N. 213 SENTENZA 9 - 18 luglio 2014

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Espropriazione per pubblica utilita' - Determinazione dell'indennita'
  di esproprio per i suoli agricoli e per i suoli non edificabili. 
- Legge della Provincia autonoma di Bolzano 15  aprile  1991,  n.  10
  (Espropriazioni per causa di pubblica utilita' per tutte le materie
  di competenza  provinciale),  art.  8,  comma  3,  come  sostituito
  dall'art. 38, comma 7, della  legge  della  Provincia  autonoma  di
  Bolzano 10 giugno 2008, n. 4 (Modifiche  di  leggi  provinciali  in
  vari settori e altre disposizioni). 
-   
(GU n.31 del 23-7-2014 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Sabino CASSESE; 
Giudici  :Paolo  Maria   NAPOLITANO,   Giuseppe   FRIGO,   Alessandro
  CRISCUOLO,  Paolo  GROSSI,  Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Sergio
  MATTARELLA, Mario Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,  Giuliano
  AMATO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 8, comma 3,
della legge della Provincia autonoma di Bolzano 15 aprile 1991, n. 10
(Espropriazioni per causa di pubblica utilita' per tutte  le  materie
di competenza provinciale),  sostituito  dall'art.  38,  comma  7-bis
(recte: comma 7), della legge della Provincia autonoma di Bolzano  10
giugno 2008, n. 4 (Modifiche di leggi provinciali in vari  settori  e
altre  disposizioni),  promosso  dalla  Corte   di   cassazione   nei
procedimenti vertenti tra Coldereiser srl ed  altro  e  la  Provincia
autonoma di Bolzano ed altri, con ordinanza del  14  settembre  2012,
iscritta al n. 285 del registro ordinanze  2012  e  pubblicata  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  51,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2012. 
    Visto l'atto di costituzione di Coldereiser srl; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  20  maggio  2014  il  Giudice
relatore Alessandro Criscuolo. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- La Corte di cassazione, con ordinanza del 14  settembre  2012
(r.o. n. 285 del 2012), ha sollevato, in riferimento  agli  artt.  3,
42, terzo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, questioni di
legittimita' costituzionale dell'art. 8, comma 3, della  legge  della
Provincia autonoma di Bolzano 15 aprile 1991, n.  10  (Espropriazioni
per causa di pubblica utilita' per tutte  le  materie  di  competenza
provinciale), come sostituito dall'art. 38, comma 7-bis (recte: comma
7), della legge della Provincia autonoma di Bolzano 10  giugno  2008,
n. 4  (Modifiche  di  leggi  provinciali  in  vari  settori  e  altre
disposizioni). 
    1.1.-  La  rimettente  espone  che,  in  sede  di   giudizio   di
opposizione alla stima  proposto  dal  sig.  E.P.  nei  confronti  di
Coldereiser srl, la Corte d'appello di Trento, sezione distaccata  di
Bolzano, con sentenza del 22 marzo  2005,  ha  liquidato,  in  favore
dell'attore, la somma di euro 42.151,20 a titolo  di  indennita'  per
l'imposizione di una servitu' di pista da sci su un terreno di 16.212
mq di proprieta' di quest'ultimo, situato  nel  territorio  di  Santa
Cristina Valgardena, nonche' la somma di euro 648,48 annui  a  titolo
di risarcimento per le perdite di raccolto passate e future; che,  ad
avviso della Corte trentina, doveva farsi  applicazione  dell'art.  9
della legge provinciale 26 febbraio 1981, n. 6 (Ordinamento piste  da
sci), non abrogata, ma solo  modificata  per  effetti  marginali  dai
commi 1 e 2 dell'art. 10 della legge  prov.  n.  10  del  1991;  che,
pertanto, l'indennita' andava liquidata in  misura  pari  al  10  per
cento del valore del terreno; che detto valore andava calcolato  alla
stregua dei criteri di classificazione emergenti  dall'art.  8  della
legge prov. n. 10 del 1991 e che, trattandosi di suolo  destinato  ad
insediamento produttivo, l'indennita'  doveva  essere  rapportata  al
valore di mercato dell'immobile, stimato in euro 26 al mq. 
    La citata sentenza della  Corte  d'appello  di  Trento  e'  stata
impugnata dalla societa' Coldereiser srl con ricorso  per  cassazione
articolato su tre motivi, cui E.P. ha  resistito  con  controricorso,
proponendo, al contempo, ricorso incidentale condizionato. 
    Con il primo motivo - come riferito dalla Corte di  cassazione  -
la  ricorrente  principale  ha  denunciato  la  violazione  e   falsa
applicazione dell'art. 10 della legge prov. Bolzano n. 10  del  1991,
ritenendo che, nella specie, non dovesse farsi applicazione dell'art.
9 della legge prov. n. 6 del 1981 che determina  in  una  percentuale
fissa la diminuzione del valore dell'immobile soggetto a servitu'  di
pista da sci, bensi' del citato art. 10 della legge prov. Bolzano  n.
10 del 1991, la quale prevede la determinazione di detta  percentuale
ad opera di apposita commissione  istituita  ai  sensi  dell'art.  11
della legge medesima - commissione che, nel  caso  di  specie,  aveva
ritenuto la perdita di valore del terreno di proprieta' di E.P.  pari
al 7 per cento. 
    Con il secondo motivo, la societa' ricorrente  ha  denunciato  la
violazione e falsa applicazione degli artt. 8 e 10 della legge  prov.
Bolzano n. 10 del 1991 e dell'art. 5-bis del decreto-legge 11  luglio
1992, n.  333  (Misure  urgenti  per  il  risanamento  della  finanza
pubblica) convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1,  della
legge 8 agosto 1992, n.  359,  nonche'  vizio  di  motivazione  della
sentenza impugnata. A sostengo delle dette censure, la ricorrente  ha
osservato che: 1) il terreno oggetto di causa, alla data di emissione
del decreto di asservimento, era situato in zona  "verde  alpino"  ad
altitudine superiore ai 1600 metri sul livello del mare  e,  percio',
soggetto a vincolo generale di inedificabilita', ai sensi dell'art. 1
della legge della Provincia autonoma di Bolzano 25 luglio 1970, n. 16
(Tutela del paesaggio),  come  modificato  dall'art.  1  della  legge
provinciale  23  dicembre  1987,  n.  35  (Integrazione  della  legge
provinciale 25 luglio 1970, n. 16 modificata dalla legge  provinciale
19 settembre 1973, n. 37, sulla tutela del paesaggio);  2)  che,  con
sentenza n. 80 del 1996, la  Corte  costituzionale  aveva  dichiarato
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 8,  comma  1,  della  legge
prov.  Bolzano  n.  10  del  1991  nella  parte  in  cui  determinava
l'indennita'  di  espropriazione  con  criterio  non  adeguato   alla
distinzione, introdotta dall'art. 5-bis del d.l.  n.  333  del  1992,
convertito, con modificazioni,  dalla  legge  n.  359  del  1992  tra
terreni edificabili e terreni agricoli o non edificabili; 3)  che  la
Corte  territoriale  avrebbe  dovuto  tenere  conto  della   predetta
distinzione  e   stimare   il   terreno   con   riguardo   alla   sua
classificazione agricola. 
    Con il terzo  motivo,  infine,  Coldereiser  srl  ha  dedotto  la
contraddittorieta' del dispositivo rispetto  alla  motivazione  della
sentenza   quanto   alla   liquidazione   dell'indennita'    annuale,
riconosciuta all'attore a titolo di risarcimento dei danni  (indicata
nella somma di euro 648,48 nel  dispositivo,  e  di  euro  486,36  in
motivazione). 
    Con  l'unico  motivo  del  ricorso  incidentale  condizionato   -
riferisce ancora la rimettente - E.P.  ha  denunciato  la  violazione
dell'art. 10 della legge prov. Bolzano n. 10 del 1991, rilevando che,
nell'ipotesi in cui l'art. 9 della legge prov. n. 6 del 1981  dovesse
ritenersi effettivamente abrogato dalla citata legge prov. n. 10  del
1991, risulterebbe inadeguata la percentuale di riduzione del  valore
del fondo del 10 per cento stabilita dalla Corte d'appello, stante la
determinazione della stessa ad opera del CTU nella misura del 50  per
cento. 
    1.2.- La Corte di cassazione richiama il contenuto  dell'art.  8,
comma 3, della legge prov. Bolzano n. 10 del  1991,  come  sostituito
dall'art. 38, comma 7-bis (recte: comma 7) della legge prov.  Bolzano
n. 4 del 2008, che dispone: «L'indennita' di  espropriazione  per  le
aree non edificabili consiste nel giusto prezzo da attribuire,  entro
i  valori  minimi  e  massimi  stabiliti  dalla  Commissione  di  cui
all'articolo 11, all'area quale terreno agricolo  considerato  libero
da vincoli di contratti agrari, secondo il tipo di coltura in atto al
momento dell'emanazione del decreto di cui all'articolo 5». 
    Ad avviso della rimettente, la censurata disposizione  normativa,
che non appare suscettibile di un'interpretazione diversa  da  quella
letterale, stabilisce un criterio di determinazione delle  indennita'
dei  suoli   non   edificabili   -   nei   quali   devono   ritenersi
necessariamente compresi i suoli agricoli -  situati  nel  territorio
della Provincia autonoma di Bolzano, del tutto disancorato  dal  loro
effettivo valore di mercato. 
    La  Corte  di  cassazione  osserva  che,  per  quanto  non  possa
escludersi che il valore  di  mercato  e  quello  agricolo  minimo  o
massimo di tali categorie di immobili siano  talvolta,  in  concreto,
coincidenti,  molto   spesso   il   primo   valore   risulta   (anche
notevolmente) superiore al secondo, in quanto l'appetibilita'  di  un
terreno sul mercato non dipende solo dalla sua edificabilita', ma  da
molteplici altri fattori, quali, in primo luogo, la sua  posizione  e
le concrete possibilita' di un  suo  sfruttamento  per  fini  diversi
dalla coltivazione. 
    Il giudice a quo reputa le sollevate  questioni  di  legittimita'
costituzionale rilevanti nel giudizio a  quo,  e  non  manifestamente
infondate, stante la  apparente  fondatezza  del  secondo  motivo  di
ricorso con  il  quale  Coldereiser  srl  ha  lamentato  l'erroneita'
dell'individuazione, da parte della Corte d'appello, del criterio  di
determinazione dell'indennita' di asservimento del terreno oggetto di
causa che non sarebbe stato valutato come agricolo. 
    La rimettente riferisce che la Corte di merito ha ritenuto l'area
in oggetto caratterizzata da «intrinseca capacita' produttiva di tipo
non agricolo» e ha affermato che doveva farsi applicazione  dell'art.
8, comma 5, della legge prov. Bolzano n.  10  del  1991,  secondo  il
quale per le «aree su cui  esistono  edifici,  impianti  o  opere  di
urbanizzazione l'indennita' consiste nel  giusto  prezzo  che  l'area
avrebbe avuto  in  una  libera  contrattazione  di  compravendita  al
momento di emissione del decreto». 
    La Corte di  cassazione  aggiunge  che,  ad  avviso  della  Corte
d'appello, sebbene i terreni in oggetto fossero inclusi in  una  zona
destinata a "verde alpino" e sugli stessi  non  esistessero  edifici,
impianti od opere di urbanizzazione, la loro naturale predisposizione
all'uso quale pista da sci aveva impresso agli stessi la qualifica di
aree contraddistinte da un'evidente produttivita' di tipo industriale
prevalente sulla trascurabile destinazione agricola. Inoltre,  sempre
secondo la  Corte  di  merito,  l'autentico  e  fondamentale  fattore
produttivo sarebbe stato rappresentato proprio dai terreni aventi  le
richieste caratteristiche strutturali (connotati morfologici tali  da
renderli idonei alla realizzazione di piste da sci e compatibili  con
le esigenze ambientali), mentre gli impianti di risalita  assolvevano
ad una funzione strumentale e secondaria. 
    La Corte di cassazione evidenzia come, secondo la  giurisprudenza
di legittimita', l'art. 8, comma 5, della citata legge  prov.  n.  10
del 1991 si riferisca soltanto alle  aree  sulle  quali  siano  stati
costruiti  edifici   ed   installate   attrezzature   od   opere   di
urbanizzazione  tali  da  avere  impresso  al  terreno  una   stabile
trasformazione - cosi' da rendere attuali le originarie potenzialita'
edificatorie del terreno medesimo - e  non  gia'  a  qualunque  fondo
(anche non edificatorio) sul quale sussista  un  qualsiasi  manufatto
assimilabile a quelli indicati  dalla  norma  (Corte  di  cassazione,
prima sezione civile, sentenza 3 giugno 2010, n. 13461). 
    La  rimettente  osserva  che  il  suolo  asservito  nel  giudizio
principale risultava classificato  nel  piano  urbanistico  comunale,
adottato il 24 settembre 1997 e vigente alla data  di  emissione  del
decreto di asservimento (21 dicembre 2002), come «verde alpino, prato
di  montagna»,  «destinato  all'esercizio  della   pratica   sportiva
invernale». 
    Si trattava, dunque,  secondo  la  Corte  di  cassazione,  di  un
terreno sul quale era vietata «qualsiasi edificazione  ad  esclusione
dei  lavori  strettamente   necessari   per   l'allestimento   e   la
manutenzione delle piste» e che non poteva essere equiparato, ai fini
della stima dell'indennita',  alle  aree  su  cui  esistono  edifici,
impianti od opere di urbanizzazione. 
    La rimettente ritiene, dunque, fondato il motivo di  ricorso  con
il quale Coldereiser srl ha  lamentato  la  mancata  valutazione  del
terreno in oggetto come agricolo. 
    Ad avviso  della  Corte  di  cassazione,  la  sentenza  impugnata
andrebbe cassata e la causa rinviata al giudice  del  merito  per  la
determinazione dell'indennita' in base al criterio di cui all'art. 8,
comma  3,  della  legge  prov.  Bolzano  n.  10  del  1991,   essendo
irrilevante che la ricorrente abbia erroneamente individuato la norma
violata nell'art. 5-bis del d.l. n. 333  del  1992,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge n. 359 del 1992. 
    Infatti, il testo dell'art. 8 della legge prov. Bolzano n. 10 del
1991, vigente alla data di emanazione della sentenza  impugnata,  era
gia' stato  modificato  dall'art.  18  della  legge  della  Provincia
autonoma di Bolzano 30  gennaio  1997,  n.  1  (Disposizioni  per  la
formazione del bilancio di previsione per l'anno finanziario  1997  e
per il triennio 1997-1999  e  norme  legislative  collegate  -  legge
finanziaria 1997), il quale,  recependo  il  dettato  della  sentenza
della Corte costituzionale n. 80 del 1996,  vi  aveva  introdotto  la
distinzione tra suoli edificabili e suoli agricoli e il comma 3,  del
medesimo articolo, all'epoca vigente, gia' prevedeva che per le  aree
non edificabili l'indennita' di espropriazione andasse commisurata al
giusto prezzo - entro i valori minimi  e  massimi  stabiliti  da  una
apposita commissione - da attribuire all'area quale terreno  agricolo
considerato libero da vincoli contrattuali agrari e secondo  il  tipo
di  coltura  in  atto  al  momento  dell'emanazione  del  decreto  di
esproprio o di asservimento. 
    La rimettente  riferisce  che  -  secondo  quanto  dedotto  dalla
societa' ricorrente e confermato dalla CTU disposta in corso di causa
- il valore agricolo determinato dalla commissione provinciale per il
tipo di  coltura  (malga)  praticata  sul  fondo  oggetto  di  causa,
oscillava tra un minimo di euro 0,60 e un massimo di euro 0,80 a mq. 
    Ne conseguirebbe,  alla  stregua  della  disciplina  vigente,  la
liquidazione da parte della Corte territoriale, in favore di E.P., di
un'indennita' irrisoria rispetto a  quella  determinata  in  base  al
valore di mercato del suolo, stimato dal giudice di merito in euro 26
al mq. 
    1.3.- In punto  di  non  manifesta  infondatezza  la  rimettente,
dunque, dubita della legittimita' costituzionale dell'art.  8,  comma
3, della  legge  prov.  Bolzano  n.  10  del  1991,  come  sostituito
dall'art. 38, comma 7-bis (recte: comma 7) della legge prov.  Bolzano
n. 4 del 2008, in riferimento agli artt. 3, 42, terzo comma,  e  117,
primo comma, Cost. 
    La rimettente ravvisa la violazione dell'art. 117,  primo  comma,
Cost., per contrasto con le norme internazionali convenzionali ed, in
particolare, con l'art. 1  del  primo  protocollo  addizionale  della
Convenzione  per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  e  delle
liberta' fondamentali (CEDU), firmata a  Roma  il  4  novembre  1950,
ratificata e resa esecutiva  dalla  legge  4  agosto  1955,  n.  848,
nell'interpretazione datane dalla Corte di  Strasburgo,  secondo  cui
una misura che costituisce un'ingerenza nel diritto al  rispetto  dei
beni di una persona fisica o giuridica  deve  realizzare  "un  giusto
equilibrio" tra le esigenze di interesse generale della comunita'  ed
il  principio  della  salvaguardia  dei  diritti  e  delle   liberta'
fondamentali. 
    Secondo la Corte  di  Strasburgo,  la  necessita'  di  assicurare
siffatto "equilibrio" concerne tutto il  contenuto  dell'art.  1  del
primo protocollo addizionale: infatti, la disposizione relativa  alla
impossibilita' di privare qualcuno della sua proprieta', se  non  per
causa di pubblica utilita' e nelle condizioni previste dalla legge  e
dai principi generali  di  diritto  internazionale,  dovrebbe  essere
letta alla luce del principio del diritto di ognuno al  rispetto  dei
beni di sua proprieta' (Corte EDU, sezione prima,  sentenza  9  marzo
2006, n. 10162 Eko-EldaAvee contro Grecia). Al fine di  stabilire  se
le misure adottate da uno Stato nell'interesse generale  garantiscano
un giusto  equilibrio  e  non  riversino  sul  proprietario  un  peso
sproporzionato, occorrerebbe prendere in considerazione le  modalita'
di indennizzo previste dalle leggi interne. 
    La rimettente evidenzia che secondo la giurisprudenza della Corte
di Strasburgo: 1) senza il versamento di  una  somma  ragionevole  in
rapporto al valore del bene, la privazione della  proprieta'  che  si
realizza   attraverso   l'espropriazione   costituisce    normalmente
un'ingerenza  eccessiva  con  violazione  dell'art.   1   del   primo
protocollo addizionale; 2) in caso di espropriazione  isolata  di  un
terreno, soltanto un indennizzo  integrale  puo'  essere  considerato
ragionevole, mentre la mancanza di un indennizzo integrale, ai  sensi
dell'art. 1 del  primo  protocollo  addizionale,  puo'  giustificarsi
soltanto in presenza di obiettivi legittimi di pubblica utilita'  che
perseguono misure di riforma economica o di giustizia sociale  (Corte
EDU, sezione prima, sentenze n. 10162 del 2006 e 29 luglio  2004,  n.
36913, Scordino contro Italia). 
    La Corte di cassazione,  in  definitiva,  ritiene  che  la  norma
censurata si ponga in contrasto con l'art. 117, primo  comma,  Cost.,
per  violazione  dell'art.  1  del   primo   protocollo   addizionale
nell'interpretazione datane dalla Corte EDU,  in  quanto  prevede  un
criterio di determinazione dell'indennita' di esproprio dei suoli non
edificabili astratto e predeterminato - qual e' quello del valore tra
un minimo e un massimo attribuito all'area  quale  terreno  agricolo,
considerato libero da vincoli di contratti agrari e secondo  il  tipo
di  coltura  in  atto  al  momento  dell'emanazione  del  decreto  di
espropriazione  o  di  asservimento  -  del  tutto  svincolato  dalla
considerazione dell'effettivo valore di mercato dei  suoli  medesimi,
senza assicurare, dunque, il  versamento  all'avente  diritto  di  un
indennizzo integrale o quantomeno "ragionevole". 
    Per le medesime ragioni, ad avviso della Corte di cassazione,  la
norma censurata violerebbe anche l'art. 42, terzo comma, Cost.,  come
interpretato costantemente dalla Corte costituzionale (sentenza n.  5
del 1980), nel senso che, pur non essendo il  legislatore  tenuto  ad
individuare  un  unico  criterio  di  determinazione  dell'indennita'
valido per ogni fattispecie espropriativa o ad assicurare l'integrale
riparazione  della  perdita  subita  dal  proprietario   espropriato,
l'indennita' medesima  non  potrebbe  essere  meramente  simbolica  o
irrisoria, ma dovrebbe rappresentare un serio ristoro. 
    La rimettente ricorda che la Corte costituzionale, nella sentenza
n. 181 del 2011 - con la quale e' stata  dichiarata  l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 5-bis, comma 4, del d.l. n.  333  del  1992,
convertito, con modificazioni,  dalla  legge  n.  359  del  1992,  in
combinato disposto con gli artt. 15, primo comma, secondo periodo,  e
16, quinto e sesto  comma,  della  legge  22  ottobre  1971,  n.  865
(Programmi e coordinamento dell'edilizia residenziale pubblica; norme
sull'espropriazione per pubblica utilita'; modifiche ed  integrazioni
alla legge 17 agosto 1942, n. 1150; alla legge  18  aprile  1962,  n.
167; alla legge 29 settembre 1964, n. 847; ed autorizzazione di spesa
per interventi straordinari nel settore  dell'edilizia  residenziale,
agevolata e convenzionata) - ha affermato che  «l'art.  1  del  primo
protocollo della CEDU,  nelle  sue  proposizioni,  si  riferisce  con
previsione chiaramente generale ai beni, senza operare distinzioni in
ragione della qualitas rei»; che, come posto in luce  nella  sentenza
n. 348 del 2007, «sia la giurisprudenza  della  Corte  costituzionale
italiana sia quella della Corte europea concordano nel  ritenere  che
il   punto   di   riferimento   per   determinare   l'indennita'   di
espropriazione deve essere il valore di mercato (o venale)  del  bene
ablato»; che «tale punto di riferimento non puo' variare  secondo  la
natura del bene, perche' in tal modo verrebbe  meno  l'ancoraggio  al
dato della realta'  postulato  come  necessario  per  pervenire  alla
determinazione di una giusta indennita'». 
    La Corte di cassazione ritiene che la norma censurata si ponga in
contrasto, altresi', con l'art. 3 Cost., in quanto il primo comma del
medesimo art. 8, fatte salve le ipotesi di espropriazione finalizzate
all'attuazione  di  interventi  di  riforma  economico-sociale  o  di
edilizia   residenziale   agevolata,    prevede    l'indennita'    di
espropriazione per i suoli edificabili situati nel  territorio  della
Provincia autonoma di Bolzano in misura corrispondente al  valore  di
mercato del bene. Pertanto, ad avviso  della  rimettente,  l'adozione
del diverso criterio astratto  e  predeterminato  dettato  dal  terzo
comma dell'art. 8 per i suoli agricoli e per i suoli non edificabili,
creerebbe  una   ingiustificata   disparita'   di   trattamento   tra
proprietari, non ravvisandosi alcuna plausibile ragione in base  alla
quale il diritto a percepire  un  indennizzo  commisurato  al  valore
venale dell'area ablata non debba essere riconosciuto anche a  coloro
che possiedono un terreno senza vocazione edilizia. 
    2.- Con memoria  depositata  in  data  20  dicembre  2012  si  e'
costituita in giudizio  Coldereiser  srl,  eccependo  il  difetto  di
concreta  rilevanza  delle  sollevate   questioni   di   legittimita'
costituzionale. 
    Al riguardo, la societa' ricorrente sottolinea come sia  pacifica
nel giudizio principale  la  classificazione  nel  piano  urbanistico
comunale del suolo in oggetto come «verde alpino, prato di montagna»,
sul quale risulta vietata qualsiasi edificazione  ad  esclusione  dei
lavori strettamente necessari per l'allestimento  e  la  manutenzione
delle piste da sci. La stessa evidenzia  che  il  consulente  tecnico
d'ufficio nominato nel giudizio di merito ha  riferito  trattarsi  di
prati di alta  montagna,  effettivamente  coltivati,  costituenti  un
tipico pascolo montano. 
    Alla luce di tali risultanze, Coldereiser  srl  pone  in  rilievo
come  l'unica  possibilita'  concreta  di  sfruttamento  dei  terreni
asserviti sia quella della coltivazione  agricola  per  cui  il  loro
valore di mercato coincide con quello agricolo. 
    La societa' ricorrente rileva, inoltre, come il decreto di  stima
abbia  riconosciuto  al  proprietario  dei   terreni   asserviti   la
maggiorazione di cui all'art. 13 della legge prov. Bolzano n. 10  del
1991 (per cui l'indennita' e' stata moltiplicata per il  coefficiente
3), con conseguente notevole aumento del valore agricolo dei  terreni
in oggetto, ben oltre il loro valore di mercato. 
    Alla luce di tali considerazioni, Coldereiser srl ritiene che  le
questioni di legittimita' costituzionale, nei termini prospettati dal
giudice remittente, difettino di concreta  rilevanza  ai  fini  della
decisione  e,  comunque,  di  adeguata  motivazione  sulla  rilevanza
stessa. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Corte di cassazione, con ordinanza del 14 settembre  2012,
ha sollevato, in riferimento agli artt.  3,  42,  terzo  comma,  117,
primo  comma,   della   Costituzione,   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 8, comma  3,  della  legge  della  Provincia
autonoma di Bolzano 15 aprile 1991, n. 10 (Espropriazioni  per  causa
di pubblica utilita' per tutte le materie di competenza provinciale),
come sostituito dall'art. 38, comma 7-bis  (recte:  comma  7),  della
legge della Provincia autonoma  di  Bolzano  10  giugno  2008,  n.  4
(Modifiche  di  leggi   provinciali   in   vari   settori   e   altre
disposizioni), che dispone:  «L'indennita'  d'espropriazione  per  le
aree non edificabili consiste nel giusto prezzo da attribuire,  entro
i  valori  minimi  e  massimi  stabiliti  dalla  Commissione  di  cui
all'articolo 11, all'area quale terreno agricolo  considerato  libero
da vincoli di contratti agrari, secondo il tipo di coltura in atto al
momento dell'emanazione del decreto di cui all'articolo 5». 
    Ad avviso della rimettente, la suddetta  disposizione  violerebbe
l'art. 117, primo comma, Cost., per contrasto con l'art. 1 del  primo
protocollo addizionale  alla  Convenzione  per  la  salvaguardia  dei
diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali,  (CEDU),  firmata  a
Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva  dalla  legge  4
agosto 1955, n.  848,  nell'interpretazione  datane  dalla  Corte  di
Strasburgo (Corte EDU, sezione  prima,  sentenze  9  marzo  2006,  n.
10162, Eko-EldaAvee  contro  Grecia  e  29  luglio  2004,  n.  36913,
Scordino contro Italia) - secondo  cui  una  misura  che  costituisce
un'ingerenza nel diritto al rispetto dei beni di una persona fisica o
giuridica deve realizzare "un giusto equilibrio" tra le  esigenze  di
interesse generale della comunita' ed il principio della salvaguardia
dei diritti e delle  liberta'  fondamentali  -  in  quanto  la  norma
censurata prevede un criterio di  determinazione  dell'indennita'  di
espropriazione dei suoli non edificabili astratto e predeterminato  -
qual e' quello del valore tra  un  minimo  e  un  massimo  attribuito
all'area come terreno agricolo,  considerato  libero  da  vincoli  di
contratti agrari e secondo il tipo di  coltura  in  atto  al  momento
dell'emanazione del decreto di espropriazione o di asservimento - del
tutto  svincolato  dalla  considerazione  dell'effettivo  valore   di
mercato dei suoli medesimi, senza assicurare, dunque,  il  versamento
all'avente  diritto  di  un  indennizzo  integrale  o,  quanto  meno,
ragionevole. 
    Inoltre, la norma in questione violerebbe l'art. 42, terzo comma,
Cost.,  in  quanto,  nel  prevedere  un  criterio  di  determinazione
dell'indennita' di espropriazione dei suoli non edificabili  astratto
e predeterminato, riconoscerebbe all'avente diritto il versamento  di
una somma  inadeguata,  in  contrasto  con  il  menzionato  parametro
costituzionale,   come   interpretato   costantemente   dalla   Corte
costituzionale  (sentenza  n.  5  del  1980),  nel   senso   che   il
legislatore, pur non essendo tenuto ad individuare un unico  criterio
di  determinazione  dell'indennita'  valido  per   ogni   fattispecie
espropriativa o ad assicurare l'integrale riparazione  della  perdita
subita dall'espropriato, non potrebbe neppure liquidare un indennizzo
che si  riveli  meramente  simbolico  o  irrisorio,  mentre  dovrebbe
garantire un serio ristoro. 
    Infine, sarebbe, altresi', violato l'art.  3  Cost.,  in  quanto,
mentre per i suoli edificabili situati nel territorio della Provincia
autonoma di Bolzano il primo comma del medesimo art.  8  della  legge
prov. Bolzano n. 10 del 1991 prevede l'indennita'  di  espropriazione
in misura corrispondente al valore di mercato del bene, per  i  suoli
agricoli e per i suoli non edificabili il censurato art. 8,  comma  3
(come sostituito dall'art. 38, comma 7, della legge prov. Bolzano  n.
4 del 2008, applicabile alla fattispecie in virtu' della disposizione
transitoria di cui al successivo art. 47,  comma  3,  della  medesima
legge n. 4 del 2008), prevede un criterio astratto  e  predeterminato
di determinazione  dell'indennita',  con  conseguente  ingiustificata
disparita' di trattamento tra proprietari,  non  ravvisandosi  alcuna
plausibile ragione in base alla quale  il  diritto  a  riscuotere  un
indennizzo commisurato al valore  venale  dell'area  espropriata  non
debba essere riconosciuto anche a coloro che  possiedono  un  terreno
senza vocazione edilizia. 
    2.- Le questioni sono inammissibili. 
    Si  deve  premettere  che,   come   risulta   dall'ordinanza   di
rimessione, la Corte di legittimita',  esaminando  le  censure  mosse
dalla  societa'  ricorrente  alla  impugnata  sentenza  della   Corte
d'appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, e'  pervenuta  al
convincimento che «il motivo di ricorso con il quale Coldereiser  srl
lamenta che il terreno non sia stato valutato  come  agricolo  appare
fondato», sicche' «La sentenza impugnata andrebbe pertanto cassata, e
la  causa  andrebbe  rinviata  al   giudice   del   merito   per   la
determinazione dell'indennita' in base al criterio di cui all'art. 8,
comma 3, della legge prov. n. 10 del 1991». 
    Tuttavia, la Corte di cassazione non  si  e'  uniformata  a  tale
enunciato, ad onta della sua coerenza con la natura  rescindente  del
giudizio cui era chiamata. Essa, invece, ha  sollevato  questioni  di
legittimita' costituzionale (nei sensi sopra indicati)  dell'art.  8,
comma 3, della legge prov. Bolzano n. 10 del  1991,  come  sostituito
dall'art. 38, comma 7, della sopravvenuta legge prov. n. 4 del  2008.
Ha pero' trascurato di argomentare sulla attuale  rilevanza  di  tali
questioni. 
    In particolare, ha omesso di considerare che non assumono rilievo
i denunciati profili di illegittimita' costituzionale, perche', nella
fase  rescindente  del  giudizio  di  cassazione,   il   giudice   di
legittimita' si limita a cassare la sentenza impugnata per la dedotta
violazione  di  legge  e  a  devolvere  la  causa  per  il   giudizio
rescissorio ad altro giudice di pari grado rispetto a quello  che  ha
pronunciato la sentenza cassata. 
    Nella sede rescissoria, potranno essere  riproposte  o  sollevate
d'ufficio le questioni che non possono  trovare  ingresso  in  questa
fase di legittimita' per mancanza di un interesse attuale e concreto,
dovendo la norma in ordine alla quale sono  prospettati  i  dubbi  di
costituzionalita' essere applicata dal giudice di rinvio. 
    Da  quanto  esposto  consegue  l'inammissibilita'   delle   dette
questioni per difetto attuale di rilevanza. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara   inammissibili    le    questioni    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 8, comma  3,  della  legge  della  Provincia
autonoma di Bolzano 15 aprile 1991, n. 10 (Espropriazioni  per  causa
di pubblica utilita' per tutte le materie di competenza provinciale),
come sostituito dall'art. 38, comma 7, della  legge  della  Provincia
autonoma di  Bolzano  10  giugno  2008,  n.  4  (Modifiche  di  leggi
provinciali in vari settori  e  altre  disposizioni),  sollevate,  in
riferimento agli artt. 3, 42, terzo comma, e 117, primo comma,  della
Costituzione, dalla Corte di cassazione con l'ordinanza  indicata  in
epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 9 luglio 2014. 
 
                                F.to: 
                     Sabino CASSESE, Presidente 
                   Alessandro CRISCUOLO, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 18 luglio 2014. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI