N. 212 SENTENZA 9 - 18 luglio 2014

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Tutela paesaggistica  -  Istituzione  e  composizione  del  Consiglio
  regionale per la protezione del patrimonio naturale  -  Istituzione
  di parchi e riserve. 
- Legge della Regione siciliana 6  maggio  1981,  n.  98  (Norme  per
  l'istituzione  nella  Regione  siciliana  di   parchi   e   riserve
  naturali), artt. 3, comma 1, lettera e), 6, comma 1, e 28, commi  1
  e 2. 
-   
(GU n.31 del 23-7-2014 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Sabino CASSESE; 
Giudici :Giuseppe TESAURO, Paolo Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe  FRIGO,
  Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,
  Sergio  MATTARELLA,  Mario  Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,
  Giuliano AMATO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt.  3,  comma
1, lettera e), 6, comma 1, e 28, commi  1  e  2,  della  legge  della
Regione siciliana 6 maggio 1981, n. 98 (Norme per l'istituzione nella
Regione  siciliana  di  parchi  e  riserve  naturali),  promossi  dal
Tribunale  amministrativo  regionale  per  la  Sicilia,  sezione   di
Catania, con quattro ordinanze del  2  aprile  2013,  rispettivamente
iscritte ai nn. 154, 155, 156 e 157 del  registro  ordinanze  2013  e
pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  27,  prima
serie speciale, dell'anno 2013. 
    Visti l'atto di costituzione del Consorzio di  tutela  della  IGP
pomodoro di Pachino nonche' gli  atti  di  intervento  della  Regione
siciliana; 
    udito nella camera di consiglio del 23 giugno 2014 e nell'udienza
pubblica del 24 giugno 2014 il Giudice relatore Paolo Grossi; 
    uditi gli avvocati Giuseppe Gambuzza per il Consorzio  di  tutela
della  IGP  pomodoro  di  Pachino  e  Marina  Valli  per  la  Regione
siciliana. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Nel corso di quattro distinti procedimenti -  rispettivamente
promossi dal Consorzio di tutela della IGP pomodoro di Pachino  (r.o.
n. 155 del 2013), dal Comune di Pachino (r.o. n. 154  del  2013),  da
C.S., in proprio e quale legale rappresentante della Azienda agricola
ittica Spatola Francesco & C. (r.o. n. 156  del  2013),  e  da  Acqua
Azzurra spa (r.o. n. 157 del  2013)  nei  confronti  dell'Assessorato
territorio e ambiente della Regione siciliana, per l'annullamento del
decreto   del   Dirigente   generale   del   Dipartimento   regionale
dell'Ambiente n. 577 del 27  luglio  2011,  con  il  quale  e'  stata
istituita la riserva naturale denominata "Pantani della  Sicilia  sud
orientale" -, il Tribunale amministrativo regionale per  la  Sicilia,
sezione di  Catania,  ha  sollevato  -  con  ordinanze  di  contenuto
pressoche' identico - questione di legittimita' costituzionale  degli
artt. 3, comma 1, lettera e), 6, comma 1, e 28, commi 1  e  2,  della
legge della Regione  siciliana  6  maggio  1981,  n.  98  (Norme  per
l'istituzione nella Regione siciliana di parchi e riserve  naturali),
per violazione  dell'art.  117,  secondo  comma,  lettera  s),  della
Costituzione, in relazione all'art. 22 della legge 6  dicembre  1991,
n. 394 (Legge quadro sulle aree protette). 
    Richiamando giurisprudenza propria e del Consiglio di  Stato,  il
Tribunale  rimettente  afferma  che   i   ricorrenti   privati   sono
legittimati a dedurre censure relative  alla  mancata  partecipazione
del Comune al procedimento per la istituzione delle riserve  naturali
regionali,   in   quanto   «ente   esponenziale    della    comunita'
territoriale». 
    Al riguardo, si rileva che la legge regionale siciliana n. 98 del
1981, in tema di forme partecipative dei Comuni alla  istituzione  di
parchi e riserve naturali, stabilisce la  possibilita'  di  formulare
«osservazioni» nei confronti della proposta di  piano  regionale  dei
parchi e delle riserve naturali (art. 28,  comma  1,  in  riferimento
all'art. 4, comma 1, lettera a),  nonche'  la  designazione  di  «tre
esperti» da parte delle  «tre  principali  associazioni  dei  comuni»
(art. 3, comma 1, lettera e), da nominare nell'ambito  del  Consiglio
regionale per la protezione del patrimonio naturale, al quale  spetta
il compito di predisporre il  piano  regionale  dei  parchi  e  delle
riserve naturali (art. 4, comma 1,  lettera  a),  in  attuazione  del
quale si provvede alla emanazione dei decreti istitutivi di parchi  e
riserve (art. 6, commi 1 e 2). 
    Tali forme partecipative sarebbero, anzitutto, previste solo  con
riferimento alla predisposizione  del  piano  regionale,  ma  non  al
procedimento istitutivo delle singole aree; inoltre,  esse  sarebbero
meno garantistiche di quelle previste dall'art. 22 della legge n. 394
del 1991, essendo  dirette  solo  alla  formulazione  di  proposte  e
osservazioni circoscritte al piano regionale. 
    Si rammenta, dunque, la giurisprudenza costituzionale che  -  nel
qualificare il citato art. 22  della  legge  n.  394  del  1991  come
"parametro   interposto"    -    ha    dichiarato    l'illegittimita'
costituzionale di  disposizioni  regionali  che  non  prevedevano  la
partecipazione degli enti  locali  all'istituzione  o  alla  modifica
delle aree protette (sentenza n. 282 del 2000). Il che  dimostrerebbe
l'impossibilita' di  ritenere  integrabile  la  disciplina  regionale
denunciata con le previsioni dettate dal  richiamato  art.  22  della
legge  n.  394  del  1991,  oltre  che   impraticabile   un'eventuale
interpretazione adeguatrice. 
    Si richiama,  inoltre,  la  giurisprudenza  costituzionale  nella
quale si e' sottolineato come la materia dell'«ambiente»,  pur  nella
peculiarita' del relativo atteggiarsi in rapporto ad altri  interessi
e attribuzioni regionali, rientri nella  competenza  esclusiva  dello
Stato, a norma dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., senza
che lo statuto  speciale  per  la  Regione  siciliana  individui  una
disciplina    derogatoria     rispetto     all'indicato     parametro
costituzionale; con la conseguenza che il piu' volte menzionato  art.
22  della  legge  statale  dovrebbe   ritenersi   applicabile   anche
nell'ambito della Regione siciliana. 
    2.- Nei giudizi e' intervenuta la  Regione  siciliana,  chiedendo
che la questione sia dichiarata inammissibile e, comunque, infondata. 
    Quanto ai giudizi proposti  da  privati,  si  deduce  che  questi
ultimi, contrariamente  all'assunto  del  Tribunale  rimettente,  non
sarebbero legittimati a far valere doglianze  relative  alla  mancata
partecipazione al procedimento del Comune di  residenza,  quale  ente
esponenziale della comunita' territoriale. 
    Si osserva, poi, sempre  in  punto  di  ammissibilita',  che  non
sarebbe stato invocato alcun parametro e che se, dal  contesto  della
ordinanza, dovesse ritenersi richiamato l'art.  117,  secondo  comma,
lettera s), Cost., difetterebbe adeguata motivazione circa le ragioni
della presunta violazione; non sarebbe  stata  motivata,  del  resto,
neppure la relativa applicazione alla Regione  siciliana,  dotata  di
autonomia statutaria, cosicche', ai sensi dell'art.  10  della  legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche  al  titolo  V  della
parte seconda della Costituzione), lo statuto di  autonomia  dovrebbe
prevalere, salvo che le norme del Titolo V della Costituzione, di cui
si assume la violazione,  non  forniscano  un  margine  di  autonomia
maggiore rispetto a quello statutariamente assegnato alla Regione. 
    Si osserva, ancora, che la questione sarebbe priva del  requisito
della rilevanza, posto che lo stesso TAR rimettente avrebbe, in altra
pronuncia (sentenza n. 492 del  1998),  fornito  una  interpretazione
costituzionalmente orientata,  reputando  che,  attesa  la  «concreta
incidenza che il provvedimento istitutivo della riserva avrebbe avuto
sui ricorrenti», l'amministrazione era obbligata  a  dar  corso  agli
adempimenti previsti dagli artt. 8 e seguenti della  legge  regionale
30  aprile   1991,   n.   10   (Disposizioni   per   i   procedimenti
amministrativi, il diritto di accesso ai documenti  amministrativi  e
la  migliore  funzionalita'   dell'attivita'   amministrativa),   per
pervenire ad un equilibrato assetto degli interessi coinvolti. 
    Nella specie, il Tribunale rimettente - operando,  a  sua  volta,
una  interpretazione  costituzionalmente  orientata  della  normativa
denunciata -  avrebbe  potuto  respingere  i  ricorsi,  ritenendo  la
questione superata dal fatto che l'istituzione della riserva naturale
era stata preceduta dal parere favorevole del Consiglio regionale per
la protezione del patrimonio naturale, composto, tra  gli  altri,  da
tre esperti designati dalle tre principali associazioni  dei  Comuni,
il cui compito «e' proprio quello di rappresentare, in  seno  a  tale
organismo, le peculiari esigenze dei singoli comuni  che  vengono  di
volta in volta interessati dai provvedimenti istitutivi di  parchi  o
riserve regionali». 
    3.- Nel giudizio di cui all'ordinanza  n.  155  del  2013  si  e'
costituito il Consorzio di tutela  della  IGP  pomodoro  di  Pachino,
ricorrente  in  uno  dei  giudizi  a  quibus,  chiedendo  dichiararsi
l'illegittimita' costituzionale della normativa denunciata. 
    Dopo ampia narrativa concernente la vicenda di  cui  al  giudizio
principale, la parte privata sottolinea come  la  disciplina  dettata
dalla legge regionale n. 98 del 1981 preveda forme di  partecipazione
degli enti  coinvolti  dal  procedimento  di  formazione  delle  aree
protette  «notevolmente  diverse  e  meno  garantistiche  di   quelle
contemplate dall'art. 22 della l. n. 394  del  1991»:  la  disciplina
regionale  si  limiterebbe,   infatti,   a   stabilire   momenti   di
partecipazione (osservazioni e proposte) soltanto con riferimento  al
piano regionale dei parchi e delle riserve naturali, «mentre  nessuna
forma di partecipazione dei  comuni  e  degli  enti  esponenziali  e'
prevista con riferimento al  procedimento  istitutivo  delle  singole
aree protette». Cio'  risulterebbe  ancor  piu'  grave  nel  caso  di
specie, dal momento che il piano regionale, «istituito nel 1991», non
e'  stato  mai  piu'  aggiornato,  malgrado  la  legge  censurata  ne
«prevedesse un aggiornamento quinquennale». 
    L'amministrazione regionale avrebbe dovuto, quindi, verificare la
compatibilita'  delle  norme  in  esame  con  il  mutato  quadro   di
legislazione statale  (legge  quadro  n.  394  del  1991)  e  con  le
modifiche costituzionali in tema di riparto di competenze legislative
tra Stato e Regioni. Tanto il Comune  di  Pachino  che  il  Consorzio
ricorrente   avevano,   peraltro,   gia'   nel   2006,    evidenziato
all'amministrazione regionale la circostanza che il  piano  regionale
dei parchi e delle riserve (approvato con decreto del 10 giugno 1991,
n. 970) era fondato su mappe ormai «obsolete», sollecitando una nuova
istruttoria sul punto. La violazione del  diritto  di  partecipazione
avrebbe, quindi, compromesso gli interessi della comunita' locale, la
cui  economia  e'  fortemente  interessata  dalla  coltivazione   dei
pomodori (si citano, al riguardo, le sentenze n. 282 del  2000  e  n.
315 del 2010 - in tema di competenza statale esclusiva in materia  di
«ambiente» - nonche' le sentenze n. 193 del 2010 e n. 14 del 2012). 
    Si conclude  osservando  che  la  Corte  costituzionale,  con  la
sentenza n. 12 del 2009, ha statuito che, in materia  ambientale,  la
Regione  siciliana  non  ha  alcuna  competenza  esclusiva:  un  atto
legislativo  che  tratti  la  materia  ambientale  dovrebbe,  quindi,
«necessariamente conformarsi alle  ulteriori  fonti  di  diritto  che
vivono nel territorio, soprattutto se gerarchicamente superiori». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione
di Catania, ha sollevato, con quattro ordinanze di analogo contenuto,
questione di legittimita' costituzionale  degli  artt.  3,  comma  1,
lettera e), 6, comma 1, e 28, commi 1 e 2, della legge della  Regione
siciliana 6 maggio 1981, n. 98 (Norme per l'istituzione nella Regione
siciliana di parchi e riserve  naturali),  per  violazione  dell'art.
117, secondo comma, lettera  s),  della  Costituzione,  in  relazione
all'art. 22 della legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge  quadro  sulle
aree protette). 
    A parere del  Tribunale  rimettente,  le  disposizioni  regionali
censurate  si  porrebbero  in  contrasto  con   l'evocato   parametro
costituzionale, in quanto le stesse - a differenza del predetto  art.
22 della legge n. 394 del 1991, che  prevede  la  partecipazione  dei
Comuni al procedimento di istituzione delle  aree  naturali  protette
regionali, «attraverso conferenze per la redazione di un documento di
indirizzo relativo all'analisi territoriale dell'area da destinare  a
protezione, alla perimetrazione provvisoria, all'individuazione degli
obiettivi   da   perseguire,   alla   valutazione    degli    effetti
dell'istituzione   dell'area   protetta   sul   territorio»   -    si
limiterebbero a stabilire (in materia riservata allo Stato e  per  la
quale non e' stabilita una disciplina derogatoria  dallo  statuto  di
autonomia),  momenti  di  partecipazione  (osservazioni  e  proposte)
soltanto con riferimento  al  piano  regionale  dei  parchi  e  delle
riserve naturali, escludendo qualsiasi forma  di  partecipazione  dei
Comuni e degli enti  esponenziali  con  riferimento  al  procedimento
istitutivo delle singole aree protette. 
    2.- Le ordinanze di rimessione sollevano  un'identica  questione,
sicche' i relativi giudizi vanno  riuniti  per  essere  definiti  con
un'unica decisione. 
    3.- Vanno preliminarmente disattese  le  deduzioni  svolte  dalla
difesa della Regione siciliana per sollecitare  una  declaratoria  di
inammissibilita' della  questione  per  difetto  di  motivazione  sul
parametro di riferimento e sulla rilevanza. 
    Occorre, infatti, innanzi tutto, rilevare,  quanto  alla  pretesa
mancata  deduzione  del  parametro  di   costituzionalita',   che   i
provvedimenti  di  rimessione,  ancorche'  formalmente  privi   della
relativa enunciazione in parte dispositiva, recano, nel  corpo  della
motivazione, univoco richiamo, anche attraverso  la  citazione  della
giurisprudenza  di  questa  Corte,  alla  violazione  dell'art.  117,
secondo comma, lettera s), Cost., espressamente chiamando  in  causa,
come   normativa   interposta,   la   disciplina    dettata,    quale
normativa-quadro statale di riferimento, dall'art. 22 della legge  n.
394 del 1991. 
    Deve parimenti essere disattesa l'eccezione secondo la  quale  il
giudice rimettente avrebbe omesso di motivare sulla  rilevanza  della
questione, in particolare non  spiegando  le  ragioni  per  le  quali
avrebbe   reputato   impraticabile   una   soluzione   interpretativa
adeguatrice, che ponesse la normativa censurata in linea  con  quella
statale, malgrado una simile  interpretazione  fosse  stata  adottata
dallo stesso Tribunale in altra risalente pronuncia. 
    Nelle ordinanze di rimessione,  infatti,  la  tematica  e'  stata
espressamente affrontata, giungendo alla motivata e non  implausibile
conclusione  che,  attesa   l'"autosufficienza"   strutturale   della
disciplina regionale, circa le  modalita'  partecipative  degli  enti
locali  al  procedimento  di  istituzione  delle   riserve   naturali
regionali,  le  stesse  «non  possano   essere   integrate   in   via
interpretativa  o  giurisprudenziale»,  ma  debbano  conseguentemente
essere sottoposte al vaglio di legittimita' costituzionale. 
    4.- Nel merito, la questione relativa agli artt. 6,  comma  1,  e
28, commi 1 e 2, e' fondata. 
    Questa Corte ha reiteratamente avuto modo di sottolineare come la
disciplina delle aree protette, contenuta  nella  legge  n.  394  del
1991, rientri nella competenza esclusiva dello Stato  in  materia  di
«tutela dell'ambiente» prevista dall'art. 117, secondo comma, lettera
s), Cost. (ex plurimis, sentenze n. 263 e n. 44 del 2011). 
    Del pari consolidato e' l'assunto  secondo  il  quale  la  stessa
disciplina, enunciando la  normativa-quadro  di  settore  sulle  aree
protette, detta i principi fondamentali della materia,  ai  quali  la
legislazione regionale e' chiamata  ad  adeguarsi,  assumendo  dunque
anche i connotati di normativa interposta (sentenze n. 14  del  2012,
n. 108 del 2005 e n. 282 del 2000). 
    Allo stesso modo, non controversa -  e  non  contrastata  neppure
dalla Regione siciliana intervenuta nel giudizio -  e'  la  rilevanza
che, nel contesto della normativa-quadro di cui si e'  detto,  assume
la  specifica  disciplina  diretta  a   regolare   le   forme   della
partecipazione dei diversi soggetti al procedimento istitutivo  delle
aree protette: essendo del tutto evidente  il  primario  risalto  che
assumono  le  voci  dei   "protagonisti"   socio-economici   di   una
determinata zona, specie attraverso i relativi enti esponenziali,  ai
fini  della  realizzazione  di  un   progetto   di   "perimetrazione"
funzionale che, ineluttabilmente, finisce per  coinvolgere  interessi
locali, di varia e non di rado antagonistica natura. 
    Ebbene, dal sollecitato raffronto tra l'art. 22 della piu'  volte
citata legge n. 394 del 1991 e le disposizioni regionali qui  ora  in
esame, emerge senza ombra di dubbio un  sensibile  "scostamento",  in
chiave  inammissibilmente  riduttiva,  quanto  al  livello  ed   alle
garanzie  partecipative,  che  nessuna   operazione   ermeneutica   -
diversamente da come con insistenza prospettato  dalla  interveniente
Regione siciliana - e' in grado di colmare. 
    L'art. 22  della  legge  statale,  infatti,  stabilisce  -  quali
«principi fondamentali per la disciplina delle aree naturali protette
regionali» - che, nel procedimento  destinato  all'istituzione  delle
aree medesime, sono chiamate a partecipare le Province, le  comunita'
montane ed i Comuni, attraverso forme articolate  e  puntuali,  quali
«conferenze per la redazione di un documento  di  indirizzo  relativo
all'analisi territoriale dell'area da destinare  a  protezione,  alla
perimetrazione provvisoria,  all'individuazione  degli  obiettivi  da
perseguire, alla valutazione degli effetti dell'istituzione dell'area
protetta sul territorio». Enti locali chiamati,  poi,  alla  gestione
dell'area protetta. 
    Stabilisce, poi, il comma 2 dello stesso articolo - ad  ulteriore
contrassegno della importanza annessa al livello  ed  alle  forme  di
partecipazione  delle  comunita'  locali  -,  che,  fatte  salve   le
rispettive competenze per le Regioni a  statuto  speciale  e  per  le
Province autonome di Trento e  di  Bolzano,  «costituiscono  principi
fondamentali di riforma  economico-sociale  la  partecipazione  degli
enti locali alla istituzione e alla gestione delle aree protette e la
pubblicita' degli atti relativi alla istituzione dell'area protetta e
alla definizione del piano per il parco». 
    Il censurato art. 6 della legge regionale in discorso, invece, si
limita, al  comma  1,  a  stabilire  che,  in  attuazione  del  piano
regionale dei parchi e delle riserve  naturali,  di  cui  all'art.  5
della legge medesima, si provvede alla istituzione dei parchi e delle
riserve con decreto dell'Assessore  regionale  per  il  territorio  e
l'ambiente,  previo  parere  del  Consiglio  regionale.   I   decreti
istitutivi - puntualizza il successivo  comma  3  -  «conterranno  la
delimitazione  definitiva  delle  singole  riserve,  l'individuazione
dell'affidatario e la statuizione degli  obblighi  dello  stesso,  in
rapporto alle indicazioni tecniche fissate  dal  Consiglio  regionale
per la realizzazione dei fini istituzionali delle  riserve  medesime.
Detti decreti recheranno  in  allegato  il  regolamento  con  cui  si
stabiliscono le modalita' d'uso e i divieti da osservarsi». 
    Alla interlocuzione di  soggetti  estranei  alla  amministrazione
regionale e' dedicato il solo art. 28, il quale stabilisce, al  comma
2, che, entro trenta giorni dalla pubblicazione, fra  l'altro,  della
proposta di piano regionale dei  parchi  e  delle  riserve  naturali,
predisposto dal Consiglio regionale per la protezione del  patrimonio
naturale, a norma dell'art. 4, comma 1, lettera a),  «privati,  enti,
organizzazioni   sindacali,   cooperativistiche,   sociali   potranno
presentare osservazioni su cui motivatamente dovra' dedurre l'ente  o
l'ufficio proponente e  che  dovranno  formare  oggetto  di  motivata
deliberazione da  parte  dell'ente  preposto  all'approvazione  degli
strumenti suddetti contestualmente alla stessa approvazione». 
    Si tratta,  evidentemente,  in  entrambi  i  descritti  casi,  di
previsioni di gran lunga meno garantistiche di quelle statali in tema
di partecipazione degli enti territoriali locali al  procedimento  di
istituzione  delle  aree  naturali  regionali  protette:  l'unico   e
limitato segmento "consultivo" e' previsto, infatti, genericamente  e
indistintamente, a favore di figure  soggettive  prive  di  qualsiasi
caratterizzazione "individualizzante"  e  in  riferimento  alla  mera
facolta'  di  «presentare  osservazioni»;  non  gia',  peraltro,   in
relazione  al  provvedimento  istitutivo  di  una  determinata   area
protetta,  ma  solo  alla  pubblicazione  della  proposta  di   piano
regionale dei parchi e delle riserve naturali. Non senza  evidenziare
come nessun risalto  partecipativo  venga  poi  assegnato  agli  enti
locali in tema di gestione delle aree. 
    Le disposizioni qui in esame, pertanto, omettendo di  assicurare,
in particolare ai Comuni, la possibilita' di rappresentare sul  piano
procedimentale, secondo le opportune forme,  i  molteplici  interessi
delle relative comunita', risultano  in  contrasto  con  i  parametri
evocati  e  vanno  dichiarate,  in  parte   qua,   costituzionalmente
illegittime. 
    5.- Le ragioni di illegittimita' costituzionale teste'  enunciate
a proposito degli artt. 6, comma 1, e 28, commi 1 e  2,  della  legge
regionale in discorso, non valgono per la norma di cui al  denunciato
art. 3, comma 1, lettera e). 
    Nell'attribuire alle «tre principali associazioni dei comuni»  il
potere di designare  «tre  esperti»  come  componenti  di  un  organo
eminentemente  tecnico-professionale,   quale   il   gia'   ricordato
Consiglio regionale per la protezione del  patrimonio  naturale  (nel
quale e' prevista la partecipazione, tra gli altri,  di  «un  esperto
designato dall'Unione delle  Province  d'Italia  (UPI)»,  di  docenti
universitari proposti  dalle  «universita'  dell'isola»,  di  esperti
proposti  «dalla  sezione  regionale   dell'Istituto   nazionale   di
urbanistica  e  dall'Istituto  internazionale  di  vulcanologia   del
Consiglio nazionale delle ricerche» o designati da una serie di  enti
e associazioni del settore, tutti  «scelti  fra  persone  di  alta  e
sperimentata competenza nel campo della salvaguardia della  natura  e
dell'ambiente», secondo l'espressa previsione di cui al comma 2 dello
stesso art. 3), la predetta  disposizione  denunciata  assicura,  sia
pure in una forma  variamente  indiretta,  un  livello  partecipativo
minimo anche degli enti locali conforme o  non  incompatibile  con  i
principi di cui alla richiamata legislazione dello Stato. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi, 
    1) dichiara l'illegittimita' costituzionale degli artt. 6,  comma
1, e 28, commi 1 e 2, della legge della Regione  siciliana  6  maggio
1981, n. 98 (Norme  per  l'istituzione  nella  Regione  siciliana  di
parchi e riserve naturali), nella parte in cui stabiliscono forme  di
partecipazione degli enti locali nel  procedimento  istitutivo  delle
aree naturali protette regionali diverse da quelle previste dall'art.
22 della legge 6 dicembre 1991,  n.  394  (Legge  quadro  sulle  aree
protette); 
    2)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 3, comma 1, lettera e),  della  legge  della
Regione siciliana 6 maggio 1981, n. 98 (Norme per l'istituzione nella
Regione siciliana  di  parchi  e  riserve  naturali),  sollevata,  in
riferimento  all'art.  117,  secondo   comma,   lettera   s),   della
Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la  Sicilia,
sezione di Catania, con l'ordinanza in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 9 luglio 2014. 
 
                                F.to: 
                     Sabino CASSESE, Presidente 
                       Paolo GROSSI, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 18 luglio 2014. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI