N. 210 SENTENZA 9 - 18 luglio 2014

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Usi civici - Piano  straordinario  di  accertamento  demaniale  della
  Regione Sardegna - Delega ai Comuni ad effettuare  la  ricognizione
  degli usi civici con attribuzione di poteri che  ne  comportano  la
  cessazione. 
- Legge della Regione autonoma Sardegna 2 agosto 2013, n.  19  (Norme
  urgenti in materia di usi civici, di pianificazione urbanistica, di
  beni paesaggistici e di impianti eolici), art. 1. 
-   
(GU n.31 del 23-7-2014 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Sabino CASSESE; 
Giudici  :Paolo  Maria   NAPOLITANO,   Giuseppe   FRIGO,   Alessandro
  CRISCUOLO,  Paolo  GROSSI,  Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Sergio
  MATTARELLA, Mario Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,  Giuliano
  AMATO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1  della
legge della Regione autonoma Sardegna 2 agosto  2013,  n.  19  (Norme
urgenti in materia di usi civici, di pianificazione  urbanistica,  di
beni paesaggistici e di impianti eolici), promosso dal Presidente del
Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 7-10  ottobre  2013,
depositato in cancelleria il 10 ottobre 2013 ed iscritto al n. 93 del
registro ricorsi 2013. 
    Visti l'atto di  costituzione  della  Regione  autonoma  Sardegna
nonche' l'atto di intervento del Consorzio Uomini di Massenzatica; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  20  maggio  2014  il  Giudice
relatore Giuliano Amato sostituito per la redazione  della  decisione
dal Giudice Giancarlo Coraggio; 
    uditi l'avvocato dello Stato Paolo Gentili per il Presidente  del
Consiglio dei ministri e l'avvocato Massimo Luciani  per  la  Regione
autonoma Sardegna. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il  7-10  ottobre  2013  e  depositato
nella cancelleria della Corte il successivo 10 ottobre (reg. ric.  n.
93 del 2013), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato l'art.  1
della legge della Regione autonoma Sardegna  2  agosto  2013,  n.  19
(Norme  urgenti  in  materia  di  usi   civici,   di   pianificazione
urbanistica, di beni paesaggistici e  di  impianti  eolici),  per  la
violazione degli artt. 9 e 117,  secondo  comma,  lettera  s),  della
Costituzione, quest'ultimo anche in riferimento agli artt. 135,  142,
comma 1, lettera h), e 143 del decreto legislativo 22  gennaio  2004,
n.  42  (Codice  dei  beni  culturali  e  del  paesaggio,  ai   sensi
dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002,  n.  137),  dell'art.  3,
primo comma, lettera n), della legge costituzionale 26 febbraio 1948,
n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna) e dell'art. 6 del  d.P.R.  22
maggio 1975, n. 480 (Nuove norme di attuazione dello statuto speciale
della regione autonoma della Sardegna). 
    1.1.- La disposizione impugnata stabilisce: 
    «1. La Giunta  regionale,  mediante  un  Piano  straordinario  di
accertamento demaniale, provvede alla ricognizione generale degli usi
civici esistenti sul territorio regionale e  alla  individuazione  su
cartografia  aggiornata  di  dati  e  accertamenti   gia'   esistenti
riportati su cartografie antiche. 
    2. A tal fine in deroga  alle  disposizioni  di  cui  alla  legge
regionale 14 marzo 1994, n. 12  (Norme  in  materia  di  usi  civici.
Modifica della legge regionale  7  gennaio  1977,  n.  1  concernente
l'organizzazione amministrativa  della  Regione  sarda),  ed  in  via
straordinaria al fine di superare i limiti e le  incongruenze  legate
alle procedure di accertamento gia' decretato delle terre gravate  da
uso civico, i comuni sono delegati ad effettuare entro il 31 dicembre
2013, e con le procedure per l'adozione e l'approvazione dei piani di
valorizzazione di cui all'articolo 9 della legge regionale n. 12  del
1994, la ricognizione generale degli usi civici esistenti sul proprio
territorio. 
    3. A tal fine i comuni, oltre a documentare il  reale  sussistere
dell'uso   civico,    possono    proporre    permute,    alienazioni,
sclassificazioni e trasferimenti dei diritti di uso civico secondo il
principio di tutela dell'interesse pubblico prevalente. Costituiscono
oggetto di sclassificazione del regime demaniale civico  in  sede  di
ricognizione generale e straordinaria anche i casi in cui  i  terreni
sottoposti ad uso civico abbiano  perso  la  destinazione  funzionale
originaria  di  terreni  pascolativi  o  boschivi  ovvero   non   sia
riscontrabile ne' documentabile l'originaria sussistenza del  vincolo
demaniale civico. I comuni, previa intesa fra le  parti  interessate,
possono attuare, nell'ambito della ricognizione  generale  degli  usi
civici, processi di transazione giurisdizionale a chiusura di liti  o
cause legali in essere. Per quanto previsto al presente articolo  non
possono essere assimilate ad uso civico le terre pubbliche sottoposte
da provvedimenti prefettizi ad assegnazione per finalita' sociali. 
    4. Tutte le risultanze degli accertamenti gia' decretati che  non
risultino confermate o coerenti con la documentazione  giustificativa
del piano di accertamento straordinario di cui al  comma  1  decadono
con l'approvazione, non oltre i  tre  mesi  dalla  conclusione  delle
procedure  comunali,   del   complessivo   Piano   straordinario   di
accertamento da parte della Giunta regionale. Le cessazioni degli usi
civici derivanti dalle risultanze del piano straordinario di cui alle
presenti norme, hanno  efficacia  dalla  data  dei  medesimi  atti  o
provvedimenti, ovvero se precedenti rispetto alle date indicate negli
stessi  atti  o  provvedimenti,  dalla   data,   indicata   nell'atto
ricognitivo, in cui e' venuta meno la destinazione funzionale all'uso
civico dei relativi beni». 
    1.2.- Osserva il ricorrente che gli usi civici sono diritti reali
millenari di natura collettiva, volti  ad  assicurare  un'utilita'  o
comunque un beneficio ai singoli appartenenti ad una collettivita'. 
    Il legislatore, nel  disciplinare  la  destinazione  delle  terre
sulle quali gravano usi civici, ai sensi dell'art. 12 della legge  16
giugno 1927, n. 1766 (Conversione  in  legge  del  regio  decreto  22
maggio 1924, n. 751, riguardante il riordinamento  degli  usi  civici
nel Regno, del regio decreto 28 agosto 1924, n.  1484,  che  modifica
l'art. 26 del regio decreto 22 maggio  1924,  n.  751,  e  del  regio
decreto 16 maggio 1926, n.  895,  che  proroga  i  termini  assegnati
dall'art. 2 del regio decreto-legge  22  maggio  1924,  n.  751),  ha
sancito, in via di principio, la inalienabilita'  e  l'impossibilita'
di   mutamento   di   destinazione   dei   terreni   convenientemente
utilizzabili come bosco o come pascolo permanente. 
    Gli usi civici concorrono a determinare la forma  del  territorio
su cui si esercitano  ed  incidono  sull'ambiente  e  sul  paesaggio,
perche' contribuiscono alla salvaguardia di questi ultimi. 
    Ad  avviso  del  ricorrente,  quindi,  la  norma  impugnata,  nel
delegare i Comuni ad  una  ricognizione  generale  degli  usi  civici
esistenti sul proprio  territorio  e  nel  prevedere  la  progressiva
sdemanializzazione dei terreni  sottoposti  ad  uso  civico,  non  si
limiterebbe  a  disciplinare  la  materia  degli   usi   civici   sul
territorio,   ma   ne   prevederebbe   la   sostanziale   cessazione,
interferendo sulla conservazione e sulla tutela dell'ambiente  e  del
paesaggio, la cui cura spetta in via esclusiva allo Stato,  ai  sensi
degli artt. 9  e  117,  secondo  comma,  lettera  s),  Cost.  A  tale
riguardo, dopo aver richiamato la  giurisprudenza  costituzionale  in
materia di tutela dell'ambiente e del paesaggio,  e  segnatamente  la
sentenza n. 367 del 2007, il ricorrente,  infatti,  ricorda  come  la
particolarita'  della  disciplina  del  bene   giuridico   «ambiente»
considerato nella sua completezza ed unitarieta',  riverbera  i  suoi
effetti anche rispetto alle Regioni autonome,  incidendo  sulla  loro
potesta' normativa. 
    1.3.- I parametri costituzionali invocati,  secondo  l'Avvocatura
generale dello Stato, sarebbero altresi' lesi perche' l'oggetto della
norma  e'  indiscriminato:  tutti  gli  usi  civici  sono  presi   in
considerazione, senza distinguere quelli che  possono  presentare  un
concreto interesse paesistico e ambientale, ne'  riservare  a  questi
una normativa specifica. 
    Inoltre, il solo presupposto della sdemanializzazione sarebbe  la
mancanza  dell'attuale  destinazione  a  pascolo  o  a  bosco,  senza
considerare che la perdita della destinazione agraria non comporta di
per se' perdita di rilevanza paesaggistica e ambientale. 
    L'automatismo   in   questione   appare   misura   eccessiva    e
sproporzionata rispetto al fine che la legge  persegue  (il  riordino
degli usi  civici)  e  si  traduce  in  uno  svuotamento  del  nucleo
essenziale  della  tutela  del  paesaggio  e  dell'ambiente   imposta
dall'art. 9 Cost. e attuata dalle disposizioni del  testo  unico  sui
beni culturali ed ambientali. 
    La norma impugnata, dunque, oltre a palesare  una  illegittimita'
sostanziale, incorre nel vizio di  incompetenza  legislativa,  atteso
che la normativa regionale priva il sistema di tutela del paesaggio e
dell'ambiente del presidio costituito dagli usi civici e, in tal modo
direttamente incide, invadendola, la competenza esclusiva dello Stato
in materia. 
    1.4.-  Secondo  l'Avvocatura  generale  dello  Stato,  la   norma
impugnata sarebbe in contrasto con gli artt. 142,  comma  1,  lettera
h), 135 e 143, del d.lgs. n. 42 del 2004, che  sarebbero  espressione
della  competenza   legislativa   statale   nella   materia   «tutela
dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali», di cui all'art.
117, secondo comma, lettera s), Cost. 
    In particolare, il ricorrente osserva che l'art. 142 sottopone  a
vincolo paesaggistico le zone gravate da  usi  civici  -  riprendendo
quanto gia'  previsto  dal  decreto-legge  27  giugno  1985,  n.  312
(Disposizioni  urgenti  per  la  tutela  delle  zone  di  particolare
interesse ambientale), convertito,  con  modificazioni,  dall'art.  1
della  legge  8  agosto  1985,  n.  431  -  in  ragione  del   valore
paesaggistico intrinseco che le  aree  territoriali  coperte  da  uso
civico  presentano  per  le  loro  caratteristiche  morfologiche   ed
ubicazionali. 
    Di  conseguenza,  la  disposizione  impugnata,  incidendo   sulla
classificazione  degli   usi   civici,   sottrarrebbe   alla   tutela
paesaggistica vaste porzioni di territorio, oggi  tutelate  in  forza
della legge nazionale, e  si  porrebbe  in  contrasto  con  la  norma
fondamentale di riforma economico-sociale di cui all'art. 142,  comma
1, lettera h), del codice dei beni culturali e del paesaggio. 
    1.5.- Il ricorrente lamenta, inoltre, il  contrasto  della  norma
regionale con la disciplina  statale  in  materia  di  pianificazione
congiunta di cui agli artt. 135 e 143 del codice dei beni culturali e
del paesaggio. L'impugnata norma, infatti, rimandando ad un'ulteriore
cartografia per  la  rilevazione  degli  usi  civici,  metterebbe  in
discussione la ricognizione finora  predisposta,  incidendo  in  modo
unilaterale sullo strumento di pianificazione. 
    In  particolare,  secondo  la  difesa  statale,  l'attivita'   di
ricognizione,  delimitazione  e  rappresentazione  in  scala   idonea
all'identificazione delle aree tutelate per legge, ai sensi dell'art.
142 del codice dei beni culturali e del paesaggio, costituirebbe  uno
dei contenuti necessari del piano paesaggistico (art. 143,  comma  1,
lettera c) e dovrebbe essere  svolta  congiuntamente  dallo  Stato  e
dalla Regione (art. 135). 
    Tali disposizioni hanno natura di norme  fondamentali  di  grande
riforma economico-sociale, con conseguenti limiti all'esercizio della
competenza legislativa primaria delle Regioni autonome. 
    1.6.- L'Avvocatura generale dello Stato pone in rilievo come  gli
usi civici non svolgono esclusivamente la funzione  economico-sociale
di garantire risorse  alla  collettivita'  che  ne  e'  proprietaria,
atteso che  alle  tradizionali  funzioni  si  e'  aggiunta  una  loro
fondamentale utilita' ai fini della conservazione del bene ambiente. 
    Questa Corte ha rilevato un «interesse unitario  della  comunita'
nazionale alla conservazione degli usi  civici,  in  quanto  e  nella
misura in cui concorrono a determinare la forma del territorio su cui
si esercitano, intesa quale prodotto di "una integrazione fra uomo  e
ambiente naturale"» (sentenza n. 46 del 1995). 
    Ai sensi della legge n.  1766  del  1927  e  del  regolamento  di
attuazione, regio decreto 26 febbraio 1928, n. 332 (Approvazione  del
regolamento per la esecuzione della legge 16 giugno  1927,  n.  1766,
sul riordinamento degli usi civici del Regno), la  limitazione  o  la
liquidazione dei diritti di uso  civico  non  potrebbero  prescindere
dalle valutazioni del Ministero per i beni e le  attivita'  culturali
(sentenze n. 345 del 1997 e n. 310 del 2006). 
    1.7.- La disposizione censurata, inoltre, contrasterebbe  con  le
disposizioni del d.lgs. n. 42  del  2004  in  quanto  potrebbe  avere
effetti   negativi   diretti   sul   processo   di   copianificazione
paesaggistica in corso. 
    1.8.- Infine, lo Stato lamenta la violazione  dell'art.  3  dello
statuto speciale della Regione autonoma Sardegna, in quanto la  legge
regionale  non  avrebbe  rispettato  il  limite  dell'armonia  con  i
principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica, atteso che  gli
usi civici sarebbero parte integrante e sostanziale  del  complessivo
sistema di tutela dell'ambiente e del paesaggio. 
    2.- Si e' costituita in giudizio  la  Regione  autonoma  Sardegna
chiedendo che le questioni prospettate siano dichiarate inammissibili
e in subordine non fondate. 
    2.1.-  In  via  preliminare,  la  difesa  regionale  afferma   la
sussistenza  di  un'amplissima  competenza  della  Regione   autonoma
Sardegna in materia di usi civici, prevista  dall'art.  3,  comma  1,
lettera n), dello statuto speciale, e gia' esercitata  con  la  legge
regionale 14 marzo 1994, n. 12  (Norme  in  materia  di  usi  civici.
Modifica della legge regionale  7  gennaio  1977,  n.  1  concernente
l'organizzazione  amministrativa  della  Regione  sarda),  che   gia'
prevedeva un  meccanismo  di  sclassificazione  (art.  18-bis),  solo
modificato dalla disciplina in esame. 
    La norma impugnata consentirebbe di far perdurare un regime degli
usi civici che non si limiti  alla  mera  menzione  dell'istituto  su
carta, ma sia di effettiva utilita' per le comunita' locali e per  la
salvaguardia del valore paesaggistico dei terreni gravati. 
    Secondo la difesa regionale, tale corretta gestione dei territori
appare coerente con il principio  di  tutela  del  paesaggio  di  cui
all'art. 9 Cost. (sentenza n. 511 del 1991). 
    2.2.- La sclassificazione, nella fattispecie in esame, sarebbe un
atto dichiarativo, che la Regione adotta solo una volta accertata  la
insussistenza originaria del vincolo,  oppure  il  venir  meno  della
possibilita' di utilizzo civico del terreno in  funzione  boschiva  o
pastorale, non palesandosi, dunque, alcuna violazione dell'art.  117,
secondo comma, lettera s),  Cost.  o  del  principio  di  tutela  del
paesaggio ex art. 9 Cost. 
    2.3.- In merito alla censura secondo  la  quale  l'oggetto  della
norma impugnata sarebbe indiscriminato, la  difesa  regionale  rileva
che il legislatore regionale ha  previsto  un'attivita'  di  verifica
documentale - quanto  all'effettiva  apposizione  del  vincolo  -  ed
empirica  -  quanto  all'effettiva  perdurante  utilita'  boschiva  o
pastorale dei luoghi - degli usi civici che  gravano  sul  territorio
sardo, al  fine  di  valutare  quali  di  essi  debbano  considerarsi
effettivamente   persistenti;   ed   invero,   all'esito   di    tale
procedimento, ove  il  terreno  sia  da  considerarsi  effettivamente
idoneo  all'uso  civico,  esso  sarebbe  naturaliter  sottoposto   al
relativo regime di tutela. 
    2.4.- Secondo la Regione,  inoltre,  la  sclassificazione  di  un
lotto di terreno non ne determinerebbe di per  se'  l'irrilevanza  ai
fini  paesaggistici,  in  quanto  un  fondo  e'  oggetto  di   tutela
paesaggistica non solo quando su esso gravi l'uso  civico,  ma  anche
quando si verifichi una delle condizioni di cui agli artt. 142 e  143
del d.lgs. n. 42 del 2004.  Di  conseguenza,  se  e'  vero  che  ogni
terreno gravato da uso civico e' per cio' solo vincolato, non e' vero
che non possa essere tutelato il fondo libero da usi civici,  ma  che
presenti altri indici di valore paesaggistico. 
    2.5.-  Ne'  sarebbe  ravvisabile  un  automatismo   della   norma
impugnata  perche'  la  stessa  prevede   uno   spatium   deliberandi
certamente congruo sia per la  ricognizione  effettuata  dai  singoli
Comuni, sia per la successiva ricognizione  effettuata  dagli  uffici
della Regione. 
    2.6.- Secondo la difesa regionale, anche la censura relativa alla
violazione degli artt. 135, 142, comma  1,  lettera  h),  e  143  del
d.lgs. n. 42  del  2004  sarebbe  oltre  che  inammissibile,  perche'
meramente ipotetica ed eventuale, non fondata, perche' il  ricorrente
confonderebbe due procedimenti - la redazione del piano paesaggistico
e la gestione dell'uso civico - che sono invece ben distinti. 
    Ad avviso della  resistente,  il  piano  paesaggistico  regionale
dovrebbe necessariamente  prendere  atto  della  gestione  degli  usi
civici demandata alla competenza regionale, dettando  previsioni  che
siano compatibili con la persistenza o meno degli  usi  civici  nelle
rispettive aree. 
    2.7.- Infine, ad avviso della difesa regionale, anche la  censura
relativa alla violazione dell'art. 3,  comma  1,  lettera  n),  dello
statuto, sarebbe  infondata,  in  quanto  la  competenza  legislativa
esclusiva della Regione in materia di usi civici ben puo'  consentire
alla Regione di intervenire nella  predisposizione  di  un  piano  di
ricognizione e valorizzazione degli stessi. 
    3.-  E'  intervenuto  in  giudizio   il   Consorzio   Uomini   di
Massenzatica,  ente  di  gestione  della  proprieta'  collettiva  dei
residenti nelle frazioni di Monticelli e Massenzatica del  Comune  di
Mesola, in  provincia  di  Ferrara,  chiedendo  la  dichiarazione  di
illegittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge  della  Regione
autonoma Sardegna n. 19 del 2013, per violazione degli artt.  9,  24,
primo comma, 25, primo comma, 42 e 117, secondo  comma,  lettera  s),
Cost. 
    4.- In prossimita' dell'udienza, la Regione autonoma Sardegna  ha
depositato memoria con la quale ha insistito nelle  conclusioni  gia'
rassegnate,  chiedendo  altresi'  che  sia  dichiarato  inammissibile
l'intervento in giudizio del Consorzio Uomini di Massenzatica. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ricorso notificato il  7-10  ottobre  2013  e  depositato
nella cancelleria della Corte il successivo 10 ottobre (reg. ric.  n.
93 del 2013), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato l'art.  1
della legge della Regione autonoma Sardegna  2  agosto  2013,  n.  19
(Norme  urgenti  in  materia  di  usi   civici,   di   pianificazione
urbanistica, di beni paesaggistici e  di  impianti  eolici),  per  la
violazione degli artt. 9 e 117,  secondo  comma,  lettera  s),  della
Costituzione, quest'ultimo anche in riferimento agli artt. 135,  142,
comma 1, lettera h), e 143 del decreto legislativo 22  gennaio  2004,
n.  42  (Codice  dei  beni  culturali  e  del  paesaggio,  ai   sensi
dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002,  n.  137),  dell'art.  3,
primo comma, lettera n), della legge costituzionale 26 febbraio 1948,
n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna), e dell'art. 6 del d.P.R.  22
maggio 1975, n. 480 (Nuove norme di attuazione dello statuto speciale
della regione autonoma della Sardegna). 
    2.- Si e' costituita in giudizio  la  Regione  autonoma  Sardegna
chiedendo, come ribadito con la  memoria  depositata  in  prossimita'
dell'udienza,  che  le   questioni   prospettate   siano   dichiarate
inammissibili e in subordine non fondate. 
    3.-  E'  intervenuto  in  giudizio   il   Consorzio   Uomini   di
Massenzatica,  ente  di  gestione  della  proprieta'  collettiva  dei
residenti nelle frazioni di Monticelli e Massenzatica del  Comune  di
Mesola,  in  Provincia  di  Ferrara,  chiedendo  che  sia  dichiarata
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge reg. Sardegna
n. 19 del 2013. 
    4.- In via  preliminare,  deve  essere  dichiarato  inammissibile
l'intervento in giudizio del Consorzio Uomini di Massenzatica, atteso
che, secondo la costante giurisprudenza costituzionale,  il  giudizio
di costituzionalita' delle leggi, promosso in via d'azione, si svolge
esclusivamente tra soggetti titolari di potesta'  legislativa,  fermi
restando, per i soggetti privi di tale potesta', i  mezzi  di  tutela
delle  rispettive  posizioni  soggettive,  anche  costituzionali,  di
fronte ad altre istanze giurisdizionali ed  eventualmente  innanzi  a
questa Corte in via incidentale (ex plurimis,  sentenza  n.  220  del
2013). 
    4.1.-  Sempre  in  via   preliminare,   deve   essere   disattesa
l'eccezione della Regione autonoma Sardegna volta a sostenere che  la
norma impugnata si pone in  una  logica  di  continuita'  con  quanto
previsto dalla legge regionale 14 marzo 1994, n. 12 (Norme in materia
di usi civici. Modifica della legge regionale 7 gennaio  1977,  n.  1
concernente l'organizzazione  amministrativa  della  Regione  sarda),
poiche' le nuove disposizioni per la ricognizione generale degli  usi
civici esistenti sul territorio  regionale  e  la  individuazione  su
cartografia  aggiornata  di  dati  e  accertamenti   gia'   esistenti
riportati  su  cartografie  antiche,  mediante  il   previsto   piano
straordinario di accertamento demaniale,  sono  dettate  «in  deroga»
alla citata legge regionale. 
    5.- Nel merito, il ricorrente si duole della prevista progressiva
sdemanializzazione degli usi civici sul territorio sardo,  attraverso
il  piano  straordinario  di  accertamento  demaniale  e  la   delega
conferita in merito ai Comuni, in  quanto,  prevedendo  la  possibile
sostanziale cessazione degli stessi, la norma regionale esorbiterebbe
dalle competenze statutarie ed interferirebbe sulla  conservazione  e
sulla tutela dell'ambiente e del paesaggio, la cui cura e'  demandata
in via esclusiva allo Stato in ragione dei  parametri  costituzionali
sopra richiamati. 
    6.- La questione e' fondata e deve essere accolta nei termini  di
seguito indicati. 
    7.- Occorre premettere che gli usi civici rinvengono  la  propria
disciplina nella legge 16 giugno 1927, n. 1766 (Conversione in  legge
del  regio  decreto  22  maggio  1924,   n.   751,   riguardante   il
riordinamento degli usi civici nel Regno, del regio decreto 28 agosto
1924, n. 1484, che modifica l'art. 26 del  regio  decreto  22  maggio
1924, n. 751, e del regio decreto 16 maggio 1926, n. 895, che proroga
i termini assegnati dall'art. 2 del  regio  decreto-legge  22  maggio
1924, n. 751),  e  nel  relativo  regolamento  di  attuazione,  regio
decreto 26 febbraio 1928, n. 332 (Approvazione del regolamento per la
esecuzione della legge 16 giugno 1927,  n.  1766,  sul  riordinamento
degli usi civici del Regno), nonche' nella legge 31 gennaio 1994,  n.
97 (Nuove disposizioni per le zone montane). 
    7.1.- In origine, la  finalita'  che  il  legislatore  ha  inteso
perseguire era quella della liquidazione degli usi  civici,  per  una
migliore utilizzazione agricola dei relativi terreni, ma cio' non  ha
impedito  la  loro  sopravvivenza  con   un   ruolo   non   marginale
nell'economia agricola del Paese. 
    Peraltro, i profondi mutamenti economici  e  sociali  intervenuti
nel secondo dopoguerra hanno inciso anche in questo settore, mettendo
in  ombra  il  profilo  economico  dell'istituto  ma  ad   un   tempo
evidenziandone la rilevanza quanto ad altri profili e in  particolare
quanto a quelli ambientali. 
    Quest'ultimo interesse ha trovato il suo  riconoscimento,  prima,
con il decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312 (Disposizioni urgenti per
la  tutela  delle  zone   di   particolare   interesse   ambientale),
convertito, con modificazioni, dall'art.  1,  della  legge  8  agosto
1985, n. 431, che novellando l'art. 82 del d.P.R. 24 luglio 1977,  n.
616 (Attuazione della delega di cui all'art.1 della legge  22  luglio
1975,  n.  382)  ha  sottoposto  a  vincolo  paesaggistico  «le  aree
assegnate alle universita' agrarie e le zone gravate da usi  civici»,
e poi con l'art. 142 del d.lgs. n. 42 del 2004. 
    8.-  Si  e'  andato  cosi'  delineando  un   forte   collegamento
funzionale con la tutela dell'ambiente,  cosicche'  allo  stato,  per
quel che riguarda la Regione autonoma Sardegna, gli usi  civici  sono
soggetti a due distinte potesta' legislative, regionale e statale. 
    8.1.- Lo  statuto  speciale  attribuisce  alla  Regione  autonoma
Sardegna,   in   armonia   con   la   Costituzione   e   i   principi
dell'ordinamento giuridico della Repubblica e con il  rispetto  degli
obblighi internazionali e degli interessi  nazionali,  nonche'  delle
norme fondamentali delle riforme economico-sociali della  Repubblica,
la competenza legislativa primaria in materia di usi civici (art.  3,
primo comma, lettera n, dello  statuto)  e  la  conseguente  potesta'
amministrativa (successivo art. 6). 
    Le norme di attuazione dello statuto attribuiscono  alla  Regione
funzioni relative ai beni  culturali  e  ambientali,  nonche'  quelle
relative alla redazione e  all'approvazione  dei  piani  territoriali
paesistici (art. 6 del d.P.R.  n.  480  del  1975),  gia'  introdotti
dall'art. 5 della legge 29 giugno 1939,  n.  1497  (Protezione  delle
bellezze naturali), e  allo  stato  disciplinati  dall'art.  143  del
d.lgs. n. 42 del 2004. 
    Con la legge regionale n. 12 del 1994, la Regione ha disciplinato
l'esercizio delle funzioni ad essa attribuite ai sensi del  parametro
statutario. 
    8.2.- Questa Corte ha affermato che «la conservazione  ambientale
e paesaggistica» spetta, in base all'art. 117, secondo comma, lettera
s), Cost., alla cura esclusiva dello Stato (ex plurimis, sentenza  n.
367 del 2007), aggiungendo che  tale  titolo  di  competenza  statale
«riverbera i suoi effetti anche quando si tratta di Regioni  speciali
o di Province autonome, con l'ulteriore precisazione, pero', che  qui
occorre tener conto degli statuti speciali di autonomia» (sentenza n.
378 del 2007). 
    E cio' in aderenza all'art. 9 Cost., che sancisce quale principio
fondamentale  quello  della  tutela  del   paesaggio,   inteso   come
morfologia del territorio, cioe' l'ambiente nel suo  aspetto  visivo.
In sostanza, e' lo stesso aspetto del  territorio,  per  i  contenuti
ambientali e culturali che contiene, che e'  di  per  se'  un  valore
costituzionale (sentenza n. 367 del 2007). 
    8.3.- Quanto  agli  usi  civici  in  particolare,  la  competenza
statale nella materia trova attualmente la sua espressione nel citato
art. 142 del codice dei  beni  culturali  e  del  paesaggio,  le  cui
disposizioni fondamentali questa Corte ha qualificato come  norme  di
grande riforma economico-sociale (sentenze n. 207 e n. 66  del  2012,
n. 226 e n. 164 del 2009  e  n.  51  del  2006):  esse  si  impongono
pertanto al rispetto del legislatore della Regione autonoma Sardegna,
tenuto conto dei limiti posti dallo stesso statuto sardo alla propria
potesta' legislativa (sentenza n. 51 del 2006). 
    9.- La coesistenza dei due ambiti competenziali impone la ricerca
di un modello procedimentale  che  permetta  la  conciliazione  degli
interessi che sono ad essi sottesi. 
    9.1.- Tale conciliazione sarebbe assicurata, secondo la  Regione,
dalle modalita' di approvazione del piano paesaggistico. 
    Vengono in rilievo,  in  proposito,  l'intesa  stipulata  tra  la
Regione, il Ministero per i beni e  le  attivita'  culturali,  ed  il
Ministero  dell'ambiente,  per  la  definizione  delle  modalita'  di
elaborazione congiunta dei piani paesaggistici, e  l'accordo  di  cui
all'art. 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia
di procedimento amministrativo e di diritto di accesso  ai  documenti
amministrativi). 
    Secondo la Regione, dunque, in quella sede lo Stato,  preso  atto
dell'avvenuta soppressione degli usi civici, potrebbe  imporre  altro
vincolo per la tutela delle relative zone, soddisfacendo  l'interesse
ambientale e paesaggistico di cui e' titolare. 
    9.2.- Tale soluzione e', pero', inadeguata:  in  questo  caso  la
tutela    dell'interesse     ambientale     esige     l'anticipazione
dell'intervento statale alla  fase  della  formazione  del  piano  di
accertamento  straordinario  previsto  dalla  disposizione  regionale
censurata. 
    La necessita' di tale anticipazione deriva  dalla  stessa  natura
del bene protetto. Gli usi  civici  infatti,  analogamente  ad  altre
fattispecie quali le universita' agrarie, i parchi e le riserve,  non
trovano la loro fonte nel dato puramente geografico, oggetto di  mera
rilevazione nel piano paesaggistico (come accade, ad esempio, per  le
fasce  di  rispetto),  bensi'  in  precedenti  atti   amministrativi,
cosicche' e' in  questa  fase  a  monte  che  si  consuma  la  scelta
ambientale. 
    E' quanto avviene nel caso di specie con il piano di accertamento
straordinario, che ha appunto la funzione di confermare o  negare  la
qualificazione delle aree,  con  effetti  definitivi  sulla  relativa
tutela. 
    D'altra parte l'eventuale apposizione di un diverso  vincolo  non
e' in grado di assicurare una tutela equivalente, poiche'  in  questo
caso il mantenimento delle  caratteristiche  morfologiche  ambientali
richiede non una disciplina meramente "passiva", fondata su limiti  e
divieti, ma un intervento attivo,  e  cioe'  la  cura  assidua  della
conservazione  dei  caratteri  che  rendono  il  bene  di   interesse
ambientale. Tale cura, qui affidata  alla  collettivita'  invece  che
alle istituzioni (come accade ad esempio  per  le  zone  umide  e  le
lagune), si concreta in particolari modalita' di uso e di  godimento,
che garantiscono insieme la fruizione e la conservazione del bene. 
    Vi  e',  dunque,  una  connessione  inestricabile   dei   profili
economici, sociali e ambientali, che «configurano uno dei casi in cui
i principi combinati dello sviluppo della persona, della  tutela  del
paesaggio e della funzione sociale della proprieta' trovano specifica
attuazione, dando origine ad una concezione di  bene  pubblico  [...]
quale   strumento   finalizzato   alla   realizzazione   di    valori
costituzionali» (Corte di cassazione, sezioni unite civili,  sentenza
n. 3811 del 2011, a proposito della fattispecie analoga delle  "valli
da pesca"). 
    E' la logica che ha ispirato questa Corte quando ha affermato che
«la sovrapposizione fra tutela del paesaggio e  tutela  dell'ambiente
si riflette in  uno  specifico  interesse  unitario  della  comunita'
nazionale alla conservazione degli usi  civici,  in  quanto  e  nella
misura in cui concorrono a determinare la forma del territorio su cui
si esercitano, intesa quale prodotto di "una integrazione tra uomo  e
ambiente naturale"» (sentenza n. 46 del 1995). 
    In tale prospettiva, deve concludersi che per una efficace tutela
del paesaggio  e  dell'ambiente  non  e'  sufficiente  un  intervento
successivo alla soppressione degli usi civici: occorre  al  contrario
garantire che lo Stato possa far  valere  gli  interessi  di  cui  e'
portatore  sin  nella   formazione   del   piano   straordinario   di
accertamento demaniale, concorrendo a verificare se sussistano o meno
le condizioni per la loro stessa  conservazione,  ferme  restando  le
regole nazionali inerenti al loro regime giuridico  e  alle  relative
forme di tutela. 
    10.- La norma della Regione autonoma Sardegna, quindi, viola  gli
artt. 9 e 117, secondo comma,  lettera  s),  Cost.,  quest'ultimo  in
riferimento agli artt. 135, 142, comma  1,  lettera  h),  e  143  del
d.lgs. n. 42 del 2004, l'art. 3, primo comma, lettera n), della legge
cost. n. 3 del 1948, l'art. 6 del d.P.R. n. 480 del 1975. 
    11.-  Pertanto,  va  dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 1 della legge reg. Sardegna n. 19 del 2013 nella  parte  in
cui non prevede la tempestiva comunicazione del  Piano  straordinario
di accertamento e  degli  altri  atti  modificativi  dei  vincoli  di
destinazione ai competenti organi statali, affinche' lo  Stato  possa
far valere la propria competenza  a  tutelare  il  paesaggio  con  la
conservazione  dei  vincoli  esistenti  o  l'apposizione  di  diversi
vincoli, e affinche', in ogni caso,  effetti  giuridici  modificativi
del regime dei relativi beni non si producano prima, e al  di  fuori,
del Piano paesaggistico regionale. 
    12.-  Altro  profilo  di  illegittimita'   costituzionale   della
medesima norma va ravvisato nel prevedere, da parte della stessa, che
i Comuni, previa intesa tra le parti interessate,  nell'ambito  della
ricognizione generale degli usi civici, possono "attuare" processi di
transazione giurisdizionale a chiusura di  liti  o  cause  legali  in
corso, invece che "proporre" tali processi.  Ed  infatti  anche  tale
previsione,  incidendo   sulla   ricognizione   oggetto   del   Piano
straordinario, viola gli artt. 9 e 117, secondo  comma,  lettera  s),
Cost., quest'ultimo in riferimento agli  artt.  135,  142,  comma  1,
lettera h), e 143 del d.lgs. n. 42 del 2004, l'art. 3,  primo  comma,
lettera n), della legge cost. n. 3 del 1948, l'art. 6 del  d.P.R.  n.
480 del 1975. 
    13.-  Pertanto,  va  dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 1 della legge reg. Sardegna n. 19 del 2013 nella  parte  in
cui prevede che i Comuni possono "attuare"  processi  di  transazione
giurisdizionale, invece che "proporre" tali processi. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1) dichiara inammissibile  l'intervento  spiegato  dal  Consorzio
Uomini di Massenzatica; 
    2) dichiara l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  1  della
legge della Regione autonoma Sardegna 2 agosto  2013,  n.  19  (Norme
urgenti in materia di usi civici, di pianificazione  urbanistica,  di
beni paesaggistici e di impianti eolici): 
    a) nella parte in cui non prevede la tempestiva comunicazione del
Piano straordinario di accertamento e degli altri  atti  modificativi
dei vincoli di destinazione ai competenti organi  statali,  affinche'
lo Stato possa  far  valere  la  propria  competenza  a  tutelare  il
paesaggio con la conservazione dei vincoli esistenti o  l'apposizione
di diversi vincoli, e affinche',  in  ogni  caso,  effetti  giuridici
modificativi del regime dei relativi beni non si producano  prima,  e
al di fuori, del Piano paesaggistico regionale; 
    b) nella parte in cui prevede  che  i  Comuni  possono  "attuare"
processi di transazione giurisdizionale, invece che  "proporre"  tali
processi. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 9 luglio 2014. 
 
                                F.to: 
                     Sabino CASSESE, Presidente 
                    Giancarlo CORAGGIO, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 18 luglio 2014. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI