuato in base alla sua  allocazione  nella  capitale
della Repubblica, stravolge la prospettiva di un  sistema  articolato
su base regionale, id est non verticistico ed accentrato,  ed  altera
profondamente l'equilibrio del controllo sugli  atti  amministrativi,
pensato dai  Costituenti  sicuramente  in  maniera  svincolata  dalla
specializzazione  per  singole  materie  (contrariamente  a   quanto,
invece, consentito per l'autorita' giudiziaria ordinaria;  art.  102,
comma 2, Cost.). 
    Quanto argomentato a tal proposito dalla Corte nel  1992  appare,
dunque, a questo giudice meritevole  di  una  rinnovata  riflessione,
soprattutto alla luce dell'evoluzione subita. sia dal  sistema  delle
autonomie locali (in dipendenza della riforma del titolo  V,  attuata
con legge Cost. 18 ottobre 2001, n. 3), sia dal  sistema  processuale
amministrativo: l'affermazione secondo cui il sistema della giustizia
amministrativa  "consta  di  numerosi  gangli  periferici  e  di  uno
centrale, che con quelli e' collegato" non riflette adeguatamente  il
dettato  dell'art.  125  Cost.,  il  quale   non   prevede,   invero,
differenziazione di sorta tra gli organi di giustizia  amministrativa
di primo grado e non contempla un tribunale centrale,  di  diversa  o
maggiore  importanza,  cui  contrapporre  "gangli   periferici"   (in
verita', di fatto, neppure particolarmente numerosi,  dato  anche  il
notevole  aumento  del  contenzioso,  specie  in  primo  grado),   ma
piuttosto riconosce  pari,  oltre  che  piena,  dignita'  a  tutti  i
Tribunali amministrativi regionali. 
    Si aggiunga che se il TAR Lazio  fosse  da  qualificare  come  un
giudice di competenza centrale, si' da ritenere  legittime  le  nonne
che  ne  accrescono  la  competenza  (generalizzando  una  sorta   di
legittima suspicione che  porti  a  ritenere  inidoneo  il  Tribunale
territoriale a decidere talune tipologie di cause), dovrebbe assumere
maggior pregnanza  il  fondamento  giustificativo  di  queste  scelte
derogatorie in base  agli  interessi  che  esse  coinvolgono,  specie
laddove la competenza del TAR Lazio non venisse in rilievo secondo il
criterio della competenza territoriale  (come  e'  evidentemente  nel
caso che qui si esamina, vista  la  sede  dell'ente  e  il  luogo  di
produzione  degli  effetti  dell'atto),  pena  una  grave  incoerenza
sistematica dell'istituto della competenza funzionale inderogabile ex
art. 14, comma 1, c.p.a. 
    3.4.  Ritiene,  inoltre,  questo  Tribunale  che  la  scelta  del
legislatore  di  incardinare  (anche)  le  controversie  sugli   atti
dell'autorita' decentrate di polizia presso il TAR della capitale  si
ponga in contrasto con gli articoli 24 e 111 Cost. 
    La concentrazione presso un unico ufficio giudiziario (il TAR con
sede in Roma) rende assai piu' difficoltoso l'esercizio concreto  del
diritto di difesa e confligge con il canone della ragionevole  durata
del processo. 
    Per un verso, infatti, si costringe colui che  intende  agire  (o
resistere) a tutela della propria posizione soggettiva ad  affrontare
spese ulteriori ed aggiuntive, rispetto a quelle gia'  molto  elevate
richieste comunque per l'accesso alla giustizia (anche  a  causa  dei
continui aumenti del contributo unificato), rendendo cosi' gravoso ed
ostacolando in  modo  eccessivo  l'utile  esercizio  del  diritto  di
difesa, specie se si considera che la nuova  disciplina  premette  la
verifica  della  competenza  anche  alla  decisione   sulla   domanda
cautelare,  e  nel  contempo  si  rende  piu'  difficoltosa  e   meno
tempestiva la difesa processuale dell'Amministrazione resistente. 
    Dall'altro, l'incremento smisurato di vario contenzioso presso un
unico TAR, nel quale si concentrano gia' numerose  liti  "ordinarie",
rende inevitabilmente sempre piu' lungo il tempo medio di durata  dei
relativi processi, con  gravi  ricadute  sull'efficienza  dell'intero
Paese e sulla spesa pubblica, sulla quale pure gravano  i  costi  dei
risarcimenti ex lege Pinto.». 
    4. Prima di affrontare e riproporre la questione di  legittimita'
di tutta la disciplina sulla  competenza  contenuta  nel  codice  del
processo  rispetto  all'art.  76,  il  Tribunale  ritiene  di   dover
prospettare dubbi di costituzionalita' della disposizione ex art. 135
c.p.a. anche rispetto all'art. 77 Cost., parametro costituzionale che
nelle precedenti ordinanze non era stato preso in considerazione. 
    Come gia' precisato prima, la lettera q-quater), c.p.a. e'  stata
aggiunta dall'art. 10, comma 9-ter, decreto-legge 2  marzo  2012,  n.
16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44. 
    Orbene,  il   decreto-legge,   cosi'   come   configurato   nella
Costituzione,  e'  uno   strumento   volto   a   fronteggiare   «casi
straordinari di necessita' e urgenza». Come piu'  volte  riconosciuto
dalla Corte costituzionale, anche di recente con la nota sentenza  19
luglio  2013,  n.  220,  esso  non  e',   dunque,   compatibile   con
l'introduzione  di  riforme  ordinamentali,  di  lungo  periodo,  non
circoscritte a misure meramente organizzative. 
    Una norma derogatoria del normale riparto  di  competenza  tra  i
giudici non si presta, pertanto, per il suo carattere ordinamentale e
duraturo  nel  tempo,  ad   essere   introdotta   col   sistema   del
decreto-legge.  Ne'  e'  rinvenibile,  nella  materia   dei   giuochi
pubblici,  un  caso  straordinario  di  necessita'  e  d'urgenza  che
consigli l'introduzione immediata di questa misura. 
    Per di piu' la previsione di natura processuale qui censurata  e'
stata introdotta in sede di conversione (vd. supra  §  3.2),  con  la
conseguenza che si e' coniata una normativa  «a  regime»,  del  tutto
slegata  da  contingenze  particolari  e  certamente  estranea   alla
finalita' del decreto-legge (cfr. Corte cost., 16 febbraio  2012,  n.
22). 
    5. Unitamente alla questione cosi' come  fin  qui  esposta,  come
gia' fatto nelle precedenti ordinanze di  rimessione,  «il  Tribunale
ritiene  di  prospettare  una  diversa  e  piu'  ampia  questione  di
legittimita' costituzionale - di cui la  Corte  ad  quem,  d'ufficio,
potra' cogliere  l'eventuale  "pregiudizialita'  logico-giuridica"  -
che, muovendo dalla nuova configurazione, in termini ormai  generali,
della competenza funzionale e inderogabile del TAR Lazio (articoli 14
e  135  c.p.a.),  coinvolge  l'intera  disciplina  della   competenza
contenuta  nel  codice  del  processo  amministrativo,  adottato   in
attuazione della delega contenuta nell'art. 441, 18 giugno  2009,  n.
69. 
    Ad avviso di questo giudice la normativa (articoli 13, 14,  15  e
16) contenuta nel capo IV, titolo I, del libro I  del  codice  e'  in
contrasto con Part. 76 Cost. 
    La Corte costituzionale ha sempre precisato e  rimarcato  che  in
caso di deleghe che abbiano ad oggetto la revisione, il  riordino  ed
il riassetto  di  norme  preesistenti,  quale  e'  certamente  quella
contenuta   nell'art.   44   cit.,   "l'introduzione   di   soluzioni
sostanzialmente innovative rispetto al sistema legislativo previgente
e' (...)  ammissibile  soltanto  nel  caso  in  cui  siano  stabiliti
principi   e   criteri   direttivi   idonei   a   circoscrivere    la
discrezionalita' del legislatore delegato", giacche' quest'ultimo non
puo'  innovare  «al  di  fuori   di   ogni   vincolo   alla   propria
discrezionalita'  esplicitamente  individuato  dalla  legge   delega»
(sentenza n. 293 del 2010), specificando  che  «per  valutare  se  il
legislatore abbia ecceduto [i] -  piu'  o  meno  ampi  -  margini  di
discrezionalita',  occorre  individuare  la   ratio   della   delega»
(sentenza n. 230 del 2010). 
    Questa precisazione e'  ribadita  da  ultimo  nella  sentenza  27
giugno 2012,  n.  162,  con  la  quale  la  Corte  costituzionale  ha
dichiarato l'illegittimita' costituzionale degli articoli 133,  comma
1, lettera l), 135, comma 1, lettera c), e 134, comma 1, lettera  c),
del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104  (Attuazione  dell'art.
44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al  governo  per
il riordino del processo amministrativo), per violazione dell'art. 76
Cost., nella parte in cui attribuiscono alla giurisdizione  esclusiva
del giudice amministrativo con cognizione estesa  al  merito  e  alla
competenza funzionale del TAR Lazio - sede di Roma,  le  controversie
in materia di sanzioni irrogate dalla CONSOB. 
    Orbene, tra i criteri ed i  principi  direttivi  contenuti  nella
delega  dettata  per  il  riassetto  della  disciplina  del  processo
amministrativo, che  la  Corte  con  la  sent.  n.  162/12  cit.  ha,
peraltro, ritenuto sufficientemente specifici, non ve ne  era  alcuno
che  abilitasse  il  legislatore  delegato  a  riformare  e  innovare
l'istituto  della  competenza  e,   cio'   nonostante,   il   decreto
legislativo n. 104/2010 ha ribaltato totalmente  il  sistema  vigente
sin dal 1971, rendendo inderogabile  la  competenza  per  territorio,
prima sempre derogabile. 
    L'unico cenno  al  tema  della  competenza  riguarda  un  momento
processuale a valle, ossia quello della riassunzione del giudizio,  e
si rinviene nella lettera e), che invita il  legislatore  delegato  a
«razionalizzare e unificare  la  disciplina  della  riassunzione  del
processo e dei relativi termini, anche a seguito di sentenze di altri
ordini   giurisdizionali,   nonche'   di   sentenze   dei   tribunali
amministrativi regionali o del  Consiglio  di  Stato  che  dichiarano
l'incompetenza funzionale», facendosi  riferimento  alle  ipotesi  di
competenza funzionale gia' esistenti nell'ordinamento, ma senza voler
introdurre  un  principio   di   inderogabilita'   della   competenza
territoriale o in genere altre novita' in materia,  del  quale  nella
legge di delega non vi e' traccia. 
    Che questa innovazione non trovi riscontro nella legge delega  lo
si desume indirettamente anche dalla relazione al  Codice,  la  quale
da'  atto  del  cambiamento  («tutta  la   competenza   del   giudice
amministrativo e' divenuta inderogabile dalle parti»), anche in  modo
dettagliato  («Questo,  in  dettaglio,  e'  il  regime  del   rilievo
dell'incompetenza»), senza tuttavia far mai riferimento alla legge di
delega, ripetutamente citata invece in sede  di  illustrazione  della
disciplina di molti altri istituti, al fine di chiarire che  essa  e'
stata adottata in conformita' all'art. 76 Cost.,  in  ossequio  o  in
puntuale applicazione dei criteri direttivi della delega. 
    D'altronde non e' privo di significato il fatto che  la  modifica
in senso radicalmente innovativo del regime della competenza non  sia
stata frutto del lungo e meditato lavoro della  Commissione  speciale
nominata ai sensi del comma 4 dell'art. 44, la quale aveva,  infatti,
varato, in data 10 febbraio 2010, il progetto di codice  (in  questa,
come  in  altre  parti,  ritoccato,   nell'immediatezza   della   sua
approvazione finale,  e  per  di  piu'  al  di  fuori  del  dibattito
parlamentare), mantenendo, da un  lato,  il  regime  ordinario  della
competenza territoriale sempre derogabile su accordo delle  parti  e,
dall'altro, enunciando i casi di devoluzione di controversie  al  TAR
Lazio (o al  TAR  Lombardia,,  sede  di  Milano,  limitatamente  alle
controversie  relative  ai  poteri  esercitati   dall'Autorita'   per
l'energia elettrica e il gas) qualificandoli, pero',  in  termini  di
«competenza territoriale inderogabile». 
    Ne', ancora, la ratio complessiva sottesa alla legge di delega  -
che pure la giurisprudenza della Corte  esorta  a  tener  presente  -
potrebbe giustificare una  simile  scelta  innovativa:  se,  infatti,
obiettivo principale della delega per il riassetto di  una  normativa
stratificata e caotica, che risultava in parte anche  antecedente  al
testo  della  Costituzione,  era  quello   di   assicurare   maggiore
effettivita' della tutela, trasfondendo in un corpus  unitario  anche
gli approdi pretori e gli  esiti  della  giurisprudenza  della  Corte
costituzionale, in ossequio all'art. 111 Cost., non c'e'  dubbio  che
l'innovativa opzione  per  l'inderogabilita'  della  competenza,  fin
dalla  sede  cautelare,  unitamente  all'articolazione  di  complessi
rimedi (invero in parte ridotti col secondo correttivo del  settembre
2012) per far valere l'incompetenza, non solo non trova  addentellati
nel sistema previgente, ma ha pure irrigidito e reso  piu'  vischiosa
la risposta di giustizia, in contrasto con la primaria  finalita'  di
snellire l'attivita' giurisdizionale e rendere maggiormente congrui i
tempi del processo. L'eccesso di delega  ha  sicura  rilevanza  anche
rispetto alla competenza funzionale che qui interessa: essa, infatti,
da  sempre  ritenuta,   in   via   interpretativa,   una   competenza
inderogabile, in opposizione alla  «ordinaria»  e  sempre  derogabile
competenza per territorio, da eccezione e' cosi' divenuta espressione
di altro parallelo principio generale, operante per  le  controversie
indicate dall'art. 135  e,  piu'  in  generale,  «dalla  legge»,  che
fiancheggia quello della competenza per territorio,  concorrendo  con
esso a delineare le modalita' di radicamento delle controversie. 
    Ne discende un sistema del tutto  nuovo,  dove  il  regime  della
competenza  (art.  16)  e'  indifferenziato,  con   ogni   forma   di
competenza, sia quella per territorio  che  quella  c.d.  funzionale,
inderogabile  (La  competenza  di  cui  agli  articoli  13  e  14  e'
inderogabile anche in  ordine  alle  misure  cautelati)  -  donde  la
rilevanza,  anche  nella  presente  controversia,   della   questione
rispetto a tutto il capo sulla competenza - complessivamente illogico
e  incoerente,  atteso  che  l'attribuzione  di   controversie   alla
cognizione  del  TAR  Lazio,  sede  di  Roma,  avviene,  nella  buona
sostanza, in ragione del criterio della materia  (o  perfino,  se  si
vuole, dell'importanza della materia), che non solo, come si e'  gia'
detto,  non  ha  copertura  costituzionale,  ma  non  trova   neppure
riscontro nella legge delega, con evidente  violazione  dell'art.  76
Cost. 
    In  conclusione,  questo  Tribunale  ritiene  rilevanti   e   non
manifestamente infondate la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 14 e dell'art. 135, comma 1, lettera q-quater,  per  quanto
d'interesse, per violazione degli articoli 3, 25, 125, 24, 111  e  77
Cost.; in subordine, quella degli aricoli  13,  nella  parte  in  cui
qualifica inderogabile  la  competenza  territoriale,  14,  15  e  16
c.p.a., per violazione dell'art. 76 Cost. 
    Circa la rilevanza delle questioni prospettate, va  ribadito  che
la domanda cautelare proposta  dalla  parte  ricorrente  puo'  essere
esaminata da questo Tribunale  solo  in  quanto  risulti  fondata  la
questione di legittimita' costituzionale prima illustrata. 
    Dubitando della legittimita' costituzionale dell'art. 135,  comma
1, lettera q-quater c.p.a., il Tribunale reputa  di  dover  sollevare
subito la questione, prima di qualsiasi altra decisione, non potendo,
da un lato, ovviamente, piu' farlo  una  volta  spogliatosi,  con  la
trasmissione degli atti di causa al TAR Lazio, in applicazione  delle
disposizioni  sospettate  di  incostituzionalita',   della   potestas
decidendi e non potendo, d'altro canto, neppure decidere, allo stato,
sulla sospensiva, visto il dettato del comma 2  dell'art.  15  c.p.a.
per cui «in ogni caso il giudice decide  sulla  competenza  prima  di
provvedere sulla domanda cautelare e, se  non  riconosce  la  propria
competenza ai sensi degli articoli 13 e 14, non decide sulla stessa». 
    Da qui la rilevanza, come detto,  della  questione,  intesa  come
pregiudizialita' della sua soluzione per ogni determinazione  che  il
Tribunale e' chiamato ad assumere. 
    Deve, pertanto, essere disposta la trasmissione degli  atti  alla
Corte costituzionale per la decisione  della  predetta  questione  di
legittimita' costituzionale, sospendendosi il giudizio instaurato con
il ricorso in epigrafe  e  rinviando  la  trattazione  della  domanda
cautelare alla prima camera di consiglio successiva alla restituzione
degli atti da parte della Corte costituzionale. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Il Tribunale Amministrativo Regionale  per  la  Calabria  Sezione
Staccata di Reggio Calabria 
    Visti l'art. 134 della Costituzione e l'art. 23  della  legge  11
marzo 1953, n. 87; 
    Ritenuta la rilevanza  e  la  non  manifesta  infondatezza  della
questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  135,  comma  1,
lettera  q-quater  nella  parte  relativa   alla   previsione   della
competenza  funzionale  inderogabile  del  TAR  Lazio  anche  per   i
provvedimenti «emessi dall'Autorita' di polizia relativi al  rilascio
di autorizzazioni in  materia  di  giochi  pubblici  con  vincita  in
denaro» e dell'art. 14 c.p.a., per violazione degli articoli  3,  25,
125, 24, 111 e 77 Cost., nonche' degli articoli 13,  nella  parte  in
cui qualifica inderogabile la competenza territoriale, 14,  15  e  16
c.p.a., per violazione dell'art. 76 Cost.; 
    Dispone  la  sospensione  del  presente  giudizio,  rinviando  la
trattazione della domanda cautelare alla prima  camera  di  consiglio
successiva  alla  restituzione  degli  atti  da  parte  della   Corte
costituzionale; 
    Ordina che la' presente ordinanza sia notificata,  a  cura  della
segreteria del Tribunale amministrativo, a tutte le parti in causa ed
al Presidente del Consiglio dei ministri  e  che  sia  comunicata  al
Presidente del Senato della Repubblica ed al Presidente della  Camera
dei deputati; 
    Dispone la immediata trasmissione degli atti, a cura della stessa
Segreteria, alla Corte costituzionale. 
    Cosi' deciso in Reggio Calabria nella  camera  di  consiglio  del
giorno 18 dicembre 2013 con l'intervento dei magistrati: 
 
                      Presidente: Ettore Leotta 
 
 
             Consigliere, Estensore: Caterina Criscenti 
 
 
               Consigliere: Salvatore Gatto Costantino